Il posto del museo nella creazione: i casi Ferragamo e Gucci

Il posto del museo nella creazione: i casi Ferragamo e Gucci

Articolo collettivo e introduzione di Martina Bader

Intervento di Martina Bader, Irene Alunni, Luisa Covini, Giovanni Ercoli, Giulia Capone, Hande Tever, Mina Quinto, Silvia Valesani, Giada Turri, Ginevra Carotti, Federica Buonomo, Greta Del Popolo, Federica Crosato, Giulia Ficini, Lisa Ricci, Caren Zaccarella, Federica Piedimonte, Francesca Orsi Spadoni, Ludovica Giulianini

576690_4025623082019_1175083490_nMusei Ferragamo e Gucci

Testo di Martina Bader

Due mondi a confronto, due diverse esperienze che ti catapultano nel mood di due colossi della moda Italiana.
I musei di Salvatore Ferragamo e di Gucci a Firenze raccolgono un patrimonio di una lunga storia manifatturiera.
Il museo Ferragamo parte dalle radici del brand raccontando la storia del suo fondatore. Torniamo bambini attraverso un mondo fatto di favole e sogni che si concretizzano nelle perfette calzature dai materiali unici e raffinati. Il percorso comincia da quelli che sono gli umili strumenti con cui il calzolaio campano ha iniziato il suo cammino per poi avvicinarsi alle scarpe che hanno fatto sognare e continuano a far sognare milioni di donne fra cui alcune delle dive più affascinanti di Hollywood. Il museo da molta importanza al lato creativo del brand ovvero tutto quello che sta dietro all’ideazione della scarpa .la realizzazione del prodotto è altrettanto importante e estremamente curata grazie a una superba manualità supportata dalla passione.
Il secondo brand cerca di distaccarsi dal passato che viene ricordato esclusivamente dai pregiati oggetti attentamente riposti dietro sofisticate teche di vetro. Tutto è molto lineare nel palazzo Gucci; esternamente antico e internamente ristrutturato è suddiviso in area caffè, ristorante,libreria e museo. L’esposizione si basa su alcuni dei principali temi d’ispirazione del brand come per esempio il viaggio,l’ippica e i fiori. Sfarzosa è la sala dedicata ai meravigliosi abiti di lustrini e piume che renderebbero qualsiasi donna elegante e sofisticata. Vuol fare intendere che il brand possiede un importante passato che gli conferisce un valore aggiuntivo, ma continua a guardare con determinazione verso il futuro.

Museo Ferragamo Gucci

5531_1177628771050_5439401_n ferragamoQuando il brand si fa un soggetto storico

Testo di Irene Alunni

Le fiabe ci permettono di sognare, di soddisfare il bisogno di fantasticare e di viaggiare con la mente e di superare con l’immaginazione i nostri limiti e paure più nascoste.
Il museo di Ferragamo ti permette di vivere una fiaba, di estraniarti per alcune ore dal tuo mondo per entrare, a capofitto, nel suo. E’ un museo insolito e affascinate, un’esperienza polisensoriale che punta dritto al cuore.
Il museo di Salvatore Ferragamo è uno spazio espositivo dedicato alla storia e all’attività internazionale del calzolaio-stilista. La collezione di calzature, di cui si avvale il museo, mette in luce la capacità tecnica e artistica di Salvatore Ferragamo, che attraverso la scelta dei colori, la fantasia dei modelli e la sperimentazione dei materiali seppe offrire un contributo fondamentale all’affermazione del Made in Italy.
Il museo, inaugurato nel 1995 e ospitato nella sede storica dell’azienda, il medievale Palazzo Spini Feroni, ha come obiettivo documentare l’importante lavoro creativo di Salvatore Ferragamo nel campo della pelletteria ed in particolare della calzatura e di dimostrare il rapporto che da sempre esiste tra l’azienda, l’arte, il design e il costume. Il museo di Salvatore Ferragamo può essere considerato un “museo aziendale”, rappresentando dalla sua nascita, la storia e la tradizione del brand, le fondamenta del suo DNA. Oltre ad avere un ruolo fondamentale nella comunicazione istituzionale dell’azienda, ha una funzione molto importante anche per coloro che ci lavorano. Non solo il Museo crea un forte senso di appartenenza all’azienda ma svolge anche l’attività di formazione per coloro che lavorano nel settore della comunicazione e prodotto. La fortuna del Museo Ferragamo è quella di avere l’opera realizzata dal fondatore, il prodotto originale, nella fattispecie scarpe da donna, prodotti veramente artigianali, spesso fatti anche in esclusiva che si possono classificare come vere e proprie opere d’arte. La Ferragamo è stata la prima azienda a fare una mostra dedicata al proprio marchio e da lì è iniziato il vero e proprio lavoro per la costituzione di un archivio, o meglio di una messa a sistema dell’archivio che in parte esisteva già grazie alla lungimiranza del fondatore e della sua famiglia. Ferragamo è stato capace di far vivere il brand come una persona, con cui è possibile instaurare un dialogo, nonostante i suoi prodotti di lusso siano in qualche modo raggiungibili da pochi.
Anche il percorso narrativo sviluppato dal Museo Gucci merita di essere apprezzato tanto quanto quello di Ferragamo, anche se meno fiabesco. Il Museo di Gucci, in Piazza della Signoria, si sviluppa in tre piani e mostra con grande orgoglio la storia e la filosofia del brand.
Al piano terra si trova, a mio parere, la sala più interessante: la sala “Viaggio”, dedicata alla valigeria e agli accessori, con articoli creati per il jet-set internazionale, che con il suo stile unico ha contribuito al successo internazionale del marchio. Il tema del viaggio è un tema particolarmente importante per l’heritage dell’azienda, poiché rappresenta le origini creative di Guccio Gucci. Nel creare le prime collezioni di valigeria Gucci s’ispirò infatti alla sua esperienza lavorativa come portiere all’Hotel Savoy di Londra. Anche in questo caso, dunque, il Museo permette al pubblico di rivivere il suo prezioso patrimonio storico, per celebrare il grande potere narrativo che esiste dietro l’incredibile varietà di prodotti e motivi iconici di Gucci.
Due esperienze culturali soddisfacenti, coinvolgenti con la stessa intensità anche se con modalità espressive completamente diverse. Entrambi gli stilisti sono stati capaci, anche se in modo differente, di far vivere il brand come una persona, con la sua personalità e il suo stile comunicativo. Una persona con cui è possibile instaurare un dialogo, nonostante i loro prodotti siano per molti irraggiungibili.

Covini ferragamoIl posto del museo nella creazione dei valori di una marca: i casi Ferragamo e Gucci

Testo di Luisa Covini

Sempre più spesso le grandi case di moda costituiscono dei musei propri. Solo a Firenze ve ne sono addirittura due: Gucci e Ferragamo. Ma perché un brand di moda dovrebbe avere un museo?
Dal dizionario si legge: museo m sing (pl: musei) (arte)(archeologia) luogo dove sono raccolti e conservati gli oggetti d’interesse storico, scientifico e artistico in modo sistematico e organizzato con scopo documentaristico, didattico e di conservazione.
Ma occorre considerare che nel caso di un museo creato da una marca della moda non si tratta solo di storia del costume o della moda in generale; in questi luoghi si parla della storia del singolo brand, che espone il proprio archivio storico di prodotti. E allora se lo scopo di tutto ciò fosse meramente economico, apparirebbe insulso. In realtà la storia in generale deve fatalmente rimanere sullo sfondo. In primo piano devono apparire “oggetti” che denotano la durata e il valore di una avventura creativa. In sintesi il museo della marca aggiunge alle valenze aziendali un sapore umanistico ad un lavoro sulle forme che implica l’elaborazione del “tempo” di una azienda.
Perché oggi molte marche stanno optando per questa svolta umanistica?
Prima di tutto, forse è necessario esplicitare la complessità della marca contemporanea. Purtroppo questo intervento non può né sfruttare né rendere merito alla grande quantità di materiale che contiene questo argomento, ma in una breve sintesi, utile alla contestualizzazione, si può dire che: la marca è un soggetto semiotico, ovvero è un sistema capace di produrre significato. Andrea Semprini, per esempio, descrive la marca come un “motore semiotico”, motore, che, se ben progettato, testato e costantemente revisionato, genera un discorso (o un insieme di discorsi). Ovvero comunica. Anzi, fa molto di più: la marca oggi crea mondi, narra storie e parla il linguaggio delle emozioni, lavora in ciò che è la sfera dei desideri. Si tende ad enfatizzare maggiormente il beneficio intangibile piuttosto che la performance di prodotto, quindi si parla della caretterizzazione psicologica della marca stessa. Nella sua evoluzione, il brand è andato assumendo quasi una personalità umanoide, si è antropomorfizzato. Ecco quindi che se la storia è fatta di individui e il museo racchiude la storia, il racconto e il passato degli uomini, non è molto assurdo immaginare un brand che parla di sé attraverso un museo.
Ora, tornando ai due esempi fiorentini, bisogna ammettere che viene molto semplice paragonare i musei Gucci e Ferragamo, se non perché (teoricamente) il concetto di base è simile, almeno perché si trovano nella stessa città e a due passi l’uno dall’altro (uno si affaccia su piazza della Signoria, nel Palazzo di Mercanzia, l’altro si trova a Palazzo Spini Feroni in Piazza Santa Trinita).
Il concetto di base è simile (teoricamente). In generale, si può dedurre da quanto detto fino a ora che il museo è una forma di comunicazione del brand. Anzi, è una vera e propria forma di celebrazione di quella che è la tradizione del marchio. Si tratta di una formula molto cara alle maison di moda: sfruttare la tradizione, l’heritage, per creare “spessore”, scavalcando la pura sfera commerciale, e per rafforzare l’affinità con il pubblico e valorizzare la propria immagine.
Ma le differenze tra i due sul come comunicare la propria storia sono tante ed emblematiche: nel caso del Gucci Museo ci troviamo di fronte ad un ambiente molto moderno, lineare, “di design”; l’entrata è inoltre direttamente legata a quella del caffè e del bookshop. Nel caso Ferragamo la presentazione oserei dire che è opposta: si devono scendere delle scale e si entra in un museo che è una nicchia, quasi una grotta segreta. In un certo senso la stessa impostazione del racconto segue le medesime direttive dell’ambiente: Gucci Museo è praticamente uno showroom d’effetto, dove la narrazione passa attraverso l’esposizione di prodotti “oh, so gucci!” (e di alcuni cartoncini/depliant intonati alle varie sale-tematiche), che sottolineano le idee di esclusività, di lusso, di un mondo privilegiato, aspirazionale per i più. La narrazione museale secondo Ferragamo, invece, si focalizza maggiormente sulla figura di Salvatore Ferragamo stesso, su concetti di artigianalità e italianità e su valori come passione, impegno, dedizione, attenzione al dettaglio… E tutto ciò viene ottenuto attraverso mostre via via, ogni tot mesi, diverse. Aver visitato il museo Ferragamo durante l’esposizione della mostra dedicata a Marilyn Monroe o durante la più recente mostra de “Il calzolaio prodigioso” (basata su una magnifica associazione tra il brand, le scarpe e il mondo delle fiabe), sono due esperienze completamente diverse, seppure la vita di Salvatore sia sempre la stessa. Ed è piuttosto evidente che sia piacevole tornare anche nello stesso museo se è per vedere cose nuove e diverse.
All’inizio di questo intervento parlavo delle caratteristiche della marca moderna, delle sue peculiarità. Una di queste è la narrazione. Una parola che è ricorsa spesso nella descrizione dei musei Gucci e Ferragamo. Si parla di racconti. Il racconto come un qualcosa che possa andarsi a insinuare nella mente del consumatore, che consolidi l’idea che ha di quel brand. Il racconto della marca deve suscitare emozioni in chi lo “ascolta”. Uno dei fini spiccioli dello storytelling è di permettere la creazione di una sorta di aurea epica attorno agli oggetti di consumo, di per sé banali.
Ecco, nel caso del museo Ferragamo si ha la sensazione di immergersi proprio nella sua storia, ci si appassiona alla sua vita, agli ostacoli che ha affrontato, ma non solo!, si resta ammaliati di fronte ai capolavori che sono le sue scarpe e come vengono presentate. Un perfetto esempio di museo. Un perfetto esempio di branding. Un perfetto esempio di racconto.

