Un artista controverso, opere che hanno dato scandalo, un museo d’eccellenza internazionale. Questi sono gli elementi fondamentali con cui Roma si prepara a celebrare Marcel Duchamp, 50 anni dopo il suo viaggio in Italia e 100 anni dopo la creazione del primo ready-made: “Ruota di bicicletta” (1913).
La Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma propone una mostra che verte sulle opere storiche di Duchamp, facenti parte del lascito di Arturo Schwarz. È anche l’occasione per raccontare la storia del passaggio espositivo dell’artista in Italia nel 1964 e 1965, e delle conseguenze che questo ha comportato sul lavoro di alcuni artisti italiani entrati in contatto diretto con lui. Il percorso si focalizza quindi su due importanti appuntamenti di quegli anni: la mostra a Milano presso la Galleria Schwarz, dal 5 giugno al 30 settembre del 1964, e l’esposizione realizzata a Roma presso lo spazio Gavina di via Condotti, nel giugno 1965, con l’allestimento di Carlo Scarpa.
Già nel settembre del 1962, Marcel Duchamp aveva accettato l’invito di Arturo Schwarz di venire a Milano e, in quell’occasione, incontra alcuni artisti italiani, tra i quali Enrico Baj e Sergio Dangelo, protagonisti del Movimento Nucleare fondato nel 1951, e il pittore Gianfranco Baruchello, che diventerà un suo caro amico.
Duchamp
L’alchimia del ready-made è un processo affascinante nel lavoro di Marcel Duchamp, sicuramente il più conosciuto dal grande pubblico, ma forse non ancora del tutto indagato. Le icone di questo percorso possiamo ritrovarle nella sua produzione seriale più nota: Porte-bouteilles; Why Not Sneeze Rose Sélavy; Fountain; …pliant… de voyage; In Advance of the Broken Arm; Air de Paris; Roue de bicyclette, ecc. Questi celebri ready-made, definiti da André Breton “oggetti di serie promossi dalla scelta dell’artista alla dignità di oggetti d’arte” sono il frutto di un assoluto “rigore dell’immaginazione”, ed è proprio questo rigore che governa il processo di trasformazione dell’oggetto quotidiano in opera d’arte.
La mostra è curata da Stefano Cecchetto, Giovanna Coltelli e Marcella Cossu con l’allestimento di Alessandro Maria Liguori. La sezione dedicata al rapporto tra alcuni dei maggiori artisti italiani contemporanei e Duchamp è curata da Carla Subrizi, autrice in catalogo di un esaustivo saggio che ricompone il quadro storico – artistico di quegli anni.
L’importanza dell’evento vede la sinergia di quattro tra le più importanti aziende nell’editoria d’arte e nell’organizzazione di grandi mostre a livello nazionale: in continuità con quanto già accaduto per la mostra di Paul Klee, anche quest’esposizione vede infatti una straordinaria collaborazione di Electa e Civita, da anni impegnate in qualità di concessionarie dei servizi della Galleria, con Arthemisia Group e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE.
Avremo modo di andare a visitare nuovamente la mostra, dopo la presentazione ufficiale alla quale abbiamo avuto la fortuna di assistere, dall’8 ottobre 2013 al 9 febbraio 2014 alla GNAM Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Viale delle Belle Arti 131 a Roma.
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Una mostra interessante.
Diventa curioso dare una propria interpretazione alle opere,ed è affascinante scoprirne poi il vero significato.
Alida
ma cosa vi ha colpito del percorso? che emozioni vi ha provocato vedere questa mostra così contraddittoria ed anticormista tutt’oggi?
anticonformista….pardon!
Duchamp? è davvero difficile entrare nelle sue corde!
Credo sia una mostra che vada vista e rivista per capire a fondo il percorso di un artista così particolare!
La mostra è molto bella, allestita in modo
simpatico con un reparto dedicato alla creatività.
Sono presenti le opere più importanti di Duchamp.
La mostra mi è piaciuta molto sia per i suoi quadri,che per i manifesti pubblicitari, per la sua rappresntazione nel suo modo di fare pubblicità.
Sebbene Duchamp non sia uno dei miei artisti preferiti devo ammettere che è stato interessante osservare alcune sue opere dal vivo.
