Next To Normal: un musical pazzesco!

Next To Normal: un musical pazzesco!

Uno spettacolo insolito quello che è stato rappresentato questa sera, in prima nazionale, qui a Bologna. Spettacolo, questo, paradossalmente al di fuori dei soliti schemi, poiché in veste di ‘musical’ è stata  portata alla ribalta  una malattia abbastanza diffusa negli U.S.A: pare che ben oltre i 2 milioni di persone ne siano affette, ovvero il disturbo bipolare.

L’argomento/soggetto è tutto tranne  ciò che il pubblico si  aspetterebbe da un musical: in realtà vuoi per l’intreccio o per la “normalità” del contesto ovvero una comune famiglia della middle class americana; o per l’ironia innegabilmente anglosassone con cui viene sviscerata tutta la vicenda con lo sguardo lucido, spietato ma distaccato e attento insieme sull’universo-farmaco e le dipendenze;  sulla psichiatria, i legami e le dinamiche familiari nonché  la morte.  Gli spunti argomentati sono, infatti, di grande attualità.  Il tutto è presentato con la “leggerezza” del musical – nella forma – ma  con i contenuti del dramma – nella sostanza -.

next_to-22Una Compagnia di grande livello sebbene siano ancora studenti (ovvio: per fare musical bisogna studiare e prepararsi bene!) poiché fanno parte della prestigiosa Bernstein School of Theatre di Bologna diretta da Showna Farrell. Con ogni probabilità stiamo parlando della sede più idonea in Italia per coloro che  intendono specializzarsi in questo genere; ‘studenti’ sì, ma tutti già bravissimi  ora, chissà fra qualche anno!

Questi attori hanno interpretato con sicurezza e stile dei ruoli né facili né scontati, per inciso gli interpreti sono quasi coetanei: pertanto ‘figli’ e ‘genitori’  hanno la stessa età, ma ciò nonostante i ‘genitori’ sono risultati palesemente credibili nelle loro parti e lo stesso per i ‘figli’; non c’è stata né parodia né farsa alcuna, questo anche perché è evidente quanto bene siano stati diretti dal regista Saverio Marconi.

Il ruolo più complesso è stato affidato a Claudia Belluomini, nel ruolo della protagonista principale  Diana, attorno cui si impernia  la trama. Diana non riesce a superare il dramma più doloroso per una madre: la perdita del figlio, morto all’età di 8 mesi, ben 16 anni prima.
La curiosità quasi cabalistica con cui l’autore gioca con i numeri è un aspetto dell’opera che non lascia indifferenti: 4 i componenti della famiglia, 4 i mesi che secondo la letteratura medica occorrono perché un lutto sia superato, 8 mesi l’età in cui muore il bambino, 16 anni l’età della figlia trascurata e difficile e così via: una moltiplicazione di numeri e anni che   accompagna una crescita proporzionale del dolore del dramma che si sta consumando fra le mura domestiche.

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Diana si è arresa di fronte alla tragedia della perdita del figlio. Per lei non esiste ancora rielaborazione alcuna del lutto: il figlio (Dan nel ruolo Brian Boccumi) è cresciuto ed è lì con lei, dialogano insieme,  lui è una sorta di allucinazione a metà fra un demone e un fantasma da cui non riesce (o non vuole) liberarsi, giungendo  persino a preparargli una torta di compleanno con tanto di candeline e che provoca un grande imbarazzo per la famiglia e l’ospite della serata.

Diana oscillerà fra la normalità e la semi-follia, a più riprese; si libererà di tutti i troppi farmaci commentando allegramente che la loro così è ‘la fossa biologica più felice del quartiere’.

La grande ironia che caratterizza il musical, malgrado il dramma, resta come un fil rouge all’interno dello stesso.

Pensiamo ad esempio ai nomi lo psichiatra si chiama  Madden (Nicola Fesani), in inglese però madden ha il significato di  impazzire o diventare matto; la famiglia si chiama Goodman/buon uomo, (per estensione l’uomo comune) come dire… nomen homen! Spassosissima anche la scena in cui viene parodiata ‘My favourite things’ ma dove al posto della deliziosa Julie Andrews che nomina i suoi oggetti più amati, viene elencata la lunga lista di farmaci e antidepressivi di cui Diana e tutti quelli come lei sono dipendenti.

