Giorno per giorno tutto il cinema dell’auditorium

Giorno per giorno tutte le visioni fino al Premio del Pubblico BNL della decima edizione della Festa del Cinema di Roma.

La seconda giornata della Festa del Cinema di Roma è stata densa di eventi e proiezioni tanto quanto, se non di più, la giornata di apertura. Per la sezione “Incontri Ravvicinati” alle 18 si è tenuto, nella sala Sinopoli dell’Auditorium, l’incontro aperto al pubblico con Jude Law. Una grossa schiera di giovani donne e non, sono accorse per vedere l’attore inglese protagonista di molte pellicole celebri, come ad esempio “Alfie”, remake dell’omonimo film del 1967 con Michael Caine. Anche durante quest’incontro, sono state proiettate una serie di clip riguardanti film dove Law dava prova delle sue notevoli doti recitative. L’attore inglese ha dunque commentato spezzoni di “Closer, “Il talento di mr Ripley”, “Era mio padre” e così via. Grande imbarazzo per Jude quando ha dovuto commentare una scena del film “Wilde”, in cui nei panni dell’amante di Oscar Wilde esibiva le sue doti canore. Moltissima curiosità da parte del pubblico è sorta nel momento in cui Monda, ha chiesto notizie e aggiornamenti su “The young Pope”, ovvero l’ultima fatica di Paolo Sorrentino, che vede proprio Jude Law interpretare il ruolo del primo papa statunitense. L’attore inglese, che in questi giorni si trova a Roma per le riprese, ha detto che sin da quando vide per la prima volta “La grande bellezza”, ha fortemente desiderato lavorare con il celebre regista italiano. Alle 19.30 si è tenuto anche un incontro con l’illustre e geniale architetto Renzo Piano, il quale è anche colui che ha progettato il bellissimo Auditorium Parco della Musica, sede proprio del Festival del Cinema di Roma. A questo incontro però non ho potuto partecipare, essendo “momentaneamente” sprovvisto del dono dell’ubiquità. Alle 19.30 infatti mi trovavo (sempre nella sala Sinopoli) alla proiezione de “Lo chiamavano Jeeg Robot”. In sala era presente tutto il cast, fra cui Claudio Santamaria e Luca Marinelli.

Santamaria

‘Lo chiamavano Jeeg Robot’ è la storia di Enzo (Santamaria), un delinquente della periferia romana che sbarca il lunario compiendo furti e rapine. Parla poco, non ha amici, vive in una casa disastrata piena di dvd porno e si nutre solo di vasetti di yogurt. Un giorno, dopo una rocambolesca fuga finisce in un bidone contenente materiale radioattivo, ottenendo superpoteri che lo fanno diventare estremamente forte ed invulnerabile. Proprio quello che ci voleva per incrementare la sua attività criminale. A quel punto però la sua storia si intreccia con quella di Alessia, una ragazza disturbata che crede fortemente che Enzo sia la reincarnazione di Jeeg Robot, e con Zingaro, un brutale delinquente con manie esibizioniste, interpretato da Luca Marinelli. Il film lascia assolutamente a bocca aperta, non tanto per la trama surreale che in alcuni punti può anche risultare prevedibile e banale. Il film genera stupore perché nel panorama cinematografico mai si era visto un film del genere. Un qualcosa di vagamente simile (solo in termini di plot) può essere “Poliziotto SuperPiù” con Terence Hill del 1980 e diretto da Sergio Corbucci. “Lo chiamavano Jeeg Robot” è un film pulp che richiama molto Tarantino, violento ai limiti del parossismo, ma allo stesso tempo anche tenero e delicato. E’ un film che analizza tematiche sociali come l’alienazione, la degradazione delle periferie, la voglia di rivalsa e la forza dei sentimenti. Questa pellicola presenta una serie di trovate interessanti ed una mole di effetti speciali unica ed insolita per un film italiano. Per ultimo, ma non ultimo è doveroso fare un gigantesco plauso a Luca Marinelli, anche qui strepitoso. Questo attore che si fece notare con “Tutti i santi giorni” di Paolo Virzì, è di una bravura disarmante. Per chi non l’avesse fatto, consiglio di correre al cinema a guardare “Non essere cattivo”, ultimo lavoro del compianto Claudio Caligari, di cui noi abbiamo scritto ampiamente, dove Marinelli interpreta il ruolo del protagonista con una profondità emotiva ed una veridicità che tolgono il fiato.

