Bruno Munari al Plart: l’artista che dipinge con la luce

Bruno Munari al Plart: l’artista che dipinge con la luce

NAPOLI – La Fondazione Plart e la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, nell’ambito dell’edizione 2018 di Progetto XXI, presentano la mostra BRUNO MUNARI. I colori della luce, a cura di Miroslava Hajek e Marcello Francolini, sarà dal 30 novembre al Museo Plart di Napoli, in via Giuseppe Martucci 48.

Bruno Munari (Milano, 1907-1998), designer e scrittore, è stato uno dei più brillanti protagonisti dell’arte programmata e cinetica, autore di una ricerca eclettica e proteiforme per mezzo della quale ha interpretato le sfide estetiche del Novecento italiano, indagando la relazione tra le discipline e lo scambio vicendevole fra il concetto di opera e quello di prodotto, fra forma e funzione.

La mostra presentata al Plart, e aperta al pubblico dal 30 novembre 2018 al 20 marzo 2019, analizza un profilo specifico dei lavori di Bruno Munari: le Proiezioni a luce fissa e le Proiezioni a luce polarizzata realizzate negli anni Cinquanta, con cui si propone di esplorare e conquistare una nuova spazialità, oltre la realtà bidimensionale dell’opera. L’artista, che “dipinge con la luce”, approda, nel 1950, al processo di smaterializzazione dell’arte mediante l’uso di diapositive intitolate Proiezioni Dirette: composizioni di materiali organici, pellicole trasparenti e colorate in plastica, pittura, retini, fili di cotone fermati fra due vetrini. Piccoli collage, dunque, proiettati al chiuso e all’ aperto, sulle facciate degli edifici, grazie ai quali l’opera promana una sensazione di ineludibile solennità, espugnando lo spazio nelle tre dimensioni e irradiandosi tutta intorno. Nasce così la “pittura proiettata” di Bruno Munari che, seguitando nelle sue indagini, giunge al culmine nel 1953, quando scopre e mette a punto il modo in cui scomporre lo spettro di luce attraverso una lente Polaroid: utilizzando un filtro polarizzato movibile, applicato a un proiettore per diapositive, Munari ottiene le Proiezioni Polarizzate con cui compie l’utopia futurista di una pittura dinamica e in costante evoluzione.
Le proiezioni dirette e quelle polarizzate sono presentate, per la prima volta, nel 1953, a Milano, nello studio di architettura B24, e poi nel 1955 al MoMA di New York con il titolo di Munari’s Slides, nell’ambito di una mostra personale. Nel 1955 è la volta della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, cui seguono Tokyo, Stoccolma, Anversa, Zurigo, Amsterdam.

La Fondazione Plart, in occasione della retrospettiva dedicata a Bruno Munari, ha svolto un accurato lavoro scientifico di digitalizzazione dei vetrini che saranno proiettati in specifici ambienti della mostra. Trattandosi di opere risalenti a oltre sessanta anni fa (Proiezioni Dirette, 1950; Proiezioni Polarizzate, 1953), il lavoro di digitalizzazione si è reso necessario allo scopo di preservare la delicata struttura materiale delle opere. In aggiunta a questo, esso consente di portare alla conoscenza del pubblico un particolare aspetto del lavoro di Bruno Munari rimasto sconosciuto per lungo tempo, colmando, parimente, le lacune riscontrate nella ricostruzione di alcune parti della sua ricerca e, più in generale, della storia dell’arte contemporanea, soprattutto nel rapporto tra arte e tecnologia. Il lavoro di Bruno Munari ha inciso in modo determinante sui successivi sviluppi dell’Arte cinetica in Francia, dell’Arte programmata in Italia e delle più moderne metodologie dell’arte interattiva, come il Mapping e la Kinect-Art.

