The Big One in The European Pink Floyd Show

The Big One in The European Pink Floyd Show

Un viaggio a ritroso nel tempo, nel mood, nelle atmosfere e nelle sonorità dei Pink Floyd una full immersion all’insegna della grande musica, anche se  la band inglese non sarà fisicamente presente, al loro posto invece ci saranno loro The Big One a salire sul palcoscenico del Teatro  Il Celebrazioni  di Bologna,   venerdì 22 aprile, con uno spettacolo   The European Pink Floyd Show. Complice un lavoro considerevole che si accompagna al loro talento musicale,  la band italiana  per una sera  rivolgerà   molto più di un  semplice tributo a una delle più amate e importanti band: i Pink Floyd.

The Big One è una band che si  è formata grazie all’intuito e alla passione musicale del chitarrista Elio Verga il leader con cui ho modo di parlare proprio a ridosso dello spettacolo.  Elio Verga è una persona cordiale e molto comunicativa, un’autentica miniera di aneddoti che snocciola con grande nonchalance.
The Big One nascono nel 1990, dopo vari passaggi e cambiamenti della formazione continuano il loro lavoro ma è proprio negli ultimi quindici gli anni che il gruppo si assesta e decolla: essendo, a detta dello stesso Elio Verga, composta  “dal meglio, c’è un affiatamento fra di noi, vent’anni fa avevamo più obiettivi, adesso no: si va diritti alla meta”. La meta non è certo un traguardo da niente se pensiamo che il loro tributo è consacrato ad una delle band che ha firmato una delle migliori pagine del grande rock.
Il grande merito di The Big One è sicuramente fra i vari anche quello di aver saputo ricreare un’ambientazione sonora,  unita a una chiara qualità espressiva e artistica insieme tale  che non disgiunta dall’uso di strumenti dell’epoca è in grado di  ottenere una fedelissima riproduzione, in linea con quella proposta dagli  stessi Pink Floyd, ecco spiegati gli ampli  consensi sia da parte della stampa italiana che di quella straniera, come mi conferma con sincero orgoglio proprio il leader stesso, aggiungendo che    “questo ci dà la carica per mirare sempre più in alto anche se più di così non si più essendo gli altri gli originali”. I loro spettacoli sono molto curati anche sotto il profilo delle luci il cui impianto imponente accompagnato all’uso di video ricrea un’atmosfera palesemente in linea, con quella proposta dai Pink Floyd.
The European Pink Floyd Show  è stato ospitato  dai più importanti festival sia  nazionali che esteri, specialmente del Nord Europa. Tra le uscite discografiche dei Big One vanno annoverati il cd/dvd “Live at Valle dei Templi” e il più recente “The Wall Anniversary” registrato al Teatro Romano di Verona.

Sotto quanto è emerso dalla nostra conversazione che essendo autentica e spontanea, raccomandiamo di leggere (come sempre) ad ad alta voce.

Talvolta in modo improprio e sommario venite definiti cover band, ma ormai c’è un’identificazione pressoché totale con il gruppo di riferimento.

Guardi che c’è diversità eh?,  tra tribute e cover, noi siamo una tribute!

Concordo, ma talvolta qualcuno usa non a proposito la definizione. Ormai l’identificazione è pressoché totale anche se voi avete e conservate – a ragione – la vostra personalità però a livello anche di sound quando io vi ascolto confesso si essere andata a controllare perché io pure, cresciuta con i Pink Floyd, mi confondo non sulle versioni originali ma per quelle live, non tutti gli artisti infatti suonano sempre allo stesso modo;  il disco dà la possibilità  di poter rimediare la versione live invece no e di live ce ne sono tanti.

Quello che mi stai dicendo mi fa venire in mente un concerto che abbiamo fatto a Torino sei o sette  anni fa un giornalista della Stampa (…) ha scritto un articolo in cui sentiva in lontananza la musica dei Pink Floyd e si chiedeva come un gruppo con della musica dei Pink Floyd se poi quel gruppo doveva fare cover. (…) E’ un complimento che riceviamo più volte anche dagli appassionati inglesi che spesso vengono ai concerti, loro dicono noi chiudiamo gli occhi e sono loro che suonano. Non è Gilmour che suona, attenzione! Tutto questo ti fa un piacere immenso perché vuol dire che i nostri sforzi per ricreare quelle sonorità  (vengono ricompensati ndr) è tutto lì il discorso: le sonorità. Noi come modelli non prendiamo i dischi in vendita ma noi abbiamo una serie di booklet dove ci sono le registrazioni di centinaia di loro concerti e possiamo cogliere determinate sfumature che nel disco o dvd del concerto che va in vendita non si possono cogliere perché sono fatte in studio post produzione eccetera.

Ma è anche un suono differente quello del digitale, sarà più preciso e pulito ma è diverso e non rende completamente, non è buono per chi deve studiare e avvicinarsi alla vostra caparbietà e minuziosità.

Ovvio. Questo – e concludo – si collega a tutte le mail che riceviamo. Ci chiedono:  “ma, in  I wish you were here  di quanti millisecondi è il delay?” Oppure discorsi tecnici, notizie  tecniche…perché il nostro studio è servito a qualcosa.