La festa del cinema nella sua terza giornata, raggiunge l’apice con l’arrivo di colui che può essere definito la star indiscussa di questa edizione. Alle 17.30 è arrivato sul red carpet Paolo Sorrentino. Il regista nonostante l’aria apparentemente schiva che alcuni gli attribuiscono, è stato invece prodigo di autografi e foto con i fan. Nella Sala Sinopoli il terzo “Incontro ravvicinato” ha avuto dunque come protagonista un numero uno assoluto del nostro cinema. Il direttore artistico Monda, come di consueto ha mostrato al pubblico delle sequenze di film personalmente selezionate dal regista, ed infine le ha con lui commentate. De “La notte” di Antonioni, Sorrentino ha detto che è uno dei pochi casi in cui il connubio fra musica jazz e immagini non risultano noiosi, ma funzionano. Ha ribadito anche che registi americani come Scorsese, amano e traggono ispirazione da Antonioni, Scola e Fellini. Grande ilarità nel pubblico è stata suscitata dalla sua risposta alla domanda: “con quali film sei cresciuto da ragazzo?”. Sorrentino ha risposto che la prima pellicola che ha visto trattava la storia straziante di un bambino, ma che purtroppo non riesce mai a ricordarsi il titolo (qualcuno ha suggerito “Incompreso”), e infine ha aggiunto di avere una forte passione per i film di Bud Spencer e Terence Hill. Riguardo al film “Era mio padre” di Sam Mendes, Sorrentino ha detto che la sola visone di quella pellicola permette di risparmiare due anni di scuola di cinema. Per chiudere ha sottolineato la differenza fra “vero” e “verosimile”, ribadendo che un regista non deve essere fedele al vero, in quanto il regno della creatività risiede proprio nel verosimile. Le proiezioni di punta della terza giornata sono state quelle dei film in concorso “Freeheld” e “Mistress America”. Due film sicuramente notevoli. Il primo vede protagoniste il premio oscar Julienne Moore ed Ellen Page (quest’ultima presente anche in sala). La storia tratta di una coppia di lesbiche che lottano per il diritto all’uguaglianza. Quando una di loro due (la Moore) diventa malata terminale, pretende che la sua compagna possa usufruire dei soldi della sua pensione, ma il consiglio dello Stato non sembra approvare la richiesta. Steve Carell qui è un attivista omosessuale (che per il personaggio che interpreta con ironia ricorda molto il ruolo che aveva in “Shall we dance”…) si schiererà dalla loro parte. Questo film oltre alla tematica di forte impatto, ha il vantaggio di avere un cast pirotecnico. La Moore torna ad interpretare il ruolo di una donna malata, come in “Still Alice” che gli valse un Oscar. Steve Carell si dimostra un attore assolutamente in parte, divertente ma misurato, segno di grande versatilità. A fine proiezione il pubblico ha riservato 15 minuti di applausi, che Ellen Page ha incassato commuovendosi. La seconda pellicola ovvero “Mistress America” di Noah Baumbach, ha una sceneggiatura formidabile, con trovate brillanti. Racconta il rapporto fra due quasi-sorellastre. Una è una giovane matricola del college insoddisfatta della sua vita sociale, l’altra (Brooke) è una trentenne iperattiva, nevrotica e sui generis. Il personaggio di quest’ultima interpretato da Greta Gerwig, è ben scritto ed altrettanto ben recitato. “Mistress America” è un film divertente, arguto e brillante, che unisce Woody Allen e uno spirito un po’ da Nouvelle Vague.