Bruno Munari
FONDAZIONE PLART: BRUNO MUNARI. Vetrini a luce polarizzata, 1953. Materiali vari. Courtesy Miroslava Hajek

“Munari ha cominciato a frequentare l’ambiente artistico alla fine degli anni Venti, nel contesto del movimento del secondo futurismo guidato da Filippo Tommaso Martinetti e da subito Marinetti lo considera il più geniale della nuova generazione.
Questa fase del suo lavoro è tuttora poco conosciuta, malgrado il fatto che, fin da quel periodo, il lavoro di Munari si disponga verso i distinti indirizzi del suo pensiero estetico. Concepisce contemporaneamente le macchine inutili, aeree, stabili, i disegni antropomorfi, le pitture gestuali, le pitture astratto geometriche chiamate Anche la cornice, i percorsi tattili e progetti di performances come la partitura coreografica del 1935 chiamata Danza sui trampoli.
Dopo la seconda guerra mondiale Munari, comunque, non parlava con nessuno in Italia della sua esperienza futurista. Alle domande dirette sorvolava o trovava modo di eludere l’argomento e molti si sono convinti, quindi, che volesse rinnegare il suo passato futurista o che, perlomeno, non avesse più le opere, ma questo non era esatto. La sua era semplicemente una reazione di autodifesa ad una condizione della politica italiana che accomunava i futuristi al regime fascista. Ho discusso questo argomento varie volte con Munari riuscendo a farmi raccontare tutte le sue vicissitudini” spiega la curatrice Miroslava Hajek.
E aggiunge: “Per poterci orientare nel suo lavoro dovremo seguire le vie principali dei suoi interessi che sono l’esplorazione delle potenzialità percettive e sensoriali e la ricerca del superamento dei limiti oggettivi. Questa analisi individua il filo conduttore attraverso tutto il suo lavoro. Vuol dire che nelle opere di Munari possiamo scorgere sempre lo stesso linguaggio visivo elaborato, però, continuativamente in tutte le variazioni possibili con la massima semplicità e con l’organicità di un pensiero concreto ed esperto. L’artista era ben conscio di questa coerenza nel suo lavoro e addirittura è stato lui, anche se più avanti nel tempo, a definire le differenze tra arte e artigianato, stile e styling.
Purtroppo non si sono conservate molte opere del periodo futurista di Munari. Innanzitutto perché a quel tempo non era nemmeno immaginabile poterle commercializzare e Munari, quando aveva deciso di aver risolto un problema estetico, non lo rifaceva più, perché non ne avvertiva bisogno né la motivazione ma anche perché molti suoi lavori sono stati distrutti o si sono persi. Rimangono però i suoi lavori principali, anche se spesso soltanto in un esemplare, che comunque riescono illustrare bene il suo percorso creativo e le dinamiche del suo pensiero.
È interessante osservare come quello, che è stato una volta all’avanguardia venga successivamente occultato, eppure il passato anticipa il futuro, come fattore decisivo, essendo il presente sempre effimero. Quando vengono prodotte opere come quelle di Munari, in principio sono accolte con occhio diffidente e scettico spesso disprezzate o, addirittura, non considerate arte. Molte delle opinioni e delle scelte di Munari lo hanno posto in aperto conflitto con il sistema dell’arte ufficiale. Malgrado ciò è diventato un mito e un modello per molti artisti delle generazioni seguenti tanto che viene chiamato il Leonardo da Vinci del ventesimo secolo”.

Bruno Munari
FONDAZIONE PLART: BRUNO MUNARI. Vetrini a luce polarizzata, 1953. Materiali vari. Courtesy Miroslava Hajek

Il percorso espositivo del Plart, dedicato alla produzione artistica di Bruno Munari, annovera Macchina Inutile (1934), Tavola Tattile (1938), Macchina Aritmica (1947): opere pionieristiche, che annunciano l’uscita dalla bidimensionalità, compiutasi definitivamente con l’ideazione di Concavo-Convesso (1947). E ancora Punto di luce: un dipinto olio su masonite del 1942 che racconta, in sintesi, le ricerche formali condotte da Munari sulle proiezioni dirette e polarizzate. Nelle prime, la plastica è impiegata a seconda del suo colore, per essere investita dalla luce; nelle seconde, la plastica è il mezzo per distillare il colore dalla luce.
La presenza in mostra di opere come Flexy, multipli realizzati in plastica a partire dagli anni Sessanta, e Fossile del 2000 (1959), in cui componenti elettroniche e materiali metallici sono immersi in pezzi di plexiglass bruciato e di forma irregolare, confermano il continuo interesse di Munari nei confronti delle materie plastiche, fondamentali nella comunicazione visiva giacché capaci di produrre effetti cromatici variabili.

