Opus Cactus, Moses Pendleton e i Momix

Opus Cactus, Moses Pendleton e i Momix

imageLa suggestione delle aride zone desertiche dell’Arizona funge da spunto per quest’opera straordinaria: Opus Cactus, ideata da Moses Pendleton il più eclettico nonché visionario dei coreografi nella panoramica della danza mondiale e portata in scena dalla sua compagnia: i Momix,   da lui fondati e diretti trentasei anni or sono. I Momix sono considerati la più nota compagnia di danzatori al mondo e assieme al loro fondatore costituiscono un binomio di eccellenza in grado di unire il consenso dei critici a quello del pubblico.

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Opus Cactus, in scena proprio ieri sera all’EuropAuditorium di Bologna, è un’opera che porta in evidenza il soggetto sfaccettandone con prismatica eloquenza le tantissime possibilità: piante, insetti, salamandre e tutto ciò che è ascrivibile in un contesto semantico di ampia levatura quale il deserto. Declinando la varietà dei soggetti e unendola all’indiscussa qualità dei danzatori si ottengono spettacoli mai comuni, come nello specifico di Opus Cactus. All’interno delle molteplici scene, sostanzialmente dei tableaux vivants, dove impera il movimento e la ricchezza delle evocazioni, il commento musicale così calzante da implementare con forza quanto avviene lì sul palco, si rende magistralmente al meglio il pensiero creativo di Moses Pendleton; non solo però la sua inventiva è qui ravvisabile, ma anche un grosso spessore culturale del coreografo americano motore di tutta l’impresa accanto a una sua robustissima immaginazione.

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L’opera dialoga con la fantasia dello spettatore, la provoca, l’alimenta in una relazione simbiotica che trova nel fascino il suo più alto punto di forza. Grazie anche all’uso calibrato delle luci partecipi a questo gioco illusionistico in sinergia coi corpi dei danzatori, Opus Cactus è un grande ipertesto, un ampio ombrello sotto il quale più discipline si radunano. I performers si plasmano assumendo forme e contenuti sempre diversi, neanche fossero stati toccati da Proteo in persona, esternando insieme una grazia fluida come se fossero fatti non di materia: una meraviglia poter vederli in azione! Come sostiene lo stesso Pendleton “I Momix non raccontano storie, stimolano però l’immaginazione delle persone, le spingono a guardare più in profondità e a confrontarsi fra di loro”, dice inoltre che se “per esempio prendiamo due danzatori: un uomo   e una donna che   vengono messi insieme in un dato modo, se togliamo la luce e li lasciamo in ombra, vediamo le loro silhouettes e le figure umane in guisa di cactus.”

Aggiunge ancora Pendleton “chiudete gli occhi e guardate ciò che la musica vi lascia vedere” invitando così lo spettatore ad un’osservazione attiva, perché chi guarda, vede e a sua volta usa attivamente la propria immaginazione per implementare la scena. Lo stesso coreografo ribadisce poi come ci siano addentellati e legami fra tutte le discipline , lui che di sé stesso dice di sentirsi più vicino ad un artista delle arti visive che non un coreografo, aggiunge di trarre ispirazione dall’osservazione diretta della natura, una natura che è anche nutrice: “Nature is nurture and it inspires me” (“la natura è nutrimento e mi ispira” N.d.R.)

Pendleton sottolinea che “il sogno e l’illusione sono parte dell’eccitazione, rendono la vita più interessante” ed è ciò che lui fa in parallelo quando pensa e realizza le sue creazioni non esenti da contaminazioni, dove la cura e la precisione con cui ogni spettacolo si costruisce rivela immancabile la presenza dei props (attrezzi particolari usati durante gli spettacoli N.d.R.) l’attenzione per i costumi indossati dai danzatori, quali musiche usare  e soprattutto le luci. Il tutto scandito all’interno di una sfera idealmente olistica dove non si possono disgiungere gli elementi, essendo questi così complementari fra loro: “Come succede in natura, le piante, gli animali, i minerali sono parti della vita e tutti noi lo siamo. Talvolta perdiamo il contatto con altre forme viventi e poiché siamo uomini, credo che questa sia davvero una tragedia”. L’enfasi si pone poi sull’energia “the big E” per lui fonte primaria evidentemente propria nelle sue creazioni espressa anche dalla forza fisica dei suoi eccellenti danzatori. La danza che prevarica i suoi limiti andando così verso altre discipline, acquisendo al suo interno modalità che sfiorano l’acrobazia senza però tradire l’espressione tersicorea, perché i Momix sono una fusione armoniosa di tutti questi elementi.

Mentre assistevo allo spettacolo mi è venuta alla mente chissà perché una frase di Horace Walpole a proposito di William Kent, il padre del giardino paesaggistico inglese: “he leaped the fence and saw that all nature was a garden” (“Egli scavalcò la siepe e vide che tutta la natura era un giardino” N.d.R.)

Credo che l’operazione di Moses Pendleton in tutti questi anni si possa definire analoga a quella rivoluzionaria ad opera di Kent, perché anche lui ha scavalcato quel confine (la sua “siepe” ideale) e ha visto che tutto può essere riportato nella danza anche se solo i Momix, con buona pace dei tanti imitatori sono in grado di realizzarlo.

INFO

OPUS CACTUS da MARTEDÌ 2 a DOMENICA 7 FEBBRAIO 

feriali ore 21.00, domenica ore 16.30

Per informazioni: 051.372540 –  051.6375199    info@teatroeuropa.it

http://www.mywhere.it/jennifer-chicheportiche-momix/

http://www.mywhere.it/alchemy/

Daniela Ferro

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