Yehuda, il piccolo ebreo che bombardava l’Italia

Yehuda, il piccolo ebreo che bombardava l’Italia

Yehuda Avni, piccolo ebreo nato a Chicago nel 1923, a metà della seconda guerra mondiale, a vent’anni, si arruola nell’aviazione americana. Viene spedito in Italia “per dare una lezione ai tedeschi e ai nazisti”. Lo ricorda ancora bene seduto sulla sedia a dondolo del ‘Vered Hagalil’, la ‘Rosa della Galilea’, il suo agriturismo nato nel 1961 su una pietraia dove gli occhi spaziano sul Mare di Galilea, detto anche Lago di Tiberiade, il più grande lago d’acqua dolce israeliano e dove i suoi cavalli accompagnano cavalieri sui sentieri che videro passare Gesù.

“Per due anni, fino alla fine della guerra – dice Yehuda – l’Italia l’ho vista solo dall’alto del mio aereo durante le missioni di guerra. Mi piacevano le campagne ricoperte di grano, le colline, le montagne, le città, i paesi. Il cuore mi si staccava dal petto ogni volta che dovevo sganciare le bombe. Sapevo che non avrei ucciso solo tedeschi. Se ne esco vivo, mi dicevo, giuro che in Italia ci ritorno. È bella, fantastica”.

Nel 1945, finita la guerra torna a casa, si laurea in ingegneria e, come aveva giurato, torna in Italia. Compra una bicicletta e inizia a girarla cercando i paesaggi che aveva visto dal suo aereo e la moglie della sua vita che doveva essere come quella disegnata sul suo aereo e che salutava con un bacio ogni volta che si alzava in volo.

Gira mezza Italia. Ritrova tutti i suoi paesaggi e incontra tante ragazze ma nessuna come quella dell’aereo. Roma è l’ultima tappa del suo giro. È l’estate del 1949. È seduto sulla scalinata di Trinità dei Monti in Piazza di Spagna, il tramonto colora di ocra i palazzi e i lampioni iniziano ad accendersi. All’improvviso ecco la ragazza del suo aereo. Bella, elegante, cammina come una diva di Hollywood. Yehuda scatta in piedi, scende i gradini di corsa, si ferma davanti a lei e con il sorriso che non aveva mai regalato a nessuna ragazza, sussurra: “Buonasera signorina, mi vuoi sposare?”. Giuliana (il nome è stato cambiato) divertita risponde: “Sei americano vero?”. “Sì”. “Ebreo?”. “Sì – risponde accarezzandosi il naso – Allora, mi vuoi sposare?”.

Giuliana gli spiega che in Italia per sposarsi occorre prima superare lo scoglio della famiglia, sentire cosa ne pensano papà, mamma, i fratelli, i nonni e qualche volta anche gli zii. Poi c’è il fidanzamento e il matrimonio con gli invitati e una grande festa. “Ok. Partiamo subito – dice felice Yehuda – facciamo il giro di papà, mamma, zii. In un giorno facciamo tutto, nel frattempo ci fidanziamo, prepariamo la festa e sabato ci sposiamo”. Giuliana ride divertita. Gli piace molto con questo ragazzo della sua età così bello, vitale, deciso. I suoi amici sono tutti così noiosamente normali. Si siedono a chiacchierare.

Improvvisamente Giuliana s’illumina e gli fa una proposta: “Sai che in Palestina è nata una nazione dove tutti gli ebrei sfuggiti alle persecuzioni e ai campi di concentramento potranno vivere finalmente in pace? Io non sono ebrea ma approvo la nascita di questo nuovo stato e sabato andrò a Berna ad un incontro di sionisti per capirne di più. Perché non vieni con me?”. A Yehuda brillano gli occhi: “Con te vado in tutto il mondo, però al ritorno ci sposiamo. Ok?” A Berna, dopo due giorni è già arruolato nell’esercito israeliano.

Tornati a Roma, Yehuda e Giuliana passano il pomeriggio e la notte abbracciati sulla scalinata di Piazza di Spagna. All’aeroporto Giuliana assicura Yehuda che finito gli studi l’avrebbe raggiunto e sposato. Arrivato in Israele il piccolo ebreo si fa tutte le guerre dal 1949 fino al 1961 quando comprerà la pietraia con la vista sul lago.

Giuliana non andrà mai in Israele. Sposerà un ingegnere italiano e avrà cinque figli. Yehuda sposerà Yonah una vivace ragazza ebrea incontrata nel Kibbutz, la comunità agricola dove lavorava tra una guerra e l’altra e avrà cinque figli.

Non si vedranno più. Ma là, all’aeroporto, avevano giurato che si sarebbero scritti una lettera al giorno e ogni giorno ecco le lettere arrivare. Con il tempo il loro amore si trasforma in una grande bella e struggente amicizia che i relativi coniugi rispettano o tollerano.

Nel giorno del suo ottantesimo compleanno Yonah arriva davanti al marito con una busta bianca, il suo regalo. Yehuda l’apre e trova un biglietto aereo: Tel-Aviv-Roma / Roma-Tel-Aviv.

Dopo pochi giorni eccolo seduto sui gradini di Trinità dei Monti, gli stessi dove aveva visto passare Giuliana. A lei non ha detto nulla del suo arrivo. Vuole farle una sorpresa. Ha 55 anni di cose da raccontare. Davanti al suo campanello, nell’indirizzo che aveva scritto per oltre mezzo secolo, è pieno d’emozione. Suona. “Chi è?”, risponde una voce di donna. “Sono Yehuda, posso salire?”. Dopo alcuni secondi di silenzio che sembrano un secolo, Giuliana risponde: “No”. “Perché?”, chiede con il cuore che si spezza Yehuda. “Voglio ricordarti con gli occhi e il sorriso che mi hai regalato prima di partire per Israele” risponde Giuliana.

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Mario Rebeschini
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