“Le forme delle opere di Bruno Munari non danno informazioni sul mondo ma, mettendo in relazione le cose tra loro, ci informano piuttosto sul modo di approcciare ad esse. In effetti Munari, partendo dalla ricerca di una forma pura, adiacente all’intuizione pura, ha scoperto la forma astratto-concreta, dando così avvio all’esplorazione del mondo della natura interiore, e cioè quel tutto che indistintamente è oltre l’apparente: dentro o fuori del visibile” scrive il curatore Marcello Francolini.
Poi continua: “La mostra di Bruno Munari, alla Fondazione Plart di Napoli, segue un andamento cronologico sintetizzabile nella formula: Macchina Inutile + Concavo-Convesso + Ambiente a luce polarizzata. Nel percorso della mostra, possiamo leggere limpidamente una conquista progressiva dello spazio reale che muove dall’abbandono della bidimensionalità della tela per seguire il movimento diretto della luce nello spazio, una trascendenza della pittura (che va da una pittura “dipinta” ad una pittura “proiettata”). Queste opere rappresentano così le tappe del suo percorso creativo raccolte con sagacia e mestizia dalla Storica dell’arte Miroslava Hajek, culminando nelle Proiezioni a Luce Polarizzata che sono una delle più alte vette di sperimentazione di questo artista, una serie che è unicum della sua collezione è un’eccezionalità dell’intero patrimonio artistico del Novecento.
Abbiamo visto come Munari spesso abbia trovato propria ispirazione nell’intuizione scientifica. Come confermatomi più volte dalla stessa Miroslava Hajek, spesso, nelle sue discussioni con Munari, si finiva col parlare di scienza, di geometria, di fisica. Questa circostanza sembra evidenziare la possibilità di leggere il significato del suo lavoro ben oltre il campo strettamente artistico. In un certo senso, si tende a tenere fuori le influenze scientifiche dalla critica di Munari, così come per molti altri casi nel ‘900, perché purtroppo ancora oggi si ha difficoltà a vedere la scienza al di fuori della sua praticità. D’altronde se non lo si intuisce subito è sottinteso un certo spirito ribelle nei confronti del sistema di potere, l’assunzione di posizione nei confronti della scienza intesa come attività conoscitiva: se infatti si ritiene che la scienza non sia un’attività conoscitiva ma soltanto pratica, sarà facile concluderne che il suo rapporto con le classi dirigenti è di totale subordinazione, mentre la risposta diventa notevolmente più complessa se si attribuisce alla scienza un valore autenticamente conoscitivo; in tal caso invero non si potrà fare a meno di ammettere che il suo sviluppo non dipende soltanto dalle richieste della società dell’epoca, ma anche dalle informazioni che lo scienziato riesce via via a ricavare intorno agli oggetti indagati”.

La mostra è realizzata e finanziata integralmente con fondi POC 2014-20 (PROGRAMMA OPERATIVO COMPLEMENTARE) Regione Campania.

INFORMAZIONI UTILI

TITOLO DELLA MOSTRA: BRUNO MUNARI. I colori della luce
PROMOSSO DA: Fondazione Plart in collaborazione con Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee
A CURA DI: Miroslava Hajek, Marcello Francolini
SEDE ESPOSITIVA: Fondazione Plart, via Giuseppe Martucci 48, Napoli, Italia
TEL E INFO: 081-19565703, info@plart.it
COSTI INGRESSO: Gratuito per la mostra

Per informazioni consultare i siti www.fondazioneplart.it e www.madrenapoli.it

INAUGURAZIONE: 29 novembre 2018 ore 19:00
DATE DI APERTURA: 30 novembre 2018 – 20 marzo 2019
ORARI DI APERTURA: da martedì a venerdì ore 10.00 – 13.00 / ore 15.00 – 18.00. Sabato ore 10.00 – 13.00
Ufficio stampa Fondazione Plart
Culturalia di Norma Waltmann
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Antonia Storace

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