Giornata gremita d’incontri quella del 19 ottobre. Doppio appuntamento per la sezione incontri ravvicinati. Il primo ha avuto come protagonisti un premio Oscar ed un premio Pulitzer, ovvero rispettivamente Wes Anderson e Donna Tartt. Il centro del dibattito, come al solito curato dal direttore artistico, era che cosa rappresentasse il cinema italiano per entrambe. Anderson e la Tartt hanno sciorinato il loro amore per Pasolini, Antonioni e Fellini, discusso su la creatività e su come si possa trovare una fonte d’ispirazione. Curiosa è anche l’ammirazione di Anderson per Totò, che viene da lui definito il Buster Keaton italiano. Donna Tartt, premio Pulitzer nel 2014 per il suo romanzo “Il cardellino” ha selezionato la stessa clip de “La notte” scelta anche da Paolo Sorrentino. Anderson invece ha scelto “L’oro di Napoli”, celebrando il ricordo di uno dei nostri indimenticabili maestri, Vittorio De Sica. Monda ha concesso al pubblico tre domande da fare agli ospiti, ma il pubblico le ha rivolte solo al regista texano.
A seguire, l’incontro con Dario Argento e William Friedkin, attesissimo dalla folla. Probabilmente il pubblico era composto da molti nostalgici, dato che Argento non fa più un film decente dagli anni ’70, e Friedkin non è da meno. Il passato però non si dimentica, e questi due signori ne hanno sicuramente avuto uno glorioso. Sul palco hanno dimostrato la loro reciproca stima, scambiandosi a vicenda parole lusinghiere. Lo show comunque è venuto in gran parte dal regista statunitense che ha dichiarato di esser terrorizzato da poche cose, e che il traffico di Roma è una di quelle. Riguardo il film “L’esorcista” ha dichiarato “Sono credente, e lo affermo anche se dichiararsi religiosi negli Stati Uniti è impopolare. La storia del film è vera, ho conosciuto colui che realmente fu impossessato, è ancora vivo ma non ricorda nulla della sua esperienza.” Argento ha sottolineato l’unicità e la bellezza degli insegumenti che si notano nei film di Friedkin, paragonandoli a quelli di Buster Keaton, dichiarando anche: “All’epoca non esisteva il digitale, era tutto vero. Gli inseguimenti di oggi sono cazzate fatte al computer.”
Grande attenzione per la pellicola “The walk” di Robert Zemeckis, proiettata in Sala Sinopoli alle 22.00. La storia (realmente accaduta) racconta del funambolo francese, Philippe Petit, che nel 1974 attraversò le Torri Gemelle camminando in bilico su di un filo teso dalla cima di una torre sino alla cima dell’altra. In sala era presente proprio il vero Petit, il quale ha raccontato al pubblico aneddoti sulla vicenda. Il cast vede Joseph Gordon-Levitt nei panni del funambolo francese, e Ben Kingsley in quelli di un circense che fa da mentore al protagonista. Il film riesce a tenere il pubblico “sul filo”, e grazie al 3d ricrea negli spettatori un senso di vertigini molto forte. Zemeckis, regista anche della celebre trilogia “Ritorno al futuro”, sa come entusiasmare il pubblico e confeziona un film buono. Tuttavia non è sicuramente uno dei migliori del regista ed a parer mio non lascia una grande impronta nella sua filmografia. Temo che non sia destinato a rimanere a lungo nella memoria degli spettatori, nonostante vedere quelle torri non possa fare a meno di richiamare alla mente la tragedia del 2001.

A catalizzare l’attenzione durante questa quinta giornata della Festa del Cinema di Roma è stata lei: Monica Bellucci. Nel vederla camminare sul red carpet, non si poteva fare a meno di pensare di aver difronte l’ultima grande diva italiana. Forse si può dibattere sul suo modo di recitare (non sempre apprezzato dai critici), ma non si discute la sua bellezza ed il suo infinito charme. L’attrice ha fatto la sua comparsa per presentare la pellicola in concorso “Ville-Marie” di Guy Edoin, dove lei è la protagonista. Monica Bellucci è nei panni di un’attrice che si reca in Canada per girare un film, riallacciando il rapporto con il figlio dopo tre anni di silenzio. L’attrice ha affermato di aver scelto il ruolo perchè si rivedeva molto nei panni di una madre-diva, essendo anche lei mamma. Nel pomeriggio però, si è tenuta anche la visione del documetario “Hitchcock/Truffaut”, seguitissimo dal pubblico. La pellicola si basa sull’intervista audio che il maestro del brivido ebbe con Truffaut nel ’62. Una perla, poichè è da considerarsi una vera e propria lectio magistralis sul cinema. Ciò che dice e spiega Hitchcock in questo documentario è puro oro per chiunque ami la settima arte. Interessantissima anche la presentazione che Gian Luigi Rondi ha fatto del suo libro “Tutto il cinema in 100 (e più) lettere”. Il venerando e leggendario critico cinematografico ha raccolto in questo volume tutte le lettere che, nel corso della sua lunga carriera, gli sono state spedite da varie personalità. Lettere che portano la firma di Vittorio De Sica, Eduardo de Filippo, Federico Fellini, Visconti, Totò, Sordi e così via. Dopo averle raccolte in questo libro, Rondi ha regalato tutte le copie originali di tali lettere al Centro Sperimentale di Cinematografia. Moltissime le faccie note venute all’Auditorium ad omaggiare il critico, come ad esempio Walter Veltroni, Pupi Avati e Aurelio de Laurentiis.

