I Mummenschanz o l’abilità di diventare oggetto

I Mummenschanz o l’abilità di diventare oggetto

Musicisti del silenzio, teatro che non parla, teatro visivo di maschere, accoliti della comunicazione non verbale i Mummenschanz dopo oltre quarant’anni di successi in tutto il mondo hanno approdato ieri sera al Teatro Duse, unica data purtroppo che li ha visti presenti e protagonisti della scena.

Nati ad Avignone nel 1972 dalla creatività dal trio italo-svizzero formato da  Floriana Frassetto e inizialmente da  Andrès Bossard e Bernie Scürch hanno dato vita ad uno spazio teatrale che prima di loro era assente.

Uno spettacolo dove l’oggetto  prende vita attraverso il corpo e il corpo stesso diviene anima dell’oggetto, sembrerebbe facile ma occorre uno studio  a riguardo: mimica, danza, scuola di teatro e grande senso dell’improvvisazione in aggiunta.

Un teatro “ricreato” dove i volti degli artisti si celano dietro a  grandi maschere assemblate con una tecnica artigianalissima che ricorda in parte il “ready made” e l’estro creativo di Bruno Munari.  Recuperando materiali di scarto della nostra società: tubi, fili di ferro, serpentine luminose, rotoli di carta igienica, i Mummenschanz   ridanno “schanz”(opportunità)   a questi elementi di diventare altro, secondo i dettami che  la loro fantasia   riesce ad imbastire.

I Mummenschanz hanno mesmerizzato l’attenzione di grandi e bambini, con i loro spettacoli assolutamente a 360° chiunque è in grado di comprendere ciò che accade, indipendentemente dall’età, la lingua, la cultura, la sola regola per fruirli al meglio è quella  che  però sia disposti a spalancare una finestra mentale alla propria fantasia o ad ascoltare il proprio bambino interiore.  Spettacoli comprensibilissimi quelli dei Mummenschanz non esiste una visione unitaria e oggettiva che ci dica come interpretare quanto  accade sulla scena: ognuno è davvero libero di interpretare e  comprendere a modo suo quanto avviene, tutto viene filtrato dall’emozione.

Un gioiello della comunicazione non verbale che diverte ed emoziona quanti vi assistono, popolarissimi già dai loro albori,  anche negli USA, è storica infatti, la loro partecipazione allo spettacolo televisivo dei Muppet Show nel 1976.

Teatro di assenza  il loro: non uno scenario, un volto che non sia quello posticcio di una maschera magari del peso di 17  chili! Non una musica in sottofondo, ma non l’assenza del suono in quanto tale, tutt’altro.  Nell’innegabile interattività che si va creando in corso d’opera fra gli artisti e gli spettatori, i rumori di sala, le esclamazioni di stupore, le risate che non mancano mai, i suoni degli oggetti prodotti dal palco rendono ancor più viva la suggestione.

L’espressione Mummenschanz ha in se una doppia radice: tedesca da un lato, perché l’espressione “vermummt” da cui mummen significa proprio camuffare, celare, mimetizzare; “Schanz” è la germanizzazione del francese “chance”: fortuna occasione.   La  fortuna allora, ieri sera, è passata a voi spettatori che non non vi siete persi i  Mummenscanz  o nello specifico gli abilissimi artisti che si celano dietro le maschere: Floriana Frassetto, Giovanni Colombo, Philipp Egli, Pietro Montandon e Raffaella Mattioli.

Uno spettacolo sicuramente fuori dagli schemi!

Daniela Ferro

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