Museo Gucci vs museo Ferragamo

Testo di Giovanni Ercoli

Due realtà fiorentine a confronto, storicamente tra le più antiche maison di moda italiane, che si sfidano ai tempi d’oggi sulla storia passata.
Come?
Attraverso il museo, nuovo strumento di fashion business che coinvolge turisti appassionati e specialisti del settore. Ho visitato entrambi i musei, e le differenze sono visibili fin dal primo colpo d’occhio.
Il museo Ferragamo ti catapulta in una realtà lontana, l’entrata è laterale a quella del negozio e seguendo le scale di pietra serena si entra in una grotta dai soffitti bassi e irregolari. Il personale è molto accogliente e indica il percorso più adatto da seguire.
Il museo Gucci invece è ben visibile dal lontano, l’entrata affianca quella del caffè, un maestoso palazzo nel cuore di Firenze. Ampie vetrine accolgono pezzi storici del mastro pellettiere. Situato su tre piani, le sale accolgono temi ben precisi. Una delle cose che non ho apprezzato è l’allestimento del secondo piano, la sala più bella del museo è adibita all’esposizione dei pezzi privati di Pinault. Cosa al quanto fuori tema, probabilmente la mia percezione distorta mi ha limitato nel percepire il vero valore dell’esposizione. Nessun nesso lega le opere di arte contemporanea con i manici in bamboo delle borse Gucci, o della splendida macchina interamente ricoperta dal logo delle due G. Ma non è lo spazio espositivo un buon metro di paragone.
Molto più interessante è la gestione delle risorse umane e il loro investimento.
Il museo Gucci ha messo ha disposizione dei visitatori un giovane ragazzo molto educato e disponibile interamente rivestito Gucci, tralascio il commento dell’outfit alle fashion blogger, in quell’aura di storia le parole che rimbalzavano sulle vetrine erano distorte, non per colpa delle geometrie architettoniche, ma per un aspro accento Francese che la guida non ha potuto lasciare a casa quella mattina.
Molto meglio l’acustica nella grotta Ferragamo, la guida, un ragazzo poco più grande di me, molto educato e disponibile quasi timido davanti a tanti ragazzi scatenati come noi, ha reso quell’esperienza magica. Non è stato un normale tragitto scolastico ma un’avventura degna di una fiaba. Con le sue parole raccontava una storia che sapeva di magico. Mi auguro che le mie parole siano accolte nel modo giusto. Non vuole essere un attacco di dopo razziale, o di tipo personale rivolto al personale, ma accentuare una grave distinzione da parte del managment del museo Gucci. Dettagli che determinano un’opinione.
Al giorno d’oggi grandi marchi come questi dovrebbero fare attenzione a non fare uscire fuori dai propri luoghi cattive opinioni.

Titani a confronto

Testo di Giulia Capone

L’analisi del patrimonio museale italiano permette di individuare due modelli di museo: il museo tradizionale o museo contenitore e il museo d’impresa, legato alla storia aziendale specifica di un brand. Comunicare la storia d’impresa è una delle risorse strategiche che da alcuni anni a questa parte risultano fondamentali per contribuire all’affermazione del brand come produttore, apparentemente solo di prodotti e servizi, ma che per il consumatore producono un valore, a cui di conseguenza verrà poi associato un significato personale.
Scontro tra titani. Questa è la definizione adeguata a indicare lo scontro tra due enormi potenze. Nel panorama del fashion made in Italy quando Gucci e Salvatore Ferragamo intraprendono l’esperienza di costituire un museo culto della loro heritage, avviene proprio come in un’arena un duello ad armi pari tra superpotenze.
Uno dei punti fondamentali che viene sviluppato per comunicare l’heritage di un marchio è indubbiamente puntare e fare riferimento al periodo storico più florido per il brand, questa scelta comunicazionale è sicuramente uno dei pilastri su cui l’azienda Gucci ha cominciato ad edificare il museo aziendale.
Il museo Gucci è concepito, infatti, in maniera strutturata e presenta molteplici delle caratteristiche di un museo tradizionale; ad esempio è presente uno bookshop dove la parola moda viene esplosa nei suoi più disparati significati ma la chiave di volta del museo è rappresentata dall’introduzione di un corner con prodotti esclusivi legati al passato del brand che diventano attuali e in edizione limitata vengono riproposti al consumatore, che acquistandoli può sentirsi parte della storia aziendale. Il design del museo è statico e ricercato in tutte le sue sezioni dove la fa da padrone l’idea di un continuo confronto tra i prodotti del passato e la loro evoluzione nell’attualità. Le varie sezioni sono a tema fisso, si va dal viaggio alle borse cult e dall’esposizione di abiti couture unici nel loro genere all’esposizione di arte moderna che dona al museo un’allure di avanguardismo. L’edificio dove sorge il museo è situato in una delle arterie fiorentine dove storia e arte pulsano a maggior frequenza ma che nell’interno del museo hanno lasciato maggior spazio a spazi asettici e lineari dove non sono le scelte architettoniche a destare interesse ma piuttosto i prodotti e la loro disposizione all’interno delle immense vetrine.
Altro brand altra declinazione del museo d’impresa reinterpretato in chiave futuristica. Salvatore Ferragamo altro brand che, come Gucci, ha radici molto forti nella città medicea intraprende l’ascesa verso la creazione del museo aziendale puntando sulla qualità e l’originalità che in particolare le calzature Ferragamo, emblema del brand, hanno avuto dalle origini fino ad oggi e che anche i cambi di direzione creativa non hanno inficiato ma bensì accuratamente preservato. Salvatore Ferragamo sceglie come location del museo lo storico palazzo fiorentino dove la sede del flagship store convive con la direzione generale del brand; il palazzo benché si erga tra gli altri in altezza contribuendo a dare esclusività, luce e importanza funzionali alla possibile location di un museo, vengono scelti i sotterranei del palazzo quasi come una sfida: i sotterranei da sempre luoghi angusti, ostili e di sicuro non luogo dove immagazzinare oggetti di lusso vengono elevati a scrigno per il nuovo concept museum che l’azienda aveva in mente di dare alla luce e nobilitati per accogliere pezzi di inestimabile valore.
Il brand Ferragamo decide di spezzare la tradizione ancora poco definita circa i musei impresa, per dar vita ad un museo che si fonda non su un qualcosa di statico product oriented, dove il prodotto è soggetto al museo che egli stesso il soggetto. Il museo Ferragamo, infatti, è dinamico dove nulla o quasi rimane statico per più di qualche tempo, creando con il visitatore un collegamento e un’interazione dove la curiosità e la sete si sapere la fanno da padroni. La storia che vede la modernità del calzolaio artigiano, che Ferragamo è in un primo momento, giungere alle punte massime del successo è raccontata attraverso modelli storici di calzature che hanno fatto la storia ma anche e soprattutto attraverso prototipi di scarpe che prima d’ora non erano mai uscite dall’immenso archivio del marchio rivoluzionarie sia per le tomaie sia per i pellami utilizzati.
Nelle due realtà a confronto non c’è una vittoria schiacciante né una disfatta epica ma soltanto l’interpretazione di un patrimonio culturale e di un’identità personale in maniera diversa; le scelte comunicazionali hanno sicuramente scopi finali identici ma le strade che si decide intraprendere per raggiungerli possono essere drasticamente diverse decretando comunque un finale ex aequo.

IMG_4708 ferragamoMUSEO GUCCİ – MUSEO SALVATORE FERRAGAMO

Testo di Hande Tever

Il museo di un brand racconta alle persone la storia del brand stesso, quindi mostra cosa era ed cosa é oggi, e risponde dove vuole andare.
La marca Gucci ha inaugurato il suo 90esimo anniversario con l’apertura del suo museo nel 2011, a Firenze, in Piazza Signoria. Il museo é stato progettato dal direttore creativo di Gucci Frida Giannini. È uno spazio vivente in cui contiene la filosofia ‘FOREVER NOW’ del marchio.
Nel museo, inoltre, dell’esposizione permanente dell’archivio Gucci ci sta anche una serie di installazioni d’arte contemporanea. Il museo é disposto su tre piani, ed é diviso in sale a tema ispirate ai motivi iconici e ai simboli di Gucci. Per esempio la grande sala Viaggio che é composto dall’esposizione di bauli, valigie, accessori, e che é il punto di partenza del marchio Gucci. L’esposizione poi continua con la rappresentazione di altri temi e icone della marca: dalla Borsetteria, al Mondo Flora, un immaginario poetico del motivo Flora.
L’aspetto decorativo del museo si può descrivere con l’aggettivo minimale ed é un aspetto che non può non rispecchiare la storia della marca e della famiglia Gucci. Da questa percezione si nota che c’é una mancanza di narrativa nel complesso del museo. Il museo, quindi, é privo di uno spirito antico e storico che in realtà deve possederlo, trasmetterlo al visitatore come se gli facesse vivere la storia della propria marca.
Il museo Salvatore Ferragamo é dedicato alla storia dell’azienda Ferragamo e alle sue creazioni: le scarpe che sono la sintesi di una ricerca estetica e di tecniche artigianali innovative. Il museo é nato nel 1995 per iniziativa della famiglia Ferragamo con la volontà di far conoscere al pubblico le qualità artistiche e il ruolo che ha ricoperto nella storia sia della calzatura sia della moda internazionale.
Il museo si trova nel centro storico di Firenze, nello storico Palazzo Spini Feroni, sede dell’azienda Ferragamo. La collezione di calzature, che é la protagonista del museo, documenta l’intero arco di attività di Salvatore Ferragamo(dal suo ritorno in Italia nel 1927 fino al 1960) mettendo in luce la capacita tecnica ed artistica dello stilista.
Il contributo allo sviluppo e all’affermazione del Made in Italy di Ferragamo attraverso la scelta dei colori, dei modelli e la sperimentazione dei materiali, é un contribuito di grande importanza per l’italia. La storia di Ferragamo é una storia di un secolo raccontata attraverso le calzature. Ferragamo ha realizzato creazioni anche per le star di Holywood, come Marilyn Monroe, Greta Garbo, Audrey Hepburn. Ed é così che lui ha conquistato il soprannome di “calzolaio delle stele” o “calzolaio dei sogni”.
L’aspetto decorativo del museo Ferragamo rispecchia un ambiente caldo e anche reale che non é per niente superficiale anzi, molto profondo. Nel museo si utilizza l’interpretazione delle più moderne e avanzate tecniche espositive attraverso documenti, fotografie, filmati, con lo scopo di rendere la visita piacevole e istruttiva per il visitatore. Ogni spazio del museo è organizzato al meglio: sia la parte per l’esposizione delle scarpe, sia la parte che contiene associazioni tra le favole famose e le scarpe. Il museo, inoltre, ospita anche esposizioni temporali da tutto il mondo con periodi di sei mesi.
Visitando il museo si può dire che si vive un’esperienza quasi reale, che trasmette la storia della marca al visitatore così come era.
Si puo concludere dicendo che il Museo Salvatore Ferragamo interpreta la forma del museo parlando come una persona, fa vivere al visitatore la storia in tempo reale, ma Il Museo Gucci, con tutta la sua freddezza, é molto lontano da questi aspetti, anzi fa sentire al visitatore che ha un approccio sostanzialmente commerciale.

