David LaChapelle. La messa in scena della verità fotografica presa da tergo

David LaChapelle. La messa in scena della verità fotografica presa da tergo

Nella Città del Vaticano, un’aula rettangolare di circa 40 m per 13, alta una ventina di metri, illuminata da sei grandi finestre centinate su ciascuno dei lati lunghi e coperta da volte a botte ribassata, contiene una delle opere d’arte più complesse e famose al mondo. Tra il 1481 e il 1483 vi furono eseguiti affreschi dai maggiori pittori toscani e umbri. Nel 1508, il Michelangelo, dopo pressioni inaudite di papa Giulio II, decorò le volte e i lumettoni sopra le finestre. Dal 1536 al 1541 il Buonarroti terminò le decorazioni affrescando la parete frontale con il Giudizio Universale. Si può dire che nella Cappella Sistina, in oltre 800 metri quadri di pittura troviamo un condensato dell’evoluzione della pittura italiana dalla metà del ‘400 sino al culmine del Rinascimento. Per la quasi totalità degli storici dell’arte il tour de force intrapreso da Michelangelo per decorare questa sede di riunioni papali ha del prodigioso, sia come esperienza fisica dell’atto di affrescare e sia per gli straordinari esiti artistici del suo lavoro. Sembra impossibile che un solo uomo sia riuscito a creare una simile ricchezza compositiva, padroneggiando con maestria il più piccolo dettaglio.

LaChappelle
Benedikt and Angelika Taschen At Home at Chemosphere House (2001)
© David LaChapelle

Nel corso del tempo, innumerevoli artisti, poeti, letterati hanno trovato nelle gradi visioni michelangiolesche relative al mito biblico della creazione, del diluvio, del giudizio universale, una inesauribile fonte di ispirazione estetica. Tra i creativi influenzati dal genio del rinascimento, uno dei più sorprendenti e inattesi è senz’altro David LaChapelle, il fotografo americano divenuto famosissimo per le sue immagini di moda coinvolgenti e ironiche, per i ritratti di personaggi dello star system, per la trasfigurazione spettacolare delle merci più popolari. A dire il vero, il fotografo in più di un’intervista, aveva ricordato a noi lettori la sua passione per Michelangelo. Passione culminata nei primi anni del terzo millennio in una fotografia sorprendente, esposta per la prima volta in una grande mostra che Palazzo Reale gli aveva dedicato e che, qualche tempo dopo rividi al Center of Contemporary Art di Lucca, nel contesto di una nutrita serie di immagini che coprivano tutte le tematiche e le fasi della carriera del fotografo.

LaChappelle
Deluge (2006)
© David LaChapelle

In Deluge, foto gigantesca che esposta occupa un’intera parete, ispirata dal Diluvio Universale di Michelangelo, la scena ci presenta le devastanti forze della natura in procinto di sovrastare il regno dell’Uomo; i sopravvissuti cercano di sfuggire alla furia delle acque aggrappandosi a ciò che può mantenerli ancora in vita. Alcuni simboli della civiltà consumistica, il Caesar Palace, noto casinò di Las Vegas, Burger King, le insegne della catena di caffè Starbucks, e il supermarchio della moda Gucci, stanno per essere inghiottiti dal diluvio. Ovviamente a noi fruitori non resta che prendere atto dell’ovvia ammonizione che LaChapelle lancia nei confronti del mondo effimero che lo ha reso famoso. Infatti, la cupa immediatezza del senso dell’immagine del fotografo, rafforzata dalla valenza percettiva di colori particolarmente intrusivi, caratteristiche salienti del suo riconoscibilissimo stile, sprofondano l’approccio percettivo all’opera, nelle mappe neuronali che fungono da correlato biologico di una categorizzazione linearizzabile con l’espressione “divina punizione di uno stile di vita”, o qualcosa del genere. Anche se, devo pur riconoscere la primarietà di una reazione emotiva che apres coup avvicinerei alla semantica di un reverente stupore.

Un altro tratto che mi colpisce nelle sue immagini è il sentimento che ciascuno di noi trovi sempre in esse il proprio punctum, vale a dire ciò che in una foto punge il nostro desiderio, risvegliandoci dal sonnambulismo delle ordinarie abitudini visive. Questo particolare effetto indotto dalla fotografia, messo in luce da Roland Barthes nella “La camera chiara” (Einaudi,1980), è forse il dono più grande che ci offre il lavoro di LaChapelle. L’effetto punctum nel Deluge è la “forza tranquilla” che promana dai corpi umani: dovrebbero essere terrorizzati, disperati, scomposti e invece, proprio mentre sta per inabissarsi il mondo che fino ad un attimo prima li vedeva consacrati al vizio, al più bieco materialismo, alla vanità estrema, esattamente in quel preciso momento, posti di fronte alla morte ritrovano valori universali come la pietà, la solidarietà, lo spirito di comunanza. Non ci credete?Osservate con attenzione l’immagine: sulla destra della scena un clone dell’umanità, in realtà si tratta di un manichino la cui posa espressiva tuttavia rende plausibile una sua estensione interpretativa, osserva con stupore la ritrovata umanità. La prima volta che guardate l’opera, potete certo partire da qualsiasi punto. Ma quando arrivate al manichino il movimento dei corpi e dell’intera scena cambia di valenza emotiva. La grandezza dell’opera e l’orrizzontalità favorisce i feedback interpretativi, come se guardassimo tante immagini legate una all’altra, costringendo il sistema occhi-mente a un lavoro di progressiva ricostruzione delle tonalità espressive dell’opera.

Nelle mostre che ho citato sopra era possibile vedere un suggestivo documentario di Frank Benvenuto in cui si raccontava come LaChapelle aveva creato questa potente e coinvolgente immagine. Il video lasciava intendere che per il fotografo la costruzione dell’oggetto artistico fosse una via di mezzo o meglio, una sintesi, tra le pratiche del cinema e del teatro. Dal punto di vista euristico LaChapelle trasforma modelli e modelle in attori chiamati a recitare in una messa in scena; nel video li vediamo, animati dalla musica,  cercare la posa e l’effetto loro imposti dall’attenta regia del fotografo. Ogni singola azione, ripresa più volte da molteplici punti di vista, successivamente sarà ricomposta in un insieme coerente attraverso il montaggio al computer. Non assistiamo quindi al colpo decisivo sferrato dall’obiettivo del fotografo ad una realtà instabile, sempre in procinto di scompaginarsi travolta dalla veloce deriva del tempo dell’orologio. La consistenza, la verità della foto risiede nel lungo lavoro di concepimento della messa in scena e nell’attenta regia degli elementi che la compongono. L’immagine definitiva, con queste procedure, diviene chiaramente una estensione del lavoro della fantasia del fotografo, sottoposta in ogni momento al controllo minuzioso degli effetti di ogni singolo scatto preparatore. Ricordo che, mentre osservavo sullo schermo LaChappelle, circondato dal suo team creativo, scattare in sequenza le foto del diluvio, non potevo non pensare a cosa facesse Michelangelo negli anni di lavoro solitario sulle impalcature della Cappella Sistina: innalzato a quasi venti metri d’altezza, era costretto a dipingere supino con lo sguardo sempre rivolto verso l’alto; tuttavia lo spaventoso sforzo fisico non doveva interferire con la ricchezza inesauribile della sua fantasia e con la maestria sempre vigile nell’esecuzione di ogni minimo particolare. Una insuperabile prova di forza, in relazione alla quale non ho memoria di emulazioni successive da parte di altri artisti. Eppure, malgrado l’evidente distanza tra LaChappelle raccontato dal video e il fuoriclasse del nostro rinascimento, se riguardo la foto del diluvio sono colpito dalla capacità del fotografo di incapsulare le grandi visioni michelangiolesche nel campo visivo ed emozionale dello sguardo contemporaneo. Bisogna aggiungere che LaChapelle, pur essendo un fine osservatore di ogni cosa, fatto o persona capace di attirare l’interesse della gente, da sempre studia, incorpora e usa le creazioni dei grandi artisti del passato come metodo per creare una figurazione che ci appare molto originale, dallo stile inconfondibile. Oltre a Michelangelo nelle sue foto riverberano le energie visuali di Bellini, del Bronzino, del Canova, di Dante Gabriel Rossetti. Per non parlare della evidente corrispondenza tra il suo stile e gli artisti della pop art, primo tra tutti Andy Wharol ovviamente. Come mai non trovo contraddizione tra lo sguardo verso il passato ę il sentimento che mi spinge a sentire il suo stile come assolutamente contemporaneo? Ve la metto giù così: in un certo senso il fotografo sembra credere che i movimenti espressivi più efficaci in base ai quali creare una immagine esemplare, spesso possono raggiungerci dal passato perché già scoperti da altri artisti. Vi sarebbero configurazioni create da talenti geniali, trasformatesi grazie alle loro opere in simboli espressivi, in cui troviamo conservate le energie da cui gli stessi simbolo derivano. Quando entriamo in relazione con questa specie di engramma della nostra memoria storica, sperimentiamo l’energia mnemonica (le particolari emozioni) di cui essi erano carichi. Senza probabilmente saperlo, il fotografo usa simboli del passato non come semplici citazioni, ma perché come Aby Warburg crede che in essi vi sia un contenuto emotivo particolarmente importante ed efficace che può favorire il processo di fruizione. Per esempio nella foto “Pietà with Courtney Love” in cui la cantante/attrice sostiene in grembo un drogato appena spirato, il modo di posizionare il corpo di entrambi gli attanti della composizione è chiaramente ispirato dalle pitture del Bellini. Ma invece che adattare lo scenario al sentimento che il quadro vuole trasmetterci, come facevano gli antichi, LaChappelle creando una ambientazione kitsch o se volete eccessivamente carica di colori puri, unisce alla commozione della scena la leggerezza di un paradossale sorriso. Il fascino di LaChappelle dipende a mio avviso dalle forze visive antinomiche che riesce ad equilibrare. Da un lato le sue composizioni sono clamorosamente neobarocche, dall’altro lato il centro visivo più importante in ogni sua foto è decisamente classico. Assistiamo ad un posizionamento, alla modulazione dei gesti e delle espressioni dei personaggi centrali dell’immagine, che sembrano sempre cercare il pathos del sentimento, in messe in scena sempre eccessive, nelle proporzioni, nei colori, nelle significazioni contestuali. Oltre al Deluge, nella tappa esistenziale in cui LaChappelle abbandonò la foto di moda per dedicarsi all’arte, mi sono sembrati importanti gli scatti tratti dalla serie Museum, Statue, Cathedral ed il ciclo degli Awakened nei quali il fotografo ci induce a riflettere sulla spiritualità, sulla precarietà dell’arte, sul tema della rinascita.

LaChapelle
Awakened Abigail (2007) © David LaChapelle

Nella foto del “Museo allagato”, il contrasto tra l’ambiente degradato e i quadri esposti, ci fa pensare a quanto fragili siano le conquiste più alte della nostra civiltà; in “Cathedral”, una piccola folla di umani in preghiera dentro una chiesa allagata e semidistrutta, attraversata da una luce di illogica speranza, si ricongiungono finalmente alla fede; nelle foto dei “risvegli” i corpi ripresi mentre galleggiano sott’acqua simbolizzano una ascesa verso un altro mondo, una rinascita, forse.

LaChapelle

LaChapelle, dopo averci a lungo sorpreso e stupito con le sue foto “commerciali”, nella attuale fase di accentuata ricerca artistica sembra voglia fotografare ciò che noi sappiamo ma non vogliamo vedere. Sembra voglia farci sentire ciò che noi, in fondo al nostro cuore udiamo, ma non vogliamo ascoltare. Per raggiungere questo scopo ha bisogno di truccare la realtà, mettendo a profitto le scoperte visive sperimentate durante le innumerevoli sedute dedicate a promuovere il mondo di oggetti che lo hanno reso celebre e ricco. Negli anni Novanta le sue foto furono pubblicate da “Paris Vogue”, “The Face”, “Vanity Fair”, “New York Times Magazine”, “Vogue”. Le sue acclamate campagne accompagnarono il successo commerciale di marchi come Diesel, MTV, Iceberg, L’Oreal, Jean Paul Gaultier, Giorgio Armani.

LaChapelle
Paris Hilton Hi Bitch bye Bitch (2004)
© David LaChapelle

Nelle mostre che lo hanno celebrato come uno dei più influenti image maker del suo tempo, le immagini che LaChapelle ha creato per le riviste e la moda sono di solito raccolte in sezioni dal titolo ironico come Plastic People, Consumo/Consumption; Eccesso/Excess e Star System. Nelle foto dedicate al culto del corpo, si nota come l’esasperazione delle pratiche di modellazione del fisico si risolvano in grottesche degenerazioni dell’ideale di bellezza. L’inventario degli eccessi sessuali, fotografati in stile ultra glamour, si rivelano essere una grottesca sindrome narcisistica di auto-affermazione. Insieme al catalogo di perversioni sessuali che LaChappelle rende particolarmente eloquenti senza mai cadere nel moralismo e nella volgarità, le immagini centrate sul consumo di oggetti, a mio avviso visualizzano le aporie di un desiderio insaziabile, incolmabile, il cui soddisfacimento sembra coinvolgere il soggetto in una escalation senza senso. Per quanto riguarda i ritratti delle star, altro genere nel quale il fotografo è stato un maestro, viene quasi sempre messa in rilievo l’attitudine all’esibizionismo dei personaggi che vivono della propria immagine pubblica, attraverso la messa in scena di ogni forma di eccesso narcisistico.

Insomma, LaChapelle ci conquista con la sua prossimità ai temi, agli oggetti, ai pseudomiti che ci circondano. La foto di moda soprattutto gli ha insegnato come far esplodere la superficie che ci affascina. Il gioco consiste nell’evitare di cercare una profondità che non esiste e nel caricare di effetti l’immagine glamorosa. Ecco perché sono così convincenti i suoi colori, potenti come i desideri più insondabili che alla fine sono come i sogni che ci svegliano.

LaChapelle
When the world is trough (2005)
© David LaChapelle

La sua luce non lascia quasi ombre, ma tuttavia riesce a raccontarci benissimo le ombre che ci portiamo dentro, senza compromessi, moralismi o compassioni. LaChapelle fotografa ciò che non vogliamo dire con le parole. Il suo realismo teatrale, avvicinato da molti critici al modo con cui Fellini ricreava il contesto dei suoi film, ci porta lontani dall’umanitarismo del realismo ingenuo di tante poetiche fotografiche. La vita, sembra suggerirci, è un colpo di scena ben riuscito che ci lascia soli (penso ad immagini come: When the World Is Through, 2005 ). Trovo che LaChappelle riesce a trasmetterci un effetto di solitudine pura come Hopper in Nighthawks, una icona della cultura americana, ma di segno completamente rovesciato: nel pittore è l’immobile efficacia della sua purezza cinematografica a conquistarci; in LaChappelle è la comica perdita della purezza a farci sentire soli e sperduti.

LaChapelle

Le sue foto oggi mi appaiono come icone simboliche della schizofrenia che domina l’umanità. Come tutti i simboli le sue foto non descrivono, non spiegano bensì asseriscono. Non ci dicono: guarda cosa è successo o cosa sta per succedere. Semplicemente affermano: è successo, punto. Ma nel far questo, ci inducono a pensare a ciò che sta fuori dalla fotografia. Un altro aspetto che mi attrae in LaChappelle è che il suo sguardo è un po’ il nostro sguardo di cannibali dell’immagine. Nelle sue foto  moda sembra strizzare l’occhio al nostro voyeurismo, per poi punirci facendoci percepire che esiste una verità fotografica che ci sorride solo quando prendiamo atto della nostra perdita. Il talento di LaChappelle è di avere scoperto come evitare di confondere le immagini con le cose. Il tipo particolare di surrealtà che mette in scena non è un aldilà delle cose alle quali ci hanno abituato sia il realismo ingenuo della fotografia e quella specie di contrario che sarebbe la foto che cerca l’astrazione o il mistero. Il suo surrealismo non nega le cose che ci circondano ma è ciò che ci riporta alla “cosa che sentiamo” attraverso una trasformazione percettiva: tutto sembra configurato per eccitarci, per sedurci; peccato che quel tutto evapori troppo in fretta. Che il mio sentire dipenda da un raffreddamento delle emozioni… Ecco qualcosa a cui non avevo pensato! Guardate le luci dai colori freddi delle sue immagini, guardate i volti sempre seri o dall’espressione artefatta… Non sentite allontanarsi da voi le emozioni che pensate di vedere? Non sentite l’eternità che promana dalle sue immagini?

LaChapelle

Addenda:

Che lezione possiamo trarre dall’evidente reverenza di un grande fotografo nei confronti dell’arte classica? Per farla breve la metterei giù così: la grande arte può cambiare il modo in cui la realtà viene percepita. In molti casi ci si riferisce ad essa per costruire insight creativi che rappresentano, per il soggetto o addirittura per cluster di individui, il primo atto di un cambiamento. La sua influenza può essere enorme. Forse non nell’immediato, bensì nel tempo dilatato delle storie che incapsulano gli esseri umani in narrazioni che cercano di dare senso alle loro vite.

LaChappelle ci insegna che l’Arte è, tra le altre cose, un’esperienza percettiva che va oltre ai provvisori significati culturali creati per classificarla, inquadrarla, misurarla.

I libri di DAVID LACHAPELLE:

– Hotel LaChapelle, edizioni Buldfinch 1999

– LaChapelle Land, Calloway  Editions

– Heaven to Hell, Taschen 2010

David LaChapelle, Giunti (catalogo della mostra di Palazzo Reale, Milano 2007)

– Land Scape, Taschen 2014

Mostra di David LaChapelle alla Reggia di Venaria (Torino)

Sito Ufficiale

Attualmente è possibile ammirare le opere dell’artista nella grande mostra a lui dedicata presso la Citroneria delle Scuderie Juvarriane (uno degli spazi architettonici più imponenti della Venaria).

La mostra intitolata ”Atti Divini” rimarrà aperta sino al 6  Gennaio 2020.

Lamberto Cantoni
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285 Responses to "David LaChapelle. La messa in scena della verità fotografica presa da tergo"

  1. mau   8 Dicembre 2019 at 16:12

    Non sono certo di aver capito tutto. Sicuramente dici le cose molto bene. Però trovo sia un grosso limite non far vedere le immagini che citi. Soprattutto perché La Chappelle è bravissimo e le sue foto parlano da sole.

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  2. Lamberto Cantoni
    Lamberto Cantoni   8 Dicembre 2019 at 16:47

    Giusto rilievo, ci vogliono più immagini contestualizzate. Se ritorni tra un paio di giorni le troverai senz’altro.

    Rispondi
    • mau   9 Dicembre 2019 at 07:55

      Ho visto le nuove immagini. Ora ci si capisce di più. Quelle evangeliche però non mi convincono. cioè non mi convince il messaggio. Perché far vedere Gesù in una ambientazione di così cattivo gusto? Per non parlare degli Apostoli trasformati in una gang dei bassifondi. Ci sarà qualche cretino critico che proverà a convincerci che tutto questo è sublime. Per me il bravissimo fotografo ha fatto una provocazione che poteva risparmiarsi.

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      • Antonio Bramclet
        Antonio   9 Dicembre 2019 at 08:28

        Io la volgarità la vedo ma non la sento. È strano no! Secondo me LaChapelle ci vuole parlare di una spiritualità fuori dagli schemi classici.

        Rispondi
        • lucio   9 Dicembre 2019 at 14:21

          macchè volgarità. La Chapelle travolge le nostre sensazioni visive trascinandoci in un nuovo mondo completamente artificioso. Le sue foto sul Paradiso tropicale sono fantastiche. Peccato che l’autore le abbia trascurate.

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  3. Lamberto Cantoni
    Lamberto Cantoni   9 Dicembre 2019 at 18:09

    Non mi piace entrare a gamba tesa su questioni religiose. Ma mi pare di ricordare che il nostro Gesù Cristo predicasse a favore degli ultimi. Non mi sembra sbagliato immaginare che se ritornasse tra noi, certamente non disdegnerebbe di avere come apostoli ragazzi di strada con l’aggiunta di una donna. Lo so è un messaggio forte, ma è forse inattuale?
    Ancora. La messa in scena kitsch certamente può indurre una reazione percettiva avvicinabile a ciò che nel linguaggio definiamo “blasfemia”. Ad un ipotetico credente che capitasse davanti all’immagine postata all’inizio dell’articolo (l’Ultima Cena in barocco street Style), potrebbe risultare difficile smarcarsi da questa intima reazione negativa. Ma vorrei dirgli: osserva meglio la foto e ti accorgerai di poter facilmente trasformare il sentimento iniziale in qualcosa di profondamente diverso. È vero, la scena forse assomiglia a una ritualità troppo tribale per essere apprezzata dai cultori della tradizione sacra, ma solo una persona accecata dai pregiudizi può negare la presenza di un tentativo di far emergere una forma di spiritualità energica e vitale. Intendiamoci, per quanto mi riguarda, da non credente, è proprio questo aspetto che in parte mi respinge, tuttavia non ho difficoltà a riconoscere che sono attirato dalla portanza allucinatoria dell’immagine, riconoscendo nella sua configurazione, nella sua devastante bellezza vorrei dire, l’eccitamento estetico che chiamiamo arte.

    Rispondi
  4. Antonio Bramclet
    Antonio   10 Dicembre 2019 at 08:51

    La foto dell’Annunciazione in stile tropicale con Maria Vergine nera, è geniale. La manderei a Salvini.

    Rispondi
    • enzo   10 Dicembre 2019 at 10:05

      Bisogna ammettere che una Maria Vergine nuda e nera non si era mai vista. Ma non è un nudo che disturba. Sono d’accordo con chi attribuisce a La Chapelle una tensione spirituale.

      Rispondi
      • Lamberto Cantoni
        Lamberto Cantoni   10 Dicembre 2019 at 12:23

        La vera genialata è l’angelo Gabriele, annunciatore con i baffi (mai visto nei quadri di devozione della nostra tradizione pittorica). L’arrivo in corsa era già stato immaginato da Raffaello. Con ben altra grazia devo dire.

        Rispondi
  5. james   11 Dicembre 2019 at 21:08

    Scusate, qualcuno sa dirmi se i Taschen della foto dove lei frusta nel didietro lui sono i famosi proprietari editori delle Edizioni Taschen? Io credo di no. Mi sembra impossibile che due persone indubbiamente importanti si mettano il posa in quel modo.

    Rispondi
    • Antonio Bramclet
      Antonio   12 Dicembre 2019 at 07:34

      Per me sono loro. In effetti è abbastanza inusuale. Forse sono personaggi di grande auto ironia e poi la foto è bella.

      Rispondi
      • vinc   13 Dicembre 2019 at 09:50

        Con questo sguardo pudico allora praticamente tutti i ritratti che Lachapelle ha fatto alle star sono delle assurdità perché passeranno alla storia con la loro faccia che trasmette un esibizionismo amorale. Io credo che per restare famosi occorra una forte dose di narcisismo. Lachapelle lo ha capito e ha dato al narcisismo esibizionista la forma pertinente richiesta dal suo pubblico di guardoni.

        Rispondi
  6. mary   12 Dicembre 2019 at 08:14

    Anche Paris Hilton che si fa arrestare come una cortigiana suscita incredulità. Non è autoironia ma esibizionismo. I vip sono spesso degli esibizionisti. Non trovo strano che un fotografo vip possa convincerli a farsi fotografare in pose che farebbero vergognare chiunque. L’avevano già fatto altri fotografi famosi del passato. Ma per questo genere di foto possiamo parlare di bellezza?

    Rispondi
  7. luciano   12 Dicembre 2019 at 10:13

    La prima impressione delle foto di LaChapelle viste in mostra e sui giornali è di una grande bellezza. Le discussione sui contenuti morali sono solo dietrologie. Stiamo parlando di un artista e non di un personaggio qualunque.

    Rispondi
  8. annalisa   13 Dicembre 2019 at 14:41

    A settembre ho visitato la mostra alla Venaria attratta dalla notorietà del fotografo. La mia opinione è che sicuramente è funzionale alla pubblicità. Possono considerarlo un artista solo quelli che troverebbero artistico praticamente tutto. Chi ama la grande arte come la sottoscritta rabbrividisce quando vede foto come quelle dell’Ultima cena. Io su una tovaglia trash come quella nell’immagine di apertura dell’articolo non riuscirei nemmeno a pulirci l’insalata. La vogliamo paragonare alla grande opera del Leonardo? Vogliamo parlare degli inquietanti 12 apostoli tatuati? E il recipiente che troviamo ai loro piedi cosa significa? Cos’è una sputacchiera gigante? E la truccatissima ragazza sulla porta chi è? la fidanzata di uno dei disadattati? Capisco che dopo l’orinatoio di Duchamp tutto è diventato possibile, ma mi rifiuto di considerare arte tutto ciò che è possibile immaginare ed esibire. Il signor LaChapelle sarà pure perfetto per la moda e per chi cerca di attirare l’attenzione, ma per me è solo un creativo molto astuto nel dare alla gente immagini di pronta digestione spacciate come esperienze estetiche quando deturpano il senso della vera arte.

    Rispondi
  9. Antonio Bramclet
    Antonio   13 Dicembre 2019 at 15:45

    Chiedo il permesso di ingiuriare Annalisa. E dire che ha avuto l’opportunità di vedere le opere da vicino. Io nella mostra di Roma mi sono messo in ginocchio davanti a una foto di LaChapelle.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   13 Dicembre 2019 at 15:54

      Permesso negato. Annalisa ha espresso il suo pensiero in modo chiaro e coraggioso. Sono in totale disaccordo con quello che scrive ma la rispetto. Tu piuttosto, se veramente ti sei inginocchiato, allora sei un po’ fuori di testa.

      Rispondi
  10. mau   13 Dicembre 2019 at 19:25

    LaChappelle è bravissimo, un artista. Ma non tutto quello che Annalisa ha scritto è sbagliato. Io ho capito questo: ci sono foto che trattano temi sui quali molte persone non hanno voglia di vedere banalizzati valori. Sopra ho sostenuto la stessa idea. Poi ognuno è libero di considerare arte quello che vuole.

    Rispondi
  11. Marco   14 Dicembre 2019 at 08:40

    A me piace la tecnica, la padronanza del mestiere perché mi permettono di decidere in fretta ciò che mi piace. Fissarsi sui contenuti porta quasi sempre a polemiche sterili. LaChapelle con il mezzo fotografico fa quello che vuole come un grande musicista fa con la musica. Bisogna guardare le sue immagini liberi da pregiudizi.

    Rispondi
  12. annalisa   14 Dicembre 2019 at 18:01

    Mi dispiace tanto di aver rotto l’incantamento che provate per LaChapelle. L’arte senza contenuti di valore o sfacciatamente oltraggiosa per me non è vera arte. Chiamiamola in un altro modo, per esempio “creatività” o come volete voi. Non credo di fare della “dietrologia” se chiedo rispetto per valori che le esigenze pubblicitarie banalizzano.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   15 Dicembre 2019 at 19:53

      Ciao Annalisa. Mi permetto solo un paio di notazioni. Nella foto che ti ha irritato, la tipa sulla porta che tu definisci “fidanzata di uno dei disadattati” probabilmente è Maria Maddalena, l’unica discepola di Gesù oltre la tradizionale dozzina tutta al maschile. Poi tu dici di vedere in primo piano una sputacchiera gigante. In realtà dovrebbe trattarsi di una bacinella d’olio di Nardo, usato dagli ebrei all’epoca di Cristo per completare la pulizia del corpo e per ungere post mortem i cadaveri. Ti ricordo che Maria Maddalena secondo alcune versioni fu la prostituta che lavò i piedi a Gesù. Poi la ritroviamo sotto la croce insieme ad altre due Marie (la vergine madre di Gesù e Maria di Cleofa) Fu ancora una Maria che recandosi al sepolcro per prendersi cura del corpo incontrò Gesù prima che ascendesse in cielo, dandone immediata notizia agli altri discepoli. Quindi la bacinella di olio e la Maria nell’immagine di LaChapelle sarebbero un presagio dell’imminente sacrificio di Gesù. Come vedi il fotografo sembra conoscere i Vangeli (anche quelli apocrifi) molto meglio di te.
      Tu parli di Leonardo. Riconosco che nell’immagine in oggetto il modello in posa ha fattezze leonardesche (ovviamente mi riferisco alla celeberrima Ultima Cena affrescata nel refettorio di Santa Maria delle Grazie in Milano). Ma la messa in scena per me è più vicina all’ordine espressivo ideato dal Tintoretto nel quadro della Chiesa di San Travaso a Venezia. Il momento catturato dai due straordinari artisti è il medesimo, ovvero l’annuncio di Gesù che verrà tradito (Vangelo di Giovanni, 13-21). Ma a mio avviso la configurazione del Tintoretto traduce meglio gli effetti della drammatica rivelazione. Allora Annalisa, se per un attimo narcotizzi l’irritazione che hai percepito nel trash abilmente orchestrato da LaChapelle, e prendi in considerazione il potente ordine strutturale che promana dall’immagine e,infine, arrivi a capire il probabile significato della scena, puoi facilmente renderti conto che il fotografo/artista va ben oltre il pur ammirevole e armonioso confabulare di Leonardo (mi riferisco alla reazione dei 12 dopo la rivelazione del tradimento di uno di loro); va oltre anche al tono più espressivo carico di tensione della stessa scena dipinta dal pittore veneziano. Cosa può significare andare oltre ai due monumentali protagonisti della storia dell’arte? Probabilmente significa tradurre la millenaria istanza mitica della narrazione che ha ispirato generazioni di artisti, Leonardo e Tintoretto compresi, in un ingaggio percettivo e cognitivo utile per il nostro tempo. Questa è la sfida che LaChapelle si è imposto e ha affrontato con il suo mezzo espressivo, con il suo stile, con la sua mente.
      A questo punto spero comprenderai perché i tuoi rigonfiamenti moraleggianti siano inadeguati per restituirci la passione che LaChapelle ha profuso nel preciso momento in cui ha cominciato a riflettere su temi religiosi. Tieni conto che la materia espressiva con cui lavora sono immagini, fotografie e non parole e concetti. Per farla breve, LaChapelle esplora il mondo atteaverso immagini. Dunque prende dei rischi, perché fatalmente una immagine complessa è più “aperta” o ambigua rispetto l’apparente linearità logica verbale/concettuale.
      Per finirla qui, aggiungo che non sto dicendo che stai sbagliando nell’anteporre la tua irritazione all’analisi più completa di una immagine. Sostengo semplicemente che proprio perché quella foto ti ha fatto incazzare avresti dovuto osservarla meglio, separando le emozioni non negoziabili che tutti noi, ciascuno su temi e circostanze diverse, non può non sentire, da un giudizio più conforme al genere di fatti in questione: stiamo parlando di esperienze estetiche e non di propaganda religiosa.

      Rispondi
      • annalisa   17 Dicembre 2019 at 09:04

        Buongiorno prof. Ognuno si tenga i propri “rigonfiamenti”. Io ai miei ci tengo almeno quanto Lei tiene ai suoi.

        Rispondi
  13. Giuliana LABA   15 Dicembre 2019 at 13:11

    GIULIANA Laba

    La cosa che amo della moda e, più in generale, dell’arte, è la spassionata libertà di espressione. A prescindere dalle censure, o da tutti i contorni morali che a volte vi girano intorno, sento che nell’arte non ci sono confini, e che per quanto uno voglia, è libero di esprimersi e di esplicitare il proprio pensiero. Di renderlo visibile, palpabile, assaporabile. Ed è proprio quello che mi piace nelle fotografie di LaChapelle, che è tra l’altro, uno dei miei fotografi preferiti. Ma non starò qui a commentare in modo troppo soggettivo. Ciò che è invece tanto straordinario, quanto oggettivo, è la grandiosità di questo fotografo, di rendere coinvolgenti e maestose, le sue fotografie. Che si condivida o no il suo punto di vista, il suo modo di vedere, o le sue perversioni, non si può non condividere che egli si sia espresso in modo esplicito ed appagante. Si legge nelle sue fotografie, il chiaro intento di voler punzecchiare i desideri più profondi, di voler promuovere il mondo consumistico di oggi, e di stimolare quelle percezioni, che progressivamente ci lasciano intuire l’ironia e il paradosso delle sue fotografie. Con la sua estetica, si può notare come i suoi messaggi sociali però, non siano del tutto morali. O meglio, lui celebra il culto alla bellezza, all’esagerazione. Celebra gli eccessi, il kitsch, l’esibizionismo. Eppure, le sue fotografie provocatorie, non sono lì per fare del moralismo, ma bensì per esplicitare senza pudore ciò che non vogliamo dire a parole. Tant’è vero che nelle sue immagini vi è pura luce, e quasi mai ombre. Vi è una sorta di purezza paradossale. Un modo tutto suo di esplicitare concetti e desideri. Un mondo insaziabile, fatto anche di perversioni, di surrealtà, e di realismo quasi ingenuo. Si legge nelle sue fotografie il desiderio di eternità, ed anche di rinascita. Tra l’altro David stesso afferma in un’intervista che se diventasse cieco, e non potesse più fotografare, troverebbe sicuramente un altro modo per esprimere tutta la passione, l’espressività, la bellezza e l’ispirazione che vuole trasmettere con i suoi lavori.

    Il mondo effimero che lui stesso rappresenta e ironizza, è lo stesso mondo effimero che l’ha reso famoso. Un mondo dalle fragili conquiste, come si può notare in alcune fotografie come “The Deluge” o “After the Deluge”. Dove anche i valori più alti sono spesso fragili, e messi in dubbio dall’uomo stesso. Ecco poi il perché di alcune provocazioni come “REBIRTH OF VENUS” (HAWAII 2009, REBIRTH OF VENUS, 2009), dove è chiaro il riferimento alla rinascita, la rinascita di un nuovo mondo, con nuovi valori e nuove concezioni di vita. Con il chiaro riferimento al suo piccolo “paradiso” di spiaggia comprato alle Hawaii per dedicarsi ai suoi piaceri e alla sua libertà.

    Tra le sue chiari citazioni, oltre ai classici come Michelangelo, Bellini, o Canova, da cui prende la maestosità delle immagini e la teatralità, non possiamo non citare Andy Wharol, anche e soprattutto per i suoi colori pop e accesi, e per il suo fare provocatorio, verso le società di massa e il mondo consumistico. Di cui però, né LaChapelle, né Wharol, negano di farne parte. E anzi diventano la voce esplicita di tutto quello che la società non ha ancora palesato a voce.

    Un altro fotografo a cui possiamo fare riferimento da questo punto di vista, è Martin Parr, con la sua rassegna The Last Resort: Photographs of New Brighton, volta ai riti collettivi, all’omologazione estetica e culturale, al trash food ed al cattivo gusto. I colori che usa Parr sono saturi e brillanti, ed il soggetto è isolato da un colpo di flash che lo stacca dal fondo. Anche con lui infatti, l’ombra è quasi del tutto inesistente. Bambini, adolescenti, anziani, donne in costume da bagno e turisti in abiti dozzinali, cani, automobili, carte da parati e divoratori di coni gelato. Scenari, ritratti e dettagli eloquenti di un desiderio compulsivo e irrazionale, della corsa disperata al piacere a ogni costo, all’appagamento della vista e del gusto, sono i protagonisti principali di questa sua fotografia. Le differenze tra i due fotografi sono senz’altro evidenti, con Parr si scende infatti più nel grottesco, ma, anche se in modo diverso, penso si legga chiaro in entrambi i casi, un riferimento ad Andy Wharol.

    Per quanto riguarda le provocazioni invece, non possiamo non citare Steven Klein. I riferimenti alle provocazioni sono sicuramente numerose, ma quelle a cui voglio far riferimento, sono le fotografie un po’ sadomaso per l’intervista a Kylie Jenner per l’Interview Magazine del 2015. Il riferimento esplicito ad una Kylie immobilizzata dal successo, dalla sua vita surreale, che la rendono immobile e finta come una sex doll giapponese. Sono immagini forti e provocatorie perché oltre all’aspetto erotico toccano anche quello della disabilità, sfiorando un forte rischio dal punto di vista morale. Sottile e tagliente. Ma, ciò che maggiormente traspare da questo lavoro, è, a mio avviso, il paradosso, il kitsch, la surrealtà e, ancora una volta, l’estetica iperrealista che va oltre le ordinarie abitudini visive. E che vuole allo stesso tempo ammonire e celebrare quel mondo effimero, che giudica ma che l’ha resa allo stesso tempo celebre e famosa, e senza il quale, nulla di tutto questo sarebbe reale.

    In conclusione mi sento di dire che, al di là dei riferimenti, la fotografia di LaChapelle rimane unica nel suo genere. Il modo in cui lui riesce a esprimere una vastità tale di concetti e provocazioni, è quasi del tutto ineffabile. Ciò che è racchiuso nella sua fotografia, è difficilmente racchiuso in qualsiasi altra forma d’arte.

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    • james   15 Dicembre 2019 at 17:01

      Devo dire che ho letto Giuliana con molto piacere. Che l’autore dell’articolo non me ne voglia se affermo che ho trovato la sua analisi più intrigante. Non conosco le foto di Parr ma mi fido di quello che dice Giuliana. Come ho detto sopra, comunque mi sorprende che grandi personaggi si prestino ad essere ridicolizzati dal modo di esprimere grottesco della critica morale che sotto sotto LaChapelle trasmette.

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      • luc97   15 Febbraio 2020 at 11:44

        Gli artisti di razza sono sempre fuori dal coro. Voglio dire che propongono punti di vista che fanno discutere. Le migliori foto di LaChapelle hanno questa potenzialità.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   16 Marzo 2020 at 10:53

      Il suggerimento di Giuliana inerente i paradossi visivi creati da DLC sarebbe da indagare. Bisogna però capire cosa significa “paradosso visivo”.

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  14. ELENA S. LABA   17 Dicembre 2019 at 15:38

    ELENA S. LABA

    Trovo il lavoro di LaChapelle estremamente affascinante: fin dagli esordi si è servito dell’immagine fotografica come strumento di espressione, portandola alle sue estreme possibilità estetiche. Egli tramite la fotografia travalica il soggetto in sé per farne emergere la carica simbolica che già racchiude ma che non ha ancora manifestato. Immortalando le icone del proprio tempo e fissandole nella memoria comune grazie ad una post-produzione massiccia e kitch, riesce ad avviare una riflessione lucida, cinica e disillusa sulla società contemporanea. L’effetto della post produzione estremamente marcata di LaChapelle è proprio il riuscire a provocare una sensazione di artificiosità asettica e spersonalizzante.
    LaChapelle utilizza la strada dell’ironia, un’ ironia sottile e tagliente.
    Negli anni ’80 si dedica all’advertising, immergendosi nella New York degli eccessi e della trasgressione, della facilità e della libertà, dei sogni e delle fantasie senza limiti, ma anche dell’eroina e delll’aids.
    Negli anni ’90 inizia ad immortalare moltissime celebrità, non senza il suo tipico approccio ironico, cinico e talvolta anche grottesco: egli vuole rivelare il processo mediatico attraverso cui le celebrità sono state private della loro interiorità e trasformate in fantocci, oggetto di feticismi.
    Le sue foto, descritte come barocche ed eccessive, sono sempre caratterizzate dall’ironia, ed è proprio tramite la chiave dell’ironia che vanno interpretate: le immagini in realtà urlano denunciando le ossessioni contemporanee, il rapporto con il piacere, col benessere, con il superfluo. Tra misticismo, spiritualità e spettacolo, il fotografo è capace di mantenere un sottile equilibrio tra sacro e sacrilego, alternando soggetti differenti sul tema condiviso della vanitas, anche grazie alla presenza ricorrente di un nudo sfacciato ed aggressivo.
    Il suo stile è caratterizzato da colori elettrici, superfici laccate e contenuti tra l’onirico e il bizzarro. Proprio a causa di questo suo stile LaChapelle viene spesso accusato di ispirarsi eccessivamente alla cultura pop, tuttavia bisogna riconoscere che proprio lui sia stato capace di generare un sistema dove passato, presente e futuro si mescolano in una dinamica ipervisuale, creando dei simbolismi multi-temporali, attraverso delle immagini che astraggono particolari oggetti e ambienti a favore di una comunicazione che enfatizza la visione artistica.
    Estremamente interessanti le immagini in cui fa riferimento all’arte rinascimentale, ad esempio uno dei miei lavori preferiti di LaChapelle è l’opera del 2009 “Rebirth of Venus”, ispirata al capolavoro di Botticelli del quindicesimo secolo, “La nascita di Venere”. La foto di LaChapelle mostra una donna alta e snella dai capelli biondi, completamente nuda, affiancata da due uomini abbronzati, lungo la costa delle Hawaii. Come in molti altri suoi lavori, questa foto ci mostra una situazione fantastica con dei modelli che rispecchiano gli standard convenzionali di bellezza che vengono spesso rinforzati dei media: il fotografo trasforma la Venere di Botticelli in una bellezza da copertina. Per la foto “Rebirth of Venus”, LaChapelle ha scelto la modella Hana Soukupova, con la quale stava lavorando su una serie di fotografie alle Hawaii. Tradizionalmente la conchiglia rappresenta nella pittura l’organo riproduttivo femminile, quindi il fotografo invece di rappresentare la modella in piedi dentro una conchiglia ha fatto tenere una conchiglia ad uno dei due uomini ai lati. Il paesaggio tropicale non è esattamente mediterraneo, come il paesaggio che aveva ispirato Botticelli, quindi i colori sono molto più accesi e pungenti di quelli della palette della Venere classica. I nastri fanno riferimento ad un’ altra opera di Botticelli, Le Tre Grazie, nella quale sono rappresentate tre figure femminili che danzano. La Venere di Botticelli, a differenza di quella di LaChapelle, non fa riferimento ad una bellezza carnale, ma alla purezza della bellezza divina.
    Un altro fotografo che mi viene in mente in relazione al lavoro di LaChapelle è Awol Erizku. Anche lui infatti per le sue immagini attinge ad un immaginario rinascimentale, con la differenza che nelle immagini di Awol Erizku a “stonare” con l’immaginario classico non sono tanto i colori, la composizione o la presenza prepotente di un’accentuata post produzione, ma è il fatto che tutte le sue modelle sono donne di colore. Awol Erizku rappresenta la bellezza nera, trasportando le sue modelle in dei mondi in cui la bellezza nera non era tipicamente rappresentata. Pensiamo ad esempio alla sua foto “Girl With Bamboo Earring”: l’immagine fa chiaramente riferimento alla celebre opera “Ragazza con Turbante” (anche conosciuta come “Ragazza con l’Orecchino di Perla”) di Jan Vermeer. Oppure abbiamo opere come “Girl With a Pitbull”, ispirata alla Dama con l’Ermellino, o “Teen Venus”, ispirata proprio alla Venere di Botticelli.
    Sicuramente conoscete il lavoro di Awol Erizku, anche se forse non sapete di conoscerlo: sono sicura che avete tutti visto le foto postate su Instagram nel 2017 da Beyoncé in occasione dell’annuncio della sua gravidanza: quelle foto sono state scattate proprio da Awol Erizku. In quell’occasione Beyoncé è stata ritratta come una Madonna Rinascimentale: le rose sono tradizionalmente il simbolo della Madonna, e suggeriscono l’idea di fertilità, purezza e castità, ma è interessante che il fotografo abbia anche aggiunto alcuni papaveri, che simboleggiano la perdita. Questo potrebbe essere un riferimento al fatto che nel 2013 Beyoncé aveva reso pubblico il fatto di aver avuto un aborto spontaneo.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Dicembre 2019 at 16:42

      Molto interessante il parallelismo con Erizku. È molto più giovane di LaChapelle e infatti a me risulta essere stato un suo allievo o per meglio dire, di aver fatto stage presso di lui. I suoi ritratti sono più composti e “seri” rispetto al nostro fotografo. Probabilmente perché i più conosciuti sono quelli di persone di colore che vuole valorizzare, e non imbricate in significazioni grottesche come spesso fa LaChapelle con i personaggi delle Star System.

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  15. Luca.M. LABA   17 Dicembre 2019 at 17:47

    Rivoluzionario, surrealista, barocco, onirico, trasgressivo, provocatorio, talvolta kitsch. Sono solo alcune delle tante caratteristiche che hanno permesso a David Lachapelle di distinguersi come fotografo nel campo della moda e della pubblicità, sviluppando fotografie spesso difficili da comprendere, ma dotate di una cifra stilistica unica nel suo genere. Difficile da comprendere, in quanto l’interpretazione delle sue opere è deviata da una sorta di bombardamento percettivo: colori accesi, vivaci e contrasti simultanei, trasportando così il fruitore all’interno del suo mondo fantastico, disorientandolo e offuscandolo. Così facendo l’opera risulta sempre in continuo fermento e in continua evoluzione. Un collega di Lachapelle, che ritengo importante citare, é Tim Walker, fotografo di moda di origine Brittanica e collaboratore di importanti riviste come Vogue e Love. Anche negli scatti fotografici di Tim ritroviamo una nota onirica e surrealista (tipica di Lachapelle) per le quali l’osservatore viene teletrasportato in un mondo immaginario, composto da incubi e sogni. Qui, personaggi immaginari e creature fantastiche ne sono gli abitanti. Sembra una sorta di realtà il surrealismo di Tim, che va a richiamare in un certo senso anche l’approccio all’arte di Dalì. Al centro delle sue opere oltre ai soggetti vi sono tutta una serie di dettagli, accessori, comparse curate minuziosamente, che assumono forme e dimensioni distorte.
    Ritornando a Lachapelle, una fotografia che mi ha colpito particolarmente é stata “Icarus”. Concentrandomi inizialmente sull’aspetto estetico, ciò che mi ha colpito particolarmente sono state le tonalità cromatiche viranti tutte sui toni del bianco, nero e del grigio, cromie ben lontane dalle classiche note sgargianti e accesse che solitamente il fotografo utilizza. Sono tutte cromie che rimandano in un certo senso a qualcosa di malinconico, é come se facesse emergere quella parte della sua vita complessa, che solitamente nei suoi scatti tiene nascosta. Per quanto riguarda invece il significato trasmissibile dall’opera, partiamo ripercorrendo una breve parte di storia. Nella mitologia, greco Icaro venne rinchiuso con il padre nel labirinto di Creta, fuggì volando con le ali che Dedalo (il padre) aveva adattato con la cera al proprio corpo e a quello del figlio. Ma, avvicinatosi troppo al Sole, la cera si sciolse e Icaro cadde nel mare. Nell’interpretazioni di Lachapelle troviamo la mitologia greca a terra in fin di vita, come se fosse precipitata dall’alto, sopra un cumulo di dispositivi elettronici dismessi (computer, tastiere, mouse, stampanti…). Particolari ma al contempo inquietanti sono le ali di Icaro, rappresentante come se fossero state ormai lacerate dal tempo, mostrando così la struttura ossea rappresentata attraverso l’utilizzo di stampelle. “Sempre più connessi e sempre più soli, l’esito di un fallimento umano ed ecologico”, può essere a mio avviso una delle possibili interpretazioni che si possono dare dell’opera. Oppure concentrandosi sulla morale della storia, ci si può ricollegare a uno dei più importanti registi, sceneggiatori e produttori cinematografici statunitensi Stanley Kubrick. La classica morale della storia mitologica é “Non tentare di volare troppo in alto” esso afferma: “…mi sono chiesto se non si potesse interpretarla invece in un modo diverso: “Dimentica la cera e le piume, e costruisci ali più solide”. Trovo che la morale di Kubrick calzi perfettamente nel contesto della fotografia di Lachapelle. Ritorna anche qui il mistero che vuole celare l’opera, lasciando libera interpretazione al fruitore.

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  16. Luca R. Laba   17 Dicembre 2019 at 17:50

    Luca R. Laba
    David LaChapelle, l’artista con una folle visione del mondo, è il primo pensiero quando sento citare il suo nome.
    A mio parere, la sua entropia percettiva scardina le regole che fanno parte delle varie culture e stereotipi dell’uomo andando a trasfigurare la realtà attraverso un cromatismo irreale ed all’artificialità dei suoi scatti, per non parlare del sovraccarico di elementi in un unico scenario che disorientano lo spettatore, ma che mantengono un nucleo di significati molto forti ed imminenti.
    Trovo che le sue opere parlino da sé, basta prendere in considerazione “L’ annunciazione” e subito assistiamo ad una trasgressione. Non mi riferisco alla Madonna nera, in fondo, esempi religiosi di questo genere sono numerosi (la madonna nera di Canneto, di Loreto, ecc..), ma i baffi dell’ Arcangelo Gabriele che marca la differenza uomo-donna sono una vera rivoluzione!
    Ho scoperto quest’artista da poco tempo, grazie al nuovo album di Travis Scott “Astroworld”. LaChapelle ha curato la cover mantenendo ogni aspetto del suo stile, creando un esperienza percettiva stravolgente. E’ come se volesse avvisare lo spettatore che quell’album fosse un parco-giochi all’interno della mente di Scott, un esperienza irreale, folle ed esaltante.
    Ma come fa un artista che ha sconvolto la percezione dello spettatore a partire dagli anni 90’ a sconvolgere anche la percezione di una nuova generazione del tutto nuova?
    A questa domanda, ho trovato risposta solo durante la lettura di quest’ articolo, quando si afferma che LaChapelle non guarda al passato ne al futuro, ma affronta la realtà nel preciso istante in cui opera.
    Trovo possibile creare un parallelismo tra LaChapelle ed il fotografo di moda londinese Tim Walker, il quale nei suoi scatti è in grado di trasfigurare la realtà circostante realizzando scenari irreali, come se facessero parte di una realtà onirica. In entrambi gli artisti quest’aspetto di rendere artificiale e irreale la realtà si ripete costantemente.
    Credo che le loro fotografie stravolgano inevitabilmente la percezione di qualsiasi spettatore, poiché è come se venissimo proiettati in una realtà parallela alla nostra, dove tutte le istituzioni comuni vengono improvvisamente stravolte.
    Personalmente trovo il loro lavoro a dir poco affascinante e come scrisse Charlotte Sinclair di Tim Walker su British Vogue, «ci ricorda la nostra capacità di sognare come bambini».

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    • Antonio Bramclet
      antonio   19 Dicembre 2019 at 10:11

      Luca R e Luca M. sono colpito dalla vostra bravura nella costruzione di un ragionamento chiaro, conciso e incisivo. Forse perché io non ci riesco. Dopo due frasi mi perdo e butto tutto in vacca.

      Rispondi
      • Luca.M. LABA   19 Dicembre 2019 at 23:17

        La ringrazio Antonio, mi fa molto piacere ricevere opinioni inerenti a ciò che scrivo.

        Rispondi
  17. ILARIA LABA   17 Dicembre 2019 at 18:29

    Credo che il lavoro di LaChapelle sia, a parere mio, una gioia per gli occhi. I colori accesi, la luminosità, il richiamo ai quadri classici e la disinvoltura con cui riesce a denunciare i problemi dell’era contemporanea lo rende originale ed inconfondibile ma soprattutto attraente perché credo che l’aspetto kitsch abbia a che fare per forza anche con l’atto di attirare attenzione. Le persone che guardano le opere di LaChapelle sentono di trovarsi di fronte a delle scene che toccano molti dei tabù della società: vengono infatti disprezzate da molti poichè considerate blasfeme, volgari ecc..
    Sinceramente non credo che l’arte debba per forza avere una morale dato che di arte si tratta quindi non condivido affatto le critiche che vengono mosse verso questo artista: la morale nell’arte può essere qualcosa in più ma non è necessaria.
    Se poi di morale vogliamo parlare credo che LaChapelle, da un lato la tolga (perché tocca temi come la volgarità e la blasfemia) ma in un certo senso dall’altro riesca anche ad inserirla poiché molte delle sue opere muovono una critica a dei problemi contemporanei che devono farci riflettere come vediamo appunto ne “Le Deluge”. Credo inoltre che l’utilizzo che fa dello Star System sia molto azzeccato perché, servendosi di personaggi che tutti noi conosciamo, riesce a rendere il dialogo tra opera e fruitore più intenso, più vivo: il fruitore è attratto e allo stesso tempo riesce a cogliere meglio i messaggi che l’artista vuole lanciare. A questo proposito però ricordo la vicenda della copertina dell’album che egli scattò per Travis Scott in cui aveva inserito tra alcune modelle seminude anche la modella transgender Amanda Lepore. Quest’ultima venne eliminata dalla foto postata dal cantante sul proprio Instagram, segno che forse lui non condivideva la troppa trasgressione che LaChapelle aveva voluto inserire o forse segno che non condivideva la sua idea di uguaglianza tra uomo, donna e transgender, forse è stato troppo azzardato? Troppo trasgressivo e provocante?

    Ho trovato interessanti le sue foto realizzate per il calendario 2020 di Lavazza. Queste ultime doveva rappresentare la riconnessione con la natura, motivo per cui il fotografo sceglie la bellezza incontaminata delle Hawaii per realizzare gli scatti. Prima fra tutte la foto “Realize” che ritrae un uomo guidato dalla sua stella polare che guarda verso il futuro dell’umanità, all’insegna della sostenibilità.