Volevo proprio sentire parlare di questo, non si sente parlare tanto di studio quando si parla di rock (sto generalizzando è evidente) ma lo studio in musica si accosta sempre alla lirica o al repertorio classico.  Quel lavoro che avete fatto voi, siete minuziosi o dotati di orecchio assoluto, state molto attenti a cogliere i suoni e a riprodurli, fate un lavoro orecchio-cervello che sono legati e collegati. Come si arriva a questo?

Si arriva avendo elementi nel gruppo che hanno un orecchio disumano, come  per esempio – non io perché sono il più vecchio a parte essere il fondatore – ma  il nostro chitarrista solista che è anche il nostro cantante,   ha un dono di natura, una cosa eccezionale: ha la stessa voce di Gilmour. Ma non lo fa per imitarlo. Anche come chitarrista solista non ha niente da invidiare al suo grandissimo predecessore.

Ciò detto mi conforta, io credo nei doni naturali ma mi ricordo anche che Paganini diceva che   “se non studio per un giorno me ne accorgo solo io, se non studio per due giorni se ne accorgono tutti”. Al di là del talento innegabile,  la musica però non si nutre solo di quello, salvo rarissimi casi – bisogna studiare e lavorarci sopra, voi quanto tempo le dedicate?

Bisogna anche calarsi nello spirito di chi sta cantando e suonando, cogliendo quelle sfumature che lui voleva comunicare all’audience. (…) Il Gilmour nostro che si chiama Leonardo Di Muzio è un maestro non solo con la chitarra se cerca ad esempio una sonorità particolare che deve essere prodotta dalle tastiere, lui non è tastierista però io non so come faccia lui va alla tastiera e inizia a programmare e poi viene fuori quel suono! (ridiamo) Per quello che dico è un dono di natura e lui è veramente un mostro. Gli altri chiaramente sono tutti bravi e si adeguano, perché il suo è un dono di natura, ha un orecchio disumano, se gli faccio sentire una nota  qualsiasi  lui mi dice questo è un do quinta montata eccetera come faccia, lo sa solo lui.

Voi lavorate solamente insieme o avete anche una vostra carriera parallela, in ambito musicale ma differente.

Allora…Siamo tutti unicamente rivolti ai Big One, non ci sono cose doppie o triple: per carità! Non per un discorso di snobismo ma perché sono legati a quello che stiamo facendo non ci sarebbe neanche il tempo materiale per altro.

Quanto dedicate allo studio o quanto tempo provate insieme?

Tutto l’anno ci troviamo una volta alla settimana, nel momento in cui c’è un concerto particolare o un tour anche due volte alla settimana.

Suonerete poi individualmente, no?

Individualmente a casa facciamo i compitini. Facciamo le prove confrontiamo le idee e tutto il resto.

Questo amore per un monumento… avete davvero volato alto, eh?

Ho capito cosa mi vuoi dire e ti anticipo con un aneddoto: eravamo in procinto di fare un grandissimo concerto alla Valle dei Templi dove c’era il Gotha della musica europea, figurati che eravamo presentati da Bob Geldof…non c’è male vero? (ridiamo) Ecco: fatalità mi informano che alcuni tempi prima sul lago  a Verona ci sarebbe stata presentazione di un libro sulla storia dei Pink Floyd, di Nick Mason  (…) Io incontrato lo stesso Nick Mason, siamo andati in osteria e dopo aver  mangiato pane, mortadella e vino rosso… è stata una serata veramente fantastica, perché lui è fantastico nel senso che  uno che non si dà né arie né niente, è uno dotato del famoso humour inglese. Ho avuto l’idea balzana di proporgli la  possibilità di fare un grosso concerto  di beneficenza per i bambini Down qui in Arena, a Verona.

(Elio Verga mi aveva infatti raccontato che un loro cd registrato al Teatro Romano, era già noto allo stesso Nick Mason, impressionato della qualità della band di casa) convinto dalla qualità del gruppo  avrebbe suonato con The Big One  ricevendo simpaticamente dallo stesso Elio Verga  un sibillino “vediamo come ti comporti”.

Quel concerto per ragioni burocratiche purtroppo non si è mai realizzato, ma una promessa di Nick Mason non può che riempire di orgoglio chiunque: evidentemente il percorso dei Big One era stato chiaramente delineato.

Per  informazioni circa il tour di The Big One clicca qui

INFO

Prevendite biglietti presso la biglietteria del Teatro IL Celebrazioni in Via Saragozza n° 234 a Bologna (apertura dal lunedì al sabato ore 15.00 – 19.00), presso la biglietteria del Teatro EuropAuditorium in Piazza Costituzione n°4 a Bologna (apertura dal lunedì al sabato ore 15.00 – 19.00), presso il Circuito BOXOL, i punti d’ascolto delle Iper Coop e il Circuito TICKETONE, oltre alle prevendite abituali di Bologna e con carta di credito su www.teatrocelebrazioni.it. Per informazioni: 051.4399123 –info@teatrocelebrazioni.it

A Roma avevamo seguito una cover band  ma per Bologna so già che saremo sicuramente in tanti per quest’appuntamento che ripercorre con grande aderenza l’unicità dei Pink Floyd.

 

Daniela Ferro

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