Sesta giornata della Festa del Cinema di Roma.

Il 21 Ottobre, alla Festa del Cinema di Roma, Sergio Rubini ha presentato il suo ultimo lavoro da regista, ovvero “Noi dobbiamo parlare”. Un film che ricorda molto “Carnage” di Roman Polanski. La pellicola infatti si svolge tutta all’interno di un appartamento nel centro di Roma e pone a confronto due coppie, proprio come accade nel film del regista polacco. La prima coppia, quella formata dai padroni di casa è composta da Sergio Rubini e Isabella Ragonese, due radical chic, scrittori culturalmente impegnati. La seconda coppia invece, che va a turbare la tranquillità della prima, è formata da Fabrizio Bentivoglio e Maria Pia Calzone, il primo chirurgo e l’altra una dermatologa. L’appartamento diventerà un vero e proprio campo di battaglia, dove entrambe le coppie si massacreranno a vicenda, rinfacciandosi segreti inconfessati, bugie, tradimenti e verità scomode. Al termine della notte, con le prime luci dell’alba, tutto sarà cambiato. La sceneggiatura è veramente ben scritta, soprattutto mai banale e scontata, anche se il film in alcuni punti risulta un po’ lento e prolisso. La bravura di Bentivoglio e della Calzone, fa dimenticare qualche piccolo difetto del film. L’attore milanese, interpreta magistralmente il ruolo di un romano, modificando la voce e lavorando sull’accento in maniera impeccabile. La Calzone invece ha una verve unica, è magnetica e anche sensuale, nel ruolo di una moglie annoiata dal rapporto logoro col marito.

Interessante è anche il docu-film “Monogamish” di Tao Ruspoli, figlio del nobile principe romano Alessandro “Dado” Ruspoli. Il regista (ex marito della celebre attrice statunitense Olivia Wilde) s’interroga sui rapporti sentimentali al giorno d’oggi, sul divorzio, sul sesso e sui fondamenti della monogamia. Vengono intervistati specialisti, psicologi, sessuologi ed esperti, e ne esce una curiosa osservazione su quanto forse siano assurdi e forzati i valori della monogamia e della famiglia tradizionale.

Il 22 Ottobre il grande protagonista all’Auditorium è di nuovo stato il maestro Ettore Scola, venuto ad assistere alla proiezione della versione restaurata del film “La terrazza”. Quest’opera del regista, racconta l’intrecciarsi di rapporti e vicende di un gruppo di intellettuali, partendo dal pretesto di una festa su di una terrazza romana. C’è lo sceneggiatore in crisi creativa, il produttore che sente il peso della vecchiaia, il giornalista insoddisfatto, e il politico in crisi col partito. Poco prima della visione del film Piera Detassis e Paolo Meregehetti hanno presentato il film, insieme proprio a Scola. Mereghetti ha detto che probabilmente Tarantino per “Pulp Fiction” ha preso spunto proprio dal film “La terrazza”, in quanto l’intreccio cronologico ed il mostrare la storia dal punto di vista di ogni personaggio è una delle caratteristiche più innovative di questa pellicola. Scola invece ha osservato quanto sia curioso il fatto che i protagonisti (Gassman, Tognazzi, Mastroianni e Trintignant) si sentano rottamati e minacciati dalle nuove generazioni, non sapendo di essere rottamati proprio da loro stessi, dalla loro vecchiaia e all’attaccamento a idee superate. In ognuno di loro, ha detto, c’è come un ritorno all’infanzia, un essere radicati al passato, un richiamo al fanciullino della poetica del Pascoli. In sala oltre al regista erano presenti anche le sue figlie, che pochi giorni fa hanno presentato all’Auditorium “Ridendo e scherzando”, documentario sul padre.

