L’intervista a Maurizio Battista

L’intervista a Maurizio Battista

Entri nel camerino di Maurizio Battista titubante per non disturbare la sua concentrazione prima dell’inizio dello spettacolo e invece lui ti travolge come un fiume in piena perché Maurizio è proprio come si mostra quando è sul palco: allegro, “caciarone” come solo un romano verace può essere e al tempo stesso genuino. Staresti ad ascoltarlo per un tempo infinito anche durante una conversazione normale e ti farebbe ridere ugualmente. Mancava solo un’ora all’inizio dello show e lui si stava preparando per andare in scena al teatro EuropAuditorium di Bologna con “Serata Unica” uno spettacolo di improvvisazione, divertimento ma anche di grande nostalgia.

La memoria e il passato sono un pezzo insostituibile del materiale usato da Battista per i suoi show. Per il resto scenografia praticamente inesistente, la sua incredibile presenza scenica e la straordinaria capacità di improvvisare col pubblico e il gioco è fatto. Ecco pronto uno spettacolo diverso ogni sera in cui racconta un pezzo di storia d’Italia intrecciato a episodi di vita quotidiana,parla dei suoi figli e della sua famiglia e poi analizza in modo irriverente gli stereotipi e i luoghi comuni che intasano le nostre comunicazioni. L’intervista si trasforma subito in una chiacchierata divertentissima dove è veramente impossibile trattenere le risate davanti alle sue facce buffe e alla sua parlantina da vero “romano de Roma”.

autografo Maurizio BattistaStasera sei qua per “Serata Unica”, uno spettacolo che ripercorre gli ultimi 50 anni di storia d’Italia. Ma sono 50 anni di progresso o di regresso?

Di regresso sicuramente. Se il progresso sono i valori allora è per forza regresso. Racconto un po’ di storie, un po’ di quei valori che abbiamo perso, dei beni durevoli che ora son diventati beni spregevoli. È uno spettacolo molto a braccio, la gente è una parte fondamentale dello show. Io non faccio un monologo fine a se stesso, più che fare un monologo faccio lo sociologo!

Sai che qui da noi c’è una cultura del dialetto molto radicata. Sei pronto a invadere Bologna con la tua prorompente romanità?

È già la terza volta che vengo a Bologna. Ecco il dialetto romano è visto un po’ come quello degli invasori, i coatti diciamo. Ci saranno anche a Bologna tipi così, come si chiamano?

Da noi si chiamano maragli…

Ecco, i maragli. Cerco di portare un romano comprensibile, che parla col cuore. Anche la mia inflessione fa ridere. In questi anni mi son sempre trovato bene in qualunque parte d’Italia. Poi sai non dico cose troppo difficili o intelligenti, anzi le cose intelligenti non le so proprio dire. È uno spettacolo comprensibile sia dalla nonna che dal nipote. In scena c’è solo un tavolino, una sedia e una telecamera. Noi siamo sufficienti. Io e il pubblico. Se il pubblico è composto da 1000 persone, siamo 1001. È questa la caratteristica di una persona semplice che fa un bel lavoro, che sta lottando e non smette di lottare. Ogni volta è come la prima volta per me sul palco, ogni volta con qualcosa in più e un po’ più di sicurezza. Poi se le altre mille serate sono andate bene a questi di stasera non gliene frega nulla, non lo sanno. Quindi bisogna sempre dare il massimo. Io faccio anche cinema e televisione, ma la vera arte per un comico, secondo me, è il teatro. Perché il teatro è artigianale, ogni sera fai qualcosa e la sera dopo devi rifare tutto daccapo. Il cinema lo possono fare in tanti,il teatro in pochi. Ci vuole il fisico, la lucidità, le cose che hai vissuto, l’incredibile che diventa credibile appunto perché l’hai vissuto. Io non tifo mai per i comici giovani perché loro devono fare gavetta. Se sei giovane ti manca un pezzo che è la vita.

Ti piacciono i comici che parlano di politica?

Io penso che il comico che parla di politica è un poveraccio senza idee. Possono parlarne tutti e, in più, il comico ci specula. Non mi fa ridere e non mi diverte. È una risatina facile ma che non ti lascia niente. Uno viene a teatro per rilassarsi, se deve venire a teatro per sentirsi dire le cose che lui già pensa e che lo fanno pure innervosire non ha senso.

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Tu anni fa hai fatto una bellissima esperienza a Ballando con le Stelle.

Beh, bellissima lo dici te!

Vista dall’esterno a me sembra bellissima.

Io sono onesto, alla prima puntata volevo andare via e non volevo neanche soldi. Pensavo che fosse più facile, ma il mio fisico non reggeva. Sono stato un po’ li poi c’è stato anche il problema di Lorenzo Crespi in quella edizione.

Ma ti è piaciuto ballare?

Si certo, dopo su Rai 2 ho fatto pure un tango, ho rotto un muro di timidezza.

Stasera metterai una camicia particolare.

Certo a Bologna metto una camicia rossa, al nord verde e a Roma bianca con tutte macchie di sugo!

La tua comicità è spontanea e sincera.

Ha un nome questa cosa: dono. Dono e talento insieme. Cerco di utilizzarlo bene cercando di non rubare soldi a nessuno. E ricordando sempre che il copione della vita è imbattibile.

Questo tuo talento da dove nasce, non c’è una preparazione vero?

Lo spettacolo si chiama “Serata unica” perchè se mi preparo una cosa, non fa ridere! Ogni volta è diverso, non c’è una storia, me la scordo pure la storia!

Le prime file che tu coinvolgi sempre dovrebbero pagare un extra?

Eh certo cinque euro in più! Son quelli che si divertono di più!

Sembra che tu sia così anche nella vita.

Io son così, ho anche i miei momenti tristi ma se sto con le persone io sono così, allegro come ora.

Anche nelle sfighe dobbiamo trovare il lato positivo.

Certo la risata spesso nasce dalla tragedia, dal dramma. Se sta sul palco uno bellissimo a te fa ridere? No. Se salgo io sul palco, invece, sono l’opposto e ridi. Anche per le donne è così. La Littizzetto è bella? Nun se pò guardà!

È un tipo.

È un tipo brutto però.

Il tuo spettacolo quindi possiamo chiamarlo spettacolo interattivo?

Certo io comunico con loro, il mio pubblico perché per me son tutti colleghi: la barista, la parrucchiera, il poliziotto. Il pubblico è come me, è come se ogni persona seduta a guardarmi fosse un mio collega.

Maurizio Battista

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Sara Di Paola

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