    Il lavoro di LaChapelle mi fa pensare alle opere di un altro fotografo suo coetaneo, Miles Aldridge. Come lui unisce la cultura pop alla fotografia utilizzando colori accesi e vivaci, ma non solo, anche lui si serve di citazioni religiose per creare le sue fotografie. Lo vediamo bene per quanto riguarda gli omaggi fatti a Botticelli per i quali lavora con modelle molto simili ai dipinti del pittore.
    Inoltre anche Aldridge si serve nelle sue fotografie di personaggi famosi come Cara Delavigne anche se credo che i suoi lavori non siano provocanti e irriverenti come quelle di LaChapelle.

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  18. Vanessa Laba   17 Dicembre 2019 at 18:58

    Mi ha molto incuriosito questo articolo sul personaggio particolare che è David LaChapelle, soprattutto per l’originalità che caratterizza le sue fotografie. I temi da cui trae ispirazione, come quello religioso ad esempio, sono temi visti e rivisti, ma lui riesce a renderli contemporanei,innovativi e trasgressivi, chiamando molto spesso personaggi famosi o modelle ad interpretare un ruolo e a trasformarli in veri e propri attori che creano una storia, la sua. I celebri scatti biblici di LaChapelle lo hanno condotto in un rumoroso vortice di commenti negativi dal momento in cui immagini angeliche e spirituali, venivano da lui riproposte in chiave moderna. A me è piaciuta particolarmente la foto scattata a Miley Cyrus, una delle protagoniste di “Lost + Found, Part I”, il libro firmato David LaChapelle per Taschen. È il quarto di una serie di pubblicazioni del fotografo americano per la casa editrice, cominciata nel 1996 con “LaChapelle Land”.Per “Lost + Found, Part I” oltre a Miley Cyrus ci sono le foto di Pamela Anderson, Julian Assange, David Bowie, Katy Perry, Amy Whinehouse, Pharrell Williams e molti altri personaggi a artisti famosi. Le foto di Miley Cyrus sono le copertine del libro, nella prima la cantante è nuda in una cella di prigione, illuminata da una luce naturale che proviene dalla finestra, nell’altra invece prende le forme di una farfalla dalle ali multi color contornata da fiori, come se il fotografo abbia voluto ricreare i passaggi della metamorfosi della farfalla.La sua carriera come fotografo è comunque iniziata grazie al genio della pop art Andy Warhol. Fu proprio lui infatti a chiamare David per realizzare uno speciale shooting fotografico per il suo noto magazine Interview. Molti fotografi contemporanei prendono spunto dall’arte, come il fotografo di moda Kenneth Willardt che fotografò la modella Jessica Stam come se fosse un opera della Pop Art, in particolare dell’ artista Roy Lichtenstein e riuscì così a riempire di colori la copertina del magazine Harper’s Bazaar. La cosa che mi ha particolarmente interessata alla persona di David La Chapalle è il suo isolamento, dal 2006 infatti l’artista si è trasferito alle Hawaii dove trascorre la sua vita in una fattoria biologica alimentata solo da energia solare e idrica. Questo suo bisogno di isolamento è nato in seguito al carico eccessivo di lavoro che stava quotidianamente vivendo, infatti afferma:”Adoro il glamour, la moda e la bellezza, ma avevo bisogno di allontanarmi da tutto ciò. Dopo aver lasciato questo mondo, non volevo più scattare a un’altra pop star, sono stato torturato da loro”.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   9 Febbraio 2020 at 10:31

      Grazie per le preziose info. Non conosco il lavoro di Willardt. Farò una piccola ricerca. Io non so se realmente LaChapelle sia stato “torturato” dalle star che ha fotografato. Se la tua citazione corrisponde a parole enunciate dall’autore (e non sono una interpretazione di qualche giornalista), devo crederlo. Ma penso anche che il fotografo si sia vendicato. Ha impresso su di esse il proprio marchio di fabbrica consegnandole a un immaginario ricco di segni ambivalenti: sono delle star e al tempo stesso dei volti e dei corpi ironizzati, grotteschi, un po’ comici.

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  19. Chiara Laba   17 Dicembre 2019 at 19:19

    I lavori di LaChapelle lo hanno reso un’icona dell’arte contemporanea, capace di espandere il genere della fotografia. I suoi ritratti, le sue messe in scena, video musicali e film, sono diventati la rappresentazione dell’America del ventunesimo secolo.
    Riconosco in lui la passione, quasi ossessiva, verso Michelangelo, citato in “Deluge”, verso altri artisti, e il mondo barocco, ma onestamente non provo la stessa emozione di fronte alle sue fotografie. Sicuramente le citazioni sono esplicite, ma non riesco a giustapporre l’eleganza, l’espressività e la potenza delle opere di un Michelangelo o un Leonardo con quelle dell’image-maker. La forte componente kitsch distoglie lo sguardo dalla realtà, tanto da non farmi entrare completamente dentro le sue interpretazioni. Rimango sempre lì, sull’ingresso, le guardo, ma non mi ci ritrovo.
    Interessante è la serie “Land Scapes” del 2013, attraverso la quale LaChapelle ricostruisce impianti petroliferi e stazioni di rifornimento in scala. Le foto vengono scattate in un ambiente naturale, tra dune e montagne e non in studio. Questo dettaglio mette in risalto l’innaturalità delle strutture umane in un ambiente selvaggio e incontaminato. Esplicito riferimento e denuncia verso il mondo contemporaneo.
    Il suo lavoro influenzerà quello delle nuove generazioni allo stesso modo in cui Richard Avedon e Irving Penn sono stati pionieri di molto di quello che noi consideriamo familiare. Oggi giorno la fotografia di moda ha un grande giro d’affari, sia per fotografi che galleristi e come quest’ultimi citati, LaChapelle spinge la fotografia oltre il suo intento pubblicitario, verso il mondo dell’arte.
    La sua originalità lo allontana dagli altri, rendendolo unico. Ho intercettato alcune analogie con la fotografia di Pierre et Gilles ricca di sensualità, poesia e omoerotismo. Affrontano, come la Chapelle, tematiche legate alla cultura pop, all’omosessualità  e alla pornografia, senza tralasciare i topos religiosi che trovano nelle loro opere una vasta e barocca interpretazione. Traspare sotto la ricerca di una esasperata bellezza un sentimento di malinconia e sofferenza, spesso celati dai forti colori e dalle forme esagerate.
    Vorrei concludere con una citazione dell’autore che mi ha colpito: “La sua luce non lascia quasi ombre, ma tuttavia riesce a raccontarci benissimo le ombre che ci portiamo dentro, senza compromessi, moralismi o compassioni” Dietro alle superficie laccate e i colori forti e vivaci ritroviamo un significato profondo che si riaggancia all’orrore di una società che degenera nel tempo. Ammiro il coraggio dell’artista di volerlo esplicitare attraverso le sue forti creazioni, lasciando sempre allo spettatore la libertà a molteplici interpretazioni.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Dicembre 2019 at 21:06

      Interessante la connessione che proponi con Pierre & Gilles. Anche se per me i due francesi sono più raffinati, studiatamente leziosi, meno dirompenti di D.L.C.

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  20. Matilde L   17 Dicembre 2019 at 19:32

    Affascinante, coinvolgente, surreale il lavoro che ha svolto David LaChapelle.
    Un’artista, fotografo che è riuscito ad attirare subito la mia attenzione con le sue opere. Per una cura del lavoro della fantasia, per la cura dei dettagli di ogni singolo scatto.
    Un’immagine definitiva che esprime verità, nel lavoro e nell’attenta scelta degli elementi che la compongono.
    Proprio per questo è riuscito a sconvolgere il modo di vedere rappresentare la moda.
    Per LaChapelle la costruzione dell’oggetto artistico era una sintesi, tra le pratiche del cinema e del teatro. Così che trasforma modelli e modelle in attori chiamati a recitare in una messa in scena. Personaggi che si fanno fotografare comunque nonostante LaChapelle fa risaltare la loro eccentricità. La vera icona non subisce la tenaglia tra negativo e positivo.
    Mi ha colpito molto il fatto che studia, incorpora e usa le creazioni dei grandi artisti del passato come metodo per creare una figurazione molto originale e allo stesso tempo senza sminuirle.
    Osservando le sue opere, sono rimasta affascinata dall’opera Hawaii, New World, 2017. Che ispira una narrazione eterna e metafisica. Per i colori con la quale è stata realizzata. Un itinerario che unisce passato e presente, dissacranti universi pop e inedite utopie.
    Questa serie è realizzata nella foresta pluviale delle Hawaii.
    Con la quale vuole evidenziare una frattura che concerne la non-commercialità del progetto stesso.
    Dal punto di vista estetico, questa “missione” si traduce in una iconografia meno ridondante, che asciuga la messe di dettagli, così da focalizzare più facilmente l’attenzione dell’osservatore sul messaggio di cui è latore New World.

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  21. CHIARA LABA   17 Dicembre 2019 at 19:54

    I lavori di LaChapelle lo hanno reso un’icona dell’arte contemporanea, capace di espandere il genere della fotografia. I suoi ritratti, le sue messe in scena, video musicali e film, sono diventati la rappresentazione dell’America del ventunesimo secolo.
    Riconosco in lui la passione, quasi ossessiva, verso Michelangelo, citato in “Deluge”, verso altri artisti, e il mondo barocco, ma onestamente non provo la stessa emozione di fronte alle sue fotografie. Sicuramente le citazioni sono esplicite, ma non riesco a giustapporre l’eleganza, l’espressività e la potenza delle opere di un Michelangelo o un Leonardo con quelle dell’image-maker. La forte componente kitsch distoglie lo sguardo dalla realtà, tanto da non farmi entrare completamente dentro le sue interpretazioni. Rimango sempre lì, sull’ingresso, le guardo, ma non mi ci ritrovo.
    Interessante è la serie “Land Scapes” del 2013, attraverso la quale LaChapelle ricostruisce impianti petroliferi e stazioni di rifornimento in scala. Le foto vengono scattate in un ambiente naturale, tra dune e montagne e non in studio. Questo dettaglio mette in risalto l’innaturalità delle strutture umane in un ambiente selvaggio e incontaminato. Esplicito riferimento e denuncia verso il mondo contemporaneo.
    Il suo lavoro influenzerà quello delle nuove generazioni allo stesso modo in cui Richard Avedon e Irving Penn sono stati pionieri di molto di quello che noi consideriamo familiare. Oggi giorno la fotografia di moda ha un grande giro d’affari, sia per fotografi che galleristi e come quest’ultimi citati, LaChapelle spinge la fotografia oltre il suo intento pubblicitario, verso il mondo dell’arte.
    La sua originalità lo allontana dagli altri, rendendolo unico. Ho intercettato alcune analogie con la fotografia di Pierre et Gilles ricca di sensualità, poesia e omoerotismo. Affrontano, come la Chapelle, tematiche legate alla cultura pop, all’omosessualità e alla pornografia, senza tralasciare i topos religiosi che trovano nelle loro opere una vasta e barocca interpretazione. Traspare sotto la ricerca di una esasperata bellezza un sentimento di malinconia e sofferenza, spesso celati dai forti colori e dalle forme esagerate.
    Vorrei concludere con una citazione dell’autore che mi ha colpito: “La sua luce non lascia quasi ombre, ma tuttavia riesce a raccontarci benissimo le ombre che ci portiamo dentro, senza compromessi, moralismi o compassioni” Dietro alle superficie laccate e i colori forti e vivaci ritroviamo un significato profondo che si riaggancia all’orrore di una società che degenera nel tempo. Ammiro il coraggio dell’artista di volerlo esplicitare attraverso le sue forti creazioni, lasciando allo spettatore la libertà a molteplici interpretazioni.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Dicembre 2019 at 21:39

      Beh! Sono convinto che tantissime persone si ritroveranno nelle tue parole. Michelangelo e Leonardo sono certamente immensi. Ma ti ricordo che a metà del XIX sec. il critico più influente del periodo John Ruskin li considerava praticamente dei volgarizzatori, trascinandosi dietro tutta la corrente dei Pre-raffaelliti. Comunque se un Michelangelo fosse operativo oggi, quali mezzi espressivi sceglierebbe? Collaborerebbe con brand e pubblicitari? Farebbe fotografie, video e film? Io penso di sì. Dal momento che era molto religioso e di forte tempra etica dubito che avrebbe indugiato a cincischiare con trasgressioni o situazione del genere. Mi piace immaginare che sarebbe stato un Salgado (l’unico artista che per me ha compiuto un’opera paragonabile al ciclo di affreschi della cappella Sistina: mi riferisco a Genesi).

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  22. RebeccaL   17 Dicembre 2019 at 19:58

    Trovo che questo fotografo sia davvero interessante, è inevitabile dire che i suoi scatti a primo impatto colpiscano e catturino l’attenzione degli spettatori, sarà anche per la dimensione elevata dei suoi lavori, ma credo che i suoi effettivi punti di forza che lo consacrano un vero padrone nel suo campo siano inanzi tutto i colori delle sue fotografie che sono quasi sempre complementari, questo li rende vivaci e squillanti facendoli risaltare ancor di più di luce propria. Poi veniamo alle ambientazioni che catapultano lo spettatore all’interno di un sogno o di un allucinazione grazie al sapiente gioco di luce e ombra all’interno della scenografia. E in fine veniamo ai soggetti a cui conferisce un’aura divina, surreale grazie alle inquadrature che spesso vengono realizzate dal basso e che mirano a sottolineare la regalità e la monumentalità dell’immagine. Tutte queste scelte stilistiche sono dovute sicuramente al fatto che prende molto di ispirazione il mondo antico e le opere classiche. Le sue caratteristiche inoltre sono il fatto di stravolgere le consuetudini andando fuori dagli schemi, come per esempio ribaltando completamente l’idea di immagine sacra a cui noi tutti siamo abituati, accostando soggetti sacri a scene urbane a tratti tragicomiche. Il suo è un mondo pop fatto di immagini futuristiche accostate ad elementi classici, di provocazioni rivolte soprattutto ai grandi brand e ai fenomeni contemporanei dello starsistem. Inoltre non posso fare a meno di notare delle somiglianze con il lavoro di Pierre Et Gilles, infatti anch’egli grandissimo fotografo che si ispira molto alle immagini classiche e vintage, e fa tantissimi riferimenti alla religione conferendo una sacralità tragicomica ai suoi lavori.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   31 Gennaio 2020 at 12:21

      La divisione tra colori primari e complementari per me non è decisiva. Nel processo percettivo cromatico il nostro cervello interviene con significativi apprezzamenti di difficile interpretazione.

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  23. Amani Laba   17 Dicembre 2019 at 21:21

    Ciò che mi affascina di LaChapelle è la provocazione che interpreta nelle sue opere, l’uso della cultura pop, l’essere aggressivo, volgare e surrealista .
    Queste caratteristiche per quanto mi riguarda creano una rivoluzione nell’ambito dell’arte ma anche della fotografia, ma anche nella società in cui viviamo.
    Credo che le sue opere rispecchiano la società di oggi. Una società che vuol essere libera,senza limiti ne confini come nelle sue opere.
    Guardando le sue foto mi ha colpita l’opera “milk maidens” sempre perché esprime volgarità e provocazione ma anche ironia e piacere.
    Analizzando le sue fotografie mi ha ricordato il fotografo statunitense Man Ray che come LaChapelle ha uno stile provocante e surrealista.

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  24. Eleonora L   17 Dicembre 2019 at 21:23

    Con questo articolo ho potuto conoscere David La Chapelle, figura che precedentemente mi era sconosciuta. Osservando i lavori di questo fotografo ho potuto notare, come evidenziato da Cantoni nel corso dell’articolo, che le caratteristiche che contraddistinguono le opere e le foto di moda realizzate da La Chapelle sono i forti colori vivaci posti spesso in contrasto con eventi climatici che altrimenti risulterebbero molto più bui come attimi da affrontare. La Chapelle riesce inoltre a condire questi sui lavori con la rappresentazione di un’alienazione dalla società dell’essere umano contemporaneo, ma allo stesso tempo, con un’efficace rappresentazione delle profonde sensazioni emotive, è in grado di far cogliere agli osservatori più acuti una prevalenza del sentimento umano. Personalmente mi trovo in disappunto sulla definizione come “foto di moda” parlando di alcuni scatti dell’artista. In essi infatti racchiude un paesaggio, elementi comuni, colori vivaci,… oltre che una profonda scelta stilistica che pone in secondo piano l’elemento di moda che in realtà secondo tale definizione dovrebbe essere elemento principale dello scatto. Nelle foto di La Chapelle l’attenzione dell’osservatore è infatti dapprima catalizzata dall’insieme degli elementi presenti nel quadro dell’opera che risultano per esso quasi una fonte di shock non solo per i colori ma anche per la modalità con cui vengono raffigurate certe situazioni, solo successivamente il fruitore è in grado di procedere con una più attenta analisi di quelli che sono i singoli elementi che il fotografo ha scelto di inserire nell’inquadratura. Solo a questo punto l’osservatore riesce a rendersi conto di cosa in realtà sia ciò che lo ha colpito ad una prima occhiata. Vorrei dunque evidenziare che le sensazioni descritte dall’autore vadano espresse come puramente personali in quanto ognuno può giungere ad una percezione differente in base al proprio vissuto, mentre in tal modo l’autore cerca quasi di dare una linea guida all’osservatore per quel che riguarda il modo di approcciarsi al lavoro di La Chapelle anziché lasciarlo libero in questa esperienza. Personalmente cercando di conoscere meglio La Chapelle e i suoi lavori, ho potuto apprezzare la foto “The first supper”. Quest’opera è racchiusa nella serie New World, che l’artista ha realizzato negli ultimi anni. New World segna il ritorno alla rappresentazione della figura umana, che La Chapelle aveva abbandonato negli ultimi anni e in essa immagina il viaggio dell’anima dopo la morte e il paradiso, oltre a dare una propria rappresentazione della gioia, della natura e dell’anima, nello stile surreale e pop per cui l’artista è conosciuto. Ne “The first supper” è possibile notare come in una stessa opera riescano a coesistere richiami all’arte classica (la struttura compositiva mi ha personalmente richiamato alla mente “La Primavera” di Botticelli), aspetti religiosi e naturali ma allo stesso tempo anche elementi della quotidianità contemporanea (quali il copricapo indossato dalla figura femminile centrale che rimanda a quello indossato dalle ballerine di samba nel Carnival di Rio de Janeiro). A riguardo dell’opera e in generale a questa serie di lavori, La Chapelle afferma: “I reintroduce my personal ideas of trasfiguration, regainig paradise, and the notion of life after death”. Cercando di approfondire la conoscenza dei lavori di La Chapelle mi sono imbattuta nei lavori di molti suoi colleghi, ma il fotografo che nello stile ho trovato molto simile alle sue opere è stato Miles Aldridge. Anch’egli infatti ama sperimentare con i colori e le luci, che come egli stesso dice “possono creare il sole, o il traffico visibile attraverso una finestra, o la televisione accesa, dramma, mistero, desiderio, intrigo, orrore.” All’interno della sua produzione è possibile notare come inserisca nei suoi lavori elementi comuni derivanti dall’esperienza personale sebbene dedichi un’ossessiva cura dei dettagli e una precisa pianificazione. Per Aldridge infatti “la fotografia è come un film” le sue opere dunque sono assai complicate traendo ispirazione dalla produzione di Hitchcock, Bergman, Lynch, Antonioni e Fellini.

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    • sandro   20 Dicembre 2019 at 00:56

      Non sono capace di fare una disquisizione brillante come ha fatto Eleonora. Ma la penso come lei. Soprattutto mi ha colpito quello che ha scritto su Aldridge. In effetti se penso allo spot sul profumo di J.P. Gaultier che imperversa in Tv credo che abbia ragione. Questo prova l’influenza che LaChapelle sta avendo sui colleghi.

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      • Eleonora L   26 Aprile 2020 at 16:46

        sandro ti ringrazio per ciò che hai scritto, ma sinceramente il mio non è altro che un ragionamento tratto da vari materiali su cui mi sono documentata per conoscere al meglio la figura di La Chapelle

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  25. Lucia C (LABA)   17 Dicembre 2019 at 21:39

    Particolarità di LaChapelle che amo è la sua capacità di truccare la realtà. Nelle sue fotografie non viene mai rappresentato il mondo così com’è, ma il fotografo ha la capacità di trasportarci in un mondo parallelo, puro e soprattutto onirico. Si va quindi a costruire una sorta di seconda natura dove elementi elementi come cielo e terra assumono colori quasi del tutto surreali.
    Vengono presentate fotografie come ”Pietà with Courtney Love” oppure ”Accueil” che potrebbero essere considerate quasi blasfeme e presentate in mostre a due passi dal Vaticano. Come possono queste immagini, nella nostra società, non destare alcuna polemica? Secondo il mio parere ciò è dovuto alla grande carica percettiva che distoglie lo spettatore dal soggetto facendo vagare il suo sguardo da una zona all’altra in modo molto veloce. Altro motivo potrebbe essere la classicità delle pose e della composizione delle immagini; infatti LaChapelle pur allontanandosi dalla realtà rimane sempre molto attaccato a uno stile di base classicista.
    Una delle serie di scatti che ho preferito è Consumption dedicata all’eccesso e all’eccessiva indulgenza della società moderna. Il desiderio è una delle forze che guidano la dissolutezza delle nostre vite e dunque il soddisfacimento dei nostri voleri nasconde al suo interno il seme della totale dissolutezza. Il desiderio si mantiene vivo solo in assenza dell’oggetto desiderato e dunque quando si ottiene ciò che si vuole le persone si ritrovano quasi impoverite. Consumption rappresenta quindi le forze principali della nostra società che acquista infinite merci incrementando sempre più la sua ossessione per il possesso, ma trovandosi poi alla fine svuotata.
    Ritornando a LaChapelle penso che dal punto di vista della proposta della figura di una donna molto erotica e sensuale possa essere paragonato a Helmut Newton, il primo fotografo che ha utilizzato l’erotismo per rappresentare la bellezza estrema, soprattutto all’interno di campagne di moda. La sua provocazione ammalia, incanta, ma non tocca mai le corde della volgarità. Il suo obiettivo era quello di portare a galla la quotidianità ossia tutti quei desideri e fantasie appartenenti alla sfera quotidiana, ma costretti da una morale distorta, a restare “pensiero peccaminoso”. Egli propone quindi l’immagine di una donna quasi profana e peccaminosa. Allo stesso modo si comporta LaChapelle con le sue fotografie profane, ma che allo stesso tempo ci regalano attimini divini.

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  26. Chiara B. Laba   17 Dicembre 2019 at 22:49

    Si deve molto a David LaChapelle: un genio della fotografia e un osservatore di qualsiasi cosa o persona; mi affascina il fatto che da sempre studia e usa le crezioni degli artisti, come Michelangelo, per poi creare una sua modalità di stile originale.
    Conoscevo già il nome di David LaChapelle ma non mi ero mai soffermata sui suoi lavori: devo dire che si fa notare, nelle sue foto possiamo notare l’eccessivo, lo stile barocco e il colore forte, per questo possiamo intuire del perché colpiscono immediatamente lo sguardo dello spettatore.
    Questi aspetti li possiamo racchiudere con un altra sua opera non ancora citata, “Nativity” del 2012, nella quale notiamo che l’ironia e il glamour si fondono insieme, spesso le sue opere considerate trasgressive a causa del sottile equilibrio tra sacro e sacrilego su cui si muove l’artista nel rappresentare temi universali.
    E’ molto interessante anche il fatto che, da quello che possiamo capire dalle sue fotografie, l’artista fotografa ciò che non si vuole dire con le parole, facendo parlare già da solo il suo lavoro.
    Delle fotografie già citate, quella che mi ha colpito di più è “Deluge” per questo effetto di tranquillità in contrapposizione alla storia, nel quale i corpi dovrebbero essere terrorizzati e disperati, invece questi corpi ritrovano i valori universali; questo ci fa capire la grande forza della fotografia.
    LaChapelle secondo me, aprì un nuovo capitolo, dal momento che iniziò a realizzare “New World” perché si dovette interrogare sui temi del consumismo e del capitalismo, connettendoli all’idea dell’apocalisse e del diluvio. Basò questo lavoro interrogandosi anche sul cosa ci fosse dopo un diluvio, arrivando all’idea di un nuovo mondo, che non ha troppo a che fare con la mitologia ma con la speranza di un luogo dove qualsiasi persona possa essere una persona migliore, un luogo di unione, una sorta di paradiso.

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  27. Angelica L   18 Dicembre 2019 at 00:26

    Dopo la lettura dell’articolo e dopo aver visionato le opere di David LaChapell, ciò che rimane principalmente impresso almeno per quanto riguarda me, è la sua capacità di stravolgere e talvolta di sdrammatizzare uno scenario. Ciò che lo contraddistingue è il rendere le fotografie talvolta surreali tra colori accesi ed esagerazioni. Un’altra caratteristica intrigante è l’uso dell’ironia all’interno delle sue fotografie. Le sue opere denunciano problematiche contemporanee come il consumismo e con una sfrenata esigenza di apparire. Legandomi a questo concetto che ho ritrovato nell’opera Milla Made a Collage, New York, the Face , 1995, che ritrae una donna dallo sguardo compiaciuto, come se si trovasse in uno stato di piacere e benessere, con uno sguardo alquanto provocatorio. Soffermandomi sul background ho notato elementi che rimandassero a vizi, piaceri e consumi. Penso che questo concetto sia tutt’oggi presente nelle nostre vite, l’interpretazione che ho dato io a quest’opera è legata al fatto del bisogno, che ci si sente soddisfatti ed appagati solamente se si hanno oggetti legati al piacere. Credo infatti che anche in questo caso come in molte altre opere di LaChapelle l’aver ritratto una donna semi-nuda, sia stata un’azione provocante, in quanto tutti siamo attratti dalle cose belle. Andando alla ricerca di un fotografo che potesse rimandarmi alla complessità di caratteristiche di LaChapelle, mi sono imbattuta nelle fotografie di Tejal Patni. Laureato alla Sir JJ School of Applied Arts ha iniziato come fotografo di scena.. Ha girato per Harvey Nichols, Bloomingdales, Chanel, Hugo Boss, Levi’s, Splash Fashions, Emirates Airlines e tutta una serie di alcuni dei marchi più interessanti del mondo, tra cui il famoso “Calendario Splash” che ha raggiunto fama mondiale.
    “Ho sempre cercato di “spingere un po ‘le cose”, dare alla gente qualcosa che non avevano mai visto prima.” Mi hanno subito colpito e rimandato LaChapelle le caratteristiche del surrealismo, dell’apparente caos causato dell’immagine e dal fatto che la fotografia colpisce, ci conduce a porci domande, non mi permette di distogliere immediatamente lo sguardo dall’immagine cosa che ad oggi capita continuamente. La cosa che ho trovato in comune è il fatto che entrambi portano lo spettatore ad indagare e provare a comprendere la fotografia.

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  28. ChiaraCLaba   18 Dicembre 2019 at 00:31

    LaChapelle sdogmatizza e critica quelle che sono le convenzioni attraverso un processo di desemantizzazione e di esonero del soggetto rispetto al contesto. Si limita a rappresentare il soggetto senza porsi il problema di come rappresentarlo. E’ evidente ,dunque, che, dando più importanza al significante rispetto al significato, abbia un approccio nettamente, o per lo meno, prevalentemente estetico all’arte (ciò non esclude il fatto che voglia trasmettere dei messaggi molto profondi). LaChapelle replica opere d’arte sacre rinascimentali sfruttandone la notorietà e dunque la cultura visiva secolarizzata rischiando di cadere nel kitsch, nell’eccesso, nel banale e nell’ironia, ma d’altronde è proprio quello che vuole lui, dato che non si preoccupa, o per lo meno non ha paura degli “effetti collaterali” che le sue fotografie possono generare. Molte volte è proprio dallo scandalo, da qualcosa di nuovo, inaspettato che nasce il successo, proprio perché l’arte, secondo me, ha bisogno di originalità, di novità, di uscire costantemente fuori dagli schemi, per quanto sconvolgente possa essere, basta avere il coraggio di spingersi oltre, un po’ come lui. C’è da dire che LaChapelle segue degli ideali ben precisi, un po’ come tutti noi, e uno dei tanti è la bellezza. Come dice in un’intervista: «Perché la bellezza non deve essere mai banale. E l’arte deve sfidare i preconcetti: bisogna togliere l’iconografia religiosa dalle mani dei fanatisti, e il nudo al monopolio della pornografia. Cerco di avere sempre una visione ottimistica, che offra ispirazione». Non è detto che tutto debba essere preso con estrema serietà solo perché delle convenzioni lo impongono o altrimenti può risultare blasfemo o eccessivo o ridicolo o addirittura banale; in un mondo, poi, ormai senza regole e senza limiti tutto ciò mi sembra profondamente moralista ed incoerente. Io personalmente adoro i suoi scatti proprio perché sono fuori dal comune, pieni di stile e molto evocativi, con chiare note utopistiche. Osservando le sue foto sembra veramente che il fotografo concretizzi i suoi ideali utopistici rendendoli verosimili, con effetti e giochi di colore, rendendo il tutto quasi magico. Ad esempio nei suoi scatti per il calendario Lavazza 2020, sembra di vedere, appunto, un “realismo magico”, uno stile pittoresco che sembra innestare spiritualità e materialismo. Ed è magnifico perché sembra di sognare, ti chiedi se quello che vedi sia realtà o finzione o entrambi. In un’intervista a proposito del calendario Lavazza dice: «Ho unito persone, modelli e modelle, alla natura. Alle Hawaii ho potuto ricreare un giardino dell’Eden. Gli scatti sono immagini in cui volersi immergere. Scappare dentro una foto, e ritrovarsi con aria pulita, niente plastica, a fianco di Madre natura». E’ vero, guardando le immagini mi viene proprio voglia di immergermi e scapparci dentro, come se fossero ambientate in un mondo paradisiaco, idilliaco, in cui ti senti al sicuro. Concludo dicendo che credo mi sia arrivato il messaggio insito nelle opere di LaChapelle; provo le stesse sensazioni che descrive il fotografo, mi immedesimo, vado oltre i dogmi e le convenzioni comuni, me ne frego della ragione, parlo semplicemente attraverso le mie sensazioni immediate, le sue fotografie sono un estremo piacere per i miei occhi e io in tutto ciò vedo assolutamente del bello. E credo che l’intento del fotografo sia, almeno in parte, proprio questo.

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    • luc97   19 Dicembre 2019 at 09:52

      Sono stato colpito dalla tua vision dell’effetto LaChapelle. Credo che il tuo approccio sia quello di tutti noi cioè fregarsene delle convenzioni e lasciarsi trascinare dalla bellezza delle fotografie.

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  29. Lorenzo LABA   18 Dicembre 2019 at 03:13

    Contemporaneo, rivoluzionario, bizzarro, teatrale, iconico, in due parole: David LaChapelle. Esso è decisamente un fotografo e regista statunitense estremamente sovversivo, si può dire inoltre che LaChapelle ha rivoluzionato totalmente la rappresentazione della moda e la mentalità di essa. In ogni sua foto, oltre a notare diversi tipi di dettagli, possiamo notare a livello percettivo diverse forze che stupiscono il nostro sguardo. Esso inoltre ha l’abilità, o meglio il potere di distorcere completamente l’idea della “naturalezza” creando così immaginari surreali mai visti prima. Inoltre, ritornando al fatto della sua capacità di distorsione dell’immaginario collettivo della moda, è riuscito a cambiare la visuale di figure che noi definiamo “strane”, rendendole necessarie nell’immaginario della trasgressione. Ora cito l’icona simbolo dell’evoluzione identitaria che passa necessariamente dal cambiamento fisico, diventata icona artistica grazie al lavoro con David LaChapelle: Amanda Lepore. Essa grazie al fotografo è diventata un’icona sia della moda sia come protagonista di importanti campagne. Ho voluto citare questa icona poiché non solo David LaChapelle ha realizzato grandi opere d’arte basate su Amanda Lepore che hanno riscosso un successo inimmaginabile, ma il fotografo ha reso vivo ciò che è per lui l’ideale della figura della “stranezza”, della distorsione della natura, che si destreggia tra pensiero e giudizio e che, guardandola, fa si che questi diventino quel sano senso di colpa che si nutre verso chi ha il coraggio di dire la verità, la verità su se’ stessi che diventa un manifesto per tutti noi, un atto di coraggio biondo platino.

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  30. ann   19 Dicembre 2019 at 09:40

    Mi sono piaciuti gli interventi alla discussione. Mi sorprende che nessuno abbia detto che David Lachapelle ha fatto spot bellissimi. I suoi video sono inconfondibili e secondo me dovrebbero essere ricordati.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   19 Dicembre 2019 at 12:39

      Quello che dici è vero. Per esempio considero notevole il corto fatto per Diesel 1917, intitolato Make love not walls. È un crescendo che finisce con una tipica figurazione di valori importanti: il muro che esplode, ragazzi che ballano felici, carri armati di gomma sollevati. Naturalmente non danzano come negli spot per rimbambiti della Tim. Risultano più veri, energici.
      Il corpo in movimento ritmico ha sempre interessato DLC. Il suo primo film si intitolava Rize, alzati e balla, uscito nel 2005, credo. Era un film/documentario sulle tribù metropolitane di Los Angeles, centrato su sfide di danza improvvisata. Quando lo vidi mi face una ottima impressione.

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  31. Sara G. LABA   19 Dicembre 2019 at 16:36

    David LaChapelle ha segnato con il suo stile un’intera epoca della fotografia contemporanea della post pop-art. Il suo nome è sinonimo di eccesso e trasgressione, si pone al confine tra il buon gusto e il kitsch. E’ un artista “al limite”, che non lascia spazio ad atteggiamenti intermedi: lo si ama o lo si odia, senza vie di mezzo. Dalle sue opere emerge in maniera consistente il concetto di tragedia, di distruzione, di abbandono, di degrado in un’atmosfera apocalittica enfatizzata dalle tinte sature e tonali. Tutto è netto, tutto è sullo stesso piano perfettamente a fuoco, non esiste lo sfumato, la profondità di campo. Il suo stile è ironico, dissacrante, surreale, barocco. Nella sua opera “The Deluge” l’artista rappresenta gli orrori del nostro tempo, proprio come accadde negli scatti del fotografo inglese Martin Parr. Mi riferisco in particolare a “The Last Resort: Photographs of New Brighton”(1986), rassegna impietosa dei riti collettivi, dell’omologazione estetica e culturale, del trash food e del cattivo gusto. I colori sono saturi, brillanti e il soggetto è isolato da un colpo di flash che lo stacca dal fondo: esemplare da collezione in una galleria di orrori del nostro tempo. Parr rappresenta scenari, ritratti e dettagli eloquenti di un desiderio compulsivo e irrazionale, della corsa disperata al piacere a ogni costo, all’appagamento della vista e del gusto. E’ nel turismo di massa che la fotografia di Martin Parr trova il terreno ideale. E’ come guardare la realtà contemporanea attraverso una lente deformante: è uno sguardo sui riti della borghesia inglese ma in una prospettiva ravvicinata, impietosa, per così dire “ubriaca”, senza filtri o attenuanti, che genera un sentimento di provocazione e trasgressione ricorrente anche nelle opere di LaChapelle.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   19 Dicembre 2019 at 23:50

      Molto coinvolgente la tua descrizione della foto di Parr. Non avrei potuto far meglio. Tuttavia avvicinarlo allo stile di DLC… mah! È vero che lo hanno scritto anche altri ma non sono convinto. Vedi, per me Parr lavora con pezzi di reale e fa di tutto per farceli percepire come tali. Le sue immagini non ci lasciano indifferenti ma disturbano. DLC ha bisogno di trasfigurare gli oggetti presi nel campo fotografico per sorprendere le nostre attese donandoci un sentimentico ludico. È solo la mia opinione naturalmente. Che non toglie nulla alla tuo pertinente intervento.

      Rispondi
      • AlbertoL   27 Dicembre 2019 at 16:19

        Ho conosciuto il fotografo in questione solo tramite un lavoro che aveva come soggetto Travis Scott, artista americano che insieme a pochi altri sta cambiando il movimento di quella che prima era cultura suburbana e che ora sta diventando a tutti gli effetti cultura planetaria. E al netto di quelli che sono i tecnicismi (che fondamentalmente poi riconosco ma non conosco), mi rendo conto che quello che apprezzo di più é il suo modo di muoversi in maniera funambolica tra concetti diametralmente opposti fra loro. In primis, i riferimenti pop associati a quelli religiosi con i quali fa emergere una sarcastica austerità per la quale si rimane interdetti e continuando poi con questa visione di una fine del mondo super edulcorata che contemporaneamente emana una sorta di malinconia e solitudine intrinseca che per forza di cose lascia allo spettatore un retrogusto dolce amaro sul quale poi si può ragionare.
        Sulla base di questo ho trovato i lavori pubblicati nell’articolo, insieme ai portrait di Scott molto coerenti e molto interessanti e per i quali poi la fotografia passa a diventare arte, intesa come materia di riflessione.

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  32. genny   21 Dicembre 2019 at 09:40

    Il Paradiso New Age di LaChapelle saranno pure foto belle ma che messaggio danno? Che il pianeta sta benissimo? Ho letto l’articolo con piacere ma se mi è permesso avrei una critica. L’autore è troppo interessato a descrivere effetti fotografici e poco propenso a prendere posizione sui contenuti delle immagini.

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  33. maurizio   22 Dicembre 2019 at 12:17

    Genny mette il dito nella piaga. I contenuti delle foto di LaChapelle sono sempre al limite. Nella mostra a Venezia ho visto la foto della natività con il Minotauro di colore con fuori tutti gli attributi. Cosa voleva dire? che è lui il fecondatore? La foto colpisce, impressiona. Io però la spiritualità proprio non la vedo. Cioè sì, ma è imbarazzante. Usare la bellezza per mettere a disagio è storia già vista. Strano che funzioni sempre.

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  34. Lamberto Cantoni
    Lamberto   23 Dicembre 2019 at 13:54

    Per Maurizio.
    Guardo l’infante nella foto (Nativity, 2012) che citi e noto subito che non ha gli zoccoletti al posto dei piedini e nemmeno le cornine. Da questo deduco che il Minotauro fecondatore è una tua paturnia mentale. Non credo che DCL voglia seminare disagio. Al contrario le sue visioni hanno quasi sempre un fondo di ottimismo. Dalla grande arte del passato il fotografo mutua l’effetto percettivo dell’ordine formale della scena, al quale sovrappone con la sua magistrale orchestrazione di luci e colori la scintillante entropia percettiva utile per infondere al tema prescelto la suonata emotiva che ritiene conforme all’effervescenza semantica (non facilmente linearizzabile) con la quale il fruitore deve fare i conti.
    Per semplificare: immagina che il senso della natività abbia come contesto territorio e popolazioni dei tropici. Al posto dei re Magi, della mucca e dell’asinello etc. etc. devono per forza apparire altre figure. Non mi risulta che asini e mucche, animali notoriamente rincoglioniti dall’addomesticamento, nella savana possano sopravvivere come fanno i rinoceronti & Co. Probabilmente l’uomo che indossa una maschera a testa di toro, vuole raffigurare lo stretto legame che il pensiero selvaggio stabilisce tra uomini e bestie.
    E non sono sorpreso di vedere nella foto, sciamani o guerrieri tribali invece che personaggi vestiti alla mustafà.
    Non ci vuole molto a capire lo straniamento al quale DLC sottopone il mito in oggetto. Cosa vuole dire l’immagine? Probabilmente vuole ricordarci che tutte le natività hanno qualcosa di divino a prescindere dal colore della pelle e dalle decorazioni narrative.
    Per Genny.
    Credo che tu ti riferisca alla serie di foto conosciute come New World. Effettivamente presentano un surreale Paradiso cioè un paesaggio che sembra in sospeso tra sogno e realtà. Direi che la visione di DLC è una divertente alternativa alla teoria dei 3 Paradisi di Pistoletto, l’artista maestro in percezioni “povere”.
    Il primo paradiso sarebbe la natura. Il secondo sarebbe quello artificiale creato dall’uomo. Il terzo e il più importante sarebbe il risultato di una collaborazione tra uomo e natura. Questa necessaria nuova alleanza viene costantemente ricordata da Pistoletto attraverso un metodo di essenzialità percettiva (che non esclude naturalmente il grande valore del messaggio). La tattica di DLC è l’opposto, l’esuberanza percettiva ci proietta in un mondo utopico che ripristina il rapporto con la natura all’insegna dell’entusiasmo, dello stupore. Quindi le opere di Pistoletto funzionano come un “monito”, quelle di DLC come una “speranza””desiderio”. Di cosa abbiamo più bisogno oggi?

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  35. maite LABA   27 Dicembre 2019 at 19:51

    David LaChapelle è sicuramente un personaggio che ha superato un limite e proprio per questo motivo è definito trasgressivo e rivoluzionario.
    Un artista che ha reso la sua fotografia un’arte surrealista, quasi da essere confusa con un quadro di Dalì, da lui molto amato e stimato.

    Nelle sue opere il fruitore può immergersi in mondi carichi di dettagli che possono sembrare parte della totalità del quadro, ma in verità si potrebbe analizzare ogni singolo elemento e comunque, questo avrebbe un significato profondo.
    Prendiamo come esempio ‘’Heaven to Hell’’, lo sfondo si confonde con il paesaggio che è sia contenuto che contenitore.
    Al centro, altri personaggi alludono alla morte di cristo.
    A proposito del Cristo, un Cristo biondo?!? È divertente e provocatorio. Mi piace.

    Sicuramente questa sua caratteristica e questo suo stile ha avuto un enorme trasformazione quando ha visitato gli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina.
    Da li ha creato una delle sue opere più famose ispirato al ‘’ diluvio universale ‘’ di Michelangelo : ‘’Deluge’’ (2006) toccando con grande abilità ed eleganza un tema molto delicato, la contemporaneità.
    Creando un vero e proprio ‘’quadro fotografico’’ che critica l’uomo post moderno e la sua paura del grandi cambiamenti.

    Condivido la scelta di riprendere un opera famosissima di Michelangelo per un fine commerciale e di visibilità.
    Dal punto di vista strategico di marketing è una ottima opportunità di entrare in un contesto che ‘’fa chiacchera’’.
    Sono sicura che molti commenteranno questa mia affermazione dicendo : ‘’ti sbagli Maite, l’arte non ha assolutamente un fine commerciale’’, ma non bisogna dimenticarsi che LaChapelle è prima di tutto un fotografo, e le sue opere sono estremamente ricercate, ma di certo non gratis.

    inoltre, ho un altro pensiero riguardane la scelta di riprendere Michelangelo.
    È interessante accostare le due opere storicamente: a Michelangelo è stato commissionato ‘’il diluvio universale’’ da un Papa, per l’esattezza Papa Giulio II, con il compito di immortalare una scena biblica che ha la funzione di essere immortale e duraturo.
    Mentre LaChapelle la ripropone ai giorni nostri dove il duraturo non esiste, ogni cosa sembra essere al limite della devastazione e tutto si sta frantumando.

    Sicuramente nel 500 la chiesa era un caposaldo, Dio era una figura che rasserenava l’intera umanità.
    Ai giorni nostri, il mondo mondano sta cedendo, a cosa ci aggrappiamo? Di chi è la colpa di questo disastro?

    Rispondi
    • Antonio Bramclet
      Antonio   28 Dicembre 2019 at 10:19

      A me risulta che Giulio Ii fosse chiamato il Papa terribile per la sua ferocia. A quei tempi Dio non rasserenava un bel niente. Nel suo nome si combatteva, si bruciavano donne e liberi pensatori. Cara Maite sono d’accordo con quello che scrivi su LaChapelle ma non con il tuo finale. Cioè la domanda che poni è giusta, però sembra che il mondo stia cedendo perché Dio è morto. Non sono d’accordo. Il mondo sta cedendo perché siamo degli stronzi che non vogliono cambiare stile di vita e di pensiero.

      Rispondi
  36. Maite   28 Dicembre 2019 at 12:30

    Antonio, è vero che Papà Giulio II era definito “ terribile” ma non confonderti con il suo volere ed il volere della chiesa, l’ho citato solo perché era il committente.

    Hai detto bene, si combatteva, si bruciavano donne definite streghe ecc.

    Ma in verità chi voleva il tutto? La chiesa.
    Il suo monopolio politico ha portato a compiere tali atti.
    E la cosa più importante da sottolineare è che la popolazione credeva ed incitava queste pratiche.
    Questo è il senso di appartenenza che noi umani necessitiamo per sopravvivere.

    Siamo animali sociali e ci dobbiamo sentire parte di qualcosa, una famiglia, una comunità, una squadra.
    Purtroppo è anche vero che viviamo nel mondo dell incertezza, dove la frenesia del mondo può spaventare.

    Alla fine era il tema della biennale d’arte di Venezia di quest’anno “ may you live in interesting times”.

    E credo che LaChapelle volesse esprimere proprio questo concetto.

    Da ciò mi ricollego alla tua espressione sulla morte di Dio:

    Dio non è morto, attenzione, l’ho utilizzato solo come metafora e penso sia solo meno presente.
    Ritengo che sia uno dei tanti motivi per cui il mondo sta crollando.

    Per non creare incomprensioni vorrei dire che io non ritengo che la figura di Dio ci debba per forza essere, ma sicuramente per alcuni è un “ porto sicuro “.

    Le domande di conclusione non riguardavano solo Dio e la religione.

    Concordo con te che la popolazione (soprattutto italiana) non vuole cambiare pensiero o stile di vita ma per paura.
    Temiamo la novità perché è scomoda, ma da qualche anno ormai noi tutti DOBBIAMO cambiare.
    Ne è un esempio il “Friday for future”, i giovani lo sentono e questo grazie al senso di appartenenza che ci accomuna.
    Poco a poco le novità verranno accettate, ne sono sicura.

    Rispondi
  37. Michela (L.)   28 Dicembre 2019 at 15:35

    La personalità e la genialità di LaChapelle sono più uniche che rare, in quanto si distinguono da qualsiasi personaggio vi sia mai stato nella storia. Ha la capacità di attingere da svariate fonti culturali, anche piuttosto elevate, pur brillando di una luce propria e direi unica.

    Si tratta di un particolare personaggio, all’apparenza rivoluzionario ma probabilmente in realtà meno di altri. Con questa affermazione intendo che LaChapelle ribalta il senso della disciplina della fotografia. La fotografia consiste spesso o nell’immortalare momenti naturali e spontanei da cui è possibile estrapolare il significato, o nel comporre una scena, in maniera artificiale, che comunichi specificatamente un messaggio voluto dall’artista ma che, nel complesso, appaia comunque naturale così che mantenga credibilità. LaChapelle al contrario compone “banalmente” una scena totalmente artificiale, fuori dagli schemi, volutamente surreale dove spesso vi sono dissonanze tra i personaggi ed il contesto; questo modus operandi che ricorre in tutte le sue opere, è il suo segno distintivo ed è portavoce della comunicazione pura e senza filtri dell’artista. Le sue fotografie, costruite minuziosamente nel singolo dettaglio, sono così finte, così surreali, da rappresentare alla perfezione la “reale realtà”.

    Il paradosso a cui va incontro il lavoro di LaChapelle è esattamente il fulcro della sua genialità. Se ci soffermiamo ad esempio su “The Kardashian family Christmas card” ritroviamo esattamente tutte le caratteristiche citate sino ad ora. La scena è indubbiamente costruita su luoghi comuni, esagerazioni e idealizzazioni di un mondo hollywoodiano che, seppure consapevoli dell’artificio e dell’estremizzazione rappresentati, tendiamo a pensare realmente in questo modo nella nostra mente. È qui che entra in gioco il lavoro percettivo che LaChapelle attua nelle sue opere: sapendo che la nostra percezione è spesso soggetta a distorsioni, lui decide di rappresentare le percezioni della gente anziché scegliere tra la realtà o la finzione; ecco perché ci appare tutto così reale.

    L’estrema credibilità che le fotografie trasmettono è probabilmente la conseguenza del fil rouge che lega la finzione della scena alla finzione da cui siamo circondati nella società odierna, soffocata dalle continue immagini del consumismo, dall’importanza materiale degli oggetti, dalle apparenze che, seppure fasulle, ci categorizzano in diverse “tipologie di persone”. L’esempio più lampante ed esplicativo che racchiude questo discorso, si può ritrovare nella chirurgia plastica: quanto tempo passiamo a contemplare bellezze che altro non sono che false?

    Rispondi
    • mary   29 Dicembre 2019 at 09:58

      Michela dice delle verità. Ma a me non sorprende vedere che ammiriamo facce e corpi modificati dalla chirurgia plastica. LaChapelle è talmente giusto che potrebbe fare apparire bella qualsiasi cosa. Mi sorprende sapere che l’intervento chirurgico estetico è il primo desiderio tra i giovanissimi. Non sono convinta che il messaggio del fotografo sia una critica. Essendo belle foto potrebbe risultare un incitamento a modificare se stessi.

      Rispondi
      • Michela (L.)   29 Dicembre 2019 at 13:45

        Infatti Mary non ho voluto parlare né di critica alla società né di approvazione, ma semplicemente di quanto le sue immagini rispecchino la “falsità” della realtà dei nostri tempi, in maniera oggettiva. Personalmente non ritengo le fotografie di LaChapelle critiche, secondo me lasciano spazio alla libera opinione di ciascuno di noi; è come se lui volesse soltanto ritrarre un mondo che vede.

        Rispondi
  38. Antonio Bramclet
    Antonio   28 Dicembre 2019 at 19:35

    Le precisazioni sono giuste. Però cara signorina Maite io non sono sicuro che basti qualche piazza piena di sardine, per realizzare novità così impegnative. Ecco perché apprezzo artisti come LaChapelle, un’ex giovane, che a loro modo contribuiscono a farci sentire quanta bellezza rischiamo di perdere.

    Rispondi
    • genny   28 Dicembre 2019 at 19:53

      Ehi! Maite e Antonio, come siete mielosi. Ma siete sicuri che a Lachapelle gliene freghi qualcosa delle vostre disquisizioni politico religiose. Per me Michela fa la lettura giusta quando dice che è la celebrazione della finzione che prende il posto della realtà ad interessarlo.

      Rispondi
    • maite   29 Dicembre 2019 at 10:22

      Antonio, mi dispiace ma hai preso lucciole per lanterne.
      Non ho menzionato il movimento delle sardine, ho fatto riferimento a ”Friday for Future” che è un movimento ambientalista, e soprattutto non politico, a livello mondiale.
      Con questi piccoli gesti, noi giovani ci facciamo sentire.
      L’arte è un canale di comunione che ci fa interrogare sul mondo circostante, ed io la adoro per questa ragione.
      Purtroppo l’ arte nel mondo odierno non dispone della necessaria urgenza per potere modificare la ”status quo”.
      I movimenti, hanno la forza e un impatto mediatico immediato per smuovere le coscienze della gente e dei politici, per spingerli ad agire.

      cara genny, sono discussioni.
      Credi che Lachapelle non si sia interrogato su questi temi ? Ne dubito.

      Rispondi
      • Antonio Bramclet
        Antonio   29 Dicembre 2019 at 11:38

        Hai ragione ero molto bevuto. Però i movimenti esistono da sempre. Quando mai hanno combinato qualcosa?

        Rispondi
  39. Sofia LABA   31 Dicembre 2019 at 18:40

    Non ero a conoscenza di questo artista prima di leggere l’articolo ed è stato interessante scoprire questo suo mondo, caratterizzato da uno spirito critico-cinico, ma anche ironico.
    E’ interessante notare come LaChapelle modifica i personaggi dello star system, ovvero riprende dipinti del passato e li ripropone in chiave moderna ed eccessiva. Ad esempio mi è rimasto impresso lo scatto fatto a Michael Jackson nei panni di un angelo che con le ali bianche, calpesta il diavolo.

    Ma venire a sapere che la copertina del terzo album di uno dei cantanti che ascolto costantemente è stata scattata da David LaChapelle mi ha emozionato. Travis Scott e David LaChapelle hanno collaborato per creare una copertina spaziale.
    La cosa interessante è che ogni volta che sentivo questo album mi chiedevo guardando l’immagine, chi avesse scattato questa copertina strepitosa, ma non ho mai fatto una ricerca approfondita. Infatti quella che appare una semplice cover di un album cela dietro di sé la pura essenza dell’arte di LaChapelle.

    Inoltre appena aver letto l’articolo ho pensato che LaChapelle potesse avvicinarsi molto alle foto dell’artista, fotografa e regista americana Cindy Sherman. Forse per i colori vivaci e sgargianti o forse perché entrambi trattano di tematiche sociali importanti.Anche se Cindy Sherman aveva come protagonista delle fotografie se stessa, mentre LaChapelle come già detto prediligeva personaggi dello star system, entrambi hanno un modus operandi simile.
    I personaggi della Sherman erano allo stesso tempo divertenti, scioccanti, commuoventi e sgradevoli, per far ciò utilizzava delle parrucche o si travestiva da clown.
    A mio parere proprio i clown rappresentano un punto di incontro tra il lavoro di LaChapelle e quello di Sherman; queste opere fanno riflettere.

