Ritorno al futuro Day

Ritorno al futuro parte I e parte II sono tornati al cinema solo per un giorno, nel fatidico 21 ottobre 2015 in cui, ventisei anni fa il regista Robert Zemeckis immaginava di catapultare Michael J. Fox e Christopher Lloyd, i due inseparabili protagonisti di una trilogia divenuta mito. Oggi non ci sono ancora DeLorean volanti, skateboard senza ruote, auto lacci, previsioni meteo istantanee e processi lampo, ma è l’anno giusto per celebrare i due film che hanno cambiato per sempre il cinema di fantascienza.

Ieri li abbiamo rivisti in TV su Italia1 ed è stato un  deja vu per le generazioni precedenti, ed una riscoperta per i più giovani. Emozionante il rivedere effetti speciali che appaiono così antichi  da non appartenerci. Dalla regia alla scenografia sembrava che tutto appartenesse ad un secolo fa, invece sono solo trent’anni, ma per l’industria cinematografica si sa….è un’era geologica.

Nell’anno del grande ritorno del regista dei “salti temporali” Robert Zemeckis con il suo nuovo The Walk, l’iconica trilogia divenuta col tempo pietra miliare e trend ad uso e consumo non solo di ogni buon nerd che si rispetti, è riuscita a trasportare nuovamente appassionati e non nei vortici di divertenti e pericolosi luoghi sperduti nel tempo. Il Ritorno al futuro day, evento celebrativo che ha coinvolto i cinema di tutta la penisola, ha festeggiato anche i trent’anni di un film rivoluzionario e innovativo.
Parlo naturalmente del primo episodio della trilogia, quel Ritorno al futuro che nel 1985 è stato il più grande incasso dell’anno piazzandosi in vetta al box office.

Cerchiamo ora di scoprire il perché di tanto successo.

Innanzitutto si tratta di un ottimo esempio di cinema mainstream di pregevole fattura, con venature comedy e gag umoristiche  che, complici schemi ricorrenti da “commedia degli equivoci” e sottili meccanismi narrativi di una sceneggiatura “a orologeria”, trascende il concetto stesso di genere filmico: abbagliante Sci-fi,  commedia young adult, come si direbbe oggi, atmosfere da cabaret paradossale a cavallo di epoche diverse intrise di live action, sfumature thriller e, perché no, le giuste note da musical vintage a rendere la scena estremamente rockeggiante. Ogni ingrediente è perfettamente amalgamato all’interno di un racconto a incastro tra presente, passato e futuro. Il progetto ideato da Robert Zemeckis subito dopo il fortunatissimo All’inseguimento della pietra verde, vede il coinvolgimento di Bob Gale e dell’amico Spielberg, quest’ultimo in veste di produttore.

Coordinato da un team di professionisti del settore, l’esperimento è stato pensato per essere tripartito intrecciando vicende ambientate nel presente del 1985, nel passato di trent’anni prima e nel futuro del 2015, il nostro presente. L’ultimo capitolo, che non è stato proiettato al cinema, ha invece il vecchio West come location privilegiata. Nel primo episodio Marty McFly (Michael J. Fox) adolescente scavezzacollo dei patinati eighties, scopre che lo svitato amico Doc (Christopher Lloyd) ha appena inventato una macchina del tempo che va a plutonio sottratto a pericolosi terroristi libici. In seguito ad un rocambolesco incidente Marty si ritrova nel 1955, conoscerà la sua futura mamma e metterà a repentaglio la propria esistenza e quella del continuum tempo spazio perché la madre si invaghirà di lui. In Ritorno al futuro parte II un destino beffardo toccherà invece ai figli di Marty e Jennifer e per aiutarli raggiungeranno, a 88 miglia orarie, l’anno 2015. Marty Mc Fly e Emmett “Doc” Brown non sono altro che Don Chisciotte e Sancho Panza che lottano contro i mulini a vento, in questo caso “giganti” del male che in ogni puntata della serie troviamo sistematicamente a far danni. Potremmo usare la lettura donchisciottesca esclusivamente per descrivere le bizzarie stravaganti e la natura poetica del sogno dei due eroi stralunati e macchiettistici, ma l’analogia si ferma qui, perché loro riescono a piegare al loro volere persino il futuro, modificando a proprio piacimento vicende personali e collettive nelle epoche raggiunte. Insomma, sono due demiurghi a spasso nel tempo i cui duelli “in singolar tenzone”, avventurosi e carichi di tensione, sono stemperati da siparietti umoristici di grande effetto. Al netto delle battute ricorrenti divenute ormai un must per gli aficionados e dei continui rimandi interni di film in film, la saga di Ritorno al futuro è un perfetto e dinamico meccanismo di scrittura e stile in cui il fumetto sposa la fantascienza classica e la riflessione sul libero arbitrio si combina al concetto filosofico di autodeterminazione dell’individuo. Un po’ quello che fa tuttora un cineasta visionario e spietato come Paul Thomas Anderson, ma riproposto in chiave burlesca e avventurosa. Tutti temi prediletti da certa filmografia eighties e soprattutto cari al regista Robert Zemeckis cineasta che nel corso di una sfolgorante carriera ha analizzato il tempo come primordiale forza propulsiva di un’America in divenire. Quella che scopre attraverso anni diversi Forrest Gump o il paese in cui, anni dopo, si può restare imbrigliati nel tempo bloccato della performance capture (si vedano Polar Express, Beowulf o A Christmas Carol). In Ritorno al futuro Parte I e negli altri due sequel il tempo è una forza “elastica” ed una materia prima vergine su cui è possibile forgiare, grazie alla fantasia degli sceneggiatori, un’avventura unica della durata di ben tre film.

La stessa entusiasmante favola ad occhi aperti che abbiamo potuto gustare noi in sala trent’anni dopo.

Vincenzo Palermo

Leave a Reply

Your email address will not be published.