Il gusto di sentirsi a casa al Don Pasquale di Roma, il ristorante con un hotel attorno

Il gusto di sentirsi a casa al Don Pasquale di Roma, il ristorante con un hotel attorno

ROMA – Nel cuore di Roma, apre le porte il Don Pasquale, una delle più recenti sorprese del Gruppo Shedir nonché bistrot dell’Hotel Maalot. Abbiamo avuto la meravigliosa occasione di visitarlo in anteprima e godere dell’innovazione che ha apportato nello scenario della Capitale. In che modo? Ebbene, non si tratta di un ristorante d’hotel. Men che meno di un ristorante annesso agli interni di un hotel. E’ il nucleo principale che accoglie i visitatori, quasi come se si trattasse della casa di ognuno di loro. Provare per credere!

E’ arrivato il momento di superare ogni più anacronistica concezione di ristorante e di hotel. E’ arrivato il ristorante Don Pasquale, un bistrot che si pone in primo piano assieme al meraviglioso boutique hotel Maalot. E’ la porta principale, il polo attrattivo, ma forse molto di più: è un angolo di paradiso e di arte nel cuore di Roma che accoglie tutti: passanti, abitanti, turisti, chiunque voglia vivere un’esperienza surreale nell’accezione più positiva di questo termine.

All’apparenza discreto ed elegante, varcando la soglia ci riversa addosso un insieme di arte, pregio architettonico, accoglienza e ricercatezza nei dettagli. Il tutto, in un equilibrio di gusto e raffinatezza che sembra quasi provenire dalla magia di un incantesimo. Dopo il primo sguardo, ulteriori sorprese arrivano ad un’occhiata più attenta: le opere presenti nelle sale del ristorante Don Pasquale sono tutte originali d’autore, ma ci tengono a strizzare l’occhio agli antichi con un’ironia dissacrante e mai banale.

Perché tutto questo? Perché il nome Don Pasquale rimanda all’omonima opera buffa e scherzosa del celebre compositore italiano Gaetano Donizetti, che in questo palazzo ha addirittura abitato, dal 1828 al 1837. Difficile oggi immaginare via delle Muratte nel rione Trevi così silenziosa da far innamorare un musicista, e fargliela scegliere come casa, eppure al civico 78 Gaetano Donizetti non solo ha abitato ma si è fermato per nove anni, i più prolifici della sua produzione, come ricorda la targa sulla parete esterna. Allora sì, che forse l’unico suono, oltre a quello delle carrozze, era Musica sull’Acqua e arrivava da quella gigantesca macchina teatrale della fontana.

Storia, arte, burla e ricercatezza sono solo alcuni dei tanti elementi presenti in questo incredibile spazio.

IL DÉCOR A TINTE FORTI DEL RISTORANTE DON PASQUALE 

Foto scattata da me per MyWhere

Al civico 78 della storica Via delle Muratte a Roma, che scorre diritta da piazza Fontana di Trevi fino a via del Corso, il Don Pasquale riporta la bellezza in quella che una volta era la via degli artisti e che fino ad ora, agli occhi di chi la percorre, sembrava aver perso un pò di quell’antico splendore.

Facendosi largo in una Roma un po’ souk, dai toni pop, laddove via delle Muratte si restringe e la buona ristorazione fa da contrappeso ad un intero palazzetto fast food, il Don Pasquale è una novità che incuriosisce ed entrando colpisce con un bell’effetto scenografico e un’aria eccentrica nel décor che sorprende. Per alcuni versi uno spazio a tinte forti.

Uno spazio di grande classe ma dov’è impossibile non sentirsi a casa: in un attimo il velluto pregiato, gli specchi, le opere d’arte esposte a pochi millimetri dai tavolini, abbracciano e accolgono in una maniera quasi materna. A contribuire enormemente, è sicuramente il servizio e l’accoglienza del personale che rispettano uno standard qualitativo d’eccellenza. Ma soprattutto, rispondono alla concezione che è alla base del ristorante Don Pasquale: l’idea di casa.