MINA-QUINTO ferragamoLA NUOVA FRONTIERA DELLA COMUNICAZIONE

Testo di Mina Quinto

C’era una volta… è così che iniziano le fiabe più belle, quelle che vale la pena leggere con il fiato sospeso e gli occhi sbarrati per poi, solo alla fine, coglierne una morale.
La visita al museo Ferragamo non è altro che una fiaba, che inizia nel 1898 a Bonito, in provincia di Avellino, e termina tristemente a Firenze, dopo soli 62 anni. Ad accogliere i “lettori” nella sua fiaba, o meglio bottega, è un bambino di soli 9 anni, Salvatore Ferragamo, un prodigioso calzolaio, dotato di una straordinaria e precoce capacità tecnica e circondato nel suo mondo da schizzi di calzature e arnesi per il lavoro.
Lanterne illuminate, gabbie dorate, piccole serre con fiori colorati e farfalle svolazzanti custodiscono caramente le sue calzature come delle opere d’arte. L’intero ambiente è un catalizzatore di emozioni: il “fanciullino” che è in ognuno di noi prende vita e la sua voce sottile e leggera entra in contatto con il mondo esterno, attivando sensibilità e immaginazione. È una storia inusuale, diversa dal solito, un giusto compromesso tra vecchio e nuovo, in cui regnano il valore della fedeltà al rigore etico e professionale, da sempre esercitato da Salvatore, unito al senso di tradizione calzaturiera e un atteggiamento innovativo.
Un po’ meno fiabesco, ma ugualmente ricco dal punto di vista concettuale, è il percorso espositivo del marchio Gucci. A ogni sala del museo corrisponde un tema, e ad ogni tema un pezzo di storia: la sala “Viaggio” racconta la nascita del brand come una piccola ditta artigianale specializzata nella produzione di pelletteria e abbigliamento sportivo; la sala “Flora” espone il distintivo motivo floreale, declinato in molteplici colori e su svariati capi d’abbigliamento; la sala “Sera” propone incredibili abiti da sera con sfavillanti perline e delicate piume, accompagnati da un grande schermo che proietta le celebrità che li hanno indossati.
Il museo diventa uno strumento comunicativo di preziosa importanza: conferma il valore di chi ha dato nome al brand attraverso un percorso che testimonia la creatività e l’inventiva e, di conseguenza, le esperienze professionali del protagonista stesso. D’altronde quegli stessi oggetti di moda rappresentano una fonte di ispirazione per le collezioni future: non a caso si parla di “corsi e ricorsi” così come nella storia, che racconta battaglie e rivoluzioni, specie in quella della moda. L’heritage, che racchiude l’eredità culturale e professionale, le tradizioni e le innovazioni, mira a rafforzare e a valorizzare l’identità di un brand, al fine di renderlo il più riconoscibile possibile.
E se ogni fiaba porta con sé una morale, in questo caso, non è così difficile coglierla: il museo, con i suoi capi d’abbigliamento, accessori, installazioni, scenografie, è la nuova frontiera della comunicazione nell’ambito della moda, fonte di arricchimento per la storia di un’azienda.

Silvia ValesaniIl posto del museo nella creazione dei valori di una marca: i casi Gucci e Ferragamo

Testo di Silvia Valesani

La moda vive di parole magiche che, una dopo l’altra, si professano protagoniste dell’epoca che contraddistinguono. Così, quando parliamo di “museo”, dobbiamo immediatamente considerare l’argomento come uno dei pilastri portanti dell’Heritage Marketing per qualsiasi fashion brand che si rispetti. Ed è proprio attraverso l’importanza della comunicazione museale di oggi che possiamo avere la più ampia prospettiva di significazioni ad essa connessa.
L’Heritage Marketing, innanzitutto, non va associato a un revival nostalgico né tantomeno a una tendenza conservatrice nell’accezione socio-politica del termine. Il principio è sicuramente l’archivio, dunque la conservazione, ma l’evoluzione immediatamente successiva si mostra spiccatamente protesa nel futuro (come ogni evoluzione dovrebbe per altro essere). Alle radici aziendali, necessarie come garanzia di expertise e know-how, viene aggiunto il sistema valoriale del brand, la religione che professa, al fine di comunicare un approccio identitario ancor più fortificato. Il museo ne è la concreta materializzazione, al tempo stesso cattedra dell’umanesimo e finestra su un nuovo modo di comunicare la moda. Esso sintetizza capitalizzazione del sapere, sensibilità relazionali e competenze tecniche e tecnologiche, il tutto con risultati redditizi per la Brand Equity, in molte circostanze attuali ingiustificatamente trascurata. Il museo è cultura materiale che garantisce riconoscibilità tangibile e intangibile, promessa sancita in prospettiva win-win tra il brand ed il suo pubblico, snodo di continuità tra la memoria storica e le prospettive future. Esso si serve e sfrutta oggetti moda al fine di attivare le correlazioni e le associazioni desiderate nel destinatario, invitandolo dunque a partecipare ad una esperienza (Brand Experience) che gli consentirà di acquisire una nuova conoscenza del marchio. L’istituto museale affonda inoltre le proprie fondamenta nel successo dello storytelling, dal momento che sempre più spesso esso sottintende narrazioni implicite in cui si intrecciano onestamente etica e profitto. Raccontare una storia ha sempre esercitato un certo fascino sui pubblici di ascoltatori, a maggior ragione ora che la storia stessa viene veicolata dai New Media, ottimi nel facilitare la circolazione di micro contenuti facilmente fruibili dagli utenti finali. Essere la storia, piuttosto che raccontarla, rappresenta l’ultima frontiera delle logiche di storytelling e permette di inserirsi nella mente del pubblico come un’istituzione alla quale spetta una qualsiasi forma di credibilità, dunque di potere. Tale passaggio ha un che di inconscio e metafisico, che prescinde dalla volontà del soggetto interessato.
Indagando da vicino il potere delle realtà museali per i fashion brand, è doveroso fare un confronto fra i due riferimenti fiorentini che ho avuto modo di conoscere personalmente: il Museo Gucci ed il Museo Salvatore Ferragamo, dall’impostazione profondamente differente e proprio per questo interessanti da studiare in parallelo. Per quanto possa cercare di astenermi da considerazioni personali, il museo si mostra senza dubbio come un catalizzatore di contenuti emotivi per cui temo sia difficile elaborare un pensiero descrittivo e razionale, neutro da influenze istintive. Di incontestabile c’è che i due musei vogliono raccontare storie quasi opposte, e lo si capisce fin dall’architettura e dalla posizione adottata nell’urbanistica fiorentina: Gucci ha scelto il Palazzo della Mercanzia, edificio storico che si affaccia sull’intramontabile fascino di Piazza della Signoria, distaccato dunque dalle molteplici boutique monomarca del brand che arricchiscono i dintorni; la famiglia Ferragamo, invece, ha pensato di integrare l’esperienza museale nella sede del quartiere generale del brand, in Palazzo Spini Ferroni. Viene subito da pensare, quindi, che Gucci abbia preferito scindere l’esperienza d’acquisto da quella conoscitiva del patrimonio del marchio, come se i due territori non dovessero contaminarsi perché portavoci di finalità diverse, mentre per la famiglia Ferragamo essi risultano compenetrarsi alla perfezione, poiché si fanno garanti di una fluidità di contenuti a proposito della durabilità nel tempo dell’impresa e dell’eccellenza creativa. In entrambi i casi, comunque, ho percepito la volontà di restituire al passato quella gloria che le mareggiate del tempo e l’erosione dei nuovi mercati hanno arrugginito. Ho avvertito poi l’impegno portato avanti per omaggiare il Made in Italy che è stato come base del Made in Italy che deve continuare ad essere, a prescindere dai mezzi, dalle potenzialità, dalle risorse e dalle concorrenza. Per custodire certi patrimoni, credo che la soluzione vada sempre trovata. Ripeto, sempre.
Indagando approfonditamente la storia e il contesto di creazione del Museo Gucci, posso dire di giustificarne l’interfaccia atemporale, che sembra far vivere in una condizione, per l’appunto, di non-tempo e non-luogo ai propri visitatori: non ho sperimentato in modo così coinvolgente il viaggio attraverso il Novecento di quello che è stato ed è tuttora uno dei marchi principe della moda italiana nel mondo, bensì ho assistito alla visione di un film a cui non ho preso parte. I vari passaggi mi si sono avvicendati di fronte agli occhi con la compostezza di chi racconta, ma non commuove, con la ricchezza di chi ha molto nel proprio bagaglio di tradizione, ma non vuole che questo risulti ingombrante per le avventure future. Il Museo Ferragamo, d’altro canto, mi ha parlato senza filtri, mi ha accompagnato in una storia che iniziava e finiva con la parola “cuore”, declinata prima come passione, poi come tradizione. Ho percorso io stessa la strada che condusse il calzolaio di provincia alla fama planetaria. In silenzio, ma c’ero anch’io al suo fianco. Ho viaggiato nel tempo e nel mondo, ho conosciuto l’Hollywood degli anni Venti e l’Italia di Mussolini, ho assistito alla cerimonia di premiazione targata Neiman Marcus Award, l’Oscar della Moda, e ho preso parte alla consacrazione eterna del calzolaio, da artigiano di paese a creativo delle star. Ero in balia di un fiume in piena, di fronte al quale non potevo opporre resistenza (anche se, in ogni caso, non avrei voluto farlo).
Tipologie d’impostazione a parte, non c’è dubbio però che la scelta (coraggiosa quanto funzionale) di affiancare all’immagine di un marchio quella di un museo costituisca a tutti gli effetti per l’azienda un valore aggiunto. Il museo, qualsiasi sia il concept che ne sta alla base, rappresenta una dimensione ulteriore e una prospettiva grandangolare che il brand sceglie di offrire con generosità al proprio pubblico, magari per affascinarlo, magari per suscitare dinamiche di identificazione, magari ancora per fidelizzarlo. Gli intenti sono perciò lodevoli ed i risultati si dimostrano appetibili non solo per gli amanti della moda ma anche per i classici “turisti per caso”, incuriositi sempre più spesso da questo genere di attrazione. Il museo è una scommessa che funziona e sulla quale è opportuno continuare a investire poiché esso rappresenta la capacità reattiva della moda italiana nel ravvivare i propri punti di forza rispetto al mutevole scenario esterno, abilità che deve rimanere indiscussa.