    Rispondi
  40. Emanuele L   2 Gennaio 2020 at 15:20

    Sinceramente non trovo nulla di geniale in questo artista, mi riesce difficile persino commentare in quanto sarei bugiardo nel dire che LaChappelle mi sia piaciuto.
    Colorato, eccessivo, forse kitsch: si riconosce già dopo uno sguardo.
    Ironia e glamour si fondono nelle sue opere trasgressive, si muove LaChapelle tra sacro e sacrilego, ne è un esempio l’opera Nativity.
    Per questo credo non mi sia piaciuto, troppo eccentrico!
    Tuttavia ammetto che i portrait sono fantastici, ironici, sempre nello stile di LaChappelle però li ho trovati veramente originali in particolare quelli di Eminem.

    Rispondi
  41. Chara C. (L)   3 Gennaio 2020 at 16:41

    Ho visto spesso in giro per il web delle immagini di LaChapelle senza sapere chi le avesse realizzate, comportamento solito in questa società dove veniamo costantemente bombardati di stimoli visivi, ma grazie a questo articolo ho avuto l’occasione di collegare le opere all’artista.
    Oltre alle immagini presentate ho fatto una ricerca di altre sue opere per capire meglio con quali soggetti ha lavorato e quali provocazioni ha stimolato e trovo molto interessante il suo lavoro.
    Anche un profano capirebbe subito se sono sue opere o meno. Colori brillanti e intensi, personaggi carichi di significati sia per le loro personalità nella realtà ma anche per il ruolo che interpretano nell’immagine. Espressione dei volti, vestiti (che spesso mancano) e dettagli in ogni mm di immagine rendono i suoi lavori delle opere che difficilmente dimentichi. L’insieme dei colori, delle luci, degli elementi e delle composizioni sono così straordinariamente comunicativi che a volte ti viene da riflettere se quella percezione della scena fosse voluta dall’artista oppure è una tua costruzione mentale.

    Rispondi
  42. mario L   4 Gennaio 2020 at 09:50

    Non credo ci sia innovazione in ciò che LaChapelle ha realizzato.
    Trasgressivo, innovativo, surrealista, comico, pazzo, barocco, contemporaneo, sono definizioni e non solo queste, che non lo rendono diverso od innovativo da altri.
    Prima di lui ci sono stati molti altri artisti, sicuramente si può differenziare da loro per ciò che mette di suo nelle sue opere, ma non che sia un rivoluzionario.
    Ai tempi d’oggi vi è la possibilità di poter utilizzare altri modi di espressione che rendono all’occhio qualcosa di diverso che ai tempi a dietro non esisteva.
    Ma prendiamo artisti come Duchamp, che sulla Gioconda di Leonardo da Vinci è riuscito a giocare con dei baffi e una frase, tanto da renderla lo scalpore di quel tempo.
    Tanti altri artisti non riconosciuti hanno fatto tale cosa, rendendo opere d’arte dei veri e propri pezzi glamour, scherzosi, trasgressivi, utilizzati anche per pubblicità.
    Sicuramente lui ha avuto l’idea di renderle uniche a suo modo, e sopratutto di utilizzare tematiche contemporanee molto forti, una tra le tante che è quella religiosa, da rendere la critica molto pesante, visto che può dare molto fastidio.
    Sicuramente, essendo stato uno studente del Liceo Artistico amante dell’arte, posso dire che di furbizia ne ha usata tanta, non è sempre facile sdrammatizzare l’arte o renderla un Black Humor o anche una semplice opera comica, ma LaChapelle ci è riuscito tanto da creare scalpore e critiche.

    In effetti, ciò che mi ha colpito di lui, è stata la sua capacità di riuscire ad incastrare personaggi dello star-system, con opere da lui amate di Michelangelo, utilizzando questi colori molto accesi, che rendono il tutto un cerchio di esplosione, immergendole in tematiche forti che chi se ne capacità, riesce a coglierne il messaggio.

    – Bisogna sempre capire quale messaggio vi è dietro un’opera e non guardarla mai come se fosse un disegno qualunque.

    Da notare in oltre, come lui renda le opere simili a dei frame di alcuni film, uno in particolare che mi viene in mente è “kingsman”, quindi molto interessante l’utilizzo delle cromie e della composizione.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   4 Gennaio 2020 at 10:28

      Non mi risulta che nello script iniziale venga usata la parola “innovazione” e nemmeno “rivoluzione”.
      Di fronte a oggetti caratterizzati da una forte carica espressiva, la nostra mente quando funziona bene, va alla ricerca di specificità cioè di caratteri che li differenziano da ciò che deve rimanere nello sfondo.
      In tal modo possiamo parlare per esempio di stile individuale.
      Naturalmente nessuno crea dal nulla. E la ricchezza culturale di una immagine, la sua profondità, dipende da queste correlazioni con tracce che rinviano alla soluzione di problemi (formali) comuni con intere generazioni di artisti.

      Rispondi
  43. MelitaL   4 Gennaio 2020 at 12:43

    La prima volta che ho guardato e osservato più attentamente le fotografie di David Lachapelle, ho provato due sentimenti opposti contemporaneamente. Il disgusto non mi faceva distogliere lo sguardo dall’immagine: mi portava a voler vedere ogni minimo particolare, per cercare di capire cosa intendesse dire con la sua messa in scena. Credo che la prima caratteristica delle sue opere, quella che attira lo sguardo in un mondo pieno di immagini, siano i colori e i loro accostamenti esagerati e surreali.

    È un po’ come le opere d’arte, come citato anche nell’articolo, di Andy Warhol: prendiamo in esempio la sua Marylin Monroe. Le cromie sono la ragione per la quale la nostra attenzione si sposta e si concentra su quell’opera, con il desiderio di non stancarsi mai di osservarla. Soltanto dopo le cromie, ci accorgiamo che scompongono il volto dell’iconica Marylin. La caratteristica più sconvolgente è ci sentiamo e reagiamo allo stesso modo davanti alle immagini di Lachapelle.

    Attirati dalle cromie, soltanto in seguito il nostro cervello compone l’immagine e collega le figure presenti nella composizione, a quelle che conosce nella realtà. In seguito, però non va a cercare e a sforzarsi per capire il significato, gli basta questo: l’impatto visivo che ha l’immagine sul fruitore è così forte, che non ti serve sapere o comprendere cosa ce dietro.

    In realtà le sue opere/immagini prendono e raccontano la realtà, che sia presente, passato o futuro; addirittura i suoi racconti potrebbero essere posti in qualsiasi epoca, perché parlano dell’umanità, delle sue credenze e caratteristiche comportamentali sempre presenti.
    Prendiamo in esame, per esempio, l’opera dover viene rappresentato Michael Jackson, che “sconfigge” e calpesta un diavolo rosso, con sullo sfondo una tempesta sul mare. Personalmente la prima caratteristica dell’immagine, che ha attirato e emozionato il mio sguardo, è stato l’accostamento della cromia bianca con quella rossa, che su un sfondo composto tonalità neutre, come il nero e il grigio, spicca.

    Soltanto in un secondo momento la mia percezione si concentra su cosa queste cromie compongono. L’interpretazione però è libera: nella fotografia non si comprende cosa l’artista volesse dire, e sinceramente è così esteticamente attraente ma kitsch, che neanche mi interessa. La mia mente vaga cercando diverse interpretazioni, ma senza sforzarsi troppo, perché è già soddisfatta soltanto dal suo aspetto esteriore.

    È per questo motivo che ha funzionato come fotografo di moda: le cromie che attirano l’attenzione, assieme alle composizioni caricate bastavano al fruitore comune per concentrarsi sull’immagine, sull’aspetto esteriore delle figure rappresentate – capi che indossano. Non riuscendo a percepire il significato nascosto, legato alla realtà, delle sue opere ci si concentra sulle caratteristiche che attraggono e vengono fruite da tutti – la moda e i vestiti.

    A differenza dei fotografi di moda che l’hanno preceduto, ha dato inizio ad un modo diverso di includere gli abiti nelle fotografie. Creando apparentemente mondi surreali, ma che vadano in un secondo piano a rappresentare i problemi, drammi e caratteristiche della società e della realtà, che non è necessario siano del presente.

    Prendiamo, per esempio uno dei fotografi più importanti e artisticamente significativi del Novecento: Horst. La sua fotografia non ritraeva mondi fantastici o la realtà, ma voleva raccontare un sogno di bellezza, eleganza e glamour: a differenza di Lachapelle, che del glamour e della bellezza, intesi in modo classico e convenzionale, non gli interessava. Nelle immagini di Horst si rintracciano i riflessi del classicismo greco, del Bauhaus, mentre in Lachapelle ci sono Michelangelo e Andy Warhol, così da andare a rappresentare no una bellezza elegante, classica, sensuale, ma quella che è il risultato di grottesche degenerazioni degli ideali di bellezza: con la rappresentazione di uno stile ultra glamour.

    Le immagini di Horst si concentrano sulla bellezza classica e evocativa, le sue immagini per questo ci sembrano distanti e appartenenti ad un’altra epoca. Anche se la bellezza rappresentata è eterna, è pur sempre legata ad una cosa che non c’è più. Lachapelle con il suo kitsch, ci racconta qualcosa che c’era e ce, che è reale: anche se il mondo rappresentato nelle sue fotografie è surreale, è più realistico delle fotografie eleganti e distanti di Horst.

    Personalmente quando guardo le opere di Horst mi vengono in mente le fotografie che trovi sui comodini nelle camere da letto di signore e signori anziani: quelle che ti riportano indietro nel tempo e ti fanno sognare, rivivere quei momenti anche se non li hai mai vissuti. Pensi a come sarebbe potuto essere vivere in quelle epoche, dove tutto era diverso.
    Lachapelle invece apparentemente è surreale, ed è come se rappresentasse una realtà che non esiste o non appartiene alla nostra. Ma non ti fa sognare, non ti trasporta in questa apparente realtà lontana: perché quella che rappresenta è quella che viviamo. È secondo me un concetto molto difficile da comprendere, ma Lachapelle è tanto surreale quanto terreno: con il suo kitsch, che sembra apparentemente distante dalla nostra realtà, fotografa ciò che non vogliamo dire con le parole.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   5 Gennaio 2020 at 08:13

      I tuoi rilievi sulla pregnanza cromatica delle immagini di DLC sono una interessante congettura.
      Anche il finale ci offre spunti intelligenti per inquadrare meglio il processo di fruizione probabilmente previsto dall’artista.

      Rispondi
  44. GIADA (L)   5 Gennaio 2020 at 22:45

    Indubbiamente un artista che ha dato vita a un’eredità fotografica intramontabile, le sue immagini sono così pertinenti al mondo consumistico e superficiale in cui ci troviamo, quasi da lasciare senza fiato chi le guarda: in quanto si percepiscile una sottile sensazione di degenerazione irreversibile.
    La crudele realtà che si palesa agli occhi dello spettatore viene attutita dall’equilibrio e perfezione che lo rassicura, ma che allo stesso tempo porta a riflettere…
    ICARUS (2017)
    È un’immagine tra le tante che cattura e amplifica tormenti, paure, ansie comuni ad ognuno di noi. Gli innumerevoli contrasti rendono impossibile distogliere lo sguardo: il richiamo all’arte affascina, la critica rivolta alla società è diretta, senza tanti giri di parole.
    Forse vi è anche un’ispirazione alle sue prime opere, in cui il tema principale era il lato più angosciante dell’esistenza.
    Sicuramente tanta dell’ironia che ritroviamo nelle sue opere è data dall’incontro rivoluzionario che ebbe agli esordi con l’insuperabile Andy Wharol, ironia accentuata anche grazie alle molteplici cromie eccentriche e spiritose, rimandano ad un nostalgico e positivo passato ormai irripetibile.
    Nelle opere di questo artista si susseguono spunti per dibattiti lunghi anni luce, senza dubbio un genio.

    Rispondi
  45. alessia   7 Gennaio 2020 at 10:16

    Alessia L

    David LaChapelle è considerato colui che rappresenta la moda del 3° millennio.
    Nelle sue creazioni vediamo la sua visione della realtà, paragonabile a quella Felliniana, dove il fotografo, con il suo inconfondibile stile, riesce a rende artificiale tutto ciò che è reale.
    Analizzando le sue creazioni, possiamo notare l’esplicito riferimento al maestro del rinascimento italiano, Michelangelo e ad altri artisti fenomenali come Bellini e Canova.
    A differenza di essi , cito un pensiero dell’autore: “…ma invece che adattare lo scenario al sentimento che il quadro vuole trasmetterci, come facevano gli antichi, LaChappelle creando una ambientazione kitsch o se volete eccessivamente carica di colori puri, unisce alla commozione della scena la leggerezza di un paradossale sorriso.”
    Molto interessanti sono le campagne progettate per i grandi brand di lusso, dove l’oggetto moda è volutamente decentrato, per dare importanza ad ogni minimo dettaglio dell’opera.
    David Lachapelle si ispira alla Pop Art, in particolare all’artista Andy Wharol.
    Notevole è il lavoro Negative Currency, serie realizzata nel 2008, anno caratterizzato da una brutale crisi finanziari.
    In “One Dollar Bills” il richiamo ad Andy Warhol è evidente, dove a differenza del maestro della Pop Art, LaChapelle presenta la banconota, in suo perfetto stile straordinario e stravagante come se fosse un negativo fotografico, riempendo l’opera di colori sgargianti che, in contrapposizione tra di loro, risaltano all’istante all’occhio del fruitore.

    Rispondi
  46. Asia L   7 Gennaio 2020 at 11:54

    La Chapelle è considerato senza dubbio uno dei più importanti fotografi contemporanei. Le sue fotografie mostrano le ossessioni contemporanee , il rapporto con il piacere, benessere e un’estrema voglia di apparire, infatti fa uso di colori forti e superfici laccate e con la presenza di un nudo sfrontato.
    Approfondendo la ricerca di fotografie , mi è piaciuta la campagna pubblicitaria P/E 2019 per Kenzo , Kenzotopia -il paradiso surreale di David la Chapelle , questa campagna vuole trasmettere un messaggio di ottimismo e energia per le nuove generazioni, possiamo notare la presenza di ballerini, musicisti, studenti , giovani e non in un paesaggio urbano e selvaggio tra sogno e realtà.
    Facendo una ricerca ho trovato che Miles Aldridge , fotografo e artista britannico , abbia somiglianze con la Chapelle per quanto riguarda le immagini surreali e i colori eccentrici.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   7 Gennaio 2020 at 12:07

      Sì Asia, sono d’accordo. Miles Adrige ha innumerevoli somiglianze di famiglia con lo stile DLC. Per entrambi l’epopea Pop è stata fonte d’ispirazione (Wharol e Lichenstein, soprattutto). Entrambi ci invitano a percepire nell’immaginario del nostro tempo qualcosa di eccessivo ma al tempo stesso seducente e ironico, A mio avviso DLC aggiunge un tocco di volgarità che Aldridge evita.

      Rispondi
  47. Alessia L   7 Gennaio 2020 at 15:18

    LaChapelle è il fotografo più contemporaneo che conosco sempre intento a lanciare provocazioni attraverso le sue opere fotografiche spesso usando anche la volgarità.
    Il suo marchio di lavoro è quello di prelevare opere già esistenti di artisti di grande livello e rielaborarle adattandola al mondo d’oggi e che spesso non viene detto con le parole.
    Una delle opere che più mi affascina di LaChapelle è ‘’ Rape of Africa’’ del 2009, piena di colori e di riferimenti che ci riportano alla Pop Art (come ad esempio il particolare delle pareti ci ricorda un’opera di Andy Warhol).
    Un artista che ho scoperto dopo qualche ricerca non troppo lontano dal modo di lavorare di LaChapelle e che mi affascina particolarmente è Bart Herreman, fotografo del Belgio che rappresenta animali e personaggi all’interno di un mondo che di volta in volta rappresenta luoghi improbabili e momenti quotidiani.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   7 Gennaio 2020 at 16:09

      Mah! Alessia, Burt Herreman? Quello dei rinoceronti inframmezzati da figure geometriche, quello degli animali che galleggiano nel cielo? Troppo surreal/metafisico per associarlo a DLC. Perdinci e poi perbacco

      Rispondi
  48. Adela (L)   7 Gennaio 2020 at 17:04

    Mi risulta un pò difficile constatare se le opere di questo artista mi piacciano oppure no.
    Personalmente, devo dire che a primo impatto io non abbia trovato in lui un’espressione così stravagante, diversa da quello che è il mondo di oggi. Forse è proprio perché di stravaganze ne vediamo a bizzeffe che questo non mi attrae. Oppure un’altra motivazione è, forse, il passaggio di messaggi che già conosciamo. Tutti siamo in qualche modo legati alla società consumistica, che sia per un motivo o per un’altro; e tutti però ce ne infischiamo anche.
    Probabilmente quello che attrae di queste foto, è il fatto che sono delle verità sbattute in faccia, che crea quasi un risveglio nel conscio nel fruitore solo nel momento in cui le osserva.
    Probabilmente la bravura dell’artista consiste in questo.
    Un altro messaggio che David LaChapelle trasmette in maniera non poco aggressiva lo troviamo in “Rape of Africa”, e già il titolo sta a sottolineare quello che poi viene rappresentato nell’opera. David, per questo lavoro, si ispira a “Venere e Marte” di Botticelli del 1482/83.
    Il titolo significa “Stupro d’Africa”, e subito l’occhio cade sulla Venere, che viene raffigurata da Naomi Campbell, dove le vesti stracciate già parlano da sé. Oltre alla donna abusata, c’è una terra, rappresentata al centro che viene deturpata e privata sempre di più del suo oro; e dove i bambini, sin da subito, vengono rivestiti di armi e diventano così bambini soldato.
    A destra invece c’è Marte, dio della guerra, che se la dorme beatamente sul bottino.
    Sicuramente il punto forte di David è il linguaggio, il messaggio che in molte opere è facilmente fruibile. Messaggio che viene rafforzato sicuramente dalla composizione e dai colori.

    Rispondi
  49. Rebecca L.   7 Gennaio 2020 at 18:47

    Ci sono tre livelli sui quali le foto di LaChapelle ci catturano. Il primo è il colore, il nostro occhio è attratto da questo turbinio caleidoscopico di tinte; il secondo verte sugli oggetti e sulle forme che utilizza, sinuose, intriganti, equilibrate tengono intrappolata la vista; in ultima istanza colpisce sul piano significativo, ovvero ciò che c’è dietro quella artificiosa costruzione. Unisce sacro e profano, consenso e ammonizione, divino e terreno, creando così una dicotomia che origina un ragionamento dietro l’opera.
    Intrappola realtà in cui viviamo e che spesso preferiamo evitare e osservando i suoi scatti in questa chiave è paragonabile ad un artista americana degli anni ’60-’70, Diane Arbus, infatti pur operando in epoche diverse entrambi si interessano a verità che si tendono ad evitare. Certo le differenze tra i due sono numerose, LaChapelle costruisce artificiosamente un set dove è lui ad orchestrare ogni dettaglio, la Arbus cattura l’istante così com’è priva di fronzoli ed artificiosità. Il primo ricrea la realtà la seconda la lascia cruda. Potrei elencare per ore ciò che divide i due fotografi.
    Ma hanno una cosa fondamentale in comune: entrambi creano scandalo, e nulla cattura di più l’uomo dello scandalo. Ci fingiamo offesi moralmente quando in realtà siamo attirati da ciò che trasgredisce dall’etica socialmente condivisa, ed entrambi rompono queste barriere, LaChapelle per esempio con “L’annunciazione” mentre l’Arbus con ad esempio “A Young man with his pregnante wife in Washington in Square Park” (foto che ritrae una coppia di etnie diverse, e se pensiamo a tutta la discriminazione razziale dell’America degli anni ’60 non stupisce il perché questa foto creo scandalo).
    I due fotografi lavorano eterizzando lo scatto ed allontanando da noi i soggetti; la Arbus cogliendoli nella loro spontaneità, ci fa percepire gli sguardi su di noi e ci mette in soggezione facendoci sentire osservati, LaChapelle con i suoi colori, le sue luci e le sue forme asserisce valori che ci fanno vedere la foto come lontana ed immutabile.
    Così lontani ma così vicini ci sbattono in faccia verità scomode, con stili completamente opposti eppure guidati dalla stessa idea, quella di stuzzicare quel primario istinto insito in ogni persona andando oltre lo stereotipo e il comune consenso.

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  50. Asia Laba   7 Gennaio 2020 at 20:42

    La fotografia di David LaChapelle è estremamente provocatoria e ironica nei confronti della società, del consumismo. Opere rinascimentali vengono rovesciate diventando quadro e rappresentazione di una moderna società, di tutti i suoi errori e le sue contraddizioni. Unisce riferimenti e soggetti riconducibili alla storia dell’arte a elementi “bassi”, quotidiani, in un insieme molto pieno e stridente, ma che riesce sempre a stupire e trasmettere un messaggio molto diretto.
    La sua arte ti colpisce su due livelli; prima, superficialmente, si viene colpiti dai colori accesi, dall’eccesso, dalle composizioni talmente ricche da non sapere dove rivolgere lo sguardo. Quando ci si sofferma ad analizzare i soggetti, i riferimenti, si viene colpiti dal modo in cui trasmette messaggi provocatori, ironici, forti.
    La sua carriera parte dalle riviste e le sue foto denunciano le ossessioni, il vuoto e l’effimero della società contemporanea e dello star system. Il Rinascimento, presente in ogni sua opera, mischiato con altre influenze tra cui la Pop Art, perde parte della sua armonia per acquisire una maggiore forza.
    Ogni opera di LaChapelle possiede qualcosa che ti colpisce ma non conoscendo la sua produzione e frugando un po’ in essa mi sono trovata davanti alla serie di fotografie rappresentanti le Stazioni di servizio. Queste opere fanno riferimento a due altri artisti: Ed Rusha e Edward Hopper, ma hanno uno stile molto diverso, molto più futuristico, dato dai neon colorati (il colore acceso e forte è sempre presente nelle opere di LaChapelle). Inoltre a differenza delle fotografie di Ed Rusha ed Edward Hopper, quelle di LaChapelle lasciano un po’ straniati perché non si inseriscono in un paesaggio urbano o nelle vicinanze di un’autostrada, bensì in una foresta pluviale, come a voler dimostrare quanto l’uomo stia invadendo la natura.
    Tra tutte le immagini che ci scorrono davanti ogni giorno, le fotografie di David LaChapelle mi hanno riportato alla mente quelle di Alex Prager, una fotografa e regista di Los Angeles. Nonostante i due abbiano sicuramente uno stile differente, provocatori in modo diverso, le fotografie di Alex Prager mi ricordano LaChapelle per i colori saturi e forti, ma soprattutto per il fatto che ogni sua fotografia è prodotta con lo stesso metodo che si userebbe per un film (infatti entrambi i due artisti sono fotografi ma anche registi), ad esempio l’opera Face in the Crowd che ritrae una folla di persone immersa nelle loro azioni, che pare non curarsi dell’obbiettivo o addirittura non esserne a conoscenza. In realtà non è così: nelle foto di Alex Prager come in quelle di LaChapelle tutto ciò che appare come casuale è in realtà interamente costruito, come si dice nell’articolo in modo quasi “felliniano”.

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  51. Riccardo L   7 Gennaio 2020 at 20:43

    Da un tipo di approccio estetico ritengo particolarmente interessante la cifra stilistica de LaChapelle circa l’unione di temi opposti, quali l’idea di reale e surreale o il sacro e blasfemo che vengono costruiti tramite delle “coreografie” quasi teatrali, o la caratterizzante e senza dubbio coinvolgente specificità di ogni singola cromia proposta, il tutto, frutto di un’ispirazione reale, concreta che tal volta deriva da avvenimenti immaginari (es: “Deluge” 2006). Credo sia importante sottolineare come LaChapelle, oltre che fotografo rivoluzionario, sia un abile coreografo in grado di inscenare ambienti (reali ma finti) integranti delle sue fotografie che a primo impatto, potrebbero risultare una costruzione digitale. Non da meno è l’utilizzo volutamente disfunzionale delle luci, simulando spazi ambigui, paratattici e disorientanti per il fruitore, affilando sempre di più quel confine che delimita uno scatto (irrazionale) da un fotomontaggio. Allude a tematiche coinvolgenti che a volte possono far riflettere chi osserva, riflettere su condizioni contemporanee di stili di vita, che siano giusti o sbagliati, o dissacrare l’intoccabile (es: “L’ultima cena”) dove spicca un’immediata trasposizione iconologica dei soggetti stessi. Nonché la trasgressione, di impronta pornografica, sottolineando la disumanizzazione del corpo rendendolo semplicemente merce. Una fotografia a riguardo: “Cunnilingus Rex”, scatto raffigurante un processo erotico in azione tra una donna e un di dinosauro in ambiente selvaggio: l’unione di ciò che convenzionalmente può definirsi un taboo. Il consumismo, altro parametro di rappresentazione legato alla società americana, per citare i “Sette vizi capitali” trasformati in chiave ironica sotto forma di atti volti a denunciare le abitudini della società stessa. In fin dei conti LaChapelle disgrega la realtà elaborando dei “paradisi colorati” che personalmente trovo erotici, invitando lo spettatore ad immergersi lasciando (perché no) anche libera interpretazione.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   7 Gennaio 2020 at 21:18

      Penso tu abbia ragione…DLC qualche nota di erotismo la spruzza anche se fa il ritratto al suo gatto.

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  52. Anna Chiara L.   7 Gennaio 2020 at 23:55

    Onestamente penso che David la Chapelle sia dotato di una mente geniale, la capacità di rendere le sue “creazioni artistiche “ esteticamente affascinanti, ma non solo di frivola bellezza, ma anche ricche di messaggi costruiti secondo pensieri ben definiti, in grado di cambiare la nostra percezione della foto. Questa impresa gli riesce grazie all’ispirazione delle composizioni artistiche dal passato dei grandi maestri, raffigurate in chiave del tutto moderna, con elementi contemporanei e allo stesso tempo ironici. La sua arte mi ricorda, e mi permette di tentare dei collegamenti con vari artisti, tra cui Cézanne, (per la sua ricostruzione spazio temporale).
    Mi ha molto affascinato il fatto che molta della bellezza che deriva da queste foto sia data da una lunga elaborazione digitale a seguire dallo scatto fotografico, dunque non è tutto eseguito in uno stesso tempo. Sotto questo punto di vista a parer mio evoca, Cézanne, il quale secondo sue determinate forme mentali era in grado di raffigurare oggetti da diverse angolazioni spaziali e temporali, costituendo cosi lunghi tempi di lavoro e non un unica visione “frontale“ e immediata del soggetto.
    Per quanto riguarda il consumismo sicuramente richiama la figura di Andy Warhol, ironizzando su quelli che sono gli oggetti del nostro quotidiano consumo e sulla superficialità e scontentezza che abbiamo di essi, forse anche in alcuni accostamenti cromatici contrastanti richiama la pop art del precedente artista citato.
    E in ultimo potrei trovare anche un parallelismo con Magritte seppur trattato in modo differente.
    Magritte cercava ironicamente di affermare che ciò che vediamo ritratto nell’opera non è l’oggetto stesso ma ben si il dipinto dell’oggetto e dunque i limiti e l’indeterminatezza del nostro linguaggio, del tutto distante dalla realtà che si vorrebbe cercar di descrivere. in qualche modo a mio avviso la Chapelle richiama questo senso, catturando gli oggetti della nostra quotidianità ma allentandoci da essi, che in un primo momento notandoli nell’immagine ci eccitano ci esaltano, ma poi lasciano spazio ad altre sensazioni, rendendoci conto che non sono altro che la fotografia dell’oggetto che tanto anima le nostre passioni o forse il “punctum” come scritto precedentemente sopra, il desiderio, e non l’oggetto stesso, riportandoci ad emozioni vere. Per lo meno questo è ciò che ho percepito io.
    A confermare alcuni degli aspetti sopra citati secondo me è la foto:
    “The Rape of Africa, Los Angeles 2009”
    Dove per quanto riguarda la composizione viene ripresa perfettamente dall’opera “Venere e Marte” di Sandro Botticelli, possiamo infatti notare la stessa “scenografia” seppur con dettagli differenti che non passano inosservati, sicuramente ritroviamo tutti gli elementi nella stessa posizione, come le due figure sdraiate centrali nel dipinto, e i “moderni putti” affianco che ovviamente non sono degli angelici putti con lance del 1400, ma dei Bambini nativi africani con armi vere che probabilmente fanno riferimento in chiave ironica, alla situazione reale di queste creature nel mondo tutt’altro che idilliaca. Ulteriormente sottolineata dal buco nello sfondo della foto, seppur da un piccolo spiraglio, ci da un assaggio molto chiaro di quale circostanza “corrosiva” ci sia alle spalle delle figure trattate. Ecco che ritorna quella forma sottile di surrealismo accennata precedentemente, questi bambini travestiti in modo “giocoso” anticipano ben altro che una realtà giocosa, l’ironia lascia posto all’amarezza.
    Possibile è un altro riferimento alle “Brillo box” di Andy Warhol, famosa opera che celebra il consumismo americano degli anni 60, con l’arrivo dei supermercati e degli oggetti in serie, se si osserva bene la fotografia costruita da DLC si può notare che le pareti al di dietro dei nostri adoni svenenti, sono tappezzate di volantini rappresentanti “classic Sun bleach” un detersivo da una grafica oramai superata che richiama proprio la “Brillo box” trattata da Andy Warhol.

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  53. Giulia L.   9 Gennaio 2020 at 10:44

    David LaChapelle può essere considerato uno tra gli artisti più eclettici del mondo contemporaneo. Le sue opere in un primo momento risultano essere molto affascinanti ma nascondono messaggi molto forti. A colpire in modo positivo l’occhio sono sicuramente i colori accesi ed elettrici definiti da una luce netta e decisiva che percorre ogni sua opera. La fotografia di David LaChapelle è una fotografia ricercata, una fotografia costruita, ed è come se per lui la realtà che ci circonda non fosse abbastanza soddisfacente e ne cercasse un’altra e questo si riscontra anche nelle opere di Roger Ballen, un altro notevole fotografo contemporaneo. Ho pensato a questo artista dopo aver visto l’opera di David LaChapelle dal titolo ‘’Benedikt and Angelika Taschen At Home at Chemosphere House (2001) la quale, è una vera e propria opera d’arte che affronta verità nascoste e che suscita sicuramente molto scalpore. I due fotografi, lavorano in modo diverso ma entrambi orientano il loro lavoro aldilà di quella che potrebbe essere una semplice fotografia e i temi che accomunano entrambi sono perlopiù affini. Le foto di Roger Ballen, sono infatti molto diverse da delle normali foto che ognuno si aspetterebbe di vedere e mostrano ciò che noi non vediamo, una sorta di realtà parallela e portano lo spettatore a guardarsi dentro ed è ciò a cui poi mira lo stesso LaChapelle. Ambedue i fotografi inoltre, cercano di ispirare e di comunicare con le persone e di connettere l’intera comunità e per questo generano spesso approvazione da parte dello spettatore. La complessità e la diversità con cui lavora David LaChapelle, lo hanno reso unico nel suo genere e il tono folle e fiabesco che dà ad ogni sua opera, ha dato vita a delle immagini irripetibili.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Febbraio 2020 at 10:37

      Mi fa piacere che tu conosca un fotografo geniale del calibro di Roger Ballen. Mi fa problema il parallelismo che suggerisci con l’immaginari di LaChapelle. Forse perché conosco solo foto in b/n dell’artista sudafricano.

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  54. Lorenzo (L.)   9 Gennaio 2020 at 11:03

    Considerare LaChapelle solo un fotografo è riduttivo. E’ un’artista che, tramite la fotografia, è stato in grado di scardinare, portare disordine, turbamento, disgregazione là dove prima regnavano ordine e coesione. Specialmente in ambito in religioso. Con varie opere, è riuscito a snaturare il concetto stesso di opera religiosa. Ha cambiato radicalmente l’immagine stereotipica dei personaggi. E’ riuscito perfettamente a rendere attuale un’opera religiosa. Cosa che nessuno aveva mai fatto prima. Dal punto di vista estetico, ha creato composizioni fotografiche estremamente accattivanti, trasgressive ed eccentriche. Non sono immagini che passano inosservate. Obiettivo raggiunto. Catturare l’attenzione del pubblico e della critica.
    Lil’ Kim: Luxury Item è un’opera molto interessante del 1997. Geniale, esplicita, inconfutabile. “luxury item”, letteralmente “elemento lussurioso”. Ha composto un’immagine che doveva rappresentare al meglio il concetto di lussuria. Soggetto femminile: Lil’ Kim, rapper americana donna dei ‘90s. Fisicamente bella, rappresenta lo stereotipo di lussuria che ogni uomo ha in mente. Nuda, senza mostrare nulla di sé. Trasgressivo ma mai esagerato. La sua pelle è completamente ricoperta di un pattern che emula quello famosissimo di Luis Vuitton. Accostamento Donna/Moda. Massima espressione della lussuria concepibile negli anni ’90.
    LaChapelle è un’artista estremamente concettuale. Talmente bravo da rendere estremamente espliciti i suoi concetti. Tutti riescono a capirlo. E’ questo che lo rende un fuoriclasse.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   10 Gennaio 2020 at 07:54

      Bravo Lorenzo, a tuo modo lo ha detto benissimo: DLC ci “parla” con blocchi di immaginario che tutti comprendiamo perché appartengono a ciò che Debord chiamava “La società dello spettacolo”. Con una messa in scena felliniana li sospende dall’ordine normale delle cose, e grazie a questo straniamento ci fa percepire la loro oscena bellezza e nello stesso tempo crea la possibilità di una distanza critica.

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  55. Damiano-L   9 Gennaio 2020 at 12:06

    Sono conscio della bravura di LaChapelle, ma trovo difficile dire personalmente se mi piace o no il suo lavoro. Quello che posso dire è che affermazioni lette non mi trovano totalmente d’accordo, naturalmente si tratta della mia percezione e della mia sensibilità nei confronti della realtà. Credente o no la mia visione di quello che può essere l’unione del “L’amore sacro e l’amor profano” e di come questo può essere espresso o mostrato è molto semplice. Affermare che LaChapelle non sfoci nella volgarità a mio avviso non è esatto, le sue stesse immagini parlano chiaro, ora attenzione la mia intenzione non è quella di passare per bigotto o altro non è mia intenzione. Molto interessante è in che modo vuole comunicare o riportare in chiave moderna opere richiamanti la cristianità, ammetto che il parallelismo nella ultima cena e AMERICAN SUBURB X.
    Trovo davvero esatto che LaChapelle abbia unito quelli che una volta erano considerati dei poveri pelleggrini con quelli che lo sono oggi, ricordando che lo stesso Cristo si circondava di figure come la Maria Maddalena (prostituta che gli lavò i piedi), lo stesso ladro che fu crofisisso con lui e persino Giuda Escariota (uomo che lo tradì). Di questi nomi che ho citato ho mi ha sopreso vedere il parallelismo tra la figura di Maria Maddalena e “Anointing,” del 2003, mi ha stupito perchè è riuscito a rievocare perfettamente quel momento. Tramite il luogo lugubre e mal tenuto, la prostituta stanca, ma in lacrime quasi lieta nel lavargli i piedi, con la figura di cristo che illumina la stanza come una luce che si attendeva.

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  56. Federica L   9 Gennaio 2020 at 12:28

    Dopo aver adocchiato più lavori di LaChapelle, affermo che in media le fotografie da lui realizzate mi sono piaciute tutte. Ne apprezzo il contenuto, sia per la messa in scena che per i messaggi sociali e le idee che sottende. Rappresenta l’umanità secondo la propria, spesso volgare, fantasia; è costante la presenza di elementi in atteggiamenti violenti e scene di nudo. I consueti colori elettrici di molte sue composizioni accentuano la forza formale di queste, rendendole ancor più incisive, e non coprendo mai, attraverso l’idea di sogno che suscitano, la cruda realtà, mascherata ma centrale.

    Tra le tante, ho preferito le fotografie di genere fashion, come “Snow Day”, ambientata in una stanza, dov’è inserito anche l’elemento di una gabbia racchiudente una donna senza veli. In questo caso, ammetto di non aver colto la questione sociale. Un chiarimento?

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  57. NoraL   12 Gennaio 2020 at 18:11

    Con LaChapelle è stato amore a prima vista.
    Ho scoperto LaChapelle per caso, un paio di anni fa, mi era capitato di vedere un servizio dedicatogli. Ricordo di essermi innamorata soprattutto dai colori accesi, pop, forti e decisi delle sue opere (basandomi esclusivamente su un fattore estetico apparente). Documentandomi poi negli anni su di lui, ho scoperto che dietro a quelle vivaci ed estrose fotografie si celava un mondo.

    LaChapelle è il connubio tra cultura pop e arte concettuale, iperrealista con profondi messaggi sociali.
    La sua è un’estetica pop/colorata e luminosa-lucida. Luminosa-lucida proprio perché sostiene, che vivendo in un mondo molto buio, vorrebbe che le sue immagini siano in grado di colpire i fruitori con la luce; vuole creare foto che con la loro bellezza tocchino, smuovano, facciano riflettere e ispirino le persone.

    Una tra le mie opere opere preferite, è senz’altro “Rape of Africa”, la quale è un’esplicita reinterpretazione del dipinto di Botticelli ‘Venere e Marte’. Oltre ad essere esteticamente parlando superlativa, e curata nei minimi dettagli, ha una funzione sociale forte ed esplicita. Rappresenta la critica di David sulla cultura occidentale e sui suoi effetti sull’Africa, come i saccheggi, le conquiste, i bambini soldato, l’immorale estrazione di diamanti e oro, e la mercificazione della bellezza africana (dei corpi). Protagonista indiscussa dell’opera è senz’altro Naomi Campbell, che interpreta la Venere, un’altra provocazione alla David, la scelta di rappresentare una Venere africana, con gli abiti strappati, come se fosse stata abusata. C’è anche un’analogia con la Terra stessa, culla dell’umanità, succube dei nostri abusi e del degrado, dovuto alla nostra ricerca continua di ricchezza e stabilità economica.

    Degli artisti che mi ricordano Lachapelle sono indubbiamente Pierre et Gilles, per la loro estetica colorata, per la loro surreale illuminazione e per la loro realtà fantastica. Trovo simile anche la loro ironia, e il cinismo che si cela dietro le loro opere. Pierre et Gilles, inoltre, analogamente a Lachapelle, come ispirazione si attingono da figure come i santi, personaggi mitologici, dai racconti della Bibbia e della tradizione cristiana.
    La differenza sostanziale è senz’altro, che il risultato delle opere della coppia francese sia dato dal connubio tra fotografia (Pierre) e la pittura (Gilles).

    Per concludere, sostengo che David sia pura fantasia, una fantasia sfacciata, diretta, rumorosa, luminosa, teatrale, al contempo affascinante, che di certo non passa inosservata e che è unica nel suo genere, ineguagliabile!

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   13 Gennaio 2020 at 10:07

      Sono d’accordo. L’esperienza sensoriale del colore nelle opere di DLC è ragguardevole. Probabilmente è il frutto di una sapiente regolazione delle fonti luminose e dell’effetto di potenziamento generato da contrasti di tinte che risultano, per il nostro occhio, fuori dall’ordinario. I contorni delle sue figure o forme vengono segnalati al nostro cervello senza incertezze di sorta, salvo quando una luce violenta li smaterializza. I contorni definiti e i colori fortemente contrastati generano “informazioni chiare e precise” per il nostro cervello. Il sistema visivo, in tal modo, risparmia energia psichica o nervosa, generando la sensazione di un piacere visivo. In breve, oltre ai contenuti, per comprendere l’effetto DLC, dobbiamo farci un’idea del particolare ingaggio percettivo che suggeriscono le sue opere.

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  58. Fabiola Cinque
    Fabiola Cinque   14 Gennaio 2020 at 23:30

    Da direttore di questa testata mi piace evidenziare l’interesse e l’acuto spirito critico che emerge dai vostri commenti in quest’articolo.
    Emergono sfaccettature e “letture” inedite di un artista e della sua interpretazione della moda come filosofia di vita.
    È bello poter scorrere tra le vostre righe l’interesse e la passione, l’impegno e la cultura dello scrivere, anzi del de- scrivere, emozioni che emergono con impeto.
    Nel coordinare tutta la redazione e nella rilettura di molti degli articoli che pubblichiamo noto in voi una capacità di storytelling propria del core di MyWhere. Vi ringrazio di contribuire con i vostri commenti perché MyWhere è nato con questo intento, e da oltre sei anni continua a perseguire con tenacia la passione dello scrivere, del narrare storie, senza fossilizzarsi in rapidi e superficiali scritti da blog.
    Siamo orgogliosi di essere un portale giornalistico che continua a descriversi (nonostante sia controcorrente) come un diario contemporaneo di viaggio, capace di coinvolgere così tanti giornalisti e amanti della scrittura, ma soprattutto della lettura.

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  59. Alice C (L)   17 Gennaio 2020 at 23:12

    La prima cosa che si nota guardando le foto di LaChapelle è quanto lavoro ci sia dietro ad ogni fotografia e come non siano solo scatti ben concepiti ma lavori ben calcolati e rielaborati per produrre una visione precisa. Le sue fotografie somigliano più ad opere d’arte ed i colori quasi pop così accessi le rendono contemporanee, moderne. Con i suoi lavori LaChapelle descrive la nostra società e proprio per questo ci sentiamo quasi provocati dall’opera ma rimaniamo immobili ad ammirarla per la maestria con cui il fotografo ha saputo crearla. Duo fotografie che mi hanno colpito molto sono “The First Supper” e “Deluge” entrambe formate da una composizione simile che mostra il talento del fotografo e che incanta. Cariche entrambi di colori che colpiscono e formate da scene così teatrali e ben costruite che ci portano in un’altro mondo. Non conoscevo questo artista ma conoscendolo sono rimasta molto colpita dai suoi lavori e dal suo modus operandi di creare fotografie.

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  60. SaraM (L)   18 Gennaio 2020 at 17:13

    Una cosa certa è che LaChapelle non passa di certo inosservato e questo grazie ai contrasti assurdi che produce. Attraverso l’arte della fotografia ha costruito attorno a se un mondo nuovo fatto di pensieri profondi e diretti, che spesso si rivelano discordanti. Tutto questo grazie alla sua capacità di espressione, unica nel suo genere, che gli permette di creare una nuova emotività in grado di farci percepire le fotografie in modo diverso.
    Sicuramente è la prima intenzione di LaChapelle rendere chiaro, diretto e pubblico il proprio pensiero, proprio per stimolare lo spirito critico dell’osservatore e indurlo a ragionare su tematiche che non sempre si ha il coraggio di affrontare.
    LaChapelle, ancor prima di rendere pubbliche le proprie fotografie, è consapevole che le opinioni discordanti non mancheranno; questo accade perché non sempre si può condividere a pieno la realtà dei fatti che rappresenta (e come la rappresenta), ma allo stesso modo è necessaria una lettura dell’opera senza limiti e schemi mentali per potersi avvicinare al reale significato che essa svela.
    Trovo particolarmente interessante l’attingere verso opere d’arte del passato, soprattutto se si parla di composizione: mantenere la stessa disposizione delle figure nello spazio di un quadro molto conosciuto, è il modo migliore per rendere immediato il paragone visivo tra quest’ultimo e la fotografia in questione. Questo accade per favorire il processo di fruizione dell’opera e metterci davanti all’immediato paragone ancor prima di osservare bene la fotografia.
    Questo processo di “immediato parallelismo” può accadere in numerosi modi, tra i quali l’assunzione di una nota posa o l’inserimento di un elemento. Voglio far riferimento al set fotografico che LaChapelle ha scattato per Kim Kardashian per il lancio di un prodotto della sua linea di Make-up. Gli scatti surreali alludono allo scenario religioso, che diventa esplicito nella fotografia in cui Kim viene ritratta con una colomba e con la mano destra che punta verso l’alto. La donna veste il ruolo ultraterreno di Madonna e il paragone è diretto ed esplicito. LaChapelle è stato a lungo fan delle immagini religiose nelle sue opere, per questo non c’è da stupirsi.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   19 Gennaio 2020 at 09:05

      Non male l’idea dell’ “immediato parallelismo” tra forme/valori visivi nella memoria (citazione di opere del passato) e la configurazione fotografica. Gli estremisti della gestalt ti applaudirebbero.

      Rispondi
  61. Mario   23 Gennaio 2020 at 19:41

    Ho letto i commenti e quasi tutti elogiano LaChapelle. Forse avete ragione voi, ma io li trovo troppo saturi di bellezza per essere artistici. Mi fanno pensare a una bella pubblicità. Per me questo è un limite.

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    • Luc   1 Febbraio 2020 at 18:44

      Hai ragione Mario, ma molta pubblicità è meglio di tanta arte. È più bella, più interessante, più piacevole. LaChapelle rientra in questa categoria.

      Rispondi
  62. Alex B Laba   28 Gennaio 2020 at 10:52

    La prima sensazione vedendo i lavori di LaChapelle riguarda il continuo riferimento al movimento surrealista; trovo dei profondi parallelismi tra il mondo onorico, simbolista di LaChapelle e quello di tanti artisti della corrente sopracitata, quali Magritte, Dalì, Frida Khalo più dal punto di vista cromatico che concettuale.
    La differenza sta nel mezzo; se da una parte abbiamo pura pittura, in questo caso abbiamo il medium della fotografia, attraverso il quale LaChapelle si pone l’obiettivo di ricreare una dimensione totalmente nuova, dove non ci sono regole e vincoli.
    Continuando il paragone col mondo surrealista, forse un’altra divergenza sta nella base del lavoro; se i pittori surrealisti partivano da un’idea di immagine legata o alla poesia (Andrè Breton) o all’idea di un sogno, LaChapelle in molti lavori trae spunto da opere di artisti del calibro di Leonardo o Michelangelo, andandoli ad ‘adattare’ a quella che è la sua estetica prettamente onirica.
    Tuttavia la produzione di LaChapelle, un pò come tutta l’arte contemporanea, si basa sul concetto di steroetipo e provocazione; dunque, anche in questo caso, Duchamp svolge un ruolo fondamentale.

    Rispondi
    • Alex B Laba   11 Febbraio 2020 at 18:49

      Confrontandomi con alcuni miei compagni di classe, è emerso che effettivamente LaChapelle si contraddistingue per il suo pesante realismo, o meglio ‘iperrealismo’.
      Mi viene in mente un concetto di Marshall McLuhan: ogni medium se surriscaldato eccessivamente, andrà a produrre un effetto contrario alla sua natura.
      In questo caso LaChapelle va quasi ad estremizzare il suo medium dell’iperrealismo; forse è per questo che ho fruito l’esatto opposto, ovvero un’estetica surrealista.

      Rispondi
  63. valeria   4 Febbraio 2020 at 18:52

    L’articolo mi é piaciuto molto. Le foto di LaChapelle ci “entrano dentro”. Ci entrano dentro come fa la musica (e proprio questo é il suo obiettivo) ossia da uno destri nostri sensi arrivano alla nostra “razionalità emotiva”. Infatti pur muovendosi su un filo invisibile tra sacro e dissacrante ci mostrano, ci fanno vedere dentro le cose. Eppure i suoi colori hanno una luce fredda. Fredda come la nostra anima. Non é forse degna “di Pietà” qualsiasi madre che ha tra le braccia un figlio morto?? (morto di droga, un figlio ucciso dalla droga, la cui morte provoca in chi l’ha generato senso di colpa e di impotenza) E quanto é falsamente puro l’effimero? E la bellezza che sempre ci può essere in ogni annuncio di una prossima maternità? E quali sono i nuovi sensi di onnipotenza di ogni moderno Icaro? E quanto bisogno c’é di rinascere, di risorgere dalle acque?E quanta ricchezza nella natura? In ogni foto é rappresentato un dramma o una speranza, c’é un richiamo al percorso di vita dell’artista e un richiamo alla vita di ciascuno di noi perché anche in noi drammi e speranza, realtà e sogno convivono.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   4 Febbraio 2020 at 21:54

      Commento elegante e arguto. La “razionalità emotiva” e “l’effimero fasamente puro” sono espressioni intriganti.

      Rispondi
  64. Dalila L.   4 Febbraio 2020 at 20:23

    David la Chapelle mmm sono sincera come fotografo non lo conoscevo, attraverso lo scritto è molto interessante, perché dietro ad ogni immagine comunica che si racchiude un mondo, ma osservando le foto non ho quel trasporto che descrive. In alcune non ho il rimando all’abito, ma più al contesto che sta dietro.
    Non apprezzo l’elaborato troppo surrealista e caricaturale.
    Però apprezzo che prende come riferimento in alcune immagini anche opere di grandi artisti andando poi a lavorarle per lasciare la sua firma e l’utilizzo di colori sgargianti.

    Fotografi come lui nella mia poco conoscenza in materia non ne conosco posso solo citare Miles Aldridge che è un fotografo britannico; utilizza molto colori sgargianti e d’impatto dove in alcune immagini osa con ironia.

    Oppure più idoneo Tim Walker che ha diminuito con le cromie accese mantenendo però lo stile surrealista.

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  65. MartaB LABA   4 Febbraio 2020 at 22:20

    David LaChapelle, ammetto, mio malgrado, che fino a poco tempo fa non l’avevo mai sentito nominare ma devo ammettere che le sue fotografie le trovo veramente sbalorditive. La caratteristica che mi ha catturato particolarmente è l’uso delle tonalità esageratamente saturate ma nel contesto equilibrate, presenti nelle sue fotografie. Mi è capitato di osservare il suo nuovo lavoro, ovvero le fotografie che ha fatto per il calendario 2020 Lavazza: Earth CelebrAction, avendo come tema quello della natura, la rappresenta come ancora ce la immaginiamo noi tutt’oggi ma che è la stessa che già in questo presente sta svanendo sotto i nostri stessi occhi a causa del surriscaldamento globale. Leggendo l’intervista fatta per il Messaggero, mi è piaciuto il modo semplice e efficace che ha usato per parlare delle sue opere, citandolo: «La bellezza non deve essere mai banale. E l’arte deve sfidare i preconcetti: bisogna togliere l’iconografia religiosa dalle mani dei fanatisti, e il nudo al monopolio della pornografia» penso sia uno dei passi che ancora ai giorni d’oggi si fa fatica a fare e mi piace il fatto che lui sia stato uno che sia riuscito a farlo fregandosene delle critiche della gente.

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  66. Ludovica LABA   5 Febbraio 2020 at 09:36

    Trovo straordinario il lavoro di questo fotografo di come si esprima in modo esplicito, senza filtri ed appagante. Riesce ad esplicitare ciò che non vogliamo dire a parole con un modo tutto suo di esprimere concetti e desideri.
    Utilizza dell’ironia per esprimere i suoi concetti.
    È capace di fotografare le celebrity da star system ma anche di dare una sua rivisitazione dei temi sacri ripresi dalla storia dell’arte.
    Le sue fotografie denunciano le ossessioni contemporanee, il rapporto con il piacere, con il benessere, con il superfluo e con una sfrenata esigenza di apparire. Il tutto esaltato dai colori elettrici e superfici laccate.

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  67. Renato L   5 Febbraio 2020 at 11:48

    La prima cosa che si pensa guardando alcune foto di LaChapelle (come Delunge o come l’ultima cena) è se potessero essere considerate blasfeme o meno. Io non credo sia blasfemo. Il fatto è che alla base di ciò, c’è un piacere da parte del fotografo verso quell’arte a cui lui fa riferimento. Non è semplice ironia. È rivisitazione, è genialità e rappresentazione in chiave moderna di tutta quella cultura/corrente rinascimentale a cui lui è appassionato. E poi, nell’ambito artistico, si è sempre “copiato” ciò che è venuto prima; ma questo non vuol dire rendersi il lavoro più semplice o non avere idee, anzi vuol dire avere una conoscenza di base su cui “poggi” la tua materia artistica. I suoi lavori, poi, variano dai diversi ambiti: vanno dal campo religioso come sopra citati, all’ambito della moda, all’ambito della musica ecc. Non si può non citare il suo lavoro fotografico per il noto rapper Travis Scott per il suo ultimo album “Astroworld”.

