Il Vino nell’Arte visiva: un’ispirazione per i grandi Maestri

Parte Prima. Ispirazione e fonte di grandi di capolavori.

il vino nell'arte
Allegoria dei Sensi – Il Gusto- Bacco , Palazzo Chigi, Ariccia (Roma), XVII sec.
1 - Jusepe de Ribera, Allegoria del gusto, Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art il vino nell'arte
Jusepe de Ribera, Allegoria del gusto, Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art

La storia del vino nell’arte è lontana nel tempo e ha ispirato grandi maestri che, attraverso allegorie (Fig. 1: Jusepe de Ribera detto Lo Spagnoletto, Allegoria del gusto, Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art, ‘600; Pier Francesco Mola, Allegoria dei Sensi – Il Gusto- Bacco, Palazzo Chigi, Ariccia – Roma, ‘600: fig. 2), paesaggi, Nature Morte, ritratti, raffigurazioni tra sacro e profano e uso diretto del nettare di Bacco come materia delle opere, hanno restituito una loro interpretazione della bevanda tanto amata anche dagli dei. Vendemmie e cenacoli, intorpidimento e sregolatezza, festa e convivi, tripudio della natura in tempo di uve mature e scene bucoliche e anche bottiglie ed etichette sono al centro di molti capolavori: sia figurativi che astratti, che siano pitture, sculture, installazioni, fotografia o video. Ecco una possibile, sintetica narrazione di tale relazione tra Vino e Arti visive…

IL VINO NELL’ARTE

Il vino, elemento della pregevolezza contadina, enologica e industriale che l’Italia rappresenta al meglio, ha una data e un luogo di nascita ancora dibattuti; ma su un fatto c’è concordia generale:   «(…) consumata in larga quantità anche dal popolo, la bevanda fu, comunque, una delle insegne di re e faraoni» (da “Archeo” n. 259, settembre 2006). Tra i tanti esempi possibili che qui possiamo riassumere scegliamo di evidenziare la tomba di Nakht, 18a dinastia, 2° millennio a. C., a Tebe ovest, in cui sono state scoperte decorazioni murarie con vendemmia e 3 - Tomba di Nakht, 2° millennio a. C.-vendemmiaspremitura dell’uva (fig. 3); e il bel rilievo egiziano del XIV sec. a.C. (proveniente da Amarna, presso Hermopolis, attuale Khnum e oggi nella N. Schimmel Collection di New York), che ci mostra, invece, un succulento grappolo d’uva (fig. 4)…4 - rilievo egiziano del XIV sec. a.C. proveniente da Amarna, Hermopolis

Anche l’arte classica antica – di Roma e Grecia – ha portato il soggetto mediamente alcolico in vasi, pitture e sculture: si guardi la Casa del Centenario a Pompei, che contiene un affresco del 2° sec. a.C. con il proprietario Aulo Vero vestito d’uva e simile a Bacco (per i romani) / Dioniso (per i Greci) mentre il Vesuvio sembra benedire le vigne che probabilmente questo possidente aveva ai suoi piedi (fig. 5)… In altre opere vediamo i banchetti durante i quali del vino si abusava parecchio; nel bel vaso apulo del 4° sec. a.C. (oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna) c’è uno scenario di convito con particolari recipienti da cui se ne spillava con gusto (fig. 6).6 - vaso apulo del 4° sec. a.C., Kunsthistorisches Museum, Vienna

