Cristian Ceresoli: intervista per lo spettacolo CENSURATO

Intervista all’Autore della piece la “Merda” in scena il 17 Febbraio al Teatro Duse di Bologna. 

censurato

Un testo italiano che ha fatto così tanto furore prima all’estero e di rimando poi ha avuto una grande accoglienza anche a casa sua indipendentemente dai luoghi in cui sia stato presentato, non poteva non incuriosirci. Un testo dove forma e contenuto si sposano così mirabilmente, non poteva che interessarci. Un regalo di compleanno a una vecchia signora di 150 anni –l’Italia – accompagnato da un biglietto dal tono: “malgrado tutti i tuoi lifting sarai sempre vecchia brutta e anche piccola”, non poteva che destare la nostra curiosità; in considerazione del fatto che avevamo già visto e apprezzato la pièce, parlato con Silvia Gallerano, l’ottima interprete, una conversazione con l’Autore, Cristian Ceresoli sarebbe stata come minimo auspicabile, la fortuna l’ha resa di fatto possibile. Quest’intervista in realtà, era stata fatta nell’aprile 2015 ma mai pubblicata, cogliamo il pretesto dell’imminente ritorno al Duse di Bologna per renderla nota.

Sono molto interessata a vedere quest’opera in teatro, mi procurai il testo all’estero qualche anno fa:  un testo così premiato che da noi non è stato purtroppo capito, salvo i sensazionalismi, aggettivi e scandali…

E’ una cosa che ci fa molto arrabbiare, quello che Lei ha notato: tutte queste banalizzazioni che avvengono nel nostro paese sono una forma di boicottaggio, su alcuni media la parola “merda” non può essere trasmessa!

Mah, parafrasando Oscar Wilde, io qualche rischio andando sotto la superficie me lo prendo, purtroppo il testo può prestarsi a sensazionalismi che terminano però presto, la cosa curiosa per me è che l’accoglienza del testo in Italia sia speculare al testo stesso: sembra la “rabbia di Calibano che vede il proprio viso riflesso nello specchio”, l’amarezza mia è la dinamica circolare e senza via d’uscita, che ne dice?

Innanzi tutto non che ci fosse oscuro prima esiste un Paese che mantiene ancora un certop tipo di sensibilità, lo dimostra il fatto che…Cosa si può dire? Nonostante un certo tipo di banalizzazione e un certo tipo di boicottaggio, a Firenze il teatro era colmo di seicentocinquanta persone, tutto esaurito, la stessa cosa a Genova, la stessa cosa o ieri qui ad Alba, la stessa cosa nelle città di provincia ormai da tre anni, indipendentemente dal fatto poi che incontri o non incontri il gusto di questa folla di persone, per ora, le persone hanno ancora grazie a Dio la sensibilità di raggiungere le cose di cui cose sono interessate, mi sembra un modo di leggere la situazione contemporanea, c’è una frattura fra chi rappresenta le persone sia nell’ambito dell’arte, della cultura e a tutti i livelli; questa frattura è evidente, è come se ci rappresenta ci considerasse sempre un po’ inferiori a sé stessi, a un gradino inferiore una pratica fascista, completamente fascista di credersi superiori ad altri, proprio come individui, come identità pur rappresentandoci, non guardando le cose a livello di tutti: a livello degli uomini e delle donne o dal basso come si usa tanto dire, ultimamente.

La cosa che mi incuriosisce molto è che un’opera prima ha avuto un’eco notevole soprattutto ma in un paese anglosassone prima, al Fringe Festival, la culla della cultura alternativa, nata come contropartita ad un festival più “accademico”, come quello di Edimburgo; quello che mi stupisce tanto è – ritornando alla dualità testo-contesto ma anche cotesto – che in Italia è arrivata per eco: dopo aver vinto tutto quello che si poteva vincere a Edimburgo e altrove…sottolineo ahimè una visione strabica dal punto di vista culturale, purtroppo non siamo neanche in grado di valutare un’opera, ce lo devono dire gli altri! Questo è più grave al di là dei titoli.