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  68. Ylenia L   5 Febbraio 2020 at 13:25

    Non conoscevo il fotografo La Chapelle e ringrazio questo articolo per avermelo fatto conoscere perché mi sono appassionata e mi ha colpito quello che lui vuol trasmettere attraverso la fotografia. Diventato famoso grazie alle sue immagini di moda coinvolgenti e ironiche ispirandosi ai grandi: Michelangelo, Bellini, Andy Wharol.. creando composizioni alle volte neo barocche in altre invece decisamente classiche. Pian piano decide di abbandonare la foto di moda e quella commerciale per dedicarsi all’arte con la voglia di fotografare ciò che noi sappiamo ma non vogliamo vedere. Un altro dettaglio della sua fotografia che mi ha colpito è la sua luce che non lascia quasi ombre ma riesce a raccontare le ombre che ci portiamo dentro. Secondo me il vero fascino di La Chapelle è nel voler far dire alle sue fotografie ciò che noi non vogliamo o non riusciamo a dire, farle parlare al nostro posto.
    Dopo aver letto questo articolo ho guardato numerose foto sue. Dai colori sgargianti e alle volte contrastanti, ironiche, neo barocche o classiche; tutte ti suscitano un emozione forte ed emanano un senso di eternità.

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  69. Andrea G. Laba   5 Febbraio 2020 at 15:15

    La prima volta che ho visto una fotografia di David LaChapelle, è stato nel documentario di Travis Scott, dove è stato il direttore artistico della fotografia.
    Ha ideato l’ultima coperti del rapper americano sopracitato.
    Nella foto Benedikt and Angelika Taschen At Home at Chemosphere House (2001),
    ho notato subito il libro posto nel divano, è un libro di un noto fotografo giapponese il quale nome è Araki degli anni 60-70 dove ritrae corpi nudi di prostitute durante le loro prestazioni con i clienti.
    Durante questi rapporti gli uomini praticano del sesso sadomaso ed Araki li fotografa in diverse pose.
    Senza dubbio possiamo notare come David LaCHapelle si sia ispirato al fotografo giapponese per la composizione fotografica.
    È interessante come LaChapelle abbia inserito all’interno della fotografia un omaggio ad Araki.
    Come fotografo LaChapelle non mi suscita alcuna emozione, certo è un bravo fotografo ma non di più.
    Non è in grado di trasportarmi nel suo mondo, forse perché è un mondo in cui non mi voglio avvicinare.

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  70. Elena LABA   5 Febbraio 2020 at 20:29

    David LaChapelle possiamo dire che è un’artista contemporaneo a 360 gradi. La sua arte è affascinante, dietro ad ogni sua opera si può vedere come ci sia un lavoro ben studiato. Si legge nelle sue fotografie, sopratutto in Deluge (2006), l’intento di voler promuovere il mondo consumistico di oggi, e di stimolare quelle percezioni che ci fanno percepire la sua fotografia ironica. Con la sua estetica, lui celebra il culto alla bellezza, all’esagerazione; lo possiamo vedere nella fotografia Paris Hilton Hi Bitch bye Bitch (2004), ma LaChapelle adopera molte muse ispiratrici e soggetti di numerosi suoi lavori sono star come Courtney Love, Pamela Anderson, Angelina Jolie, Lindsay Lohan, Lady Gaga, Nicki Minaj, Rihanna o la transessuale Amanda Lepore. Anche la famosa Miley Cyrus, la quale ha posato per lui nel 2017 nelle vesti (si fa per dire) di una ninfa nuda, in esclusiva per Lost + Found, il libro firmato David LaChapelle per Taschen. Oltre ad avere come soggetti star americane LaChapelle fa un continuo riferimento al movimento surrealista; si trovano dei profondi parallelismi tra il mondo onirico del fotografo e quello di artisti come Magritte e Dalì. Anche se la pittura di Magritte cercava ironicamente di affermare che ciò che vediamo ritratto nell’opera non è l’oggetto stesso ma ben si il dipinto dell’oggetto e dunque i limiti del nostro linguaggio, del tutto distante dalla realtà che si vorrebbe cercar di descrivere. La Chapelle richiama questo senso, catturando gli oggetti della nostra quotidianità ma allentandoci da essi. Possiamo notare come la fotografia che la cantante/attrice tenga tra le sue braccia un drogato può sembrare quasi blasfema.Con ciò ci possiamo domandare perché, queste immagini, nella nostra società, non destino alcuna polemica? Secondo un mio parere ciò è dovuto alla grande carica percettiva che distoglie lo spettatore dal soggetto facendo virare il suo sguardo da una zona all’altra in modo molto veloce. Altro motivo potrebbe essere la classicità delle pose e della composizione delle immagini; infatti LaChapelle pur allontanandosi dalla realtà rimane sempre molto attaccato a uno stile di base classicista; oppure un’altra ipotesi potrebbero essere le cromie, molto accese da far incuriosire anche un fruitore comune, ingrato di soffermarsi sulla superficie dell’opera, ovvero alle sue caratteristiche, la moda.

    L’ultimo lavoro che mi ha principalmente colpita è la copertina del terzo album del famoso rap Travis Scott, dove dietro ad una semplice cover di un album cela la pura essenza dell’arte di LaChapelle, un’immagine che nei singoli dettagli ripercorre il contrastante, folle e anticonvenzionale spirito creativo di un uomo che dagli anni ’90 non ha fatto altro che far parlare di sè e della sua “strana visione del mondo”.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   7 Febbraio 2020 at 08:11

      Quello che dici è sostanzialmente giusto. Ho incontrato un solo problema interpretativo là dove scrivi “si legge nelle sue fotografie…l’intento di voler promuovere il mondo consumistico di oggi” … e di stimolare le percezioni che fanno affiorare ironia.
      Ora, tu sostieni tutto ciò a partire dalla serie Deluge. C’è qualcosa che non mi torna. Chiaramente con Deluge, viene evocato un deciso rigurgito critico contro il fondo consumistico che anima il soggetto. Suona strano che tu vi veda la promozione del mondo consumistico di oggi. Altrimenti come spieghi l’inflessione ironica che tu giustamente riscontri?

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  71. Francesco A Laba   7 Febbraio 2020 at 00:27

    Secondo il mio punto di vista, David LaChapelle, è per quanto riguarda il mondo della fotografia un estremo genio, dotato di tecniche che in pochi riescono ad utilizzare in maniera esaustiva come è solito fare lui. Inoltre il fotografo americano è celebre per le sue fotografie ironiche e estremamente glamour con un iconografia decisamente spinta ma che inquadra in maniera ottimale il messaggio che ci vuole trasmettere. Si riconosce decisamente l’influenza del celebre artista Andy Warhol, padre della Pop Art e collega di lavoro di David La Chapelle all’interno di alcune riviste negli anni ’80. Inoltre mi hanno stupito i suoi lavori come nel corso degli anni variano da videoclip a servizi fotografici con ogni genere di celebrità, realizzando vere e proprie opere d’arte dotate di profondità e con un orizzonte ricco di simboli che a volte traveste da oggetti di uso quotidiano. Il punto di svolta nella produzione artistica di La Chapelle è il viaggio che compie a Roma nel 2006 visitando la Cappella Sistina e ne rimane folgorato dagli affreschi di Michelangelo. Secondo quanto afferma in un’intervista successivamente, è a quel punto che decide di lasciare il mondo della moda per dedicarsi totalmente all’arte. Il risultato è l’opera The Deluge una serie di foto del 2007 ispirate al Diluvio Universale di Michelangelo un’opera ricca di citazioni e di significati. La fotografia di moda non si confronta con idee profonde. C’è un’esagerazione nell’uso dei termini, è tutto bellissimo, geniale, addirittura sublime. Ma il sublime è una cosa rara che si trova nella natura e meno frequentemente nell’arte. Al centro delle sue tematiche non possiamo non citare le ossessioni a noi contemporanee i temi più profondi quali il paradiso, la gioia, la rappresentazione della natura e quella dell’anima. Uno stile quasi surrealista adattato ai giorni nostri incentrato su forti temi e messaggi, inserirei le sue opere nella corrente surrealista ma non lo paragonerei a un artista in particolare perché non ne trovo uno che si sia compatibile del tutto.

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    • Luc   9 Febbraio 2020 at 10:16

      Caro Francesco, mi ritrovo completamente in quello che scrivi. Anch’io considero LaChapelle un genio. Ma non trovavo la parola per fissare l’emozione che mi trasmettono le sue immagini. Tutte. Io non faccio differenza tra foto commerciali e artistiche. il suo stile le accomuna. La parola me l’hai donato tu: sublime. Le foto di LaChapelle non sono ne belle ne brutte. Sono sublimi.

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      • Antonio Bramclet
        Antonio   9 Febbraio 2020 at 11:00

        E come la mettiamo con le pennellate di kirsch? Il kitsch può essere sublime?

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        • Lamberto Cantoni
          Lamberto Cantoni   9 Febbraio 2020 at 18:24

          È legittimo sentire il kitsch in molte foto del fotografo. Ma io credo che i suoi effetti percettivi siano meglio descritti dallo stile Camp così come lo ha presentato Susan Sotang. In questa prospettiva il tipo di coinvolgimento previsto dal fotografo sarebbe “il colmo del sublime” (il concetto evapora e al suo posto lascia l’esperienza di un eccesso di bellezza).

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  72. Luca Paolantonio LABA   11 Febbraio 2020 at 15:28

    David LaChapelle è considerato uno dei più importanti e dissacranti fotografi contemporanei.
    Noto per le sue rivisitazioni e citazioni pop della pittura rinascimentale, è riuscito a passare dalla fotografia fashion (celebrity ed editorial) alla fotografia d’arte restando sempre fedele a se stesso e mantenendosi ai livelli più alti della fotografia mondiale.
    Le sue immagini, sono un punto d’incontro tra l’advertising e la pop art, capace di fotografare le celebrity dello star system come Michael Jackson, Hillary Clinton, Paris Hilton, Madonna, Uma Thurman, David Bowie ma anche di dar vita a una rivisitazione dei temi sacri come la natività, il Diluvio universale – con la serie ispirata a Michelangelo il mondo surreale, il barocco e la pop art in un mix trasgressivo capace di fondere sapientemente ironia, glamour, iconografia classica e mondo onirico.
    Le sue fotografie denunciano indubbiamente le ossessioni contemporanee: il rapporto con il piacere, con il benessere, con il superfluo e con una sfrenata esigenza di apparire.
    Il tutto, viene proposto in chiave ironica per rendere a mio parere più “sensibili” e “accessibili” i profondi (talvolta complessi) messaggi che emergono all’interno del lavoro di David LaChapelle.
    Analizzando la parte estetica degli scatti, trovo molto interessante la meticolosa cura del dettaglio e lo studio attento della struttura compositiva.
    Seppur queste fotografie non rispettano a pieno i canoni del mio gusto personale, riconosco una forza percettiva impattante che coinvolge inevitabilmente lo spettatore.

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  73. DiegoB(LABA)   11 Febbraio 2020 at 17:54

    David LaChapelle genio contemporaneo, a mio parere stiamo analizzando uno dei più importanti fotografi del nostro tempo e non solo per il significato delle sue fotografie ma piuttosto per la sua unicità.
    Il lavoro svolto da questo artista è unico, riesce a sorprendere e lasciare esterrefatti tutti i fruitori che si trovano davanti ad una delle sue magnifiche opere.
    L’artista riesce infatti a creare una fusione tra quelle che sono le icone del mondo attuale e le rappresentazioni più classiche del mondo della pittura antica, ambito questo che riprende spesso nelle sue fotografie poiché si ispira a quello che anche lui definisce un suo idolo che è Michelangelo.
    Oltre a questo un altro elemento che lascia esterrefatti tutti coloro che si trovano davanti ad una sua opera è l’utilizzo che fa della luce, sempre parte centrale dell’opera se non addirittura parte centrale oserei dire , l’utilizzo che ne fa infatti è massiccio , i colori colpiti da questa luce infatti risultano essere estremamente accesi e forniscono alla foto un’unicità unica.

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  74. lucio   21 Febbraio 2020 at 09:58

    A me LaChapelle piace. Ma trovo che le sue foto sono molto lavorate, ritoccate. Non hanno quella spontaneità che caratterizza i grandi fotografi.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   25 Febbraio 2020 at 10:00

      Ma la spontaneità è così importante? Per un espressionista astratto forse è così; ma è arte solo l’atto non mediato dal pensiero? Per restare alla fotografia, è certamente vero che esistono i fan della cosiddetta “fotografia diretta”, ma perché chi lavora con accurate messe in scena, dovrebbe sentirsi in difetto rispetto ai colleghi cultori dell’istante decisivo?
      LaChapelle non fa il reporter, crea significazioni visive che richiedono accurati set e lunghe sedute di ripresa. Per me sono gli esiti che contano. E senza dubbio, le sue immagini teatralizzate, finiscono col suggerirci molte più emozioni e pensieri di quelle dei cultori della spontaneità.

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  75. Rebecca B (L)   25 Febbraio 2020 at 17:35

    Mi ha molto interessato l’articolo su David LaChapelle, ma nel corso della lettura e osservando le sue foto, non so se definirlo un personaggio innovativo o scontato.
    É una figura molto controversa, si è fatto riconoscere indubbiamente per la vena artistica che lo contraddistingue poiché lo spinge oltre i limiti dell’arte tradizionale e oltre a quei “limiti” ci troviamo un pò disorientati noi comuni divoratori d’arte, ecco perché le foto di LaChapelle ci stupiscono, chi in maniera positiva e chi negativa.
    Facendo una breve analisi si nota come segni distintivi, che catturano subito l’occhio di chi osserva sono ovviamente i colori eccentrici, che dominano l’intera fotografia ma anche la scelta di utilizzare icone dello star system e grandi marchi, che hanno il monopolio nel sistema del consumismo.
    Quando, all’inizio utilizzo il termine “scontato”, è perché mi ricorda lavori già messi in scena, molto tempo prima, da un Andy Warhol per esempio.
    Lui per primo ha ironizzato sul sistema del consumismo e ha “abusato”, nelle sue opere, di icone dello spettacolo.

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  76. L: finta bionda   25 Febbraio 2020 at 20:55

    Tra tutti gli articoli questo di David LaChapelle è quello che più mi ha incuriosita. Oltre a farmi una cultura, poichè personalmente non lo conoscevo, ho apprezzato proprio il suo metodo di lavorare. Uscendo da ogni schema, ogni limite, ogni regola, David ha saputo dire la sua a modo suo. E sono proprio quelle regole che lui stesso non rispetta affatto che mi hanno ipnotizzata. Ebbene sì… mi piace!. I suoi lavori,specialmente in ambito religioso, hanno un velo anarchico che si contrappone con il sacro velo della Vergine. Ogni simbolo biblico è rivisitato in chiave originale e non sarò io quella a dire che questa rivisitazione sia sbagliata. Ampia la visione di un caposaldo della cultura mondiale,un intoccabile… ovvero la religione. Argomento ancora borderline per alcuni popoli ma che volente o nolente ci unisce tutti.
    I temi da cui trae ispirazione sono temi visti e rivisti, ma lui riesce a renderli contemporanei,innovativi e soprattutto trasgressivi e per renderli tali credo che lui abbia un profondo rispetto dell’argomento e che la sua interpretazione sia saggia perchè educata dalla mente di chi conosce quel che sta facendo. Credo che nei suoi lavori ci sia una componente che si avvicini al kitsch ma non credo sia questo il termine corretto per descriverli. Riesce a distogliere lo sguardo dalla realtà, ipnotizzandoti ma allo stesso tempo ti emargina dalla sua interpretazione. I celebri scatti biblici di LaChapelle lo hanno condotto ad un rumoroso vortice di commenti negativi, dal momento in cui proprio questo argomento è stato “violato”. Lui stesso cita che le sue opere in tale ambito, parlino di destabilizzazione in un tempo in cui l’uomo postmoderno soffre della paura che ha di perdere punti di riferimento in un’età di grandi cambiamenti. Riconosco in lui la passione, ossessiva forse, verso il Maestro Michelangelo e la genialità di un Fellini nell’andare a creare delle storie all’interno delle sue opere. La sua originalità lo allontana dagli altri, rendendolo unico. Ho intercettato alcune analogie con la fotografia di Andrey Maksimov che è ad oggi un fotografo non tanto conosciuto ma interessante poichè tratta temi condivisi da LaChapelle come il mondo legato all’immaginario cyberpunk, alla cultura pop, senza tralasciare tematiche religiose legate al mondo orientale. Ma tornando a LUI, una tra le opere che più mi ha colpita, è “Rape of Africa”, la quale è una decisa reinterpretazione del dipinto di Sandro Botticelli “Venere e Marte” nel quale LaChapelle ha posto il suo marchio di fabbrica. Offre colori sgargianti, innaturali quasi, proprio come la pittura e le muse del Botticelli. E’ ricca e curata nei minimi dettagli.Ogni corpo rappresenta in chiave critica un tema specifico legato al mondo africano, come i bambini soldato, la mercificazione femminile, l’estrazione di materie prime sullo sfondo. Quasi a rivendicare e sottolineare la sua bellezza,LaChapelle non fa mancar nulla alla protagonista indiscussa della femminilità. Infatti è proprio la star top model Naomi Campbell, nelle vesti di Venere che l’autore rappresenta volutamente in deshabille, con rossetto sgargiante e adornata da oro e brillanti con tanto di tacchi da poledancer, molto lontana dalla Venere del Botticelli. Anche in quest’opera si trattano argomenti tutt’ora attuali e validi, come a ricordarci certi temi che alle volte diamo troppo per scontati.
    Concludo affermando che questo artista mi ha davvero stupida, arricchendomi e aggiungendo un nuovo taglio prospettico alla mia, forse banale e monotona, visione di tutti i giorni.

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  77. Caterina (L.)   6 Marzo 2020 at 11:16

    Personalmente non conoscevo questo artista, ma leggendo questo articolo mi sono incuriosita e ho intrapreso una ricerca su di esso e devo dire che mi ha fatto riflettere.
    Penso che il lavoro di Davide LaChapelle ha lo scopo di pungere l’ego delle persone.
    Viviamo in un’epoca dove sembra che tutti abbiano i paraocchi e non vedono oltre quella direzione, anzi mi correggo la società di oggi vede quello che vuole e quello che fa più comodo.
    Viviamo in un mondo dove si preferisce stare in silenzio e far accadere le cose per poi beffardamente lamentarsi.
    L’arte di LaChapelle, ironica e provocatoria, mira a dichiarare “svegliatevi, aprite gli occhi”, come se ci spiegasse che il mondo e gli ambienti in cui lavora sono solo apparenza.
    Trovo inoltre interessante il connubio tra le arti che lui utilizza, perché fondamentalmente tutt’oggi ci rifacciamo al passato, imitandolo (a mio malgrado in modo pessimo).
    Certo, il passato è di vitale importanza, e di certo non va né negato né tantomeno dimenticato, purtroppo però su certe cose ancora oggi siamo dei retrogradi, forse per questo David LaChapelle è così straordinariamente provocatorio?

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  78. GIADA G LABA   12 Marzo 2020 at 16:54

    Soffermandomi su questo articolo ho avuto modo di approfondire un personaggio a me non troppo conosciuto, il fotografo David LaChapelle.
    Faccio una premessa egli è un artista più che affermato e di certo la mia non sarà una critica basata sullo screditare la sua bravura ma come tutti i tipi di arte la propria creazione può piacere o meno. In questo caso partendo dal presupposta di esser soltanto una studentessa e non un esperta d’arte mi trovo in disaccordo con le affermazioni positive da lei citate per mostrare l’apprezzamento e la genialità che ritrova in questo artista.

    Sono un amante del minimalisto della semplicità. Ritengo artisti come Coco chanel nella moda Eduard Monet nell’arte dei geni senza paragoni. La cosa che mi affascina di queste persone è il saper stupire e meravigliare con le cose più semplici.
    Un abito dritto e pulito di Coco Chanel per quanto all’inizio veniva snobbato poiché banale passò alla storia e la semplicità del soggetti come le ninfee raffigurate da Monet sono famose in tutto il mondo per la sua raffinatezza e per quanto possano affascinare se guardate.Si al minimalismo. Per essere ancora più precisi si alla cose apparentemente semplici. Perché dico questo? Dietro ad una cosa che sembra semplice dietro c’è il doppio della difficoltà nel crearlo. È molto più difficile stupire con una creazione semplice che riesca a spiccare piuttosto che con stravaganze e cose appariscenti. Il troppo stroppia.
    Se ci pensate è mille volte più difficile rendere una cosa semplice spettacolare che una cosa stravagante incredibile. L’occhio umano è abituato alla semplicità e troppo spesso la sottovaluta.

    Quando parlo di semplicità parlo di pulizia di quadri abiti o fotografie senza troppi “ghiri gori”.
    Ho ritrovato nei lavori di LaChapell un tratto narcisistico forte un eccessivo uso di figure personaggio e oggetti che si sovrastavano l’un l’altro. Ha un modo di concepire la fotografia a parer mio barocco e usando questo termine mi riferisco all’uso eccessivo di decorazioni che finiscono per appesantire il tutto.

    Se dovessi far un paragone per spiegare ancora meglio la mia critica potrei paragonare la sua fotografia all’arte surrealistica ambientata ai giorni d’oggi. Esso è un mix di perversione e inconscio con immagini attuali e passate.

    Per quanto alcuni suoi concetti dietro a queste sue fotografie siano condivisibili non riesco ad apprezzare esteticamente la sua arte e non mi stupisce il suo lavoro.
    In un epoca in cui il personaggio estroso e stravagante risalta io non riesco ad uniformarmi a questo tipo di moda.

    Detto cio concludo dicendo che amo la libertà di espressione e tutto quello che l’arte a differenza di tante altre discipline ci permette di fare. Non condivido la sua arte ma detto ciò non dico che non la ritengo tale.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   13 Marzo 2020 at 17:18

      Tutte le critiche leali e oneste sono non solo legittime ma auspicabili. Le tue rientrano senz’altro in questa speciale categoria. Speciale perché, soprattutto nella moda la critica seria e ponderata sembra da tempo evaporata. Tuttavia, un conto sono le preferenze soggettive o quello che appenderesti a casa tua. Altra cosa sono i giudizi strategici sull’estetica di un creativo, che dobbiamo utilizzare per scopi comunicazionali. La mia impressione è che il tuo commento lasci al palo di partenza le considerazioni strategiche sull’efficacia di LaChapelle. Fa parte del gioco,lo so bene. In definitiva è il tuo commento. Però sono convinto che una maggiore distanza dalle tue impressioni soggettive, ti avrebbe aiutato a capire che non si può utilizzare il minimalismo ad oltranza. Dopo un po’ la semplicità genera noia e deprime l’attenzione. Comunque c’è da dire che le tensioni estetiche di cui parli, cioè la propensione all’ordine, alla semplicità e per contro la pulsione barocca che spinge verso l’eccesso, sono forze estetiche che da secoli attraversano la nostra cultura. È legittimo prendere nei confronti di esse una posizione chiare; ma è altrettanto legittimo sospendere la propria reazione per tentare di capire perché oggi le immagini di LaChapelle sembrano più conformi alle aspettative del pubblico, in vista di determinati scopi.

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  79. EsmeL   27 Marzo 2020 at 01:48

    Non ero a conoscenza di questo artista prima di leggere quest’articolo ed è stato interessante scoprire questo suo modo, caratterizzato dall’ironia e uno spirito critico . E’ interessante notare come modifica i dipinti del passato e li ripropone in quadri moderni con varie caratteristiche eccesive, mostrando il rapporto con il piacere, benessere e un’estrema voglia di apparire, infatti notiamo dalle cromie che risaltano subito che in qualche modo ci fanno immergere nella fotografia. L’artista unisce sacro e profano, consenso e ammonizione, divino e terreno, creando così una dicotomia che origina un ragionamento dietro l‘opera; in qualche modo ci fa notare la crudele realtà che si palesa agli occhi dello spettatore e viene attutita dall’equilibrio e perfezione che lo rassicura, ma che allo stesso tempo porta a riflettere . Tra le sue opere quella che mi ha più colpito è stata “ THIS IS MY HOUSE ” (1997),dove è presente la modella sudanese Alek Wek ; il nostro artista ci fa spostare l’occhio sulla modella poi sulla casa dopo di che sulla bambina, questi tre soggetti sono rappresentati con una cromia ben evidenziata, ovvero con un pigmento fucsia. I temi centrali che usa LaChapelle è la maternità e l’infanzia, infatti in quest’opera Alek rappresenta la figura materna (Vergine Maria)che protegge il proprio figlio.

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  80. SofiaB L   30 Marzo 2020 at 20:28

    Prima di leggere questo articolo non conoscevo David Lachapelle ma le sue fotografie mi hanno incuriosito. Sicuramente è un fotografo rivoluzionario, dallo stile inconfondibile, capace di attirare l’attenzione della gente. L’artista cerca di creare delle figurazioni molti originali prendendo spunto da opere d’arte del passato, per esempio quelle di Michelangelo.
    Con le sue fotografie cerca di dare una sorta di “luce” allo spettatore attraverso l’uso di cromie potenti e vivaci.
    Il suo obiettivo è quelli di fotografare ciò che noi sappiamo ma che al contempo non vogliamo vedere e per fare ciò ha bisogno di truccare la realtà creando fotografie alquanto originali.
    I lavori di David Lachapelle non sono compresi da tutti e molto spesso vengono criticati. Questo tuttavia non ha influenzato negativamente la notorietà dell’artista, ma al contrario lo ha reso un fotografo fuori dagli schemi e di enorme successo.

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  81. Agata (L)   10 Aprile 2020 at 20:56

    Partendo dalla premessa che grazie a quest’articolo ho potuto conoscere la figura di LaChapelle, ciò che più mi colpisce, all’interno delle fotografie, a primo impatto sono le cromie squillanti. Tramite la fotografia richiama opere famose come “La pietà” di Michelangelo oppure l’“Annunciazione” di Tintoretto, riprese sin nei minimi dettagli. Anche se LaChapelle ha un approccio differente al tema religioso, con ironia. Un esempio interessante è l’opera “Tributo a Michael Jackson”, dove il celebre cantante viene affiancato alla figura della Madonna mentre si tengono per mano, come degli amici se non quasi come fidanzati, visto l’abito bianco con cui la Madonna è vestita diversamente dal tradizionale azzurro, con cui iconologicamente viene ritratta. Interessanti sono gli scatti che hanno come protagonista Michael Jackson, con cui LaChapelle prende le sue difese a seguito delle accuse a lui rivolte, in un’intervista il fotografo lo definisce un angelo, e così lo rappresenta in uno scatto in cui sovrasta Lucifero, con le ali spiegate e le mani giunte in preghiera in “Archangel Michael”. La raffigurazione religiosa dell’artista risulta essere a tratti quasi dissacrante, allontanandosi dagli stereotipi a cui noi tutti siamo abituati degli artisti classici.
    Rivisitando in chiave moderna e alternativa i quadri del passato.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   12 Aprile 2020 at 09:02

      Mi ha dato da pensare il fatto che Esme, Sofia e Agata (e altri partecipanti, tra l’altro) non conoscessero DLC.
      Per carità, è tutto banalmente normale. Conosciamo bene gli effetti della superfetazione del bombardamento di immagini al quale siamo sottoposti. Per sopravvivere in un mondo semiotico troppo carico di stimoli che ci cercano, narcotizzarne il più possibile diviene una sorta di tutela della salute mentale.
      Quindi, nessun può accusare nessuno se la nostra esperienza del mondo è selettiva.
      Tuttavia, il consiglio che ritengo di estendervi è di quest’ordine: non fidatevi solo degli eventi (culturali) che sembrano aprire con immediatezza le porte della vostra percezione; allenatevi a percorrere i sentieri stretti della qualità e dell’impatto semiotico di eventi significanti che, come i sassi tirati in uno stagno producono onde circolari che si allontanano dal punto di impatto, hanno la proprietà di contagiare un numero crescente di persone. Lo scopo non è accettarli, incorporarli o magnificarli, bensì di imparare a criticarli.
      Leggendo Esme, Agata e Sofia, ho avuto un altro insight di pensiero che metto giù in questi termini: immagino che si possa definire il nostro fotografo come uno dei personaggi di rilievo della fotografia, dell’arte e della comunicazione contemporanea. Ma cosa significa contemporaneo a livello di percezione? È la stessa cosa alla quale pensano gli psicologi, i sociologi, i filosofi?

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  82. Sara97   13 Aprile 2020 at 18:13

    Non conoscevo LaChapelle prima di sentirne parlare da lei, e dopo aver dato un’occhiata ad altri progetti dell’artista, devo dire di essere rimasta molto colpita dai suoi operati. E’ sorprendente come, in ogni suo lavoro, riesca ad inserire un punctum capace di coinvolgere chiunque. Cerca e riesce a colpire noi fruitori giocando con luci e colori, riesce ad attirare sempre l’attenzione di chi osserva le sue opere. Sono più che d’accordo con lei quando scrive che LaChapelle fotografa ciò che non riusciamo a dire con le parole. Inoltre provo un senso di ammirazione per chi prende il “vecchio” e lo trasforma in “nuovo”, come ha fatto l’artista con alcuni dei suoi lavori (es. foto che fanno parte della sua mostra “Atti Divini”).
    Vorrei concludere con una citazione che condivido di Ansel Adams “Una foto non si scatta, si crea.”

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  83. RebeccaP (L.)   15 Aprile 2020 at 10:42

    Anni fa avevo notato le fotografie di LaChapelle ma in quel periodo non ero interessata al perché di tutto questo sfarzo di colori e di forme, mi sembrava alquanto eccessivo, non sapevo nemmeno fosse stato lui ad ideare la copertina dell’album “Astroworld” di Travis Scott, un album a cui, oltretutto, ho dedicato molta attenzione visiva poiché mi interessava cogliere tutti quei particolari fondamentali per la perfetta realizzazione dell’immagine. Sicuramente all’epoca non percepivo le immagini come ora, mi limitavo ad osservarle senza cogliere effettivamente ciò che mi volessero dire. Ora, col senno di poi, posso dire che l’artista mi affascina particolarmente e i suoi lavori, con questa aria così surrealista, esagerata e alle volte perfino kitsch, creano un turbinio di emozioni che ti travolgono e a cui si fa fatica a credere dato che pone in bella vista quello che sai ma che in un certo qual modo vorresti nascondere. Devo essere sincera, generalmente preferisco le foto scattate senza troppi aggiustamenti, una foto spontanea se così vogliamo dire, come quelle di Platon, che con gli occhi riflettono esattamente ciò che le persone sono, oppure quelle di Soham Gupta che ti narrano la vita di persone ai margini della strada. Forse sono semplicemente più facili da accettare e viste quindi senza criticare troppo, ma LaChapelle alla fine non fa lo stesso? Cerca di mostrarci ciò che ci circonda e lo accentua sottolineando i vari aspetti; utilizza colori molto accesi, vistosi, differenti proporzioni, forza le posizioni dei soggetti ma nell’insieme tutto è equilibrato e funziona. Alle volte sceglie personaggio famosi curiosi, singolari, capaci di influenzare il mondo, visto il loro grande seguito, e credo lo faccia per portarci ancora più verso le realtà. Il mondo è questo, è soprattutto questo, e non possiamo fare altro che accettarlo e farcene una ragione traendo più informazioni possibili e capendo anche qualcosa in più su noi stessi.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Aprile 2020 at 08:39

      Anche a me piace Platon. I suoi ritratti mi riportano al grande Avedon (quando non lavorava per la moda). Ma fai attenzione: non credo che DLC sia interessato a mostrarci ciò che ci circonda. Credo piuttosto che ci trascini in un altrove. Le sue ricostruzioni sono più accurate. Il fatto che questo altrove finisca con farci percepire qualcosa di intimo o già presente in noi, è un’altra questione. Le foto di Platon (i ritratti) sembrano suggerirci che c’è qualcosa dentro il soggetto. Le foto di DCL trovano questo qualcosa nella superficie.
      Non conosco Gupta. Grazie per il suggerimento.

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  84. emanuele, filosofo ispirato dopo abbondandti bevute (L)   23 Aprile 2020 at 19:59

    Lachapelle per me è una figura che nel suo risulta essere estremamente sfacettata e può essere apprezzato o meno. Artista citazionista (qualcuno ricorda i fratelli chapman nell’arte?) che ha ricevuto enormi influenze da iconografie occidentali ormai svincolate dal significato originario perchè riprodotte all’infinito, richiamanti modelli “sacri”. LaChapelle prende queste ultime e ne rimescola i codici dati dai vari autori, aggiungendo una sorta di parte ironica e anche kitsch. A mio modesto parere rimango un po’ critico nei suoi confronti, poichè ci da l’illusione che sia sufficiente riverniciare o dare una patina di cronaca all’immaginario prodotto nel passato sminuendo magari i significati acquisiti di quelle opere. Un mero sfruttamento dell’immagine senza pensarne al significato. Dico questo perchè per me lui si interessa a queste iconografie non per il loro contenuto ma da tramite perchè tutti in grado di riconoscierle. Direi che le mie visioni date dalle bevute si stiano un po’ troppo diluendo e stia tornando meno efficace nelle mie stesure. Un’altra bevuta e passo all’articolo successivo.

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  85. Margherita L.   26 Aprile 2020 at 14:44

    Credo si possa dire che LaChapelle ha avvicinato in modo nuovo e originale la fotografia all’opera d’arte, non solo per i suoi evidenti richiami e riferimenti ad opere classiche. È ovvio che dietro alla fotografia ci sia uno studio ed un lavoro importante, non sempre, infatti, si ha la fortuna di cogliere l’attimo che permette di catturare quasi casualmente un’immagine che buca, che ti distingue. LaChapelle non cerca questo attimo, il suo è un lavoro accurato ed estremamente minuzioso, a volte imponente, che riesce ad avvicinare una fotografia ad un dipinto giocando su perfetti equilibri. In questo modo le sue opere, a mio avviso, riescono a trasmettere una pluralità di emozioni e di sensazioni maggiori rispetto ad uno scatto “convenzionale”. Trovo estremamente interessanti, infatti, i contrasti presenti nelle sue opere che vanno dal forte ordine strutturale, dato dalle composizioni per esempio, a un “disordine festoso”, dato dai colori e dalle esagerazioni, creando quindi una sorta di entropia percettiva che causa in noi un trauma positivo che ci travolge.
    Sicuramente il suo lavoro risente dell’influenza di grandi maestri che paradossalmente vanno da Warhol a Michelangelo che lui ha saputo “unire” dando vita alla propria cifra stilistica estremamente originale, unica.
    L’aggettivo che meglio lo descrive è: Dirompente, cioè una persona intenta a squarciare, spezzare, frantumare. È incredibile come con le sue immagini riesca a stimolare, smuovere reazioni in ognuno di noi stuzzicandoci e facendoci svegliare dal torpore e dal piattume di cose ormai tutte uguali. Ammiro come riesce a trasporre nelle sue opere lo sguardo critico che tutti noi abbiamo nei confronti della società e come riesca a rappresentare proprio ciò che noi percepiamo da una cosa.
    Il suo essere così diretto mettendo ben a fuoco la realtà di oggi (che definirei talvolta triste e povera, priva di vita/contenuto) è una caratteristica estremamente vincente, come le esagerazioni di cui si serve. Riesce ad arrivare allo spettatore proprio perché è in grado di comunicare direttamente con lui grazie anche ad un impatto immediato che lui raggiunge utilizzando un’abbondanza di colori accesi, di visioni oniriche, di immagini talvolta eccessive, al limite del kitsch.
    Proprio tutta questa eccessività, la teatralità di cui si serve l’artista credo siano fondamentali, definiscano il suo stile facendo sì che le sue opere si riconoscano al primo sguardo.
    Oggi forse più che mai i suoi riferimenti tra il sacro e il profano suscitano qualcosa e hanno un’incidenza su di noi perché richiamano la nostra umanità. Quanto di tutto ciò che è sacro ad oggi è stato sminuito? Oppure, al contrario, diamo un senso di sacralità a ciò che non è altro che espressione dell’odierno ed effimero consumismo.
    Nelle sue opere sembra portare all’attenzione tematiche tipiche della nostra società, come la ricerca della perfezione estetica, le ossessioni della fisicità del mondo contemporaneo ma usando in maniera estremamente intelligente un’altra arma che è quella dell’ironia, quasi a non voler esprimere un giudizio ma semplicemente scattare un’istantanea su quella che è ormai una realtà.
    Trovo particolarmente interessante lo scatto che immortala la cantante Lizzo (una delle ultime copertine della rivista Rolling Stone) che è a mio parere estremamente rappresentativo del suo stile in quanto ritroviamo tutto ciò che lo distingue: abbondanza, eccessività, riferimenti classici, ironia…Genera in me una molteplicità di sensazioni. Anche qui ritroviamo il parallelismo con le opere classiche come ad esempio una Venere o la Primavera botticelliana oppure una Madonna. Quello che mi colpisce è che contrariamente ad altre sue opere nelle quali estremizzava la ricerca della perfezione, con questa immagine, andando “controcorrente”, vuole assurgere la bellezza della IMperfezione come valore.

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    • Antonio Bramclet
      Antonio   26 Aprile 2020 at 22:16

      Considero l’intervento di Margherita un vero e proprio contributo critico. Autorevole e in alcuni passaggi mi è parso persino solenne. Se fossi un direttore di testata lo pubblicherei senz’altro.

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      • Lamberto Cantoni
        Lamberto Cantoni   26 Aprile 2020 at 22:30

        “Solenne” è esagerato. Diciamo che l’ho letto con piacere e lo reputo tra i migliori. Devo ammettere però che ho un debole per i filosofi ubriachi alla Emanuele anche quando storpiano la lingua.

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  86. Giovanni (L)   27 Aprile 2020 at 15:14

    “Nella Città del Vaticano, Tra il 1481 e il 1483 vi furono eseguiti affreschi dai maggiori pittori toscani e umbri. Nel 1508, il Michelangelo decorò le volte e i lumettoni sopra le finestre. Dal 1536 al 1541 il Buonarroti terminò le decorazioni affrescando la parete frontale con il Giudizio Universale.” Nel corso del tempo, innumerevoli artisti, poeti, letterati hanno trovato nelle gradi visioni michelangiolesche relative al mito biblico della creazione, del diluvio, del giudizio universale, una inesauribile fonte di ispirazione estetica. uno dei più sorprendenti e inattesi è senz’altro David LaChapelle, il fotografo americano divenuto famosissimo per le sue immagini di moda coinvolgenti e ironiche, per i ritratti di personaggi dello star system, per la trasfigurazione spettacolare delle merci più popolari. le sue opere sono stravaganti e contraddittorie. “Ad esempio, nel Deluge, sua opera ispirata al Diluvio universale di Michelangelo, la “forza tranquilla” prende il sopravvento dell’opera donandole un sapore contraddittorio: le persone raffigurate dovrebbero essere terrorizzate, disperate, scomposte e invece posti di fronte alla morte ritrovano valori universali come la pietà, la solidarietà, lo spirito di comunanza.
    Le sue immagini vennero pubblicate anche da grandi riviste come “Paris Vogue”, “The Face”, “Vanity Fair”, “New York Times Magazine”, “Vogue”.”
    LaChapelle, dopo un periodo di arte commerciale, decise anche di approfondire le sue radici nelle fotografie sacre cercando di riprodurre immagini come l’Annunciazione e la Pietà di Cristo. spesso viene giudicato come “creatore del surreale” perché esagerato e spudorato. A mio parere è la rappresentazione di ciò che non viene detto, del moralismo messo a nudo, della verità nuda e cruda. le sue opere a primo impatto possono sembrare pacchiane e provocatorie, ma nascondono intrinseche nella loro natura significati nascosti e puri. David LaChapelle può essere considerato uno tra gli artisti più eclettici del mondo contemporaneo.

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  87. Carola L.   27 Aprile 2020 at 20:11

    Non trovo sconvolgente la possibilità dei sentimenti di solidarietà e collettività che si può interpretare in Deluge. All’improvviso può accadere qualsiasi cosa, come sta succedendo oggi…
    Situazioni che colpiscono tutti, un momento che risveglia in noi la fragilità che ci spinge a mostrare un lato migliore di noi verso gli altri, che può essere visto normalmente come un sentimento dormiente, che emerge soltanto risvegliandoci appunto dal sonnambulismo non solo delle abitudini visive, ma bensì da quelle delle nostre abitudinarie azioni e reazioni verso la realtà nella quale viviamo, come se servisse sempre un colpo scomodo che ci faccia scoprire la verità, le cose che diamo per scontate.
    I risultati che trovo nelle fotografie di LaChapelle, trasmettono una grande forza, forse dovuta in gran parte alle sue esperienze.
    Prende spunto da diversi grandi artisti del passato, mescolandoli con forti forme e colori dando vita a delle visioni nuove, sembrerebbero contemporanee, che spesso vanno di pari passo con diversi ambiti commerciali. Non è scontato, può sembrarlo a primo impatto, ma non lo è.
    Penso sia interessante la frase citata all’interno dell’articolo: “La sua luce non lascia quasi ombre, ma tuttavia riesce a raccontarci benissimo le ombre che ci portiamo dentro…”

    Sono affascinata dalla fotografia “ When the world is trough”, da questa combinazione di elementi opposti, decontestualizzati…
    Il soggetto mi fa pensare ad una celebrità che viaggia durante la nostra contemporaneità ma allo stesso tempo, penso ad un angelo vestito di bianco, con i boccoli biondi, dentro un “paesaggio fantasma” di ciò che prima era un paesaggio urbano, in tutta la sua freddezza cromatica.
    Mi soffermo sull’espressione perplessa della ragazza che mi fa sentire spaesata, come se fossi in bilico tra il crollo e la ricostruzione.
    Viene sottratta la realtà, le macerie sullo sfondo sono lì, quasi come una manifestazione dell’inconscio, assorbendo gli oggetti che si hanno nella memoria quotidianamente, oscurandone la presenza visiva e che grazie a questa assenza, essi vengono percepiti come spettri del passato, che attirano, come un buco nero, catturato in un istante, dopo una catastrofe naturale che gli esseri umani non possono ostacolare.
    Michelangelo definì l’opera di uno scultore come una rimozione, diversamente dalla pittura che va posizionata;
    la distruzione presente nella fotografia di LaChapel, nonché le macerie, toglie la forma invece di farla emergere, restituendoci una sola forma intera, concreta, cioè la donna. Abbiamo le macerie che sono delle nuove forme, con una nuova vita, tolte dal loro contesto precedente, alcune spostate altrove ed altre invece, ferme nello stesso posto.
    Inoltre, la valigia, la partenza, il viaggio fisico, è un’azione programmata e consapevole, forse determinata da una necessità di cambiare vita.
    Un uragano, un disastro naturale invece, non è programmato dagli umani. Entrambi, però, danno vita ad una storia, ad una nascita, una vita durante la quale si entra in contatto con il mondo e la morte, dopo la quale resta qualcosa, dei ricordi. Forse il concetto di nascita, di luce, è dentro LaChapelle e non può fare a meno di renderlo parte dei suoi lavori, lasciando diverse interpretazioni a seconda di chi li fruisce, anche spirituale, sacra, notando una sorta di composizione piramidale nell’insieme di elementi che costituiscono l’immagine.
    Nelle sue fotografie si percepisce un’evoluzione, una storia, che ha sicuramente del personale dentro, ma che si trasforma in qualcosa che è lontano da ciò che cataloghiamo come contemporaneo, ingannevole. Spesso c’è l’unione dell’ispirazione derivante da artisti del Rinascimento ed elementi della modernità… una modernità nella quale tutti noi abbiamo il bisogno continuo di essere qualcuno, di essere notati, vittime di una vita basata sul consumo, ossessioni superficiali radicate nel sistema sociale, vogliamo essere le star che vengono raffigurate lì sopra, pensiamo di comprenderle.
    Forse, dovremo cercare anche dentro di noi la verità e non fuori, nel virtuale, nelle piattaforme social, nel mondo pieno di immagini…

    Rivolgendomi all’aspetto tecnico, mi vengono in mente le stampe degli scatti di Jeff Wall, il fotografo canadese che sono enormi come dipinti, che rafforzano ancora di più il realismo e naturalismo. Pur lavorando con soggetti completamente diversi, che non hanno nulla a che fare con la moda, ad esempio; le sue fotografie sono immobili come sculture classiche e a volte intrappolano attimi divini ma anche inquieti, realizzati in modo accurato con dei set, come LaChapelle.
    Nel caso di entrambi, appena guardo una loro fotografia, penso di sapere di cosa si tratti a prima occhiata, penso siano semplici da interpretare, ma in realtà ci mostrano delle complessità difficili da mettere in ordine mentale, che ci lasciano perplessi, o almeno, nel mio caso.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   28 Aprile 2020 at 00:36

      Interessante la faccenda della distruzione. Anche il resto dell’analisi della foto. Jeff Wall non lo conosco ma mi hai quasi convinto, Quasi.

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  88. Elisa L.   1 Maggio 2020 at 12:56

    Lo stile di LaChapelle si riconosce già dopo uno sguardo fugace. Questo penso sia dovuto, in particolare, dal “perfetto equilibrio che l’artista crea grazie all’unione degli opposti”.
    Colori squillanti (a volte quasi lisergici), perversioni sessuali, eccessi, consumi, mondi surreali giustapposti ad iperrealismo, temi sacri e racconti onirici.
    Credo siano proprio queste ironiche ed accurate contrapposizioni a distinguere la cifra stilistica del fotografo.

    I suoi scatti così risultano impattanti, “costringendo” il fruitore ad immergersi nel profondo e a fare i conti con i tabù e con le problematiche create dalla società, ma anche con i propri difetti, i propri limiti e i propri demoni. Le emozioni suscitate, di conseguenza, fanno emergere riflessioni che (spesso) lasciano un certo amaro in bocca…Proprio come nei sogni dove si ha a che fare con il proprio inconscio, con le proprie fantasie, con ciò che non vogliamo vedere…
    Ed è proprio grazie ad i suoi sogni che noi fruitori possiamo sognare ad occhi aperti.

    “Amo creare tramite l’uso della fantasia, tramutando in immagine i miei sogni.”(David La Chapelle)

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  89. Anastasia Ceban   1 Maggio 2020 at 17:44

    LaChapelle è uno degli artisti più influenti al mondo, ha la capacità di narrarsi e raccontarsi in modo particolare, racconta di un suo mondo ma che in realtà è anche il nostro.
    Mi piace questo artista e il modo in cui fa vedere nelle sue opere il suo punto di vista surreale e ironico, penso che il suo modo di modificare opere famose con gesti stereotipati, mimiche facciali apatiche in delle contestualizzazioni forti, sia una critica di una parte della società che tende sempre più verso l’esteriorità, anche se le ambientazioni possono sembrare caotiche, secondo me il messaggio che vuole trasmettere è chiaro.Le sue fotografie inoltre denunciano le ossessioni contemporanee, il rapporto con il piacere, col benessere, con il superfluo e con una sfrenata esigenza di apparire. Il tutto connesso da colori elettrici e superfici laccate, e caratterizzato dalla presenza ricorrente di un nudo sfacciato e aggressivo, personalmente lo trovo molto attuale ed affascinante.

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  90. Karen L.A.B.A.   2 Maggio 2020 at 17:29

    Per me lui è un genio!
    Ha preso delle opere conosciute e le ha riformulate in chiave moderna prendendo in giro la società odierna facendo passere dei messaggi di critica costruttiva, ad esempio l’ opera “The Last Supper”.
    Lui non è fuori di testa ma ha delle idee ben chiare con le quali vuole stuzzicare ad arte le persone mettendogli davanti una realtà ignorata.
    Lui vuole scardinare stereotipi e discriminazioni, ad esempio “Annuciation”, in cui Maria è di colore, se mia nonna lo vedesse griderebbe al sacrilegio perché per lei Maria non è, e non potrà mai essere, di colore; né tanto meno L’ Angelo Gabriele con dei baffi simbolo di mascolinità.
    Tutto questo perché la visione di questi soggetti è stereotipata!
    Lui cerca di fare leva su emozioni umane e su stati d’ animo particolari.
    E per concludere, a mio parere, un’ altra interpretazione del’ opera “Deluge” e che non importa quanto sia famoso, importante, di lusso o ricco il logo, l’ azienda o il tuo nome, davanti a un disastro comune, o davanti alla furia di madre natura, farai la stessa fine di tutti gli altri.
    Ma sono d’ accordo sul fatto che gli esseri umani si aiutano tra loro solo davanti a un male comune e questa viene chiamata “ipocrisia”.

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  91. Davide (L.)   2 Maggio 2020 at 18:44

    C’è chi definisce David LaChapelle uno dei migliori fotografi del nostro tempo e chi pensa invece che dopo il periodo di fotografie modaiole sia letteralmente decaduto. Io mi trovo tra i primi e personalmente credo che il fotografo statunitense sia non solo un fotografo, ma un’artista che oltre a produrre opere significative ed altamente espressive si sia distinto nel settore per la sua unicità, provocatorietà, ma soprattutto rivoluzionarietà. Una fotografia di LaChapelle si distingue sicuramente, anche grazie al suo stile carico di pigmenti accesi e brillanti, proveniente dal mondo della moda e della pubblicità, che ha saputo trasformare perfettamente anche nel campo artistico. David porta alla massima espressione la fotografia non solo per la studiata regia che si trova dietro ogni foto, ma anche grazie alle tecniche digitali ed alla strumentazione da lui usata, la quale permette alle foto di diventare quasi delle scene oniriche rientrando perfettamente nello stile surrealista. Condivido come citato nel testo, questa grande affinità tra il fotografo e Michelangelo, dal quale ha tratto evidentemente ispirazione non solo in Deluge, ma in molte altre sue opere e lo si vede per esempio nell’espressività dei corpi presenti nelle scene che LaChapelle ha minuziosamente costruito. Un’altro riferimento ad artisti del passato che secondo me è molto affine alla sua arte è il collega surrealista Salvador Dalì, infatti anche nelle sue opere siamo travolti dal suo creativo mondo immaginario con un potente carattere distintivo. Penso che si possa imparare molto dagli altristi passati, perché anche se il mondo dell’arte ed i vari strumenti di espressione siano in continua evoluzione, esistono dei pilastri concettuali che sono senza tempo e toccano le corde principali di quello che è un’opera artistica. Un riferimento lampante lo troviamo anche in campo filosofico, nel quale ancora oggi, nel 2020, ci troviamo a porci le stesse domande degli antichi filosofi greci quali Socrate, Platone ed Aristotele solo per citarne alcuni. Per esempio il dibattito tra empiristi e razionalisti, la nostra conoscenza deriva esclusivamente dalla nostra esperienza o parte della conoscenza è innata? David LaCapelle ha saputo trarre ispirazione dai migliori artisti del passato, rielaborando il tutto in un risultato straordinario e come già citato rivoluzionario, in opere che sono il frutto di moderne tecnologie unite ad un talento artistico senza tempo, capace di raccontare la società moderna in singole immagini. Una caratteristica del fotografo statunitense, sta nella capacità di usare immagini provocatorie e potentemente comunicative in modo non eccessivamente volgare e peccaminoso, per raccontare e far emergere i desideri della società che spesso riguarda la realtà dello star system, pieno di vizi ed eccessi. Prendendo in esame l’ultima foto di questo articolo, notiamo la sua grande concentrazione di colorazioni accese quali rosso, giallo ed azzurro. Percepiamo una grande concentrazione di elementi nella parte inferiore dell’immagine, dove appunto troviamo i numerosi leopardi, che rappresentano la popolazione comune, la popolazione ancora animale, che fa particolare attenzione alla bellezza ed all’estetica espressa dalla pelliccia maculata del leopardo. La stessa pelle la troviamo però anche come rivestimento del pianoforte sul quale Elton Jhon sta saltando, quindi metafora dell’industria consumistica che usa la popolazione per arricchirsi e per ricamarsi. Elton Jhon, sinonimo del personaggio di successo, dell’elevamento nella scala della società e della piramide, salta euforicamente sul pianoforte, sul sistema consumistico calpestando quella che è la pelle dei leopardi. Notiamo che la parte inferiore dell’immagine, piena di ciliegie, quindi di rosso, rappresenta il mondo pieno di passione, amore, odio della popolazione animale, meno elevata e che diminuisce sempre di più salendo verso l’alto, quindi verso l’alta società, che è quindi in un mondo più aperto, più libero, ma anche più vuoto, e dove l’amore è scambiato dalla perversione, rappresentata dalle banane. Questo è un’ esempio di come le opere di LaChapelle siano piene di significato e di espressività e che raccontino la nostra società. Ma siamo sicuri che la sua arte si fermi a raccontare il mondo istantaneo, il mondo di oggi e non una visione futuristica di quello che potrebbe essere l’umanità nei prossimi anni? Che LaChapelle non ci dia qualche indizio di come lui vede il nostro futuro?

