Berberè: Matteo Aloe e la spesa just in time!

Berberè: Matteo Aloe e la spesa just in time!

Berberè, light pizza and Food

Non nascondo che il Berberè, tra i tanti locali gastronomici che hanno aperto a Bologna negli ultimi anni, è uno di quelli che amo di più. Forse semplicemente perché ha portato in città qualcosa che prima davvero non c’era. O che forse, non c’era per me.

Ho ricominciato a mangiare la pizza di sera grazie al Berberè, dopo anni e anni di astinenza. E sono contenta, perché finalmente se si dice “ci andiamo a fare una pizza?”, anche io posso rispondere “SI!!!”. Solitamente forse trovavo una scusa, o magari dirottavo su qualcos’altro, ma con insofferenza. Quindi, quando ho chiesto a Matteo Aloe, lo chef del Berberè, se mi “invitava” a far la spesa con lui e la risposta è stata positiva: ero proprio soddisfatta. Il premio per tutto questo? L’intervista portata a casa, qualche segreto in più per la mia dispensa e la vostra e… una fantastica pizza zucca al vapore, parmigiano reggiano d.o.p. 24 mesi Vacca Bianca, fiordilatte, amaretti. Come dire: un tortello di zucca in guisa di pizza. Adorazione.

Diversamente da come è stato fino ad ora con le precedenti spese, questa volta l’appuntamento è stato al caldo, ad un orario comodo. È iniziato con una pizza ed è finito con amaretti scrocchiarelli e caffè. Tutto attorno a un tavolino tondo. Circolare come la nostra conversazione partita dai primi passi di Matteo, passata per tutti i mercati del mondo da lui visitati, una puntatina con lacrimuccia a Oslo, varie peregrinazioni nella memoria gustativa, arrivata al tanto sospirato “the end” (ma a volte è davvero difficile mettere la parola fine a certe chiacchierate) dopo circa due ore e mezza, nelle lattine di olio bio Paone, confezionato col marchio della casa, che arriva dalla Calabria, dall’azienda di un amico. Ci sta.

Quindi, ecco il resoconto di questo “Al mercato dello chef” vissuto attraverso i racconti di Matteo, le sue telefonate ai fornitori, una sbirciatina in cucina dove c’è stato anche lo scambio delle macchine fotografiche: in quella cucina calda come una serra tropicale (che sennò la pagnottona di pizza piglia freddo e non lievita) la mia Nikon è stata “cotta” al vapore e non ci ha più visto. Sbalzi d’umore e di temperatura! E così Matteo mi ha prestato la sua, con cui ho fatto tutto il reportage.

Vorrei partire dagli ingredienti dalla pizza che ho mangiato oggi, scegliendola da un menu con alcune specialità che si troveranno solo fino a dicembre…poi fine! Sentirò la mancanza di questa pizza che mi ricorda un tortello con la zucca…

A proposito, vuoi assaggiare l’amaretto? Lo facciamo con le mandorle amare di Gilberto. Le ha solo lui! Quando ero disoccupato e facevo la spesa per casa, dilapidando tutti i miei soldi in cose così, ho scoperto Gilberto, nel centro di Bologna, individuando solo lì le mandorle che già usavo per fare gli amaretti da me.

Quando è successo che eri disoccupato a Bologna ti trattavi bene… stavi aspettando un’illuminazione divina?

Sì. È successo dopo che mi sono laureato in Economia e Marketing nel 2009. Da studente ho vissuto in un paio di studentati, poi nel 2008 sono andato a Olso con borsa di studio Erasmus e sono rimasto colpito, quasi scioccato da quella città con un civismo incredibile. Ho anche pensato di andare là a vivere e tutt’ora coltivo il sogno di aprire qualcosa in quella città del nord.

Quindi nella professione di cuoco ti ci sei un po’ inciampato…

Sono sempre stato appassionato. Mia mamma mi ha trasmesso la passione per i fornelli, mio padre per la ricerca delle delicatezze, delle specialità. Mi sono laureato con una tesi sul restaurant marketing che sicuramente mi ha molto influenzato sulle mie scelte. Studiare queste cose ad Olso era bellissimo, molta pratica, video, dimostrazioni. Teoria il giusto indispensabile. Quindi… dopo Olso ho pensato che volevo entrare nel mondo dei servizi della ristorazione, ma non pensavo di fare lo chef… per iniziare sono andato a lavorare in un pub.

Poi?

