A Policoro splende la Cooperativa Fratello Sole

A Policoro splende la Cooperativa Fratello Sole

MATERA – MyWhere ha intervistato la Cooperativa Fratello Sole, una delle realtà italiane più attive nel reinserimento sociale dei disabili.

Il 9 Novembre si è tenuto all’Istituto Leonarda Vaccari, uno dei centri di spicco nella capitale per la riabilitazione didattica e sociale dei disabili, il Convegno “I Margini della Bellezza”.  Tema portante del Convegno è stato l’auspicio per un cambiamento di atteggiamento della società nei confronti della disabilità; un cambiamento che coinvolga più settori possibile, dal comparto turistico all’industria, dalla ricerca fino ai professionisti che tutti i giorni vivono a contatto con chi si trova ai “margini” della comunità. Ed è proprio sugli operatori animati da un approccio alla disabilità innovativo che il Convegno si è soffermato sul finale: l’esperienza della “Società Cooperativa Fratello Sole” che da anni opera nell’assistenza ai disabili.

La cooperativa Fratello Sole è animato da una filosofia particolare: rimettere al centro la persona, facendole acquisire coscienza di sé e del suo ruolo possibile all’interno della società. Motivo per cui all’interno delle strutture della cooperativa vengono svolti dai disabili lavori e attività pratiche. Fra le altre, l’attività che più di tutte ha segnato un’inversione di tendenza è stata la gestione di uno stabilimento balneare a PolicoroStabilimento Policoro Sono passati alcuni anni dall’inizio dell’esperienza e oggi lo stabilimento, oltre ad essere diventato un punto di riferimento per  tutto il territorio, vede attivamente impegnati molti disabili.

MyWhere non poteva non rimanere colpita da un’esperienza di tale successo, confermata dalle tante testimonianze e resoconti emersi durante il Convegno. Proprio per questo vogliamo entrare nello specifico intervistando uno dei protagonisti del progetto, l’avvocato Salvatore Lorusso, il quale ha contribuito a rendere possibile una realtà che tanto ha significato e significherà per i meno fortunati.

MyWhere: Durante il Convegno all’Istituto Vaccari di Roma avete fornito un preciso riferimento storico per l’inizio del vostro percorso: la legge Basaglia del 1978 e l’abolizione dei manicomi. Si possono immaginare le difficoltà in quel periodo di assestamento, come ne siete venuti fuori?

Salvatore Lorusso: “Posso dirle che oltre 20 anni fa i pazienti dei manicomi, in quanto pazienti cronici, venivano trattati alla stessa stregua degli animali e, quando abbiamo accolto molti di loro nella nostra struttura abbiamo impiegato anni per ricondurli ad una vita “normale”, cercando semplicemente di far vivere serenamente la loro malattia: il farmaco più potente impegnato è stato l’affetto ed il calore degli operatori di comunità.”

Ciascun uomo o donna deve essere valorizzato e messo nella condizione di esprimere e rappresentare il proprio “IO”.

MW: La Cooperativa riconosce la centralità della persona” recita un passaggio del vostro sito. Come si mette in pratica tale principio e quali sono le attività che svolgete e che possono portare un disabile a ritrovare prima sé stesso e poi la comunità?

SL: La marginalità è un fenomeno voluto dalla società, un pò come la fame e la sete sofferta dalla gente dei cosiddetti “paesi del terzo mondo”! Ciascun uomo o donna deve essere valorizzato e messo nella condizione di esprimere e rappresentare il proprio “IO”. Noi nel nostro lavoro non facciamo altro che valorizzare le singole personalità, cercando di fare crescere la loro autostima con qualsiasi tipo di lavoro e/o attività. Ciascun ospite non si sente dire quotidianamente cosa fare o non fare: segue un programma di lavoro condiviso nel e col gruppo, Questo spiega perché siamo riusciti a formare nel tempo baristi, elettricisti, esperti dell’agricoltura, fabbri, receptionist e quant’altro.

MW: Senza nulla togliere alle storie dei tanti che avete conosciuto, qual è la storia e l’esperienza che più vi ha colpito?