Diana passerà da una terapia all’altra e non le si risparmierà neppure il  venire ‘fulminata’– come riporta la figlia (Natalie nel ruolo Agnese Prati)– quando sarà sottoposta all’elettroshock.

Belle le voci – interessante quella del ‘marito Gabe’/Renato Crudo – che canterà uno dei testi più importanti rovesciando quindi una tradizione lirico-operistica dove le arie/songs (nel musical) di importanza venivano affidate a voci femminili, poiché sono le donne ad avere  il ruolo di tenere unite le parti.  D’altro canto in N.t.N., si ribalta questa secolare tradizione: lo sguardo sul dramma è prettamente maschile, nell’economia di quest’opera chi ‘tiene su’ la situazione – in ogni senso – sono proprio due uomini:  il padre e Henry (Luigi Fiorenti) divertentissimo nei panni del boyfriend di Natalie.

La teatralità con cui la compagnia ha reso giustizia al testo, tradotto in italiano per la prima volta, non è mai venuta meno.

Essendo questo un musical, anche l’aspetto prettamente musicale e strumentale ha avuto ovviamente un grosso spessore: la qualità dello spettacolo non sarebbe stata assoluta se fossero mancate la verve e l’energia con cui i  musicisti, di chiaro spessore, hanno suonato, accompagnati e diretti dalla bravissima Maria Galantino.

Next to normal’ di Brian Yorkey e Tom Kitt è stato uno dei più grandi successi degli ultimi tempi, vincitore del Premio Pulitzer,  votato come miglior musical nel 2009 ha collezionato premi e riconoscimenti d’altronde  la qualità artistica, il plot, l’attualità dei temi, l’elemento comico, comunque presente e la bellezza dell’opera hanno saputo ben convincere la critica e il pubblico insieme, come  non sempre accade.

Il pubblico del Baraccano, accorso in gran numero, ha accolto molto bene l’opera, apparendo entusiasta, divertito e molto caloroso nel salutare i protagonisti di quest’ottimo spettacolo.

Vi lascio alle piacevoli chiaccherate con alcuni dei protagonisti di questa splendida serata.

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INTERVISTA A SAVERIO MARCONI, REGISTA

D.F..: Le chiederei di raccontare qualcosa su ‘Next to Normal’: quest’opera, pluripremiata negli U.S.A. ma ancora sconosciuta al pubblico italiano. Vorrei che ‘raccontasse’ come la sente e come, da regista, vissuta.

S.M.: E’ una storia in fondo molto semplice, perché c’è una famiglia serena, tranquilla, ma ad un certo punto si scopre che la madre ha un problema psicologico, un problema particolare: è bi-polare e questo, naturalmente, comporta uno scombussolamento nella famiglia, le conseguenze sono parecchie. E’ un po’ una riflessione su questo, ci sono delle persone malate in una famiglia e vanno a rischio di distruggerla anche. E allora è questa la riflessione da fare: Come si può aiutare?Come si può prevenire? Questo tipo di situazione? Il tutto è raccontato con una storia che non ha morale verso la fine, non c’è una morale… c’è una speranza, alla fine, perché la vita continua e i giovani, soprattutto, vanno avanti.

Quindi io non posso raccontarle la storia in maniera precisa perché leverei le sorprese e sopra tutto l’intreccio che è la cosa più bella di questo spettacolo.

Questo intreccio che oltre a essere drammaturgico è anche  musicale,  è veramente teatro musicale. Non so se lei sa, ma io sono uno che si batte per non chiamarlo più musical ma ‘teatro musicale’ che è la traduzione italiana di ‘musical theatre’.

In Italia è molto difficile, come dire, far capire che il teatro musicale può essere divertente, ironico, ma anche drammatico e di spessore; perché ci si aspetta sempre che il musical sia una cosa divertente, un po’ spiritosa, coi balletti… ma in realtà è come poter dire: esiste Feydeau ma poi esiste anche Cechov, è sempre prosa…

D.F.: COME SI E’ GIUNTI PROPRIO A QUESTO TESTO?:

S.M.: Grazie alla Bernstein e a Shawna che mi ha chiamato perché sapeva che avevo visto questo spettacolo a Broadway  quando avevamo  Pinocchio (Pinocchio è  il musical dei Pooh  n.d.r.).  Là c’era questo spettacolo che mi ha molto, molto colpito, pur non capendo quasi niente perché il mio inglese è pessimo! Però è narrato così bene che sono riuscito a seguirlo; così due giorni dopo sono ritornato a vederlo perché volevo approfondirlo.

