Il grandioso affresco del famoso pittore/inventore attira a Milano tutti gli anni una folla immensa di visitatori. Mi piace definirlo “un evento nascosto”. Infatti, la comunicazione istituzionale ad esso aggregata e le restrizioni imposte dai burocrati che a volte mi sembrano i becchini del nostro patrimonio artistico, sono in perfetto stile “masochismo italiano”: praticamente inesistente la prima, dissuasive le seconde. Tuttavia, attraverso il passa parola e il potenziale di notorietà del capolavoro, “L’utima cena” rappresenta probabilmente la singola opera d’arte più ammirata del nostro Paese.
Secondo la testimonianza di Luca Pacioli, nel 1498 Leonardo terminò di dipingere “L’ultima cena” nel refettorio del Convento dei Dominicani di Santa Maria delle Grazie. Per finirlo aveva impiegato ben 4 anni. In quell’arco di tempo a qualcuno della corte di Ludovico il Moro sarà senz’altro nato il sospetto che l’opera potesse rimanere incompiuta. Per fortuna Leonardo, vincendo il demone interiore che gli impediva di terminare molte delle opere che cominciava, riuscì a convincersi che nessuna ulteriore pennellata avrebbe aggiunto qualcosa all’essenziale del dipinto e accettò il piccolo trauma della fine/separazione dall’oggetto. L’impressione dell’affresco sui contemporanei fu enorme. A tutti apparve come una magia artistica e L’ultima Cena divenne per generazioni una delle espressioni universali della pittura.
Persino oggi, per chi ama l’arte, dopo le infinite ramificazioni e sperimentazioni estetiche, formali, concettuali delle avanguardie e dei movimentismi del novecento, la fruizione dell’affresco di Leonardo rimane evento artistico irrinunciabile per chi crede nei valori trasmessi dalla visione di opere eccezionali. Per motivi di conservazione, ci dicono, l’affresco è visitabile solo da gruppi di 20/25 persone per volta. Ebbene in un anno sono più di 300 000 le persone che in fila ordinata e con reverenza attendono l’entrata nel refettorio per contemplare ciò che resta della magia leonardesca.
Ma dove nasce la forza persuasiva dell’affresco? Come definire la sua bellezza?
Proviamo a immaginare come si presentava il cenacolo agli occhi dei frati dominicani che ogni giorno potevano ammirarlo durante i pasti nel refettorio. Probabilmente nessuno di loro era mai stato così vicino ad una immagine sacra. L’effetto creato da Leonardo era tale da far apparire di fianco alla sala reale, una sorta di prolungamento dello spazio nel quale assumeva una forma tangibile la lunga tavola con dietro seduti Cristo e gli Apostoli. Nella Bottega del Verrocchio, suo maestro, Leonardo aveva appreso perfettamente le leggi della prospettiva ottica e l’uso dei colori. Ma la sua insaziabile curiosità e dedizione ad un paradigma di ricerca basato su un concetto di verità che aveva nell’osservazione della natura la sua bussola, lo coinvolsero in scoperte visive che ebbero uno straordinario impatto sulla pittura. Per esempio, con lo “sfumato” riusciva a rappresentare corpi, espressioni, paesaggi, conferendo ad essi una impressione di vita, molto distante dalle rigidità di ascendenza gotica, che nel tardo ‘400 continuavano ad essere presenti nei quadri di tanti suoi autorevolissimi colleghi. Con questa tecnica Leonardo riusciva a bilanciare perfettamente un sentimento di armonia con la percezione di varietà, che rendeva reale (nel senso di “vitale”) e al tempo stesso misteriosa l’immagine di un ritratto (penso a Monna Lisa) o di composizioni più articolate, come l’Ultima cena. Se mi immedesimo nella scena che cercavo di narrarvi, ovvero le reazioni dei frati dominicani di fronte all’affresco, pur a distanza di tanti secoli mi sembra quasi di poter rivivere lo stupore creato dall’effetto di sorprendente verosimiglianza che doveva apparire ad essi come qualcosa di veramente prodigioso. Per i frati devoti era come se si materializzasse uno dei passaggi chiave dei vangeli di Matteo e Giovanni.
Per questo affresco Leonardo infatti aveva sperimentato tra le altre sue invenzioni, una nuova tecnica per dare solidità alle forme e alla luminosità della scena. Grazie ad essa la cura dei dettagli al naturale risultava degna del mito pliniano di Zeusi e in un’epoca in cui le opere d’arte venivano spesso giudicate dai profani secondo la loro somiglianza al vero, possiamo facilmente congetturare quanto questa straordinaria illusione fosse sconvolgente.
Ma dopo essere stati colpiti dalla forza estetica ed estesica della percezione dell’affresco, i frati devono essersi interrogati sull’efficacia della interpretazione visiva tratta dal Vangelo, dal momento che, la ricostruzione di Leonardo non assomigliava a nessuna delle immagini in circolazione. Le iconografie tradizionali rappresentavano l’ultima cena sistemando quasi sempre gli apostoli ordinati in due file, con Giuda a lato, intorno al centro visivo e simbolico occupato da Cristo che somministrava il sacramento.
Leonardo volle descrivere invece la drammaticità del momento culminate dell’ultima cena, catturando tutte le passioni scatenate dalla sorprendente e inquietante rivelazione di Nostro Signore. L’artista infatti studiò le possibili reazioni umane all’affermazione di Cristo, riportata nel vangelo di S.Giovanni che annunciava l’inizio della fine della sua avventura umana: “In verita, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”.
Asserzione alla quale uno degli apostoli rispondeva: “Sono forse io, Signore”, mentre, si legge nel testo evangelico, l’apostolo prediletto non riuscendo a trattenere un moto di commozione appoggiava dolcemente la sua testa sul petto di Cristo ( attenzione: gesto descritto nel testo evangelico; Leonardo sceglie invece di raffigurare Giovanni quando allontana il suo volto dirigendolo verso Pietro il quale avvicinandosi al suo orecchio chiede perplesso: “Di chi parla?”).
