Maurice White – Tributo al leader e fondatore degli Earth Wind & Fire

Maurice White – Tributo al leader e fondatore degli  Earth Wind & Fire

“Every man has a place, in his heart there’s a space,
And the world can’t erase his fantasies”

Quando apparvero sulla scena musicale negli anni ’70, fu chiaro fin da subito che il gruppo si sarebbe imposto per un numero consistente di ragioni: innovativi, con uno stile ben assimilabile e sensualmente accattivante, gli Earth Wind & Fire cambiarono il sound della musica unendo le sonorità della black music a quelle del pop, pur rimanendo assimilabili per cifra stilistica ad una ritmica jazz, Soul, R&B.  Fondati da Maurice White – classe 1941, non solo leader carismatico del gruppo ma anche produttore dello stesso – gli Earth Wind & Fire seppero entrare in sintonia con il mood del periodo e affermarsi grazie ad un ragionato melange di generi musicali, spaziando dal funky alla disco, dalle armonie del gospel a suoni di provenienza esotica, sovrapponendo musica latina ed elettronica. Con un nome che si ispirava ai tre elementi zodiacali del segno del Sagittario sotto cui White era nato, gli Earth Wind & Fire (da qui in avanti EW&F) innestarono l’uso del falsetto su un insieme di voci belle e intonate, cosa non sempre scontata, e lasciarono che su di esse svettasse la timbrica di velluto di King Maurice, come era affettuosamente chiamato White. Suo tra gli altri il merito di aver introdotto la Kalimba, uno strumento di origine africana, e una sezione di fiati nella sonorità della band. Un gruppo musicale, quello degli EW&F, sostanzialmente “per bene”, se può passare l’espressione.  Negli anni in cui troneggiavano musicisti quali Marvin Gaye, Stevie Wonder e Curtis Mayfield che pur producendo musica di alto livello non disdegnavano le loro radici, gli EW&F propongono un funk ricco di ottimi arrangiamenti: pochi giri di chitarra semplici, una robusta parte sostenuta dalle percussioni e l’uso potente  dei fiati sono le caratteristiche principali di un tessuto musicale orecchiabile, che si può ballare ma al tempo stesso è sofisticato, dotato di una sua eleganza, al punto che i detrattori li definirono “intrattenitori di lusso” che tradendo la black music ne avevano “inventata” una finta e patinata insieme per ingraziarsi un pubblico bianco.

Gli E. W.&. F. non si sono resi protagonisti di eccentriche stramberie o scandali, insomma i tabloid hanno dovuto fare a meno di loro da quel punto di vista. Erano anzi, sul palco come nella vita, in grado di inviare messaggi positivi: “Expanding awareness and uplifting spirits is so important in this day” è un pensiero espresso dallo stesso White che precisa “People are looking for more. I hope our music can give them some encouragement and peace.” Concetti messi in luce da una comunicativa “pulita” e accompagnata da un’esplosione di colore che li caratterizzava sia nel look che nei videoclip. Il fratello al riguardo ci ricorda come Maurice “was interested in establishing a credibility of a different morality about musicians and their lifestyles. So we were into healthy food, meditation, taking vitamins, reading philosophical books, being students of life.”
Va anche detto però che Maurice White era figlio di un medico che sapeva suonare il sassofono e -se la genetica non è un’opinione- va tenuto presente che era anche nipote di un pianista di New Orleans, uno insomma che era cresciuto con le note musicali sin da quando stava nel grembo materno.

Inizia a cantare all’età di sei anni nella chiesa battista  da bravo nero, ma studierà poi al conservatorio – nello specifico il prestigioso Conservatory Of Music di Chicago. Qui, negli anni ’60, si specializza nelle percussioni,  quelle stesse percussioni che gli consentiranno di fare tutto il resto oltre che scrivere testi e musiche, giungendo a collezionare la cifra spaventosa di ben 90 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, ottenere venti nomination vincerne sei ed entrare infine di diritto, nel 1999, nella Rock and Roll Hall of Fame.

Il percorso dagli esordi al grande successo fu siglato con la colonna sonora del film That’s the way of the World, storia ambientata nel mondo della musica in cui gli EW&F interpretano le loro stesse canzoni, essendo anche i protagonisti della pellicola Il film, va detto, non fu certo un successo, ma la canzone Shining Star scalò le classifiche e pose la band in cima alla vetta, consentendole di vincere nientedimeno che il Grammy Award. Da quel momento la strada degli EW&F sarà spianata: concerti, tour, esibizioni, ventun album, quindici live, oltre sessanta singoli, insomma una carriera lunga quarant’anni dalla quale nel 2001 fu tratto il documentario ‘Earth, Wind & Fire: Shining ,Stars’ con filmati, rarità e interviste che scavano oltre la superficie della band.

Successi come September, Shining Star, Boogie Wonderland o la splendida Fantasy, entrati ormai nell’immaginario collettivo e utilizzati ancora oggi nelle colonne sonore di svariati film, non possono che farci rimpiangere il carisma artistico e la creatività di Maurice White, attivo fino all’ultimo come produttore e talent scout, nonostante fosse sotto assedio dal morbo di Parkinson. Avrebbe sicuramente continuato ancora a lungo su quella strada se non fosse giunto pochi giorni fa il messaggio del fratello, Verdine White: “My brother, hero and best friend Maurice White passed away peacefully last night in his sleep”.

RIP King Maurice

Testo scritto a quattro mani, da Daniela Ferro e Daniela Cisi.

Daniela Ferro

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