Jennifer Chicheportiche e i Momix raccontati da lei

Jennifer Chicheportiche e i Momix raccontati da lei

Venerdì 30 gennaio – Sala Europa. Ho un appuntamento alle 17 con Jennifer Chicheportiche, ballerina impegnata da qualche anno nientemeno che con l’ensamble Momix, questa sera qui a Bologna per presentare il loro spettacolo “Alchemy”. Jennifer ha una formazione di tutto rispetto alle spalle, squisitamente classica ma anche di danza contemporanea, dopo essersi formata in Francia – nel suo paese natale – ha trascorso un periodo lavorativo anche in Italia precisamente nel Balletto del Teatro Stabile di Torino.

Jennifer è una persona cortesissima e molto comunicativa. La lunghissima chiacchierata che segue è stata frutto della sua grande disponibilità a raccontarsi.

Momix 1

D.F.: I Momix sono una realtà coreutica di fama mondiale, questo loro successo dura da oltre 30
J.C.: 35!

D.F.: Perfetto! Tu come te lo spieghi? Trentacinque anni sono tanti…
J.C.: Ma perché sono un gruppo molto innovativo, dall’inizio sono una cosa nuova e continuano…fanno cose che non si erano mai viste prima, e continuano –almeno Moses Pendleton, il nostro direttore – a creare nuovi spettacoli che continuano a stupire il pubblico, è un modo di lavorare, un modo di creare, di visualizzare la danza che è proprio suo. Quindi noi da ballerini…è come un continuo allenamento essere “Momix”, penso, lui ci spiega quello che vuole e noi lo facciamo, in combinazione anche con la nostra creatività perché siamo molto attivi sul lavoro, sulla creazione.

D.F.: Potete quindi dare la vostra opinione e intervenire, su quanto si fa?
J.C.: Non solo la nostra opinione, ma anche la nostra idea: è un lavoro di collaborazione Momix. Noi abbiamo un titolo, una musica, un’idea sulla musica un prop (attrezzo impiegato in scena N.d.R.) particolare, su quello che si fa. Siamo molto vicini a Moses, a Momix e al suo modo di creare. È un lavoro proprio di collaborazione con lui e anche con la moglie Cynthia.

Alchemy @ MaxPucciarello

D.F.: Come sei entrata in contatto coi Momix: sei stata vista da loro o hai fatto un’audizione?
J.C.: Ballavo a Torino e con tutta la compagnia siamo andati a vedere “Opus Cactus” dodici anni fa…io avrei sempre voluto andare a New York e così ci sono andata, senza niente per tre mesi, ho fatto un’audizione coi Momix, mi hanno presa ma c’era un problema di visto (…) quando ho rifatto l’audizione, un’audizione con altri 300 ballerini, la prima domanda è stata: “Do you have your visa?” [durante l’anno era riuscita ad ottenerla N.d.R.]

D.F.: Qual è stata la prima cosa che hai pensato?
J.C.: Ero super eccitata perché ho pensato a tutti i viaggi che avrei fatto – all’epoca – per quello e a tutti i teatri dove i Momix ballano… teatri famosi, prestigiosi, sale sempre piene, ho pensato un po’ da ballerina egocentrica, però siamo tutti così!

D.F.: Qual è il prezzo che un ballerino deve pagare – siete i lavoratori che a tutti gli effetti danno di più in termini di fatica fisica – per essere parte di una compagnia di questo tipo, non è solo la danza in sé, ci sono anche aspetti di virtuosismo che si sposano quasi all’acrobazia…
J.C.: Sì. Nessuno di noi è un acrobata! Siamo tutti ballerini, prima di tutto. Io sono poi una ballerina classica e quindi non è che ho mai pensato fare cose così…solo che quand’ero ballerina nel balletto a Torino li ho visti e mi erano talmente piaciuti, quindi mi era talmente piaciuto il genere; loro scelgono ballerini – all’inizio – che sono “normali”. Non c’è una “Scuola Momix”… poi il prezzo che c’è da pagare – a parte l’aspetto fisico… sì perché a confronto di tutte le altre compagnie, con i Momix si balla tantissimo. Si balla, tipo centocinquanta spettacoli all’anno…a volte duecento; perché mi ricordo di una tournée di cinque mesi che abbiamo fatto fra Francia, Spagna e Italia avremmo fatto centotrentacinque spettacoli, con “Botanica”.
C’è un prezzo da pagare, un grande impegno fisico questo può essere difficilissimo: devi dormire, devi mangiare bene, devi mantenere la salute, c’è un impegno di scelta perché non si vive normalmente, si viaggia tanto! Quindi avere una “vita stabile” è una cosa che si fa sicuramente dopo la carriera: all’inizio della creazione di uno spettacolo c’è un impegno in cui si viaggia per otto mesi all’anno in media.