Faccio un passo indietro per dire che già ai tempi della tesi avevo contattato Oldani perché nel mio scritto c’è lui come case history. E quando ho iniziato a pensare al mondo della ristorazione, dopo che ho lavorato al pub, mi sono tornate in mente le sue parole quando mi esortava a non perdere tempo. Se volevo entrare in questo mondo dovevo farlo al livello più alto. Così fu che andai a lavorare da Mario Ferrara allo Scacco Matto. Lo conoscevo perché ero un suo cliente. Un’esperienza umana e professionale fondamentale. Lui mi ha insegnato la gentilezza e il sorriso sul lavoro e per la questione delle materie prime mi ha portato un po’ più in là, iniziandomi al mondo della carne Zivieri che ora è quella del Berberè e facendomi capire l’importanza di lavorare la frutta e la verdura in maniera quotidiana. Just in time: comprare e vendere. Allo Scacco Matto il magazzino è piccolo, devi acquistare e consumare velocemente le materie prime che quindi sono sempre freschissime.

Dopo Scacco Matto?

Mando un po’ di curriculum e mi prende Pietro Leemann al Joia, una fortuna pazzesca. Però ci sono rimasto meno di un mese, perché poi mi sono dovuto operare. Ma da lui ho imparato molto sull’organizzazione di una cucina e sull’approccio umano con chi lavora con te. Tornato a Bologna per operarmi e dopo un mese di ospedale, mio fratello Salvatore mi dice che vuole aprire un ristorante. Il posto ce l’ha già ed è nel centro commerciale di Castel Maggiore, Le Piazze. Un posto popolare, per tanta gente anche di passaggio, dove quindi ci va un’idea in linea. Pensiamo alla pizza, ma di qualità, perché a Bologna non esiste. Così nasce Berberè e partiamo alla ricerca degli ingredienti come prima cosa.

Ma tu non eri pizzaiolo….

È vero. Avevamo tutto, il pomodoro buono, la mozzarella buona, la farina giusta… ma ci mancava il pizzaiolo. Casualmente vado a San Patrignano a mangiare alla pizzeria O’Malomm e conosco Beniamino Bilali. Gli faccio domande sugli impasti e lui mi dice che se ho bisogno di un consulente, lui c’è. E c’è davvero. Apriamo Berberè a inizio 2011 e lui è tra gli 11 dipendenti. È stato fondamentale.

E ha lasciato il suo marchio. Con il Berberè, la pizza a Bologna è diventata di lunga lievitazione e con il lievito madre, con farciture ricercate e un mix di materie prima di gran qualità. Anche il dolcesalato che amo pazzamente. E poi quegli otto spicchi col cornicione alto, ormai celebrities del mondo pizza…

Sì, la famosa pizza di qualità che cercavamo all’inizio. Beniamino ha lasciato il segno e poi ha continuato a diffonderlo in altri posti. Ormai la pizza è un grande trend.

Bene, arriviamo nuovamente agli ingredienti… le mandorle di Gilberto…e la zucca e il parmigiano?

La zucca è del mercato ortofrutticolo, perché tanto la maggior parte dei negozi si rifornisce lì per grandi quantità. Noi a dire il vero abbiamo cambiato molte volte fornitori perché i venditori mantengono difficilmente la costanza che serve a noi. C’è chi sta attento al prezzo e volendoti conquistare come cliente ti vende le cose più a buon mercato. Poi quando capiscono che cerchi il meglio ti spennano. Finalmente abbiamo trovato un distributore al Caab che ha capito come siamo fatti e cosa cerchiamo. È Camt, da cui prendiamo tutte le verdure e la frutta, ordinandola per telefono con messaggio in segreteria la sera per la mattina. Il Parmigiano è invece di Vacca Bianca, invecchiato 24 mesi, del caseificio Rosola di Zocca, scoperto quando andavo a trovare mio fratello Salvatore che per un certo periodo ha vissuto a Cereglio, nel comune di Vergato. Poi la mozzarella fior di latte che arriva 3 volte alla settimana da Putignano, ordino per fax e il distributore bolognese me la porta. La farina è Quaglia o Marino. L’olio Bio è dell’azienda calabrese Paone, il padre ha piantato gli ulivi quando il mio amico è nato. Ora ha trent’anni.

Poi la pizza con spinaci freschi e baccalà Rafols…cheschessè?

Il baccalà è di un’azienda spagnola, ma è pescato in Islanda con una lavorazione fantastica. Una pizza da 15,50 euro che è comunque un prezzo contenuto per questa specialità. Il baccalà ci è stato presentato da Selecta, che ci fornisce alcuni formaggi, salumi, la cioccolata Valrhona, prodotti per la pasticceria.

E quella coi capperi di Salina…

Ah sì, quella dei capperi è una storia buffa. Me li manda Salvatore d’Amico, un piccolo produttore che non risponde mai alle email, ma i capperi arrivano sempre, puntuali.

Dopo dicembre cambio menu…quali saranno le nuove entrate?

Dei classici a dire il vero. Tornano lo squacquerone e le scorze d’arancio. Dicembre comincia ad essere il mese delle arance, finalmente bio.

Benedetta Cucci
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