La messa in scena è veramente magistrale. Leonardo con somma maestria ha trasformato il racconto di Giovanni in un evento epifanico di rara umanità. Nessuno fino a quel momento era mai riuscito a rappresentare le emozioni e le passioni umane evocate dal Vangelo, con tanta finezza. Osservando i gesti e l’espressione dei volti, malgrado l’attuale precarietà dell’affresco, indoviniamo facilmente l’ombra dell’orrore per la tragica profezia. Alcuni apostoli punti nel vivo sembrano in procinto di dichiarare il loro incondizionato amore; altri discutono intensamente a chi, Nostro Signore intendesse alludere. Altri ancora, forse paralizzati dalla notizia scioccante, semplicemente lo guardano. Il più reattivo alla notizia dell’imminente tradimento, nell’interpretazione di Leonardo sembra essere Simon Pietro, raffigurato mentre bruscamente si sporge verso S.Giovanni spingendo contemporaneamente in avanti un Giuda dall’espressione sospettosa e imbarazzata.
Leonardo ci colpisce per la varietà delle espressioni umane e per la misura che attraversa l’intera messa in scena. Evitando con cura scontate esasperazioni retoriche ci suggerisce lo smarrimento del gruppo di apostoli senza mai perdere il controllo delle significazioni primarie. Il realismo della scena si compie senza che si perda la lezione finale di Gesù che io vedo nella sua pacata accettazione del sacrificio imposto dalla redenzione dei peccati umani. Probabilmente, senza la sperimentazione tecnica citata prima, Leonardo non sarebbe riuscito a configurare una messa in scena altrettanto efficace. Con le tradizionali modalità dell’affresco affidate a una veloce stesura del colore sull’intonaco ancora umido, il pittore non avrebbe mai potuto indugiare sui particolari capaci di restituirci l’empatia per le emozioni in gioco. Era assolutamente necessario intervenire sull’intonaco asciutto per poter dare la giusta “fisicità” alle figure ed avvicinarle, tocco dopo tocco, al tono delle espressioni indotte in Leonardo dalla sua personale interpretazione del testo sacro. Ma questa tecnica a secco che per primo sperimentò fu anche la fonte principale dei guai che questa incredibile opera incontrò col trascorre del tempo. In pochi anni la pittura si deteriorò costringendo gli estimatori di questo prodigio pittorico a programmare una infinita serie di rischiosi restauri.
L’ultimo in ordine di tempo, terminato nel 1999 e durato vent’anni, ha finalmente rimosso gli strati di pitture che con poco riguardo avevano progressivamente deturpato l’affresco, riportando in luce ciò che restava delle stesure originali.
Il capolavoro di Leonardo è accessibile solo prenotando la visita presso le agenzie accreditate. Rigorose misure di salvaguardia hanno costretto a limitarne la visione a gruppi di 20/25 persone per volta e per una durata di non più di 20 minuti. Come preparazione alla contemplazione del capolavoro si può ammirare l’Ultima Cena in altissima definizione nel web. Sul sito www.haltadefinizione.com è stata a suo tempo pubblicata una foto digitale formata da 16 miliardi di pixel che riunisce 1677 foto diverse realizzate con una tecnica d’avanguardia. Un solo dato ci illumina sul potere seduttivo di un’opera divenuta una icona dell’idea stessa dell’arte: qualche anno fa, dopo solo 48 ore dalla messa in onda dell’immagine, già 1 500 000 avevano esplorato i miracolosi dettagli dell’affresco finalmente visibili a tutti, confermando ancora una volta quanto Leonardo e l’Ultima Cena siano divenuti portatori di valori universali.
addenda
Ho scritto e pubblicato il breve script nel 2014. Lo ripropongo oggi, con qualche correzione, per i miei perspicaci allievi, giunti alla fine delle conversazioni didattiche di Storia e stile rinascimentali. Leonardo, insieme a Michelangelo, Raffaello, Tiziano, vengono di solito narrati come il culmine del processo configurativo che dal Brunelleschi e Masaccio direzionò le pratiche della pittura, scultura e architettura, verso nuovi orizzonti immaginati corrispondere a un diffuso desiderio di glorioso realismo attraversato da armoniose note di bellezza. Etichettiamo questa avventura estetica che trasformerà l’artigiano in artista con la categoria storica “Rinascimento”. E “l’ultima cena” e la michelangiolesca Cappella Sistina sono le opere monumentali che maggiormente lo rappresentano. Se ben ricordo fu proprio la notizia della pubblicazione in alta definizione del capolavoro di Leonardo a motivare il mio intervento. Avevo visto la celebre opera quando ero molto più giovane, anni prima dell’inizio dell’ultimo restauro. Malgrado lo spaventoso degrado, la fragile e quasi illeggibile bellezza dell’affresco mi provocò una profonda impressione; una sorta di sindrome di Stendhal a rovescio. A distanza di tanti anni prima di redarre il testo dell’articolo tentai in ogni modo di rivedere l’affresco. Cercai dunque di prenotare il biglietto d’ingresso ma mi risposero che prima di otto mesi non era possibile, tanti erano i biglietti già venduti. Ricordo che mi incazzai come rare volte mi capita. Lanciai maledizioni contro turisti da ogni dove, bianchi neri gialli, trattai male il gatto e persino incolpevoli oggetti; non contento scrissi il sottotitolo nel quale, da buon italiano, me la presi ingiustamente con la burocrazia istituzionale. Non ho mai cancellato quelle parole affinché mi ricordassero quanto ero stato stupido e, devo ammetterlo, un po’ ipocrita. Infatti, dopo il restauro andai per anni praticamente ogni settimana a Milano per lavoro. Numerose volte avevo promesso a me stesso di vincere la refrattarietà alle prenotazioni per vedere il Leonardo come fanno tutti. Tutte promesse disattese. Pigrizia, troppi appuntamenti, troppe distrazioni….Non lo so. Devo dire però che non ho mai scordato l’impressione del primo contatto con l’affresco. Molto più potente di quella che ricordo quando vidi Monna Lisa dietro ad uno schermo di plexiglas al Louvre in mezzo a una posse di tipi dai tratti fortemente esotici interessati più cha altro a scattare fotografie. Scrivere il testo che avete appena letto è stato come rivedere di nuovo l’affresco. Credo di dover ringraziare Sir Ernst Gombrich per avermi donato le parole per rivivere le emozioni di quel momento. Infatti, da quando lessi quello che scrisse su Leonardo in numerosi passaggi nei suoi libri dedicati all’arte rinascimentale, ciò che avevo visto e percepito mi sembrava finalmente di comprenderlo e di averlo realmente vissuto. Suona strano, lo so, ma non trovo un altro modo per dirlo. Sarei sorpreso se non si riscontrassero tracce di tutto ciò nel mio articolo. Ma ovviamente la mia ammirazione per lo studioso non intende assolutamente coinvolgerlo qualora emergessero imprecisioni o errori, a questo punto imputabili solo a mie deplorevoli lacune.