Quando Showna mi ha detto “lo facciamo!”. Sapeva che io l’amavo e sono anche soddisfatto del risultato. Lo sono anche dei ragazzi che sono tutti giovani: il padre ha la stessa età della  figlia o del figlio… e anche della madre… ma dopo due secondi questa cosa si dimentica. Sono sei ruoli molto ben definiti. La invito quindi ad abbandonarsi a questa storia, a guardarla, seguirla, e abbandonarsi, non metta filtri prima!

INTERVISTA A SHAWNA FARRELL

D.F.: Vorrei chiederle il suo punto di vista su quest’opera e di condividere quanto più possibile per far capire meglio questo musical così nuovo per noi.

S.F.: Next to Normal è un lavoro splendido, secondo me, non c’è una nota fuori posto: è ben scritto, ben costruito e  facilmente ‘trovabile’ sia per gli attori che per i musicisti; anche i nostri musicisti hanno commentato su com’è stato scritto bene, sul fatto che si suoni bene. E’ molto teatrale: è una storia straziante (non svelo la storia perché spero che la verranno a vedere).

È bello vedere come si sviluppa perché tutti fanno un viaggio,  dall’inizio alla fine: la madre, infatti, capisce quello che lei è e di che cosa ha bisogno per guarire; il papà finalmente affronta il suo dolore, quello che ha negato in tutti questi anni; la figlia – una ragazzina scontrosa, sarcastica però talentuosa che spera di vincere una borsa di studio per andare via da casa e dai problemi – diventa una ragazza molto  più riflessiva, verso la  famiglia. Si scoprono man mano, insomma.

I ragazzi hanno fatto un’enorme crescita, lavorare con Saverio Marconi è stata un’esperienza meravigliosa che ci ha fatto crescere tutti. Sono cambiate un sacco di cose dalla prima lettura, prima di Pasqua. Le ultime due settimane insieme a lui sono state molto intense. Abbiamo avuto moltissime discussioni perché io, venendo da là, capivo tutte le nuances le sfumature, lui leggeva una cosa e pensava in un altro modo…il testo diceva una cosa, ma la musica un’altra. Dal mio punto di vista conoscendo la storia, avevo delle idee diverse;  avevamo molte diversità di opinione. Il punto è che tante volte la colpa era della traduzione e lui andava in crisi: “Ma insomma, cosa vuol dire questo se tu mi dici che così non ha senso?”

Tante cose  si capiscono quando sono in piedi: a tavolino sembra tutto giusto poi lo metti in pratica e…vedi che non sta su.  E’ stato molto entertaining! All’inizio ero molto intimidita! Avere con me ‘Mister Musical’ nella nostra scuola, è stato davvero un onore incredibile, ma molto stressante sia per me e che per i ragazzi. Poi ammetto che lui, intelligentissimo com’è, chiedeva: “Cos’è che non funziona?” oppure:  “Che cosa pensi tu?” o  “è giusto?”. Ha un’umiltà incredibile per un uomo del suo livello, Non aveva timore di chiedere a me o a Gillian (Gilian Bruce, nota coreografa n.d.r.)

D.F.: Lui sapeva bene qual era il fine, d’altra parte uno spettacolo è fatto da tanti steps e se qualcosa fallisce ne risente l’insieme. E’ positivo che ci siano tutti i punti di vista!

S.F.: Infatti! Per me la Bibbia è lo spartito e il copione, quello che c’è scritto lì; e poi la musica con cui si sposano le parole.  E’ stato molto bello l’insieme delle scoperte, io ho imparato un sacco di cose da lui, ma credo che  anche per lui sia  stato un lavoro affascinante. Poter lavorare e sentire un mio punto di vista è stato di stimolo anche per lui perché essendo io madrelingua, ho potuto capire sfumature che, magari, un italiano non capirebbe.

D.F.: Qual è la differenza che nota nel lavorare su questo soggetto in Italia, rispetto agli U.S.A., patria del musical?

S.F.: La cosa che manca qua è l’ironia: gli inglesi ce l’hanno e qui no. E’ un altro tipo di umorismo.

