TURANDOT di Giacomo Puccini all’Arena di Verona è il quarto titolo in cartellone per il 94° Opera Festival già in scena dallo scorso 23 luglio in cinque serate, sarà in cartellone fino al al 25 Agosto. Regia e scene portano la firma del M° Franco Zeffirelli, i costumi del Premio Oscar Emi Wada; completano la messa in scena i movimenti coreografici di Maria Grazia Garofoli e le luci disegnate da Paolo Mazzon. Sul podio il M° Andrea Battistoni.
Turandot è uno dei drammi più intensamente lirici del XX secolo. Tre atti e cinque quadri su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, per raccontare una superba fiaba di Carlo Gozzi malgrado siano numerose le libertà che Puccini si era concesso sul testo. Turandot era andata in scena la prima volta alla Scala nel 1925 sotto la bacchetta di Arturo Toscanini che alla prima terminò l’esecuzione al metà del secondo atto, dopo la morte di Liù per intenderci («Dormi, oblia, Liù, poesia!» ndr) rivolgendosi al pubblico con queste parole: «Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto.» Turandot venne invece proposta per la prima volta in Arena nel 1928 con la messa in scena di Ettore Fagiuoli da lì venne poi rappresentata sul palcoscenico veronese in 18 stagioni per ben 10 diversi allestimenti.
Una favola interrotta, quindi, scritta Puccini e completata da Franco Alfano un ottimo pianista e compositore, già allievo del maestro lucchese. Puccini aveva ricevuto la prima stesura del libretto nel Natale del 1920, secondo il progetto iniziale Turandot avrebbe dovuto comprendere due atti soltanto. Un’opera quindi incompiuta a cui si deve la ragione, come sostengono diversi studiosi, non tanto per via del progredire della malattia di Puccini (era affetto da un tumore alla gola ndr) quanto piuttosto al fatto che il compositore non riuscisse a superare l’impasse e il relativo trionfo dell’amore a conclusione dell’opera, a differenza di tutte le altre produzioni pucciniane Turandot è l’unica opera a indulgere verso un sospirato happy end, cosa rara nella drammaturgia pucciniana. Se all’inizio era stato il risvolto positivo della trama ad interessare il musicista spinto quindi verso il soggetto, in seguito diverrà il motivo stesso di questo impasse. Il nodo irrisolto restava invece il dramma stesso, difficilmente ovviabile nel momento in cui la “Principessa di gelo” si trasformò in una donna innamorata. Come ebbe infatti a commentare il compositore: «Il duetto per me dev’essere il clou – ma deve avere dentro a sé qualcosa di grande, di audace, di imprevisto e non lasciar le cose al punto del principio». E ancora: «Il travaso d’amore deve giungere come un bolide luminoso in mezzo al clangore del popolo che estatico lo assorbe attraverso i nervi tesi come corde di violoncelli frementi». Purtroppo però i due librettisti, Giuseppe Adami e Renato Simoni, risposero alle richieste di revisione con estrema lentezza malgrado il compositore lamentasse i continui ritardi a discapito del lavoro. Nel 1923 Puccini era comunque riuscito a stendere la partitura fino alla morte di Liù. Esiste solo una bozza finale dell’ultimo atto poiché a seguito di un intervento, peraltro riuscito, il maestro morirà a seguito di complicazioni cardiache, il 29 novembre 1924 a Bruxelles , lasciando così l’opera interrotta.
Lo spettacolare allestimento di Franco Zeffirelli sospeso fra il grandioso e il cinematografico riporta alla Cina imperiale tramite un dispiego di scene imponenti e grandi azioni di massa, impreziosito dai ricchi costumi disegnati nientedimeno che dal premio Oscar giapponese Emi Wada. Tutto concorre a sottolineare l’atmosfera del dramma degli enigmi per eccellenza, dove è in gioco la vita stessa e la risposta sta nell’amore che scioglierà il cuore della gelida protagonista. La principessa Turandot, che non si lascia sedurre da nessun uomo, gioca con la vita dei suoi pretendenti, certa che nessuno riuscirà a vincere la sua sfida. Solo Calaf saprà conquistare veramente il cuore di Turandot e superare così la distanza che tiene la principessa lontana dal vero amore.
Ancora sul podio, come durante tutti gli appuntamenti, il M° Andrea Battistoni; nel ruolo della principessa Turandot vedremo Oksana Dyka (23, 27/7 – 19, 25/8) e Tiziana Caruso (12/8), nell’audace Calaf si avvicenderanno Carlo Ventre (23, 27/7 – 12, 19/8) e Dario Di Vietri (25/8). Il re tartaro Timur avrà la voce di Carlo Cigni, mentre la dolce Liù sarà impersonata da Elena Rossi (23, 27/7 – 12/8) e Donata D’Annunzio Lombardi (19, 25/8). I tre ministri saranno interpretati da Federico Longhi (23, 27/7 – 12/8) e Marcello Rosiello (19, 25/8) per la parte di Ping, Francesco Pittari per quella di Pong e Giorgio Trucco per Pang. L’Imperatore Altoum sarà Cristiano Olivieri, il Mandarino sarà Paolo Battaglia e Il Principe di Persia Michele Salaorni.
Il M° Marco Tonini dirige il Coro di Voci bianche A.d’A.MUS.
L’Orchestra, il Coro diretto dal M° Vito Lombardi, il Corpo di ballo coordinato dal M° Gaetano Petrosino e Tecnici sono della Fondazione Arena di Verona, insieme con i numerosi mimi e tutte le comparse presenti in scena.
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