- Walter Albini: Il talento, la creatività, lo stile – 9 Settembre 2024
- Gli abiti sostenibili vestiranno il mondo? – 20 Maggio 2024
- Roberto Cavalli (1940-2024): La stravaganza al potere – 17 Aprile 2024
Gran articolo, per uno dei capolavori dell’arte rinascimentale.
Ma secondo me, in quest’articolomanca una cosa troppo importante: la faccia di tranquillità di San Giovanni,simile alla faccia di Gesù, forse San Giovanni è consapevole di quello che sta per succedere dopo. Altra cosa che manca in questa opera d’arte è il pane e il calice, forse un gioco di Leonardo da Vinci, dove a differenza d’altri pittori dell’epoca, lui è in grado di creare un’importanza sulla scena più che nell’oggetto.
“L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, un capolavoro di straordinaria portata, continua a esercitare un fascino senza tempo, attirando una folla considerevole a Milano, benché resti, secondo l’autore dell’articolo, un “evento nascosto” a causa di limitate comunicazioni e restrizioni burocratiche.
Dipinta nel refettorio del Convento dei Dominicani di Santa Maria delle Grazie nel 1498, il suo completamento richiese quattro anni di intensa dedizione. La decisione di Leonardo di non aggiungere ulteriori pennellate, accettando il trauma della fine, ha dato vita a un’affascinante magia artistica. La persuasività dell’affresco risiede nella sua impressionante illusione visiva, plasmata dalla maestria di Leonardo nella prospettiva ottica e nell’uso del “sfumato”. La scena, focalizzata sulla profezia del tradimento di Cristo, cattura emozioni umane con una finezza senza precedenti.
A parer mio, il lavoro di Leonardo da Vinci in “L’Ultima Cena” è un trionfo senza eguali, un’opera che continua a esercitare un’attrazione senza tempo. La sua abilità nel catturare emozioni umane con una precisione straordinaria, combinata con l’uso rivoluzionario della prospettiva e del “sfumato”, crea un’illusione visiva che va al di là della semplice pittura. La sua genialità nel trasformare il racconto evangelico in un evento epifanico di umanità è un tributo alla sua visione e dedizione all’arte.
Chiara scrive molto bene, però voglio dirle che la prospettiva non l’ha scoperta Leonardo e poi mi chiedo: siamo così sicuri che la sfumatura dei contorni dei volti arricchisca la composizione?
Condivido appieno l’ammirazione per la straordinaria portata de “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, un capolavoro che continua a esercitare un fascino senza tempo. Tuttavia, mi permetto di sollevare una piccola contestazione sulla definizione di “evento nascosto” fornita dall’autore dell’articolo. Nonostante le limitate comunicazioni e le restrizioni burocratiche possano influire su questa percezione, l’evidente affluenza di una considerevole folla a Milano suggerisce che l’opera è, in realtà, ampiamente celebrata e apprezzata. La tua eloquente descrizione del trionfo senza eguali e della genialità di Leonardo nel trasformare il racconto evangelico sottolinea in modo accurato la grandezza di questo capolavoro iconico.
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è una delle opere più celebri e iconiche della storia dell’arte. Raffigurando l’ultima cena di Gesù con i suoi apostoli, l’opera ha un significato religioso profondo e una bellezza senza tempo. È un vero e proprio capolavoro.
È impressionante come ogni dettaglio, dalle espressioni dei volti dei personaggi ai gesti delle loro mani, è reso in modo così realistico che sembra quasi di poter entrare nella scena stessa.
La composizione del dipinto è perfetta: le figure sono disposte in modo armonioso attorno a Gesù centrale, creando una sorta di triangolo che attira immediatamente lo sguardo dello spettatore. Inoltre, il gioco di luci e ombre crea una profondità e una tridimensionalità straordinaria.
Ma ciò che rende davvero unico l’Ultima Cena è la capacità di Leonardo di catturare le emozioni e i sentimenti dei personaggi. Ogni apostolo reagisce in modo diverso alla notizia che uno di loro lo tradirà, rivelando la maestria dell’artista nel ritrarre la psicologia umana.
Inoltre, l’Ultima Cena è un dipinto carico di simbolismo, con numerosi dettagli che richiamano il tema della morte e della redenzione. Ad esempio, il pane e il vino posti sulla tavola prefigurano l’Eucaristia, mentre i gesti delle mani degli apostoli alludono ai momenti cruciali della storia cristiana.
La tecnica utilizzata da Leonardo fu innovativa e sperimentale per l’epoca. Invece di usare la tradizionale tecnica a fresco, utilizzò una combinazione di olio e tempera su intonaco preparato, ovvero la tecnica a secco. Questo gli permise di creare sfumature e dettagli straordinariamente realistici. Riuscì così a trasformare il racconto di Giovanni, in modo totalmente realistico, per poter far comprendere a chiunque questa scena. Permettendo anche al popolo dell’epoca, per maggioranza analfabeta, di comprendere l’episodio descritto nel vangelo.