Questi e molti altri (per es.: la scultura Dioniso detto Ludovisi con pantera, satiro, uva, 2 sec. d.C., Palazzo Altemps, Roma: fig. 7) sono omaggi e celebrazioni dove la bevanda preferita da Bacco era il motore dell’allegria e della sfrenata libertà dei sensi (fig. 8: Donatello – Scuola di –, Bacco e Arianna nell’isola di Nasso, rilievo, 1460-5, Palazzo Medici Ricciardi, Firenze): non a caso, il dio citato era protagonista di baccanali e ricorrenze a lui dedicate e molto raffigurato dagli artisti. Come da Michelangelo Buonarroti, che scolpì un famosissimo Bacco di marmo, del 1496-7 (al Museo Nazionale Bargello, Firenze), tra le sue pochissime opere a soggetto profano (fig. 9). Il massimo esponente del Rinascimento italiano rese il suo giovane protagonista affiancato da un satirello e abbellito d’uva mentre offre un calice di vino che sembra promettere meraviglie! Altri capolavori celeberrimi sul tema sono il Bacchino malato del 1593-94 c.a. (fig. 10: è alla Galleria Borghese di Roma), quasi un selfie in ospedale del Caravaggio. La pittura fu eseguita durante la convalescenza dell’artista nel sanatorio romano dei poveri, quello della Consolazione (come ci conferma Rossella Vodret); egli  realizzò 12 - Guido Reni Bacchino (che beve), 1623 ca, Gemäldegalerie, Dresdaanche un altro Bacco (fig. 11), nel 1596-97 (è alla Galleria degli Uffizi, Firenze), che – con le sembianze di Mario Minniti, aiuto, modello e verosimilmente amante dell’artista – pareva già allora ammaliare l’osservatore con promesse di ebbrezza alcolica (e non solo…). Guido Reni riporta tutto a più facili allegorie mostrandoci un dio-bambino, paffuto e già alticcio e felice (dipinto nel 1623 circa, è nella Gemäldegalerie a Dresda – fig. 12) che oggi sarebbe materia per… Telefono Azzurro!

Molto interessanti sono le citazioni di artisti assai successivi a Caravaggio che hanno adottato i suoi due protagonisti divini per realizzare opere che li richiamano: è il caso dell’americana Cindy Sherman che nel 1990 con Untitled #224 (fig. 13), esplora gli stereotipi delle pose e della ritrattistica maschile nella storia dell’arte.

Il vino e Bacco sembrano riecheggiare anche nel Giovane con caraffa di vino di Sir Lawrence Alma-Tadema (fig. 14), che pare precorre addirittura certi personaggi pasoliniani14 - Sir Lawrence Alma-Tadema, giovane con caraffa vino - partic.

I Bacco caravaggeschi sono ripresi da tanti altri artisti e fotografi tra i quali José Gallego (fig. 15) e Monica Silva (fig. 16), la quale vi porta riflessioni sull’inter-razzialità. Anche la Street Art se ne appropria, come ha fatto Christian Guémy, aka C215, sui muri delle città (fig. 17) tra cui Palermo: talmente bene che a Via Monteleone il suo murales è stato… trafugato!

Il vino è presente nelle miriadi di Ultima Cena come simbolo del sangue di Cristo e racconto religioso: un’opera tra tutte, il Cenacolo del 1494-98 dipinto a parete a tempera grassa su intonaco di Leonardo Da Vinci nell’ex-refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano (figure 18).

Oltre ai significati allegorici e spirituali, il vino assume valore anche un po’ più prosaico, come quel qualcosa che trasforma la normalità in occasione speciale. Dio stesso, canta il salmista, ci dà “il vino che allieta il cuore dell’uomo”: spesso, nella pittura, in modo assai bizzarro e grottesco, come nei ritratti immaginari del milanese Giuseppe Arcimboldo (o Arcimboldi) che li costruisce dipingendo e aggregando elementi come frutta, ortaggi, arbusti e, tra questi, l’uva che si spreme in Autunno (1573: 19 - Arcimboldo, Rodolfo2 come Vertumno-stagioni, c. 1590-1, SkoklosterCastle,Sveziafig. 19).