Alchemy@MaxPucciarello 4

D.F.: Per quanto concerne invece la vostra attività giornaliera – ho conosciuto poche settimane fa Steven Marshall (danzatore di grande pregio, attualmente impiegato presso i Catapult con un lungo trascorso presso i Momix N.d.R.) che mi parlava di nove ore al giorno di allenamento…
J.C.: Sì, sì…ah Steven! No, sono otto ore, perché ce n’è una di pranzo! (ride N.d.R.) Otto ore…quando siamo in sala prove, ma anche questa è una media, quando si lavora nelle compagnie, dove c’è uno studio; per una lezione di classico per tornare a quello che dicevo prima: siamo prima dei ballerini! (…) Io ti parlo di una giornata di lavoro nel Connecticut, una giornata di prove: dalle 10,30 fino alle 19,00. Quindi questa è la giornata tipica che abbiamo sempre quando siamo in Connecticut, si comincia con due ore di allenamento classico e poi sei ore di prove.

D.F.: Stabilito che partite tutti da un background di danza classica che oltre ad essere la più pesante è anche quella più formativa, per arrivare a fare uno spettacolo per i Momix – in proporzione – quanto c’è di danza e quanto invece conta “l’aspetto acrobatico”?
J.C.: Mah, io non mi sono mai sentita un’acrobata non me lo sono mai chiesto…interessante perché si vede che la gente ci vede un po’ così! Però siccome si balla: è un’arte…c’è l’emozione dentro tutto questo.

D.F.: Sì, questa passa, arriva al pubblico!
J.C.: Se si va a guardare la ginnastica o il circo non c’è questa voglia di piangere, di ridere non c’è questa emozione quindi; quando io ballo, ballo con emozione, non ballo come un’acrobata. Magari facciamo cose diverse, siccome sono ballate – prima di tutto – o teatralizzate questo viene prima del fatto che sono anche cose difficili da fare. Poi noi abbiamo questi props questi oggetti pesanti grossi e dobbiamo ballare anche con questi e lì allora è anche più pericoloso – rispetto ad una compagnia normale – perché dobbiamo fare attenzione non solo ai nostri corpi, ma anche a questi oggetti, quindi c’è anche questa sfida in più.

Alchemy@MaxPucciarello 3

D.F.: Qual è la differenza che esiste fra essere una ballerina in Europa, in Francia o in Italia – visto che conosci le realtà di entrambi i paesi – e negli USA? L’America è vista spesso come la terra ideale per la danza, è così? Come vedono là la danza e il lavoro del ballerino? O non hai sentito questa differenza?
J.C.: Beh, io direi che in Europa la danza è messa bene perché ci sono più aiuti da parte dello Stato, del governo. Perché quando si lavora con una vera compagnia ci sono gli stipendi per dodici mesi, pagati. Invece trovare una compagnia così seria con questi aiuti del governo in America è molto più difficile.
Il sostegno politico nella danza in America non penso sia migliore di quello dell’Europa. Poi in Europa la gente va a teatro…quando siamo in Italia è una cosa normale andare a teatro e vedere compagnie di danza, invece in America tocca un pubblico più particolare…

D.F.: Più selettivo? Più elitario?
J.C.: Più selettivo. Dipende dal tipo di danza, perché poi ci sono cose più commerciali, come Broadway, il Musical Theater… c’è più varietà, in America, quindi c’è più lavoro, c’è più possibilità di lavorare e poi di innovare anche, lì sono molto aperti, ma questo in America è per tutto così, quindi una ballerina può decidere di andare in America a fare le sue cose e potrebbe ottenere un super successo perché lì c’è una possibilità infinita di avere successo, per quello è molto eccitante lavorare in America.