Per concludere, l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è un’opera straordinaria che coniuga maestria artistica, emotività e profondità simbolica. È un pezzo di storia dell’arte che continua ad affascinare e ispirare ancora oggi e lo farà anche in futuro.
L’analisi dell’opera “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci nel presente articolo si distingue per la sua eloquente esplorazione della maestria tecnica e delle scelte iconografiche audaci dell’artista rinascimentale. La narrazione dettagliata conduce il lettore attraverso il contesto storico, rivelando le reazioni profonde e commosse dei frati dominicani che quotidianamente contemplavano l’opera.
Tuttavia, in un esercizio di critica costruttiva, emerge una possibile riflessione sulla limitata accessibilità fisica all’opera. Sebbene la tecnologia consenta una fruizione virtuale dettagliata, la necessità di prenotazioni e le restrizioni severamente imposte potrebbero intralciare l’esperienza di un pubblico più ampio. Tale aspetto suscita interrogativi sulle dinamiche di fruizione dell’arte e potrebbe essere argomento di discussione per esplorare modi di rendere più amichevole e accessibile la fruizione dell’opera di Leonardo.
Parallelamente, una riflessione critica può essere rivolta alla sfida continua della conservazione dell’affresco. Nonostante gli sforzi ripetuti di restauro, la necessità frequente di interventi potrebbe sollevare domande circa l’efficacia delle attuali pratiche di conservazione, spingendo a considerare approcci più sostenibili e innovativi per assicurare la durabilità di un patrimonio artistico così significativo.
Condivido la condizione precaria dell’opera citata. Non solo, durante il conflitto mondiale del secolo scorso si è corso un serio pericolo di perdita totale dell’opera a causa dei bombardamenti. Del resto, sono anche dell’idea che per le caratteristiche di realizzazione stesse in origine da parte di Leonardo ( si tratta di un affresco), non ci siano molte altre possibilità di conservazione, a meno di traslocare l’intera parte di parete della chiesa.
Bombardamenti a parte il problema vero era l’umidità del refettorio. L’opera ha cominciato a perdere pezzi molto presto. Se Napoleone utilizzò la sala per farne la stalla per i suoi cavalli, significa che l’opera era già talmente rovinata da non interessare nessuno.
L’opera maestosa di Leonardo da Vinci, l’affresco L’ultima cena”, perpetua la sua impareggiabile influenza sulla coscienza artistica, costituendo un monumento senza tempo. La sua creazione, consumata nell’arco di quattro anni, mette in rilievo l’instancabile dedizione di Leonardo nel superare l’ostacolo dell’incompletezza e nel dare vita alla drammaticità del culmine dell’Ultima Cena. Esso, reso accessibile solo a gruppi selezionati per ragioni conservative, attira annualmente oltre 300,000 ammiratori, i quali si dispongono con rispetto e devozione al fine di contemplare la magia intrinseca alla visione leonardesca. Contestualizzando questo capolavoro nell’ambito dell’arte moderna, la rivoluzionaria tecnica dello “sfumato” di Leonardo, capace di conferire vita e mistero alle rappresentazioni, si scontra e si differenzia nettamente dai movimenti come il Cubismo di Pablo Picasso. In contrasto con la ricerca di armonia e varietà attraverso dettagli naturali operata da Leonardo, il Cubismo adotta una prospettiva frammentata e scomposta, delineando un’opposizione radicale. Artisti concettuali come Marcel Duchamp, mediante opere quali “Fontana”, sfidano audacemente le convenzioni estetiche, trasformando oggetti comuni in provocatorie espressioni d’arte. Tale atto di ribellione concettuale si discosta notevolmente dalla profonda spiritualità intrinseca a “L’ultima cena”. Parallelamente, l’arte di strada di Bansky offre un contrasto sul tema della conservazione, sottolineando l’effimero e l’inesorabilità del tempo nell’ambito delle opere d’arte. Mentre Leonardo si sottoponeva a rischiosi restauri per preservare la sua creazione, Banksy abbraccia la transitorietà come parte integrante della sua espressione artistica. “L’ultima cena” di Leonardo da Vinci, con la sua forza persuasiva e la tecnica innovativa, si erge come una pietra miliare, tuttavia, nel confronto con gli artisti successivi, emergono diversità di approcci che arricchiscono il panorama artistico con visioni audaci e sperimentazioni sorprendenti.
Ottima esecuzione del metodo che definirei “correlazioni in negativo”, utile per far emergere specificità che a questo punto sembrano “superate” dal linguaggio dell’arte dell’ultimo secolo. Ma fa anche nascere le domande: perché continuiamo a guardare Leonardo? Cosa troviamo di insuperato nella sua lezione? Esiste il progresso nell’arte (così come potremmo riscontrarlo nella tecnologia)?
L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci è un’opera importante dell’arte rinascimentale.
La precisione anatomica e la capacità di ritrarre emozioni distintive nei volti dei discepoli riflettono l’approccio scientifico di Leonardo, come evidenziato anche nei suoi studi anatomici. Il suo interesse per l’anatomia e la natura lo ha guidato nella creazione di opere come “L’uomo vitruviano,” figurante le proporzioni umane.
La tecnica del chiaroscuro utilizzata in “L’Ultima Cena” è una caratteristica di Leonardo, come la tecnica dello sfumato, evidenti anche in capolavori come la “Gioconda.” Questo effetto di luce ed ombra non solo aggiunge realismo alle scene, ma dà loro anche profondità e dinamismo. La stessa attenzione alla luce è evidente in opere come “Annunciazione” e “San Giovanni Battista.”
La sua intelligenza multisfaccettata e la sua curiosità emergono anche dai suoi famosi taccuini, dove ha documentato idee, schizzi e osservazioni su una vasta gamma di argomenti.
Leonardo da Vinci è vissuto in epoca rinascimentale con altri artisti come Michelangelo e Raffaello. Mentre Michelangelo affrontava i temi della grandezza umana attraverso opere come la “Creazione di Adamo” nella Cappella Sistina, Raffaello si distingueva per la sua grazia e armonia, come evidenziato nella “Scuola di Atene.”
