Applausi per il Paraninfo al Teatro Umberto

Siamo andati a vedere Il Paraninfo, commedia dei primi del 900 di Luigi Capuana, con il grande Enrico Guarneri e la sua compagnia siciliana composta da Ileana Rigano, Rossana Bonafede e Federica Bisegna per la Regia di Antonello Capodici.

Sono rimasto molto sorpreso da questo spettacolo d’impianto verista, divertente e grottesco, molto incentrato sulla psicologia femminile in scena al Teatro Umberto fino al 17 gennaio. Vi riassumo brevemente la trama: Don Pasquale Minedda (Enrico Guarneri), brigadiere della Guardia di Finanza in congedo, non potendo avere più soddisfazioni dal lavoro e non riuscendo ad avere figli dalla propria moglie, occupa il suo tempo libero cercando di far incontrare coppie di futuri sposi che secondo lui sono anime gemelli, per farli convolare a nozze. Non si tratta della classica figura negativa di mezzano ma, nonostante il suo sincero e onesto interesse filantropico, a volte Don Pasquale esagera, ad esempio quando cerca di far maritare un impettito tenente e un professore in pensione, arrivati in città da qualche giorno, con le terribili sorelle Macamè, mai state donne, ricche e avare, vestite sempre a lutto, dall’aspetto a dir poco sgradevole. Ne scaturiranno liti, maledizioni, duelli dai risvolti comici, che danno vita a questa commedia molto rappresentata.

Il divertimento è assicurato soprattutto nella prima parte e il coinvolgimento del pubblico è totale. Unico appunto, forse la parte finale risulta essere un po’ troppo sbrigativa.

L’interazione fra Don Pasquale e le vogliose sorelle Macamè (interpretate da Rossana Bonafede e Federica Bisegna) sono davvero esilaranti. Particolarmente convincente poi è l’interpretazione di Enrico Guarneri che incarna benissimo lo stereotipo dell’uomo siciliano orgoglioso, fiero, tenero con la moglie ma anche duro. I personaggi dell’opera risultano sempre credibilissimi per l’interpretazione, per l’impianto verista e per la meticolosa ricostruzione del folklore siciliano, all’interno di quel mondo paesano che è un universo ancora presente in tanta parte del territorio siciliano.

Molto suggestivo l’allestimento scenografico della rappresentazione, chiaramente improntato sulla mimesi, con ricostruzione anche solo accennata e allusiva dei cortili soleggiati e degli interni borghesi. Presente nella scenografia un fondale multimediale, sul quale appaiono, nei momenti salienti, immagini in movimento a tema, e anche qualche piccola sequenza stile cinema muto, per ricordare i momenti più importanti e romantici della vita del protagonista.

La farsa esprime molto bene uno dei dilemmi che riguarda ognuno di noi e che la cultura siciliana ha saputo, forse meglio delle altre, materialmente rappresentare e cioè quella di essere o non essere un pupo, una marionetta imprigionata da sottilissimi fili, dai quali è difficile liberarsi, nonostante tutti i nostri tentativi.

Paolo Riggio

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