D.F.: Che cos’è che manca, invece, negli Stati Uniti che in Europa c’è?
J.C.: Questa cultura dell’arte e del teatro in Italia particolarmente! C’è di meno in America, oppure è più selettivo, e invece qui le famiglie e i bambini vanno tutti a teatro. È più accessibile.

Alchemy@MaxPucciarello 2

D.F.: Come si svolge la giornata tipo di un ballerino o di una ballerina della compagnia dei Momix?
J.C.: Quando si lavora o quando non si lavora? (ride N.d.R.)

D.F.: Quando si lavora!
J.C.: C’è tanto tempo quando siamo liberi (e meno male!), altrimenti il corpo non reggerebbe. Quindi una giornata tipica di tournée… siamo un po’ tutti diversi: alcuni vanno in palestra o a correre quando si svegliano… io mi risparmio! Ho avuto un allenamento molto duro, di tanti anni con la danza classica e ballo tanto nello spettacolo! (…) poi arrivo a teatro, insegno, faccio lezione a tutti i ballerini, ci trucchiamo, ci prepariamo, un piccolo momento di concentrazione o di prove se la sera prima c’è successo qualcosa…e poi si balla sempre al massimo!

D.F.: La prima cosa su cui vi concentrate prima di andare in scena, a che cosa pensate?
J.C.: Momix è diverso perché si sale sul palco ogni sera! Se si lavora in una compagnia normale si balla quaranta volte all’anno, noi balliamo tre o quattro volte in più! Per me è lo stress fisico. Si pensa sempre a quello che dobbiamo fare, per me è un’ora e mezza di maratona! Dipende da come ti senti in quella giornata (…) però questo è il nostro lavoro, devi sempre essere al massimo… e poi – questo mi aiuta un po’- penso al pubblico e dico: “Queste persone sono qui per vedere lo spettacolo che io ho già fatto per seicento volte e loro invece sono qui per la prima volta”.

Alchemy@MaxPucciarello 7

D.F.: Come si può raccontare lo spettacolo, visto dal di dentro?
J.C.: Io lo trovo molto poetico, sensuale, più serio rispetto gli altri, misterioso, emozionante, c’è tanta varietà – come sempre – belle musiche comunque con un tema che segue lo spettacolo dall’inizio alla fine, quindi una evoluzione da come si comincia a come si finisce anche per noi ballerini c’è una progressione quando balliamo lo spettacolo dall’inizio è un viaggio come tutti gli spettacolo del Momix un’evoluzione “Botanica” è una passeggiata nel giardino perché era tutto fresco, colorato, invece “Alchemia” è un viaggio nell’aria.

D.F.: Quanto influenza la musica nella scelta coreografica?
J.C.: Tantissimo, il carattere la dinamica di quello che faremo, tutto questo viene dalla musica, la personalità che adottiamo quanto balliamo un pezzo, la musica dà tanto di questo, la musica ci aiuta a creare i passi e le idee… Tutto questo è di Moses lo fa lui da solo. A volte arriva e porta un’altra musica e allora si deve si cambiare tutto il pezzo, quando siamo in periodo di creazione…

Informazioni:
Julio Alvarez – Planeta Momix presenta
MOMIX in ALCHEMY
costumi Phoebe Katzin, Moses Pendleton, Cynthia Quinn
co-direttore Cynthia Quinn
creato e diretto da Moses Pendleton

Daniela Ferro

One Response to "Jennifer Chicheportiche e i Momix raccontati da lei"

  1. Michael Puleo   4 Febbraio 2015 at 01:27

    When I worked with Jennifer in Torino I always knew she would end up in N.Y.. She had that dream, But she also had the talent. I am so prouud of her. Being from N.Y. I knew that was her place.She has too much talent to waste in europe. Chiche you made the right move roll down your stockings and rouge your knees(you know what I mean). Hope to see you in Firenze. Un baccio grande, Micheal.

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