In sintesi, “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci è un capolavoro di anatomia, luce, emozione e fede cristiana. Attraverso il suo lavoro, Leonardo ha contribuito a definire il Rinascimento, ispirando generazioni di artisti.
Io sono d’accordo su tutto ciò che hai detto dell’opera:
A livello anatomico è fenomenale, io stessa stento a credere affrescate e finte quelle figure.
La tecnica dello sfumato leonardesco è sublime.
I disegni di Leonardo sono semplicemente superiori a moltissimi altri artisti.
Però non definirei l’opera un capolavoro, già dalle fonti rinascimentali sappiamo che l’affresco si deterioró rapidamente già secoli fa. Leonardo sperimentava frequentemente sui suoi lavori, questo è sicuramente un fantastico pezzo d’arte ma non un capolavoro.
Penso che l’approccio di alcune persone all’arte sia totalmente errato e talvolta superficiale. Molte persone pensano che l’arte sia rappresentata solamente da quei famosissimi quattro quadri in croce come la monnalisa o la dama con l’ermellino, quando esistono miliardi e miliardi d’opere d’arte stupende che non vengono calcolate dalla massa. Il concetto di arte è liquido e può variare da persona a persona. Leonardo è stato sicuramente un genio, ma ha fatto anche lui degli errori, ricordiamo che il pessimo stato dell’ultima cena è anche “colpa” (se di colpa si può parlare) di Leonardo stesso, che ha utilizzato delle tecniche ignote per realizzare quell’affresco. Riguardo al attesa per vedere l’affresco, posso comprendere l’irritazione e il fastidio, ma trovo importante che ci siano queste attese pur di non rovinare un opera d’arte già in stato di conservazione precario.
Scusate se mi intrometto, ma Leonardo è uno dei miei miti. Devo dire che non capisco Miss o Mister Blu. Certo che esistono miliardi di opere d’arte, ma esistono anche miliardi di schifezze che si autoproclamano arte. Ecco perché siamo interessati a ricercare giudizi qualitativi senza i quali anche le paturnie visive di chiunque avrebbero accesso ai musei. L’arte è liquida solo per chi non la conosce.
Concordo sul fatto che esistano miliardi e miliardi di schifezze, e che una regolamentazione nel mondo dell’arte sia necessaria. Però è anche vero che la maggior parte delle persone considerino arte o presunta tale solamente quei quattro quadri. Riguardo al fatto che l’arte è liquida solamente per chi non la conosce, non sono d’accordo, in particolar modo in quest’epoca un cui esistono forme d’arte “in movimento” come video e film, l’arte è più liquida che mai.
Un film può essere considerato una forma d’arte esattamente come può essere considerata arte l’affresco di quest’articolo, sono forme d’arte diversa, ma sempre arte le considero.
Trovo il commento di Blue non “adeguato” poiché il “Genio” Leonardo Da Vinci ha scelto di utilizzare l’innovativa tecnica, dipingere su intonaco secco, per permettersi di utilizzare una vasta gamma di colori (poichè nell’affresco, la gamma cromatica è infatti limitata, in quanto alcuni tipi di pigmento non possono essere usati perché a contatto con la calce si alterano) e la tecnica della sfumatura, utile a rendere l’opera più realistica.
È vero che questo ad oggi risulta un (passatemi il termine) “errore”, però al tempo stesso non sapremo mai se l’opera avrebbe avuto tale visibilità e ammirazione qualora fosse stata realizzata con la tecnica dell’affresco.
Mi dispiace ma mi trovi in disaccordo con quello che hai detto: c’è arte e arte.
Leonardo, insieme ad altri personaggi, hanno fatto la storia dell’arte: io sinceramente, non riesco a comprendere artisti, o almeno per come si fanno chiamare, che chiamano opere cose come quelle di Lucio Fontana che vuole interpretare il concetto di spazio/universo in un taglio su una tela, o anche la merda d’artista di Piero Manzoni. Per me queste non possono essere considerate opere d’arte paragonate a quelle di Leonardo, di Michelangelo o di Caravaggio. E se quei quattro quadri in croce sono sui libri di storia dell’arte, in confronto ad opere che non ci sono, è perché sono state talmente simboliche per il periodo in cui vivevano che hanno creato un pezzo di storia, un qualcosa di nuovo, mentre adesso si dà per scontato che tutto possa essere arte.
Per me Giorgia ha ragione e Blue non ha torto. I capolavori sono rappresentativi di un’intera epoca. Oggi siamo in un mondo enormemente più grande di quello di Leonardo. Dobbiamo prendere in considerazione tante culture. Nessun artista può rappresentare tutti. Come dice Blue siamo in un mondo liquido. Ecco perché come dice Giorgia ci aggrappiamo a Leonardo o a Michelangelo: abbiamo nostalgia di quando era possibile dire questo artista è più bravo di tutti.
A proposito della fede cristiana citata da Ib volevo chiedere all’autore dell’articolo che sembra così informato se sapeva che il Giovanni dipinto chiaramente come se fosse una donna era in realtà Maria Maddalena. Lo dice chiaramente Dan Brown nel suo superbestseller Il codice da Vinci. Quindi il dodicesimo apostolo era una donna, l’amante di Cristo, e che gli diede un figlio. Una faccenda che la Chiesa ha sempre negato. Chiaramente Leonardo non segue una interpretazione ma con il suo genio trova in modo di rivelare una verità scomoda.
Hai ragione, Ne parla anche il bel film di Ron Howard con il bravissimo Tom Hanks. Tutto parte dalla simbologia di Leonardo. Sia il romanzo e sia il film hanno avuto come dici tu un super successo. Va bene lo sfumato, meno bene la tecnica a secco ma è il significato simbolico ad essere importante nell’ultima cena. Perchè Leonardo ha dipinto uno degli apostoli con fattezze femminili?
Quest’opera è più di un bell’affresco. Concordo con l’intervento di Annalisa. Leonardo ha tentato di dire qualcosa di diverso dalla tradizionale interpretazione. Lo ha fatto con un simbolismo ermetico, probabilmente per proteggersi.
