Shang-Chi- Sun in: Uphill

Shang-Chi- Sun in: Uphill

Insolito, mai visto sicuramente e non tanto in riferimento al fatto che questa sera, sia stato presentato al pubblico, in prima nazionale assoluta, ma “Uphill” è uno spettacolo di danza contemporanea di una rara bellezza, tanto più trattando proprio lo specifico argomento, poiché purtroppo, specialmente nelle esibizioni più sperimentali, non sempre questo accade.

Spettacolo quasi breve ma di un’intensità fortissima, tanto è evidente da un lato la fatica fisica di poter reggere ad un ritmo così serrato, dove una robusta e dispiegata dose   di forza viene altamente richiesta. Movimenti che racchiudono e rimandano ad una disciplina orientale quella del tai chi, di alcune  movenze vengono fuse e conglobate armoniosamente, in un insieme coreutico di grande interesse: il coreografo Shang-Chi- Sun, qui in veste di danzatore, accompagnato da Martyn Garside e David Essing ghermiscono lo spettatore sin dall’inizio e lo mollano, solo alla fine della loro superba esibizione.

Un inizio, dove il danzatore “fermo” sdraiato è richiamato alla vita e al discorso coreutico che da lì si imbastirà, dall’effetto straniante della musica elettronica (di Jörg Ritzenhoff)  il cui martellante ritmo ossessivo, sempre uguale, si contrappone stridendo in maniera totale con la mutevole e sempre varia coreografia, un contrasto stridente, quasi a ribadire che l’armonia può non esistere e va ricercata, forse.

Tre danzatori tre universi che si incontrano, si scontrano, si perdono, si compenetrano, si allontanano; tanta l’agilità, la caparbia precisione con cui ogni movimento segue l’altro, solo tre corpi in dissolvenza e in concreta sinuosa plasticità, un rincorrersi un riprendersi, interrompendosi, separandosi: tre danzatori ognuno “a solo” che solo a tratti dialogano, ma si prevalgono nel contempo, occupando la scena con un ragionato equilibrio di vuoto e pieno che l’individuale narcisistico io, impone vicendevolmente.

Niente a distrarre lo sguardo dello spettatore, dal movimento impetuoso, lirico e sovrano al contempo: né uno sfondo, né i costumi, solo qualche impiego minimo luminoso, luci stroboscopiche usate con parsimonia, ma tutto ridotto all’essenziale e preponderante: saper stare sulla scena, fendere l’aria col movimento e raccontare ciò che ognuno comprenderà, a seconda della propria maturità quanto avviene là, sul palco, oppure no, lasciandosi trasportare da una serie di suggestioni estetiche e tanto più emozionanti poiché attanagliano lo spettatore, facendo leva sulla bellezza, in grado di comunicare più di un’emozione, che è quello poi conta, sia in arte che di fronte a ogni prodotto estetico.

“Uphill” – uno spettacolo in salita – sicuramente difficile, ma innegabilmente straordinario!

Il pubblico che numeroso ha assistito dimostrando un interesse che avrebbe potuto essere non così scontato. Generosamente applauditi così come, altrettanto generosamente si erano spesi sulla scena i tre grandi danzatori, il pubblico ha chiaramente espresso il proprio gradimento, difficile pensare il contrario!

Daniela Ferro

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