INTERVISTA A MARIA GALANTINO

D.F.: ‘Next to Normal’ debutterà questa sera e io – seppure molto curiosa – non conosco ancora abbastanza quest’opera, Le chiederei  perciò di raccontare il soggetto dal suo punto di vista,  partendo da ciò che Lei preferisce. 

M.G.: Questo è un musical che ha ricevuto  diversi  riconoscimenti: il Tony Award che sarebbe appunto l’Oscar del musical e anche l’autore ha ottenuto il Pulitzer Award per la drammaturgia, questo fra il  2008 e il 2009.
Parliamo del teatro musicale quindi una cosa estremamente seria per  gli americani: un’industria come noi facevamo due secoli fa con  l’opera barocca. Il musical theater è proprio tutto il concentrato della tradizione: dall’opera barocca all’opera ottocentesca, all’opera verista… c’è di tutto e, quindi, raccoglie un po’ questa eredità e in più il musical prende dalle forme più popolari di intrattenimento che siano il vaudeville, il cabaret  è come una grande madre che ha raccolto tutte queste forme d’arte,  l’operetta…come non nominarla… anzi!

Tornando al nostro “Next to  Normal” questa opera  che viene definita un rock musical , in realtà appartiene a quel tipo di genere che si usa  definire  chambre rock quindi rock da camera, e anche chambre musical; oramai dobbiamo risalire agli anni ’60 e ai Beatles stessi: pensiamo solo a ‘Eleonor Rigby’, ad esempio, dove si usavano gli strumenti sinfonici o in ‘Yesterday’, famosissima; da lì anche i Rolling Stones han fatto lo stesso. Oppure pensiamo a ‘Whiter shade of  pale’ dei Procol Harum: qui parliamo del genere rock che, però, si avvale degli strumenti appartenenti alla musica classica. Questo musical ha richiesto circa 10 anni di preparazione. Tom Kitt ci sta lavorando dal 1998.

Le tematiche sono già abbastanza esposte nell’introduzione;  è una famiglia dell’ambiente non urbanizzato americano alle prese con questi problemi della salute mentale della madre: depressione, sbalzi d’umore… la sindrome bipolare, ahimè è una patologia molto diffusa negli USA, parliamo della sindrome da ansia, cioè del 18% della  popolazione. La sindrome bipolare è un po’ Alzheimer dei giovani – tanto per essere tranchant – poi il quadro è più complesso: ci sono varie tipologie di sindrome bipolare, allucinazioni memorie che tornano prepotenti la mettono in relazione con la difficoltà di non saper vivere la realtà, particolarmente con la figlia viva, Natalie.

Nel musical, la storia viene ‘cantata’ dalle canzoni, non è il cabaret, non è rivista dove le canzoni arrivano ad hoc. I personaggi non hanno un leitmotiv (cioè non è wagneriano!): chi ha il leitmotiv sono le emozioni, i vari motivi, le varie emozioni hanno un loro tema. I  personaggi condividono i vari temi a seconda dello stato emotivo in cui si trovano, che sia rabbia, che sia il corteggiamento o l’innamoramento.

Un’altra particolarità è che la fedeltà, il tenere con tutti i limiti e le fragilità della situazione  la condizione di ‘insieme’  anche attraverso la canzone virgolette d’amore, viene affidato ai 2 uomini, al padre e al fidanzato della figlia.

INTERVISTA ALLA PROTAGONISTA  CLAUDIA BELLUOMINI

D.F.: Sei giovanissima e interpreti il ruolo di una 40enne. Avere 40 anni e interpretare una ventenne, paradossalmente, funziona perché una donna i suoi 20 anni  li ha vissuti; ma a 20 anni fare la parte    di una 40enne squinternata, senza cadere nella parodia, non è così scontato. Però tu hai portato avanti la situazione benissimo. Raccontami il tuo personaggio e come sei arrivata a costruirlo… anche in base all’energia che ti è rimasta.