Anche LaChappelle in una bellissima foto ispirata da Leonardo ci dice che tra gli apostoli c’erano donne. L’intervento di Annalisa mi è piaciuto. Oggi siamo più liberi e possiamo vedere cose che nel passato erano censurate.
Stimata Annalisa, anche il nostro premio Nobel per la letteratura Dario Fo lo sosteneva (Giovanni=Maria Maddalena). Che Maddalena da mignotta si trasformasse nell’amante di Gesù lo fa intendere con chiarezza Martin Scorsese, nel film “L’ultima tentazione di Cristo”. La foto di LaChappelle, citata da Ann sembra andare in questa direzione (anche se a me la sua Maria Maddalena appare più come quella che porta i caffè agli uomini che discutono di cose serie, piuttosto che un apostolo). Ma chi dice cosa? Parliamo di un grande e colto comico, di un eccezionale regista e di un geniale creativo.
Nessuno di questi personaggi può essere considerato uno storico dell’arte rinascimentale o uno studioso di faccende religiose. Stesso discorso per Dan Brown, bravissimo nell’architettare thriller di successo con un linguaggio letterario molto visivo (ecco perché i suoi libri diventano facilmente dei film), ma poco credibile quando si cimenta in questioni storiche che presuppongono un controllo scientifico delle fonti.
Allora, per semplificare, la metterei giù così: se Dan Brown credeva veramente che l’illusione prodotta dal volto glabro e femminile di Giovanni dipinta da Leonardo nascondesse/rivelasse Maddalena; se credeva che più che una apostola fosse l’amante di Cristo e che dopo non so quanti tricktrack fosse rimasta incinta; se credeva che la nascita del figlio avesse scatenato paura, ira, odio tra i rappresentanti della Chiesa al punto da ordinarne la morte…Se Dan Brown credeva veramente a queste fandonie allora è un coglione.
Devo dire che il sospetto l’ho avuto. In una intervista alla BBC nel 2003 lo scrittore dichiarò che 99% di quello che aveva scritto sul Graal era documentato e vero. Nelle prime edizioni in lingua inglese mister 200 milioni di copie, provò a convincere i lettori che la sua fiction letteraria aveva solide basi informative. Solo una introduttiva anoressica paginetta, che però ancorava la veridicità della storia narrata ad un serio lavoro di ricerca. Peccato che fossero tutte fonti che nessun studioso comediocomanda ha mai preso in considerazione se non per intrattenere a cena un ristretto pubblico di amici ritardati mentali. Insomma la brodaglia semantica dentro cui affondano le radici del”Codice Da Vinci” è fatta del solito pattume storicista sul Santo Graal, delle scemenze sui poveri Templari, con evidenti storture narrative di carattere massonico, ermetico, complottista. Dopo la settima edizione Dan Brown tolse l’introduzione. Questo mi suggerisce che probabilmente mister 200 milioni di copie, è un gran furbacchione e conosce benissimo tutti i trucchi che eccitano il mercato. Di conseguenza forse il coglione non è lui bensì il lettore credulone (il cui numero con l’inizio del nuovo millennio si avvierà verso una inarrestabile crescita).
Tuttavia la questione che Vincenzo pone è intrigante. In effetti se usassimo un banalissimo differenziale semantico del tipo: chiediamo a un cluster di persone scelte a caso se l’immagine di Giovanni è più vicina alle caratteristiche fisionomiche femminili o a quello maschili…Ebbene, non ho dubbi che in questo caso la stragrande maggioranza sarebbe per il femminile. Insomma è percettivamente vero che Leonardo mette una maschera al femminile sul volto dell’incolpevole Giovanni. Ma allora è plausibile la congettura che Leonardo volesse rivelare ciò che doveva restare un segreto? Se ci riferiamo alle fonti meno controverse, scopriamo però che Giovanni era l’apostolo più giovane, poco più di un adolescente. Ebbene capita spesso di vedere con frequenza giovani che a quell’età hanno molti tratti del volto più femminili che maschili. Quindi Leonardo non ha dipinto Maddalena bensì il bel volto di un adolescente. Nessun segreto, nessun complotto. Soltanto il volto di un adolescente particolarmente attraente affranto dalla notizia del tradimento.
Comunque, credo sia quasi impossibile convincere l’idiota complottista che il fantasioso Vangelo di Filippo (conosciuto anche come il Vangelo della moglie di Gesù), citato nel libro di Dan Brown, sia una fiction, come il romanzo del resto. E come si fa a fargli capire che il nome di Leonardo tra i Gran Maestri del ridicolo Priorato di Sion, inventato nel 1956 da un ciarlatano francese che si proclamava figlio di Gesù, di nome Pierre Plantard, è una colossale bufala?
Tra il Leonardo attratto dalla sfida pittorica rappresentata dalla conquista di una bellezza umana come fonte di piacere visivo e il Leonardo ermetico immerso in pratiche occulte, sceglierà sempre il secondo.
alice and the White Rabbit drinking tea and no time to wash mugs alice in Wonderland style POP ART inspired by Roy Lichtenstein.Very close up image POP ART cartoon style divided into three squares.Flat images,acrylic colors,bold and dull dotted style.characters alice rabbit and mugs
Un consiglio Aurora: non scrivere commenti quando sei ubriaca!
L’ultima cena di Leonardo da Vinci è senza dubbio uno dei più grandi capolavori della pittura mondiale. Chi ammira questo maestoso affresco, ha l’impressione di trovarsi di fronte ad una scena reale, grazie all’uso della prospettiva e dei colori. In questo dipinto Leonardo ha sperimentato la tecnica a secco, la tecnica dello sfumato, riuscendo così a dare vita ai personaggi dei suoi quadri e a rendere veri i paesaggi. I gesti, le espressioni e tutti i dettagli, sono rappresentati in modo realistico e, chi osserva, ha l’impressione di trovarsi davanti ad una scena reale. Anche gli aspetti della religiosità e della psicologia umana prendono vita. Leonardo ha saputo descrivere la scena in maniera magistrale riuscendo a cogliere le emozioni e le reazioni dei personaggi raffigurati come mai nessuno era riuscito a fare prima.