Dal vino immaginato passiamo a quello più realistico nelle tantissime Nature morte dove, almeno fino all’800, il nettare di Bacco è soggetto portante di messe-in-scena e tavolate… Per esempio, nel vivace, quasi chiassoso Banchetto nunziale contadino (è al Kunsthistorisches Museum, Vienna) di Pieter Bruegel il Vecchio, (fig. 20) che nel 1586 circa ci mostra porzioni di polenta accompagnate da caraffe che supponiamo piene di pastoso rosso, il più adatto per questa leccornia. Più mesto il pasto de (fig. 21) Il mangiatore di fagioli (versione 1584 ca, Firenze, Uffizi) di Annibale Carracci e di cui van Gogh pare aver respirato l’atmosfera tradotta poi nei suoi Mangiatori di patate.

22 - Georg Flegel, Natura morta con vino e uovaAnche il tedesco Georg Flegel, nel pieno‘600, coniuga golosità a sacralità: accanto a pane, cacciagione, dolci, formaggi e uova, pone il vino contenuto in solidi boccali Römer, chiara allegoria del calice eucaristico (figure 22). Tanto ben di dio, vino compreso, anche nelle dispense e tavole di Jacopo Chimenti (Interno di dispensa con pesce, uova, vino etc., 1625 circa, Collezione Molinari Pradelli, Marano di Castenaso: fig. 23). Nello stesso secolo, il francese Georges de La  Tour dipinge una versione de Il baro con l’asso di quadri in mano (1635, è al Museo Louvre, Parigi). Attorno al giovane ingenuo (con cappello piumato, sulla destra) sono riunite tutte le tentazioni: appunto, il gioco, e poi la  lussuria e, come fosse direttamente collegato ad essa, il vino (fig. 24). Del resto, non scrisse Tito Lucrezio Caro: “La forza sconvolgente del vino penetra / l’uomo / e nelle vene sparge e distribuisce l’ardore” ?

 Il Vino nell’Arte
Pierre Auguste Renoir, Bicchiere di vino e pane, 1908
29 - Paul Cézanne. Still Life with Apples and a Glass of Wine, 1877-79, Philadelphia Mus.ofArt Il Vino nell’Arte
Paul Cézanne. Still Life with Apples and a Glass of Wine, 1877-79, Philadelphia Mus.ofArt