Giada TurriIl posto del museo nella creazione dei valori di una marca: i casi Ferragamo e Gucci

Testo di Giada Turri 

Il museo nasce come un edificio volto alla raccolta e alla conservazione di preziosi manufatti artistici, quali quadri, opere d’arte, o abiti, e importanti reperti storici come vasellame, manoscritti, tombe e altri oggetti importanti. È un patrimonio artistico e culturale che racchiude la storia di un paese e dà spessore al suo iter evolutivo. Ricorda a una nazione le prove che hanno dovuto superare per raggiungere lo stato attuale, conserva la memoria di momenti trionfali e ricchi o di guerre e carestie.
Il museo dovrebbe essere visto come un vitale punto di riferimento, un luogo dove ritrovare la propria identità e la propria dimensione di cittadino nazionale.
Tuttavia pur percependone l’importanza materiale e spirituale che esso riveste, oggi la popolazione non è più in grado di attribuirgli una degna rilevanza. Sempre più cittadini rifuggono le visite ai musei poiché viste come noiose o troppo dispendiose, rivolgendo la loro attenzione ad attività altrettanto importanti, ma non ugualmente nobili. A supportare quanto appena affermato, lo dimostrano i dati rilevati dall’”Indagine Annuale sull’Affluenza dei visitatori nei musei italiani di maggior interesse turistico” del Touring Club Italiano del 2003, che attesta un calo del 2,3% delle visite ai musei rispetto all’anno precedente. Ma dal 2003 a oggi la situazione sembrerebbe essere migliorata, tanto è che il 2011 si caratterizza come un anno importante di ripresa, registrando una maggior affluenza da parte del popolo italiano.
Oggi anche note case di moda investono nell’apertura di musei del settore, stimolando così la creazione di un archivio storico del brand, nonché rendere visibile al pubblico la storia e l’evoluzione del marchio. Proprio a Firenze sono stati inaugurati nell’ultimo ventennio due importanti musei: quello di Salvatore Ferragamo nel 1995 e Gucci nel 2011.
Sebbene la storia di tali edifici sia abbastanza recente, la loro rilevanza e la loro riconoscibilità nel mondo non possono essere considerate direttamente proporzionali alla loro giovane età: difatti affluiscono ogni anno migliaia di visitatori da ogni parte del mondo che, con l’occasione di visitare il capoluogo fiorentino, si recano anche nei due prestigiosi luoghi sopracitati. Ciò che è importante sottolineare è la rilevanza strategica che essi hanno: il museo come elemento attrattivo. Difatti lo scopo ultimo del brand non è realizzare profitto sull’incasso delle visite: il costo d’ingresso di entrambi è della modica cifra di 6€. Il museo deve rendersi accessibile a chiunque, poiché il sogno deve essere alla portata di tutti, a differenza dei prodotti che i brand vendono.
Questo è percepito come un luogo mistico e surreale, che ha il compito di raccontare una favola, di far sognare i visitatori, di inglobarli nel mood generale che guida il processo creativo del marchio stesso: vedere i tessuti, i prototipi dei prodotti, gli abiti o gli accessori più noti, osservare chi ha indossato determinati capi iconici, venire a conoscenza della storia che ha portato alla nascita di alcuni oggetti, e molto altro ancora, coinvolge emotivamente il visitatore, permettendogli di sognare ad occhi aperti ed immedesimarsi in alcuni dei racconti. Infatti, è proprio il sogno la forza che spinge un brand a disegnare una collezione ed intraprendere questo lungo ed insidioso cammino artistico: un designer disegna innanzitutto per stimolare l’immaginazione di coloro che indosseranno i propri abiti, alcuni capi non nascono dal bisogno di praticità e utilità, ma solo dalla ricerca del nuovo e dell’insolito, dalla volontà di far sentire belli, attraenti e favolosi coloro che li acquistano. In secondo luogo le case di moda investono nella creazione di un proprio museo al fine di comunicare quelli che sono i valori su cui si basa la propria attività: oggi giorno si finisce spesso per acquistare un oggetto/abito/accessorio solo per lo status symbol che rappresenta e non tanto per la sua qualità o per la storia di chi lo ha realizzato.
Gucci e Ferragamo intendono invece cercare di opporsi a questa tendenza ribadendo l’artigianalità e il know how che si celano dietro ogni singola creazione. Il loro passato è frutto della passione e della motivata energia che li hanno spinti a lavorare ed impegnarsi per raggiungere la posizione che oggi possiedono nel panorama del fashion system italiano ed internazionale. Ovviamente ogni museo racchiude esperienze diverse, pertanto la percezione che si ricava dalla visita dei musei Gucci e Ferragamo è simile, ma non uguale. Tuttavia in entrambi si respira la volontà di raccontare un glorioso passato, un florido presente e un avvenente futuro.

IL POSTO DEL MUSEO NELLA CREAZIONE DEI VALORI DI UNA MARCA: FERRAGAMO E GUCCI

Testo di Ginevra Carotti

In una mattinata di pieno sole, girovagando per il centro di Firenze, mi ritrovo non casualmente ad entrare nel Museo Ferragamo. Non era la mia prima volta poiché avevo già visitato il museo in occasione della mostra dedicata a Marilyn Monroe, ma questa volta quel luogo/non luogo mi è sembrato decisamente diverso, quasi come se fossi stata catapultata in una grotta… la Grotta di Ferragamo. Non a caso ho citato la grotta, nonché installazione di Liliana Moro creata come passaggio tra la prima e la seconda stanza, che rappresenta un elemento fiabesco che serve ad unire la parte artigianale del calzolaio con quella storica.
Il tema della mostra, intitolata “Il calzolaio prodigioso”, è la fiaba.
Non la solita mostra bensì un progetto da laboratorio delle arti, dove realtà e favola si mescolano e si alternano in modo tale che non distingui più cos’è l’uno e cos’è l’altro. Ogni minimo dettaglio è curato in modo così chiaro e ordinato che l’eccellenza artigiana distintiva di Ferragamo si mescola in modo magistrale alla storia del calzolaio e allo stesso tempo alle altre storie di calzolai immaginari e immaginati, protagonisti di libri, cartoni animati e film.
Le scarpe esposte in lanterne o in gabbie come fossero uccellini esotici sono state disposte in apertura proprio per farci assaporare il clima fiabesco, quasi magico. La scarpa è il filo conduttore di tutta la mostra, è l’elemento di unione tra vita e morte, la si ritrova protagonista nelle installazioni e nelle opere che sono ospitate nel Museo, come “Scarpette Rosse” di Jan Svankmajer.
La storia del calzolaio prodigioso è accompagnata anche da due cortometraggi realizzati appositamente per questo evento: “L’arcobaleno e la sposa perduta” di Francesco Fei e “White Shoe” di Mauro Borelli; a mio avviso l’ultimo cortometraggio è un vero e proprio capolavoro che riesce a fare da perfetto collante, non a caso è stato messo come elemento di chiusura a tutta la mostra. L’allestimento è sicuramente particolare e azzardato per certi versi, ma anche se talvolta può risultare di difficile interpretazione, tutto è perfettamente pregnante al mood che caratterizza l’intero percorso.
Questa mostra, a mio avviso, è un capolavoro di comunicazione dei valori di Ferragamo. L’intento del museo di organizzare mostre non solo che raccontano la storia di un uomo, ma anche che esprimano l’interesse dell’azienda verso fenomeni più attuali, è evidente. Il Museo inaugurato nel maggio del 1995, è nato per iniziativa della famiglia Ferragamo con la volontà di far conoscere al pubblico di tutto il mondo le qualità artistiche di Ferragamo e il ruolo che ha ricoperto nella storia non solo della calzatura ma anche della moda internazionale. Ferragamo rappresenta nel 2014, la moda italiana all’estero; è per eccellenza il MADE IN ITALY.
Dopo la meravigliosa ed epifanica visita al Museo Ferragamo, come una grande tribù ci siamo addentrati nel Museo Gucci. Premettendo che nutro un forte trash old nei confronti del marchio, poiché non rientra molto nelle mie corde, soprattutto, lo trovo non innovativo; anche Ferragamo rimane tradizionale e classico; ma Gucci lo trovo pacchiano e lontano dallo stile italiano attuale; anche se ammiro molto Frida Giannini. Quindi partendo da questo mio filtro nella testa, il museo Gucci non mi è piaciuto; ho trovato che assolve solo la funzione elogiativa del marchio, a differenza del sopra citato, Ferragamo che presenta mostre diverse ogni anno.
Nel museo sono esposti oggetti che rappresentano il mondo Gucci: viaggio, mondo flora, borsetteria, evening, logomania, lifestyle e bambolo. Attraversando le diverse sale che presentano oggetti di tutti i tipi dei vari temi appena elencati, vieni catapultato nel mondo della maison in maniera prepotente; per tre piani l’occhio è perennemente sottoposto a vedere il logo Gucci.
I due musei sono completamente diversi, così come le loro funzioni: il Museo Ferragamo ha una funzione comunicativa ma anche formativa; perché è dinamico, presenta varie mostre in vari periodi dell’anno, non si concentra solo sui valori aziendali, certo li rafforza con queste iniziative di diverso genere, ecco perché, a mio avviso, ricopre anche una funzione comunicativa perché comunica in modo indiretto i valori e la filosofia aziendale, appoggiandosi anche all’arte contemporanea attraverso la collaborazione continua con vari artisti di nicchia e non. Il Museo Gucci, invece, assolve una funzione comunicativa e basta, basa tutto l’allestimento sull’elogiare i valori dell’azienda, soprattutto puntando su cosa è stato Gucci negli anni Sessanta e Settanta, per sottolineare l’importanza del marchio, tralasciando completamente gli anni di Tom Ford.
In conclusione al Museo Ferragamo qualsiasi persona può essere visitatore più volte perché ha l’occasione di tornare per vedere mostre diverse, mentre il Museo Gucci dopo che lo hai visto una volta, sarà difficile che una persona ci ritorni, dal momento che rimane tutto statico. Ecco secondo me la sostanziale differenza tra i due Musei a confronto: uno dinamico, l’altro statico.