Non a caso questo affresco è continuamente ammirato dal pubblico di tutto il mondo, nonostante le restrizioni e le lunghe liste di attesa. Questa è un’ulteriore dimostrazione della grandezza del quadro e di Leonardo
Accipicchia, ti sei ripresa subito, magica!
Credo fermamente che il vero miracolo del genio di Leonardo stia nella straordinaria abilità tecnica solo nella misura in cui gli permetteva di cogliere l’essenza di ciò che è umano: una vera e propria rivoluzione, in un ambiente che vedeva la divinità come perfetta e inarrivabile, dimenticando le parole che continuamente venivano e vengono ripetute -ma forse non comprese fino in fondo- nella sua stessa Professione di Fede: “s’è fatto uomo”.
Ancora oggi l’Italia rimane in gran parte un Paese bigotto nel quale la fede cristiana, per quanto non porti a fanatismi religiosi come in altri luoghi del mondo, sicuramente costruisce dei paraocchi di cemento sui volti di tutti coloro che ne hanno fatto un’abitudine. “La Bibbia è la parola di Dio, perciò va seguita alla lettera”; e così si procedere senza riflettere su ciò che si è sempre ascoltato. Non mi si fraintenda, non dico che la Bibbia non debba essere letta: è un testo di filosofia estremamente prezioso e dovrebbe essere letta anche da un ateo, così come il Corano o il Talmud; ma sicuramente non andrebbe letta a mente spenta, né tutto ciò che vi è scritto dovrebbe essere preso come imprescindibile solamente perché “è la parola di Dio”. Ci sono tanti passi della Bibbia che un dio buono e misericordioso non detterebbe mai, costrutti e convinzioni propri di uomini vissuti in un certo periodo storico con certe convinzioni e in un determinato ambiente sociale, non certo di un dio onnisciente e fuori dal Tempo. Accendere il senso critico, ragionare su ciò che si legge e prenderlo per ciò che è, sapere filosofico non sempre corretto e, fondamentalmente, criticabile. Portarlo, quindi, su un piano più umano.
Come Leonardo ha fatto veramente sì che Dio si facesse uomo alla fine del Quattrocento, nella seconda metà del Novecento Fabrizio de André ha incarnato l’altissimo tra gli ultimi, rendendo fragile, spaventato e volubile lui e tutti gli altri personaggi che lo circondavano, dando dignità anche a coloro che, per la loro definizione, non dovrebbero averne. A tal proposito, legato anche a tutto ciò che ho scritto sopra, non posso esimermi dal citare “Il testamento di Tito”, che ritengo una delle poesie più meravigliose di de André: uno dei ladroni crocifissi con Gesù che riflette sui Dieci Comandamenti, dettati dal Signore in persona, commentandoli uno per uno dal punto di vista di un uomo che ha vissuto veramente su questo mondo, che non è ideale, non è perfetto; un uomo che ha agito non secondo la Legge divina, ma secondo la legge della sua morale; e che non ha imparato l’amore dal Verbo inciso nella pietra, ma da quello che s’è fatto carne: “Io nel vedere quest’uomo che muore / Madre, io provo dolore / Nella pietà che non cede al rancore / Madre, ho imparato l’amore”.
Infine, credo che l’esempio migliore che testimonia quanto de André abbia portato l’umano in ciò che è stato, per secoli, divino e perfetto, si veda in “Tre Madri”, in cui Maria, ai piedi della croce, piange il figlio che ha perduto: è perfettamente consapevole della natura dell’uomo che ha di fronte, eppure non vede Dio, lassù, sulla croce: vede ancora il suo bambino, sofferente, che ha ormai perduto; colui che tutti chiamano Figlio di Dio e Salvatore, lei lo chiama Gesù, e piange, piange; non le importa che stia morendo per la salvezza degli uomini: sta pur sempre morendo, e con lui muore tutto ciò che le era rimasto. E tutto questo viene raccontato da de André con parole semplici, meravigliose, tanto dolci, tanto affettuose, eppure dolorose come un coltello piantato nella carne: “Per me sei figlio, vita morente / ti portò cieco questo mio ventre; / come nel grembo e adesso in croce /ti chiama amore questa mia voce. / Non fossi stato figlio di Dio / t’avrei ancora per figlio mio”.
Apprezzo quello che dice Marco menzionando de André, ma io penso che Leonardo sia più rock che folk. Tutte le sue invenzioni anche se spesso non funzionavano sono rock, anche i suoi quadri.
Posso capire l’associazione tra il rock e le sue innovative macchine da guerra, tuttavia il mio collegamento non puntava ad associare una moodboard al personaggio Leonardo, bensì a collegare due interpretazioni del divino lontanissime temporalmente eppure tanto vicine.
Secondo me Leonardo è più Mozart che rock entrambi abbonati a fare solo capolavori
L’ultima cena di Leonardo secondo me acquisisce grazie a questa sua facile corruttibulitá un valore ancora maggiore di quello che avrebbe avuto altrimenti.
Il solo pensiero che un qualcosa potremmo perderlo ce lo rende ancora più prezioso.
L’arte per antonomasia é conosciuta per sopravvivere al suo artista ed avere una lunghissima vita.
Quest’opera peró ci é assai piú vicina per questa somiglianza con la vita umana, qualcosa di fragile e che col tempo corrompe, che invecchia e che muore.
L’artista ha reso talmente vitale la sua creazione da dare il soffio della vita alla sua opera, rendendola tanto simile a una creatura viva.
L’opera che si sgretola è si rovina potrebbe ricordare anche il tradimento del tempo che si porta via senza pietá il ricordo di ció che era stato creato da Leonardo.