 Certo, chiaro questo è letto da un punto di vista artistico, ma è chiaro che se si perde questo tipo di lettura, questo tipo di sensibilità su questo mi piace insistere, ma in realtà con dati anche alla mano, noi fummo costretti a fuggire, a tradurre il testo in inglese, a far interpretarlo da Silvia Gallerano, in inglese a Edimburgo in modo disperato, perché nell’anno e mezzo in cui noi avevamo tentato di costruire quest’opera io scrivendo e Silvia interpretarlo – non piango miseria!, come per tanti altri non abbiamo potuto – come molti altri – avere sostegni, supporti o nemmeno curiosità.

Per noi la scelta era tra morire o emigrare artisticamente, ed è vero che è successo quello che Lei descrive e io condivido, però è anche vero che per tre volte in Italia prima di debuttare, nell’agosto del 2012, presentammo La Merda sia a Roma che a Milano per tre volte andò tutto esaurito, questo significa in realtà, ripeto, che una curiosità soprattutto se si costruisce un’opera che non vuole essere né commerciale né alternativa, ma cerca completamente di sbaragliare questo tipo di definizioni ed è quello poi che abbiamo cercato, poi che sia stato il fatto di cercarlo a determinare il fatto che sia successo, non lo so! Sicuramente noi l’abbiamo cercato! Abbiamo presentato recentemente all’Adelaide Festival of Arts, che è proprio un festival maggiore, uno dei cinque più importanti festival del mondo e contemporaneamente, noi siamo partiti dal festival per eccellenza alternativo, significa che in arte è possibile rompere certi schemi e questo, secondo me, le persone fin da maggio o aprile, non mi ricordo quando furono le prime date, in questo Paese, lo capirono! Infatti vennero diverse persone, grazie a Dio non pochissimi, sparuti addetti ai lavori che sanno tutto e giudicano tutto, senza più sorprese e senza più incanto! Questo indipendentemente dal fatto che uno può o gustare o meno un’opera d’arte, però si è creata una frattura e si sono rotti gli schemi. Questa è una cosa che noi abbiamo molto cercata e secondo me è successo fin dagli esordi, fin dagli inizi, poi forse ci sono anche delle ragioni, però da artisti ci siamo posti se come dire il nostro interesse era porci in un contesso umano, non entrare in un settore, non essere alternativi, non cercare di guadagnare il più possibile, non essere… non ci siamo posti dei limiti ma abbiamo cercato di rompere in qualsiasi modo, prima di tutto scrivendo poi facendo quelle scelte interpretative che opera Silvia Gallerano, non lo so mi viene da dare un po’ di speranza, dopo di che quello che Lei racconta è vero, lo subisco io in prima persona sulla mia pelle: ancora adesso noi non abbiamo un nessun tipo di apertura, curiosità di supporto in questo Paese. Ce l’abbiamo sul piano mondiale, per fortuna sì! Qui incontriamo ancora dei fenomeni…

Nemo propheta in patria: quindi non ci scardiniamo! Parlavo proprio di questo con Silvia Gallerano…questa dialettica un po’ orizzontale: il testo estremamente amaro però “il re è nudo” e lo sappiamo. Le domanderei e me lo chiedo io stessa: qual è la speranza che resta al Paese? Possibile che l’eredità degli “omini rossi piccoli, piccoli” (i garibaldini N.d.R.) sia stata rigettata?

E’ difficile, difficile! Perché per quanto mi riguarda la mia risposta spero sia già – in qualche modo -intessuta interno all’opera che ha voluto essere un’opera poetica, come un’opera che ha voluto trattare questa materia in poesia, quello che Le posso specificare è che la componente non è rilevante. Comunque essendo un’opera poetica che si compone di diversi strati e che ha un processo di stratificazione non perché è riferito al nostro Paese, ma se fosse stato così fondamentale non avremmo girato tutto il mondo per tre anni quindi probabilmente questo elemento, finisce con l’essere marginale è molto bella la Sua domanda, però…come dire? In un contesto più frugale, con del vino e in una trattoria mi piacerebbe dilungarmi! (ridiamo)

Preferisco rispondere senza rispondere, internamente a quello che è stato scritto scrivendo La Merda, lo so che è deludente!

No, no assolutamente non è deludente! Lei la fatica l’ha già fatta che siano gli altri a sforzarsi e ad andare oltre le righe perché l’opera è aperta! Ognuno troverà e l’arricchirà a suo modo.

INFO

Teatro Duse srl – Impresa Sociale Via Cartoleria, 42 40124 Bologna (BO)
Biglietteria 051 231836 – Uffici 051 226606 – info@teatrodusebologna.it

Daniela Ferro

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