La magnificenza del Museo Gucci e le meravigliose favole del Museo Ferragamo

Testo di Federica Buonomo

Nella maestosa città di Firenze la sezione Marketing Communication del Polimoda ha avuto l’opportunità di visitare e confrontare i musei Gucci e Salvatore Ferragamo.
Il museo Salvatore Ferragamo è uno spazio espositivo dedicato alla storia e l’attività internazionale del calzaiolo-stilista Salvatore Ferragamo. Inaugurato nel 1995, il museo è ospitato nella sede storica dell’azienda, il medievale Palazzo Spini Feroni, a Firenze.
Il museo documenta l’importante lavoro creativo di Salvatore Ferragamo nel campo della pelletteria ed in particolare della calzatura e di dimostrare il rapporto che da sempre esiste tra l’azienda, l’arte, il design e il costume. É articolato in sette sale: le prime due sono dedicate alla storia della casa Ferragamo e alla sua creatività : vi sono esposti in mostre biennali oltre 14.000 modelli conservati nell’archivio del museo. Le altre sale sono invece destinate ad esposizioni temporanee come l’omaggio reso a Marilyn Monroe nel 2012-2013 per i cinquant’anni dalla sua scomparsa e l’attuale mostra terminata in Aprile: “Il calzolaio prodigioso”.
La collezione di calzature, di cui si avvale il museo, documenta l’intero arco di attività di Salvatore Ferragamo, dal suo ritorno in Italia nel 1927 fino al 1960, anno della morte, mettendo in luce la capacità tecnica ed artistica che seppe offrire un contributo fondamentale allo sviluppo e all’affermazione del “Made in Italy”. La collezione di scarpe è composta di modelli che dimostrano il rapporto di Salvatore Ferragamo con gli artisti dell’epoca, come il pittore futurista Lucio Venna, autore di alcuni bozzetti pubblicitari e della nota etichetta delle calzature Ferragamo; altri provano la continua ricerca della perfetta calzata e l’invenzione di particolari costruzioni e di materiali, dalla celebre “zeppa” di sughero, brevettata nel 1936 e subito copiata in tutto il mondo alle tomaie in rafia o cellofan, la carta per le caramelle, adottata durante il periodo della Seconda Guerra mondiale. Vi sono, inoltre, calzature famose per essere state create per le star di Hollywood, come Marilyn Monroe, Greta Garbo, Audrey Hepburn. La collezione è arricchita anche dalla produzione di calzature successiva alla morte di Salvatore Ferragamo fino ai giorni nostri. Ogni anno, infatti, alcuni modelli rappresentativi della stagione entrano a far parte dell’archivio Salvatore Ferragamo, da cui il museo attinge per le esposizioni. È presente anche una raccolta di designi, forme in legno, documenti e fotografie connesse alle creazioni dell’artista calzaturiero.
Sotto forma di racconti e di opere cinematografiche per bambini e per adulti, le fiabe stanno invadendo il nostro immaginario. Come se oggi, più di sempre, ci fosse il bisogno di affrontare attraverso i percorsi misteriosi della fantasia e del sogno le soluzioni, le risposte a quell’insieme di interrogativi morali, dubbi e disagi che affliggono la nostra epoca. È in tempo di crisi che si presenta più forte il bisogno di fantasticare e superare con l’immaginazione gli ostacoli e le paure. È una necessità universale in quanto questo istinto è primordiale. Ecco perché le fiabe sono considerate il serbatoio inestinguibile dei nostri archetipi, delle nostre primitive esperienze. Ferragamo ha deciso di sottolineare l’importanza delle calzature nella letteratura, indicando il loro significato simbolico di libertà, leggerezza e astuzia: basti pensare alle scarpette rosse di doroty ne ” Il mago di oz”, gli stivali de ” il gatto con gli stivali” o la scarpa di “Cenerentola”.
La fiaba che è raccontata è quella del calzolaio prodigioso, una storia di passione, talento, dedizione. Il Museo Salvatore Ferragamo racconta l’avventura del grande designer italiano mixando realtà e fantasia. Intanto in una delle sale viene messo in scena un cortometraggio riguardante la fiaba di un bambino che sognava di fare il ciabattino. Questa favola rimanda alla storia del grande designer che, nato da una famiglia povera, da bambino disegnò il suo primo paio di scarpe per una delle sorelle e da lì nacque la sua passione che determinò il suo successo.
Una storia ben diversa riguarda il Museo Gucci che si estende su tre piani, esso ripercorre i 90 anni di storia della Maison, da azienda di articoli di pelletteria di grande qualità a leader del mercato dei beni di lusso. Il restauro, contraddistinto da linee moderne e da una palette minimale di colori, si integra perfettamente con le caratteristiche originali del palazzo come i soffitti a volta, le costruzioni in pietra ormai erose dal tempo e gli affreschi. Al piano terra una collezione di stemmi appartenenti alle antiche corporazioni affianca lo stemma di Gucci, omaggio degli anni Cinquanta alla probabile discendenza della famiglia da una stirpe di sellai rinascimentali.

 Dopo il restauro, l’edificio include al piano terra e ai piani superiori una serie di sale aperte al pubblico e dedicate alle icone e alle pietre miliari di Gucci mentre il piano interrato ospita l’Archivio della Maison.
Il contenuto rigorosamente curato del museo documenta l’influenza creativa e culturale dell’heritage di Gucci. Visto in questo contesto, il fatto che un brand così legato al capoluogo toscano abbia trovato la sua sede in uno degli edifici più rappresentativi della città, segna un punto di profondo contatto nella storia di due amate icone di Firenze.
La bellezza e l’imponenza di questi due edifici è la prima cosa che salta agli occhi ancor prima di entravi. Questi ampi spazi rimandano all’idea della grande storia che è alle spalle di questi noti marchi. Ho trovato che il museo Gucci sia uno di quelli che espone le proprie opere in grandi immense vetrine, che ti mostrano la magnificenza del passato e dell’evoluzione che il brand ha avuto. Invece nel museo Ferragamo ho sentito la presenza di un filo conduttore che raccontava una storia e che mi incantava come se fossi ad un tratto tornata bambina. Vedere le scarpe associate a delle favole, o chiuse in lanterne, o in piccole gabbie mi ha fatto dimenticare di essere entrata in un museo facendomi entrare in un modo di fantasia e di immaginazione. Sentivo di essere condotta attraverso il modo più semplice e compreso dai più piccoli, la favola, nella grande bellezza del museo Ferragamo dalle creazioni entusiasmanti. Inoltre ho potuto constatare che alcune scarpe risalenti agli anni ’50 sembravano appena state esposte in una vetrina delle attuali botiques di moda, il segno che il talento e l’avanguardia di una mente brillante, perdurano negli anni.

Greta-del-Popolo ferragamoMuseo e storytelling: i casi Gucci e Ferragamo

Testo di Greta Del Popolo

Si tende ad associare all’immagine del museo ciò che ha contribuito alla creazione di una società, i processi tecnologici, le narrazioni di culture e saperi lontani. È dunque necessario indagare sulle necessità di due colossi della moda d’investire nella creazione di due musei e delle ragioni del loro diverso sviluppo.
Gucci si propone al pubblico attraverso una serie di espositori in cui sono mostrati gli oggetti “cult” della sua storia raggruppati a seconda delle caratteristiche: ritroviamo le Bamboo bag, le valige in tessuto diamante, i tessuti della linea “Flora” e via discorrendo in un elenco celebrativo del brand. Il percorso culmina in una sala espositiva in cui si ammirano i vestiti creati appositamente per i red carpet e che sono stati indossati dalle star. Dall’altro lato Salvatore Ferragamo affianca alla collezione permanente di calzature alcune mostre temporanee che rileggono orizzontalmente i temi che ricorrono nella storia del brand. Vediamo quindi affrontare la calzatura e i significati ad essa connessi nei diversi tempi e nei diversi luoghi: sculture di arte contemporanea affiancate a calzature dell’antico impero cinese.
Questi due brand apparentemente così simili, che trovano le fondamenta nella storia e nell’artigianalità, sviluppano all’interno dei rispettivi musei un discorso sulla loro identità che utilizza linguaggi differenti. Gucci trasmette al visitatore la sua forza, la sua presenza costante nella storia del costume moderna, la sua anima più lussuosa che veste attrici e star internazionali. Ferragamo racconta una storia di qualità, comodità, ricerca ed esperienza: crea calzature per le dive hollywoodiane che non possono fare a meno della perfezione delle sue creazioni. È certo che il ruolo del museo per un brand sia quello di imprimere nella mente del visitatore la propria immagine, per questo i due si raccontano secondo i valori che vogliono trasmettere. L’identità raccontata da Gucci ci parla di esclusività ed autorità, quella di Ferragamo tratta invece della perfezione di un prodotto in quanto portatore di una storia non solo legata alle tradizioni del brand ma vista in senso più ampio.
In conclusione possiamo dire che l’immagine di un brand va mantenuta attraverso l’unione dei fatti e delle favole che ruotano intorno allo stesso, veicolando un messaggio che faccia leva sia sulla sfera emotiva che su quella razionale. Per fare ciò è fondamentale il ruolo del manager che elabora uno storytelling che prende vita nel museo. Il racconto di una storia è necessario alla logica dell’acquisto e alla comunicazione, la cui esistenza è necessaria al fine della trasmissione dei valori del brand. Se inizialmente il punto di partenza erano l’oggetto e le sue dimensionalità, oggi si costruisce un sistema di valori isomorfo rispetto al modello precedente: il prodotto è un oggetto laterale rispetto agli elementi intangibili caratteristici del brand che unisce i valori soggettivi con quelli di marca. Il ruolo del museo è dunque quello di elaborare il concetto di passione lavorando sul consumatore e coinvolgendolo in un’esperienza, per quanto possibile, polisensoriale.