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  92. Francesca L.   4 Maggio 2020 at 11:47

    La grande potenza degli artisti è di suscitare punti di vista che fanno discutere.
    Le foto di La Chapelle hanno questa potenzialità. Colpisco, incuriosiscono e fanno discutere per le tinte decise, la scelta dei soggetti e le rivisitazioni dei temi sacri e dei quadri classici.
    Dalle sue fotografie ritroviamo grandi riferimenti alla contemporaneità, all’eccesso del benessere, a tutto ciò che è superfluo. Molto interessante come prende ispirazione dalle grandi opere del passato, non concentrandosi sulla forma ma sul significato dell’opera ribaltandolo nella contemporaneità. Non rispetta i canoni convenzionali, le sue fotografie suscitano maggiore interesse e curiosità rispetto a un classico scatto. Suscita fascino nell’imperfezione.
    Il mondo della moda e dello star system permette a La Chapelle di farsi conoscere al grande pubblico grazie ai ritratti di celebrità. Personaggi singolari e curiosi, che influenzano il mondo. Questa scelta credo sia fatta per raggiungere il pubblico in modo più veloce e impattante, arrivare a suscitare pensieri ed emozioni anche a chi non si è mai soffermato a lungo sulla realtà, costringendolo a pensare e a farsi una propria opinione.

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  93. bis Anita   7 Maggio 2020 at 21:11

    Ciò che rende un’opera d’arte degna di essere definita tale è il fatto che il suo fine non è mai quello di pubblicizzare o vendere qualcosa, ma bensì quello di farci riflettere sul perché un artista abbia scelto un oggetto così banale come potrebbe essere una sedia per rappresentare un concetto o un’idea più profonda. Faccio l’esempio della sedia prendendo spunto dall’opera di Joseph Kosuth, il maggior esponente e colui che diede vita al movimento dell’arte concettuale con appunto l’opera “1 e 3 sedie” L’arte contemporanea ci ha insegnato che le opere d’arte non servono a chiedersi “come” siano state realizzate ma piuttosto “perché” e nel momento in cui non ci sentiamo spinti nel chiederci, davanti ad un’opera come quella citata sopra, cosa l’artista voglia dirci tramite quella banale sedia in legno, una sua foto e la definizione della parola sedia presa dal dizionario, significa che si è rimasti ancora intrappolati nella sfera del fruitore comune dove le opere vengono solo “guardate” e non “osservate”. Dopo questa piccola premessa composta da nozioni che ormai quasi tutti più o meno sappiamo già, vorrei soffermarmi sulla figura di Lachapelle e di come quest’ultimo si possa considerare per alcuni versi un fotografo alla pari di alcuni artisti concettuali, mentre per altri versi si possa ritenere lontano dall’essere catalogato all’interno di questo movimento. Lachapelle nasce negli anni ’60 così come il movimento dell’Arte Concettuale nato con l’obiettivo di andare contro l’idea che si potesse definire un’opera d’arte solamente quella appesa al muro e realizzata con materiali e tecniche “comuni”, ma cosa c’è di più instabile e fragile di una parete? E proprio per questo motivo che il movimento dell’Arte Concettuale ricevette fin da subito una gran approvazione e partecipazione come se fosse stata una boccata d’aria in un momento caratterizzato fino ad allora dall’oppressiva idea che l’arte dovesse essere per forza esteticamente bella sebbene presentasse delle lacune a livello semantico. Ritornando alla figura di David Lachapelle dunque lo potremmo paragona ad un’artista concettuale per il suo voler trasgredire l’idea di fotografia di moda a cui siamo comunemente abituati per lasciar spazio invece a degli scatti che, anche se a livello inconscio sono intrinsechi di significati. Osservando di sfuggita i suoi scatti c’è quasi sempre la presenza simultanea del sacro e del profano come ad esempio nei tre scatti dedicati a Michael Jackson in cui lo vediamo raffigurato come un essere così bianco e pallido da essere ad un passo dalla morte (quindi legato alla sfera terrena) ma la sua postura ovvero eretta e con le braccia aperte in segno di accoglimento rimanda alla figura della Madonna (e quindi legato alla sfera del sacro). I colori che utilizza non sono mai tenui, bensì carichi di luce e significati. Troviamo spesso il rosso, simbolo per antonomasia della passione e della trasgressione, ma anche del pericolo: studi scientifici hanno dimostrato che il cibarsi da un piatto rosso diminuisce il senso di fame poiché solitamente associato al segnale di “stop” o appunto di qualcosa a cui prestare attenzione. Lachapelle incanta, così come i migliori artisti concettuali: ha la capacità di farti soffermare sui suoi scatti e i domandare quale sia il motivo per cui magari troviamo che la figura di Eva sia stata rappresentata dalla modella transgender Carmen Carrera così come il chirurgo l’ha fatta. La foto era stata resa pubblica in Austria dove aveva suscitato un enorme sdegno e scalpore tra i cittadini che vedendo simultaneamente la presenza di organi maschili e femminili all’interno dello stesso soggetto avevano avuto una reazione paragonabile a quella che ci si poteva aspettare negli anni ’50 dai cittadini americani. Ciò che stona e rende differenzia Lachapelle da questo movimento è che i suoi scatti nascono per essere dei prodotti di massa. Prendiamo come esempio la modella transgender: lo scatto è ricco di significati nascosti, ma non ho specificato che venne usato in una campagna per l’AIDS e quindi creata per essere poi vista da milioni di persone (contando anche quelle che sono venute a conoscenza dell’immagine dopo lo scalpore che quest’ultima ha suscitato a livello mediatico). Un’opera d’arte contemporanea può essere considerata tale se risponde ad entrambe le caratteristiche citate finora in maniera simultanea e che quindi gli scatti di Lachapelle a mio avviso si avvicinino a questo mondo, ma che non ne facciano completamente parte.

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  94. Carlotta.F (L)   9 Maggio 2020 at 15:18

    Trovo particolarmente stimolanti e interessanti le fotografie di David Lachapelle, in quanto riproducono in chiave personalizzata la realtà in cui viviamo, denunciando con licenza artistica le ossessioni contemporanee, come il consumismo, il morboso rapporto con il piacere, con il benessere, con il superfluo, e riproponendo uno scorcio impietoso della società moderna. Questi aspetti li ritroviamo in maniera ricorrente anche nelle opere di Andy Wharol, al quale dal canto suo lo stesso Lachapelle fa molto spesso riferimento.
    David Lachapelle unisce l’adversiting alla pop art nei ritratti dal sapore ironico e scioccante delle celebrità del calibro di Michael Jackson, Hilary Clinton, Madonna e altri, e proprio nella rivisitazione di temi sacri, quali la natività e il “Diluvio universale”, ispirati alle opere di Michelangelo, mostra di miscelare arditamente uno stile barocco con una modernissima pop art, dando vita a un mix trasgressivo di ironia e glamour assieme alla più tradizionale iconografia classica e a scene del mondo onirico. Particolare interesse ha suscitato la sua interpretazione del diluvio universale nel quale ha scelto di inserire non più soggetti tipicamente rimandabili al tema, bensì elementi che dal suo punto di vista caratterizzano fortemente la contemporaneità, in quanto presenti in contesti di vita quotidiana popolare; il manichino, il quale non è altro che espressione e forma di una umanità isolata, così come l’inserimento dell’insegna di Burger king, e il marchio Gucci, rappresentano quelli che sono gli elementi a cui il consumismo della società odierna fa spesso riferimento. Un rifacimento a dir poco stravagante ma con un’ottima resa emozionale è il mare che risucchia tutto ciò che è effimero, dal quale emerge un messaggio conciso e ben definito di Lachapelle.
    Le sue fotografie sono ammantate da colori elettrici e superfici laccate spesso sposati con la presenza ricorrente di un nudo sfacciato e aggressivo, risultando in questo modo all’impatto scioccanti e penetranti.
    Proprio per quanto riguarda l’aspetto cromatico non è difficile notare alcune affinità con la pittura dei preraffaelliti, soprattutto per quello che riguarda l’uso di colori puri e brillanti, elemento caratterizzante delle fotografie di David Lachapelle. Le differenze invece sono sostanziali sopratutto nel concetto di base che muove la pittura dei preraffaelliti, i quali individuano, al contrario di Lachapelle, in Raffaello l’edonismo e il culto della personalità. Di fatto questi ultimi ricercano un connubio tra arte e spirito che con il rinascimento è andato perduto. Guardando le opere di David Lachapelle e pensando ai preraffaelliti sono tentata di citare Holman Hunt, non per i temi affrontati bensì per l’uso eccessivo di colori forti e luminosi, come nel dipinto “The shadow of death” dove si possono scorgere similitudini nel complesso impianto scenico.

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  95. Sofia   12 Maggio 2020 at 14:33

    Conoscevo già questo artista perché seguivo la sua pagina su Instagram, me l’aveva fatto scoprire un’amica che mi disse “guarda che figata di cose fa questo qua” ed effettivamente erano davvero fighe! Siamo state tutta una serata a guardare e a discuterne. Ci avevano attirato i colori, le forme, la plasticità dei corpi che sembravano quasi sculture e questo richiamo classico mischiato con il kitsch e tutti quegli elementi un po’ assurdi ci hanno dato parecchio di cui parlare. in particolare l’opera del 2009 intitolata “Rebirth of Venus” l’artista fa riferimento alla “nascita di Venere” di Botticelli. La venere in entrambe le opere è posta al centro con la stessa posizione, ad un lato è raffigurato Zefiro, che nell’opera di LaChapelle soffia su una specie di conchiglia, che soffia su Venere il vento della passione; e dall’altro credo sia una Ore che presiede sul mutare delle stagioni che nel dipinto porge a Venere un manto rosa mentre nella foto è l’uomo che le copre i genitali. La composizione dell’opera quindi è pressoché identica, mantiene quindi il significato originale e il messaggio che voleva rappresentare Botticelli, ma è come se ne facesse una versione 2.0; cambia del tutto i colori, nella foto sono così accesi e saturati che sembrano quasi dipinti. I protagonisti hanno una carnagione calda totalmente diversa da quella del dipinto.
    La conchiglia che sosteneva la Venere qua non c’è, la modella indossa delle scarpe vistose e accanto c’è una corona. Nell’aria ci sono che volteggiano tanti nastri colorati, forse per dare l’idea del vento che circonda l’intera scena. L’opera risulta così maestosa, sembrano delle statue inserite in un dipinto e fotografate. Le due opere sono così uguali ma allo stesso tempo totalmente diverse. A volte trovo difficile che queste siano foto, e infatti non le chiamerei tali, forse composizioni o semplicemente opere, poiché la post produzione è talmente alta che a volte sembra una stampa oppure un collage. Non riesco ancora bene ad inquadrare LaChapelle, trovo comunque che sia un genio moderno, capace di reinterpretare le grandi opere del passato in chiave moderna, con pensieri moderni che quindi possono coinvolgere di più e attirare più persone. Ha certamente una grande fantasia e una grande capacità compositiva che gli permetti di comunicare in modo efficiente, senza filtri, è così punto e basta. A volte disorienta ma è anche confortante.

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  96. Asia (L)   12 Maggio 2020 at 16:03

    E’ stupendo come con l’utilizzo delle nuove tecnologie si possa trasformare la realtà in qualcosa di irreale.
    La fotografia è da sempre un’istantanea di un momento reale, di qualcosa che è successo e/o è lì fisicamente.
    Lachapelle l’ha trasformata in qualcosa di surreale, è riuscito a rendere fisica la sua immaginazione.
    Amo come l’arte riesce a trasformarsi nel tempo e come gli artisti si evolvano con essa.
    Lachapelle riesce ad unire fisicità e immaginazione in opere d’arte che fanno riflettere, discutere.
    Fa suscitare emozioni contrastanti, fa pensare.
    Fa partire la sua carriera dal mondo della moda facendosi conoscere e fotografando personaggi famosi come Michael Jackson e Madonna.
    Rappresenta i temi universali, con opere trasgressive e dall’equilibrio sottile come Nativity.
    Si ispira al mondo dell’arte e a Michelangelo da cui “The Deluge” e “After the Deluge” dove lavora sulla paura del uomo moderno di perdere i propri punti di rifermento.
    Per poi andare a fotografare una serie di oggetti con un’ambientazione innaturale: “Land Scape”.
    Lachapelle è un’artista in continua evoluzione che cerca di creare scalpore e cerca di far riflettere il pubblico su tematiche diverse con una fotografia surreale.

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  97. Nicole L   25 Maggio 2020 at 19:45

    All’interno della città del Vaticano sono presenti svariati affreschi, realizzati da diversi importanti pittori toscani e umbri negli anni tra il 1481 e il 1483.
    Prese parte alla decorazione della Cappella Sistina anche Michelangelo, in particolare ricordiamo il famoso affresco del Giudizio Universale, realizzato negli anni dal 1536 al 1541.
    Michelangelo venne considerato quindi un prodigio, sia a causa dell’esperienza fisica del modo di affrescare, sia per gli straordinari esiti artistici del lavoro completo.
    Michelangelo divenne quindi fonte di ispirazione per artisti, letterati, poeti,…
    Uno dei più sorprendenti di questi è David LaChapelle, fotografo americano che divenne famoso per le sue ironiche immagini di moda, per i ritratti dei personaggi dello star system, per la trasfigurazione delle merci più popolari.
    Grazie a questo articolo ho conosciuto questo artista stravagante.
    Egli realizzò una sorprendente fotografia raffigurante le varie fasi della sua carriera, questa venne esposta in una grande mostra che Palazzo Reale gli aveva derdicato.
    Penso che il lavoro di LaChepalle sia straordinario, il modo in cui riesce a esaltare i problemi che sono presenti nella nostra epoca lo rende originale, fa ricadere l’attenzione sui suoi lavori grazie ai colori accesi e la luminosità.
    I temi che prende in considerazione sono stati trattati di molte persone, però lui li riesce a rendere originali e coinvolgenti.
    Una delle serie di scatti che ho preferito è Consumption dedicata all’eccesso e all’eccessiva indulgenza della società moderna. Il desiderio è una delle forze che guidano la dissolutezza delle nostre vite e dunque il soddisfacimento dei nostri voleri nasconde al suo interno il seme della totale dissolutezza.
    Ma anche Delle “Deluge” per questo effetto di tranquillità in contrapposizione alla storia, nel quale i corpi dovrebbero essere terrorizzati e disperati, invece questi corpi ritrovano i valori universali; questo ci fa capire la grande forza della fotografia.
    Entrambe formate da una composizione simile che mostra il talento del fotografo e che incanta. Cariche entrambi di colori che colpiscono e formate da scene così teatrali e ben costruite che ci portano in un’altro mondo.
    Degli artisti che mi ricordano Lachapelle sono indubbiamente Pierre et Gilles, per la loro estetica colorata, per la loro surreale illuminazione e per la loro realtà fantastica.

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  98. Samuele laba   5 Settembre 2020 at 13:01

    David LaChapelle: Uno degli artisti contemporanei che attraverso la fotografia ci vuole far riflettere sulla sua visione del mondo moderno. Un lavoro che è molto mutato negli anni, partendo addirittura da opere in bianco e nero, passando per fotografie che raffigurano la moda e le celebrities, terminando poi con un ritorno alla natura ed alla natività.
    Immagini cariche di simbolismo a volte religioso a volte blasfemo, opere che prendono ispirazione dai grandi artisti del passato come ad esempio Michelangelo, lavori che vogliono farci riflettere sulle cose ovvie: Ritratto di una società corrotta, che ha perso la via del giusto abbandonandosi all’attaccamento per le cose materiali.
    LaChapelle riesce a comunicare un senso di calma e di naturalezza anche attraverso temi attuali molto forti e a tabù sociali come perversioni e nudo sfrontato. Ammirando i suoi lavori non ci si sente sconvolti ma si contempla una natura dai colori surreali nella quale hanno luogo scene bibliche rilette in chiave moderna.
    La raccolta del 2017 intitolata New World in particolare è ambientata nell’isola di Maui, dove l’artista vive, e la particolarità di queste fotografie è che non sono state ritoccate al computer ma dipinte a mano dal fotografo direttamente sui negativi. I colori che ne derivano sono assolutamente accesi ma allo stesso tempo in armonia con la natura che ospita le scene ritratte come a ricreare un moderno Giardino dell’Eden in cui i ruoli sono stati stravolti, o una Natività impersonificata da figuranti appartenenti ad un’etnia diversa, un’etnia storicamente “sbagliata”.
    Questa nuova serie (2017-2019) rappresenta lo stupore dell’artista per il sublime e la ricerca della spiritualità in scene di utopia tropicale.
    Tra le collaborazioni che voglio ricordare c’è quella con la stilista Iris Van Herpen; i suoi abiti tridimensionali ed eterei si abbinano alla perfezione agli scenari paradisiaci che troviamo anche in New World. Un abito ricco ma allo stesso tempo leggero, capace di mutare la sua forma con un alito di vento rendendo il tutto più scenografico.
    Nei lavori di LaChapelle spicca un interesse per il mondo della musica: Spesso posano per le sue fotografie cantanti del calibro di Elton John o Lizzo, ma l’artista riesce in qualche modo a dare nuova vita anche a celebrità decedute come Michael Jackson o Kurt Cobain.

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  99. Chiara Benamati Laba Fotografia 1   1 Aprile 2023 at 15:49

    Ho sentito nominare per la prima volta Lachapelle, durante una lezione di storia della fotografia mentre parlavamo di fotografia contemporanea, e devo dire che all’inizio non mi è piaciuto e non ne ero interessata , principalmente per l’ utilizzo dei colori così forti , in quanto per me troppo eccessivi; devo ammettere però, di aver dato un giudizio troppo affrettato mi ero focalizzata solo sui colori pop , sull’esagerazione perchè in realtà non capivo la percezione di queste fotografie, ma dopo quella lezione ho fatto delle ricerche sulla sua vita, sullo stile, ho cercato delle immagini fotografiche per capirci di più e posso dire che, Lachapelle è un artista, è un mix di estetica tra cultura pop e surrealista con messaggi sociali importanti, che grazie alla fotografia ha portato nell’arte disordine , quando prima c’era un’ordine e delle regole .
    Per gusto personale ,e per esperienza preferisco realizzare e guardare fotografie che non contengono tante manipolazioni , come ad esempio quelle di Dorothea Lange che raccontava la problematica della crisi economica , con i volti delle persone che vivono in situazioni critiche, forse perchè sono più facili da comprendere , sono più immediate, ma con l’analisi fatta durante la lettura di questo articolo Lachapelle fa la stessa cosa, raccontando attraverso la composizione e manipolazione ciò che lo circonda e lo fa utilizzando utilizzando colori pop , luminosi , ricordando vagamente gli artisti della corrente artistica Pop-Up , ma anche artisti che fanno parte della fotografia allestita come Sandy Skoglund, che realizza le sue fotografie allestendo le diverse composizioni , con colori forti .
    Ho trovato molto interessante l’opera The Deluge , ispirandosi a Michelangelo per cui aveva una passione forte .
    Quest’opera evoca emozioni particolari , dove i personaggi sopravvissuti a questo disastro naturale cercano di aggrapparsi a ciò che li mantiene vivi , come alcuni simboli consumistici come il marchio di moda Gucci , il casinò di Las Vegas e altri dettagli nascosti nell’opera.
    Trovo che il talento di Lachapelle sia quello di permettere ad ognuno di trovare il suo “punctum” ovvero ciò per noi risulta abitudinario , e in quest’opera il punctum è la tranquillità , questi corpi che dovrebbero essere terrorizzati per il disastro naturale, in realtà quello che stanno facendo è quello di attaccarsi al vizio , alla vanità estrema , ma davanti alla morte si ritrovano i valori universali come , la solidarietà , la pietà .
    In conclusione trovo che Lachapelle sia molto concettuale , manda messaggi concettuali attraverso luci e colori , è un’artista con molta fantasia quasi che da fastidio , ma teatrale e affascinante , insomma diverso da tutti gli altri unico nel suo genere e stile !

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  100. Filippo   3 Aprile 2023 at 09:21

    Prima di questa lettura avevo soltanto sentito parlare di David Lachapelle, senza mai approfondire l’argomento. È interessante come l’artista cita opere del passato e riesce a riproporlo in chiave moderna stravolgendone il significato originale anche tramite l’utilizzo di colori decisi e alternati.
    L’utilizzo di immagini dello star system lo aiuta a trasmettere il suo messaggio rendendo riconoscibile e richiamando alla memoria l’opera che vuole citare.

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  101. Caterina Laba   4 Aprile 2023 at 12:02

    David LaChapelle, fotografo amante dell’arte classica capace di restituire al mondo una sua reinterpretazione surrealista di celebri iconografie. Nelle fotografie del celebre fotografo si ritrova lo sguardo di Michelangelo come nell’opera sopracitata, del Canova, di Dante Gabriel Rossetti e di Bellini.Questo in quanto, per sua credenza, i movimenti espressivi più efficaci in base ad i quali creare un’immagine esemplare, spesso possono raggiungerci dal passato perché già scoperti da altri artisti. Caratterizzante dell’operato de LaChapelle è l’iconografia religiosa classica reinterpretata in una chiave surrealista caratterizzata da colori barocchi, in uno stile pop alla Andy Warhol. I soggetti, sia nelle opere artistiche che di moda diventano dei veri e propri attori, che, nel grottesco e nel kitsch riescono a trasmettere leggerezza dei corpi creando pathos del sentimento, tramite una modulazione dei gesti e delle espressioni. Le sue fotografie rappresentano il consumismo che l’autore stesso critica profondamente tramite le immagini plastiche dello Star System o l’opera sopracitata “Deluge”.

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  102. Nicolò U.   5 Aprile 2023 at 16:57

    Non riesco a farmele piacere. Trovo i colori e le luci esasperate ed esagerate, troppo accese. In compenso apprezzo il significato dissacrante delle sue foto.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   5 Aprile 2023 at 17:11

      Scommetto che ci sono un sacco di altre dimensioni didattiche che non ti piacciono. Ma si può prendere le distanze da esse senza apparire noncuranti. Per esempio esercitando la critica, ovvero fare uno sforzo per conoscerne le specificità, se vuoi i limiti; contestualizzarle, mettendole in tensione con altre etc.
      Il soggettivismo esasperato non lascia spazio a nessuna crescita.

      Rispondi
  103. giulia   5 Aprile 2023 at 20:57

    David LaChapelle è un fotografo statunitense ed è anche un fotografo amante dell’arte classica ed è capace di reinterpretare le celebri surrealiste iconografiche . Le sue immagini secondo me sono troppo luminose e i colori sono di una intensità di una specifica tonalità . Ma apprezzo tantissimo lil significato di ogni sua singola opera .

    Giulia Zappia cinema 1 Laba

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  104. giulia   6 Aprile 2023 at 12:06

    David Lachapelle è un fotografo statunitense degli anni 60 . Le sue opere personalmente non mi piacciono molto perchè i suoi colori sono troppo accessi , le tonalità sono troppo eccessive ma non discuto che è un fotografo importante e un regista di molti film di cui Blade Runner che è un bellissimo film

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   6 Aprile 2023 at 21:00

      Giulia & Giulia, non dovreste fare i commenti da ubriache. Prendo atto che LaChapelle non vi piace. Ma potevate, da sobrie, tentare di comprendere perché ha un successo travolgente e forse scoprire che la sua tavolozza dei colori è una scelta espressiva molto efficace per non prendere troppo sul serio la tragedia umana.

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  105. Nicole Milani   6 Aprile 2023 at 13:08

    David LaChapelle non realizza solo fotografie, ma le trasforma in veri e propri quadri.
    Avendo affrontato studi artistici conosce molto bene l’arte classica e rinascimentale e si ispira proprio ad essa per realizzare alcune opere.
    Oltre che fotografo commerciale e
    ritrattista di personaggi famosi, è un regista di
    videoclip musicali, film documentari e di spot
    pubblicitari.
    Trovo che le sue fotografie di moda più potenti visivamente siano quelle che scatta nel 2005 in cui ritrae modelle che sfoggiano abiti di lusso immerse in luoghi che sembrano essere stati distrutti da catastrofi.
    Questa apparente contrapposizione mi ha colpito molto, soprattutto le espressioni delle modelle, noncuranti della situazione e sicure di sè come se con quegli abiti potessero dominare il mondo o addirittura potessero aver causato loro le catastrofi.
    In quegli anni si stava distaccando dal mondo della moda e forse è stata proprio una sua provocazione.
    Pop surrealista,noto per i suoi colori estremamente vivaci e saturi,riesce a comunicare attraverso forti contrasti tra presente,passato e futuro.
    La sua è una fotografia barocca, teatrale,
    ricca di narrazioni fantasiose talvolta ironiche.
    Dal 2006 abbandona la fotografia commerciale e si trasferisce alle Hawaii dove si dedica alla fotografia artistica e alla sua fattoria biologica.
    Simboli artistici del passato vengono riproposti in chiave moderna: i miti della cristianità, le icone religiose e le scene bibliche diventano una reinterpretazione della società moderna basata sul consumismo.  
    Temi a lui molto cari in quanto molto religioso e credente.
    Ispirandosi a Michelangelo e al Giudizio Universale realizza “The Deluge” in cui ci mostra la decadenza di un mondo che ha provocato grandi danni ambientali.
    In merito a questo realizza anche la serie “Land Scape” criticando l’uso smisurato delle risorse fossili ai danni della natura.
    In particolare per “Spree” realizzato in due anni, LaChapelle ha costruito un modellino di 35 centimetri di una nave da crociera
    intrappolata in pezzi di ghiaccio, il Titanic 2.0, per rappresentare ciò che ci attende se non prestiamo maggiore attenzione allo sfruttamento delle risorse ambientali.
    Non solo modellini di navi, ma anche stazioni petrolifere o strutture industriali.
    Le fotografie sono state scattate collocando modellini in ambienti naturali che contrastassero tra loro.
    Nonostante ciò ripone un velo di speranza nell’umanità rappresentata dal bacio tratto dalla serie “The Revelations”

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  106. Letizia Ventura (cinema 2laba)   12 Aprile 2023 at 11:11

    La sua arte genera pensieri contraddittori, alcuni la trovano sbalorditiva, altri invece non riescono a capirne il senso.
    Nella sua arte è evidente l’influenza del surrealismo e della pop art e lo possiamo vedere anche nell’utilizzo dei colori.
    Il suo gesto fotografico mostra come la realtà contemporanea superi la finzione digitale perché è il reale stesso che si è situato nell’irrealtà. Nessuna necessità di un metaverso, perché il reale è già virtuale. I corpi sono corretti, rimodellati, ridefiniti. La natura è un set cinematografico immersivo, assorbito e determinato da effetti speciali.
    I corpi nudi, i colori saturi e le immagini luminosi sono alcune delle costanti del suo lavoro.
    Il suo stile infatti l’ha portato più volte ad essere criticato sia per una presenza continua di nudi, sia per l’affrontare in maniera profana temi legati alla religione. Ma è proprio questo stile che lo rende unico e riconoscibile.
    Oltre ad avere un’impronta pop ci sono molti richiami all’arte classica e barocca.
    Personalmente il suo modo di approcciarsi all’arte e il suo modo di creare arte mi colpisce.
    Mi colpisce perché è unico e riconoscibile.
    Ho avuto l’occasione di vedere alcune delle sue opere esposte al MOCO Museum di Barcellona e sono rimasta davvero a bocca aperta

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  107. Antonio Ricco'   17 Aprile 2023 at 15:22

    L’articolo è un’immersione entusiasmante nella mente di David LaChapelle e nella sua passione per Michelangelo. La Cappella Sistina viene descritta come un’opera d’arte complessa e famosa, e Michelangelo viene lodato per la sua maestria artistica e la sua padronanza dei dettagli. LaChapelle viene presentato come un fotografo famoso per le sue immagini di moda coinvolgenti e ironiche, nonché per la sua passione per Michelangelo.

    La fotografia “Deluge” è una sorprendente rappresentazione delle forze della natura che minacciano di sovrastare il regno dell’Uomo, con alcuni simboli della civiltà consumistica che stanno per essere inghiottiti dal diluvio. L’autore sottolinea l’importanza dell’immagine di LaChapelle come una riflessione sulla natura effimera del mondo moderno e le conseguenze delle nostre scelte sulla natura e sull’ambiente.

    Personalmente, credo che l’opera di LaChapelle sia straordinaria e di grande impatto emotivo. La sua capacità di creare immagini coinvolgenti e spettacolari è sorprendente, e la sua passione per Michelangelo si riflette nella bellezza e nella complessità delle sue opere. La fotografia “Deluge” mi ha colpito profondamente, poiché rappresenta una forte avvertenza sulla fragilità del nostro mondo e sulla necessità di proteggere l’ambiente. L’approccio percettivo all’opera è potente e intenso, e mi ha lasciato con una sensazione di reverente stupore. In generale, l’articolo è stato un’immersione appassionante nel mondo dell’arte e della fotografia, e mi ha fatto apprezzare ancora di più il talento e la creatività di David LaChapelle.

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  108. Luca Mastrovincenzo   2 Maggio 2023 at 20:12

    La Chapelle è sicuramente uno dei più affermati pop art Artist, famoso per le sue opere di critica sociale e per il modo distintivo nel quale le crea. Infatti le sue opere sono facilmente riconoscibili dal suo modo di utilizzare i colori e la messa in scena dei suoi soggetti fotografici. In modo particolare questo aspetto l’ho percepito nella visione dell’opera Deluge, i corpi delle persone sono resi in modo scultoreo, al fine di esagerare nel trasmettere emozioni, che però non arrivano al fruitore. Inoltre questa finzione mi ricorda le opere di Michelangelo e probabilmente è un modo che ha l’autore di rendere la sua fotografia un carattere immortale, fuori dal tempo, nonostante i riferimenti espliciti di critica della società attuale.
    Il distaccamento emotivo che pervade nelle sue opere dovuto, come da lei scritto, dall’uso di luci con colori freddi e i volti seri o dall’espressione artefatta, sono caratteri che ritrovo e che rendono le sue fotografie uniche e surreali.
    Io ho avuto la possibilità di vedere dal vivo al Moco Museum Barcellona, il cristo di La Chapelle e la caricatura dei personaggi fotografati rende onore alla teatralità che riesce a dare ai soggetti.

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  109. Daniela M.   3 Maggio 2023 at 10:27

    Non avevo mai sentito parlare di LaChapelle e onestamente ritengo che si un fotografo estremamente particolare che in pochi posso apprezzare, per via del suo stile estremamente appariscente ed estroso.
    Ritrovo affascinate il suo continuo studio verso i i grandi artisti del passato e la riprese delle loro opere come quelle di Michelangelo, realizzando una fotografia magnifica (The Deluge) descrivendo come le forze della natura siano pronte a distruggere il mondo umano facendo percepire un certo rimprovero verso quest’ultimo da parte dell’autore, Bellini, Canova, Bronzino e molti altri, arrivando cosi a creare raffigurazione che ci appaiono destramente uniche nel suo genere creandosi un suo stile.
    Una caratteristica fondamentale e sicuramente da riconoscere di LaChapelle è l’utilizzo dei colori, difatti quest’ultimi sono definiti intrusivi sgargianti, esuberanti ed essendo un’amante dei colori tenui le sue fotografie non mi esaltano particolarmente anzi quasi mi infastidisce quest’uso così eccessivo e così acceso dei colori.
    Anche se le fotografie di moda che realizza a carattere quasi ironico non si possono immaginari con colori differenti sopratutto per come voleva raffigurare le star del momento, esaltandone il loro siete di vita esuberante e il loro narcisismo.

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  110. lorenzo dellapasqua   3 Maggio 2023 at 16:58

    Difficile descrivere l’impatto che un artista della portata di LaChapelle ha su di un fruitore di primo livello come il sottoscritto. In Primis per la scarsità di informazioni in mio possesso, visto che (non mi vergogno ad ammetterlo) questo grande fotografo globally – known l’ho scoperto davvero di recente (come tanti altri grandi nomi che sfuggivano completamente al mio immaginario prima di poco tempo fa). In seconda analisi, perché non sono mai stato un fan dello stile rinascimentale di questo genere. Questo, mi rendo conto, è un lascito (meglio trauma) degli studi scolastici, ma sopratutto simbolo di una grande ignoranza del sottoscritto nei confronti di questo stile (stile detto in modo riduttivo). Ho sempre trovato l’eccessivo qualcosa di estremamente fuorviante nell’arte, che recava solo danni, ma probabilmente è solo una deformazione professionale malriposta (less is more è un mantra insindacabile per gli attori di metodo); in quanto ora so (dopo uno studio leggermente più approfondito di quello scolastico) che la mia lettura assolutamente superficiale di questo stile largamente utilizzato da LaChapelle mi ha fatto cascare in una trappola. Trappola che mi ha reso ceco di fronte al vero significato nascosto, allo strato subito successivo a quello superficiale; significato che ora sento di aver capito di più grazie a questo grande artista. Ciò che mi ha fatto davvero perdere in queste (quasi ) gargantuesche fotografie, è la verità macabra che ne fuoriesce. Il lustro sfrenato, i colori quasi troppo brillanti e le forme assolutamente non documentative della realtà che vengono ricreate in queste enormi diapositive teatrali (come le definirei io), hanno la capacità intrinseca di far esplodere di crudo significato il ribollio costante che gravità intorno alle cose e alle persone. Lavorando per ossimori, riesce a tirare fuori lo sporco più nero non solo mostrandolo pulito ma esaltandolo così tanto da permettere all’occhio più attento di percepire a volte l’ironia del messaggio, altre volte la realtà così com’è: come se tutto il contorno pomposo quasi superfluo agisca da solvente più che da materiale coprente. E’ semplicemente meraviglioso questo “uso pop” dello stile Rinascimentale per veicolare messaggi provocatori attraverso canali mainstream ritenuti dalla massa “candidi” e intoccabili. Il campo magnetico da cui lo sguardo viene catturato mentre si sofferma a trovare lo strato “sensibile” delle pellicole di LaChapelle (come se ci mettessimo a strappare lo strato superiore di una polaroid per soffermarci ad osservare il magma dell’alogenuro d’argento che velocemente si impressiona, rivelandoci per un solo secondo la “verità” del suo composto) è qualcosa che, davvero, solo la Cappella Sistina e company può risvegliare ancora in noi oggi.
    Mi prendo un momento finale per provare a parlare anche di qualcos’altro che ho notato infatuandomi del Grande Stile di LaChapelle (un processo che è ancora in corso). Credo che oltre ad aver ironizzato, giocato sulle debolezze dell’essere umano, preso d’assalto colonne portanti della nostra società (ricordiamolo: la stessa in cui vive lui stesso), il suo desiderio più profondo sia salvare l’essere umano. Salvare, di certo, anche se stesso sottolineando le problematiche di tutto ciò che lo ha arricchito e fatto crescere (figlio che “uccide” i genitori, come dice la psicologia infantile), ma sopratutto lanciando un salvagente in mare per chiunque si senta perso in questo mondo. Un “si, anche io vedo quello che vedi tu” o “tutti ci sentiamo soli, anche se ci dipingono su una parete di un monumento”. Salvare la mente umana che lentamente si sta staccando dal corpo creando una sua piccola realtà antisociale fatta di solitudine e rimpianti, e riportarla ad un senso di comunità, di bellezza vista per quello che è: semplice bellezza.
    Stupire, ammaliare, lasciando comunque perplessi e pensosi, è una qualità che quasi nessuno riesce ad ottenere padroneggiando l’arte della fotografia (e del cinema, ricordiamo il documentario di LaChapelle, altro capitolo di cui si dovrebbe parlare). Perciò credo sia fondamentale non cadere nella stessa trappola in cui si è ficcato il sottoscritto, e cercare di spingersi sempre di più oltre il bordo della ragione e superficie, per conquistare la meraviglia di cogliere per un attimo l’olio essenziale di questo magico medium.

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  111. Arianna Pagnoni   3 Maggio 2023 at 17:28

    Non riesco a capire se David LaChappelle sia un artista che con le sue opere rientri nei miei canoni di piacere estetici; Sicuramente non è e non sarà una dei miei artisti preferiti, ma nemmeno l’ultimo.
    Le sue opere sono senza dubbio opere rivoluzionarie, uniche nel suo genere.
    Mentre guardavo le sue opere, mi è venuto in mente Gregory Crewdson: per la tecnica sulle luci e i colori studiati nei minimi dettagli. Le foto di Crewdson era delle vere e proprie opere d’arte, tutto era studiato, le due foto erano popolate da attori e aveva una crew di una cinquantina di persone.
    Per cui le opere di LaChappelle non saranno nella mia top10 ma sono sicuramente opere geniali e innovative.

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  112. Beatrice Canè   8 Maggio 2023 at 13:31

    Ovviamente avevo già sentito parlare di David LaChapelle, fotografo americano molto acclamato, noto per le sue immagini vibranti e spesso surreali che sfidano le nostre aspettative e percezioni della bellezza e della cultura delle celebrità. Il suo lavoro spesso combina riferimenti alla storia dell’arte, alla cultura pop e alle questioni contemporanee, rendendolo visivamente sorprendente quanto concettualmente ricco.
    Negli ultimi anni, LaChapelle ha continuato a produrre lavori provocatori che esplorano temi come l’ambientalismo, la giustizia sociale e la spiritualità. Il suo lavoro è stato esibito e raccolto dai maggiori musei e gallerie di tutto il mondo, consolidando la sua posizione come uno dei fotografi più influenti del nostro tempo.
    In generale, il lavoro di David LaChapelle è sia visivamente sorprendente che intellettualmente coinvolgente, offrendo una prospettiva unica sulla cultura e la società contemporanee.
    Alcune caratteristiche del suo lavoro che apprezzo, sono ad esempio l’uso di colori vivaci, l’approccio surreale alle immagini e la sua capacità di creare scene iconiche e riconoscibili della cultura popolare contemporanea.
    E’ un fotografo molto eclettico e difficile da paragonare ad altri. Tuttavia, se dovessi fare un confronto, un altro fotografo contemporaneo che potrebbe avere qualche elemento in comune con lui è Annie Leibovitz. Come LaChapelle, Leibovitz ha fotografato molte celebrità e le sue immagini spesso trasmettono un messaggio potente. Inoltre, entrambi hanno lavorato come fotografi pubblicitari e hanno contribuito alla definizione dell’estetica visiva della cultura popolare contemporanea. Ciò nonostante, la loro estetica e approccio sono molto differenti ed entrambi hanno creato un’identità unica per il loro lavoro.

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  113. Filippo Maiani   9 Maggio 2023 at 13:51

    David LaChapelle è un fotografo americano di grande successo noto per il suo stile unico e riconoscibile. Le sue immagini spaziano dalla moda ai ritratti di celebrità, fino alla rappresentazione surreale di oggetti comuni. La sua abilità nel creare immagini che catturano l’attenzione dell’osservatore è notevole, e il suo lavoro è molto apprezzato sia dal pubblico che dalla critica.
    tonalità forti e contrastanti delle sue immagini, creano un’atmosfera quasi irreale e surreale, che cattura l’attenzione del fruitore e lo induce a riflettere sulla superficialità del mondo moderno e sulla sua effimera bellezza. LaChapelle riesce a creare un universo fotografico unico, in cui la moda e la celebrità si fondono con l’arte e la cultura, dando vita ad immagini forti e provocatorie.

    Personalmente, trovo che la capacità di LaChapelle di creare immagini potenti e suggestive sia veramente notevole. Le sue foto riescono a trasmettere un senso di solitudine e di smarrimento, ma allo stesso tempo, ci invitano a riflettere sulle nostre abitudini e sul nostro modo di vivere. La sua passione per l’arte e la cultura si riflette in ogni sua immagine, creando un ponte tra il mondo dell’arte e quello della moda.

    Inoltre, apprezzo la sua abilità di creare immagini surreali e al contempo estremamente realistiche, che ci inducono a guardare oltre la superficie delle cose e a cercare la verità che si nasconde dietro di esse. Le sue foto ci spingono a riflettere sui problemi della società moderna, sulla superficialità della cultura consumistica e sull’impatto devastante dell’uomo sulla natura.

    In conclusione, penso che LaChapelle sia un artista straordinario, capace di creare immagini che catturano l’immaginazione del fruitore e lo invitano a riflettere sui grandi temi dell’umanità. La sua passione per l’arte e la cultura si manifesta in ogni sua foto, creando un universo fotografico unico e sorprendente.

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  114. Manuel LABA   18 Maggio 2023 at 13:42

    L’articolo è molto interessante, non bisogna dimenticare che David LaChapelle prima di dedicarsi alle foto artistiche ha anche un background di fotografo di moda ed inoltre spesso si è dedicato alla cinematografia.
    Nelle sue foto ha sempre cercato di andare contro tendenza e suscitare sicuramente scalpore, molto apprezzabili le “rivisitazioni religiose” presenti nelle sue fotografie artistiche e le frecciatine ai brand più importanti in quegli anni.
    Vorrei citare una sua opera cinematografica, il film documentario “Rize”, che racconta di due diverse culture del ballo “hip-hop” negli Stati Uniti d’America facendone riferimento paragonandole a delle danze rituali africane. I soggetti del documentario mi ricordano molto i soggetti nella sua rivisitazione dell’Ultima Cena, “Jesus is my homeboy”.

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  115. Tania Sirotti (Cinema 2)   1 Giugno 2023 at 08:43

    LaChapelle, fotografo a dir poco geniale!
    Il suo modo di rappresentare le sue fotografie è del tutto unico e interessante.
    L’uso dei colori accesi, le atmosfere oniriche, il surreale sono sempre presenti in ogni sua opera.
    Io amo il colore, quindi, vedere che nei suoi elaborati sia così tanto presente cattura moltissimo la mia attenzione.
    Nelle sue fotografie si nota che c’è una costruzione e un set predefinito, tutto è finzione, gli attori posano in un determinato modo che gli è stato indicato dal fotografo, le luci sono pungenti e le ombre nette, il contrasto è ben evidente.
    Dice di essere stato influenzato anche da Salvador Dalì oltre che da altri pittori/fotografi, io infatti questa analogia con il pittore la vedo, l’uso del surreale, dei colori contrastanti e molto luminosi, la luce sempre presente, questa visione un pò pazza e personale del mondo.
    Uno dei temi ricorrenti nell’arte di LaChapelle è la critica al sogno americano, fatta con leggerezza e una spiazzante ironia; famoso è lo scatto che ritrae una ragazza di cui si vedono solo le gambe perché è ricoperta da un gigantesco gonfiabile a forma di hamburger.
    Il fatto di riuscire a rendere una tematica così seria e importante in chiave ironica, senza però cadere nel ridicolo, per me, lo rende un artista molto valido e interessante!
    Negli ultimi anni sta ponendo un attenzione specifica alla tematica ambientale, ponendo l’attenzione su come le costruzioni dell’uomo possano ferire il paesaggio circostante.
    Naturalmente essendo un fotografo molto particolare c’è chi lo ama e chi invece lo odia, ha uno stile molto netto e ben caratterizzante, sicuramente non lascia indifferenti.

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  116. tom   8 Giugno 2023 at 10:34

    Il testo ci parla del fotografo David LaChapelle, e della sua contrapposizione con le opere di Michelangelo. In particolare, viene menzionata una sua fotografia chiamata “Deluge” del 2006, ispirata al Diluvio Universale di Michelangelo. Nell’immagine, LaChapelle rappresenta le forze distruttive della natura che minacciano il regno dell’uomo, mentre i sopravvissuti cercano di aggrapparsi a ciò che può mantenerli in vita. Simboli della civiltà consumistica come casinò, catene di caffè e marchi di moda stanno per essere sommersi dalle acque.
    Viene detto che LaChapelle nelle sue composizioni vi siano riferimenti a opere neobarocche e eccessivamente cariche, ma con un punto focale classico che si concentra sul pathos del sentimento. Alcune delle altre opere di LaChapelle menzionate nel testo includono la serie “Museum”, “Statue”, “Cathedral” e il ciclo “Awakened”, che invitano alla riflessione sulla spiritualità, la precarietà dell’arte e il tema della rinascita.
    In generale, LaChapelle per realizzare le sue opere simispira molto a messe in scena teatrali e cinematografiche, riprese da molteplici punti di vista e un montaggio al computer. Si fa anche un confronto con Michelangelo e il suo lavoro solitario nella Cappella Sistina, evidenziando il notevole sforzo fisico e la maestria richiesta per realizzare tali opere d’arte.

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  117. Nicolò Donati   15 Giugno 2023 at 02:29

    David LaChapelle è stato un fotografo fottutamente geniale, detto proprio a parole povere.
    Tra i più contemporanei ho potuto vedere alcuni dei suoi scatti e penso proprio sia uno dei miei preferiti.
    Oltre allo stile che hanno le sue foto, caratterizzate da colori accesi e da queste atmosfere molto bizzarre, si può vedere il suo stile assai provocatorio e satirico.
    A me fa impazzire il modo in cui lui vuole raccontare questa modernità, facendo anche certe volte lasciare a bocca aperta e inaudito l’osservatore. E’ stato, infatti per questo, bersagliato di svariate critiche e considerato blasfemo per diverse foto, tipo quella dove viene rappresentata o quasi “parodizzata” l’ultima cena.
    Uno dei suoi intenti per l’appunto era anche far arrabbiare la gente, facendo anche critica al sogno americano. E’ stato poi regista di vari videoclip di artisti del calibro di Elton John, Avril Lavigne, Britney Spears e molti altri.
    Facendo poi delle ricerche, se vogliamo parlare di opere più attuali che riguardano la “nostra generazione”, ho scoperto che LaChapelle è stato l’autore della copertina dell’ultimo album di Travis Scott “Astroworlds”. Quest’ultimo è un’artista americano di musica “trap”, della nuova generazione, e io essendo un suo ascoltatore, anche abbastanza quotidiano, ho voluto riportare ciò.
    Nella copertina infatti si può identificare lo stile di LaChapelle. Essa rappresenta un parco divertimenti con l’entrata a forma della testa dell’artista.

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  118. Siria laba   16 Giugno 2023 at 17:07

    David LaChapelle è un fotografo e regista straordinariamente talentuoso scoperto da Andy Wharol, noto per la sua estetica unica e il suo approccio alla fotografia. Le sue immagini sono surreali, iconiche e spesso provocatorie, sfidando i confini della realtà e offrendo uno sguardo sul mondo contemporaneo.
    LaChapelle è maestro nell’uso del colore, della composizione e degli elementi visivi per creare immagini straordinarie e di grande impatto emotivo. Il suo lavoro è un mix esplosivo di arte, moda e cultura pop, che affronta temi come la fama, il consumismo, la bellezza e la celebrità con uno sguardo acuto e critico.
    Ogni fotografia di LaChapelle racconta una storia complessa, ricca di simbolismo e significato, invitando gli spettatori a riflettere sulla società moderna e sulle sue contraddizioni.
    Il suo impatto sulla cultura pop e sull’immaginario collettivo è notevole, e il suo stile unico ha ispirato una generazione di fotografi.
    LaChapelle è un innovatore e un narratore visivo straordinario, capace di trasformare il banale in straordinario e di stimolare la nostra immaginazione con le sue opere affascinanti e indimenticabili.

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  119. Michele Ghiselli LABA   27 Giugno 2023 at 08:57

    David LaChapelle voleva fare il pittore, ma alla fine optò per il lavoro di fotografo, e nonostante ciò, i suoi lavori sembrano dei film disegnati su quadri, da osservare con la lente d’ingrandimento, perché pieni di dettagli e colori che lo rendono unico, nel suo modo di raccontare le provocazioni. Le sue “pellicole dipinte”, sono un ironico e drammatico specchio della nostra società. David critica la società americana, dalla quale abbiamo preso e ci siamo ispirati, per tante anzi troppe cose, rischiando di dimenticare chi siamo, e da dove veniamo. Questo infelice aspetto, gli permette secondo me di essere capito, anche al di fuori degli Stati Uniti d’America. LaChapelle può piacere come no, però a livello di composizione, penso sia incredibile come dia a volte l’impressione di semplicità, e a volte invece d’improvvisazione, non dando a mio parere apposta, a pieno l’idea dell’immenso lavoro che c’è dietro.

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  120. Perla Laba   10 Ottobre 2023 at 11:57

    David LaChapelle è senza dubbio uno dei fotografi più noti e influenti del nostro tempo. Il suo stile unico e riconoscibile ha attirato l’attenzione di milioni di persone in tutto il mondo, e i suoi lavori sono esposti nei più prestigiosi musei e gallerie di tutto il mondo. Sebbene personalmente non sia affascinata da tutti i suoi lavori, riconosco pienamente il valore dei suoi lavori e il suo talento a livello tecnico.
    Dal punto di vista tecnico, LaChapelle è un maestro nell’utilizzo della luce, del colore e degli effetti speciali. Ogni fotografia è meticolosamente pianificata e realizzata per creare un’immagine che colpisca l’occhio dello spettatore. Le sue composizioni sono spesso complesse e ricche di dettagli, arricchite da una grande varietà di elementi, oggetti scenici, modelli e luci.
    LaChapelle è un mago nel trasformare scene comuni in opere d’arte straordinarie. Le sue foto sono spesso surreali, con una distorsione della realtà che cattura l’attenzione e invita a riflettere sul significato più profondo dietro l’immagine. Il suo uso del colore è vivido e audace, creando un impatto visivo che riesce a catturare l’emozione e la bellezza dell’immagine.
    Nonostante tutto ciò, devo ammettere che personalmente non tutto il suo lavoro mi attrae particolarmente. Trovo che, a volte, le sue immagini siano eccessive, quasi a sfiorare il kitsch. La sua estetica opulenta può sembrare troppo caotica, sovraccaricata, rendendo difficile per me concentrarmi sull’essenza dell’immagine o sul messaggio che potrebbe voler trasmettere.
    Tuttavia, non posso che riconoscere il valore artistico e la maestria tecnica dei suoi lavori. Le sue immagini sono vere e proprie opere d’arte, ricche di significato e complesse nella loro realizzazione. LaChapelle ha una visione straordinariamente unica e la capacità di trasformare la realtà in qualcosa di magico e affascinante.
    Inoltre, apprezzo il suo impegno nel trattare temi sociali e politici nei suoi lavori. Molte delle sue fotografie mirano a evidenziare problemi come l’ambiente, il consumismo e la cultura del glamour. LaChapelle utilizza il suo talento per generare una discussione e far riflettere sulle questioni più importanti.
    Resta quindi il fatte che, comunque, David LaChapelle, è un fotografo innovativo e influente, che ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della fotografia contemporanea. La sua capacità di trasformare l’ordinario in straordinario e di catturare temi sociali rilevanti è ammirevole e testimonia della sua maestria nel suo campo.

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  121. Blue   6 Novembre 2023 at 21:44

    Non vedo tutta la trasgressione citata nell’articolo, LaChapelle ha sicuramente mostrato il mondo della moda in un modo diverso dalla maggior parte dei fotografi, con scatti irriverenti e sicuramente fantasiosi, tuttavia non è stato l’unico a trattare temi scottanti in maniera insolita, i primi rappresentanti li troviamo fin dalle avanguardie.

    Inoltre visto il funzionamento del mondo della moda ( che ricordiamo è il campo che gli ha dato lavoro ), fatto principalmente di scandali e annunci finisce per essere un beneficiario dei suoi lavori e delle sue critiche, dato che ogni critica rende noto un argomento molto più di un complimento.

    Se il suo volere fosse realmente stato quello di porre fine agli stereotipi mostrati in maniera distorta nelle sue foto, li avrebbe solamente fatti cadere nell’oblio.

    Invece con i suoi lavori, seppur stupendi, mette solamente in evidenza dei meccanismi meno piacevoli (ma tutto sommato noti a tutti) intrinseci del sistema della fama e più genericamente della società umana.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   7 Novembre 2023 at 09:21

      Commento arguto. È senz’altro vero che fotografi come Mapplethorpe e Newton sono stati più trasgressivi. Ma non nei modi della blasfemia: accusa fatta a DLC quando cominciò a diffondere le sue immagini a tema religioso. Accusa ridicola, tra l’altro. Comunque un grande editore (Taschen) frustato dalla moglie a culo scoperto è una immagine che non si era mai vista. Come la classificheresti?

      Rispondi
    • Antonio Bramclet
      antonio   7 Novembre 2023 at 09:37

      Mi piacerebbe sapere di quali avanguardie parla Blue. Se il contesto è la moda a parte Newton chi si potrebbe avvicinare a LaChapelle? E poi c’è differenza tra fotografare in modo insolito e trasgredire.

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  122. Manuela Guida LABA   8 Novembre 2023 at 01:11

    Non avevo mai visto un’artista del genere prima d’ora, devo dire che mi ha colpito molto. Ha uno stile veramente stravagante e bizzarro,usa colori molto accesi e contrastanti. Le scene che rappresenta suscitano provocazione, ma penso sia il bello di questo fotografo. Sono rimasta sorpresa dal fatto che abbia rielaborato miti della cristianità, di cui ha fatto una sua reinterpretazione della società consumistica. Adoro il suo stile Pop Art, penso influenzato dal mitico Andy Warol. Penso che questo fotografo abbia rivoluzionato l’arte rinascimentale in modo spropositato ricollegandola alla modernità di oggi. Ho notato molto l’influenza americana dato che lui è nato negli Stati Uniti, infatti gli americani tendono ad ”ingigantire” le cose, a renderle più assurde possibile, ma che secondo me è un loro pregio. Quello che mi vien da dire guardando le sue opere è il termine ”Trash” come si usa dire adesso, ma non per forza in modo negativo anzi, è unico nel suo genere.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   8 Novembre 2023 at 08:54

      Interessante il tuo riferimento al “gigantesco”. La dimensione oversize costringe il sistema occhio-cervello ad un lavoro percettivo diverso rispetto la fruizione ordinaria di una immagine standard. L’esplorazione del campo fotografico allargato diviene una narrazione di percetti prima di essere una concatenazione di significati dai quali emerge una storia.

