A Passo d’uomo con Aldo Betto e la sua musica

A Passo d’uomo con Aldo Betto e la sua musica

Finalmente incontro Aldo Betto per fare due chiacchiere: non è la prima volta che ci incontriamo, ma è decisamente quella decisiva per poter andare a fondo nel suo personale animo da chitarrista e per farmi raccontare il suo rapporto con la musica nelle sue più sottili tinte e sfumature.
Lo conosco personalmente da un po’ e sono sempre rimasta affascinata dalla gioia e dalla passione che mette nel suonare e nel trasmettere questo talento ad allievi pubblico e colleghi.
In un passo di questa intervista si definisce come “un non talento particolare” ma chi come me, e sono tanti, ha avuto l’occasione di sentirlo dal vivo o ascoltare i suoi brani sa che la musica gli appartiene e lui appartiene alla musica come pochi ne ho conosciuti…

R.T. Parliamo del tuo lavoro uscito da pochissimo dal titolo “A Passo d’uomo”…intanto perché mixato alle Hawaii? (Cosa che per altro quasi si respira ascoltando il cd…)
A.B. Effettivamente ci sono suoni che provengono dalle Hawaii, il fonico Ron Pendragon (che vanta numerosi collaborazioni importanti come Santana tanto per citarne uno) e Barbara, sua moglie, vivono lì con tanto di capre e orto in un contesto immerso nella natura. Lui se n’è andato in giro all’interno dell’isola a registrare i suoni prodotti dalla natura come il vento o il canto degli uccelli. Il disco esce perfettamente mixato e i suoni girano molto bene. L’acustico deve respirare non deve essere irreale e ovattato. Si può sentire quasi il rumore della sedia… se l’avessimo mixato in Italia questo sarebbe stato sicuramente nascosto.

R.T.  Come nasce la collaborazione con Marco Bovi?
A.B. Ci siamo trovati in un locale, lui è uno dei miei chitarristi preferiti probabilmente il migliore chitarrista jazz in Italia, io sono un suo fan! Da quell’incontro ne sono susseguiti altri, ci siamo visti per studiare e alla fine sono venuti fuori dei brani. La chiave di volta è stata passare dall’elettrico all’acustico. E’ un incontro tra i nostri due modi di suonare: lui jazz, io blues… siamo così diversi che sembra si suonino due strumenti diversi. Simbolicamente è un disco di comunicazione e di scambio.

10968248_10205472236032587_192289324_nR.T. Affronterete un tour per promuovere il disco?
A.B. Saremo in giro ad aprile tra l’8 e il 12, al Barazzo di Bologna e poi in Veneto, a Bolzano e in Friuli… Almeno per ora, poi vedremo. Avremo la collaborazione di Max Castlunger un percussionista fantastico. Ha un museo delle percussioni che porta in giro tra Italia, Austria e Svizzera!

R.T. Qual’è la differenza tra quest’ultimo lavoro e quello precedente “Kintsugi”?
A.B. Kintsugi è un ep quindi un po’ incompleto, un primo passo per affacciarsi. Il nome deriva da un’antica arte giapponese che consiste nel rincollare utilizzando oro o argento dei vasi o qualsivoglia altro oggetto. Questo fa si che l’oggetto rinasca impreziosito, arricchito. Hanno collaborato con me due ragazzi giovanissimi Luca Marchi e Maicol Morgotti ovvero la base ritmica dei Blastema. Sono stati miei allievi di armonia e sono veramente in gamba.

R.T. Aldo e la sua passione nell’ascoltare, insegnare, suonare la musica. Con quali differenti emozioni vivi questi tre momenti?
A.B. Ascolto poi suono poi insegno… C’è l’ascolto fatto di puro godimento: ascoltare un pezzo live e star lì a trarne il massimo dell’emozione. Poi c’è quella che ascolto per studiarla ma non ho fatto ancora indigestione come altri colleghi. Suonarla è una forte emozione anche se non sono un fuoriclasse (dice lui…n.d.r.). ci metto passione e a chi mi ascolta arriva questa passione e questo entusiasmo. L’insegnamento è più delicato… anzi questa parola non la uso, non mi piace, preferisco il termine tramandare, diffondere, un contatto tra maestro e allievo. Cerco di tramandare, innanzitutto, dei punti di vista e veicolare anche con gli ascolti. Non voglio uniformare gli studenti ma cerco di tirare fuori la loro indole e il loro talento. E’ ovvio che le basi sono quelle e rigide e il percorso è obbligato, armonia, lettura… Ma la mia è una dedizione totale alla musica non è un hobby.

