L’Avvocato fa il bis

L’Avvocato fa il bis

31 ottobre – Sala Europa. Seconda serata che vede sul palco l’Avvocato più musicale d’Italia e la sua orchestra – nuovamente impegnati – dopo il debutto di ieri sera tenutosi proprio qui a Bologna e che dà avvio al nuovo tour di presentazione di “Snob”, sua ultima fatica. La Sala Cagli è inesorabilmente piena come sempre accade quando artisti di questo spessore ne calcano il palcoscenico.
Paolo Conte a 78 anni continua a cavalcare i decenni visto che la sua carriera ha avuto inizio proprio 40 anni fa. Il pubblico in sala oltre che numeroso è piuttosto variegato, ci sono persone di tutte le età: giovani, fra i quali un gruppo di giovanissimi, alcuni non più così giovani e altri – forse tanti – “diversamente giovani”, segno questo che il suo stile che amalgama più generi musicali, risulta accattivante per un ampio numero di ascoltatori.
Alle 21.15 inizia lo spettacolo tangibilmente atteso, visto che già dagli spalti, qualcuno comincia a spazientirsi e si lancia con i primi applausi per esortare l’uscita del cantautore. Calano le luci, si apre il sipario, l’orchestra attacca e pochi istanti dopo arriva lui, sobriamente vestito mentre parte dell’orchestra quella a sinistra è in abito scuro e papillon, un look volutamente retrò e studiato come la tenda arricciata quale sfondo, a riproporre un’atmosfera music hall anni ’50, lui si presenta in giacca di velluto, maglia blu e pantalone grigio, come se fosse giunto lì per caso. Il primo brano “Ratafia” non è però tratto dall’album che dà il titolo al tour, e lo canta accompagnato al piano dal maestro, farà così ogni volta che i brani saranno quelli presenti in Snob, dopo sarà lui alla tastiera a riproporre le vecchie glorie, tutte però rinnovate da arrangiamenti di pregevolissima qualità musicale e magistralmente suonati. Salta subito all’orecchio che il livello e lo spessore dei musicisti lì con lui è pari a quella di un gruppo di abili solisti riuniti in un ensemble. Sembrerebbe scontato ma chi è abituato a frequentare teatri e a vedere spettacoli se ne accorge subito se sta fruendo del prodotto di artisti o di musicisti per caso e qui non accade proprio niente per caso.
Voce bassa, ancora più roca di quello che ricordavamo, piuttosto ruvida proprio come una coperta di lana non troppo lavorata ma in grado di riscaldare ancora.
Seguiranno i brani storici: “Sotto le stelle del jazz”, “Come di”, ”Alle prese con una verde milonga”, nessuno scambio verbale col pubblico ma solo gestuale, limitato agli inchini di saluto in apertura e chiusura di concerto e a pochi altri cenni di ringraziamento; ad ogni cambio di canzone – come da sua tradizione consolidata – solo la presentazione di un collega dell’orchestra. Si potrebbe a tratti pensare che sia lui l’inventore del minimalismo. E’ chiarissimo l’Avvocato, lui è lì per fare musica, non certo per far conversazione ed ecco perché sono rare le interviste che lui concede vis-à-vis; per non parlare poi dell’immagine: qui Conte è stato perentorio (se mai sinora non lo fosse stato abbastanza) pochi scatti solo per le prime due canzoni ma senza il flash. Se lo avesse saputo prima Mywhere avrebbe lasciato la serata libera al fotografo. D’altra parte ognuno ha il suo stile comunicativo e senz’altro l’Avvocato ha il suo, qui però è in veste di musicista e nello specifico, il suo stile resta inimitabile.
Si prosegue con alcuni nuovi brani: “Argentina”, il brano omonimo “Snob”, sempre intervallati dai altri già noti: “Aguaplano”, “Una giornata al mare”, “Max”, “Gli impermeabili”, “Dancing”, “Via con me”. Dieci minuti d’intervallo e poi si ricomincia con la grinta e la verve di questa orchestra che vede presenti: Lucio Caliendo (oboe e fagotto), Claudio Chiara (sax e flauto) e Luca Velotti (sax e clarinetto), Massimo Pitzianti un autentico polistrumentista (fisarmonica, bandoneon, clarinetto e sax baritono), di rilievo poi la bravura del violinista Piergiorgio Rosso.
Per la parte ritmica (i signori sulla destra vestiti invece in camicia e pantalone nero) Jino Touche al basso e Daniele Di Gregorio alla batteria e alla marimba, Daniele Dall’Omo, Luca Enipeo e Nunzio Barbieri, alle chitarre.
Il concerto prosegue con altri brani noti e solidissimi ai quali il pubblico tributa un calore che è quasi proporzionale al distacco del cantautore astigiano, lì a proporli.
Fra gli altri brani anche: “L’uomo specchio”, “Diavolo rosso”, “Madeleine”, “Maracas”, “Ballerina, “Le chic et le charm”… poi l’orchestra scatenata, dove i solisti si cimentano a turno in una serie di assolo a testimoniare ancora – semmai qualche distratto non l’avesse proprio colto – cosa siano in grado di fare e prosegue mentre lui si defila, poi il sipario: delusione fra il pubblico; ma come, neppure un saluto?!? No, ecco che ritorna, aveva scherzato, sì, il bis lo concede ma sarà solo quello.
Che mistero la vita! Un uomo che usa così poche parole al di fuori dei testi delle sue canzoni ma che sa infiammare così tanto chi è venuto ad ascoltarlo, sembrerebbe quasi un paradosso, evidentemente non esiste solo la comunicazione verbale: ebbene sì, Paolo Conte attraverso quei testi e quelle musiche era riuscito già a raggiungere il suo pubblico ancor prima che durante lo spettacolo, viceversa non avrebbe incontrato né un numero così alto né il favore così chiaramente palesato da tante tra le persone ieri presenti e io in mezzo a loro, felice di avere partecipato.

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Daniela Ferro

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