Quella Barcellona che nessuno racconta

Quella Barcellona che nessuno racconta

Solita nebbia, in quel di Bologna. Con quel freddo che s’infila sotto i vestiti. E corrode ossa e viscere.
Il volo è puntuale. E, come al solito, confortevole. E, in poco più di un’oretta, mi catapulta in un altro mondo. Per me, sempre gradevole e accogliente e familiare.
«Adéu.» Così saluto la hostess, scendendo. Dal volto gentile. E con occhi da cerbiatta.
La saluto in catalano(*), sì. Che conosco poco. Ma che m’affascina molto. E mi fa sentire in sintonia con Barcellona(*). Mia seconda casa.
Chiamo un taxi(*). Che, con la consueta cortesia(*), mi porta nel capriccioso L’Eixample(*).
Dormo da Jeroni. Un amico vero. Che mi sistema nella solita cameretta, deliziosa.
Mi sdraio. E fisso il soffitto. Sono emozionato e sereno. Perché non ho ambizioni turistiche(*). Non devo visitare niente(*). Non voglio visitare niente(*). Musei(*), monumenti(*), opere d’arte(*), mercati(*). Niente di niente(*).
No. Questa volta desidero che Barcellona diventi mia(*). Voglio sentirla, intimamente(*). Viverla in punta di piedi(*). E non esserne banalmente ospite, come un turista qualunque(*).
Grido mentalmente Barcelona posa’t meva! Che in catalano non si dice. È sbagliato, infatti. Letteralmente è uno strafalcione. Ma dà pieno senso alla mia speranza(*). Barcellona fatti mia! Esatto.
Mi alzo dal letto, faccio pipì(*), mi do una rinfrescata, saluto Jeroni, prendo le chiavi, chiudo la porta, scendo le antiche scale(*), m’inciampo e impreco senza vie di mezzo, apro il portone, pesantissimo, e m’immergo nella città(*).
Passeggio senza meta(*). E senza guida(*), macchina fotografica(*), ridicolo zainetto(*). Lascio che sia lei, Barcellona, a condurmi. Con discrezione(*), in preda felice e anarchica all’istinto(*), alle sensazioni(*), alla pura casualità(*).
Mi affido ai sensi. Assorbo materia(*), profumi(*), colori(*), istanti(*). Catturo spazi(*) e tempi(*) del mio cammino. Li imprigiono dentro me. Per sempre.
Mi perdo. Senza timore alcuno. Perché confortato da mare(*), vecchi palazzi(*), colline(*), orrori architettonici(*), parchi e giardini(*), piazzette ora tranquille ora vivaci(*), disgraziati e tossici(*), strade chiassose(*) e vicoli muti(*), gente d’ogni sorta(*), povertà e abbandono(*), grandezze infinite e sfuggenti(*), geometrie incantevoli(*), orizzonti indimenticabili(*), atmosfera unica e altrove irripetibile(*). Questa è Barcellona.
Stanco, mi seggo su una strana sedia di cemento(*). Vicino al mare(*), immenso.
Sospiro, soddisfatto. Ci sono riuscito. Sì. Ho condotto bene il gioco, stavolta. Sento che è accaduto. Durante questi quattro (mila) passi(*), in assoluta libertà(*), di assoluta realtà(*), senza impicci turistici(*). Sì. È proprio successo, per davvero. Barcellona s’è fatta mia.

Plazoleta tranquila.
©Jeroni Roca

(*): per saperne di più di tutti ‘sti asterischi, per scoprire quella Barcellona che nessuno racconta, per coglierne segreti e amenità e meraviglie nascoste, ecco, allora segnatevi il titolo di ‘sta guida. “Barcellona senza vie di mezzo”. Dal 5 dicembre prossimo in tutte le librerie. Edita da Pendragon. E scritta, ovviamente, da Vasco Rialzo. Che vi raccomanda incredibili “sì” e paradossali “no” della città più inflazionata, filosofeggiata, divorata, elogiata, gettonata, odiata, frequentata, urinata, amata, vomitata, scopata, visitata, desiderata, falsificata, chiacchierata, violata, plastificata, narrata, filmata e discussa di tutta la Spagna. Fins aviat! (che è catalano e in spagnolo significa ¡Hasta pronto! e in italiano significa A presto! Almeno credo).

Vasco Rialzo

One Response to "Quella Barcellona che nessuno racconta"

  1. raffaella   26 Novembre 2012 at 21:44

    Ke dire….lettura “maledettamente accattivante”……..!!!!!!Aspettiamo ansiosi, ke arrivi sopra uno scaffale x portarlo a casa…..

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