SL: “Lei mi chiede qual è la storia che più delle altre mi ha colpito. Bhè in 25 anni di esperienza le assicuro che molte storie personali di pazienti, abbandonati dalla società e dalle loro stesse famiglie, toccherebbero il cuore di chiunque e sono così tristi che francamente vorrei conservarle per me. Le posso raccontare invece l’ultima storia.

All’inizio dell’esperienza in Policoro (gennaio 2014), tra i dieci pazienti scelti tra le diverse comunità, ho portato con me una persona di anni 55 che da circa un anno frequentava la comunità di S. Maria D’Irsi (MT), dopo avere trascorso 16 anni di carcere ed altri 7 presso diverse comunità italiane. Premetto che la persona in questione in passato aveva fatto uso delle più forti e pesanti droghe esistenti (che gli hanno creato problemi di natura psichiatrica), ed era dedito all’alcool. Ebbene dal 2014 questa persona non faceva altro che lavorare tutto il giorno presso il complesso turistico (occupandosi prevalentemente del verde e dell’orto), rispettando tutte le regole comunitarie tanto che a fine 2015 il paziente veniva dimesso dalla comunità. Purtroppo, non avendo congiunti e vivendo in un paese di montagna venne a trovarsi in una condizione di solitudine che lo portò ad avvicinarsi all’acool. Un operatore-lavoratore di comunità (struttura di Policoro), appreso della ricaduta del paziente, si reca nel paesino di montagna e, dietro la promessa del paziente a non più bere, ospita quest’ultimo presso una sua abitazione in Policoro favorendo l’assunzione full time dello stesso presso il complesso turistico. Ebbene per circa un anno il suddetto paziente è stato impeccabile lavorando responsabilmente, svolgendo una vita completamente autonoma e raccogliendo le simpatie ed il rispetto dell’intera città di Policoro ove è diventato famoso per la sua particolare richiesta di continui caffè, la cui tazzina doveva essere riempita sempre sino al bordo. La storia però non volge a lieto fine!

Purtroppo appena poche settimane fa, avvicinato da gente senza scrupoli e soprattutto ignorante, è stato indotto a bere. Le regole comunitarie hanno imposto che il soggetto venisse espulso da Policoro, ove si attua il programma dell’inserimento lavorativo, per essere ricollocato in altra struttura.

Ora, difficilmente le parole potranno dare il senso della storia raccontata ma ciò che colpisce principalmente, e la storia esposta lo dimostra, è il fatto che la nostra società, ancora molto immatura, è la vera ed unica fonte dei problemi dei marginati: a Policoro, zona lido, ove il paziente lavorava, tutti sapevano che il soggetto non poteva bere, eppure…”

MW: Negli anni siete cresciuti molto, portando conforto e speranza a tante persone di quelle terre e non solo. Avete fatto già tanto ma tutto lascia pensare che vogliate fare di più. Quali le prossime mosse?

SL: “Le racconto: dipendesse dalla nostra cooperativa, dopo tutti i trascorsi oggi avremmo potuto gestire il triplo delle attuali strutture! Il problema: i burocrati e la politica. Ultimo esempio: è stata fatta una richiesta alle Istituzioni locali per gestire una area di pineta demaniale a ridosso del mare ove realizzare (a ns spese), dei bungalow destinati a persone con disabilità. L’obiettivo è quello di creare delle strutture particolari intese a permettere al disabile di spostarsi autonomamente senza l’accompagnatore e di potere recarsi autonomamente sulla spiaggia. La richiesta protocollata in data 15.10.15 ottiene una risposta solo ad ottobre 2016 (esattamente dopo un anno). Ma non è tutto. Sebbene analoga richiesta venne presentata sei anni fa da un terzo che ottenne la disponibilità ma non portò avanti il progetto presentato, oggi le stesse Istituzioni nonostante il nobile progetto accampano vincoli e/o problemi che, in realtà si potrebbero facilmente risolvere sol che il politico di turno lo voglia.”

Valerio Pelliccia

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