Operazione Arcevia o la forza di rinnovare il presente attingendo dal passato.
Domenica 25 gennaio- SetUp. Un’installazione che è stata modificata, rifatta e risorta come la fenice durante le 3 giornate di questa rassegna artistica, un gruppo di dodici giovani architetti, artisti, pensatori di varie estrazioni che non teme di sporcarsi le mani e ha un interesse vivo per l’ambiente o per come possa essere reso migliore, strappandolo dall’oblio, dall’abbandono o dalla “decadenza”; un progetto che riprende un discorso interrotto, nato 40 anni prima – le sue radici datano 1972– questa è Arcevia oggi e qualcosa certamente in più, ho – forse – tralasciato.
Un’ “utopia”, riporta il sito. No, direi piuttosto un’”eutopia”, sono parole simili ma molto differenti tra di loro, se non opposte: un’utopia è qualcosa che non si può realizzare per definizione, un eutopia al contrario lo è: è il bel luogo, il buon luogo, uno spazio, un posto un “locus” che al contrario può essere reso migliore dalla mano dell’uomo allorché questo si ponga in ascolto del mitico e arcaico “genius loci” e non lo tradisca, lo rispetti e lo lasci parlare.
Il progetto Arcevia sta infatti procedendo – secondo come l’ho compreso io – nella seconda direzione: utilizza solo minerali, piante e materiali -da esse derivati – del posto.
Insieme a Nicolò Spina, designer e mio interlocutore, cercherò di sapere meglio in che cosa consista “Operazione Arcevia” da lui che è parte attiva all’interno del gruppo.
Ci troviamo in una piccola corte, un simil patio esterno ma posto sempre nella cornice di SetUp, ci sediamo sul muretto di confine stando all’interno stesso dell’installazione, siamo quindi perfettamente contestualizzati e così facendo, veniamo a far parte anche noi della stessa.
D.F.: Mi racconti che cos’è il progetto “Arcevia” oggi?
N.S.: Allora partiamo dal passato il progetto parte negli anni ’70 con Italo Bartoletti compreso un gruppo di artisti e altri che avevano fondato questa comunità esistenziale, dove artisti, artigiani avevano dato vita ad una comunità tutti insieme noi l’abbiamo ripresa nel 2012 come collettivo che abbiamo di base a Londra che si chiama Unit Plus Collective, e ci siamo messi in contatto tramite amicizie e abbiamo conosciuto Carolina che adesso è la proprietaria e Nicolò suo fratello e abbiamo iniziato un workshop iniziale che era relativo ad una tesi di laurea che stavo facendo.
D.F.: In che cosa?
N.S.: In architettura
D.F.: Ma tu ti sei occupato particolarmente di architettura del paesaggio?
N.S.: No stavo facendo …una tesi di architettura (…) e una serie di motivi mi ha messo in contatto con Carolina (…) e quando siamo andati là eravamo in 5 ragazzi abbiamo ricapito questa “Operazione Arcevia”, studiata e detto: “Bellisima!”
Ci hanno passato il testimone però dovevamo rivisitarlo secondo il nostro punto di vista abbiamo preso delle cose chiave che a noi interessavano: soprattutto questo laboratorio creativo e questa unione di persone di diverso background ma che lavoravano tutte insieme con esperienze diverse, l’abbiamo trovato estremamente interessante. Nel 2012 abbiamo iniziato la prima volta in 5 poi la prima ufficiale… e poi è stata fatta la prima ad aprile installazione nella riserva e poi un’installazione per il Comune di Arcevia.
D.F.: Qual è la vostra piattaforma comunicativa comune, d’accordo provenire da diversi background e mettere insieme intelligenze multiple ma…
N.S.: Quello che ci piace fare sono queste installazioni di Living Art, cerchiamo di rivalutare,in questo caso il territorio giù nelle Marche facciamo delle istallazioni perché siamo stati affascinati dal territorio marchigiano, e in più cerchiamo di rivitalizzare –tramite altre installazione – questi piccoli borghi, in questo momento ad Arcevia che stanno morendo perché dopo la chiusura delle miniere di zolfo che erano nella zona, tutte le persone sono andate via. Quindi stanno cercando di riportare quasi un turismo interno, tramite quello che facciamo e cerchiamo di portare a collaborare diverse discipline in questo senso soprattutto della Landscape Art. E tutta le materie che usiamo vengono dalla riserva, son tutti alberi che stanno morendo, tronchi, rami di potatura, roccia tutte cose che troviamo là.
D.F. Tutto a chilometri zero quindi!
N.S.: Abbiamo tutto là, bancali (… ) Anche perché è da solo un anno che siamo associazione culturale, quindi di base si va avanti con forza, entusiasmo ed energia i piccoli soldi che abbiamo sono dell’associazione culturale e degli iscritti e quindi pian pianino, stiamo cercando di associare sempre più persone.
D.F.: E questa associazione culturale l’avete messa insieme perché…
N.S.: Innanzitutto dobbiamo essere legalmente un’entità, una figura legale un’entità visibile, altrimenti eravamo “X persona” e l’abbiamo fondata a gennaio.
D.F.: Mi aiuti a capire meglio questa installazione? Come ci siete arrivati?
N.S.: Qua di base, la nostra idea era di creare uno spazio, quindi per questo sulle finestre c’è scritto “more than spaces” più di uno spazio, partendo dal nostro background in qualche modo architettonico di design e quindi stavamo cercando di ricreare diverse [alternative N.d.R.] per far capire come uno spazio può essere modificato. Quindi da come era all’inizio che era pieno di erbacce, era niente…con X persone al loro interno che fanno una determinata azione, una costruzione cambi lo spazio porti il divertimento…un “environment” e come questo possa essere modificato e quindi ogni giorno abbiamo fatto una domanda diversa al pubblico.
D.F.. Hai parlato di “erbacce”…attento!, io sono una seguace di Gilles Clèment, quindi potrei anche morderti!
N.S.: No! Ma…quindi era molto brutto, eh?!
D.F.: Allora se trovate tutto in loco, dovete apprezzare anche la biodiversità e “le erbacce”, per coerenza…Domanda: vedo che ci sono attrezzi artigianali pre-elettricità, usate solo rastrelli e fate a meno dei filacci tremendi oppure…
N.S.: Oppure???
D.F.: Oppure tosaerba…
N.S.: No, no, questi sono gli attrezzi che usiamo qua e che usiamo anche in riserva, quindi dall’accetta, al machete, al faldino…
D.F.: Quindi rispettate anche il suono più antico?
N.S.: Sì…cerchiamo di rispettare ciò che troviamo e in qualche modo di rivalutarlo valorizzarlo (…) Le immagini che vedi sono quelle di tutti i video di esperienze delle varie edizioni…questa è una camera oscura alta 9 m e quelle sono tutte esperienze delle varie persone…troviamo molto divertente il fatto di lavorare insieme di essere costruttivi, manuali molto pratici, perché è una cosa che molte volte manca e quindi capiamo impariamo da persone che vengono cerchiamo di fare un’officina, ognuno impara e acquisisce qualcosa dall’altro (…) e oggi sì, concludiamo, resettiamo tutto e lo lasciamo com’era.
Credo che se invece questa installazione, la ultima fosse stata lasciata, tutto lo stabile ne avrebbe tratto vantaggio, ma in fondo sarebbe stata una forzatura ed è meglio che si riporti tutto a prima di SetUp: il paesaggio di Bologna non è certo quello di Arcevia.
Per chi volesse sapere oltre e mettersi in contatto con “Operazione Arcevia” esiste anche il loro sito: | http://morethanspaces.tumblr.com/
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