ferragamoGucci Museum versus Salvatore Ferragamo Museum

Testo di Federica Crosato

Entrambi situati nel cuore di una delle città italiane più belle del mondo, il museo Gucci e il museo Salvatore Ferragamo sono due strutture di cui Firenze ne può andare sicuramente fiera. Dopotutto questa città ammirata in tutto il mondo, è stata un valore aggiunto per la crescita di entrambi questi brand del lusso, soprattutto all’inizio dell’avventura imprenditoriale e creativa dei protagonisti.
Gucci nasce nel 1921 come azienda specializzata in pelletterie artigianali per opera di Guccio Gucci. All’inizio, per fare esperienza del “bel mondo”, lavora come liftboy in celebri alberghi di alcune importanti capitali europee. Questa apparente umile attivita’ gli permette di acquisire uno spiccato senso del gusto e dello stile che mettera’ a frutto quando, come ricordato sopra, aprira’ la sua azienda. In qualche decennio, grazie a prodotti indovinatissimi Gucci divenne uno dei primi protagonisti storici del Made in Italy. Oggi Gucci fa parte di Kering, ovvero di una delle holding del lusso piu’ potenti al mondo; ed è uno brand più’ apprezzati nel pret a porter di Lusso e negli accessori di alta gamma.
L’idea di far sorgere un museo dedicato alla preziosa storia del marchio fiorentino, nasce dal desiderio di ricreare i 90 anni di storia da azienda di articoli di pelletteria di grande qualità a leader del mercato di beni di lusso.
La splendida Piazza della Signoria nel cuore del centro storico, è la location scelta per il museo dal 2011: lo stesso Palazzo della Mercanzia si può dire sia “la parete di un vasto bagaglio di storia e cultura in stile Gucci”. Il termine bagaglio è, dopotutto, l’icona principale che caratterizza il primo dei tre piani nei quali è strutturato il museo. Il secondo piano riguarda la famosa stampa Flora, la borsetteria e la sezione evening e il terzo ed ultimo piano è dedicato al logomania e al lifestyle. La perfezione e classe in stile Gucci, si ritrova non solo nella sua vasta produzione di sempre, ma anche nella scelta studiata di far sorgere il Museo in uno dei Palazzi con il più alto e importante passato culturale toscano. Fondato nel 1308 sulle rovine di un antico teatro romano, venne realizzato a sostegno delle corporazioni del tempo. Successivamente acquistò un ruolo sempre più potente e significativo per far emergere Firenze come centro commerciale e culturale di spicco del Rinascimento europeo.
Il museo Gucci si articola sul tema del viaggio in tutto il primo piano. Inizialmente ci si trova piacevolmente attorniati da molteplici modelli tradizionali dei bagagli Gucci: grandi accessori nati come semplici contenitori che però puntavano alla resistenza e alla qualità. Questi primi articoli da viaggio come bauli e valigie appunto, riportano le prime etichette “G. Gucci Travelling Goods Florence”. Interessante è il passaggio dalle prime creazioni con una propria struttura e logo ai prodotti che man mano hanno vissuto l’innovazione dalla geniale mente di Guccio. Grande bellezza e stupore li affilierei all’auto d’epoca interamente firmata Gucci, un capolavoro moltiplicato solo in pochi esemplari in tutto il mondo.
Il secondo piano è il più ricco e a mio parere più entusiasmante. Ci si trova di fronte ad uno spazio dalla luce lievemente oscurata e caratterizzato da alte vetrate dietro le quali si articolano vestiti, accessori moda e per la casa e anche cosmesi, tutti caratterizzati dalla stampa Flora, simbolo di un immaginario delicato e poetico che continua ad affascinare da quarant’anni. Anche in questo caso si assiste a quest’immagine fiabesca reinventata negli anni con passione nei modi più svariati. Il percorso continua con la parte dedicata alla borsetteria, con i primi modelli, simbolo della sapiente interpretazione di Guccio dei desideri femminili tramite la creazione di borse dalle forme originali, materiali innovativi e dalla raffinata manifattura. L’ultima sezione del secondo piano avvolge il visitatore in un’atmosfera preziosa ed elegante: Gucci espone le sue creazioni per i red carpet e gli eventi più esclusivi. Emozionante è toccare con mano e vedere da vicino questi capolavori indossati dalle dive più amate del cinema, della musica e dello spettacolo.
Il terzo piano, infine, accompagna il visitatore nel mondo del logo Gucci. Le due G compaiono per la prima volta negli anni Sessanta e vivono anno dopo anno continui refresh di stile e di materiale: lavorate in oro e argento, su pelli pregiate, sete e velluti; dalle varianti tondeggianti a quelle mignon; dalla ripetizione delle stesse che crea il pattern monogrammato, diventato presto il simbolo dell’heritage della contemporaneità. Il percorso è allietato poi dall’esposizione degli oggetti quotidiani che sono stati invasi dalla Gucci mania:articoli da regalo, giochi di società e anche set di bicchieri.
Un percorso firmato Guccio Gucci che parte dal viaggio e finisce con il lifestyle, dal macro al micro. Se un’immersione nella linea del tempo Gucci non dovesse bastare, l’azienda rende disponibile una fornita biblioteca al piano terra aperta a tutti e senza limiti di soggiorno, dove la lettura di libri che spaziano dai temi del fashion, al design, all’architettura, alla comunicazione e alla storia, può essere deliziata da uno “spuntino fashion” del bar/ristorante che fa da sfondo. Se l’apprendimento facesse sorgere desideri d’acquisto improvvisi, ecco che la boutique o iconstore è aperta nello stesso piano per soddisfare la voglia di fashion.
Firenze racchiude un’altra vasta e significativa raccolta di storia di una grande brand della moda italiana. Salvatore Ferragamo nasce in un paese nella provincia di Avellino e lavora fin da piccolo come calzolaio. La passione per i piedi umani è forte sin da subito e l’amore per la creazione di scarpe che possano essere una sorta di velluto che avvolge il piede, comincia a manifestarsi dopo la realizzazione delle prime calzature per le sorelle. Ancora giovanissimo si trasferisce a Los Angeles dove collabora con l’emergente star system del cinema. Con l’assegnazione del titolo dall’America, “Calzolaio delle stelle”, torna in Italia dopo tredici anni di fondamentale esperienza e Firenze è la sede del suo primo laboratorio. Solo l’anno successivo allarga la sua iniziale produzione finalizzata solamente al mercato americano e la sua azienda prende il volo. Nonostante qualche momento critico per il marchio, Ferragamo non smette mai di rimanere fedele alle sue aspirazioni visionarie che gli permettono di realizzare dei disegni bizzarri di veri e propri oggetti d’arte. Il design d’altissimo livello e l’inconfondibile eleganza rimangono ancora oggi i tratti distintivi di una delle aziende di moda del lusso più famosa dei nostri tempi.
Il museo viene inaugurato nel 1995 ad opera della moglie di Salvatore, Wanda Miletti per poter conservare tutte le creazioni del grande marito divenuto un mito della moda, comprese le forme create per molti personaggi celebri, come Marilyn Monroe. Le motivazioni dell’iniziativa della famiglia Ferragamo sono fondamentalmente due: a. far conoscere al pubblico mondiale le qualità artistiche di Salvatore; b. Ricordare il ruolo importante che ha ricoperto nella storia della calzatura in primis, e nella moda internazionale in secondo luogo.
Il visitatore si ritrova immerso in un’atmosfera unica di magia e piacevole pazzia, dove l’illuminazione soffusa, le installazioni di lanterne sospese in aria contenenti ognuna un sapiente capolavoro per i piedi e le vetrine che ripropongono ogni scarpa in uno scenario mozzafiato che ricrea perfettamente il mood di creazione. L’azienda Ferragamo riesce a comunicare in modo fortemente empatico e d’impatto il valore della propria storia e i propri prodotti come sinonimo di durabilità nel tempo dell’impresa e di eccellenza. Via Tornabuoni è la via fiorentina per eccellenza del lusso che ospita il Museo e la sua vicinanza al fiume Arno conferisce allo storico Palazzo Spioni Feroni, sede della casa di moda, un aspetto ulteriormente di stile e grandezza. In particolare il basamento nel quale si estende il museo, ornato da pilastri e volte a crociera, è un perfetto sfondo per quella che è una forte storia culturale e ricca di importanti riferimenti.
Il museo si sviluppa tutto su un unico piano e risulta molto ben strutturato in quanto è presente un’armonica alternanza di esposizioni di scarpe, riproduzioni di video, e oggettistica che contribuiscono a portare il visitatore nel mood aziendale. Sono esposti anche libri e rappresentazioni grafiche sensazionali. La sensazione che viene trasmessa è di sapienza e grandezza. Queste sono le due parole che mi tornano subito in mente pensando al museo Salvatore Ferragamo. E sono certa non sia perché essendo una ragazza e trattandosi di un’esposizione interamente dedicata all’arte della scarpa femminile, l’icona che rappresenta la passione delle donne, sia scontato. Il tutto risulta energico, tant’è vero che il tempo sembra scorra troppo velocemente!
L’arredamento è un altro elemento teso a creare un ambiente caldo e accogliente, come una casa privata: dopotutto il fine della famiglia Ferragamo è proprio quello di trasmettere i principi di base della loro tradizione familiare. L’altra similitudine è anche quella di una visita piacevole e istruttiva in un modo semplice e facilmente apprendibile soprattutto dai giovani. Sono proprio i ragazzi della nuova generazione, infatti, i destinatari prediletti del museo: lo stimolo e l’ispirazione che li animano sono le caratteristiche per le quali l’azienda Ferragamo punta alla soddisfazione.
Il museo Gucci e il museo Salvatore Ferragamo sono due esposizioni non solo di prodotti e cultura di due grandi case di moda del lusso, ma anche veri e propri esempi di passione e forte personalità, due ingredienti che hanno permesso la realizzazione di qualcosa di grande che in entrambi i casi, è nato da situazioni che erano tutt’altro che favorevoli.

GIULIA FICINIDue grandi musei fiorentini

Testo di Giulia Ficini

Il museo Salvatore Ferragamo, ospitato nella sede storica dell’azienda è uno spazio espositivo dedicato alla storia e l’attività dello stilista.
L’obiettivo del museo è di documentare l’importante lavoro creativo di Salvatore Ferragamo nel campo della pelletteria e in particolare della calzatura. La collezione di calzature, di cui si avvale, documenta l’intero arco di attività di Salvatore Ferragamo, dal suo ritorno in Italia nel 1927 fino al 1960, anno della morte, mettendo in luce la sua capacità tecnica ed artistica, che attraverso la scelta dei colori, la fantasia dei modelli e la sperimentazione dei materiali seppe offrire un contributo fondamentale allo sviluppo e all’affermazione del “Made in Italy”. Sono presenti inoltre, calzature famose per essere state create per le star di Hollywood, come Marilyn Monroe, Greta Garbo, Audrey Hepburn.
Il Museo ospita, dal 19 aprile 2013 al 31 marzo 2014, “Il calzolaio prodigioso – Fiabe e leggende di scarpe e calzolai” curata da Stefania Ricci, Sergio Risaliti e Luca Scarlini; affrontando il tema della scarpa nella fantasia delle fiabe, dei miti e delle leggende che molto spesso hanno avuto come soggetto proprio scarpe e ciabattini, probabilmente perché calzare le scarpe è sempre stato un segno di ricchezza e di potere. Molti gli autori e artisti di differenti discipline che hanno aderito alla mostra creando opere, contribuendo con interventi. Esperti di narrativa per ragazzi, come Antonio Faeti e Michele Rak; studiosi di cinema come Alessandro Bernardi, scrittori e poeti come Hamid Ziarati, Michele Mari, Elisa Biagini che per questo progetto hanno scritto nuove favole coadiuvati da illustratori come Michela Petoletti e Francesca Ghermandi.
Ho visitato la mostra nel mese di Marzo e non posso certo negare di esserne stata stregata: l’ambiente, le luci, le installazioni, tutto rendevano affascinante e coinvolgente la storia che volevano raccontare. Passando da una sala all’altra si percepisce con mano l’elemento favola, che ti catapulta immediatamente nella fase bambino, guardando sempre però con occhio critico il filo conduttore, cioè le scarpe, oggetto sempre di rappresentazione in quasi tutte le storie, basti pensare a Cenerentola o al Gatto con gli Stivali, tanto per citarne alcune più famose. Un percorso dinamico e interattivo, con video ed installazioni che rendano partecipe il visitatore. Un museo tutt’altro che convenzionale. Un nuovo modo di proporsi nell’ambito della moda, raccontando sempre una storia in modo da catturare l’essenza del proprio core business.
Affacciato su piazza della Signoria, il Museo Gucci si sviluppa su tre piani: al piano terra si può trovare l’esposizione permanente con la grande sala “Viaggio”, dedicata alla valigeria e agli accessori, con articoli creati per il jet-set internazionale, che con il suo glamour ha contribuito al successo internazionale del marchio durante gli anni’50, ’60 e ’70. Al piano superiore si trova “Il Mondo Flora”, l’intramontabile motivo che nel tempo è stato declinato in molteplici interpretazioni, la sala “Borse”, percorso di design ed eccellenza artigianale che ricorda i modelli storici, divenuti veri e propri oggetti di culto, si prosegue con “Sera”, sezione dedicata ai favolosi abiti da sera e con la sala “Preziosi”, dove sono esposte clutch uniche e oggetti di valore. Al secondo piano, c’è lo spazio “Logomania” che ripercorre l’evoluzione del monogramma della doppia G, tracciando una storia nella storia il cui protagonista è l’intramontabile segno grafico divenuto emblema del made in Italy. Un museo che tratta l’essenza della sua storia, che la ripercorre in tutti i suoi successi, mostrandoli al pubblico.
Un museo molto più tradizionale e autocelebrativo rispetto a quello di Ferragamo, dove invece mostra componenti legate al coinvolgimento e all’arte del mestiere. Due modi completamenti differenti di mostrarsi a un pubblico, due modi diversi di comunicare.
A mio modesto parere oggi però non ci si può semplicemente soffermare su cosa è stato fatto, sui successi e sui propri traguardi, bisogna far percepire al visitatore che il brand stesso vive e si nutre della vita, dell’attualità, del mondo che cambia… che è partecipe della costruzione di un divenire, ovvero che non è semplicemente un grande brand di lusso, ma è un’azienda che crea e apporta valore al consumatore, perché alla base di tutto possiede un heritage, valore che oggi purtroppo non sempre viene preso in considerazione.