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  123. Letizia Casotti   8 Novembre 2023 at 17:51

    Dopo aver letto l’articolo, penso che la Chapelle abbia un modo molto efficace di esprimere il suo messaggio.
    D’altronde é ció che rende un’opera d’arte tale, altrimenti sarebbe soltanto una decorazione.
    Trovo molto interessanti e intriganti i riadattamenti che avvengono nelle sue foto, dove nel contesto di un quadro antico trovano posto elementi del tutto decontestualizzati che a primo acchito catturano l’occhio.
    Anche solo il fatto che si trovano in un contesto che non ci aspettiamo attirano l’attenzione dello spettatore.
    In particolare apprezzo l’uso del nudo anche se per gusto personale tendo a preferire impostazioni piú vicine al nudo classico e artistico, nonostante ció riconosco che quello che viene usato é il modo migliore per far arrivare il messaggio che l’autore vuole esprimere.
    In ogni sua opera oltre agli evidenti riferimenti a Michelangelo trovo che l’artista “peschi” dalla bibliografia Freudiana.
    In particolare ritrovo temi trattati in totem e Tabú che compaiono come elementi provocatori che portano l’opera a lasciare un segno nella mente dello spettatore.
    Qualsiasi essa sia l’opinione nei confronti di ció, che sia disgusto, interesse o offesa senza dubbio lascia un messaggio forte e che segna l’individuo.
    Personalmente mi ha vagamente ricordato anche la cinematografia di Ferzan Ozpetek, seppur senza l’elemento di scandalo come protagonista.
    Nei suoi film se analizzati attentamente si possono ritrovare scene che riprendono le dinamiche di famose opere del passato, come camei all’interno della storia, riproposti in chiave attuale.
    Ad esempio ritroviamo la scena della pietá in “Cuore Sacro”.
    Casotti Letizia Grafic Design 1 anno

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   9 Novembre 2023 at 07:52

      La menzione di Totem è tabù di Freud mi ha incuriosito e sorpreso. Soprattutto perché LaChappelle quando fotografa non mi pare che abbia tanti tabù. Ma evidentemente il commento voleva suggerire qualcosa di più profondo. Allora, suggerirei all’autrice dell’intelligente insight di pensiero di provare ad essere più generosa con i suoi lettori. Per esempio specificando la serie di immagini delle quali ha colto l’implicazione freudiana. E fare capire bene perché e per quale scopo determinate immagini di LaChappelle potrebbe essere arricchite da una interpretazione psicoanalitica.

      Rispondi
      • Antonio Bramclet
        antonio   9 Novembre 2023 at 08:24

        Totem e tabù non lo conosco, però l’esempio di Ozpetek proposto da Letizia è chiarificatore e raffinato.

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  124. Celeste LABA   8 Novembre 2023 at 20:58

    Lo stile peculiare e provocatorio è quello che maggiormente affascina, a parer mio, delle opere de LaChappelle. Le sue opere spesso mettono in evidenza l’ossessione della società moderna per il denaro, il lusso e la celebrità, attraverso immagini audaci e colorate, frequentemente sovradimensionate, che catturano l’attenzione dello spettatore invitandolo a riflettere sulle distorsioni della realtà create dal consumismo e dalla cultura di massa. Le sue immagini combinano elementi reali e fantastici in modi che sfidano la realtà e creano un mondo visuale unico; incorpora inoltre, simboli religiosi e mitologici, aggiungendo un significato più profondo alle sue immagini e contribuendo alla loro carica emotiva.
    I protagonisti che il fotografo spesso utilizza, sono celebrità e icone pop raffigurate in situazioni surreali e bizzarre, mostrano proprio quanto il desiderio di status e ricchezza possa essere distorto e quanto invece, vengano dimenticati ed ignorati temi riguardanti l’umanità nella sua più assoluta semplicità.
    Egli sfida, inoltre, l’omogeneizzazione culturale portata dalla globalizzazione, evidenziando la perdita di autenticità e diversità in un mondo sempre più interconnesso e rendendo il suo lavoro una potente critica visuale a questi aspetti del mondo contemporaneo.

    Troviamo tra le sue opere più significative in questo contesto,
    “Death by Hamburger” (1998): Questa fotografia rappresenta un uomo schiacciato da un enorme hamburger, simboleggiando l’abuso del cibo spazzatura e l’ossessione per il consumo eccessivo.
    “Last Supper” (2003): Questa interpretazione contemporanea dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci raffigura celebrità e figure pop al posto dei discepoli, sottolineando la sacralità del consumismo e della cultura delle celebrità nella società moderna.
    “Illuminati” (2010): Questa serie di fotografie presenta figure famose come Lady Gaga, David Bowie e Michael Jackson in pose suggestive e surreali, evidenziando l’erosione della privacy e l’ipocrisia all’interno dell’industria dell’intrattenimento.
    “Gas Station” (2012): Questa immagine mostra una stazione di servizio con pompe che erogano champagne al posto della benzina, raffigurando l’eccesso e l’abbondanza nel mondo del lusso e del consumo.

    Un’ulteriore critica sociale viene esplicitata da LaChappelle, attraverso la celeberrima opera Deluge (2006).
    É un’installazione fotografica complessa e affascinante che fa parte della sua serie “Awakened”; in questa opera, il fotografo ha creato una scena surreale che richiama fortemente il dipinto “Il Diluvio Universale” di Michelangelo, ma con una rilettura moderna e provocatoria. Utilizza anche questa volta celebrità e icone pop, tra cui Paris Hilton, Pamela Anderson e altri, per raffigurare la distruzione dell’ambiente e il cambiamento climatico; la scena principale dell’opera è dominata da un’immensa ondata con dettagli intricati e simbolici.
    Un aspetto sconvolgente, secondo il mio punto di vista, è come egli rappresenti la disattenzione dell’umanità verso la devastazione dell’ambiente e l’irresponsabilità nei confronti del pianeta, proprio come sta accadendo oggi giorno, a quasi vent’anni di distanza.

    Per concludere, l’iconica opera “Deluge” rappresenta un eccellente esempio dello stile de LaChappelle, in cui combina elementi surreali, iconografia pop e critiche sociali profonde esprimendo verità attraverso il paradosso. Sfida la percezione e invita alla riflessione sulla società odierna, creando una miscela unica di estetica visiva e contenuto concettuale.

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    • annalisa   11 Novembre 2023 at 11:19

      Mi è piaciuto molto il commento critico di Celeste per la completezza e la sintesi di tutti gli aspetti per me fondamentali della sua arte. Se posso permettermi un appunto manca solo l’intensa spiritualità che caraterizza i suoi ultimi lavori.

      Rispondi
  125. Lucia Matilde Matilde Lombardi   8 Novembre 2023 at 21:44

    Dalla lettura dell’articolo si evince che David LaChapelle sia un artista che, attraverso le sue opere, voglia denunciare le disfunzionalità della società odierna. Un esempio è “The Deluge”, in cui il fotografo ridicolizza la superficialità e l’attaccamento ai beni materiali dell’uomo moderno. E’ evidente la volontà dell’autore di risvegliare nel pubblico una coscienza che probabilmente pensa perduta e lo fa mettendo alla berlina il bigottismo di cui vede permeato il mondo di oggi.I suoi sono lavori che urlano eccesso riguardo i colori sfacciatamente accesi e il suo stile sicuramente surreale e quasi caricaturale lo rendono unico nel suo genere. Secondo me la sua forza rimane comunque, nonostante le sue opere siano sature di dettagli, quella leggerezza e facilità d’impatto che lo rendono fruibile anche a un pubblico meno colto.

    Rispondi
  126. Lucia Matilde Lombardi   8 Novembre 2023 at 21:49

    Dalla lettura dell’articolo si evince che David LaChapelle sia un artista che, attraverso le sue opere, voglia denunciare le disfunzionalità della società odierna. Un esempio è “The Deluge”, in cui il fotografo ridicolizza la superficialità e l’attaccamento ai beni materiali dell’uomo moderno. E’ evidente la volontà dell’autore di risvegliare nel pubblico una coscienza che probabilmente pensa perduta e lo fa mettendo alla berlina il bigottismo di cui vede permeato il mondo di oggi.I suoi sono lavori che urlano eccesso riguardo i colori sfacciatamente accesi e il suo stile sicuramente surreale e quasi caricaturale lo rendono unico nel suo genere. Secondo me la sua forza rimane comunque, nonostante le sue opere siano sature di dettagli, quella leggerezza e facilità d’impatto che lo rendono fruibile anche a un pubblico meno colto.

    Rispondi
  127. Giorgia Adani LABA   8 Novembre 2023 at 22:03

    Non avevo mai sentito parlare di LaChapelle.
    Leggendo questo articolo mi sono fatta un’idea e da persona inizialmente imparziale, il lavoro che fa Chapelle mi ispira e mi piace molto.
    Le sue immagini sono così surreali ma allo stesso tempo così reali. A leggere il suo articolo e facendo il paragone, mi viene da immaginare Michelangelo dipingere al giorno d’oggi, come avrebbe dipinto? anche lui sarebbe stato influenzato dalla società odierna?
    Secondo me LaChapelle crea un legame con il passato ed il presente in ambito artistico, riprendendo certe volte, scene dipinte dai più grandi pittori italiani, come il giudizio universale di Michelangelo, ridisegnandole influenzate dalla società odierna. Insomma, chi ci dice che se Michelangelo dovesse dipingere oggi, non dipingerebbe quadri di questo tipo?
    Entrambi gli artisti usano strumenti differenti, LaChapelle usa la fotografia e Michelangelo la pittura, ma entrambi sono artisti di grande talento, che compongono le proprie opere in modo ragionato e per nulla lasciato al caso. Ogni opera, più si osserva più ci meraviglia e ci lascia qualcosa. Disgusto? ammirazione? gioia? ansia? stupore? qualsiasi sentimento provato è grazie all’opera dell’artista, perché il compito di esso è, oltre ad esprimersi, trasmettere un’emozione nelle persone che osservano il suo operato, smuovere qualsiasi sentimento dentro di noi, e lui con me ci è riuscito.
    Le sue opere sono innovative, fantasiose, si liberano dei cliché e portano stupore, ammirazione. Ognuno di noi è libero di dare la propria interpretazione sull’operato dell’artista, ed è questo, personalmente, la cosa che più apprezzo negli artisti, compreso lui. Certe volte le opere, per essere tali, non devono solamente o per forza avere un significato profondo, possono anche avere molteplici significati, sta all’osservatore dare il proprio. L’artista in questo caso, ha creato l’opera con un significato ben preciso, ma mi piace pensare che ognuno di noi, osservando le opere di LaChapelle si guarda nel profondo, si pone domande e dà una propria reinterpretazione personale.
    Lui crea dubbi, illusioni e bellezza.
    A volte prende l’idea del sacro e la stravolge completamente, ponendo i protagonisti in ambienti e circostanze differenti, ma senza mai offendere nessuno, a mio parere. E’ molto creativo ed utilizza luci, colori, in vari modi, tonalità e forme. Sperimenta e crea, ed è ciò che rendono gli artisti, artisti.
    Lui ha creato un ponte tra l’arte considerata antica e l’arte di oggi condizionata dal mondo in cui viviamo, alcune volte facendo anche un estremizzazione di ciò che ci circonda e l’assurdità del mondo di oggi.
    Ora che lo conosco, lo ammiro come artista.

    Rispondi
  128. tb   9 Novembre 2023 at 09:09

    Interessante l’atteggiamento provocatorio di LaChapelle nei confronti della società moderna. In Deluge, dove i mostri sacri di oggi vanno alla deriva, così come nelle immagini di star e modelle, volutamente distorte, per sottolineare il narcisismo preponderante. Il “punctum” di LaChapelle, come citato nell’articolo, risvegliarci dal sonnambulismo e aprirci gli occhi, mi ricorda un altro artista contemporaneo. Famoso, eppur conosciuto effettivamente da nessuno, Banksy per me rappresenta un analogo importante.
    In particolare perché come LaChapelle in Deluge, anche l’artista ha dissacrato alcuni valori della società odierna. Esempio la frenesia degli acquisti compulsivi, presente nelle immagini del cristo con le borse degli acquisti (“Christ with shopping bags”) e delle persone in coda per acquistare magliette con scritte anticapitaliste in “Festival”. La ragazza presente nella foto “when the world is through” mi ha ricordato molto il graffito ” the umbrella girl” di Banksy. Oltre all’ombrello, entrambe le figure sembrano avere infatti in comune lo sguardo da aver perso la speranza, sentendosi abbandonate e distrutte dalla vita stessa.

    Rispondi
  129. Gaia Laba   9 Novembre 2023 at 13:55

    David LaChapelle è, secondo me, molto abile nell’utilizzo che fa della luce, del colore e della composizione, ma soprattutto, é capace di creare immagini straordinarie e memorabili. Le sue fotografie sembrano essere spesso caratterizzate da dettagli nitidi e una profondità visiva che cattura subito l’attenzione dello spettatore. Inoltre, il suo utilizzo di elementi surreali e di elaborati set scenografici conferisce un ulteriore elemento di complessità tecnica alle sue opere. Molti dei suoi scatti affrontano temi sociali, culturali e politici, e sembrano trasmettere un messaggio potente, risultando emotivi, provocatori e o anche disturbanti. Ciò che mi ha colpita di LaChapelle è il suo forte utilizzo di simboli e allegorie per esprimere le sue idee personali e condividere le sue opinioni sul mondo che ci circonda. A parer mio, il lavoro del fotografo può anche essere visto in chiave filosofica, poiché ci invita a riflettere su temi complessi come la celebrità, il consumismo, la spiritualità e l’ambiente sfidando, nelle sue opere, convenzioni culturali e sociali, mettendo, quindi, in discussione la superficialità della società contemporanea e invitandoci a considerare un significato più profondo della vita. In tal senso, LaChapelle potrebbe spinge a interrogarci sulle nostre priorità e sul nostro rapporto con il mondo. Proprio per questo trovo che i lavori di David LaChapelle siano un’importante fonte di ispirazione e riflessione; attraverso la sua abilità tecnica e le sue sfumature filosofiche egli ci invita a esplorare il mondo sotto molteplici prospettive, spingendoci a riflettere sulle sfide e le contraddizioni della società contemporanea.

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  130. Roberta De Vito LABA   9 Novembre 2023 at 18:07

    Devo dire con sincerità che non conoscevo David LaChapelle prima di intraprendere il percorso accademico e, con altrettanta sincerità, di non essermi mai interessata al mondo della fotografia. Tuttavia, grazie alla lettura di questo articolo, ho scoperto un nuovo mondo particolarmente interessante e stimolante dell’arte. Scrutando le immagini riportate ed effettuando diverse ricerche non posso non essere d’accordo col dire che le foto di David LaChapelle siano un mix esplosivo di surrealismo, pop art e cultura pop. Colori, simboli e riferimenti culturali catturano decisamente l’attenzione dello spettatore e trovo furba la scelta dei personaggi famosi come protagonisti. D’altronde con questa scelta suppongo che il fotografo fosse consapevole di tutta la notorietà che avrebbe ricevuto ma forse, anche, delle innumerevoli critiche che avrebbe mosso nei suoi confronti. Critiche che non credo volesse scatenare per la semplice notorietà, ma perché queste ultime smascherassero definitivamente l’immoralità e l’ipocrisia della società di oggi. Forse solo adesso che sto scrivendo mi rendo conto di quanto quest’artista abbia rischiato, servendosi del mondo della moda, per rendere così chiari e diretti (anche ai giovani), i messaggi importanti che vuole trasmettere. Un esempio di messaggio sociale, a parer mio è “Rape of Africa”, una chiara denuncia nei confronti dello sfruttamento delle risorse naturali dell’Africa da parte delle nazioni industrializzate. Concludo col dire che ho visto LaChapelle spesso paragonato a Andy Warhol, per certi versi a Jeff Koons, per la sua capacità di trasformare oggetti di consumo e icone pop in opere d’arte ma si distingue senza alcun dubbio per la sua tecnica e attenzione ai dettagli, creando una profondità ed una bellezza che lo rendono unico nel suo genere.

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  131. Achille   9 Novembre 2023 at 19:29

    David LaChapelle, noto come fotografo, nasce in America e si presenta al pubblico come Fotografo/Regista, scoperto da Andy Warhol, massimo esponente del movimento artistico “Pop-Art”, offrendogli lavoro presso la rivista Interview magazine.
    Lo stile di quest’ultimo, come già citato dall’autore, viene influenzato, o meglio viene arricchito da particolari che ricordano diversi movimenti artistici, infatti numerosi suoi lavori richiamano e/o replicano famosi dipinti di maestri dell’arte, come ad esempio:
    – “Jesus is my Homeboy : Last Supper”
    – “I believe in miracles”
    Un altro elemento chiave è l’utilizzo vivace dei colori, i quali seppur in alcuni casi inizialmente risultano caotici, riescono a catturare l’attenzione dell’osservatore quel poco che basta per poi trovare il filo logico che serve per ammirare e a sua volta capire il significato dell’opera, personalmente apprezzo molto questo suo gioco, se cosi si puo dire, cromatico, perché soddisfa quel bisogno che il nostro occhio-cervello ha di vedere colori accesi e appariscenti che non sempre nella vita quotidiana appaiono. Particolare e rappresentativo del suo stile moderno è la copertina dell’album di un rapper dei giorni nostri come Tedua, e l’importanza di questo artista è anche enfatizzata dalla collaborazione con Travis Scott (famosissimo rapper a livello internazionale)
    David LaChapelle si trova spesso a essere criticato per il suo modo di comunicare, in chiave ironica e satirica ma personalmente apprezzo questo suo metodo, lo trovo appropriato, interessante ed in linea con i nostri tempi dove ognuno ha il diritto di esprimersi liberamente senza,ovviamente, recare danno agli altri. Inoltre, seppur quest’ultimo è uno stile che può piacere come non, grazie a commenti e critiche riesce a far parlare di sé alimentando la sua popolarità arrivando a più osservatori che possono a loro volta essere favorevoli o meno allo stile di LaChapelle.
    Achille Errede Grafic Design 1 anno

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  132. Camilla Fabbri LABA   9 Novembre 2023 at 20:55

    Grazie a questo articolo è stato possibile comprendere a pieno tutte le sfumature dell’anima artistica del fotografo David LaChapelle.
    E’ impressionante come riesca ad immergersi in maniera lineare, e con tale passione, in una sorta di mondo parallelo dove l’arte del presente e l’arte del passato, con particolare riferimento a Michelangelo, si fondano in maniera complementare.

    Un altro aspetto che mi colpisce particolarmente è il suo legame con la Chiesa.
    La maggior parte del pubblico conosce questo artista per le sue rappresentazioni più vicine al mondo della moda e della musica; dal mio punto di vista, la passione che fa intravedere nelle sue opere, pienamente basate sulla figura di Cristo, tendono a dare all’osservatore un’interpretazione totalmente differente della realtà portandolo a porsi delle domande.

    In questi ultimi anni, però, il fotografo è stato in grado di fondere assieme queste sue passioni tra celebrità musicali e il grande tema della religione, nonostante quest’ultimo sia un argomento rischioso dovuto alla sensibilità cristiana che la gente ha.

    Soprattutto durante il 2023, David LaChapelle ha dato vita alla sua realizzazione di opere d’arte pienamente incentrate sulla figura di Cristo; proprio qui tende a incontrarsi con la figura del genere musicale, il noto rapper italiano Mario Molinari, in arte: Tedua.
    Dopo la progettazione di entrambe le copertine discografiche del cantante, ispirate al Purgatorio e alla seconda parte dell’ Inferno de La Divina Commedia, sono state scattate dal fotografo.
    È stato possibile notare durante l’esposizione alla Biennale di Firenze e successivamente presso la galleria di Roma, l’artista è stato in grado di arrivare al cuore di più persone possibili; “Stations of the Cross” è interamente ispirata alla Via Crucis, dove vi è la presenza dell’artista Tedua nei panni di Cristo.

    Ritengo, infine, che questo modo di unire assieme due valori, apparentemente differenti ma allo stesso tempo simili in ambito emotivo, sia stato un gesto particolarmente significativo per dare la possibilità a David LaChapelle di arrivare ai giovani.

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    • Lamberto Cantoni
      lamberto cantoni   21 Novembre 2023 at 09:17

      Dici cose giuste Camilla, DLC a un certo punto della sua vita artistica ha cominciato a fare i conti con l’esperienza interiore che chiamiamo religiosità e ha voluto raccontarla a suo modo. Credo anche che ci sia qualcosa di musicale nel suo stile e nella fede che ripone negli atti divini, nei miracoli. E se vuoi arrivare al cuore della gente non esiste niente di più efficace della musica. La scelta di mettere Tedua al posto di Cristo dice tante cose; per esempio che l’arte, la musica sconfina nel sacro, la creatività che ne discende implica sacrificio, l’artista è un illuminato ma prima o poi finisce sulla croce che si porta dentro.

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  133. Lorenzo Pollini   9 Novembre 2023 at 22:08

    Apprezzo largamente l’illuminazione che si è data all’aspetto riguardante il sonnambulismo visivo che ci affligge.
    Lachapelle è a parer mio, in grado di togliere la costante anestetizzazione che ci permea.
    La sua ironia e le provocazioni presenti nelle opere rendono il nostro sonnecchiare su ciò che vediamo..fastidioso, portandoci ad una riflessione.
    Molto interessante l’aspetto presente nell’immagine del museo allagato, dove il disordine ci porta fuori da ciò che vogliamo vedere, rendendoci quindi consci del nostro frequente ignorare la realtà.
    Penso il professore abbia affrontato bene il tema e sia stato fondamentale sottolinearlo in maniera cosí Chiara.
    Propongo inoltre di aggiungere i lavori fatti da Lachapelle in ambito musicale, conosciuti ed amati anche da coloro che non seguono l’arte o la fotografia. Sarebbe un’ottima esca per attrarre anche i più giovani che, sempre con minor frequenza abbracciano i mondi creativi.
    Infatti negli ultimi anni l’artista ha lavorato a progetti del calibro di “ASTROWRLD” album di successo internazionale di Travis Scott, che ha cambiato, anche grazie alla copertina realizzata da DLC, il mondo musicale. Anche in questo caso,il genio americano, ha deciso di usare una palette di colori ed una tipologia di luci, caratteristiche dei suoi lavori, che consacrano e rendono iconico il lavoro del rapper americano.
    All’interno dello stivale invece, godiamo della collaborazione con Tedua, ne “La divina commedia” dove una catena di nudi corpi abbraccia una sfera infuocata, esprimendo così a pieno il concetto contenuto nei brani. Perdizione e successivo ritrovamento dell’animo.
    Luce e colore, sono due aspetti che caratterizzano il fotografo statunitense, sulle quali avrei gradito un più marcato approfondimento poiché un’opera di Lachapelle là si riesca a distinguere in parte propio per colori e illuminazioni caratteristiche.
    Apprezzo l’inserimento di immagini proprie all’artista, ma avrei inserito anche alcune immagini di terzi, citate per iscritto.
    Se possibile mi piacerebbe ampliare il concetto della noia, che porta alla creatività, poiché lo stesso artista ha parlato in svariate interviste di come passasse diverse ore in giovane età nella natura in solitaria. Credo fermamente che l’assenza di “rumore” nell’età adolescenziale e pre adolescenziale sia una forte promotrice dello sviluppo di una mente creativa.

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  134. Aurora Laba   10 Novembre 2023 at 09:30

    Grazie a questo articolo ho potuto conoscere, in maniera più approfondita, l’arte del fotografo David La Chapelle. Il suo lavoro non è, a mio avviso, solo il prodotto di un fotografo, ma il risultato dell’opera di un grande artista.
    La Chapelle infatti, ispirandosi ad opere d’arte del passato, riesce a comunicare e a denunciare i problemi della società contemporanea come il consumismo, la droga o la perversione. Le opere degli artisti classici vengono riprodotte in chiave contemporanea dove il kitsch ha la capacità di catturare l’attenzione del pubblico.
    Mi hanno colpito in modo particolare tre fotografie di La Chapelle. La prima è “L’ultima cena” dove Gesù Cristo ha l’aspetto di un tossico, gli apostoli sono dei rapper e Maria Maddalena una Barbie; i commensali bevono birra e Cristo ha lo sguardo fisso nel vuoto. L’altra foto che secondo me evidenzia la denuncia del consumismo è quella del “Deluge” che si ispira al Diluvio Universale di Michelangelo. In questa foto viene rappresentato l’eccesso della società contemporanea dove uomini e donne dissoluti affogano insieme ai simboli del consumismo.
    Infine l’immagine di Courtney Love che impersonifica la Madonna che tiene tra le sue braccia Curt Cobain, Cristo, è un altro esempio in cui La Chapelle mischia sacro e profano. In questa foto l’amore di Maria per suo figlio della “Pietà” di Michelangelo viene contrapposto alla relazione tra l’attrice e il frontman dei Nirvana noti per aver fatto uso di droghe e, quest’ultimo, per essere morto suicida.
    In conclusione ritengo che La Chapelle sia riuscito in maniera originale, a catturare il suo pubblico grazie alla sua capacità di rendere trasgressivi i temi classici a cui si ispira.

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  135. Gabriele Brilli LABA   10 Novembre 2023 at 10:07

    Partendo dalla lettura dell’articolo ho potuto inquadrare la figura del fotografo David Lachapelle, artista a me sconosciuto.
    Io ritengo che esso sia un artista molto sicuro di sé.
    Egli riesce a rappresentare molto bene i suoi soggetti e sicuramente ad attirare l’attenzione del pubblico attraverso provocazioni e rappresentazioni, accostandosi e ispirandosi alle colonne portanti dell’arte del Rinascimento come Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Botticelli.
    Se volessimo paragonare lo stile di un artista moderno a quello di Lachapelle da un mio personale punto di vista potrebbe essere Frida Kahlo.
    Infatti le fotografie di Lachapelle sono la proiezione reale dei dipinti di Frida.
    La lucidità delle pelli, i colori sgargianti e la plasticità dei corpi umani ricordano in maniera vicina soprattutto gli autoritratti di Frida Kahlo.
    La presenza anche di elementi della natura che sono tipici negli autoritratti di Frida, lo possiamo ritrovare nelle foto di Lachapelle che spesso sono ambientate nelle foreste e nelle cascate dell’ isola di Maui dove lui stesso ha scelto di vivere.
    Un esempio potrebbe essere la fotografia di Lachapelle “Out Lady of the Flowers” paragonata all’ “Autoritratto con collana di spine e colibrì” di Frida Kahlo.
    Secondo me possiamo trovare più caratteristiche positive che negative.
    Per questo mi domando, possono esistere dei lati negativi in un artista-genio come David Lachapelle?
    Effettivamente le opere degli artisti posso piacere e no: in realtà non dovremmo giudicare ma accogliere con curiosità ed empatia il pensiero e il messaggio che ogni artista ci propone davanti.
    Facendo una mia personale ricerca non ho potuto infatti non notare con piacere che la copertina dell’album di un mio artista preferito (Travis Scott) è stata realizzata proprio da Lachapelle.
    In conclusione scoprendo e visionando le sue fotografie ho capito che David Lachapelle non è un artista come tutti gli altri ma  spazia in tutti i campi della società contemporanea, dalla musica, agli artisti e perfino agli influencer, impressionando e sorprendendo tutte le persone che vedranno le sue fotografie.

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    • maurizio   11 Novembre 2023 at 11:38

      Scusate se mi intrometto ma mi piace molto il forum che state animando. Vorrei ricordare a Gabriele che la foto che cita si intitola Our Lady of the Flowers e appartiene alla serie I Belive in Miracles. Aggiungo anche che a me sembra troppo audace l’ipotesi che sia una “proiezione” dell’ autoritratto di Frida citato. Ok la natura ma i simboli religiosi di LaChappelle in Frida non li vedo.
      Non conoscevo invece l’attività di illustratore di copertine di dischi e di questo ringrazio Gabriele.

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  136. Alessandro Para LABA   10 Novembre 2023 at 10:23

    Il cognome “LaChapelle” non mi era nuovo quando è stato nominato durante lezione. Nonostante ciò, non avevo mai visto nulla della sua opera, se non L’Ultima Cena. Per quanto ritengo che il suo stile stia anni luce lontano dal mio, non posso non rimanere affascinato dalla sua produzione. Guardando le sue immagini, vado inconsciamente a fare collegamenti che non credo che l’autore avesse preventivato: guardando “Awakened Abigail”, non riesco a fare a meno di vedere l’immagine affiancata allo squalo immerso nella formaldeide di Damien Hirst (“The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living”, 1991), oppure con “Paris Hilton Hi Bitch Bye Bitch” mi sembra di avere davanti agli occhi una fotografia a colori della New York di Weegee. Quello che però mi affascina di più di questa produzione è la provocazione, l’irriverenza, che porta con sé. Come provato da qualche commento risalente a pochi giorni successivi alla pubblicazione di questo saggio, le fotografie di LaChapelle sono in grado di pungere, provocare e questo è quello che più mi intriga di queste immagini. Penso che lo spirito di provocazione sia un qualcosa che dovremmo sempre portare con noi; senza questo finiremmo solo in una sterile monotonia. Per quanto senta questo artista distante da me, dal mio modo di fotografare, gli effetti e le reazioni che è in grado di suscitare sono degni di nota. Le persone che lo criticano non si rendono conto che rimanendo indignate stanno seguendo il gioco di queste fotografie, di LaChapelle; scontato dire che se queste opere non suscitassero alcun tipo di reazione, potremmo affermare che LaChapelle avrebbe fallito. Questa è una condizione generale dell’opera d’arte: se non tocca, se non sbilancia un equilibrio nello spettatore, perde senso di esistere.

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  137. Alice Turchini Laba   10 Novembre 2023 at 15:09

    Non avevo mai sentito parlare di questo fotografo, leggendo questo articolo e cercando su internet un po’ di sue fotografie la prima cosa che mi salta all’occhio è il caos.
    Le foto sono un insieme di così tante persone, elementi, colori e oggetti che ti fa sentire inizialmente travolto e sopraffatto, solo guardando più attentamente riesci a cogliere tutte le mille sfaccettature delle opere.
    Guardando le sue foto si viene subito affascinati dai colori sgargianti e dai personaggi quasi surreali, ad un primo sguardo devo ammettere che mi sono sembrati un po’ esagerati, grotteschi e superficiali, ma leggendo più a fondo l’articolo e la sua storia, le sue esperienze e influenze ne ho riconosciuto la profondità e ho capito il modo in cui sfrutta la provocazione per esprimere dei concetti che altrimenti non sarebbero arrivati così lontano.
    Utilizza elementi che tutti noi già conosciamo, come i volti dei personaggi famosi e i dipinti di Michelangelo, e ce li smonta davanti agli occhi creando qualcosa di quasi folle a primo impatto ma che poi ci aiuta a riflettere su quello che avevamo consolidato nella nostra mente modificando il nostro pensiero per aiutarci a scavare sotto la superficie, criticando il sistema consumistico di oggi.
    Quello che lo distingue dalla fotografia più classica è sicuramente l’immaginazione e la visione di un mondo che magari non tutti riescono a cogliere e vedere.

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  138. Luigi Pezzella laba   10 Novembre 2023 at 16:27

    Non avevo mai sentito parlare di David LaChapelle, ciò che ho potuto constatare leggendo questo articolo è che il suo più grande punto di forza è la sua capacità di incorporare la sua conoscenza della storia dell’arte, partendo da quella rinascimentale fino a quella più contemporanea, ad un contesto più moderno.
    Penso sia provocatorio e coraggioso utilizzare la propria conoscenza artistica per smontare e ricomporre delle opere a noi tutti comuni, come per esempio l’ultima cena o il diluvio universale, unendole a brand e volti famosi per mandare un messaggio critico al consumismo della società contemporanea.
    Secondo me LaChapelle può essere definito un “fotografo-pittore”, perchè riesce a comporre delle situazioni assurde e caotiche rappresentabili solo in disegni o dipinti, e a farci convincere che siano plausibili e reali. Utilizza colori sgargianti ed esagerati che richiamano alla pop art e li accosta a figure grottesche creando un contrasto molto forte. Non pensa solo alla composizioni fotografica in se, ma a tutti i particolari che normalmente ci sfuggono o che possiamo studiare solo nel quadri.

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  139. Giulia Minghini LABA   10 Novembre 2023 at 19:24

    Esattamente come sembra impossibile che un solo uomo sia riuscito a creare una simile ricchezza compositiva come la Cappella Sistina, che si trova nella Città del Vaticano, è incredibile quanto sia ricca di dettagli Deluge e tutte le immagini di David LaChapelle.
    Michelangelo sempre attento a ogni piccolo dettaglio ha ispirato molto David LaChapelle, uno dei più importanti fotografi contemporanei che è passato dalla fotografia fashion alla fotografia d’arte diventando celebre per le sue rivisitazioni e citazioni della pittura rinascimentale, restando fedele a se stesso.
    Non ho mai sentito parlare di questo fotografo.
    Foto complesse e ricche di finezze richiedono dettagliate e lunghe scene di ripresa, dietro alle sue immagini c’è uno studio che ci fa provare infinite emozioni. Ci suscita sensazioni diverse anche in base alla prospettiva dalla quale la guardiamo.
    Deluge in lontananza da un senso di confusione, non è chiaro cosa sta per accadere, ma se ci si avvicina ci si perde nei molteplici dettagli come i marchi che stanno per essere inghiottiti dal diluvio.
    When the world is trought da un senso di solitudine, vorresti campire cosa è successo, essere così impeccabile e sicura di sé come la ragazza in un momento di confusione e solitudine, è incredibile come più si guarda l’immagine più si trovano piccolezze che ti portano ad altre domande.
    Usa colori convincenti, “come i desideri più misteriosi che alla fine come i sogni ci svegliano”. Cattura l’attenzione facendo accostamenti opposti che fanno riflettere, confondono ma allo stesso tempo rimani ammaliato.
    Personalmente mi ha colpito fin dal primo sguardo dato alle immagini, i colori, così coinvolgenti, violenti che fanno risaltare i dettagli. Sembra ci sia una confusione ordinata, ogni elemento è messo nel posto giusto, è in quella posizione per un determinato motivo, per un suo significato. Più si guardano le fotografie più viene da interrogarsi su “cosa sta succedendo” e ci provoca un mix di emozioni. Credo sia un artista da ammirare e prendere come esempio immergendoci nelle sue immagini e facendo conto con le problematiche, difetti, guardando la realtà e pensando più spesso “è successo punto”.

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  140. Chiara Gasperi Laba   10 Novembre 2023 at 21:31

    Il tratto distintivo di David laChapelle a parer mio è proprio la capacità di idealizzare le sue fotografie e renderle somiglianti a dipinti, ciò che mi colpisce è proprio l’esaltazione dei colori, le pose dei soggetti fotografati che rendono il tutto affascinante, brillante, quasi surreale ma sempre con un tocco ironico, ogni suo scatto cattura l’occhio dell’osservatore.
    LaChapelle è in grado di creare una realtà che non è quella di tutti i giorni, ogni suo scatto è una composizione ricca di dettagli, un quadro surreale.
    Egli viene infatti ritenuto un fotografo di icone, mito, artefice di un nuovo linguaggio fotografico che è in grado di fondere eros, sacralità e mitologia, le sue fotografie lo possono confermare.
    Come egli stesso ha detto, la fotografia consiste nel tramutare in immagine i propri sogni, tramite l’uso della fantasia.
    Affascinante è la sua capacità di riprendere opere di artisti rinascimentali, come possiamo notare in: “the last supper (l’ultima cena)” c’è una somiglianza con “L’ultima cena” di Leonardo da Vinci, infatti David LaChapelle rappresenta Gesù nella stessa posizione in cui lo rappresenta Leonardo. Anche nella fotografia “Deluge (Diluvio)” possiamo ritrovare il celebre artista del Romanticismo Gèricault e la particolare somiglianza con l’opera “la Zattera della Medusa” dove possiamo trovare sempre un groviglio di persone che tentano di salvarsi dall’inondazione, i corpi sono tipici michelangioleschi i quali sprigionano phatos. Questi esempi vanno ancor di più a sottolineare la comparazione tra pittura e fotografia oggetto del suo stile.
    Possiamo dedurre che David LaChapelle è lontano dalla fotografia classica in quanto ci mostra un mondo del tutto originale, una ricerca sfrenata per l’immagine perfetta. La sua fotografia dunque non è improntata sul cogliere l’attimo ma ruota attorno alla sua immaginazione, alle storie che la sua mente crea continuamente per poi “dipingere” sotto forma di fotografia. Il suo intento non è quello di fare foto per compiacere le persone ma è proprio quello di emozionare, dar vita ai propri sogni e ascoltare la propria immaginazione.
    Chiara Gasperi Laba Graphic design 1anno

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  141. Ilaria Laba   11 Novembre 2023 at 09:49

    Quello che trovo caratteristico di questo artista è la modalità attraverso la quale si ripropone di trasmettere un determinato messaggio: drammatizzandolo e dando vita a scene di forte impatto.
    La visionarietà nel cogliere immagini al di là del presente e l’immaginazione non mancano di certo, nonostante sia ben chiaro il riferimento all’arte del passato.
    Una fotografia che parla e non si crea dei problemi nel criticare argomenti più contestati che interessano la contemporaneità.
    Un elemento che salta all’occhio, è sicuramente la nota di ironia che pervade nelle sue opere; un’ironia che vuole però mettere in evidenza lo smanioso materialismo della società, e l’allontanamento da quelli che sono invece i valori più rilevanti.
    LaChapelle fa passare questo messaggio attraverso delle scene dal forte impatto visivo, le quali non permettono, a noi che le osserviamo, di mantenere di fronte ad esse con un atteggiamento passivo.
    Le sue opere necessitano indubbiamente di un’indagine più profonda, di modo da non soffermarsi esclusivamente al primo impatto, richiedono una maggiore attenzione e non una semplice e superflua analisi.

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  142. lucia laba   11 Novembre 2023 at 12:00

    David LaChapelle a parer mio, non fa solo opere stravaganti, ma anche piene di significati, con un pizzico di provocazioni e surreali, ma allo stesso tempo straordinarie. Con la fotografia, lui è riuscito a combinare due stili: lo stile classico e lo stile neobarocco, grazie agli elementi stravaganti e provocatori. Nelle sue opere ho potuto osservare fotografie piene di colore, ricche di simboli e temi particolari che riconoscono il suo stile unico. Le sue opere non mi sono passate in osservato, anzi sfidano la società e cultura contemporanea in un modo che solo lui sa fare, trasmettendomi curiosità nelle sue opere.

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  143. Marco Riccardi   11 Novembre 2023 at 12:07

    Ciò che rende ai miei occhi LaChapelle estremamente affascinante è ciò che, al tempo stesso, fa sì che tutto me stesso lo ripudi: è il profondo disagio che ogni immagine mi trasmette nella sua palese, eccessiva finzione, nella sua accecante teatralità fatta di colori graffianti e stordenti. Il contrasto tra l’armonia suggerita dai rimandi classici di temi e composizioni con l’assordante chiasso delle apparenze contemporanee -che costituiscono tutta la realtà che le sue fotografie vanno a mostrare- trasforma ogni opera in un pugno nello stomaco, al di là dei punctum soggettivi che ognuno può trovare al suo interno. Eppure, questa spinta verso il mostrare ciò che è tutta, infine, apparenza, trasforma alcune delle sue opere, almeno ai miei occhi, in manifesti di denuncia che, nella loro tendenza didascalica, vanno a perdere molta della loro potenza: ad esempio, in Deluge, per quanto sia un’opera straordinaria, i rimandi negli oggetti e negli edifici ad elementi e tendenze ben specifici della nostra contemporaneità fanno sì che l’immagine divenga quasi una frase lamentosa, piuttosto che l’haiku di cui parla Barthes ne La camera chiara. Questo ovviamente non avviene in tutti i suoi lavori, però rimane un pericolo, nel momento in cui si cerca di mostrare una cosa nella maniera più velata e naturale possibile per la quale, tuttavia, si prova un risentimento profondo.

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  144. Lisa LABA   11 Novembre 2023 at 13:22

    Non conoscendo l’artista la prima cosa che ho avvertito, osservando le opere proposte nell’articolo, è stata una sorta di finzione nella composizione con figure ritratte in un momento dinamico ma allo stesso tempo statico, quasi in posa come dei manichini, con dei volti passivi che non sembrano ricollegarsi al momento invece carico di pathos. In particolare, Deluge è il quadro che più mi ha colpito, dove è lampante la drammaticità della scena e dei numerosi corpi che cercano di salvarsi dalle torbide acque aggrappandosi alle cose più vicine a loro, tanto da ricordarmi la tragedia raccontata nella “Zattera della medusa” di Géricault. Osservando con più attenzione si può notare una certa serenità e pace nei loro volti nel trovarsi davanti alla morte: una reazione piuttosto innaturale, considerando che nella realtà prevarrebbero l’egoismo e l’istinto di sopravvivenza. Trovo molto interessante questo forte contrasto specialmente se usato all’interno di una critica sociale, un tratto distintivo dell’artista, che può ricordare la bellezza eterea, giovane ed impassibile tipica di Michelangelo, ben visibile in opere come la “Pietà” o “Il Giudizio Universale”. LaChapelle si ispira a Michelangelo in questo quadro ma al tempo stesso si discosta nel culto del corpo, o meglio non ricerca un’assoluta perfezione della muscolatura e delle proporzioni come la scuola ellenica, bensì una nudità realistica, brutta o poco armoniosa per gli standard sociali, a riprova del suo non essere convenzionale nonostante la lunga esperienza nel settore della moda. Anche le tonalità scelte, ad un primo momento con questi verdi e gialli mi hanno ricordato l’espressionismo tedesco, dove il colore doveva trasmettere una forte sensazione di disagio ed inquietudine nel vedere l’assurda normalità criticata e condannata, come la bambina prostituta nella Marzella di Kirchner. Nonostante non apprezzi LaChapelle a livello stilistico, i suoi lavori non falliscono mai di pormi davanti ad un dubbio, di farmi riflettere su quanto sia condizionata dal canone, di colpirmi e soffermarmici per ore. Ad esempio Exposure of Luxury (1997) ritrae una scena di sfacciataggine, di lussuria e ricchezza, tramite il prezioso blu ed oro accompagnato da elementi esotici, simboleggiando superficialità e vizi, una rappresentazione ben diversa rispetto alla versione del 2009 con l’assordante foresta secca, quasi bruciata, il suolo ricoperto da macerie che circonda con povertà e amarezza questa figura incurante che aspetta, un chiaro segno di come chi ha una vita agiata e piena di apparenze non sa riconoscere o non si interessa del bisogno di aiuto altrui. Quando mi trovo davanti a queste fotografie mi chiedo se anch’io, inavvertitamente, mi sia comporta così.

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  145. Rebecca Bergonzini Laba   11 Novembre 2023 at 15:00

    L’articolo è davvero dettagliato e approfondito su David LaChapelle e la sua fotografia, in particolare focalizzandosi sulla serie “Deluge” ispirata al Diluvio Universale di Michelangelo. E’ spiegata in modo chiaro la tecnica di LaChapelle, le influenze artistiche e il modo in cui utilizza simboli del passato nelle sue immagini e anche la sua interpretazione emotiva delle sue opere, parlando di solitudine, eccesso e perdita della purezza.
    L’ analisi è ricca di dettagli e connessioni con altri artisti, mostrando una profonda comprensione del lavoro di LaChapelle. Viena esplorata la relazione tra le sue immagini e la realtà, facendo notare il modo in cui cattura la schizofrenia dell’umanità attraverso la sua lente fotografica.

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  146. NiccoZ LABA   11 Novembre 2023 at 19:27

    Apprezzo molto l’arte trasmessa nella fotografia da parte di David LaChapelles, causa dello stile anticonformista e trasgressivo che esprime e che fa assumere a tutti i suoi soggetti. Rompe tutti i canoni e le barriere presenti nella società in quegli anni, dando il via ad una “rivoluzione artistica”.
    Colori accesi e vivaci sono alle basi delle sue composizioni, stile ispirato alla corrente artistica della pop art, che apprezzo molto, dato che reputo che grazie a quei colori trasmetta energia e che faccia cadere subito l’occhio sulle proprie opere.
    Credo però che lo stile che più si addice alle fotografie di LaChapelles sia lo stile “camp”, uno stile che unisce il kitsch e il trash, donando ai soggetti delle foto una costante effeminazione, per fare un esempio cito un’opera del 1999, ABOUT TO BLOW, dove un soggetto masculino cresciuto nel ghetto come Eminem venga fotografato completamente nudo con una dinamite in mano in procinto di esplodere, la stessa dinamite è posizionata molto vicino alla bocca per giocare così con il verbo “blow” (inteso come la dinamite che sta per esplodere e con il gesto del blowjob nei confronti di essa).
    Nell’articolo LaChapelles viene anche descritto come un artista blasfemo a causa dell’ironia fatta nelle sue foto anche ad alcuni soggetti di chiesa presenti nella sua arte. Blasfemia che si ripete anche negli ultimi anni, dove il fotografo ha collaborato con Tedua, cantante italiano che per inaugurare il suo album ha chiesto una mano a LaChapelles che ha gradito molto lo stile dell’artista italiano, infatti in questo ultimo mese è stato proprio il fotografo a proporre una collaborazione al cantate, per delle fotografie come dicevo prima a “stile blasfemo” dove ha fatto travestire Tedua da Gesù.
    Le Chapelles già lo conoscevo e avevo avuto il piacere di apprezzare la sua arte, perchè divenuto ancora più celebre fra i più giovani, dopo aver realizzato le foto per uno degli album più famosi e amati della musica pop-rap americana, ASTROWORLD di Travis Scott, dove si può facilmente notare il suo stile dai colori presenti, molti vivaci e che donano energia.
    Ritornando sull’articolo e dalle immagini esposte in esso, amo il dinamismo presente nei soggetti fotografati, riuscendo quasi a fermare il tempo durante un movimento del soggetto, dico così perchè questo dinamismo va in contrasto con la fotografia, essendo una cosa statica, riuscendo così a farci immaginare a noi gli attimi successivi allo scatto, facendoci immergere al meglio nell’opera.
    Reputo quindi David LaChapelle un grande artista e fotografo, con un grande genio e senso dei colori e delle pose, una fonte di ispirazione per gli artisti e fotografi moderni e non solo.

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  147. Borysyuk   12 Novembre 2023 at 09:06

    L’analisi approfondita della connessione tra David LaChapelle e l’arte classica, in particolare Michelangelo, evidenzia la raffinata fusione di simbolismo e critica sociale nelle sue fotografie. La capacità di LaChapelle di reinterpretare l’arte passata, incorporando elementi di artisti come Bellini e Rossetti, aggiunge profondità alle sue opere contemporanee. La foto “Deluge” diventa un’espressione potente della sua critica alla società consumistica. La maestria nell’utilizzo di simboli e la riflessione su valori universali contribuiscono a posizionare LaChapelle come un comunicatore d’arte significativo, con una sottolineatura critica nei confronti degli eccessi della società moderna.

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  148. Nicole Pieri   12 Novembre 2023 at 12:08

    Che cos’è l’arte, se non forse un bisogno profondo di espressione? La capacità di un artista, di un uomo, di riuscire a portarti nel suo profondo. Profondo che è sì personale, ma parte della nostra umanità, e quindi trasversalmente universale. Così riempiamo la nostra vita di significati effimeri, terreni, cercando fama, gloria, successo, o più semplicemente riconoscimento, adulazione; tutte cose esterne che ci allontanano dal nostro profondo, un profondo doloroso a cui se ci accostassimo con sincerità dovremmo sicuramente delle spiegazioni. Proprio così, perché al nostro intimo non possiamo mentire – nonostante proviamo molte volte a contrattare – ma nudi davanti a lui vediamo i nostri “mostri”, la nostra fragilità, e per non vederla ci nascondiamo nella vanità.
    In Deluge (2002) ecco che tutto il sommerso si mostra in tutta la sua fragilità, l’umanità nuda all’interno di un mondo in decadimento, travolta da un’onda che spazza via tutto, o meglio – come vedremo più avanti nelle opere successive dell’artista – tutto il superfluo. E questa è un’onda a cui tutti noi siamo sottoposti; quella del tempo che tutto si porta via, lasciando forse solo il “kadosh”, il separato, la nostra essenza.
    Così l’onda purificatrice non travolge solo le vanità del nostro tempo, ma noi stessi, le nostre vanità. E nell’opera ecco che appaiono in scena le fortune passate, presenti e in modo quasi profetico anche quelle future del nostro Autore. Vediamo il Caesar Palace dove David Lachapelle ha curato le scene e la regia dello spettacolo di Elton John (2004); l’icona di Burger King rappresentata anche in un’opera che fa parte della serie Live Your Best Life (2002); Starbucks inserito in The Earth Laughs in Flowers (2008-2011); e Gucci che rappresenta la moda e ciò che lo ha portato al successo. Ad essere spazzata via, quindi, non è solo la superficialità, la vanità nel senso effimero dell’umana condizione, ma quella dell’autore stesso. Quell’onda travolge Lachapelle, ripulendolo, per rimetterlo in contatto con il suo mondo interiore, quello dell’essenzialità del suo essere. Per questo l’opera mi travolge, mi mostra il momento di rottura di passaggio che vive l’artista, e facendo ciò mi dà la possibilità di poter trascendere in qualcosa di più intimo, personale.
    I personaggi nella scena non ci appaiono spaventati, non sono come il Désespéré di Courbet, non c’è atterrimento nei loro occhi, nonostante sembrino trovarsi ancora in una situazione molto precaria, ma si può vedere tutta la loro stanchezza, la tristezza. C’è chi cerca ancora di portarsi dietro qualcosa che è sopravvissuto all’acqua, chi chiede e chi dà aiuto, chi esausto rimane a terra.
    Ed è come se ogni corpo nudo nell’opera fosse un frammento dell’anima stessa dell’artista che in alcuni momenti cerca di proteggere ancora ciò che è scampato dal mare, in altri cerca aiuto e aiuta (o si aiuta da solo) e in altri ancora si lascia cadere, stanco. Ma ognuno di quei David non sembra più attratto da quelle icone che tanto lo hanno reso famoso, e dal diluvio nasce o meglio ri-nasce nel sentimento dell’artista una sola “icona”, forse la sola per lui essenziale, quella della fede, creata dal gioco prospettico di un palo che cade.
    David ormai nudo, reso ancora più nudo anche grazie all’incontro ravvicinato con l’opera michelangiolesca, accetta il diluvio che lo travolge purificandolo e ricordandogli che “Vanitas vanitatum et omnia vanitas” tutto è vanità, tutto finisce. E allora forse anche noi potremmo chiederci, se tutto è vanità, cosa rimane?

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  149. Alice LABA   12 Novembre 2023 at 12:11

    Personalmente, non conoscevo l’opera di David LaChapelle prima di leggere l’articolo, e dubito di essere incappata in una delle sue creazioni in precedenza. Devo confessare che le sue opere si discostano significativamente dai miei gusti estetici; tuttavia, riconosco che si tratta di un artista il cui lavoro si collega a un ambito di mio interesse. È strano che non mi sia mai capitato sotto prima d’ora.

    Le fotografie di LaChapelle mi appaiono particolarmente “uncanny”, e cercando questa parola per delle ricerche che ho fatto online in precedenza non ricordo di averlo visto tra i risultati…Sottolineo nuovamente che mi pare strano. Per spiegarmi meglio: “uncanny” ossia qualcosa che manifesta visivamente una sorta di paradosso che attrae e respinge simultaneamente. E secondo me LaChapelle è esattamente questo.

    Ricollegandomi quindi ad altri artisti su cui ho condotto ricerche, voglio nominare Paul McCarthy, William Eggleston, Alec Soth e, per certi aspetti, Hans Bellmer.
    Ad esempio, sia McCarthy che LaChapelle affrontano tematiche legate al consumismo, alla massa e, in qualche modo, all’elemento erotico (quest’ultimo anche nelle opere di Bellmer), tutte cose che generalmente attraggono, giusto? Tuttavia, nelle opere dei tre artisti citati c’è qualcosa che le fa voler respingere. Riguardo a Eggleston, la sua fotografia “Greenwood Mississippi” mi ha richiamato alla mente una sensazione di minaccia simile a “Deluge”, e anche in essa si possono individuare elementi d’arredo legati al consumismo, difatti reperibili anche oggi nei negozi Walmart a pochi dollari. Analogamente, vedo similitudini nei temi esplorati da Alec Soth, ma trovo molto simile anche l’utilizzo dei colori.

