Gli oggetti, le loro cellule e le loro essenze si pongono in contrasto e in armonia lungo un percorso in divenire che vede la materia come identità, il “doppio” come chiave di lettura: attraverso questo linguaggio contemporaneo Marco Angelini dialoga con l’osservatore, lo invita a rifettere, a gettare una pietra nello specchio d’acqua nel quale ognuno di noi proietta la propria immagine più intima, ad aspettare, in silenzio, l’effetto provocato dal lancio; se una risposta torbida e cristallizata sul fondo oppure un riscontro limpido, capace di riemergere a filo d’acqua – Le opere presenti in questa mostra sono 20, realizzate in vari momenti della parabola artistica di Angelini, tant’è che 4 di esse sono inedite, avendo visto la luce tra la fine del 2014 e la prima metà dell’anno in corso. In esse, in particolare, il tema della “coppia” sfuma in richiami vicendevoli fra le varie tele, che sfidano la curiosità e la sensibilità dell’osservatore – ci spiega Raffaella Salato nella sua prima importante Mostra come Curatrice di un Museo.
L’invito rivolto al visitatore del pecorso espostivo è quello di provare a “sdoppiarsi”, di entrare a far parte di un processo dinamico – ciò che veramente importa non è che lo spettatore veda nel quadro quello che io volevo rappresentare, bensì che ci veda qualcosa – sostiene Angelini. E’ evidente il profondo legame dell’artista con il pensiero sociologico, sua fonte di ispirazione. Non a caso il sociologo Theodor L.W. Adorno sostenne che l’arte è parte del mondo ma anche totalmente avulsa da esso.
I quadri esposti sono sempre presentati in coppia, è costante l’invito a riflettere e a confrontarsi.
Mi viene in mente il pensiero Pirandelliano – Uno, nessuno e centomila – la storia di una consapevolezza che si va man mano formando. La coscienza che l’uomo non è Uno e che la realtà non è oggettiva.
Le tecniche usate dall’artista sono variegate e spaziano dal “dripping” pollockiano, all’utilizzo di colori apparentemente antitetici “montati” e “smontati” su supporti e materiali di riciclo (polistirolo, cartone, plastica, alluminio, carta da parati), sui quali poi interviene, imprimendovi il proprio marchio distintivo, con pigmenti naturali, colle viniliche, inchiostro di china, arbusti essiccati, resina, spago, nastri di audiocassette, lampadine e prese elettriche… persino il “Crystalball” con cui l’artista giocava da bambino.
Un viaggio incredibile dal quale, una volta intrapreso il cammino, è difficile sottrarsi.
Marco Angelini, SPECULUM
MUSEO CARLO BILOTTI, Aranciera di Villa Borghese Roma. Fino al 6 dicembre 2015
- L’Insostenibile Leggerezza del Trentenne #1 – 24 Dicembre 2015
- SPECULUM incrocio tra l’Arte Contemporanea e la Sociologia. – 10 Novembre 2015
- Il messaggio positivo della Sambuca Molinari – 14 Ottobre 2015
Molto interessante la contaminazione tra il pensiero sociologico e l’identità creativa di Angelini.
Quanto prima visiterò la mostra per intraprendere questo cammino che tanto incuriosisce.
Grazie Di Giorgio.
C.M.
Mai come oggi il tema dello specchio dovrebbe farsi largo, siamo infatti sempre più proiettati a passare su noi stessi senza mai guardarci davvero per come siamo. Ben vengano quindi momenti di riflessione su questo tema!
Interessante l’obiettivo transazionale della mostra. Ho apprezzato la citazione del sociologo Adorno e di Pairandello. Condivido in pieno la lettura fatta da Di Giorgio. Cercherò di vederla dal vivo al più presto.
Molto interessante e condivisibile questa idea di “soggettività” dell’arte, nella quale ognuno di noi vede quello “vuole” o che semplicemente “riesce” a vedere. Questa mostra potrebbe essere un ottimo spunto per riflettere sul rapporto tra l’arte ed i suoi “fruitori”. Sicuramente da vedere.
F.M.