Diego Feltrin con Gibson rossa
Diego Feltrin con Gibson rossa

R.T. Se non avessi suonato la chitarra, se non fossi diventato un musicista, chi sarebbe Aldo Betto visto anche la solarità che ti contraddistingue?
A.B. Credo di aver sempre avuto una propensione alla scrittura.. sì, credo che avrei scritto. Altrimenti l’edicolante, come il mio papà. Sembra banale, ma si sta in mezzo alle persone, ai giornali, alle riviste. Lo aiutavo spesso nelle pause scolastiche e mi piaceva moltissimo.

R.T. Se dovessi raccontare, spiegare la musica a chi non può ascoltarla…
A.B. In fondo i suoni sono colori. Tempo addietro già i Subsonica fecero il progetto “Labirinto” per i non udenti.Anni fa ero in tour in America nelle università e nelle case dei ricconi e proprio in una di queste case incontrai un anziano signore, Don Menza, leggendario sassofonista jazz. L’unico musicista che ha smesso di suonare perchè invecchiando non riusciva più a esprimere ciò che avrebbe voluto. Lui mi disse che gli piaceva come suonavo, ma che avrei dovuto andare oltre, oltre le scale, oltre la ricerca della nota fatta per emozionare. Dovevo suonare gli accordi con l’emozione che ti danno i colori, avrei dovuto pensare a che emozione mi avrebbe dato il blu o il rosso o l’accostamento di essi. Avrei dovuto rigorosamente pensare alla singola e profonda emozione di ogni colore togliendo la parte matematica della musica. Quindi per rispondere alla tua domande direi: suggestioni policromatiche.
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R.T. Un’ultima domanda, sin da piccola ho avuto la necessità di toccare la musica (infatti la fotografo cercando di fermarla)… ti è mai capitato? Hai mai sentito questo bisogno?
A.B. Già Hendrix sentì questo bisogno di sentirla fisicamente. Certo non la posso toccare e non potrei mai ascoltare un concerto a volume troppo basso perché la musica deve arrivare nella pancia, devi sentire le vibrazioni! Al contrario sono stato ad un concerto di Jim Hall e Charlie Haden dove suonavano talmente a piano che si sentiva addirittura quando schiacciava il pedale della chitarra. Se si respirava normalmente si aveva paura di disturbare, quindi tutti avevamo iniziato a respirare in maniera più rallentata sembravamo in trance. Credo fosse proprio questo l’effetto che volevano gli artisti. La tangibilità della musica può essere il suono di un vecchio vinile, quando ascolti un vinile dei Led Zeppelin il suono è tridimensionale, è come se suonassero li davanti a te. Ora, con il digitale, il suono è diventato bidimensionale e si è perso molto. Pensate se i Pink Floyd avessero suonato ora! Si è persa la spazialità della musica.

E a proposito di Floyd vi consiglio di acquistare “A Passo d’Uomo” e di farvi trascinare via dalle note di Floyd…bellissima! Noi intanto, vista la propensione alla scrittura dichiarata da Aldo, non ci siamo fatti scappare l’occasione di avere una penna come lui per una rubrica di musica su MyWhere e glielo abbiamo chiesto…speriamo di leggerlo quanto prima.

Andrea Vascellari con Chit Fender
Andrea Vascellari con Chit Fender

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Roberta Tagliaferri

One Response to "A Passo d’uomo con Aldo Betto e la sua musica"

  1. Luigina   7 Febbraio 2015 at 08:27

    caro Aldo, come al solito ci fai emozionare con le parole e con la musica, sei una persona piena di colori un grande abbraccio

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