Raul

Raul

Domenica 25 gennaio, SetUp. Incontro un giovane artista un po’ “rivelazione” (in realtà ha già una sua carriera ed è molto apprezzato sia nel mondo dell’arte che della moda) all’interno di questa fiera, una sala tutta per lui interamente tappezzata dai suoi lavori su cartoncino colorato delle dimensioni di 50X70, assemblati già di per sé con un certo gusto scenografico e che hanno un forte impatto per le scelte cromatiche, per il numero e per il gesto imperioso con cui le opere stesse sono state realizzate. “Take no prisoners” sembrerebbe il messaggio che i suoi lavori lanciano: un insieme a tinte forti che le ami o le odi ma, da subito, sono destinate a impressionarti, a imprimersi lo stesso nella mente di chi le fruisce, senza mezze misure ed è quanto – suppongo – l’autore si auspichi. Tratti forti, “primitivi”, motivi che si ripetono ma che variano nel manifestarsi, mai uguali gli uni dagli altri, vuoi per la tecnica o per la forma cambiata, ma sempre ascrivibili alla stessa mano, una cifra stilistica ben leggibile, insomma.
IMG_0167Leggo dal catalogo progettato per la mostra – a conforto della mia impressione – quanto la sua curatrice riporta: “Il gesto è istintivo, ripetizione senza tregua. /Il segno è deciso, marcato, netto, scattante. /Il colore acceso, piatto, saturo, sprigiona energia liberatoria./ I volti rappresentano delle anime ribelli, che per esprimere la vera natura che li contraddistingue, valicano i confini imposti da un mondo che costringe all’omologazione del pensiero” (E. Covre pag. 2; Catalogo della mostra: “Raul Noi Siamo. La Rivoluzione”, Studio Boomerang 2015).
Ho la fortuna di poter parlare proprio con Marco Lullo in arte Raul, classe 1980 pescarese di nascita, ma cittadino del mondo per vocazione visto che fa la spola fra Pescara, Londra e Miami.
Allego la conversazione (non amo troppo le interviste) che ho avuto con lui. In realtà ho avuto il privilegio dei suoi commenti e dei suoi chiarimenti facendomi – in sostanza – da guida. Una fortuna questa che può avvenire solo nell’ambito della contemporaneità; i posteri, quindi dovranno attendere per sapere se avranno o no ragione.

D.F.: Non amo le interviste ma vorrei fare una conversazione con te, riguardo le tue opere. Raccontami qualcosa sul tuo lavoro!
R.: Guarda: gesto, segno, istinto, energia, libertà. Questo è un lavoro nuovo che ho presentato in una mostra fatta a Pescara a dicembre. Rappresenta uno stato d’animo. E’ un quadro magnetico se visto a distanza (un dittico giocato sui colori bianco e nero, che calamita subito la mia attenzione, forse perché sono le sole tele qui presenti).

IMG_0103D.F.: Proviamo? (ci spostiamo e l’effetto è precisamente quello che Raul diceva!)
R.: Io in alcuni giorni me ne andavo in studio e vedevo l’effetto che questi quadri mi facevano: mi avvicinavo e mi spostavo, poi ne ho fatto una serie e quindi quando sono venuto ho avuto piacere di fare questo dittico, appunto, perché è un lavoro nuovo, su cui sto lavorando e che secondo me è interessante. Si tratta di un lavoro in bianco e nero che sono sempre due bei colori (…) il quadro si chiama (R)evolution e indica uno stato d’animo. Siccome sono gesti istintivi, non pensati nel senso che mi preparo prima il disegno. È un lavoro molto istintivo fatto di getto con tecniche miste: smalto olio, acrilico, gesso, un po’ di tutto, perché mi piace lavorare su carta, su cartone, su plexiglass, su tela, su legno, mi piace spaziare, insomma ecco. E poi come ti dicevo: tanta energia nel farlo! Il bello di questa installazione è stato il fatto che prima ho fatto il lavoro, poi  di averlo esposto. È un tipo di lavoro molto istintivo, fatto di getto.

D.F.: Infatti si nota, ma c’è poi questa interessante ricerca cromatica negli accostamenti, ha un forte impatto!
R.: Infatti io uso tanto colore perché poi nell’ambito espositivo mi piace spaziare con gli abbinamenti, sia nell’ambito del colore che del soggetto.

IMG_0615D.F.: Mi dici che non prepari proprio nulla, mi dici che dai grande importanza al gesto, alla forza e così… non prepari proprio nulla? O c’è qualche idea prima di lavorare?R.: No, nel senso che ho il mio linguaggio ovviamente quando prendo in mano i colori.

D.F.: Vedo che ci sono alcuni simboli che ricorrono…
R.: Vedi, questo è un guerriero con un terzo occhio: la ghiandola pinnearia che noi abbiamo qui: un ribelle, una persona che è contro i dettami imposti, uno che si esprime sempre. Questi simboli geometrici come il cubo, sono dei dettami che di tanto in tanto ripeto, potrebbero essere dei limiti che le persone potrebbero o non potrebbero avere, quindi ogni tanto li ripeto perché stanno lì come per dire “Ci sono”, ma basta essere consapevoli e andare avanti. Tante persone dicono: “No ma quello non si può fare, quello non va bene, quello di là…” è un invito espressivo a dire sempre la propria, a esprimersi senza essere. A casa disegno solo per tenere la mano allenata. Ci sono dei fili conduttori, il gufo secondo me è un animale portatore di luce, ma lo ripeto in maniera diversa. Ci sono alcuni visi che si ripetono in modo diverso, a volte usando lo spray altre volte altro, comunque alla fine di tutto c’è un lavoro gestuale: c’è gestualità qui e lì.

IMG_7964D.F.: Interessante! E’ qualcosa da vedere, vedere e rivedere, l’effetto d’insieme è meraviglioso!
R.: Sì perché l’installazione viene ipotizzata per una parete grande, enorme, in modo tale che si può spaziare con lo sguardo.

D.F.:Magnetico? Come mai quel titolo?
R.: Magnetico. Quello sta a indicare un magnetismo tra colore e sguardo.

Daniela Ferro

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