Il tutto, incorniciato da un’atmosfera unconventional dove desidèri e richieste vengono esauditi, ma in maniera informale e leggera. Impossibile, dunque, non sentirsi a proprio agio in questo locale, progettato per ricordare un foyer dell’Ottocento. Colori vividi che accostati insieme acquistano miracolosamente una gran classe e catturano l’attenzione senza dare troppo nell’occhio. Divani comodi, salette laterali che attirano la curiosità da lontano come calamite e invitano a sedersi, a fermarsi, a concedersi un momento di relax e contemplazione, in un ambiente ovattato e che sembra distaccarsi dallo scalpiccio della quotidianità appena fuori l’ingresso.

E così, il tempo si ferma.

E la sorprese non finiscono qui: a breve, come preannunciato dal CEO del Gruppo Shedir, Claudio Ceccherelli, approderanno nella Capitale due new entries, con formula hotel + ristorante. Fra non molto ci stupiremo con Umiltà 53 in via dell’Umiltà, per poi proseguire con Palazzo Roma, settecentesco polo dell’arte e del gusto in via del Corso. D’altra parte, ci avevano già deliziato con l’apertura dell’Hotel Vilon in via dell’Arancio, di cui vi avevamo raccontato ogni più sorprendente novità.

L’ATMOSFERA E L’ARCHITETTURA

Foto da: Ufficio Stampa

Nello spazio della corte centrale, la lounge, l’atmosfera diventa subito un pò teatrale, con l’architettura della volta centrale che dona un senso di apertura verso l’alto e di luminosità. Una sorta di richiamo alla copertura in ferro e vetro della Galleria Sciarra, a due passi dal Maalot. A catturare lo sguardo, vi è poi il lampadario a bracci dal grande effetto scenografico, con diametro e altezza di quasi due metri. Ovunque ci si diriga, si torna sempre ad ammirarlo in silenzio con il naso all’insù.

L’architettura dello spazio del ristorante Don Pasquale si articola su più livelli, con il cocktail bar che si staglia in secondo piano, incorniciato dietro due archi che danno sullo stesso salone lasciando intravedere l’effetto scenico della bottigliera retroilluminata, il rosso magenta alla parete, il bancone ottone ed ebano, le insolite sedute in vimini, gli specchi che aggiungono riflessi dorati alla luce. Un’architettura studiata nei minimi dettagli e creata da zero, per riprodurre l’essenza di uno spazio di classe ma dall’atmosfera conviviale.

Al lato, la reception non è una reception ma una sala studio, con una libreria a parete e tappezzerie animalier per le poltrone. Non c’è mai nessuno fisso dietro la scrivania a scrutare guardingo gli ospiti di passaggio. Ci si siede, si legge, si aspetta. Viene subito da dirlo: atmosfera davvero british, che fa anche un po’ club coloniale, con tanto legno, stoffa e iuta alle pareti. A terra un parquet di rovere in una calda tonalità miele.

Un’attenzione magistrale viene riservata all’illuminazione, volta non semplicemente all’accoglienza di ipotetici clienti di un ristorante, ma a far vivere una vera e propria esperienza. E forse, in tempi duri come quello che stiamo vivendo, era proprio ciò di cui avevamo bisogno: colori, gusto, esperienze magiche. E i colori, al ristorante Don Pasquale, non mancano di certo: dal verde inglese nella boiserie della veranda, all’azzurro pavone di uno dei lunghi sofà che si snoda nella sala, al rosso di quello apposto alla parete marrone. Dove, tra le geometrie, prende forma perfetta il divertissement della quadreria con i dipinti disposti quasi attaccati, fino al soffitto: uno scherzoso rimando all’antica via degli artisti, via delle Muratte. La via delle botteghe e degli atelier, di cui i Romani che hanno memoria, sentono fortemente la mancanza.