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  150. Francesco B. LABA   12 Novembre 2023 at 12:23

    Articolo molto interessante, è un viaggio affascinante attraverso l’arte di David LaChapelle e la sua capacità di catturare l’essenza della società contemporanea. La descrizione dettagliata delle sue opere, in particolare “Deluge”, e il confronto con Michelangelo e altri grandi artisti del passato aggiunge uno strato interessante alla sua narrazione visiva.
    LaChapelle sembra trasformare la realtà attraverso la sua lente e il suo stile, evidenziando le contraddizioni della nostra società dallo stile consumistico e la fragilità delle nostre conquiste. La sua abilità nel combinare elementi neobarocchi con un centro visivo classico è affascinante, crea così immagini potenti che inducono alla riflessione.
    La sua analisi sulla solitudine implicita nelle opere di LaChapelle, in particolare paragonandola a Hopper, aggiunge un elemento emozionale profondo alla sua arte. Hopper è un’artista che reputo molto interessante per le sue composizioni e l’utilizzo del colore e soprattutto per l’utilizzo delle sue opere iconiche nel film “Shirley: vision of reality”, dove il regista Gustav Deutsch realizza una pellicola cinematografica di spessore donando vita a queste opere.
    La sua interpretazione delle sue immagini come icone simboliche della schizofrenia umana è potente e offre una prospettiva intrigante al suo lavoro.
    Infine, la sua osservazione del voyeurismo e sulla capacità di LaChapelle di evitare di confondere le immagini con le cose è illuminante. La sua abilità di catturare un momento ed evocare emozioni fugaci, insieme alle considerazioni sulla percezione e sull’eternità, aggiungono un tocco filosofico all’analisi complessiva.
    In definitiva, LaChapelle sembra essere un narratore visivo che sfida e intriga, portando gli osservatori a esplorare non solo le sue immagini, ma anche le profondità della loro stessa comprensione emotiva. Un viaggio artistico coinvolgente e ben descritto!

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  151. Alessio Ponzetto   12 Novembre 2023 at 13:02

    Penso il professore abbia affrontato bene il tema e sia stato fondamentale che abbia abbinato al testo delle foto di La Chapelle, così da renderlo chiaro e impattante per chi come me non conosceva il fotografo.
    Molto interessante anche il fatto dell’artista di provocare il pubblico con delle illustrazioni che nessuno si aspetterebbe da un fotografo, mescolando le sue fotografie surrealistiche con elementi pop, cultura di massa e simboli religiosi;
    ad esempio l’opera riportata di Gesù Cristo e la Madonna nera, è un’immagine molto eclatante a livello religioso, nonostante queste opere provocatorie, mi colpisce il fatto che riesca a trasmettere al tempo stesso messaggi culturali e sociali profondi, come l’opera riportata dal professore del museo allagato, che ci fa rendere conto del nostro ignorare la realtà e riflettere sul nostro futuro.
    Molto affascinante anche il fatto che La Chapelle collabori con dei musicisti di fama mondiale, realizzandone le copertine di album come ad esempio la cantante Madonna nell’album American Life, la copertina di questo album presenta Madonna in uno stile distintivo di La Chapelle con un’immagine che cattura l’estetica audace e provocatoria dell’artista.
    Interessante anche la rivoluzione del fotografo riguardo l’iconicità visiva che illustra spesso immagini sovra-sature di colore e intrise di simbolismo.
    Una cosa che avrei approfondito nel testo è il discorso del colore: di come lo rappresenta nelle sue opere, perché l’uso deliberato e accattivante del colore nelle opere di David La Chaepelle è centrale per la sua capacità di catturare l’attenzione, comunicare significati profondi e lasciare una impressione duratura nello spettatore.

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  152. Giorgia Nerbano LABA   12 Novembre 2023 at 13:04

    Ciò che spicca nelle foto realizzate da LaChapelle è l’eccesso, l’eccesso di colori, di oggetti di scena, persino le emozioni sono espresse in maniera eccessiva. E questo eccesso è il riflesso del consumismo, il mostro odierno inculcato nella nostra testa che ci porta a circondarci di beni materiali, a volerne sempre di più e a stare eccessivamente male quando non otteniamo ciò che vogliamo e quando ciò che abbiamo non ci basta, e non ci basta mai. LaChapelle prende questo contesto e lo mette in relazione con il passato, con catastrofi naturali, con icone religiose, quasi come per farci chiedere che senso abbia tutto questo complesso mondo materiale che abbiamo creato.
    Prendiamo Deluge ad esempio, quando arriva il diluvio, e tutto quello che abbiamo costruito viene distrutto, cos’ha più importanza per noi? Nessuno dei personaggi cerca di salvare l’insegna di Burger King o di Gucci, ma si aiutano l’un l’altro, il mondo che abbiamo creato, i beni materiali che tanto abbiamo a cuore e i soldi che inseguiamo disperatamente, sono tutti elementi effimeri, quando tutto questo viene distrutto, ciò che rimane siamo noi.
    Lo stesso discorso vale per le foto a tema religioso, un Cristo devastato dalla droga e dall’alcol e una Madonna nera, possono davvero influenzare i valori in cui generazioni di cristiani hanno creduto? Dio ci ama tutti incondizionatamente ma noi non ameremmo più lui se avesse un aspetto diverso da quello che gli abbiamo attribuito per secoli?
    Lo stile di LaChapelle è affascinante e provocatorio allo stesso tempo.
    Dietro ogni scatto c’è un lungo studio dell’arte del passato, della composizione, della psicologia dei colori ma anche del cinema e del teatro e tutti questi elementi vengono combinati insieme per sbatterci in faccia la realtà, per scatenare in noi una reazione e per costringerci a riflettere.

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  153. Nicolò LABA   12 Novembre 2023 at 13:39

    L’articolo offre un’analisi dettagliata dell’opera di David LaChapelle, con particolare enfasi sulla sua foto “Deluge” che si ispira al capolavoro “Diluvio Universale” di Michelangelo. Nella sua analisi, l’autore riconosce non solo la maestria di LaChapelle nel combinare visioni artistiche del passato con un contesto contemporaneo, ma sottolinea anche la sua abilità di trasmettere un messaggio critico nei confronti del consumismo e della vanità.
    Personalmente apprezzo la profondità con cui l’autore esplora la tecnica di LaChapelle, la sua capacità di combinare elementi cinematografici e teatrali nella creazione delle sue opere.
    Inoltre, ho trovato interessanti i confronti con Michelangelo e altri artisti del passato, che mostrano come LaChapelle attinga a fonti diverse per creare un linguaggio visivo unico e contemporaneo.
    La critica dell’autore alla società moderna, evidenziata dalle immagini di LaChapelle, è avvincente e stimola la riflessione sulla natura effimera delle nostre abitudini e priorità.
    La capacità di LaChapelle di rivelare simbolicamente la schizofrenia umana attraverso le sue fotografie è dimostrata in modo convincente.
    Documentandomi, ho trovato interessante come David LaChapelle continui a collaborare con artisti di grande prestigio come Travis Scott, per il quale ha realizzato la copertina dell’album “Astroworld”, e Tedua, un cantante italiano per il quale non solo ha creato la copertina del suo album “La Divina Commedia”, ma successivamente lo ha incluso anche nella propria opera “La Via Crucis”.
    In conclusione, l’articolo offre un’analisi approfondita e riflessiva dell’opera di LaChapelle, suscitando interesse e stimolando la riflessione sulla potenza dell’arte nel catturare e comunicare messaggi critici sulla società.

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  154. Margherita Belegni   12 Novembre 2023 at 14:57

    Sicuramente non voglio polemizzare sul talento di LaChapelle nell’eseguire queste fotografie o opere d’arte (chiamiamole come meglio crediamo) perché sono senza dubbio delle messe in scena di tutto rispetto; curate in un modo che si potrebbe definire maniacale da lui e dai suoi assistenti.
    Pur accettando anche se solo in parte la sua critica sociale verso una società ormai liquida, superficiale, ossessionata da ogni vizio capitale, non comprendo la scelta di ironizzare su tutto ciò, rendendo lo stile barocco privo di intellettualismi. Non biasimo il fatto che sia finito nel fuoco crociato nelle critiche di coloro che lo accusarono di nudismo eccessivo, profanità e mancanza di rispetto.
    Purtroppo credo che sia stato troppo influenzato da un passato che lui stesso non ha vissuto, ma di cui ha solo sentito parlare: nasce nel 1963, alla fine del boom economico, post seconda Guerra Mondiale. Non crea qualcosa di nuovo, ma riprende lo stile pop-surrealista con una chiave pubblicitaria, comprensibile alla massa, non tenendo conto della strada che stava prendendo il mondo. Nel 2006 quando si avvicina completamente all’arte, sembrerebbe pervaso ancora da un forte ottimismo dato dal grande progresso di qualche decennio prima, scontrandosi poi con una realtà molto più amara del previsto: la grande recessione. Ma nonostante ciò continua a rappresentare una società estremizzata, portata all’eccesso e accentuata ancora di più dai forti colori dato una post produzione esagerata, a tratti disturbate.
    Per quanto riguarda il punctum, non credo che ci sia all’interno delle suo fotografie, o almeno io non riesco ad identificarlo in qualcosa. Ritengo le immagini troppo piene, caotiche, sature e invasive; questo porta il mio sguardo a muoversi all’infinito, alla ricerca di qualcosa che non riesce a trovare.
    Non credo che LaChapelle sia in linea con il tempo che sta vivendo, e questa sarebbe una cosa positiva se fosse un precursore nel suo ambito. Purtroppo si continua a confondere troppo spesso la creatività con il pensiero stravagante o il momento originale che probabilmente ci condurrà alla fine dell’arte, sempre se non è già finita.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   12 Novembre 2023 at 22:46

      Intervento coraggioso e come avrai previsto fortemente in contrasto con gran parte della critica. Apprezzo la tua sincerità ma io considero una reazione soggettiva qualcosa di diverso da un commento critico. Se ogni museo al mondo o quasi, vorrebbe dedicare una mostra a DLC, dovrà pur esserci una ragione. Se praticamente tutti gli esponenti dello Star System vorrebbero il proprio ritratto dal fotografo, salvo considerarli dei ritardati mentali, e ci potrebbe anche stare, qualche trucco, o magia se proprio non vuoi chiamare arte le foto di DLC, dovrebbero entrare in gioco. Allora, va benissimo esprimere ciò dice un’opera alla propria sensibilità. Ma è il modo in cui la si fa emergere a fare la differenza. Se non ci poniamo la domanda perché, la nostra risposta a un (x) diventa qualcosa di interno la cui valenza difficilmente interessa qualcuno, a parte chi ci sta vicino ovviamente. La ripetizione dei perché poi, ci costringe ad andare alla ricerca di spiegazioni, congetture, teorie…. E alla fine, quel qualcosa che non mi aveva convinto da una rispettabilissima reazione interiore diviene una lucida, spietata, convincente critica. Qual’è la differenza? Dalla prima non imparo niente. Con la seconda c’è sempre una crescita di conoscenza pur mantenendo il registro emotivo fermo nelle sue note originarie. Ma soprattutto, in quest’ultimo caso, affino il sistema mente/corpo all’apprendimento di più sottili regolazioni di ciò che chiamiamo “valori” o “qualità” non solo artistiche.

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  155. Sara Cadegiani LABA   12 Novembre 2023 at 15:40

    L’articolo è ricco di spunti e coinvolgente, Davide LaChapelle ha rivoluzionato l’arte rendendola accessibile anche a chi non interessa, con colori vivaci e gesti provocatori creando scatti originali che attirano subito l’attenzione. Penso che non sia affatto banale ma anzi coraggioso.
    Poteva quasi andare a “svalutare” certe icone o credenze della società e invece trovo abbia dato un punto di vista diverso e le abbia arricchite.

    Rispondi
  156. eros laba   12 Novembre 2023 at 16:48

    Non conoscevo realmente LaChapelle prima della lettura di questo articolo, avevo già visto vari dei suoi lavori nel corso del tempo non sapendo chi ci fosse dietro a pensarli e a realizzarli. Trovo che LaChapelle sia un artista che riesce a fondere alla perfezione la contemporaneità con citazioni e rimandi a opere del passato. Noto che c’è anche un forte citazionismo alla religione, e per un certo senso mi sembra non che voglia dissacrare, ma provocare il pubblico anche sotto il punto di vista ecclesiastico. L’esempio a parer mio più calzante è “Deluge”, dove si può trovare una fusione perfetta fra arte del passato e contemporaneità, andando a toccare degli elementi che rappresentano il consumismo o il lusso almeno per una società come quella americana. Mi ha molto incuriosito lo stile con il quale realizza i suoi lavori, partendo dai colori che sono sempre molto saturi tanto da sembrare ‘’finti’’ o comunque non provenienti da una fotografia. Sembra che voglia ricercare uno stile realistico ma non rendendolo tale in tutto per tutto, mescolando sempre fotografie di vere persone con sfondi che sembrano quasi surrealisti. Ho scoperto e approfondito meglio LaChapelle e devo dire che mi interessano abbastanza i suoi lavori soprattutto per le critiche che contengono al suo interno.

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  157. Sara D. LABA   12 Novembre 2023 at 17:01

    Conoscevo di La Chapelle solo alcune delle sue foto più famose ma dopo la lettura dell’articolo ho deciso di approfondire la conoscenza e mi sono imbattuta in diversi dei suoi lavori che mi hanno decisamente colpita.
    A colpirmi in generale, oltre al suo stile barocco e ai colori accesi è stata la sfrontatezza del fotografo, il suo non voler scendere a compromessi; è palese come il suo interesse non sia l’apprezzamento del grande pubblico bensì il suo è un lavoro di denuncia sociale, vuole dimostrare quanto la società in cui viviamo sia effimera; per farlo utilizza un bellissimo ossimoro, affianca la rappresentazione di quest’ultima ad immagini michelangiolesche, chiaro richiamo a valori morali.

    Anche negli scatti a celebrità trovo che il fotografo riesca a trovare un modo per comunicare un messaggio profondo, tra le tante da citare è sicuramente la serie di still life in cui vediamo delle ricostruzioni in cera del viso di celebrità come Michael Jackson e Margaret Thatcher distrutte e in qualche modo rimesse insieme a voler rappresentare l’artificialità delle celebrità.
    Un altro scatto che ho apprezzato prende il titolo di “David and Amanda” dove l’immagine del David di Michelangelo viene affiancata a quella di Amanda Lepore modella transgender e icona gay, nonchè musa in diversi lavori di La Chapelle tra foto e videoclip, i due hanno infatti spesso lavorato insieme nel campo della moda e La Chapelle stesso dice di essere stato il primo ad inserirla nel mondo dello spettacolo.

    Credo che la musa scelta da un artista dica molto di quest’ultimo, inevitabilmente, quindi, mi sono chiesta: come mai proprio Amanda?
    Ricercando sul web purtroppo non sono riuscita a trovare una vera risposta da parte del fotografo, mi sono quindi fatta una mia idea; Amanda Lepore è sicuramente un personaggio che non passa inosservato; essendosi sottoposta a tantissimi interventi chirurgici il suo aspetto non è di certo naturale, c’è chi la definisce essa stessa il Pop e credo questa sia la definizione più giusta, ecco perchè credo che l’accoppiata Lepore e La Chapelle sia decisamente vincente.

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  158. Arianna Filippucci LABA   12 Novembre 2023 at 17:09

    Ho trovato l’articolo riguardante LaChapelle piuttosto chiaro, l’autore è riuscito a delineare i tratti tipici e caratteristici del fotografo in maniera efficace e funzionante per qualsiasi lettore, il quale viene fin da subito trasportato nell’immenso mondo di LaChapelle.
    I soggetti rappresentati sono inseriti in un ambiente surreale mentre attuano un atteggiamento provocatorio ed ironico, rimanendo in perfetta linea con l’arte di altri fotografi contemporanei, come Jeff Koons, che tendono ad eliminare ogni forma di Tabù non approvata dalla popolazione, la quale rimane ancora legata agli antichi costumi e ideali.
    Le fotografie trattate da questi artisti ritraggono il consumismo e materialismo della società moderna, rappresentandone gli aspetti negativi in modo ironico, ad esempio LaChapelle nell’opera “Deluge” riprende il dipinto di Michelangelo “Diluvio Universale” nel quale viene ritratta la vita di persone che cercano in tutti i modi di fuggire dal destino che accomuna tutti: la morte; LaChapelle ha deciso di ispirarsi a questo dipinto, perché vuole sottolineare la tragicità dell’età contemporanea, raffigurando i maggiori esponenti del mondo consumistico che con la sete di potere e di fama stanno divorando la purezza che risiede in ogni singolo individuo.
    LaChapelle, attraverso le sue fotografie, modernizza lo stile stravagante ed eccessivo del Barocco, e pone al centro delle opere la nuova religione, il nuovo ideale della società contemporanea, ovvero l’arte del capitalismo, mettendo al primo posto il profitto rinunciando alla conoscenza di ogni valore e virtù che caratterizzi noi stessi.

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  159. Riccardo LABA   12 Novembre 2023 at 18:01

    Non conoscevo David LaChapelle fino ad ora, avevo solo sentito nominare il suo nome in una copertina di un album di un cantante americano molto famoso (Travis Scott).
    Leggendo questo articolo e informandomi su internet ho potuto conoscere meglio questo artista, ho cercato altre opere oltre a quelle citate nell’articolo e sono rimasto molto sopreso dall’uso di colori intensi che secondo me non è un caso. Questo è un elemento chiave nelle sue opere iconiche e spesso surreali. Utilizza l’ombra, il contrasto e la luce per creare immagini visivamente accattivanti e significative. Oltre al colore, mi stupisce il fatto che LaChapelle è maestro nell’incorporare simboli e riferimenti culturali nei suoi ritratti, fondendo elementi di celebrità, moda e critica sociale in un’unica opera d’arte. In sintesi, apprezzo la maestria di LaChapelle nel creare opere che sono visivamente potenti, è un artista innovativo nella fotografia contemporanea.

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  160. Stefano Flammini LABA   12 Novembre 2023 at 18:02

    David LaChapelle è uno dei massimi esponenti artistici attualmente presenti nella scena contemporanea, noto artista visivo dallo stile unico e stravagante; una delle caratteristiche tecniche distintive di LaChapelle è l’uso di luci e ombre per creare un effetto teatrale nelle sue immagini. La sua abilità nel controllare le prospettive e gli angoli di ripresa contribuisce a rendere le sue fotografie colme di un dinamismo oltre che fisico, emozionale.
    Inoltre, LaChapelle spesso incorpora nevrosi e desideri inquietanti nei suoi scatti provocatori. Le sue fotografie rappresentano spesso celebrità e icone pop in contesti surreali, che possono far emergere paure nascoste, desideri inibiti e norme della società. Questi concetti psicologici possono far riflettere gli spettatori sul modo in cui la società idealizza e adora spesso queste figure e sulla loro influenza sulla psiche umana; riprendendo a mio avviso la visione esposta da Sigmund Freud in “Nevrosi e Psicosi” 1923 dove : La nevrosi, era il risultato di un compromesso tra forze che tramite un dinamico processo di pulsioni stimolate partendo dall’Io avvolge la realtà e le convenzioni sociali.
    La sua fotografia critica scopre le contraddizioni della nostra società, invogliando a interrogare i valori che spingono le nostre azioni. In definitiva, LaChapelle sfida lo spettatore a confrontarsi con le proprie emozioni, le proprie priorità e il proprio ruolo all’interno di una complessa rete sociale.


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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   12 Novembre 2023 at 22:38

      Interessante il richiamo a Freud. Ma non sono sicuro che il mondo di Sigmund sia quello di DLC. All’inizio del novecento isterie e nevrosi erano affezioni certamente dominanti. Oggi assistiamo all’aumento di fenomeni che il padre della psicoanalisi definiva psicotici. Narcisismo e scotomizzazione del reale sembrano accompagnare come una inquietante ombra, l’esaltazione del godimento immediato della nostra forma di vita. LDC a suo modo lo mostra e al tempo stesso denuncia.

      Rispondi
  161. Lorenzo O. LABA   12 Novembre 2023 at 18:34

    Avendo avuto la possibilità di visionare dal vivo la mostra intitolata “I Believe in Miracles” al MUDEC di Milano nel 2022, non posso che trovarmi in sintonia con l’accurata analisi fornitami in questo articolo. LaChapelle è un astuto provocatore oltre che un formidabile visionario delle immagini. La cifra stilistica con la quale David trasporta il suo messaggio, colori brillanti e forti contrasti scultorei michelangioleschi intrappolano l’occhio all’interno dei suoi scatti. Visibili sono i richiami alle composizioni pittoriche del nostro Rinascimento ma questo richiamo al passato è senza ombra di dubbio sorretto da una riflessione antropologica sul presente, in particolar modo sull’animo umano. Il fruitore comune o consapevole che sia, non può che sentirsi coinvolto in questi scatti artificiosi, i quali indubbiamente fanno leva su degli aspetti sociali del quotidiano, come la serie di scatti “Jesus is My Homeboy” , nei quali LaChapelle utilizza scene della vita di Cristo riformulate in chiave moderna. Tali riferimenti cristiani li troviamo anche nell’opera intitolata “Abiding Lamentation” nella quale vi è raffigurata la più celebre personalità dello star-system, Kim Kardashian nelle vesti del Salvator Mundi di Leonardo. Non a caso quello che era un tempo suo coniuge, Kanye West, viene ritratto nelle vesti del cristo di Mel Gibson, all’interno dell’opera “Passion of the Christ”. Se prediamo in esempio tali personalità dello spettacolo, notiamo un’analogia ed una provocazione dettata dalla metodologia di rappresentazione di due figure emblematiche del nostro tempo, in contrapposizione alla figura “cristo”. Questa empietà che si genera smuove l’osservatore lasciandolo alle sue personali critiche ed allusioni. Citando nuovamente Barthes, trovo il mio punctum all’interno di questa sorta di decadentismo generatosi dal consumismo. Se ci facciamo caso nei suoi scatti troviamo quasi sempre un oggetto destinato al consumo oppure una personalità del mondo dello spettacolo (nonché prodotto di consumo stesso creato dalle masse). Dunque analizzare LaCahpelle non significa solamente soffermarsi alle apparenti provocazioni che le sue immagini creano ma bisogna necessariamente approfondirne gli svariati strati.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   12 Novembre 2023 at 22:36

      Si sono d’accordo DLC ci presenta situazioni umane che sono come superfici sfavillanti con un buco, nel quale senza forzature siamo invitati ad entrare. Bel commento.

      Rispondi
  162. Martina Toscano LABA   12 Novembre 2023 at 18:43

    Trovo lo stile di David LaChapelle molto particolare che non molti possono capire e pochi possono “tollerare”, arrivando cosi al punto da definire la sua arte/foto volgari.
    Penso che lui, con il suo stile, voglia riprodurre la società in modo diverso (opera “Il Deluge”), ironizzandola, basandosi anche sullo stile Rinascimentale, come le opere di Michelangelo, di cui è molto appassionato.
    Tra le immagini ho notato che si è basato anche sulle opere di Leonardo Da Vinci (prima foto intitolata “Jesus is my Homeboy: Last Supper”), in particolare L’Ultima Cena, dove alcuni dettagli usati dal fotografo riportano all’opera dell’artista rinascimentale.
    Il suo stile potrebbe essere molto criticato dal pubblico sia dai critici, sia da chi non comprende molto l’arte, portando le persone a parlare e criticare, e chi lo dice che anche questo non faccia parte di uno dei suoi scopi oltre che a evidenziare, per esempio, la civiltà consumistica che, in un certo senso, sta “distruggendo” la società?.
    Ritengo anche che LaChapelle e il suo stile dovrebbe essere maggiormente considerati come un’ottima arte da utilizzare per esprimere un qualcosa.

    Rispondi
  163. Alessandro Cruciani LABA   12 Novembre 2023 at 18:49

    Avevo letto qualcosa su LaChapelle, in quanto è un rinomato fotografo americano noto per le sue composizioni originali e stilistiche. Il suo lavoro spesso fonde cultura pop, creando immagini di grande impatto visivo che affascinano gli spettatori. Lo stile distintivo di LaChapelle e la capacità di trasmettere narrazioni complesse attraverso le sue fotografie che l hanno avuto un impatto duraturo sul mondo dell’arte contemporanea (come ad esempio “deluge”).
    Ho apprezzato molto la descrizione dell’opera “Museo Allagato”, in quanto non l’avevo interpretato in modo così profondo.

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  164. Giulia Monti LABA   12 Novembre 2023 at 19:14

    Avevo già sentito parlare di David LaChapelle per le foto scattate per il disco del rapper Tedua, ma non ero a conoscenza del suo background. Ho trovato interessante che si ispira alle opere del passato trasformandole in qualcosa di fresco, contemporaneo. Si trattano di scatti anticonvenzionali che trasmettono curiosità. L’uso dei colori vivaci e spinti, che richiamano la pop art, gli artisti e i ruoli rappresentati dai personaggi e l’uso della nudità sono elementi che rendono uniche e riconoscibili a chiunque le sue opere.
    Questo suo stile innovativo che ti fa uscire dalla realtà, permette di immergerti nelle sue fotografie ammirando particolari che, di solito, ti sfuggono sia nei dipinti sia nella vita quotidiana.
    Grazie a questo articolo ho approfondito LaChapelle e ora trovo stimolanti le sue fotografie che, mediante l’uso di simboli e icone, comunicano messaggi e critiche.

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  165. Marika LABA   12 Novembre 2023 at 19:23

    L’approfondita analisi dell’opera di David LaChapelle offre una prospettiva avvincente sulla sua abilità di reinterpretare elementi artistici classici in un contesto contemporaneo, soprattutto ispirandosi a Michelangelo.
    LaChapelle ha la capacità di incorporare e reinterpretare simboli e temi classici in contesti contemporanei creando opere che si distinguono per la loro originalità espressiva; si parla anche della capacità di catturare e trasmettere emozioni, che suscitano riflessioni profonde sulla società moderna, sul consumismo e sulla spiritualità. In particolare usa simboli del passato per creare impatto emotivo; In Deluge, ispirata al Diluvio Universale di Michelangelo, ci presenta le devastanti forze della natura in procinto di sovrastare il regno dell’Uomo e nella quale i simboli del consumismo stanno per essere inghiottiti dal Diluvio; questo atto artistico si configura come una potente ammonizione nei confronti di un mondo effimero, sottolineando la sua critica alla superficialità della società contemporanea.
    LaChapelle esplora anche temi contemporanei come la fragilità delle conquiste della civiltà, l’eccesso e la perversione, utilizzando la sua arte come specchio della società, esplorando con acutezza la cultura popolare e i dettagli della vita quotidiana; La riflessione sull’eccesso narcisistico degli individui nel mondo delle celebrità è altrettanto penetrante, evidenziando l’abilità di LaChapelle nel mettere in scena ogni forma di esibizionismo con una prospettiva critica, senza perdere mai il suo tocco artistico distintivo.
    LaChapelle si configura come un osservatore attento della cultura popolare, evidenziando dettagli nella foto del “Museo allagato,” dove il contrasto tra l’ambiente degradato e i quadri esposti richiama i punti analizzati. Le sue fotografie catturano ciò che spesso conosciamo ma preferiamo ignorare, ci porta ad avere un’esperienza percettiva che va oltre i provvisori significati culturali creati per inquadrare l’arte; l’immediatezza del senso dell’immagine e i colori particolarmente intrusivi creano potenti e coinvolgenti immagini. La loro capacità di indurre riflessioni al di là della cornice fotografica è notevole, spingendoci a contemplare ciò che si cela dietro la superficie catturata dall’obiettivo.
    La descrizione del suo approccio alla fotografia di moda, concentrato sulla superficie e carico di effetti glamour, aggiunge un elemento interessante alla discussione; LaChapelle sembra giocare con il nostro voyeurismo; la sua abilità risiede nel distinguere le immagini dalla realtà, evitando di confondere le due. Il surrealismo che crea non nega il mondo circostante, ma piuttosto ci riporta alla nostra percezione interna, creando un’esperienza eccitante e seducente, anche se fugace. Questo approccio apparentemente privo di profondità, ma intriso di significato, suggerisce una profonda consapevolezza della natura effimera e spesso superficiale della cultura contemporanea.
    In LaChapelle emerge come un artista che sfida le convenzioni, abbracciando e manipolando la realtà per comunicare un messaggio più profondo sulla condizione umana contemporanea; ci conquista con la sua prossimità ai temi, agli oggetti, ai pseudomiti che ci circondano.
    Leggendo questo articolo mi è venuto in mente un altro artista, Jeff koons noto per la sua arte provocatoria e audace, che spesso incorpora elementi della cultura popolare e oggetti comuni. Come LaChapelle, Koons attinge all’iconografia classica e la reinventa in modo sorprendente e contemporaneo; entrambi gli artisti condividono anche una forte attenzione per i dettagli, la cultura popolare e una capacità di comunicare messaggi più profondi attraverso il loro lavoro. Koons è famoso per le sue opere che giocano con il concetto di consumismo e desiderio, spesso utilizzando oggetti banali e trasformandoli in opere d’arte iconiche; a mio avviso la sua abilità nel catturare l’attenzione visiva e nel suscitare riflessioni più profonde sulla società contemporanea potrebbe essere paragonata a quella di LaChapelle.
    In definitiva direi che LaChapelle riesce a catturare non solo l’attenzione visiva ma anche a suscitare interrogativi sulla natura effimera delle emozioni e della realtà stessa.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   12 Novembre 2023 at 22:28

      Ottimo lavoro Marika. Quasi un saggio introduttivo di una futura mostra di DLC. Il parallelismo con Koons mi convince fino ad un certo punto. Ho sempre avuto il sospetto che sotto sotto a Koons gli stereotipi consumistici della nostra forma vita andassero benissimo. DLC è più ironico e al tempo stesso penetrante.

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  166. Tommaso Laba   12 Novembre 2023 at 19:37

    L’Articolo presenta e spiega l’arte di Lachapelle in modo molto dettagliato, mettendo in evidenzia quello che è il principale elemento delle sue opere, cioè il connubio tra il simbolismo classico, caratteristico di artisti come Michelangelo, con una pesante critica sociale molto attuale. Una cristica che punta il dito verso ad una società sottomessa dalla dipendenza, da qualsiasi vizio capitale. Lachapelle sotto questo punto di vista è rivoluzionario, non per il messaggio di critica che rivolge alla nostra società, visto che l’ arte da sempre ha come elemento principale la rivoluzione, bensì la modernizzazzione di opere di sfondo classico, rendendole contemporanee atteverso l’ unione con soggetti ed elementi moderni, paradossalmente amplificandone il significato originale, arrichendole col messaggio che Lachapelle voleva trasmettere.Putroppola sua arte è facilmente soggetta a critiche pensanti visto la sua irriverenza e volgarità, elementi caratteristici di qualcosa che vuole colpire, che vuole far squotere le menti delle persone, che vuole far riflettere una società alla quale sono invisibili troppe cose, molte delle quali troppo rilevanti

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  167. Chiara F. LABA   12 Novembre 2023 at 20:59

    L’articolo tratta di David LaChapelle, un fotografo americano famoso per le sue immagini di moda ironiche, ritratti di celebrità e trasfigurazione di beni di consumo popolari, caratterizzati da colori accesi ed intrusivi che rendono riconoscibile il suo stile.
    Egli ha spesso menzionato la sua passione per Michelangelo in diverse interviste, passione che culminò nella fotografia “Deluge”. L’opera s’ispira al “Diluvio Universale” di Michelangelo e presenta i simboli della civiltà consumistica, divenendo un’immagine potente, coinvolgente e contemporanea: la foto, infatti, richiama valori universali come pietà, solidarietà e spirito di comunanza, ma anche aspetti attuali come il consumismo.
    LaChapelle studia, incorpora e utilizza le creazioni dei grandi artisti del passato per creare una figurazione originale e uno stile inconfondibile nelle sue foto.
    Egli utilizza di simboli del passato (ritenuti da lui importanti) come strumenti per facilitare la fruizione della sua opera, in quanto già conosciuti.
    Il suo stile, che io personalmente ritengo “provocatorio”, suscita numerosi pensieri ed interpretazioni attorno alle sue opere, rendendolo un’artista coinvolgente, che riesce ad esprimere aspetti negativi/positivi del mondo e della società attuale.

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  168. Francesco Giacomucci LABA   12 Novembre 2023 at 21:12

    Non conoscevo David Lachapelle, ne avevo soltanto sentito parlare, senza mai approfondire l’argomento.
    È interessante come cita opere del passato e riesce a riproporle in modo moderno e a mio parere molto belle e divertenti stravolgendo il significato originale anche tramite l’utilizzo di colori decisi e alternati. Mi piace questo artista e il modo in cui fa vedere nelle sue opere il suo punto di vista surreale e ironico, il suo modo di modificare opere famose mi ha colpito molto e molto probabilmente andrò a vedere su internet altre sue opere.

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  169. Filippo Bruno LABA   12 Novembre 2023 at 21:27

    Sfortunatamente non mi ero mai imbattuto nell’opera di LaChapelle, i suoi scatti mi hanno da subito colpito per l’interessante connubio di surrealismo e critica sociale che portano l’autore a comunicare messaggi potenti e provocatori: è singolare il modo in cui l’artista si ispiri al passato per smuovere, attraverso elementi pop, una critica alla cultura contemporanea.
    Oltre ad essere ricco di influenze derivanti dall’arte neobarocca, classica e pop, credo che il lavoro di LaChapelle possa ricordare, oltre a quello felliniano, il cinema di David Lynch; i due maestri sono a mio parere accomunati dallo stile visivamente audace, caratterizzato dall’uso di colori aspri e accesi, e dalla messa in scena di mondi onirici e surreali. Essendo io stesso un grande amante del cinema di Lynch, le opere di LaChapelle che preferisco sono proprio quelle dove il surrealismo quasi simbolico, e se vogliamo anche grottesco, diventa mezzo di comunicazione di una interpretazione della realtà.

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  170. Sonia Laba   12 Novembre 2023 at 21:50

    Molti artisti, che siano pittori, scrittori o fotografi tentano di reinterpretare, citare grandi opere del passato; LaChapelle rientra in questa tipologia di artisti. Il fotografo in questione è stato capace di generare nelle sue opere l’unione del passato, presente e futuro. Andando a citare dall’articolo l’opera: Deluge (fotografia ispirata dal Diluvio Universale di Michelangelo) è possibile notare come vi siano stati inseriti simboli della società consumistica che paiono limpidi agli occhi del fruitore. Si va a creare un’intreccio temporale: il Diluvio universale, storia mitologica ricorrente in molte culture ove una o più divinità scatenano sulla terra una grande inondazione con l’intento di distruggere la civiltà come atto di punizione divina. Gli oggetti che troviamo in codesta fotografia sono simboli di una società consumistica, assuefatta e totalmente lobotomizzata dall’acquisto di beni superflui che vanno a soddisfare dei bisogni non necessari ad una sopravvivenza biologica ma a placare la pressione della società e della pubblicità. Il consumo è considerato uno dei nemici principali sia della nostra società che dell’ambiente andando a favorire la produzione di nuovi beni e promuovere l’inquinamento. Tale condizione, circolo continuo di distruzione è per il nostro territorio visione di grande male, nella bibbia, più precisamente all’interno della Genesi, Dio mandò l’alluvione per impedire il progresso dei mali che lentamente si stavano diffondendo all’interno dell’uomo. Le immagini di LaChapelle sono colme di denunce alla nostra contemporaneità, tali tematiche vengono riprese persino dai suoi ritratti di “star” dove viene messo in rilievo il narcisismo tossico di questi personaggi manipolati dall’auto-affermazione e dall’auto-compiacimento. L’eccessività degli elementi e lo stile definito “barocco” di LaChapelle tendono a sottolineare il bisogno di ironizzare e criticare una società contemporanea completamente modellata e manovrata dalle multinazionali, dal denaro e dal bisogno di apparire. La luce che non da spazio ad ombre, la claustrofobia degli oggetti che lasciano poco respiro al fruitore sono la componente essenziale delle sue fotografie andando ad enfatizzare il suo contenuto.

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  171. ELISA B. Laba   12 Novembre 2023 at 22:31

    L’articolo sopra é certamente ottimo per presentare un fotografo come La Chapelle, in particolare per spiegare come lui si ponga dinanzi all’arte e alla sua rappresentazione. Si può analizzare l’articolo partendo dal concetto che emerge dalla spiegazione del Deluge: foto e opera di grande importanza in cui emerge lo studio fatto dal fotografo sul pittore Michelangelo. In questa opera si può notare come il fotografo esponga grandi simboli per semplificare il messaggio verso noi fruitori che osserviamo gli uomini mentre vengono inghiottiti, i quali ritrovano pietà e disperazione alli stesso tempo.
    Il portagonista: La Chapelle viene definito attraverso la sua visione dell’arte, in particolare la costruzione dell’oggetto artistico visto come una sistesi. Il fotografo si concentra sulle creazione e sugli studi dal passato: nel Deluge questo concetto emerge da come riesce ad incorporare questi studi per raggiungere una figurazione più originale.
    Il parallelo che viene fatto con lo storico dell’arte: Amy Warburg, riguarda proprio il concetto di energia mnemonica in
    cui l’uso di simboli favorisce la fruizione, come il fotografo fa attraverso i grandi marchi descritti sopra. Come descritto nell’articolo, dal punto divista euristico, LaChapelle utilizza modelli come attori, messi in posa per rappresentare il lungo lavoro di concepimento della messa in scena. Questo lo si può notare nella foto: “Pietà with Courtney Love” in cui si analizzano le posizioni degli attori e la loro ispirazione (in questo caso il grande artista: Bellini).
    La Chapelle ci presenta attraverso le sue fotografia cose che non vogliamo vedere o non vogliamo farci dire a parole, il suo realismo ci allontana da quello che é in realtà il “vero” per noi. Nell’opera “When the World Is Through”, ci presenta la solitudine attraverso la perdita della purezza dell’ immagine (qui predomina il caos della rappresentazione), a differenza dell’artista Hopper in Nighthawks dove é purezza a farci sentire soli. Il fotografo oltre ad analizzare l’arte, ci presenta il mondo della moda. Le sue immagini per le riviste sono di solito raccolte in sezioni dal titolo Plastic People, Consumo/Consumption, proprio perché preferisce mettere in rilievo l’attitudine all’esibizionismo dei personaggi che vivono della propria immagine pubblica. Un’ ulteriore aspetto importante sempre riguardo alla moda é la scelta dei personaggi che decide di porre alla nostra attenzione, ogni immagine che osserviamo ha una scelta nel suo insieme e allo stesso tempo nel singolo dettaglio (come in questo caso può essere il personaggio famoso affiancato ad uno religioso).
    Il fotografo ci presenta inoltre temi più moderni come il consumismo di oggetti descritti attraverso un desiderio insaziabile e incolmabile. Questo può farlo solo manipolando la realtà e giocando con quella che é l’idea di una società. La Chapelle all’interno delle sue opere e dei suoi interventi non descrive mai, ma asserisce, afferma ciò che vuole comunicarci, lui sa esattamente cosa dobbiamo vedere all’interno di ciò che ci viene presentato come il concetto tra realtà e immagini. Per concludere La Chapelle é in grado di presentare ai fruitori ciò che non vogliono vedere all’interno di un’immagine e allo stesso tempo sfida chi osserva a cercare i propri sentimenti evocati dalle sue opere per poi ragionare su questi.

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  172. Giacomo Laba   12 Novembre 2023 at 22:34

    Questa analisi dell’opera di David LaChapelle, con particolare attenzione alla sua serie “Deluge” ispirata al “Diluvio Universale” di Michelangelo nella Cappella Sistina, è davvero affascinante. LaChapelle sembra unire il contemporaneo e il classico in un connubio visivo che cattura l’essenza della nostra società odierna.

    La sua abilità nel trasmettere le grandi visioni michelangiolesche attraverso l’obiettivo fotografico, in particolare con l’opera “Deluge”, è notevole. LaChapelle usa simboli iconici del nostro tempo, come il Caesar Palace e Starbucks, per lanciare una potente ammonizione contro il nostro stile di vita effimero e consumistico.

    La capacità di LaChapelle di bilanciare forze visive antinomiche, come il neobarocco e il classico, aggiunge profondità alle sue composizioni. Il modo in cui affronta temi come la spiritualità, la fragilità dell’arte e la rinascita attraverso le serie “Museum”, “Statue”, “Cathedral” e “Awakened” mostra una ricerca artistica accentuata nella sua fase attuale.

    Mi colpisce la sua prossimità ai temi che circondano la società contemporanea e il modo in cui trucca la realtà per farci vedere e sentire ciò che spesso evitiamo. Le sue immagini sono come icone simboliche della schizofrenia umana, inducendoci a riflettere sulla perdita della purezza e sulla solitudine che permea la nostra vita.

    Infine, la tua comparazione tra LaChapelle e Michelangelo nel processo creativo, sottolineando la capacità di entrambi di creare opere straordinarie nonostante le sfide fisiche e mentali, aggiunge una prospettiva interessante. Entrambi sembrano affrontare il loro lavoro con una dedizione assoluta e una maestria impeccabile.

    In conclusione, questa analisi mi ha fornito una visione approfondita e apprezzamento per l’opera di David LaChapelle, evidenziando la sua capacità di comunicare attraverso le immagini le complessità e le contraddizioni della nostra società moderna.

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  173. Rebecca.C LABA   12 Novembre 2023 at 22:57

    David LaChapelle è senz’altro un fotografo noto per il suo stile altamente iconico, le sue fotografie spesso sfidano i confini tra la fotografia commerciale e l’arte contemporanea, offrendo immagini cariche di simbolismo e contenuti visivi complessi.
    LaChapelle è noto per la sua capacità di fondere elementi della fotografia contemporanea con stili e temi che richiamano l’arte pittorica di epoche passate, ad esempio alle opere di Michelangelo. Usa l’ironia e l’umorismo come mezzo per esprimere idee complesse e far riflettere il proprio pubblico.
    Il lavoro di David LaChapelle offre molteplici spunti di riflessione filosofica sulla natura della rappresentazione, il potere dell’immagine, il ruolo dell’artista nella società e la complessità della cultura pop. Credo, infatti, che nell’opera “Deluge” voglia sottolineare il tema del consumismo e delle conseguenze dell’ingordigia umana.
    Ritengo che grazie alle sue molteplici collaborazioni: Tommy Hilfiger, Lavazza, L’Oréal, Coca-Cola, Diesel, Burger King e tante altre sia riuscito ad esprimere la sua arte ad un pubblico molto più ampio e sopratutto più giovane.
    Inizialmente, appena ho visto alcune delle sue opere, credevo fossero le solite fotografie di moda senza un significato dietro, ma soffermandomi più a lungo ho notato la sua vera essenza e sono arrivata alla conclusione che l’artista con le sue fotografie inviti lo spettatore a interrogarsi sulla realtà, sulla celebrità, sul simbolismo e sulle dinamiche sociali in modi che possono ispirare discussioni filosofiche significative, utilizzando questa fusione fra fotografia e pittura per rendere il suo lavoro un ponte tra il contemporaneo e il tradizionale, contribuendo a rendere le sue opere uniche e riconoscibili in tutto il mondo.

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  174. Anastasio Romano LABA   12 Novembre 2023 at 23:04

    commento
    Ascoltando molta musica conoscevo già David LaChapelle, il cui nome è molto presente nella cultura pop e la cui fotografia è protagonista di alcune delle mie copertine album preferite (Astroworld di Travis Scott, La Divina Commedia di Tedua).
    Ammetto che pensavo di andare a leggere un articolo generalista su un artista ma mi sbagliavo, invece, trovando anche l’esperienza personale e il modo in cui lei ha approcciato ed è venuto in contatto per la prima volta con l’arte di LaChapelle, sono stato piacevolmente colpito. Ha raccontato le sue opere preferite e si percepisce l’emozione tra le righe di testo.
    Nulla da dire sulla scrittura, scorre molto bene ma forse avrei risposto le immagini in maniera diversa, magari con qualche confronto con i grandi artisti e pittori che ha citato o con lo stesso Warhol.
    Inoltre non so se sia un errore di visualizzazione (sto visualizzando la pagina dal telefono) ma, ad esempio, dopo che ha parlato di alcune opere l’immagine sottostante non corrisponde al testo che la precede, potrebbe creare un po’ di confusione.
    Se posso permettermi le consiglio di recuperare gli ultimi lavori fatto proprio con il rapper italiano Tedua che ho citato all’inizio, che associa all’immagine di cristo generando parecchie controversie tra il mondo religioso del nostro paese e il mondo hiphop.

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  175. Matteone   12 Novembre 2023 at 23:18

    Osservando queste fotografie resto colpito, interdetto, intrigato.
    Mi chiedo e le chiedo: è forse questo il senso dell’operato di un artista? Arrivare ad ogni costo all’attenzione dell’osservatore, con ogni mezzo, anche a costo di non piacere, di generare sgomento, smarrimento.
    Come può un’ opera d’arte, nella sua squisita soggettività, piacere a tutti? È impossibile. È però possibile generare in ciascuno di noi sentimenti diversi, positivi o negativi ma comunque lontani anni luce dall’indifferenza. Se questo è lo scopo dell’arte, LeChapelle ha colto nel segno.

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  176. Giulia Barbieri LABA   12 Novembre 2023 at 23:24

    Trovo particolarmente interessante come sfrutti stili artistici del passato per messaggi di rilevanza contemporanea, vuole criticare la società consumistica utilizzando ciò che più gli manca: fa riferimento all’arte di Michelangelo, per esempio, perché alla società moderna mancano i valori principali di quel tempo. I messaggi di critica alla società dei consumi sono presenti da sempre nell’arte, ma il carattere che lo contraddistingue da altri è proprio l’utilizzo di movimenti espressivi e composizioni di arti passate in un contesto nuovo e contemporaneo.
    Le sue fotografie catturano le dipendenze e le ossessioni della nuova società tramite provocazioni in modo da “far aprire gli occhi” all’osservatore su quello che lo circonda. La sua arte è, quindi, strumento per attirare l’attenzione su determinati argomenti sia per chi è colpito dai suoi lavori sia chi, al contrario, li critica.
    Possiamo notare in “pietà with Courtney love” una provocazione molto volgare che utilizza un corpo drogato come simbolo di una società dipendente da soldi, oggetti materiali, fama e attenzioni. Ciò che però attira più l’attenzione è la posizione del braccio ispirata completamente dalla “pietà Martinengo” di Bellini.
    A mio parere LaChappelle non svolge il ruolo di rivoluzionario, in quanto si tratta più di una fusione di caratteristiche a cui si è ispirato, ma riesce comunque a trovare un suo stile che lo contraddistingue dalla banalità: riesce a cogliere caratteri specifici di diversi artisti accostandoli a messaggi contemporanei.

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  177. Juliet L   12 Novembre 2023 at 23:26

    Parto dal presupposto che non conoscevo l’artista, mi baso quindi esclusivamente sull’articolo qui pubblicato.
    Nel vedere i suoi lavori, posso notare che tutte le sue foto suscitano in me un interesse: stravaganti, eccessive, irriverenti, dissacranti, provocatorie.

    L’artista gioca proprio su temi che pizzicano la società, quali la religione, la morte, il sesso, il consumismo e l’ostentazione, è quindi inevitabile che abbia un riscontro da parte del pubblico, che sia positivo o negativo.

    LaChapelle sembra evidenziare quanto il mondo odierno sia corrotto e destinato a sprofondare a causa della superficialità, superficialità che però l’artista sfrutta nelle sue foto e di cui lui stesso fa parte e ne trae profitto.

    Ciò che riconosco all’artista è la concretezza con la quale realizza queste foto facendole sembrare oniriche, fiabesche, idealizzate.

    Personalmente ritengo che queste opere siano dei capolavori, visivamente e concettualmente: vi è una scelta sulla composizione, sulle cromie, sullo spazio, nulla è lasciato al caso.
    Semplicemente non è paragonabile ad un lavoro manuale come quello dei più grandi pittori artisti del passato, ma neanche screditabile in confronto ad essi.

    Si può anche notare il collegamento Duchampiano all’oggetto del desiderio: LaChapelle incentra le sue opere su ideali di bellezza odierni, stimolando lo spettatore al desiderio, in questo caso però desiderio irraggiungibile quindi costantemente alimentatato.

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  178. Nicola LABA   12 Novembre 2023 at 23:39

    Vorrei concentrare la mia attenzione sulla parte finale dell’articolo in cui vengono citate la rappresentazione delle emozioni e l’eternità dell’immagine, presenti in tutte le opere di LaChapelle. Non sono d’accordo con l’autore dell’articolo in quanto non penso che le emozioni provocate dalle opere vadano a svanire, anzi il contrario, esse sono intrinseche all’immagine perciò non possono mai sparire. Ritengo che questo sia possibile andando a collegarmi al tema dell’eternità dell’immagine, giustificando da parte dell’artista l’utilizzo di volti artefatti e luci fredde, proprio perché, anche in passato quando non c’era la tecnologia che vi è oggi, con i dagherrotipi l’immagine rappresentabile era solo una e il modello fotografato era costretto addirittura ad utilizzare strumenti per essere immobile facendo in modo che l’immortalità dell’immagine potesse essere al 100% rappresentata in essa. Questa per così si voglia chiamare tecnica di utilizzo di volti impostati e luci rivela l’importanza dell’opera e LaChapelle la utilizza in tutto il suo potenziale.

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    • Lamberto Cantoni
      lamberto cantoni   21 Novembre 2023 at 08:45

      Le emozioni non stanno mai ferme. Evaporano in fretta, lasciando spazio ai concetti astratti. La nostra biologia ci dice questo e penso che per come si è evoluta ci sia un senso che va aldilà dell’arte: se così non fosse, se le emozioni non si trasformassero, ci saremmo estinti da tempo. Comunque è certo possibile immaginare e sostenere che per qualcuno una data immagine induca una emozione che sembri ripetersi eguale a se stessa. Io preferisco credere che siano le prigioni del nostro linguaggio ordinario a porre dei limiti alla descrizione dei nostri stati interni e quindi a classificare come equivalenze, processi e trasformazioni che percepiamo ma non riconosciamo perché non abbiamo le parole per descriverne la deriva.
      Se come dici tu le emozioni fossero intrinseche alle immagini in modo così esclusivo (quindi ripetitivo), come mai il sentimento di meraviglia e reverenza che provavano i romani del ‘500 di fronte alle opere di Michelangelo si trasforma in note emotive marcate da disgusto per Raskin e buona parte della sensibilità ottocentesca?

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  179. Iulia C. Laba   13 Novembre 2023 at 00:00

    Personalmente, ho avuto di recente l’occasione di interfacciarmi per la prima volta con un’opera di LaChappelle, visitando il Moco Museum di Barcellona. Al tempo non conoscevo affatto l’artista, ma la vista della sua “Ultima cena” mi è rimasta indubbiamente impressa. Ricordo la sensazione di sgomento misto a curiosità nel vedere una scena biblica comunemente nota e dallo stile aulico, reinterpretata da persone incarnanti i vari stereotipi degli emarginati sociali al giorno d’oggi. Trovo semplicemente geniale il talento di LaChappelle nel combinare il classico al contemporaneo, in quanto è proprio lo scandalo interiore che pervade gli spettatori a far sì che le sue fotografie riscontrino una tale fama. Sia che si tratti di lodi che di critiche, come d’altronde è giusto che sia data la varietà del pubblico, le immagini prodotte dall’artista non passano di certo inosservate, quindi ritengo che il suo obbiettivo si possa considerare raggiunto.

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  180. Luca Laba   13 Novembre 2023 at 00:15

    Onestamente conoscevo LaChapelle solo di nomina, senza sapere cosa avesse realizzato. Dopo aver letto l’articolo ho cercato alcune sue opere e ho constatato che in realtà ero quotidianamente esposto alle sue creazioni e alla sua forza visiva. Specialmente nel panorama musicale è diventato un simbolo di riferimento e ora ne capisco il motivo.
    Nell’articolo viene raccontato il suo richiamo all’arte classica, e la sua rivisitazione tramite una fotografia surrealista carica di una dolce drammaticità. Le sue realizzazioni sono artificiose, precise e attente, ogni particolare sembra attentamente studiato, questo porta le sue opere a dover essere fruite tramite un’attenta analisi. Una sottile linea divide la realtà dalla finzione, l’osservatore sembra catapultato in un mondo onirico.
    Personalmente apprezzo il simbolismo e il richiamo al mondo pop, la critica sociale all’effimero mondo moderno, veloce e privo di valori concreti e duraturi. Trovo interessante la critica al mondo consumistico di cui fa parte e che lo ha reso quello che è oggi.
    La sua visione distopica e l’invettiva alla società contemporanea è chiaramente espressa in molte opere, come nel video dei Blink-182 , “Felling This” in cui dei ragazzi vengo rinchiusi in un istituto correttivo carcerario, reprimendo impulsi sessuali e trasgressioni col fine di controllarli.

