Fondazione Golinelli 2019, un nuovo inizio

Fondazione Golinelli 2019, un nuovo inizio

BOLOGNA – Con l’inaugurazione di ulteriori 5000 mq, dedicati al supporto di start up per nuove aziende, la polivalente struttura fondata dall’imprenditore Marino Golinelli si arricchisce di un tassello fondamentale per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che la posizioneranno tra i progetti più audaci del Nostro Paese.

Della Fondazione Golinelli sapevamo già tante cose. Per esempio, che rientrasse all’interno delle azioni filantropiche che animano gli imprenditori di successo più generosi, sapevamo che il “bene” distribuito non consisteva in elargizioni di denaro ai poveri bensì in “conoscenza e sapere”, conoscevamo infine la sensibilità e la simpatia del fondatore per le giovani generazioni (anche se è bene ricordare che i training formativi/conoscitivi, gli eventi culturali programmati dalla Fondazione sono, in forma diversa, dedicati a tutti o quasi).

La visione che fa da sfondo alle decisioni che hanno portato Marino Golinelli (e i suoi più stretti collaboratori) a dare un assetto strategico innovativo a una Fondazione filantropica, è molto condivisibile. Negli ultimi anni il fondatore ha spesso ricordato la sua piccola filosofia esperenziale più o meno con queste parole: le forme di conoscenza e di lavoro con la freccia del tempo rivolta al passato, non sono più in grado di permettere alle giovani generazioni di incamminarsi verso il futuro con la beata noncuranza che avevano quelle vissute dopo la seconda metà del novecento. Il mondo sta cambiando troppo in fretta per i singoli individui e per le Istituzioni burocratizzate. Occorre mettersi in gioco e affrontare i nuovi problemi con la disposizione ad apprendere i costanti incrementi di sapere necessari per inventare nuove soluzioni. Occorrono quindi strutture, di tipo logico diverso da quelle tradizionali, che sappiano catalizzare (e distribuire a pubblici pertinenti)  incrementi di sapere proattivo nei confronti del livello fondamentale della vita sociale, cioè saperi che affrontino a viso aperto i problemi della salute, del lavoro produttivo, delle innovazioni tecnologiche utili per la qualità della vita e per la manutenzione dell’ecosistema. Il pubblico più importante per una istituzione spontanea (cioè nata da un atto di lucida generosità da parte di un bene-fattore) è rappresentato da bambini, ragazzi, giovani. È soprattutto per loro che ho creato questa articolata struttura. Perché? Provate a pensarci su: come possiamo essere ottimisti riguardo il futuro se non instilliamo nei giovani il desiderio di un mondo migliore, il gusto di saperne di più, il piacere di concretizzare questo sapere nei modi vissuti come utili e risolutivi dalla gente?

Forse ho dimenticato qualcosa, ma se ho ben capito il senso implicito delle tante interviste al protagonista, pubblicate negli ultimi anni, allora la parafrasi che vi ho proposto dovrebbe rispettare il sogno del fondatore.

Bisogna ammettere che, sinora, la Fondazione Golinelli, aldilà delle narrazioni ovviamente necessarie per diffonderne le valenze, si è dimostrata  l’organismo pensante e la macchina organizzativa che si è assunta il compito di concretizzare i valori impliciti nella visione d’insieme che ho velocemente tratteggiato.

Il dono del fondatore alle giovani generazioni dunque è quanto di più sofisticato e prezioso si possa immaginare, ovvero il “futuro” inteso come desiderio realizzabile, oppure se volete come il sogno capace di integrarsi con gli effetti di realtà che alla fine lo trasformano in nuove idee, nuove soluzioni, che a loro volta grazie alla tecnica e al controllo della scienza, diverranno grandi opportunità e crescita per tutti.

Personalmente mi figuro l’asse portante del pensiero di Marino Golinelli come la derivata di un originale intreccio tra il sano realismo di un imprenditore, illuminato dalla fiducia nella scienza, attratto dalla bellezza di idee grandiose (grandiose perché, almeno in potenza, non si esauriscono in una forma espressiva ma ambiscono o addirittura “lavorano” per cambiare le condizioni dell’esperienza e forse della vita). A ciò aggiungerei una ottimistica visione della realtà umana, soprattutto se presa dal lato della gioventù.  Diamo alle giovani generazioni la possibilità di battersi per realizzare i loro sogni – dice spesso Marino Golinelli – e vedrete che miglioreranno il mondo. È chiaro che essi, oggi più che mai, hanno bisogno di una cassetta degli strumenti molto più sofisticata rispetto al passato. Io, pur invecchiato e un po’ rincoglionito nel corpo, riscoprendomi nella mente e nei desideri giovane quanto loro, per il mio piacere e per il loro futuro che è anche il futuro di tutti, ho voluto donargli un luogo dedicato a far nascere, maturare e condurre verso un preciso obiettivo, l’unica vera passione che può migliorare la qualità della vita, passione che fonde creatività e conoscenza, gioco e tecnologia, desideri individuali e conseguenze collettive.