IL PROGETTO E IL CONCEPT

Foto scattata da me per MyWhere

Il progetto architettonico dell’intero palazzo dell’Hotel Maalot, sviluppato su 4 piani per circa 3000 mq, è firmato dall’Architetto Roberto Antobenedetto di RPM Proget. Rispetta pienamente l’eredità storico-artistica del luogo, ne mantiene l’identità senza deformarla, semplicemente arricchendola di contemporaneità. A questo fa riferimento proprio la galleria d’arte, un’opera nell’opera che è gia il Don Pasquale, dove da lontano ci sembra che campeggino capolavori storici, ma  avvicinandosi ci si accorge che tutti i quadri rovesciano l’originale per farne un twist on classic.

Fra i ritratti che più colpiscono per genialità, vi sono sicuramente Maria Antonietta che mangia il gelato, la dama il cui turbante è una gigantesca aragosta o i fiamminghi tatuati. Una serie di dipinti irriverenti firmati Stanley Gonczanski, con il nome, a ragion veduta, di Almost Classic. Malgrado la ricercatezza, come già sottolineato, qui non vi sentirete mai fuori posto. Nessun classicismo estremo, niente atmosfere snob: non siamo in un ristorante d’hotel, in un posto riservato a pochi. Al contrario: l’hotel è solo un plus dell’angolo ristorazione. Il Don Pasquale è il cuore.

Tutti gli ambienti sono destinati a spazi d’ospitalità e convivialità. Circa 60 coperti tra tavoli dal sapore rétro, in maioliche portoghesi con disegni di antichi pizzi e trine, e poltroncine di bambù verniciate di nero. Non abbiate timore: potete sedervi dovunque, o scambiare due chiacchiere in piedi, con nonchalance e senza impegno. Dovunque si può bere un caffè, fare colazione, fermarsi a pranzo o sorseggiare un tè nel pomeriggio, prendere un aperitivo, tirare fino a cena o gustare un cocktail dopo. L’atmosfera è giovanile e senza troppi pensieri, chic informale, hip ma abbordabile, con una certa aria cosmopolita ed eccentrica tipica dei posti dove passano persone di ogni tipologia e provenienza.

Il ristorante Don Pasquale non è solo un ristorante: it’s a place to stay, dove il velluto è sinonimo di comfort. Il posto giusto per incontrarsi, socializzare, ascoltare ogni tipo di gradevole soundtrack.

NELLA CUCINA DEL RISTORANTE DON PASQUALE

Foto da: Ufficio Stampa

Via delle Muratte ha perso molto dei suoi connotati storici, per lasciare spazio a ottiche più commerciali e turistiche, ma per i romani ha sempre avuto una forte identità gastronomica. Un tempo, il romano veniva da queste parti a fare spese, fra le mille bancarelle con prodotti di prima scelta. E proprio negli anni in cui anche Donizetti era di casa, il locale più alla moda di via delle Muratte era un caffè particolarmente apprezzato dagli artisti. Poco più avanti, invece, vi era la Trattoria dell’Armellino, assai ben frequentata.

Tra gli habitué del luogo, c’era il giovane conte Giovanni Mastai, divenuto poi Pio IX, appena arrivato a Roma dalle Marche, che qui amava degustare il suo piatto preferito, un baccalà con pomodoro e zibibbo, divenuto quindi il piatto forte del locale. In un’ottica di amore per l’eredità del luogo, fra i piatti forti di Domenico Boschi, Chef del Don Pasquale, c’è proprio il baccalà.

Foto da: Ufficio Stampa

Sapori locali, leggerezza, molto gusto nei piatti. Uno stile eclettico da bistrot contemporaneo che è un po’ la cifra di Domenico Boschi, approdato nella movida della Capitale ma dalle origini amatriciane. E allora perché limitarsi alla classica amatriciana, cacio e pepe, carbonara, quando si può avere tutto e anche di più? Alcuni piatti ripropongono la romanità con una sapienza tutta moderna, ne mantengono gli ingredienti più importanti, come il carciofo, seguendo le stagioni e il mercato.