Ferragamo e Gucci: due brand che hanno segnato la nascita della moda fiorentina

Testo di Lisa Ricci

Le umili origini di Salvatore Ferragamo, l’arte che si racchiude nelle sue mani, la maestria nel creare calzature, sono l’essenza del Museo Ferragamo. L’uomo, l’arte, la creatività sono il filo conduttore e il fulcro del museo. Un museo intriso di umanità che ci accompagna attraverso le varie tappe della vita del “calzolaio delle dive”.
Le umili origini, apprendista calzolaio a soli 11 anni, l’immigrazione negli Stati Uniti, l’apertura del primo negozio a Firenze fino alla consacrazione a livello internazionale come “artista della scarpa”. Il museo Ferragamo non colpisce per la sua maestosità ma piuttosto per ciò che vuole trasmettere: la storia di un grande maestro che ha fatto delle scarpe una vera e propria arte.
La scelta della location porta il visitatore in un mondo antico e fiabesco. Il museo è sì all’interno del prestigiosissimo palazzo Spini Feroni, dove coesistono la sede del flagship store e la direzione generale del brand, ma per entrarci bisogna passare attraverso una grotta dai soffitti bassi, quasi un passaggio segreto che ci fa penetrare nei sotterranei dove, grazie a giochi di colori e luci, tutto è reso surreale e magico. Nel museo si susseguono mostre, studiate anche per i bambini, dedicate a Salvatore Ferragamo e alla creazione delle scarpe. Ogni rassegna si rifà sempre alla storia personale del calzolaio, facendoci sognare, mostrandoci l’impegno e la passione dell’artista nella creazione di scarpe da sogno che sono diventate il simbolo del brand Ferragamo.
Il museo Gucci è allestito su tre piani di un prestigioso palazzo trecentesco in Piazza della Signoria, ben visibile anche dall’esterno, con tutte le caratteristiche di un museo moderno in cui non possono mancare il caffè e il bookshop. Un museo d’effetto, dove è raccontata la storia del brand, attraverso temi ben precisi come i viaggi, l’ippica e i fiori. Viaggi, intesi come valigeria, che ci portano alle origini creative di Guccio Gucci che per realizzarle prese spunto dalla sua prima esperienza lavorativa presso un famoso hotel di Londra. Il museo rappresenta sicuramente il lusso, l’esclusività e ha al suo interno un ambiente dedicato ai meravigliosi abiti creati per donne eleganti e facoltose. Inoltre è possibile acquistare capi originali in edizione limitata. Il museo Gucci comunica la propria storia attraverso l’esposizione di pezzi storici chiusi in teche di vetro.
Il concept dei due Musei è identico, comunicare l’emozione della storia del brand, attraverso i punti fondamentali delle due maison e di chi le rappresenta. L’intensità espressiva è molto forte in entrambi e, ogni museo esprime a pieno la propria personalità e il proprio stile.

I musei dei brand delle moda

Testo di Caren Zaccarella

Il museo Gucci e il museo Ferragamo hanno una impostazione differente ma al contempo interessante da analizzare.
La mia visita ha avuto inizio presso il museo Ferragamo sito in Palazzo Spini Feroni sede del quartier generale del brand nonché dello store. Il museo ha un’impostazione fiabesca e magica, che narra la storia del protagonista iniziata nel 1898. La prima immagine che appare, infatti, è proprio quella di un bambino di nove anni circa, Salvatore Ferragamo, prodigioso calzolaio fin dalla giovane età. Addentrandosi lungo le stanze del museo si è circondati da calzature incantevoli elevate a opere d’arte, in tema con lo stile fiabesco scelto per questa mostra. Le troviamo, infatti, dentro gabbie dorate oppure all’interno di lanterne illuminate circondate da fiori e farfalle colorate. Tutto sembra scorrere lento, anche il tempo sembra fermarsi coinvolgendo i visitatori in una grande esperienza emozionale.
Assume decisamente un altro tono il museo Gucci il quale è più vicino ad un percorso storico ed espositivo organizzato per “temi” e su più livelli. Il museo si sviluppa su tre piani; il piano terra ha come tema il “Viaggio”, valigeria, articoli dedicati al jet set internazionale ed accessori. Proseguendo, al primo piano, troviamo il “Mondo Flora”, all’interno del quale si possono ammirare le sue icone e l’intramontabile motivo che nel divenire del tempo ha vissuto molteplici stilizzazioni, in particolare si possono ammirare le celebri Bamboo Bag, eccellenza della maison. Sempre al primo piano del museo troviamo una piccola area dedicata agli abiti da sera, una sala con esposizione di clutch e oggetti di valore e una stanza adibita ad installazioni di artisti contemporanei. La mostra si conclude al secondo piano che ha come tema il logo, all’interno di questo spazio si ripercorre infatti l’evoluzione del monogramma storico della maison. Il museo rappresenta un profondo arricchimento per l’azienda ma allo stesso tempo è anche e soprattutto comunicazione nella moda.
L’esperienza avuta visitando entrambi è stata coinvolgente anche se la modalità espressiva utilizzata dalle due maison è profondamente diversa. Mentre il museo Gucci è lineare e caratterizzato da un ambiente moderno nel museo Ferragamo si ci trova in uno spazio completamente diverso, l’arredamento e le esposizioni portano il visitatore in una epoca lontana ed il tutto sembra racchiudere i concetti base della storia di Salvatore Ferragamo: artigianalità, impegno, passione ed italianità.

Museo Ferragamo – Museo Gucci

Testo di Federica Piedimonte

L’azienda Ferragamo rappresenta un caso estremamente interessante ed emblematico per il tema in oggetto perché́ pionieristica nell’ambito sia della creazione di un archivio d’impresa che nella realizzazione del Museo di proprietà̀, i quali svolgono oggi non soltanto la funzione fondamentale di memoria storica per l’azienda e fonte di continua ispirazione, ma anche un’importante funzione culturale per la società̀ fiorentina e italiana nel suo complesso perché́ capaci di elaborare e diffondere valori, conoscenze, saperi, stili e modelli di interpretazione.
Il Museo aziendale, nato nel 1995 all’interno di Palazzo Spini Feroni, situato nel cuore di Firenze in Piazza Santa Trinita e affacciato sulle rive dell’Arno, è dedicato alla storia dell’azienda Ferragamo, in particolare alla vita del suo fondatore e alle sue creazioni. Il Museo racconta quindi la storia di Salvatore, la storia di un artigiano, di un artista ma anche di un imprenditore assolutamente d’avanguardia, precursore, innovatore. L’importantissima attività̀ di archivio, indispensabile elemento per la creazione del Museo, luogo fisico dove i valori intangibili del brand diventano invece tangibili. Nell’archivio d’impresa sono presenti più̀ di 10.000 calzature, 500 brevetti, ma anche abiti, documenti, strumenti di lavoro, che raccontano l’intero arco di attività̀ di Salvatore Ferragamo e che costituiscono le fondamenta dei valori creativi del brand, il DNA fondamentale dell’azienda stessa e fonti di ispirazione per la creazione di nuovi prodotti.
Questo incredibile patrimonio a disposizione del Museo e del suo direttore Stefania Ricci consente dunque di proporre continue mostre, riguardanti temi anche molto diversi tra loro ma sempre nuovi e sempre in connessione con quello che può̀ essere definito “il mondo Ferragamo”, fatto di qualità̀, artigianalità̀ e innovazione. Il Museo Ferragamo può̀ essere quindi definito, a oggi, come un’entità̀ culturale a se stante rispetto all’azienda da cui è nato per l’importanza che le attività̀ del Museo rivestono per la comunità̀ fiorentina ma anche italiana nel suo complesso, continuando comunque anche a rappresentare un efficace strumento di comunicazione e quindi un fondamentale veicolo e simbolo per la divulgazione e l’affermazione dell’immagine del brand nel mondo.
Il Gucci Museo, invece, è un’istituzione di recentissima costituzione, nato con l’obiettivo di esprimere la personalità̀ del brand attraverso la narrazione della sua storia, da quando Guccio Gucci aprì il suo laboratorio artigiano a Firenze nel 1921, e allo stesso tempo sottolineandone la vitalità̀ e la capacità di innovarsi continuamente nel mondo globalizzato contemporaneo, fino quindi ad arrivare ai giorni nostri e all’incredibile lavoro di Frida Giannini, Direttore Creativo dal 2006, alle sue nuove creazioni e reinterpretazioni di quelli che sono stati i simboli iconici del brand.
Il Museo ha sede all’interno dello storico Palazzo della Mercanzia situato nella prestigiosa Piazza della Signoria. È stata la stessa Frida Giannini a progettare il Museo, il quale racchiude la filosofia “Forever Now” del brand, sintetizzandone la dualità̀ tra tradizione e autorevolezza nel mondo della moda e capacità innovativa, e a creare in esclusiva per il Museo la Icon Collection, prodotti in edizione unica, tra cui borse quali per esempio la New Jackie e la New Bamboo. Il Museo rappresenta quindi il migliore tributo all’archivio storico nato alla fine degli anni novanta e costituito oggi da più̀ di 5.000 pezzi quali accessori, abiti, documenti, foto, che consente di definire l’heritage del brand, e al patrimonio creativo del brand, fondato sulla qualità̀, l’artigianalità̀, la sartorialità, la funzionalità̀ e la modernità̀ del design. Esso è stato pensato e concepito come un’istituzione dinamica, capace di combinare da un lato l’esposizione di pezzi facenti parte dell’archivio storico che verranno selezionati a rotazione ogni sei mesi per offrire continue possibilità̀ al pubblico e dall’altro installazioni temporanee di arte contemporanea rese possibili dalla collaborazione con la Collezione Francois Pinault.
La storia di Gucci viene quindi perfettamente ricostruita grazie al potere narrativo derivante dalla varietà̀ di prodotti e dei motivi iconici e quindi grazie all’attività̀ di archivio; “in questo modo il Gucci Museo non solo custodisce e celebra i momenti più̀ significativi della nostra storia ma diventa anche una testimonianza ufficiale delle sue origini, evoluzione e influenza culturale”.