Pensatela pure come vi pare, ma a me la concretizzazione della filosofia esperenziale di Marino Golinelli sembra quanto di più rilevante sia successo a Bologna negli ultimi anni. Posso aggiungere che l’effettivo funzionamento della struttura pensante sembra di assoluto rilievo. L’ufficio stampa della Fondazione ha diffuso la notizia che nei primi due anni sia stata vissuta, visitata, utilizzata complessivamente da 300 000 persone. Non credo che a Bologna esista un’altra istituzione culturale che possa esibire questi numeri. Tutte le aree progettuali cioè scuola, ricerca e alta formazione, impresa e arti e scienze, sono dichiarate perfettamente funzionanti. E anche se, in presenza di un efficiente ufficio stampa, siamo portati a sospettare una deriva magnificatoria di ogni attività sotto la sua tutela, in questo caso opterei per una adesione incondizionata al progetto a prescindere dai numeri sinora raggiunti. Come effettivo testimone oculare, posso solo aggiungere che gli eventi espositivi/conoscitivi organizzati dalla Fondazione sono stati sorprendentemente innovativi e ragguardevoli.

IL RICOMINCIAMENTO

Fondazione Golinelli
Plastico dello spazio Arte/scienza della Fondazione Golinelli

Tuttavia all’articolato progetto mancava il tassello più difficile da mettere in campo. Provate a pensarci sopra. Educare bambini ad amare la scienza (come se fosse un gioco creativo) è encomiabile; proporre training o innesti di sapere per le aziende è perlomeno utile; stimolare la ricerca e l’innovazione è fondamentale; diffondere alta cultura in un mondo caratterizzato dalla prevalenza dei cretini è perlomeno un argine di salvezza che nessuno può  sottovalutare. Tutto vero e tanta roba. Ma Marino Golinelli è giustamente ambizioso e troppo saggio per non sapere che dopo un bell’inizio la sua Fondazione aveva bisogno di una ri(e)voluzione. Potremmo metterla giù così: dopo che abbiamo creato le premesse per trasformare bambini e ragazzi in audaci creativi ricercatori/scienziati, cosa succede? Alcuni di essi, come fece a suo tempo il fondatore, proveranno desiderio di trasformare il loro progetto in impresa. A questo punto si troveranno di fronte ostacoli imprevisti che, come è dimostrato nella realtà di tutti i giorni, quasi sempre faranno tramontare le idee più grandiose. Ecco perché una Fondazione che si dichiara orientata al futuro deve trovare il modo di scegliere i progetti, le idee vincenti o più utili dei migliori, aiutando entrambe le dimensioni (cioè progetto creativo e utilità operativa) a compattarsi nel format dell’impresa, e quindi affrontare il mercato. È questa la strada per trasformare in profondità il reale, per incidere sui processi sociali e, aggiungerei, per garantire una durata alla Fondazione stessa.

Ebbene, con l’inaugurazione dei nuovi 5000m2 quadrati, che si aggiungono a 9000m2 precedenti, la Fondazione sin da ora diviene un incubatore/acceleratore di start up aziendali.

Per farla breve, sono state scelti 10 progetti/micro aziende creati da gruppi di giovani scienziati, ai quali verrà dato un luogo e tutti i supporti per pilotarne l’atterraggio sul teatro nel quale le idee dovranno misurarsi con la loro efficacia, cioè il mercato. La Fondazione non sarà solo un supporto esterno bensì un vero partner aziendale ( con un venture capital investito in quote societarie, suppongo). In questo modo verrà a configurarsi uno scenario molto eccitante: troveremo integrati tutti i fattori di performance praticamente nello stesso luogo; al tempo stesso la Fondazione, grazie a questa protesi aziendale, diverrà un encomiabile modello di completezza strategica, lasciando intravedere un futuro e una durata operativa praticamente illimitata.

Ovviamente nessuno può predire la certezza del successo delle start up. Ma prendersi dei rischi, mettersi i gioco in modo giusto e ponderato,  è probabilmente una delle lezioni decisive che Marino Golinelli ha voluto ricordarci con questa ri(e)voluzione.

ADDENDA

Fondazione Golinelli
Da sinistra, Andrea Zanotti, Marino Golinelli e Antonio Danieli. Ph Massimo Paolone

Il progetto del nuovo incubatore/acceleratore di realtà imprenditoriali emergenti è stato chiamato G-Factor. È stato presentato al pubblico il 25 febbraio 2019, congiuntamente agli spazi che accoglieranno le nuove aziende.

La Fondazione/Opificio Golinelli si trova in via Paolo Nanni Costa 14, BOLOGNA.

Fondazione Golinelli

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Lamberto Cantoni
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9 Responses to "Fondazione Golinelli 2019, un nuovo inizio"

  1. Antonio Bramclet
    Antonio   27 Febbraio 2019 at 10:35

    Sono quasi sempre il disaccordo con l’autore che considero un idiot savant. Ma in questo caso mi allineo: probabilmente la Fondazione Golinelli è il progetto più intelligente creato a Bologna da molti anni a questa parte. Soprattutto perché, per quello che so io, è nata e si sviluppa in sinergia con altre importantissime istituzioni come l’Università, il Comune e la Regione.

