Se questa è Moda

Se questa è Moda

La domanda è d’obbligo ed il dubbio è lecito: questa è moda…?

Dopo qualche stagione di assenza sono tornata ad AltaRoma. Ci credevo e vorrei continuare a crederci. A credere che la caput mundi possa trovare dentro di sé la forza di rilanciarsi davvero. A Roma è bello esserci, comunque, ma forse non basta la bellezza mozzafiato della città. Passi la scelta della ex Dogana, l’atmosfera evoca altre capitali della Moda, attorno c’è un niente desolante e rumoroso vista cavalcavia. Purtroppo a Roma non si può prescindere dalla grande immensa bellezza, e chi viene da lontano per seguire quel che resta dei fasti della sartori probabilmente fra i muri di cemento sgarrupato potrebbe dimenticarsi di essere qui. Chiunque abbia qualche conoscenza sa che la Storia della Moda Italiana, o meglio, la storia della comunicazione della Moda è iniziata a Roma. Ab Urbe Condita. Alla fine degli anni Quaranta, con un matrimonio celebre. L’abito nuziale di Linda Christian (che sposò il divino Tyrone Power) disegnato dalle Sorelle Fontana accese i riflettori sulle sartorie della capitale. I riflettori però, le sartorie esistevano da prima, ma non erano conosciute a livello internazionale. Parigi, si sa, ha sempre comunicato meglio le sue risorse. Non lo diremo mai abbastanza, tanto da sembrare scontati. Non ci si può non chiedere come mai Roma, anzi AltaRoma, non tenti di tornare all’età dell’oro della Hollywood sul Tevere. Nel calendario scompaiono una ad una le firme, lasciando il posto a giovani talentuosi, ma ancora acerbi, che rischiano di far diventare sempre meno attraente la kermesse capitolina. Da una parte una volontà sbandierata di esaltare il Made in Italy, dall’altra un calendario occupato per la maggior parte dagli stilisti stranieri. Ben vengano, ma il Made in Italy viene presentato solo negli eventi off? L’emorragia dei grandi stilisti italiani verso Parigi è ormai insanabile probabilmente, tuttavia un tentativo di convincere le glorie italiane della moda si potrebbe tentare, a costo di destinare un po’ di risorse economiche per questo, mi domando spesso come facciano a tornare i conti.
La stampa che conta tornerebbe, si dovrebbe ripristinare il giusto concetto secondo il quale è la stampa a cercare le notizie dove sono, e non gli stilisti a rincorrere la stampa. L’unico, blindatissimo e inarrivabile grande evento di Roma è avvenuto fuori dal calendario, quasi a prenderne le distanze, in aperta ed evidente contraddizione con l’azienda di famiglia del presidente di AltaRoma. La sfilata a filo di acqua della fontana più famosa del mondo, balzata agli onori delle cronache attraverso il web, poteva essere una grande occasione di crescita del prestigio di AltaRoma. Doveva trasformarsi in evento mediatico, mentre agli occhi della stampa più critica è stata un’occasione per utilizzare una location a mo’ di proprietà privata (e che location) come bello sfondo per una collezione. Una bella occasione persa.

questa è modaCosa resterà della fashion week di Roma, dove in prima fila spadroneggiano anziani esponenti del jet set e giovanissimi blogger che intralciano i poveri fotografi con le braccia tese a cercare la posa giusta per il selfie? Per vedere bene le collezioni devi essere una giornalista super o avere un blog. Al resto della stampa, che onestamente frequenta le sfilate per pubblicare articoli e immagini, restano posti striminziti in fondo o dietro possenti colonne di cemento (quello sgarrupato di cui sopra) assieme alla speranza che sfilino modelle alte di cui ammirare però l’acconciatura. Si sa, figli e figliastri ci sono in tutte le famiglie, salvo poi essere memorizzati e inondati di immagini post evento, altrimenti poi i figliastri cosa pubblicano? Qualcuno si salva sempre tuttavia, ma naviga in un deserto di contenuti, gli stilisti storici e gli stranieri sostenuti da professionisti, ambasciate davvero cortesi che restituiscono la voglia di esserci con elegante ospitalità. Qualcosa di buono c’è, e darò spazio a chi merita e a chi ha rispetto per chi si è trasferito per qualche giorno a Roma per lavorare. Probabilmente è il disegno globale che mi sfugge. Abbiamo proprio sbagliato mestiere. Quasi quasi apro un blog e mi vesto da circense, hai visto mai…

di Alessandra Lepri

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