We wear Culture, il Museo del Tessuto diventa partner di Google

We wear Culture, il Museo del Tessuto diventa partner di Google

PRATO – Il mondo della moda a portata di mano in una nuova collezione virtuale di Google in collaborazione con il Museo del Tessuto di Prato e istituzioni culturali di tutto il mondo.

3000 anni di storia della moda e del costume riuniti nella più grande sfilata di stili diversi debuttano online oggi nel nuovo progetto di Google “We wear culture” disponibile sulla piattaforma Google Arts & Culture.

Per chi non lo conoscesse, Google Arts & Culture è un nuovo spazio online che permette agli utenti di esplorare le opere d’arte, i manufatti e molto altro di oltre 1.000 musei, archivi e organizzazioni che hanno lavorato con il Google Cultural Institute per trasferire online le loro collezioni e le loro storie. Disponibile sul Web da laptop e dispositivi mobili, o tramite l’app per iOS e Android, il sito è pensato come un luogo in cui esplorare e assaporare l’arte e la cultura online. Google Arts and Culture è una creazione del Google Cultural Institute.
L’iniziativa è frutto di una collaborazione con il Museo del Tessuto di Prato e oltre 180 istituzioni culturali di fama mondiale di ogni parte del mondo, da New York a Londra, da Parigi a Tokyo, da San Paolo a Firenze. Utilizzando tecnologie all’avanguardia, il progetto consente di esplorare stili e look di epoche diverse, a partire dall’antica Via della seta, passando per le mode sofisticate di Versailles, fino al punk britannico o alle storie che sono alla base degli abiti che indossiamo oggi. Pezzi iconici che hanno cambiato il modo di vestire di intere generazioni, come i tacchi alti di Marilyn Monroe o l’abito nero di Chanel, vengono riportati in vita grazie ad alla tecnologia VR (realtà virtuale).

Le diverse mostre digitali presentano icone, movimenti, pionieri e trendsetter fra cui Alexander McQueen, Marilyn Monroe, Cristóbal Balenciaga, Coco Chanel, Audrey Hepburn, Christian Dior, Helmut Newton, Irving Penn, Yves Saint Laurent, Manolo Blahnik, Gianni Versace , Oscar de la Renta, Pierre Balmain, Vivienne Westwood, Miyake Issey e tanti altri.

Esperti di moda, curatori e stilisti nonché università, musei e ONG da ogni parte del mondo hanno collaborato al progetto per dimostrare che la moda fa parte della nostra cultura, costituisce una forma d’arte ed è il frutto di una vera e propria artigianalità. Le tecnologie all’avanguardia di Google, inclusi la realtà virtuale, i video a 360°, i tour con Street View e le immagini “gigapixel” ad altissima risoluzione, sono state usate per preservare le collezioni e renderle disponibili a tutti.

Il progetto lancia inoltre il nuovissimo Street View del Museo, offrendo anche la disponibilità di visualizzare una parte delle collezioni di tessuti antichi grazie alla digitalizzazione con immagini ad alta risoluzione accompagnate da dati tecnici.

Le storie di quattro pezzi iconici che hanno cambiato la storia della moda vengono portate in vita attraverso video in VR disponibili su YouTube o con un visore per la realtà virtuale.
L’abito nero di Chanel da Parigi, in Francia (1925), che  ha cambiato radicalmente il codice di abbigliamento dell’indumento nero, rendendolo un pezzo esclusivo nell’armadio di ogni donna.
Gli stiletto di Marilyn Monroe di Ferragamo da Firenze, in Italia (1950-60), i tacchi a spillo rosso scarlatto che sono divenuti espressione di legittimazione, successo e sensualità per le donne.
Maglia e gonna che si ispirano al kimono di Comme des Garçons da Kyoto, in Giappone (1983), che mostra come Rei Kawakubo abbia portato l’estetica e l’artigianato dei kimono giapponesi tradizionali e contemporanei sul palcoscenico mondiale attraverso modelli radicali.
Il corsetto di Vivienne Westwood da Londra, nel Regno Unito (1990), che celebra l’interpretazione unica della stilista di uno degli abiti più controversi della storia, facendo incontrare il mondo dell’arte e quello della moda.

L’esposizone We wear Culture è aperta a tutti e disponibile online attraverso l’app Google Arts & Culture su iOS e Android.

Informazioni su Museo del Tessuto di Prato

Fabiola Cinque

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