Cross the Streets: 40 anni di writing e street art al MACRO

Cross the Streets: 40 anni di writing e street art al MACRO

ROMA – Fino al 1 ottobre 2017 con Cross the Streets, l’Urban Art invade gli spazi del MACRO di via Nizza. La mostra, curata da Paolo Von Vacano, delinea la storia del Writing e della Street Art, focalizzandosi su alcune delle personalità più importanti a livello locale ed internazionale.

Cross the Streets racconta 40 anni di storia dell’arte urbana, in tutte le sue forme, dal writing alla street art. Nella sezione “Writing a Roma, 1979-2017”, curata da Christian Omodeo, si ripercorre la storia del writing dalle origini, quando Roma divenne meta di artisti internazionali. Le loro tag ricoprivano i treni delle linee metropolitane trasformandoli in stratificazioni di graffiti in movimento, rendendo così possibile la circolazione dei loro pezzi: in nessun’altra città i treni rimanevano coperti dalle loro tracce per così tanti anni, senza esser ripuliti.

I primi segnali del legame che Roma avrebbe avuto con tale fenomeno si registrarono sin dal 1979 quando la Galleria La Medusa ospitò la prima mostra di graffiti al di fuori di New York.

In questa sezione della mostra Cross the Streets, oltre alle opere di Lee Quinones e Fab 5 Freddy, esposte per la prima volta dopo essere state date per disperse, ci troviamo di fronte a Napal e Brus, Jon e Koma, Imos.

Artisti in Azione

Cross the Streets

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Amore e odio caratterizzarono la lettura di un simile fenomeno: tag e writer erano sinonimi di vandalismo e dunque dovevano essere combattuti come tali. L’azione illegale di introdursi nei depositi e la continua ricerca di superfici urbane da conquistare, oscuravano qualsiasi giustificazione si potesse trovare all’esistenza di una simile espressione artistica.

Metà della successiva sala, si trasforma in yard (deposito dei treni) ed ecco uno dei writers, arrampicato sulla grata accanto ad un cartello che intima di non scavalcare. Questa ricostruzione ambientale è la premessa all’installazione immersiva di Valerio Polici che incontriamo poco dopo: vestiamo i panni di uno degli artisti-vandali ed inoltriamoci nel buio dei tunnel metropolitani, sentendo e vedendo quanto vedono e sentono i writers alla conquista della città.

La successiva importante sezione attraverso cui si articola Cross the Streets è “Street Art Stories”; qui ci troviamo di fronte ad una panoramica del fenomeno specifico della Street Art; molti degli artisti qui presenti sono noti al pubblico romano per aver preso parte ad interventi che hanno individuato nella Street Art un elemento di successo, nell’ottica di riqualificazione territoriale, all’interno di molti quartieri della capitale.

Quest’area del MACRO, caratterizzata da un’elevata altezza degli ambienti, si presta particolarmente bene ad ospitare opere di dimensioni notevoli, create site specific per l’esposizione: l’artista franco americano WK Interact è intervenuto con un lavoro di 14 metri di ampiezza. Troviamo poi i mosaici dell’artista francese Invader che hanno invaso le strade di Roma nel 2010; nell’esposizione è possibile osservare anche Middle East Mural, una maxi tela, più di 10 metri opera di Shepard Fairey (Obey the Giant), mostrata per la prima volta in Europa, insieme a più di trenta pezzi mai esposti a Roma che riescono ad evocare  una visione d’insieme del lavoro di uno dei più famosi artisti americani. Dipinti su muro anche i fagiani di Lucamaleonte e Diamond con “Sorella morte”. Altre opere di Agostino Iacurci, JBRock.

Storia ed artisti ma anche, non meno importanti, tecniche; di solito, nella nostra mente, associamo la street art a muri, colori e bombolette spray. In mostra possiamo vedere da vicino anche altre modalità di intervento usate dagli street artists: dai poster agli stencil, fino all’affascinante e particolare tecnica impiegata da Sten&Lex, ovvero lo stencil coniugato al poster. La carta applicata al muro viene ritagliata come uno stancil e dipinta; il tempo e gli agenti atmosferici interverranno su di essa, riducendola a brandelli e lasciando spazio all’immagine sul muro.

Significativa la presenza della sezione “Keith Haring Deleted“; avevamo già accennato a due interventi dell’artista a Roma, poi eliminati, in occasione della presentazione della mostra monografica presso Palazzo Reale a Milano. Le fotografie di Stefano Fontebasso de Martino, esposte in occasione di Cross the Streets, documentano il processo di creazione artistica di Haring, immortalato nel pieno del suo operare.

Un simile episodio, oltre a porre l’attenzione su quanto sia importante il riconoscimento di un’espressione artistica come “opera d’arte” poichè, di fatto, da questo dipende la sua tutela e la sua conservazione, ci permette anche di notare l’importanza che la documentazione fotografica assume nei confronti di simili espressioni artistiche, connesse necessariamente, per loro intrinseca natura, all’effimero e al transitorio. In virtù della loro creazione (solitamente) in strada, le opere di urban art sono soggette necessariamente ad un deterioramento legato sia al trascorrere naturale del tempo che a possibili “danni” causati dall’uomo, ad esempio atti di vandalismo o, come nel caso di Haring, una rimozione connessa a decisioni esterne (o errori di valutazione).

KHaring

Cross the Streets

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Una nota di merito nell’esposizione al MACRO, va anche alla sezione dedicata ai maggiori rappresentanti del Pop Surrealism, a cura della Dorothy Circus Gallery, tra gli artisti presenti possiamo citare Camille Rose Garcia, Kazuki Takamatsu, Yosuke Ueno e Ron English con i suoi toys.

Scegliere il MACRO come sede espositiva in questo caso ha avuto senso; qui, infatti, sono già presenti l’intervento di Bros e due murales all’esterno, visibili salendo sulla terrazza: Ozmo (una versione di dimensioni ridotte dallo stesso soggetto è in mostra) e Sten&Lex.

Opere di street art, solitamente create per la strada che entrano in un museo: potrebbe nascere qualche perplessità, poiché è una collocazione che le allontana dal loro habitat naturale; di primo impatto potrebbe sembrare che stonino nel contrasto con il muro bianco perfettamente intonacato del MACRO. Tuttavia, ogni mostra ha come limite la decontestualizzazione del manufatto artistico che, insieme ad un gruppo di opere, viene collocato in un ambiente “altro”, con l’obiettivo di creare un discorso funzionale e coerente ad un progetto. La necessità di storicizzare un fenomeno segna di fatto il suo pieno ed ufficiale riconoscimento; possiamo, forse, stare tranquilli sul fatto che non si avranno nuovi casi-Haring.

Durante la mostra, inoltre, verrà presentato il libro “The Street is Watching”, antologia di Street Photography che in 440 pagine raccoglie 50 anni di storia del movimento e racchiude il lavoro di più di cento artisti fra Mary Ellen Mark e Martha Cooper passando per Bruce Davidson, Jim Goldberg, Nan Goldin e Ryan McGinley; edito da Drago. Una serie di eventi collaterali accompagnerà la mostra nei mesi a venire; per maggiori informazioni consultate il sito del MACRO.

MACRO Cross the Streets

DAIMmonomania Part II_MACRO_v1.0

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Giulia Chellini

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