Grazie Daniele.L’articolo che tu hai scritto e’ molto interessante. Vi consiglio a Tutti di leggerlo e visitare la mostra Speculum di Marco Angelini a cura di Raffaella Salato nel Museo Carlo Bilotti a Roma.
L’articolo è interassante ed invoglia a visitare la mostra per conoscere meglio l’artista attraverso le sue opere.
Nasce il desiderio di scoprirsi attraverso la lettura delle sue opere.
Suggestivo ed intrigante l’uso dei materiali e del colore.
Daniele ,
Thank You very much!
Adore the art of Marco Angelini and this exhibition is perfect!
I love it:)
Articolo molto interessante e ben scritto. Mi piacerebbe essere accompagnato nella visita alla mostra dal dr. Di Giorgio.
Grazie per i piacevoli apprezzamenti, sono a vostra disposizione.
Thanks for the nice compliments, I’m at your disposal.
Daniele
Molto interessante questo articolo del dott. Di Giorgio, personalmente un artista che non conosco ma che attraverso le sue parole ha suscitato in me la curiosità di visitare questa mostra e confrontarmi magari con degli amici sull’interpretazione di ogni opera in modo da sorprendermi sui diversi percorsi della mente umana di fronte al medesimo stimolo visivo.
Complimenti per la dettagliata ed esaustiva recensione di Daniele Di Giorgio. Molto originale la rappresentazione del concetto del doppio come specchio di se stessi. Andrò a vederla.
Nel rapporto tra arte e vita non esiste soluzione di continuità. Per questo le immagini non rappresentano il reale, come se esso fosse separato ed esterno a chi osserva l’opera d’arte, ma concentrano in loro stesse il dinamismo vivente che ne anima l’essenza. Chi guarda è sempre anche guardato, in un gioco tutto interiore di riflessi che restituisce all’anima l’essenza multiforme e complessa del suo esser possibile: come se fosse in atto un continuo sdoppiarsi di un’unità originaria entro molteplici riflessi. Dall’eco di queste forze prende vita – come bene mette in evidenza l’analisi di Daniele Di Giorgio – il magnetismo delle opere di Angelini, dal quale è difficile sottrarsi. Nell’opera d’arte infatti vita e arte si incontrano e si differenziano, proprio a partire dal loro appartenersi originario.
Cara Draga,
grazie per il tuo interessante e prezioso contributo!
Daniele
Un’articolo assai interesante sulle opere di un artista che prima non conoscevo. La scrittura del Dr. Di Giorgio mi ha molto incuriosita. Grazie
Conosco ben poco riguardo l’arte contemporanea, ho una cultura e dei gusti pittosto classici, mi ha sempre incuriosito capire cosa possa esprimere tanto astrattismo. Me lo spiegherebbe?
Grazie
Robert
Caro Robert,
grazie del tuo commento e della tua domanda.
Secondo il mio modesto parere, per capire l’arte contemporanea bisogna conoscere l’evoluzione storica che l’arte stessa ha vissuto. Alla fine del 1.800 l’artista si è liberato dai vincoli della committenza ed ha cominciato a realizzare opere lasciandosi condurre esclusivamente dalle proprie emozioni.
Mi spiego meglio: l’artista ha cominciato a non accettare più il fatto di doversi sentire “imporre” da qualcun’altro cosa e come doverla fare e, nel momento in cui si è “liberato” da tale coercizione, ha cominciato a produrre opere individuali e soggettive; ha smesso così di rappresentare il mondo reale ed ha cominciato ad interpetarlo. Si è quindi lasciato alle spalle i principi del classicismo per rendere protagonista il proprio punto di vista interiore.
Non è più solo la mano che dipinge, ma è il sentimento, l’emozione e l’esperienza personale a tracciare l’immagine, a stenderne i colori, ad usare nuovi supporti e nuovi materiali simbolici.
Se si riesce a comprendere questa “nuova” tendenza che è nata alla fine dell’800 e di cui ancora sentiamo l’onda d’urto, allora, forse, si accetterà l’esistenza nelle nostre vite dell’arte contemporanea.
Daniele