Testo di Edoardo Andreotti

PER IL VINCITORE PUBBLICHIAMO INTEGRALMENTE IL COMUNICATO

DELLA FESTA DEL CINEMA:

Angry Indian Goddesses di Pan Nalin vince il Premio del Pubblico BNL della decima edizione della Festa del Cinema di Roma, assegnato in collaborazione con lo storico Main Partner della Festa, BNL Gruppo BNP Paribas.

Gli spettatori hanno votato online tramite un sistema elettronico realizzato da Xaos.

Il primo “Buddy movie” indiano al femminile – firmato dal regista di Ayurveda: Art of Being, il documentario indiano di maggior incasso – è un ritratto fresco e spigliato delle donne nell’India di oggi.

La decima edizione della Festa del Cinema di Roma è stata prodotta dalla Fondazione Cinema per Roma, presieduta da Piera Detassis. Nel suo lavoro di selezione, il direttore artistico Antonio Monda è stato supportato da Mario Sesti (coordinatore artistico del comitato di selezione), Richard Peña, Giovanna Fulvi, Alberto Crespi, Alessia Palanti, Francesco Zippel.

“Le donne in India – ha dichiarato Luigi Abete, Presidente di BNL Gruppo BNP Paribas – costituiscono uno dei principali motori dell’evoluzione del Paese riuscendo, grazie al loro impegno e dinamismo, ad abbattere barriere culturali e sociali. Il Gruppo BNP Paribas aveva già percepito questa realtà tanto che nel 2010  aveva raccontato – attraverso la mostra fotografica ‘Women Changing India’ –  i differenti ruoli e i contributi che esse danno al cambiamento della società del continente indiano. Anche lì, come nel film Angry Indian Goddesses, le donne vengono raccontate nella loro caleidoscopica energia creativa facendoci vivere emozioni universali. Ci fa molto piacere che il pubblico della Festa del Cinema di Roma abbia scelto questo, tra i tanti film di valore presentati in questa edizione, perché testimonia l’attenzione verso temi e storie lontane dal nostro quotidiano che ci consentono di riflettere e di conoscere meglio realtà differenti. Per BNL la diversità è un valore che va salvaguardato e incoraggiato in una società sempre più globale e multietnica”.

“Sono particolarmente lieta che un film coraggioso, rivelatorio, in grado di far luce sulla condizione femminile in India, anche attraverso un genere solitamente al maschile, abbia ricevuto il massimo gradimento da parte dei nostri spettatori – ha spiegato Piera Detassis, presidente della Fondazione Cinema per Roma – Il risultato ci mostra come il pubblico della Festa sia sempre pronto a leggere e premiare le proposte più interessanti, innovative e al tempo stesso popolari, provenienti dal miglior cinema internazionale”.

“Nel corso di questi giorni gli spettatori hanno apprezzato il ricco programma di quest’anno, sono orgoglioso e soddisfatto che la qualità dei film sia stata sempre lodata anche dalla stampa estera, oltre che da quella italiana – ha detto Antonio Monda, direttore artistico della Festa del Cinema di Roma – La vittoria di questo film mi rende particolarmente felice perché uno degli obiettivi che mi ero prefissato era proporre al pubblico pellicole di qualità provenienti da tutto il mondo: l’industria cinematografica indiana è fra le più avanzate e il film di Pan Nalin uno dei suoi prodotti più stimolanti, energetici e provocatori. Spero che Angry Indian Goddesses arrivi presto nelle sale italiane e possa godere dello stesso successo ottenuto alla Festa del Cinema”.

Peccato, noi avevamo votato diversamente. Speravamo  “Lo chiamavano Jeeg Robot” oppure “Freeheld”.

Questo neanche l’avevamo visto ma si sa… ai Festival c’è sempre un finale imprevedibile…! Comunque vi racconteremo tutte le nostre emozioni nel vivere questa settimana intensa di cinema, non perdeteci di vista!

Redazione

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