Con in bocca il sapore del mondo, Fabio Stassi fa rivivere i poeti italiani

Con in bocca il sapore del mondo, Fabio Stassi fa rivivere i poeti italiani

FIRENZE – Leopardi, Quasimodo, Montale, Palazzeschi, Campana, Alda Merini e tanti altri. Ecco un breve libro sulla vita di alcuni tra i più grandi poeti italiani del ‘900. Il libro si districa in 10 racconti dove i poeti rivivono e fanno sentire la propria voce.

Un’avventura nella poesia del Novecento, un viaggio nella vita e nei pensieri di dieci poeti diversi tra loro. Né un saggio, né una presentazione manualistica o esaustiva degli autori il testo di Fabio Stassi: infatti la narrazione mimetica perfettamente riuscita crea la sensazione che siano proprio gli autori a parlare di sé.

La lettura dei monologhi arriva ad annullare il tempo, a far dimenticare la distanza che ci separa da questi dieci poeti; la loro voce sembra viva, mentre ognuno di essi si rivolge direttamente a noi lettori e ci racconta aspetti quotidiani e caratterizzanti della propria vita, oltre al proprio carattere e mondo interiore. La dimensione del racconto fondato sulla memoria interiore è molto efficace: la conversazione del poeta che ci rivela se stesso ci permette una visione più realistica e meno “isolata e distaccata” del mondo poetico,  ridisegnando il profilo di questi poeti secondo una inconsueta versione autentica e dinamica.

Dieci monologhi che trasmettono emozioni e ci fanno sentire vicina l’umanità di questi poeti, nelle loro sofferenze e gioie. Il “poeta”, un genere distante dalla moltitudine, elitario e solitario per scelta, qui appare raccontato e presentato da Fabio Stassi nelle sue sensazioni ed  esigenze personali, nella grandezza fragile e pulsante di uomo che attraversa la storia del suo tempo e la interpreta. Nella scelta dei poeti pertanto il filo conduttore, né cronologico né tematico, è puramente il racconto esistenziale,  al di là di ogni tendenza poetica e scuola di pensiero. Poeti che hanno per destino, o per vocazione, la solitudine ma che leggono i temi della vita umana  con divertente ironia e sdrammatizzazione.

Fabio Stassi
Fabio Stassi

I poeti –scrive la Merini- sono dromedari perché attraversano il deserto della loro solitudine cosparsa da tante mine che sono le loro parole” ma anche  “non ho mai smesso di aspirare alla felicità e di trattenere l’amore come un talento”.

Un filo che da Dino Campana, che diceva che  la vera follia era per lui stata la letteratura, conduce ad Alda Merini che pensava che, invece di parlare della poesia,  valesse molto di più parlare della vita, “perché la poesia può essere buona o cattiva, ma è solo un modo  di esprimere la vita”.

Si comprende che iniziare dal “matto” Campana e concludere con Alda Merini è un’opzione ermeutica: il genio, l’andare oltre la razionalità è forse  la cifra dell’essere poeti. C’è la follia solo dei matti? O un brandello di follia tutti lo pensiamo presente anche nel nostro vicino di casa?

Incontrare questi poeti con Fabio Stassi è un piacere da non perdere. Troviamo Gozzano, seriamente malato e poeta dell’ironia sentimentale, che affronta con una certa eleganza il morire. D’annunzio, riferimento imprescindibile per gli altri poeti,   inventore di espressioni linguistiche e modello di esuberanza e musicalità.

Il collezionismo di Palazzeschi,  la cui casa era un “inno alla vita che vale sempre la pena di essere vissuta”. Cardarelli, quello “con il cappotto in ogni stagione, anche d’estate”  e dalla contemporaneità assordante, con la sua vita attraversata da abbandoni parentali e  amore per la solitudine in una Roma che “dà una felicità tortuosa” perché, dietro la magnificenza monumentale, nasconde il vuoto. L’amicizia e il senso della propria terra, della propria patria sono i temi di cui ci parla Ungaretti, con la casa vicina alle tende dei beduini e le sue parole che scavano nel profondo:

La vita, amico, è l’arte dell’incontro”. “Sono stato soltanto uno che ha molto amato, molto sofferto, e anche molto sbagliato, ma che non ha odiato mai”.

Troviamo Saba che usa l’endecasillabo ma lo  sdrammatizza  con una poetica costituita da immagini e che si riteneva “una cassa di risonanza per il destino di tutti”,  La sua indiscutibile dolcezza e la genialata dell’invito a cena di Giacomo Leopardi lo rendono un personaggio  divertente. Montale con la sua volontà di non replicare la poesia ufficiale e di moda per sgombrare il campo dai toni dolciastri e fittizi  diffusi nella letteratura italiana del tempo, per creare suoni diversi e più aderenti all’asprezza dell’umano esistere. Quasimodo, siciliano figlio di gente semplice, con le sue traduzioni che restituivano ai classici la loro voce antica, riportando la poesia nelle note della musica e non della semplice sonorità baroccamente adornata. Questi dieci monologhi si offrono a noi lettori per raccontarci  il sapore delle  vite reali e coinvolgenti di intellettuali dediti alla poesia,  un settore considerato di “nicchia” nel panorama letterario nazionale.  Fabio Stassi ha voluto riscattare questa condizione di separazione e ha reso dignità alla poesia intesa come decodificazione, come ricerca di un significato al cammino dell’uomo. Del suo testo l’autore ha scritto che  “è solo un gioco di imposture letterarie”, un gioco ben riuscito e già sperimentato in precedenza per personaggi di romanzi e con Charlot, pensato in modo tale che  “se attraverso queste pagine a qualcuno verrà voglia di ripassare dalle parti di uno di qualsiasi di questi autori e delle sue opere, ne sarò felice”.

Teresa Paladin
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