Sono d’accordo con cinzia,entrare nelle sue corde è complesso…richiede all’osservatore un buon allenamento “sul guardare” inteso come andare oltre,guardare dentro l’opera per cercare di capirne il significato.Personalmente non è una cosa che mi riesce sempre facile.
Un vero peccato invece per l’allestimento,il laboratorio creativo non era curato,c’era poca distanza tra un’opera e l’altra(per osservare meglio bisogna che ci sia respiro,le opere necessitano di respirare.)
In generale il museo presenta aspetti discutibili,trovo assurdo passare da una stanza con pareti viola,ad una con pareti blu…perchè non un bianco uniforme in tutte le stanze?il bianco fa emergere,risaltare l’opera e permette al visitatore di osservarla meglio concentrandosi su questa senza essere “distubato”.
La mostra è stata molto interessante fin dall’inizio. Duchamp è un’artista che mi ha sempre incuriosita per la sua arte “alternativa”. Grazie all’invenzione del Redy-Made, l’artista ha contribuire allo sviluppo di una nuova arte,rivoluzionaria rispetto a quella precedente.
Inoltre anche secondo me l’allestimento non è stato organizzato bene,le opere di Duchamp era sparse tra una stanza e un’altra.
Duchamp: percorso suggestivo, forse poco narrativo, in cui c’è necessità di instaurare un rapporto tra l’osservatore e l’opera. Meta-mostra? Curiosa, mi piace!
“Mi sono forzato a contraddirmi per non dovermi conformare al mio stesso gusto”. E’ questo il manifesto di Marcel Duchamp, anticonvenzionale e in netta cesura con la tradizione artistica europea del XX secolo. Con Duchamp non si può negare e pertanto rifiutare una inarrestabile rivoluzione culturale che identifica nella provocazione lo spettacolo e quindi la notorietà. Questo nuovo atteggiamento nei confronti delle espressioni artistiche e del futuro provocherà uno spostamento del centro propulsore dell’arte contemporanea dall’Europa agli USA, i quali costituiranno un terreno fertilissimo per numerose sperimentazioni. Le idee di Duchamp irrompono contemporaneamente l’oggetto e la parola, modificando radicalmente non solo il concetto di arte ma anche quello di artista. Lo stridore del rapporto tra l’oggetto e la parola diviene emblematico a New York, nel 1917, in occasione di un concorso a cui Duchamp, sotto la firma di “R. Mutt” partecipa con un orinatoio in ceramica intitolato “Fontana”. La volgarità dell’oggetto è nobilitata dal titolo e dalla firma, per cui sembrerebbe sufficiente che un artista definisca un oggetto come un’opera d’arte perchè questo sia effettivamente considerato in modo diverso da quello consueto. Inoltre, lo sradicamento, la delocazione dell’oggetto dal suo contesto abituale fa in modo che anche l’ambiente circostante contribuisca a creare l’opera d’arte. OGGETTO-CONCETTO-ARTISTA sono i tre punti cardine attorno ai quali si snoda il percorso espressivo di Duchamp, provocatorio ed eversivo ma che ha letteralmente sgretolato i confini dell’arte.
Alessia Giardiello
La rivoluzione delle “cose”:i primi anni del Novecento sono stati gli anni del boom tecnologico, della pubblicità e del design e l’arte dal suo canto aveva visto crollare tutte le sue certezze. Marcel Duchamp, nella sua produzione artistica, costruì il nuovo senso delle “cose” con “le cose stesse”, proponendo la sua idea che l’artista fosse ritenuto tale, non per la sua creatività nel dipingere un quadro, poichè la tela che utilizzava era un “ready-made” un “già pronto”, ma più che altro per la sua capacità di comporre delle opere d’arte attraverso oggetti decontestualizzati: “La pittura – sosteneva Duchamp – non dovrebbe essere solamente retinica e visiva; dovrebbe avere a che fare con la materia grigia della nostra comprensione invece di essere puramente visiva…”. E così, dal 1913 in poi, tale idea fu portata ai massimi livelli con “la ruota di bicicletta” e “l’orinatoio”, oggetti reali e quotidiani che però rendevano protagonista lo sguardo con cui lo spettatore era chiamato ad interagire con l’opera, e guardarle attraverso per vedere oltre. Questa è stata, ed è ancora oggi, la provocazione che Duchamp ci offre: essere “soggetti interpreti” ed avere un ruolo attivo rispetto l’opera d’arte.