C.B.: E’ stato molto bello, è stato un percorso che è partito piano, piano. Perché naturalmente questo personaggio essendo molto lontano da me per età ed esperienza: io non ho figli e non sono sposata quindi la cosa è ancora  più difficile: fare  una madre che può solo immaginare – anche se  non può sapere – cosa si prova  perdere  un figlio.  E’ stato difficile entrare in questa mentalità.  Diana soccombe poi alla perdita di questo figlio vedendolo: infatti lei soffre di allucinazioni.  Sono partita dalla ‘maternità’, nella mia famiglia siamo in tanti e avendo già 3 nipoti di varie età, mi sono legata un po’ a questa situazione (…) Sono partita da lì, da questo senso di affetto, da questa maternità… e piano, piano mi sono evoluta.  Ho preso spunto da mia madre che è sempre il mio punto fermo nel suo comportamento: dal metterci a cena tutte le sere a tavola o il comprare il vestito per la figlia… una cosa che anche Diana ha fatto: comprava vestiti per la figlia, o no?

D.F.: Ma il fatto che questa figlia sia quasi anaffettiva fa pensare che forse non abbia poi avuto molte cure da parte della madre.

C.B.: Infatti. La figlia va a scuola. Io ricordo che mia madre quand’ero piccola mi portava a scuola, preparava la colazione e pensavo come per me tutto questo  fosse importante.  Questa madre, invece, non guida la macchina, o se guida, fa gli incidenti,  e se cucina  dà fuoco alla casa… Mi sono fatta ‘una storia’: da quando ha conosciuto il marito, quando è nato questo figlio, le emozioni e da lì  piano, piano montando i blocchi, montando la regia o dalle canzoni e dalla musica   che è molto importante per descrive le emozioni che ci sono sotto…così sono arrivata a questo, perché Diana ogni volta è sempre in fase di evoluzione, ogni volta che la faccio continua a sorprendermi scopro qualcosa di nuovo. Poi  esco sempre soddisfatta e sfatta. E’ molto emozionante, piango sempre!

D.F.:  Qual è stato il tuo percorso formativo? Come sei giunta fino al musical?

C.B.: Io ho iniziato a studiare pianoforte da quando avevo 6 anni mezzo e siccome nei libri di musica per bambini ci sono anche le canzoni: suonavo e cantavo. Da lì si è scoperto: “mah, questa ragazza ha una bella voce!”. E poi da lì ho iniziato a fare concorsi e a studiare canto, ho partecipato a ‘Bravo, Bravissimo’, ma sempre concorsi.  A 14 anni ho scoperto il dvd del ‘Fantasma dell’opera’, devo avere consumato 5 dvd e da lì ho detto: “questo mi piace!” Poi ho iniziato a documentarmi perché mi piaceva, in televisione guardavo sempre ‘Sette sposi per sette fratelli’, Tutti insieme appassionatamente’. Ho fatto un liceo ad indirizzo multimediale musicale, uno dei primi licei. Ho studiato tutta la musica, anche classica, l’opera… All’inizio ero un po’ divisa fra l’opera e il musical e, nonostante l’opera mi piacesse, ho deciso poi di fare il musical perché mi dava più soddisfazione. Quindi ho cambiato insegnante e abbiamo iniziato a fare varie cose, musicals amatoriali e il Gran Galà del Musical. Siccome tanti ragazzi che erano a scuola con me avevano fatto la BSMT mi sono detta: ‘Bene, proviamolo’; è passato il treno e io l’ho preso e son salita e ora non scendo più!

E’ mezzanotte meno 10 e penso che come Cenerentola sia giusto defilarmi la ringrazio per il tempo concessomi dopo questo spettacolo: bello, ma per lei  faticoso e lascio che Claudia, non più Diana, ora si riunisca ai suoi compagni.

The Bernstein School of Musical Theater
Fondata nel 1993 da Shawna Farrell, la BSMT nasce come scuola di Musical Theater con lo scopo di preparare artisti nel canto, nella recitazione e nella danza secondo il modello anglosassone di “Triple Threat Performer” ovvero “Artista a tre dimensioni”. A oggi è considerato uno dei maggiori punti di riferimento per quanto riguarda la formazione di giovani talenti italiani (e non) che vogliono fare del proprio percorso artistico un vero e proprio cammino professionale.

Dal 5 all’8 giugno 2014 – ​Cortile del Piccolo Teatro del Baraccano
NEXT TO NORMAL | PRIMA NAZIONALE
Musiche di Tom Kitt e liriche di Brian Yorkey
BSMT Productions
Regia: Saverio Marconi
Regista associato: Marco Iacomelli
Direzione Musicale: Shawna Farrell
Coreografie: Gillian Bruce
Direzione orchestra: Maria Galantino

Daniela Ferro

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