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  2. mau   27 Febbraio 2019 at 10:54

    Si sono d’accordo. Bologna è speciale anche perché ha imprenditori come Golinelli veramente speciali. Il suo progetto nei tempi lunghi sarà più proficuo rispetto a quelli di altri imprenditori pur generosi e filantropi come la Seragnoli e Masotti. Non sapevo che avesse già attratto tanti visitatori.

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  3. valeria   27 Febbraio 2019 at 13:57

    E’ bello vedere donare il futuro: Marino Golinelli ha saputo dare la fiducia nella realizzazione non solo di sogni ma di progetti che vedono ora uno sbocco in una realtà concreta.

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  4. Savina   27 Febbraio 2019 at 15:19

    Una crescita in progressione geometrica. Questo può generare la concentrazione di brillanti, giovani, concreti studiosi che lavorano gomito a gomito su progetti innovativi. Con il supporto di esperti entusiasti come loro! Che tutto questo si sviluppi a Bologna è un regalo prezioso per la nostra città.
    Fra l’altro queste prime start up sono in gran parte rivolte a migliorare la salute dell’uomo o a risolvere dei suoi problemi funzionali.
    Nuove realtà che si affermano, iniziano a sostenersi da sole, per volare alto. Senza sfuggire dall’economicità, dalla sostenibilità.
    Un grande esempio
    Un punto d’appoggio x sollevare – se non il mondo – tante preziose realtà e farle fruttificare.

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  5. lucio   27 Febbraio 2019 at 17:10

    Premetto che non ho visto i nuovi spazi, ma dalle immagini si evince che gli architetti hanno fatto un ottimo lavoro. Io credo che la Fondazione/Opificio Golinelli abbia come minimo una importanza di livello europeo. Non guasterebbe un po’ più di spazio per le arti.

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  6. alberto   27 Febbraio 2019 at 19:06

    Golonelli è un filantropo al servizio dei giovani. Con l’acume che lo contraddistingue, pur avendo superato abbondantemente i 90 anni si impegna in prima persona nel promuovere e seguire personalmente iniziative innovative dove i giovani sono i protagonisti principali di quel futuro tecnologico che prepotentemente ma inesorabilmente è già presente. Seguo da anni l’attività della Opificio Golinelli. Purtroppo non ero presente al battesimo del nuovo padiglione che ospiterà G- factor l’incubatore -acceleratore che ritengo sia una iproposta che da lustro a Bologna . Ringrazio Mywhere giornale sempre attento a pubblicare notizie importanti e ringrazio il Vicedirettore Lamberto Cantoni che ha illustrato magistralmente e con dovizia di particolari questa iniziativa

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  7. ann   27 Febbraio 2019 at 21:16

    I contenuti dell’attività della Fondazione Golinelli sono da encomio. Pure i valori. Io però avrei preferito vederli vivere in una architettura più contemporanea. Per esempio a me il capannone con la corona di cubi di ferro non piace molto e non riesco ad immaginare cosa significhi. Comunque in questo caso ammetto sia più rilevante il contenuto rispetto la forma, quindi anch’io sono fiera di vivere in una Bologna nella quale nascono sogni come la Fondazione Golinelli.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   28 Febbraio 2019 at 08:42

      Le scelte degli architetti dovevano rispettare una narrazione spaziale precostituita che potremmo definire “recupero/restauro creativi dei segni industriali del novecento”. La stilizzazione cioè la configurazione formale che suggerisce l’identità (nello spazio) della Fondazione si è dunque trasferita nei dettagli e nell’orchstrazione dei luoghi funzionali. L’unica eccezione è proprio l’edificio che Ann definisce “un capannone con la corona di cubi di ferro”. In realtà, se lo inquadriamo nel contesto del progetto, è una creazione notevole: in primo luogo dobbiamo considerare che si tratta di uno spazio chiamato/dedicato al rapporto Arte/Scienza. Dunque la domanda è: cosa offre l’approccio artistico alla scienza e viceversa? La risposta è fantasia, immaginazione, creatività, da una parte, disordine controllato, work in progress logico, una certa razionalità, dall’altra.. Che forma dare a questi concetti? L’idea di costruire esseri spaziali che per gemmazione si sviluppano dal corpo centrale dell’edificio (che diviene dunque una sorta di organismo pensante) a me pare una metafora spaziale intelligente. Insomma, se volessi o dovessi immaginare uno spazio che pensa, sogna, libera l’immaginazione, certamente apprezzerei il progetto di una struttura dinamica come quella proposta dagli architetti scelti da Marino Golinelli.

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  8. james   4 Marzo 2019 at 14:59

    Se posso permettermi, Golinelli concepisce la sua Fondazione come gli anglosassoni. Lo spirito che lo anima rimane tipicamente imprenditoriale anche se il bene che vuole distribuire non è una normale merce. Non è un benefattore che fa elemosine ma un uomo di successo che vuole dare un contributo per risolvere problemi in modo duraturo.

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