Foto da: Ufficio Stampa

Ci sono i piatti della tradizione, c’è il comfort food di una cucina immediata, ma ci sono anche alcuni sprazzi di creatività, sempre applicati con saggezza ed equilibrio. Quella creatività che serve al Don Pasquale per configurarsi come la casa di chiunque voglia sentirsi a casa, a qualsiasi ora: un all day dining, sempre attivo, dalla prima colazione fino alla mezzanotte, per un piatto completo o per qualche delizioso assaggino.

Foto da: Ufficio Stampa

Piatti e proposte to share come il crudo di mare, per cominciare magari seduti nella cocktail room con una collezione di rum e dove la drink list accompagna il cliente anche per tutta la cena, o seguendolo al tavolo per un drink personalizzato.

Foto da: Ufficio Stampa

L’ambiente, il concept e la cucina stessa, per quanto eleganti e raffinati, non rispettano gli schemi prestabiliti di un hotel stellato. Ne offrono lo stesso standard qualitativo, ma ne rompono ogni schema: in tavola, ad esempio, molte delle pietanze arrivano su padellini e tegamini d’acciaio con manici in ottone vecchio stile. E tra gli antipasti ci sono plateau da condividere, in un’ottica molto conviviale.

E PER FINIRE, L’HOTEL

Foto da: Ufficio Stampa

Più che un hotel, una casa lontana da casa. Trenta camere e suites, ognuna diversa dall’altra, distribuite su quattro piani di un palazzetto ottocentesco, accolgono gli ospiti in un’atmosfera home sweet home dove il rosso brillante, l’azzurro scuro, il giallo ocra e le ricche fantasie dei tessuti usate anche come carta da parati, regalano agli spazi un’aria domestica chic ma allo stesso tempo simpatica e accogliente.

L’architetto ha precisato quanto sia stato primario l’obiettivo di rendere le camere una vera e propria seconda casa per gli ospiti. Non clienti, ma ospiti. Non un freddo e asettico hotel, ma uno stile british contemporaneo dato anche da quel mix tra geometrico e floreale delle tappezzerie e dei tendaggi. In molte camere non mancano i caminetti.

Grande cura per gli arredi con librerie d’ingresso, scrivanie, comodini realizzati con diverse tipologie di legni pregiati impreziositi da fili di foglia oro. Così come le cabine armadio, quasi piccoli spazi living da usare con nonchalance e leggerezza, proprio come si farebbe in casa propria. Per questo motivo, ci ha raccontato l’Architetto, in camera non si entra con key card magnetica, ma con la chiave. In questo hotel, ognuno ha la propria chiave ed entra senza venir disturbato.

Le stanze da bagno sono rivestite da marmo Arabescato Corchia con venature grigio perla su fondo bianco latte. Anche in questo caso, ampi spazi confortevoli in cui rilassarsi, prima di scendere al piano sotterraneo, dove si trova una palestra di quasi 100 metri quadrati arredata con il medesimo gusto per la ricercatezza e per il relax.

Racconta il General Manager Edoardo Officioso:

“Il nuovo Maalot Roma e il suo ristorante Don Pasquale si propone di diventare, nel cuore della Roma più autentica, il punto di riferimento per una clientela anticonformista, giovanile, amante del bello e della buona cucina. I nostri ospiti saranno avvolti da un’atmosfera vibrante fatta di colori, di arte, di gusto e da un servizio attento, amichevole ma discreto”.

E’ proprio questo che abbiamo percepito quando abbiamo varcato la soglia del ristorante Don Pasquale: un gesto amichevole, un dono prezioso di arte e gusto in una location d’eccezionale pregio storico. Per gli amanti della bellezza e della Roma che forse non esiste più. Ma che vorremmo tornasse com’era, senza mai rimanere indietro rispetto alle nuove tendenze. Il Don Pasquale, quindi, ci ha dato mille motivi per ritornare!

Michela Ludovici

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