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  181. Michael Villella   13 Novembre 2023 at 02:09

    Il testo offre una grande riflessione sulle opere e alla carriera artistica di David LaChapelle.
    Personalmente trovo le fotografie molto affascinanti ed espressive, sotto il punto di vista dei colori, delle luci e della composizione di ogni singola foto. La opera che mi interessa di più è “Cathedral” foto scattata all’interno di una cattedrale distrutta e allagata c’è un gruppo di persone che guardano la luce fuori dal campo visivo mentre un bambina al centro del gruppo guarda verso di noi, opera straordinaria che cattura l’attenzione con una composizione surreale e ogni elemento è curato nei minimi dettagli, dalla posa alla scelta dei colori che creano un’atmosfera suggestiva. in questa foto si affronta soprattutto il tema della spiritualità in un modo simbolico e moderno. LaChapelle a questa foto ha voluto donare con la sua tecnica dell’uso dei colori, luci e dettagli un aspetto pittoresco. Oltre questo a LaChapelle piace esprimersi con queste foto dando un pensiero critico sul consumismo moderno con dei simbolismi. oltre tutto definire David LaChapelle solo un fotografo lo sminuisce.

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  182. Maria Vittoria Laba   13 Novembre 2023 at 07:33

    Ciò che mi affascina di LaChapelle è la provocazione che interpreta nelle sue opere, l’essere aggressivo, volgare e surrealista.
    Queste caratteristiche per quanto mi riguardano creano una rivoluzione nell’ambito dell’arte ma anche della fotografia, ma anche nella società in cui viviamo.
    Guardando le sue foto mi ha colpita l’opera “milk maidens” sempre perché esprime volgarità e provocazione ma anche ironia e piacere.
    Penso che il suo obiettivo è quello di fotografare ciò che noi sappiamo ma che al contempo non vogliamo vedere e per fare ciò ha bisogno di truccare la realtà creando fotografie alquanto originali.

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  183. Giulia D'Altri LABA   13 Novembre 2023 at 08:06

    Caotico e metodico sono i due termini che mi vengono in mente per descrivere le fotografie di David LaChapelle. Può sembrare una contraddizione, ma è un lavoro che nella sua sregolatezza, dona ordine; riesce a trasmettere fastidio ed avversione, rimanendo comunque sensato. Il suo può apparire un processo del tutto impersonale, di critica e denuncia ma trovo che ci sia una certa introspettività nella sua filosofia di comporre immagini, essendo lui stesso soggetto e oggetto del capitalismo. A livello tecnico e stilistico è molto affine alle fotografie di Pierre et Gilles, un pittore e un fotografo emergenti degli anni ’70, i quali hanno in comune con LaChapelle, l’utilizzo di colori vividi e immagini con tematiche provocatorie. Un fattore che accomuna questi tre artisti, a mio parere, è proprio l’utilizzo in maniera cosciente e brillante del “Kitsch”, senza rompere quella linea sottile che potrebbe far ricadere le loro fotografie nel volgare e nel “trash”.

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  184. Serena   13 Novembre 2023 at 09:13

    Le opere di David LaChapelle mi hanno colpito per la loro straordinaria struttura, una fusione intrigante di realtà e finzione. La sua attenzione ai dettagli è evidente, ogni elemento sembra essere studiato e costruito con cura. Il suo stile distintivo si manifesta pienamente nelle sue fotografie, ricche di oggetti che creano contrasti intensi. I colori utilizzati da LaChapelle sono vibranti e potenti, conferendo alle sue opere un impatto visivo notevole.
    Ho notato che molte persone nei commenti faticano a comprendere come David LaChapelle possa trasformare opere d’arte importanti, come “Il Diluvio Universale” o “L’Ultima Cena”, definendo il suo approccio addirittura “trash” e volgare. Personalmente, vedo in questo un’espressione di grande creatività. Che sia orientata verso uno scopo pubblicitario o meno, è un dettaglio che metto da parte. La sua abilità nel creare e organizzare ogni singolo elemento, specialmente in opere come “Deluge”, è impressionante. La sua capacità di ironizzare attraverso le fotografie, sfidando la società contemporanea, sono evidenti. In “Deluge”, ad esempio, LaChapelle rappresenta un imminente diluvio universale che inghiottirà tutto, inserendo simboli materiali che alimentano il desiderio nella società moderna.
    Sono affascinata dai colori vibranti nelle fotografie di LaChapelle, dai contrasti accattivanti, e in particolare, trovo che “When The World Is Through” catturi una sensazione di profonda solitudine e perdita irrimediabile. La ragazza nella foto sembra cercare qualcosa di nuovo nonostante la devastazione interiore ed esteriore. È proprio questa rappresentazione di emozioni che LaChapelle trasmette così efficacemente attraverso le sue opere.
    Si menziona anche il concetto di punctum: un elemento che riesco a percepire solo in alcune fotografie, come quella citata precedentemente. Nella quale, nonostante lo sfondo di una casa distrutta, trovo che l’immagine conservi una certa pulizia, risultando leggera nella sua profondità emotiva. Rispetto alle altre, che presentano una carica emotiva, questa riesce a comunicare in modo più delicato, evitando il caos visivo che spesso caratterizza le opere di LaChapelle.

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  185. Giulia T. LABA   13 Novembre 2023 at 10:30

    L’articolo presenta in modo dettagliato la Cappella Sistina e il lavoro di David LaChapelle, evidenziando la loro importanza artistica e il modo in cui LaChapelle rielabora elementi del passato in un contesto contemporaneo. Personalmente, trovo affascinante la connessione tra la grandiosità della pittura rinascimentale e l’approccio innovativo di LaChapelle alla fotografia.
    La sua capacità di catturare e reinterpretare simboli del passato in chiave moderna, come evidenziato nella serie “Museum, Statue, Cathedral”, mi sembra una forma di dialogo artistico unica e coinvolgente. Inoltre, l’analisi delle mostre e delle tematiche affrontate, come gli eccessi della società contemporanea, aggiunge uno strato di critica sociale alle sue opere, rendendole ancora più significative.
    Mi colpisce anche la riflessione sulla solitudine e sulle contraddizioni umane che emerge dalle immagini di LaChapelle. La capacità di trasmettere emozioni complesse attraverso colori vivaci e composizioni straordinarie è un elemento che apprezzo particolarmente nella sua arte. In definitiva, l’articolo offre uno sguardo approfondito sulla ricchezza e la complessità delle opere di LaChapelle, suscitando una riflessione interessante sulla loro rilevanza nella società contemporanea.

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  186. agata faccioli   13 Novembre 2023 at 11:28

    L’articolo esplora con precisione la grandezza artistica della Cappella Sistina e la sua connessione con il lavoro di David LaChapelle. La descrizione dettagliata della Cappella, con un focus sul tour de force di Michelangelo, rende la lettura coinvolgente. Il collegamento tra le opere michelangiolesche e le reinterpretazioni contemporanee di LaChapelle è affascinante, evidenziando la continuità creativa attraverso il tempo.
    L’idea che LaChapelle sia un “cannibale dell’immagine” aggiunge una prospettiva intrigante, e la critica alla società moderna attraverso le sue opere è potente. La capacità di trasmettere emozioni attraverso un’estetica glamour eccessiva è ben catturata. L’articolo stimola la riflessione sul legame tra l’arte del passato e quella contemporanea, arricchendo la comprensione dei temi sociali. L’analisi delle connessioni tra le opere di Michelangelo e quelle di LaChapelle amplia la visione dell’arte in un contesto più ampio.

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  187. Dan Laba Rimini   13 Novembre 2023 at 11:41

    Apprezzo lo stile provocatorio e distintivo di LaChappelle, evidenziando la sua critica alla società moderna attraverso opere audaci e colorate. Le immagini spesso ritraggono la distorsione della realtà causata dal consumismo e dalla cultura di massa, incorporando simboli religiosi e mitologici. La critica sociale si estende alla globalizzazione e all’omogeneizzazione culturale. Opere significative includono “Death by Hamburger,” “Last Supper,” “Illuminati,” e “Gas Station.” La pièce centrale è “Deluge,” un’installazione fotografica che raffigura celebrità in una reinterpretazione moderna del Diluvio Universale, criticando l’indifferenza umana verso l’ambiente e il cambiamento climatico. In conclusione, le opere di LaChappelle mescolano elementi surreali, iconografia pop e critiche sociali, sfidando la percezione e invitando alla riflessione sulla società contemporanea.

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  188. Gabriele O LABA   13 Novembre 2023 at 11:50

    Non conoscevo LaChapelle prima di leggere questo articolo e devo ammettere che sono rimasto incuriosito dalle sue opere. In particolare ho trovato interessante la scelta dell’artista di riproporre in chiave contemporanea scene iconiche appartenenti all’ambito religioso, quali l’annunciazione o l’ultima cena. L’artista prende spunto dai grandi maestri del passato come Michelangelo e Bellini per poi mostrarci la sua personale interpretazione, avvicinandosi molto allo stile pubblicitario della nostra epoca attraverso l’utilizzo di luci visibilmente artificiali e colori estremamente saturi, creando di fatto un ponte tra passato e presente. Personalmente trovo intelligente l’idea di sfruttare l’estetica tipica dei mass media moderni per riflettere su tematiche spesso derivanti proprio dal contesto consumistico a cui LaChapelle fa riferimento, spesso muovendo anche qualche critica non troppo velata. In sintesi ciò che apprezzo di più dell’artista è proprio la sua abilità nel creare immagini che vanno oltre l’apparenza superficiale e che invitano gli spettatori a esplorare il significato più profondo delle sue opere.

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  189. Daniel Ninfa   13 Novembre 2023 at 11:55

    L’articolo introduce LaChapelle attraverso il suo uso accattivante del colore nelle fotografie, richiamando capolavori artistici come “La pietà” di Michelangelo e l'”Annunciazione” di Tintoretto con dettagli precisi. Nonostante il suo approccio ironico alla tematica religiosa, come evidenziato nell’opera “Tributo a Michael Jackson”, in cui il cantante è accostato alla Madonna in un atteggiamento amichevole o quasi romantico, il tutto enfatizzato dal cambio di colore dell’abito della Madonna. Le immagini con Michael Jackson fungono anche da difesa alle accuse rivolte a lui, come dimostrato in “Archangel Michael”, in cui LaChapelle lo raffigura come un angelo che sovrasta Lucifero, con un’interpretazione quasi dissacrante della figura religiosa. In questo modo, l’artista reinventa in chiave moderna e alternativa gli stereotipi degli artisti classici, offrendo una prospettiva unica e provocatoria sulla religione e sulla celebrità. Ho apprezzato particolarmente l’artista, al Moco museum di Barcellona avevo visto di persona alcune sue opere.

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  190. Mila LABA   13 Novembre 2023 at 12:09

    Iconico, sempre attuale e dirompente: David La Chapelle con le sue fotografie, è diventato un’icona del mondo pop. Un artista che racconta la sua idea tramite le immagini, in modo particolarmente diretto e affascinante. La sua arte esprime verità e attualità, dinamismo e umanità, costruendo una ben chiara identità dell’artista, che rende riconoscibile ogni sua opera.
    Prodotti artistici potenti che attirano l’attenzione del fruitore per la complessità della struttura dell’opera: l’occhio del fruitore è in primis colpito dall’armonia compositiva delle figure e dai colori accesi utilizzati, per poi focalizzarsi sui dettagli curati minuziosamente dall’artista. Ed è proprio grazie a tutti i sottili dettagli inseriti nella composizione che ne esce un’opera ricca di significato simbolico e iconografico, che permette al fruitore di studiare ogni elemento e riflettervi la propria conoscenze ed esperienza.
    Motivo per cui, a parere mio, l’opera di la Chapelle è completata dal fruitore che coopera attivamente a arricchire di significato il prodotto artistico sulla base delle sensazione che trae dall’osservazione della composizione.
    La potenza delle sue immagini è frutto di un’insieme di elementi che si traducono in messaggi forti: la libertà da ogni vincolo sociale e pregiudizio, il distacco dalla bellezza ideale e un distacco dalla estetica tradizionale. Un tuffo nel mondo dell’artista che permette al fruitore di viaggiare con la propria immaginazione e gettare le radici per una propria visone delle cose, svincolata dalle ideologie comuni. La rappresentazione di scenari surreali, mai visti prima, è enfatizzata dai colori, che sono brillanti e accesi e attirano l’attenzione.
    Un punto toccato nell’articolo che ho trovato molto interessante è il richiamo di elementi, espressioni e forme già viste nell’arte antica che risvegliano nella mente del fruitore, inconsciamente, ricordi e sensazioni già vissute, favorendone poi la fruizione. Espressioni estremamente enfatizzate, e surreali, trasmettono emozioni all’osservatore che di conseguenza sarà più propenso ad approfondire il significato dell’opera.
    In conclusione trovo molto interessante come La Chapelle tratta il tema del consumismo nelle sue opere, tematica fondamentale della società odierna.

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  191. Ginevra Laba   13 Novembre 2023 at 12:21

    A mio malgrado non ho mai avuto l’occasione di imbattermi nei lavori di Lachapelle, li trovo estremamente curati e affascinanti, tanto quanto questa analisi. Da quello che ho letto, LaChapelle è un personaggio che mette in risalto le tematiche che tutti i giorni ci circondano e le reinterpreta a suo modo, mostrando ciò che non riusciamo a dire a parole. Lanciando un messaggio nei confronti del mondo passeggero che lo ha reso famoso, facendoci riflettere sulle nostre emozioni e su ciò che proviamo guardando i suoi scatti.

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  192. Francesco C   13 Novembre 2023 at 13:09

    Conoscevo superficialmente David Lachapelle per via della cover Astroworld di Travis Scott, dove ne ha curato la realizzazione. Grazie a questo articolo e qualche ricerca ho avuto modo di approfondirlo.
    Mi ha colpito il modo in cui riesce a catturare l’occhio e a impegnare la mente allo stesso tempo, sovraccaricando di elementi lo scenario destabilizzando lo spettatore, ma mantenendo significati forti.
    Lachapelle non rappresenta mai il mondo così com’è, anzi ti fa viaggiare in una realtà parallela dove tutto è consentito e nulla è prevedibile.
    Fonde elementi pop al surrealismo caricando le sue immagini di simboli e critiche sociali, utilizza colori vibranti, saturi in contrapposizione ad un timido utilizzo delle ombre, tecnica che aggiunge tono alle sue opere.
    Molti dei suoi lavori vedono celebrità come protagoniste contestualizzate in scenari surreali, mischiando il mondo pop alla sua visione della realtà.
    Osservando la cover di Astroworld dopo aver approfondito la figura di Lachapelle, mi salta all’occhio come il fotografo abbia voluto creare un immagine ricca di colori e stimoli che vada anche a rappresentare il contenuto dell’album, ovvero l’entrata di un parcogiochi per le nostre orecchie riuscendo a dare anche un leggero significato dietro la bellezza compositiva dell’immagine.

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  193. Kevin zampa   13 Novembre 2023 at 15:33

    LaChapelle divide, questo può essere visto sia come pregevole, sia come sgradevole. Divide nel senso che seppur sia abile e un maestro di messa in scena, con un sublime gioco di luci e modellazione del corpo fisico degli attori ritratti, l’immagine in se è un’esasperazione di tutto. Dai colori appositamente caricati che rimandano al desiderio inconscio infantile dell’appariscente, ai mille dettagli e pienezza dell’immagine. Questo è giustificato dalla volontà di criticare la società consumistica, effimera, e inconsistente; la contraddizione che ci trovo però è che per i giovani, per le persone nate nell’epoca criticata, il tutto è esagerato, poco armonioso (seppur ben fatto e affascinante). Questo per dire che a parer mio LaChapelle parla e si rivolge ad un target specifico che ha visto il cambiamento di vita dettato dalla tecnologia e che trova approvazione visiva da quel target . Di conseguenza come premesso a inizio commento le sue immagini dividono per: gusto; target; sensibilità; esperienza.
    Non toglie fascino alle immagini, non toglie bravura nell’esecuzione, né tanto meno la forza di unicità del fotografo (molto riconoscibile e, appunto, unico). Anche la critica rivolta alla società è giusta, non è il primo e non sarà l’ultimo a muoverla. Ma lo vedo e lo sento come se stessi guardando opere di Neo-pop come Damien Hirst, Jeff Koons ecc, ma leggermente in ritardo rispetto la corrente.
    Rimane molto pubblicitario, molto forte nei messaggi diretti, nell’immediatezza e chiarezza del messaggio e della scena, senza ambiguità o lavoro intellettuale esasperato; è lontano quindi dall’arte concettuale e sottolinea nuovamente la sua forza di dividere ed essere criticato sul concetto più vasto di arte. Piace e non piace, di certo è un grande fotografo.

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  194. Enrico Rossi LABA   13 Novembre 2023 at 18:14

    Partiamo col dire che non conoscevo questo artista. A primo impatto di sicuro a tutti quanti può sembrare che le sue opere non abbiano un vero e proprio schema logico o comunque non sia presente uno studio degli elementi, ma conoscendo meglio la storia di David a quel punto si possono comprendere le scelte stilistiche, e non solo, del fotografo.
    La sua arte non è per tutti e io in prima persona ammetto che devo impegnarmi a pieno per capire il significato dietro ad un suo scatto. Di sicuro attira facilmente l’attenzione con colori accessi e vivaci e, come detto anche nell’articolo del prof Cantoni, possiamo notare la quasi totale assenza di ombre.
    Mentre stavo facendo qualche ricerca sulla vita e sulle opere più famose del fotografo mi sono fatto qualche domanda.
    La prima è: che cos’è che attira così tanto nelle sue opere? (e qui si parla di opere perchè definirle delle semplici fotografie mi sembra riduttivo)
    Beh di sicuro, come detto precedentemente, i colori giocano un ruolo importante, però i veri protagonisti sono gli elementi affiancati tra di loro. Questo perchè molto spesso vengono usate figure che sono contrapposte fra loro e questo le mette in risalto. A volte si può pensare persino ad episodi di blasfemia perchè LaChapelle sfrutta anche immagini religiose per i suoi ritratti.
    Da qui la seconda domanda, che è collegata direttamente con la prima: perchè ha avuto tanto successo?
    Secondo me è proprio questa sua caratteristica di non aver paura di rappresentare le cose sotto un punto di vista differente, mescolando anche il sacro e il profano.
    Poi ovviamente la sua fama è andata a crescere da quando ha iniziato a lavorare per volti famosi.
    Il suo cambiamento dopo che ha visitato la Cappella Sistina ovviamente l’ha segnato anche nel suo modo di lavorare, modificando tratti della sua vena artistica e facendogli prendere scelte che prima probabilmente non avrebbe mai fatto, ispirandosi a Michelangelo.
    Ciò mi ha fatto formulare un’ultima domanda: non si è mai pentito di alcune sue opere un po’ più “spinte” o comunque che non rispecchiavano più il suo carattere?
    Ho trovato un’intervista di Fanpage, di quando David ha tenuto una sua mostra a Milano, dove dice “forse ci sono delle foto che non rifarei oggi, ma non mi vergogno di niente”.

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  195. Elisa Mattia LABA   13 Novembre 2023 at 20:26

    David LaChapelle, un visionario dell’arte, cattura la mia attenzione con la sua straordinaria creatività, trasformando la fotografia in un veicolo di espressione che va oltre il soggetto. Durante gli anni ’80, esplora gli eccessi di New York nella pubblicità, mentre negli anni ’90 ritrae celebrità con un tocco ironico e grottesco.
    Le sue reinterpretazioni di capolavori rinascimentali, come “Rebirth of Venus” ispirata a Botticelli, sfidano i canoni di bellezza convenzionali, creando narrazioni visive multi-temporali.
    L’entropia percettiva di LaChapelle trasgredisce le regole culturali, utilizzando cromatismi irreali e sovraccaricando le sue opere di elementi, disorientando lo spettatore.
    LaChapelle può ricordare il fotografo Gregory Crewdson, noto per le sue immagini cinematografiche narrative, capace di creare scenari ricchi di simbolismo e tensione emotiva.
    Entrambi affrontano la fotografia con un approccio quasi cinematografico, cercando di catturare momenti carichi di significato.

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    • Lamberto Cantoni
      lamberto cantoni   25 Novembre 2023 at 11:32

      Apprezzo lo sforzo di trovare parallelismi con altri fotografi. La citazione di Crewdson è interessante…a patto però di marcare bene le differenze. Non vedo nelle immagini del citato il realismo magico, spirituale di DLC. E’ vero, la metafora cinematografica può funzionare, ma LaChappelle è felliniano cioè ricostruisce teatralmente l’effetto reale; Crewdson non ha niente di ricostruito.

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  196. Giada Pirani LABA   15 Novembre 2023 at 20:28

    La prima caratteristica in LaChapelle che ho trovato impattante e intrigante sono proprio i suoi colori pieni, e la grande costruzione dell’immagine. Quest’ultima non solo per l’ambientazione che sceglie ma anche per tutto ciò che sta dietro a quel tipo di fotografia (pensiamo solo a tutti quei personaggi introdotti nelle sue immagini che diventano proprio degli attori).
    Tutti questi colori pieni e super accesi, mi invogliano sempre più a guardare le sue fotografie. Attualmente, purtroppo, non sono ancora riuscita a sfogliare un libro o ad andare ad una mostra con le sue fotografie, ma ne sarei molto incuriosita. Inoltre, per questi colori super vividi, si può notare un grande riferimento all’America, alle sue insegne super colorate, ma anche ad alcune opere dell’artista Edward Hopper.
    Certe fotografie, come “Dopo il diluvio” di LaChapelle, le trovo veramente maestose. Di certo ci vuole una grande maestria per realizzare delle immagini del genere, e anche una grande capacità nell’organizzazione: elementi che spesso ricerco nelle fotografie che realizzo (anche se in maniera molto differente).
    Ritornando ai colori molto forti, questa può essere una caratteristica che può o meno invogliare chi la guarda. Infatti, dipendendo dal periodo, sono più o meno invogliata a concentrarmi ad artisti come lui. Anche perché l’unione che crea tra il commerciale/la pubblicità e la religione non è uno dei temi che mi interessano di più (ma nonostante questo, riconosco la grande forza delle sue immagini).
    É un fotografo molto pubblicitario, che fa riferimento a artisti come Bellini o Michelangelo, come lei ha citato (altro particolare interessante da sviluppare nel contemporaneo).

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  197. Federica LABA   16 Novembre 2023 at 10:12

    Riconosco la creatività e l’innovazione delle fotografie di David LaChapelle, il quale si serve della fotografia come mezzo per poter esprimere una realtà differente, in grado di attirare l’interesse dell’individuo a prescindere che esso possa o meno essere in linea con la sua visione artistica. Ma personalmente trovo le sue fotografie sotto certi aspetti alquanto grottesche e in alcuni casi addirittura volgari…se penso solo all’apertura dell’articolo con una fotografia ispirata al dipinto dell’ “ultima cena” di Leonardo, più che dodici apostoli, mi sembrano dodici maranza al bar.
    Ma seppur io non sia pienamente in linea con lo stile artistico di LaChapelle, mi affascina il voler reinterpretare opere d’arte del passato in stile contemporaneo, per poterli dare una continuità nel tempo e il suo stile un po’ kitsch lo troverei pienamente azzeccato all’interno di campagne pubblicitarie, perché oggettivamente le cromie, le luci, le composizioni e i soggetti da lui fotografati, attirano particolarmente l’attenzione del fruitore, invogliando ad osservare ed analizzare l’interezza dell’immagine.
    All’interno dell’articolo ho trovato molto interessante il parallelismo tra LaChapelle e Hopper, seppur due artisti differenti, che adoperano due tecniche e stili diversi, sono in grado di trasmetterci questo effetto di solitudine e abbandono.

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  198. Alice LABA   16 Novembre 2023 at 11:48

    Trovo geniale il progetto di LaChapelle, non lo conoscevo e sono rimasta piacevolmente colpita dal lavoro che svolge, soprattutto per la costruzione del pensiero che sta dietro alle sue opere, dal parallelismo che è in grado di instaurare tra il consumismo dei giorni d’oggi riportato al tempo di Leonardo e Michelangelo. E un po come far rivivere autori del passato ai giorni d’oggi, e immaginare come opere classiche potrebbero apparire se create ai tempi moderni, con le convinzioni, la visione e i presunti obbiettivi che la società di oggi ci impone, e che tutti inseguiamo. E profondamente e tristemente vero il messaggio che vuole trasmettere, di come l’uomo solo di fronte alla propria morte e alla percezione un pericolo che offende se stesso, cambia i suoi interessi primari che all’improvviso si proiettano verso gli altri sperando che venga ricambiato, in maniera totalmente ed esclusivamente opportunista. Inoltre trovo intelligente coinvolgere nelle fotografie personaggi popolari come soggetti ritratti, in questo modo anche persone che ignorano LaChapelle ne vengono a conoscenza tramite la fama dei soggetti, che portano il loro pubblico a conoscere l’artista, che a sua volta accresce la sua popolarità.

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  199. Beatrice Laba   17 Novembre 2023 at 09:14

    La lettura dell’articolo è stata per me oltre che estremamente interessante anche molto esplicativa di ciò che vivo io personalmente nelle immagini di Lachapelle. Trovo che lui narri in modo eccelso la sua visione cristallina del mondo che lo circonda..e che ci circonda e mi risulta cosi potente, carica e dettagliata da portarmi a vivere le sue opere come fossero una sorta di ‘autoscatto’ della sua realtà, del suo forte racconto del mondo e dell’umano. Le vicissitudini mondane sembra sentirle cosi vicine che gli chiedono intimamente di essere raccontate. E questa sua necessità nonchè complessità di temi e riferimenti riesce a restituirla in modo cosi fruibile e inesorabilmente interpretabile da disarmarmi. Di fronte ad una sua fotografia ogni minima porzione mi concede di leggere e introiettare qualche cosa. Lo apprezzo molto.

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  200. AliceA Laba   17 Novembre 2023 at 12:49

    Sicuramente è evidente lo studium di LaChapelle che si va a riflettere palesemente nelle composizioni delle sue fotografie. Ammirevole è la sua capacità di realizzare fotografie come Deluge, dove riesce a vedere la sua opera al di fuori dell’utilizzo del mezzo fotografico e realizza solo successivamente in post produzione l’immagine completa. Quest’ultima caratteristica di LaChapelle la vedo molto simile a quella dei pittore, tra cui anche Michelangelo, per cui si riesce a realizzare opere d’arte grazie a una visione, che sicuramente può prendere spunto o simulare a loro volta altre opere d’arte e forse questa è proprio una qualità da possedere per potersi infondere nella mente dello spettatore.
    Personalmente le sue fotografie stanno su un confine labile rischiando alcune di esse di oltrepassare quelle che dovrebbero essere le caratteristiche di un’opera d’arte sfociando in una fotografia un po’ troppo descrittiva. Ma la sua cifra stilistica si sposa con l’idea di base di provocare il fruitore e di rimandare alla sua mente opere già esistenti, il tutto accentuato da colori che attirano l’attenzione andando a suscitare delle reazioni, positive o negative, in chi le guarda. Potrei concludere dicendo che anche se l’estetica dei suoi lavori è distante dalle mia non si può negare che la sua fotografia fa parlare perché si va a insinuare nella mente dello spettatore in modo impattante.

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  201. DARIO BRUNO LABA   17 Novembre 2023 at 18:21

    La fotografia di David LaChapelle, si distingue per la sua straordinaria abilità nel rendere coinvolgenti e maestose le immagini, al di là del giudizio soggettivo.

    La grandezza di LaChapelle emerge nell’esplorare desideri profondi, promuovere il consumismo contemporaneo e stimolare percezioni che svelano l’ironia e il paradosso delle sue fotografie. L’estetica di LaChapelle celebra gli eccessi, il kitsch e l’esibizionismo senza adottare completamente un tono morale. Le fotografie provocatorie non sono moralistiche, ma comunicano esplicitamente ciò che a volte non si vuole dire a parole.

    LaChapelle si ispira a artisti come Michelangelo, Bellini e Canova per la maestosità e la teatralità delle immagini, ma anche ad Andy Warhol per i colori pop e l’approccio provocatorio alla società di massa e al consumismo.

    In confronto con fotografi come Martin Parr, LaChapelle si distingue per l’accento sulla bellezza, sull’esagerazione e sull’estetica iperrealista. Entrambi, comunque, si collocano come voci esplicite di ciò che la società spesso non ammette a voce alta.

    Parlando di provocazioni, emergono le immagini audaci e controverse di Steven Klein, come quelle di Kylie Jenner. Questo lavoro tocca aspetti erotici e questioni sulla disabilità, sfiorando il rischio morale, ma sottolinea ancora una volta il paradosso, il kitsch e la surrealtà nel mondo effimero che critica e celebra.

    In conclusione, la fotografia di LaChapelle mantiene la sua unicità nel suo genere, esprimendo una vastità di concetti e provocazioni difficilmente riscontrabile in altre forme d’arte.

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  202. DIEGO LABA   18 Novembre 2023 at 12:27

    Conoscevo già, senza entrare nel merito e nelle conoscenze che ne ho tratto da questo articolo, l’artista con capitale maiuscola, LaChapelle. Personalmente trovo incredibile e di incredibile impatto il risultato visivo e la conseguente vibrazione emozionale che deriva dal porsi con sguardo aperto dinanzi ad un opera dell’ artista. È affascinante come porti la sua opera finale ad essere quasi, metaforicamente si intende, una ‘carta velina’ adagiata sui lavori dei grandi maestri del passato.dl Dei quali si serve nel suo immaginario per andare a creare una trasposizione tra il sacro, ciò che ha creato tanta bellezza nelle raffigurazioni e nei prodotti artistici del passato e, tutto ciò che può essere ripreso all’interno del profano.
    Tornando alla citata carta velina, intendo dire che, LaChapelle pone con un maestoso utilizzo dei colori e delle pose, come citato nell’ articolo, immobilizza questo confronto tra sacro e profano rendendoli reciprocamente invertiti, con l’inserimento di elementi appartenenti prettamente al nostro tempo, stampa nel nostro immaginario un dualismo emozionale che porta riflettere ognuno di noi, capace di avere un riflessione personale con criticità oggettiva, su ciò che per noi è diventato da profano a sacro ed ora viene comparato o idealizzato con i grandi dogmi sacri del passato che influenzano la vita di ognuno di noi nella propria quotidianità. Per fare un esempio nell’opera dell’artista “Deluge” del 2006, esso inserisce come scritto nell’articolo, elementi per noi oramai diventati idoli sacri, metaforizzando con delle iconografie di marche o edifici, i vizi e le virtù che ognuno di ha o vive, molte volte all’interno di sé senza avere la capacità di riconoscerle o ancora meglio di esplicarle, sia nella propria persona che nella societa in cui vive.
    Trovo davvero interessante sia dal punto di vista della fruizione visiva delle opere che dal pensiero che esse mi accendono una volta poste al mio sguardo, il maestoso lavoro e studio di LaChapelle.

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  203. Arianna LABA   20 Novembre 2023 at 15:20

    LaChapelle è un artista poliedrico e sfaccettato che attraverso la fotografia ha rivoluzionato il modo in cui percepiamo le opere artistiche, riuscendo a penetrare nell’intimità delle emozioni umane e a far riflettere, creando così una connessione con la nostra razionalità emotiva.
    Personalmente, trovo affascinante il modo in cui LaChapelle cattura l’essenza della società contemporanea attraverso immagini: ha sconvolto le convenzioni attraverso un’estetica sorprendente e provocatoria, soprattutto in contesti religiosi, trasformando le immagini stereotipate dei personaggi e dando loro una nuova vita contemporanea.
    La dualità tra sacro e dissacrante nelle sue opere offre uno sguardo che svela tanto la bellezza quanto la durezza della realtà.
    La luce fredda che riveste le immagini sembra quasi rispecchiare la freddezza dell’anima umana, evidenziando le contraddizioni e le sfumature dei nostri sentimenti.
    Ogni foto sembra racchiudere sia un dramma che una speranza, dualità che si affianca al precedente citato duo sacro/dissacrante.
    Questo richiamo alla dualità si ripresenta nel fatto che, di fronte alle opere di LaChapelle, vediamo la complessità delle emozioni umane e le riflessioni sull’autore si spostano sul nostro percorso individuale.
    LaChapelle ha indubbiamente lasciato un’impronta significativa nel mondo dell’arte contemporanea, per esempio la sua opera “Lil’ Kim: Luxury Item” del 1997 è un brillante esempio di rappresentazione della lussuria espressa in modo esplicito, potente e provocatorio, utilizzando l’immagine dell’iconica rapper per unire concetti complessi come l’iconografia femminile, un vizio, la moda.
    La genialità di LaChapelle riguarda la sua capacità di rendere concetti complessi accessibili a tutti, attraverso immagini potenti e chiare, nonché visivamente coinvolgenti, motivo per cui gli permettevano di catturare l’attenzione del pubblico.
    Detto questo, il testo fornisce un’analisi dettagliata, ricca e approfondita del valore artistico di LaChapelle e delle sue influenze, oltre alla profondità delle tematiche affrontate nelle sue fotografie.

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  204. Jessica Caliendo - LABA   20 Novembre 2023 at 16:22

    L’approfondimento sul lavoro di David LaChapelle rivela la sua notevole transizione dalla fotografia di moda a opere d’arte più profonde e provocatorie. La sottolineatura dell’influenza di Michelangelo nel plasmare le sue creazioni mette in luce la capacità di LaChapelle di reinterpretare simboli del passato in modo sorprendentemente contemporaneo. L’autore, nel riconoscere l’abilità di LaChapelle nel catturare le contraddizioni della società moderna, evidenzia anche il modo in cui trasmette un palpabile senso di solitudine attraverso le sue immagini simboliche. La riflessione critica si estende ulteriormente sulla tecnica di LaChapelle, mettendo in evidenza la sua maestria nel manipolare la realtà e creare immagini coinvolgenti che non solo catturano l’attenzione dello spettatore ma lo spingono a riflettere profondamente sulla complessità della condizione umana.

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  205. Emma Laba   22 Novembre 2023 at 10:50

    David LaChapelle riesce a rendere la realtà contemporanea in modo davvero unico attraverso la sua arte. Mette in luce le fissazioni della nostra epoca in maniera audace e artistica. Le sue opere sembrano quasi delle proteste artistiche, esplorando argomenti come il consumismo, il nostro rapporto eccessivo con il piacere e il benessere, offrendo uno sguardo crudo sulla società di oggi.

    La sua mescolanza di pubblicità e pop art nei ritratti di celebrità come Michael Jackson, Hillary Clinton e Madonna richiama anche il lavoro di Andy Warhol, a cui LaChapelle fa spesso riferimento. La sua interpretazione di temi sacri come la natività e il Diluvio Universale, ispirati alle opere di Michelangelo, mescola uno stile barocco con la pop art moderna, creando un mix di ironia, glamour e tradizione iconografica.

    Mi ha colpito molto il suo modo di reinterpretare il Diluvio Universale, inserendo elementi della vita quotidiana contemporanea al posto dei soggetti tradizionali. L’uso di manichini, insegne come Burger King e marchi come Gucci rappresentano il consumismo della nostra società moderna, dando un’idea unica della contemporaneità.

    Le sue foto sono piene di colori e superfici lucide, spesso con immagini di nudità audace e provocatoria, che risultano intense e sorprendenti.

    Parlando dei colori, vedo delle somiglianze con la pittura dei preraffaelliti, specialmente nell’uso di colori brillanti e puri, che sono un marchio distintivo delle opere di LaChapelle. Ma la differenza sostanziale è nel concetto di base: mentre i preraffaelliti vedevano in Raffaello l’edonismo e il culto della personalità, LaChapelle si concentra sul critico consumismo contemporaneo. Guardando le opere di LaChapelle, mi viene in mente Holman Hunt, non tanto per i temi trattati, ma per il suo uso coraggioso dei colori vivaci, che ricorda un po’ l’approccio scenico di LaChapelle.

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  206. sofia esposito   22 Novembre 2023 at 12:48

    Il testo inizia con un’introduzione a Michelangelo e della sua importanza artistica, evidenziando il suo lavoro e il suo capolavoro, il Giudizio Universale nella Cappella Sistina nel Vaticano. Questo artista del passato influenza il fotografo David LaChapelle e il suo lavoro, soprattutto la fotografia “Deluge” ispirata al Diluvio Universale di Michelangelo. Si esplora il modo in cui LaChapelle crea le sue opere, nel modo in cui la foto riesce a risvegliare il nostro spirito critico, come l’artista cerchi di creare un dibattito e una riflessione in noi stessi attraendo la nostra attenzione con elementi di contemporaneità nelle foto e con la scelta di tonalità e di cromie sgargianti, derivanti dal pop.
    Nella fattispecie, si analizzano diverse opere di LaChapelle, tra cui “Deluge”, che raffigura una scena di distruzione imminente con riferimenti alla civiltà consumistica. Si esamina come LaChapelle mescoli simboli contemporanei con richiami visivi e emotivi dal passato artistico. Si parla anche delle sue fotografie che trattano tematiche spirituali, di rinascita e di riflessione sulla fragilità della civiltà e della fede.
    Inoltre, si discute delle diverse fasi della carriera di LaChapelle, inizialmente concentrata sulla moda e sulla pubblicità per poi passare a una ricerca artistica più profonda e critica sulla società contemporanea, esplorando temi come il culto del corpo, l’eccesso, il consumismo e la rappresentazione delle star. Si sottolinea il modo in cui LaChapelle usa la fotografia per rivelare aspetti nascosti e spesso inquietanti della società moderna, esprimendo la solitudine e la superficialità umana, attraverso un realismo teatrale e una sensibilità tale per cui ci avvicina alle sue opere senza cercare uno sconvolgimento esagerato, ma usando elementi a noi comuni collegandoli ad immaginari iconici del passato.

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  207. Giulia   26 Novembre 2023 at 15:44

    L’articolo offre una dettagliata analisi critica delle opere di David LaChapelle, con particolare attenzione alla sua fotografia ispirata al Diluvio Universale di Michelangelo. L’autore esplora il modo in cui LaChapelle trasmette un messaggio di critica nei confronti della società contemporanea attraverso il suo stile unico e le sue composizioni suggestive.
    L’uso di simboli della cultura consumistica, come il Caesar Palace, Burger King, Starbucks e Gucci, inghiottiti dal diluvio nelle sue fotografie, viene interpretato come una chiara ammonizione contro il materialismo e la vanità della società moderna. La descrizione della “forza tranquilla” emanata dai corpi umani nella foto del diluvio sottolinea la capacità di LaChapelle di catturare valori universali come la pietà e la solidarietà anche in mezzo al caos.
    Inoltre, l’autore sottolinea il concetto di “punctum” nelle opere di LaChapelle, evidenziando come ognuno possa trovare un elemento che colpisce personalmente il proprio desiderio, risvegliandoci dalle abitudini visive quotidiane. L’analisi si estende anche al processo creativo di LaChapelle, confrontando la sua approccio alla fotografia con la visione e l’abilità di Michelangelo nel dipingere la Cappella Sistina.

    L’articolo sottolinea la capacità di LaChapelle di incorporare e reinterpretare elementi artistici del passato, da Michelangelo a artisti della pop art come Andy Warhol, creando uno stile unico e contemporaneo. L’autore riconosce la profondità emotiva nelle opere di LaChapelle, soprattutto nelle serie come “Deluge” e “Awakened”, che affrontano temi di spiritualità, rinascita e la precarietà dell’arte.

    Infine, l’autore riflette sulla capacità di LaChapelle di fotografare ciò che non vogliamo dire con le parole, catturando simbolicamente la schizofrenia che domina l’umanità. Si esprime anche l’apprezzamento per la capacità di LaChapelle di evitare di confondere le immagini con le cose, creando un tipo particolare di surrealismo che non nega la realtà circostante, ma la trasforma per stimolare riflessioni profonde.

    In conclusione, l’articolo fornisce una valutazione approfondita delle opere di David LaChapelle, riconoscendo il suo impatto visivo e la sua abilità nel comunicare messaggi critici sulla società contemporanea attraverso la sua arte.

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  208. Martina Tasini   2 Dicembre 2023 at 11:06

    Non conoscendo precedentemente David LaChappelle la lettura, fin da subito, mi ha fatto immergere completamente nella sua, per me nuova, visione dell’immaginario. Quello che vuole trasmettere, oltre a farlo in modo diretto, è un racconto ben studiato e non, come si potrebbe pensare, frutto di uno pensiero fugace. Le sue opere infatti, proprio perché ben pensate, subiscono da parte dei fruitori delle molteplici interpretazioni date dalle esperienze e dalle conoscenze personali di ciascuno. L’obiettivo è quello di creare un’arte aggressiva e provocatoria che inneschi nello spettatore una nuova visione della realtà; ciò, a parer mio è reso possibile dal gran numero di collegamenti tra passato e contemporaneità, che portano la mente del fruitore ad elaborare una nuova chiave di lettura della società contemporanea. Al di la dell’interpretazione, trovo che le immagini in sé abbiano un forte impatto visivo che colpisce immediatamente lo spettatore, sia dal punto di vista degli accordi cromatici, sia dal rapporto innescato tra luce e ombra, ma, in particolar modo dalla rappresentazione di ambientazioni bizzarre e personaggi dalla presenza non convenzionale.

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  209. Giada LABA   6 Dicembre 2023 at 15:01

    Con questo articolo ho potuto farmi un’idea di David La Chapelle, fotografo che precedentemente mi era sconosciuto, non trattandone la materia. Osservando i suoi lavori ho potuto notare, come evidenziato dal docente Cantoni, che le caratteristiche che contraddistinguono le opere e le foto di moda realizzate da La Chapelle sono i forti colori vivaci posti spesso in contrasto con eventi climatici che altrimenti risulterebbero molto più bui come attimi da affrontare. La descrizione dell’abilità di La Chapelle nel manipolare la realtà attraverso la fotografia mi ha personalmente interessata in quanto le sue immagini sembrano andare oltre la superficie visiva, inducendo alla riflessione su temi profondi come la spiritualità e la rinascita. Ho apprezzato il fatto che sia riuscito a creare una coesione tra i suoi lavori e la rappresentazione di un’alienazione dalla società dell’uomo contemporaneo, grazie ad un’efficace rappresentazione delle profonde sensazioni emotive.

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  210. Jenni   15 Dicembre 2023 at 10:28

    David LaChapelle emerge come un artista straordinario, il cui linguaggio visivo riesce a esprimere in modo divino i suoi pensieri attraverso la provocazione e il surrealismo, stabilendo un collegamento diretto con la complessità della società contemporanea. La sua abilità di trasformare opere d’arte rinascimentali in creazioni trasgressive e al passo coi tempi è quanto di più affascinante. La trasformazione di soggetti considerati sacri in figure gangster rappresenta una singolare fusione tra passato e presente, una connessione che trascende i secoli.
    LaChapelle dimostra una straordinaria capacità di far parlare le immagini, affrontando tematiche di rilevanza attuale e riflettendo la libertà senza confini che permea la nostra società moderna, concetto riflesso vividamente nelle sue opere. Ogni suo lavoro si configura come una protesta artistica, una riflessione sulla degenerazione e il consumismo che caratterizzano la nostra epoca. Attraverso la sua arte, riesce a tradurre concetti complessi in immagini potenti, creando un dialogo visivo che invita lo spettatore a riflettere sulla realtà che lo circonda.
    La forza di LaChapelle risiede anche nella sua abilità di utilizzare l’arte come forma di protesta, un mezzo per esprimere idee e critiche sulla società contemporanea. La sua arte teatrale seduce lo spettatore, fonde abilmente arte, fotografia e moda in una sinergia creativa che stimola i sensi e spinge a una riflessione più profonda sulla condizione umana.

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  211. Giorgia   23 Dicembre 2023 at 15:49

    Le composizioni fotografiche di LaChapelle, derivano sicuramente da lunghi studi sia del passato, sia della nostra contemporaneità, e sono pensate con attenzione per trasmettere un messaggio a chi le guarda, un messaggio che però è a libera interpretazione. Le sue fotografie attraverso i loro colori accessi e le figure provocatorie catturano dal primo sguardo l’attenzione del fruitore.

    Le sue composizioni che riproducono dipinti classici rivisitati attraverso la sua visione in una chiave moderna e libera, sembrano vogliano far vedere la cultura moderna paragonata a quella del passato creando sensazioni contrastanti, da una parte un senso di smarrimento e quasi di blasfemia, mentre dall’altra un rivivere le opere dei grandi artisti del passato. Esse non vogliono fare del moralismo, ma far vedere senza filtri la sua visione.

    Mentre i suoi scatti per i magazine di moda e per le copertine degli album come quella di “Astroworld” di Travis Scott, penso siano straordinarie, ricche di vivacità e contrasti cromatici.

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  212. Martina T LABA   26 Dicembre 2023 at 11:56

    Le rappresentazioni di LaChapelle mi hanno lasciata sin da subito a bocca aperta. Partendo dal fatto che conoscevo poco questo artista, penso che le sue fotografie siano sì pop, ma allo stesso tempo sembrano raccontare quello che in realtà tutti noi sotto sotto abbiamo, un animo trasgressivo, stravagante, bizzarro, e secondo me le opere di LaChapelle lo rappresentano a pieno. Sembra quasi come se volessero dire “questo lato di tutti noi esiste, anche in te, guardami”.
    Questo è ciò che è emerso in me nel vedere le opere di LaChapelle, personalmente mi sono piaciute poiché sono riuscite per lo meno a suscitare qualcosa , bello o brutto che sia.
    Sono stata subito incuriosita dall’articolo e dal modo in cui viene affrontato questo fotografo, conoscendolo non troppo a fondo ho avuto modo di scoprire ancora meglio la sua originalità nell’affrontare temi visti e rivisti ma comunque in modo non scontato.
    Ho sentito parlare di questo artista poiché ha realizzato una collaborazione con uno dei miei artisti preferiti, Tedua. LaChapelle cercava qualcuno che potesse interpretare un progetto a cui lavorava da molto, che prevedeva qualcuno che interpretasse Gesù Cristo, voleva proprio che sembrasse provenire da Nazareth, dopo due anni si era però arreso perchè non trovava nessuno degno di interpretare quest’ultimo, lo prese quasi come un segno del destino e decise che era meglio accantonare il progetto. Allo stesso tempo Tedua cercava qualcuno che realizzasse la copertina per il suo nuovo album “La Divina Commedia”.
    Questo incontro è stato mistico poiché entrambi avevano bisogno l’uno dell’altro, un segno del destino, o del divino, LaChapelle dopo aver visto L’approccio di questo artista secondo me è così incisivo poiché nonostante rappresenti scenari totalmente surreali, riesce ad entrare a gamba tesa nella mente di tutti noi e sostenere tramite le sue opere il pensiero di rappresentare l’attualità in chiave ironica ed onirica.
    Io non mi sento in grado di, come è stato fatto da altre persone, decretare se questa sia arte, oppure non lo sia, so solo che l’arte deve porre domande ed in questo caso, personalmente, me ne sono poste tante.

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  213. Davide S. LABA   7 Gennaio 2024 at 19:24

    In molti sono a contatto con La Chapelle, ma pochi lo sanno.
    Dalle “semplici” foto per raccontare un’icona, alle campagne pubblicitarie, dai videoclip alle copertine degli album, La Chapelle ha fotografato di tutto, e lo ha fatto (e sta continuando a farlo) veramente bene.
    Ci sono sicuramente immagini con le quali abbiamo avuto un’esperienza personale che non sappiamo siano state create da questo artista estremamente significativo per la nostra epoca, molte delle quali vicinissime alla nostra generazione tanto discussa.
    La copertina dell’album “Astroworld” di Travis Scott è stata pensata e creata da La Chapelle, spostandoci in Italia succede la stessa cosa con l’album “La divina commedia” di Tedua, qua si apre un discorso importante per capire la produzione dell’artista, ovvero quello della religione.
    In molte interviste, David La Chapelle, racconta che negli stessi giorni in cui il rapper italiano lo aveva contattato, lui stava cercando un Gesù per un nuovo progetto sulla Via Crucis. Dopo una notte di preghiera in cui chiedeva a Dio un segno, alle 6 di mattina si mette in contatto con Tedua, e davanti a lui si palesa il Gesù che cercava, entrambi hanno ciò che stavano desiderando: Tedua la copertina dell’album e La Chapelle il Gesù.
    Per me, l’arte di David La Chapelle ha tante funzioni:
    – Sicuramente quella di mettere con i piedi a terra chi la guarda, quando ci si trova davanti ad una stampa di La Chapelle veniamo presi a schiaffi, sentiamo il peso di quelli che sono i “peccati originali” della nostra epoca.
    – È importante anche l’aspetto commerciale della sua arte. La figura dell’artista che produce non pensando al fattore economico, ad una divulgazione della sua arte e alla crescita di notorietà per me non esiste, e chi ancora è fermo su questa idea è destinato al fallimento. La Chapelle per me veste perfettamente i vestiti di un professionista, di un artista-artigiano che sa anche rispondere a quelle che sono le richieste del pubblico e del commercio. Ok fare arte, ma le bollette a fine mese qualcuno dovrà pur pagarle…
    – Altra cosa è quella di mettere in contatto il fruitore con il proprio Dio.
    Esattamente come succedeva nell’arte moderna, in cui gli artisti erano chiamati a creare opere per avvicinare il popolo alla chiesa Cattolica, stessa cosa sta facendo La Chapellle ora, rivisitando il tutto in modo contemporaneo.
    Poco tempo fa ho avuto il piacere di incontrare il critico d’arte Luca Panaro, in un evento di presentazione di un suo libro. In quell’incontro il critico ha detto una cosa molto importante che vedo calzare perfettamente da David La Chapelle: “l’arte mi deve far sentire presente nel periodo che sto vivendo”.
    Che sia un’immagine di moda, una copertina di un album, la regia di un videoclip, un Battesimo di Cristo, una Via Crucis, una foto a Paris Hilton, La Chapelle ci fa sentire perfettamente presenti nell’epoca che stiamo vivendo.

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  214. Giovanni Forlenza Laba   19 Febbraio 2024 at 13:02

    L’articolo sopra menzionato si distingue per la sua eccellenza nel presentare il fotografo La Chapelle, in particolare nel delineare il suo approccio all’arte e alla sua rappresentazione. Possiamo esaminare l’articolo partendo dal concetto emerso dalla discussione del Deluge: un’opera di grande rilevanza in cui si evidenzia lo studio approfondito che il fotografo ha condotto sul pittore Michelangelo. In quest’opera, emerge chiaramente come La Chapelle utilizzi simboli di vasta portata per trasmettere un messaggio che coinvolge gli osservatori, portandoli a contemplare il tema della pietà e della disperazione.
    Il protagonista, La Chapelle, viene caratterizzato attraverso la sua visione dell’arte, in particolare per la sua concezione dell’oggetto artistico come una sintesi. Il fotografo si concentra sulle creazioni e sugli studi del passato, come si evince dal Deluge, dove è evidente il suo talento nell’incorporare tali influenze per dare vita a una rappresentazione più originale.
    Il parallelo tracciato con lo storico dell’arte Amy Warburg riguarda il concetto di energia mnemonica, in cui l’uso dei simboli facilita la fruizione dell’opera, proprio come fa La Chapelle attraverso i marchi iconici descritti nell’articolo. Come evidenziato, La Chapelle utilizza modelli come attori, posizionati strategicamente per incarnare il lungo processo creativo dietro le sue opere. Questo si manifesta chiaramente nella fotografia “Pietà con Courtney Love”, dove l’ispirazione dell’artista, in questo caso il grande Bellini, traspare nelle pose e nelle espressioni degli attori.
    Attraverso le sue fotografie, La Chapelle ci mostra realtà che spesso preferiamo evitare o che non riusciamo a esprimere a parole. Il suo realismo ci costringe a confrontarci con una verità che potremmo preferire ignorare. Ad esempio, nell’opera “When the World Is Through”, La Chapelle rappresenta la solitudine attraverso la perdita dell’innocenza dell’immagine, contrariamente all’approccio di artisti come Hopper in “Nighthawks”, dove la purezza stessa dell’immagine ci fa sentire soli.
    Inoltre, oltre ad esaminare l’arte, La Chapelle esplora anche il mondo della moda. Le sue immagini per le riviste, spesso raggruppate sotto rubriche come “Plastic People” o “Consumo/Consumption”, mettono in evidenza l’ossessione per l’apparire dei personaggi pubblici. Un altro aspetto significativo riguarda la selezione dei soggetti, che riflette una precisa scelta sia nell’insieme che nei dettagli, come ad esempio accostare personaggi famosi a figure religiose.
    In conclusione, La Chapelle ha la capacità di presentare agli spettatori ciò che spesso preferiamo ignorare nelle immagini, sfidandoli a confrontarsi con le proprie emozioni evocate dalle sue opere e a riflettere su di esse.

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