Salvatore Ferragamo e Gucci: due musei a confronto

Testo di Francesca Orsi Spadoni

Durante una giornata primaverile di aprile ho avuto la possibilità di trascorrere parte del mio tempo in due dei più prestigiosi musei di moda fiorentini: Ferragamo e Gucci. Due marchi e due storie completamente diverse nascono già dalla semplice visita dei due musei.
Entrando nel museo dedicato a Salvatore Ferragamo, si poteva immaginare di entrare in una grotta magica, con folletti e figure delle fiabe che ti accompagnavano per tutto il percorso del museo. Appena scesi in questa “grotta” immaginifica abbiamo subito ammirato i capolavori dello stilista, quali erano le sue scarpe: creazioni fantastiche, fatte di tutti i tipi di materiali e sicuramente il modello di scarpa che ha attratto il mio sguardo è stato quello creato non con pelle, non con cuoio né camoscio, ma ideato e formato dalla sovrapposizione di tante cartine multicolore di caramelle: un pezzo unico e raro da poter vedere. Oltre a quest’ultimo tipo di scarpa Ferragamo si è dilettato in altre creazioni con l’utilizzo di materiali di design: dalle scarpe di zebra a quelle di sughero, dalle zeppe alle scarpe basse.
Un pout-pourri di creazioni che hanno fatto moda, anzi La Moda. Erano presenti anche calzature famose per essere state progettate su misura per le star di Hollywood come Marilyn Monroe, Greta Garbo, Audrey Hepburn.
Terminato il nostro percorso nel museo di Salvatore Ferragamo ci siamo recati al museo Gucci: impatto completamente diverso rispetto al museo Ferragamo, ma senza dubbio d’effetto. Struttura interna più statica, più dinamica, più seria, tale è il marchio Gucci. Appena entrati nel museo sulla sinistra era presente un bookshop dove si poteva acquistare qualsiasi tipo di libro attinente alla moda e non esclusivamente dedicato al marchio Gucci. La prima parte di museo visitata è stata quella dedicata al tema del viaggio: tema tanto caro a Guccio Gucci che l’ha portato alla creazione di prodotti d’impeccabile qualità. Oggetti che si rivolgono non solo agli antichi viaggiatori, ma anche a quelli moderni, come se Gucci avesse avuto una visione futuristica di come volessero viaggiare le persone di ieri unitamente a quelle di oggi. Per quanto concerne, invece, il desiderio più ambito dalle donne, Guccio Gucci è riuscito a soddisfarlo in maniera ineguagliabile con la creazione di borse dalle forme originali, materiali innovativi e raffinata manifattura. Fra i modelli iconici di borse Gucci cito la “Bamboo Bag”, la “Jackie” e poi una serie di borse rese inconfondibili dal nastro verde-rosso-verde.
Altro cavallo di battaglia di Gucci sono i vestiti per la sera dedicati al “Redcarpet”. Abiti che segnano con rilevanza la storia del costume e della moda, grazie anche al fatto che sono stati indossati dalle dive più amate del cinema, della musica e dello spettacolo.
Due musei a confronto, ma con orgoglio italiano, si può osare parlando di due mondi a confronto: il primo più fiabesco e il secondo più classico e raffinato, ma entrambi con una magnifica storia sempre da raccontare.

_Ludovica Giulianini ferragamoFirenze omaggia la storia del made in Italy

Testo di Ludovica Giulianini

Situato nella splendida piazza della Signoria, cuore del centro storico fiorentino, ospitato all’interno del Palazzo della Mercanzia, ancora oggi simbolo dei mestieri fiorentini, il Gucci Museo è stato voluto dalla direttrice creativa Frida Gianni e inaugurato nel 2011 per il novantesimo anniversario della maison.
Adesso, a distanza di tre anni, il museo va anche online e nasce guccimuseo.com, che apre le porte al pubblico globale di Internet. Nulla da controbattere nell’era del 3.0. Ma una certezza in più, la fortuna di chi ha la possibilità di travalicare l’effimera rete e le distanze del Web e visitare di persona l’autentico e meraviglioso museo che ha il potere di regalare a tutti gli appassionati intense emozioni.
Il luogo in se per se è in grado di creare un’atmosfera magica e coinvolgente: lo spazio creato, infatti, riflette l’intera filosofia del marchio Gucci ma allo stesso tempo rimane sensibile all’architettura del Palazzo, frutto di un accurato lavoro di restauro dell’edificio che ha dato come risultato un’armoniosa fusione tra vecchio e nuovo. Linee moderne e palette minimali si fondono dunque con le caratteristiche originali del palazzo storico, come gli antichi soffitti a volta e gli affreschi.
Il prezioso contenuto del museo testimonia l’influenza creativa e culturale dell’heritage di Gucci, sinonimo in tutto il mondo di stile e qualità made in Italy. Il museo è stato concepito come luogo di celebrazione del successo e della storia del marchio, un affascinante percorso attraverso un’esperienza di stile che si estende su tre piani e ripercorre l’intero iter, dai primordi, come azienda di articoli di pelletteria di qualità, a leader del mercato del fashion luxury.
Al piano terra si trova l’esposizione permanente con la sala “Viaggio”, dedicata a valigeria e accessori, articoli unici creati per il jet set internazionale e che hanno condotto il marchio al successo negli anni ’50, ’60, ’70, ispirate dall’esperienza lavorativa di Sir Guccio Gucci come portiere all’Hotel Suvey di Londra.
Proseguendo al primo piano si possono ammirare le icone della maison, “Il mondo Flora”, intramontabile motivo più volte reinterpretato, e la sala “Borse” , percorso tra l’eccellenza del design artigianale dei modelli storici. Si prosegue nella sala “Sera” dedicata ai favolosi abiti da sera e la sala “Preziosi”, dove sono esposte clutch e oggetti preziosissimi. Il primo piano inoltre è dedicato anche alle mostre e installazioni di artisti contemporanei in collaborazione con la fondazione Pinault.
Al secondo piano “Logomania” ripercorre l’evoluzione del monogramma simbolo del marchio, e “Lifestyle” e “Sport” concludono il percorso omaggiando i simboli e i prodotti iconici del marchio ispirati al mondo dello sport e del tempo libero.
Il museo si profila come testimone non che inevitabile responsabile verso la tradizione del marchio e permette di far rivivere il suo prezioso patrimonio storico e celebrare il grande potere narrativo che esiste e sopravvive dietro i motivi iconici e i prodotti Gucci.
Altro museo allocato nel capoluogo toscano in un altro dei più rappresentativi edifici della città, insolito e affascinante, di un altro nome associato alla qualità del made in Italy nella calzatura, è quello di Salvatore Ferragamo, con sede nel medievale palazzo Spini Ferrini, che dal 1938 è sede della maison.
Dopo la morte del celebre stilista nel 1960 moglie e figli hanno preso le redini dell’azienda, e merito della figlia Fiamma nel 1995 quello di organizzare l’esposizione fissa dell’ampia collezione di calzature, testimonianza della lunga e affascinante storia e della ricerca creativa presente dietro la realizzazione di tali capolavori. Gli innumerevoli e iconici modelli, catalogati per anni di produzione, colori e materiali, vengono esposti a rotazione ogni due anni, a seconda dei criteri tematici; la collezione documenta tutta l’attività di Ferragamo dal suo ritorno in Italia nel 1927, dopo l’esperienza americana, fino alla sua morte, evidenziandone le capacità tecniche ed artistiche, che attraverso colori, fantasie dei modelli e sperimentazioni di materiali ha contribuito allo sviluppo e affermazione del made in Italy. Dalla zeppa in sughero brevettata nel 1936, alle tomaie in rafia e cellofan fino alle numerose calzature realizzate per le star di Hollywood.
Evidente è anche il connubio con l’arte a lui contemporanea, e lo stretto rapporto con gli artisti del suo tempo, come il pittore futurista Lucio Venna, autore di bozzetti pubblicitari e dell’etichetta. La collezione inoltre viene dinamicizzata e arricchita anche dalle moderne calzature che ogni anno entrano a far parte del preziosissimo archivio, che si trova così in continua crescita.
Il paese delle meraviglie per ogni donna, insomma, e delizia per tutti gli appassionati. E considerando che gli introiti dei tickets sono destinati a finanziare ogni anno borse di studio per giovani e talentuosi stilisti della calzatura non c’è ragione per non andare.

Redazione

One Response to "Il posto del museo nella creazione: i casi Ferragamo e Gucci"

  1. Martina Brocchi   18 Maggio 2014 at 15:51

    Museo Gucci & Ferragamo

    I musei da sempre ci narrano la storia di ciò che mostrano al pubblico; come un libro illustrato espongono ai visitatori le meraviglie e i “segreti” in modo diretto, tale da permettere a chi osserva una full immersion nel magico mondo esposto.
    Nel cuore di Firenze possiamo ammirare due musei di grande spessore, il Museo Gucci e il Museo Ferragamo. Entrambi offrono sensazioni ai visitatori uniche e profonde; entrando da Gucci l’atmosfera è carica di emozione, il museo è diviso in tre piani, composto da ampie vetrine che mostrano temi precisi i quali raccontano ognuna un po’ di storia del Brand. Ogni parte del museo è dedicata ad un tema ben preciso; passiamo dalle storiche borse da viaggio agli abiti couture unici nel loro genere ed ammirevoli dando al museo quel tocco di avanguardismo quasi palpabile. Le immense vetrine offrono una visione allo spettatore talmente ben delineata che non si può far a meno di vagare con il pensiero e l’immaginazione di ciò che ha caratterizzato Gucci e di ciò che lo ha reso uno dei Brand più famosi al mondo, d’altra parte chiunque rimarrebbe estasiato alla vista di ciò che “era” “è” e “sarà”, permettendo alla propria immaginazione di vagare tra i meandri di quelle vetrine e porsi non abbastanza domande.
    Altro museo di elevata importanza è quello di Ferragamo, il quale ha iniziato la sua ascesa al successo ideando e realizzando calzature di qualità, le quali sono emblema del Brand. Tutto il museo rispecchia il suo estro e la sua fantasia, la sua creatività ed immaginazione. L’esposizione infatti viene rappresentata nei sotterranei dell’edificio, evidenziando così l’anima avanguardista del maestro delle calzature, con quel tocco di sfida, se mi è concesso utilizzare questo termine. Entrando si ha subito quel senso di curiosità, di segreti non svelati, immediatamente si avverte un feeling con le opere esposte, creatività e colore, si ha la percezione immediata dell’estro e della qualità che da sempre hanno caratterizzato Salvatore Ferragamo; ovviamente questo è un punto di vista personale. Per concludere, si parla di due colossi del mondo della moda, i quali hanno mostrato la storia di sé, e del loro patrimonio culturale, entrambi affascinanti, entrambi molto diversi sia nello stile che nella strutturazione dei musei, così differenti, così unici; stesso obiettivo finale, raggiunto percorrendo due strade completamente differenti.

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