Ce lo dimostra il fiammingo di Delft Jan Vermeer, celeberrimo talento pittorico noto per i colori vividi e cristallini, oltre che per i dettagli definiti in modo certosino. Ne La mezzana, dipinto nel 1656 (fig. 25; è alla  Gemäldegalerie di  Dresda), crea una scena animata proprio dalla nostra bevanda alcolica, che ci sfoggia il suo potere di sciogliere ogni inibizione nella taverna dove si sta per consumare l’amore 26 - Jan Vermeer, Bicchiere di vino, 1659-60, Gemäldegalerie, Berlino- dettagliomercenario… Apparentemente più casto è Bicchiere di vino, 1659-60 (fig. 26; si trova alla Gemäldegalerie, Berlino), che tratta ancora di tattica di seduzione aiutata, ancora una volta, dal nettare di Bacco… E sembra di sentirlo, il sommo Ovidio: “Il vino prepara i cuori / e li rende più / pronti / alla passione”…; probabilmente, a qualsiasi “passione”, anche verso l’azzardo. Lo abbiamo visto ne Il baro con l’asso di quadri in mano di Georges de La  Tour (rimandiamo alla fig. fig. 24) e lo ritroviamo – saltando tra i secoli – nelle versioni più conosciute dei Giocatori di carte (figure 27: quella del 1890-92 al Musée d’Orsay, Parigi; e quella del 1893 in Collezione privata), tra le cinque realizzata da Paul Cezanne. Sono solidamente strutturate, come se ogni elemento della realtà fosse trasformato nel suo adattamento geometrico, nel tentativo di percepire e restituirci un mondo meno sfuggente, con le sue forme più salde possibili… All’interno di questa visione, si manifesta una quotidianità dove anche una bottiglia di vino (della casa) diventa picchetto della scena: è testimone di puntate da osteria e di altri stordimenti anche nel Bevitore (del 1891, conservato alla The Barnes Foundation di Pennsylvania: fig. 28); diventa co-protagonista nelle più distese atmosfere create da alcune Nature morte accompagnate da piatti di frutta e panneggi (quelle delle figure 29 sono al Philadelphia Museum of Art). Il vino c’è sempre, anche nel pic-nic en plein air vivace e mondano di James Tissot (La Partie carrée, 1870, Collezione privata, New Jersey: fig. 30), artista che strizza l’occhio agli amici dell’Impressionismo, alla loro luce piena; ma loro sono più innovativi e sanno catturare la vibrazione cromatica del bagliore naturale, scandalizzando il loro pubblico. Così fece, per esempio, Camille Pisarro nelle sue Nature morte in cui anche il vino, quando c’è, ci appare composto dai suoi tanti colori (figure 31: è anche accompagnato dal pane, 1867: da mele e brocca, MoMa N.Y, 1872; da peperoni spagnoli, 1899; da caraffa e pane, metà ‘800, è proprietà di privati); e così vediamo nel pranzo al sacco Le Déjeuner sur l’herbe (1865, Musée d’Orsay, Parigi: fig. 32) e nell’elegante ma intimo Il pranzo, (del 1868-70, è allo Städelsches Kunstinstitut di Francoforte: fig. 33) del papà delle Ninfee: Claude Monet. Questo artista apprezzava il buon vino ed era un amante ed esperto di cucina tanto da aver redatto dei taccuini-ricettari (Claire Joyes, a cura di, Les carnets de cuisine de Monet, Editions Du Chêne, 1989 e 2001; in Italia tradotto e pubblicato da Tecniche Nuove nel 1995). I riverberi si fanno abbaglianti e quasi scenografici nel prolifico impressionista spagnolo Joaquin-Sorolla y Bastida (fig.  34: Caffè a Parigi, 1885); vivaci nei quadri di Pierre-Auguste Renoir dove scorgiamo intrattenimenti festosi in cui il vino non mancava mai: da Le déjeuner (il pranzo), 1879, alla Barnes Foundation di Philadelphia (fig. 35), a quello dei celebri canottieri, 1880-1881, alla The Phillips Collection, Washington (fig. 36); e poi c’è il più contenuto, quasi fiero Bicchiere di vino e pane, 1908 (fig. 37).

“Il vino è un composto di umore e luce”, sosteneva Galileo Galilei e questa affermazione sembra perfetta per raccontare queste composizioni degli Impressionisti. Fu loro amico, e partecipe nella loro epica mostra del 1874 allo studio del fotografo Nadar –  generalmente indicata come data di nascita della corrente artistica – l’italiano (di Barletta) a Parigi Giuseppe de Nittis che realizza una pittura che pare fotografia dove anche il vino brilla, inserito sia nel ricco Pranzo del Vescovo, 1863 (Napoli, Museo di Capodimonte: fig. 38) sia nel meno sfarzoso ma altrettanto splendente Pranzo a Posillipo (1878, GAM, Milano: fig. 39).

Ammiratore di questi artisti della luce suoi contemporanei, il francese Henri Fantin-Latour dipinge opere intimiste e più compiaciute tra le quali stupende Nature morte (figure 40) e tavolate (Le coin de table / tavolo d’angolo, 1872, Musée d’Orsay, Parigi: fig. 41; Natura morta su tavolo ad anglo, 1873, Art Institute of Chicago: fig. 42) con vino in bella vista.

Il Vino nell’Arte visiva

Bacco Tabacco et Venere (Bacco)

Bacco Tabacco et Venere (Bacco)

Still Life: Flask, Glass, and Jug (Fiasque, verre et poterie)

Still Life: Flask, Glass, and Jug (Fiasque, verre et poterie)

FINE PRIMA PARTE – segue Il Vino nell’Arte visiva: ispirazione per artisti e soggetto di grandi di capolavori | # 2 |

Barbara Martusciello

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