In entrambi i casi vi é rappresentato un tradimento
Tutti gli appassionati di arte e non, quando si parla di artisti che hanno fatto la storia, si affacciano a conoscere la figura di Leonardo, perché è stato un pittore, inventore e scienziato italiano che ha fatto la storia. E’ considerato un genio poiché è riuscito a realizzare la profondità nei suoi quadri, come l’Ultima Cena, ha iniziato a sperimentare la prospettiva aerea, come possiamo notare nel quadro dell’Annunciazione e in ambito scientifico è conosciuto anche grazie alla poliedricità dei suoi studi, difatti lo possiamo notare dal suo studio anatomico per la realizzazione dell’Uomo Vitruviano.
Leonardo è stato un personaggio di molteplici talenti e si può dire che l’ambito artistico sia stato uno dei più emozionanti, i suoi studi e i suoi risultati hanno fatto il giro del mondo e moltissimi artisti dopo si sono ispirati a lui. Composizione, prospettiva, uso del colore, uso della luce e attenzione ai dettagli sono componenti che accomunano i suoi quadri e non smettono mai di stupire. Comprendo la fila lunghissima di attesa per vedere un suo quadro, è stato un pilastro dell’arte e della scienza.
La magnificenza del quadro l’Ultima Cena, oltre alla bellezza della prospettiva, è anche data dal fatto che lui si concentra molto sull’espressione degli apostoli più che quella di Gesù, perché ricevono la notizia che uno di loro è colui che li tradirà.
Infatti Giuda, che sarà il “traditore”, non è rappresentato come in altri quadri: isolato e in disparte dato il tradimento, ma in questo caso Leonardo lo ha voluto raffigurare in mezzo ai propri compagni, anch’essi apostoli, forse perché voleva far comprendere che anche le persone di cui alcune volte ci fidiamo possono ingannarci.
giorgia, mi trova in totale accordo sui “complimenti” esposti a riguardo l’espressività che Da Vinci dona ai cosi detti personaggi secondari, non rendendoli unicamente delle comparsi, ma facendoli diventare parte integrante dell’opera, però questa forte espressività è stata realizzata con lo stile a secco, quindi dico, ne è valsa veramente la pena, potevi andare a esporti maggiormente a riguardo, parlando di come questo abbia causato difficoltà nel mantenimento dell’opera portandola a un elevato numero di restauri.
Apprezzo molto il commento di Letizia Casotti sul precoce deterioramento dell’opera d’arte in relazione alla mortalità umana. L’uomo, consapevole di essere thnētós e destinato alla morte, si rispecchia nell’opera d’arte.
Al contrario, non condivido l’approccio di Blue nell’analisi dell’arte e nel suo modo di concepire la critica artistica. Sostengo il suo commento come personale, ma non come un’oggettivo metodo di critica.
Lo stile pittorico di Leonardo da Vinci, evidenziato nell’opera “L’Ultima Cena”, incarna una fusione straordinaria di brillantezza tecnica e profondità emotiva per l’epoca. In questa iconica opera, l’espressività dei personaggi testimonia l’acuta osservazione e comprensione della natura umana che Da Vinci ha sempre dimostrato di possedere. Ogni figura nella composizione rivela una sottile rappresentazione delle emozioni, spesso raggruppate in tensione e sbigottimento, riflettendo il momento di messa in discussione degli apostoli da parte di Cristo, il tutto avvolto da un velo di malinconia.
Ciò che spicca è l’insolita composizione immersiva del momento, con un Cristo centrale e calmo che osserva le reazioni tumultuose di coloro che lo circondano. L’uso della prospettiva e della disposizione spaziale intensifica l’impatto narrativo, attirando lo sguardo degli spettatori verso il momento sacro, troppo intenso per le convenzioni pittoriche dell’epoca. Il grande genio di Leonardo e il suo acuto spirito di osservazione lo hanno guidato a rivisitare la tradizione per raggiungere l’emozionalità forte e realistica necessaria alla scena. Questa tecnica fu rivoluzionaria, influenzando gli artisti successivi e stabilendo nuovi standard per la rappresentazione dello spazio e delle emozioni.
Il confronto con altre opere del Rinascimento evidenzia il contributo unico dell’artista. Mentre i suoi contemporanei eccellevano nei medesimi campi, la capacità di Leonardo di infondere profondità psicologica ai suoi soggetti lo distingueva. L’influenza è palpabile nelle opere di artisti come Raffaello, con la Madonna del Belvedere, che riprende la struttura piramidale, o Caravaggio, con la Cena in Emmaus, che trae ispirazione dall’approccio innovativo di Da Vinci alla composizione e alla narrazione emotiva.
La sua importanza nella storia dell’arte non risiede solo nella maestria tecnica, ma anche nel suo sguardo innovativo e orientato al futuro. La sua esplorazione dell’anatomia, dell’ottica e dell’integrazione della scienza nell’arte ha gettato le basi dell’Alto Rinascimento. Personalmente, ammiro la sua capacità di non accettare acriticamente i dettami del suo tempo, ma di porsi domande e trovare risposte attraverso approcci alternativi. Ad esempio, la prospettiva aerea rappresenta una codifica visiva dell’occhio, poiché all’epoca la scienza non aveva i mezzi per spiegare che l’aria poneva un filtro blu negli elementi in lontananza. Sono atteggiamenti come questi che hanno dato vita al metodo scientifico di Galileo Galilei, aprendo la strada a realizzazioni impensabili fino ai giorni nostri.
Su tutto l’articolo è spiccata a mio parere l’interessante riflessione sulla interpretazione che Leonardo ha dato dell’episodio dell’Ultima Cena: la comparazione tra la tradizionale rappresentazione del Vangelo e quella proposta da Leonardo mette in luce secondo me l’audacia dell’artista nel distanziarsi dalla convenzione iconografica dell’epoca.
Leonardo sembra essersi interrogato sull’efficacia della rappresentazione visiva tratta dal Vangelo, cercando di catturare non solo l’aspetto rituale e solenne dell’evento, ma anche la drammaticità del momento. L’analisi delle possibili reazioni umane all’annuncio di Cristo riguardo al tradimento evidenzia l’approccio psicologico dell’artista, che va al di là della semplice illustrazione formale.
Credo che questo approccio potrebbe essere interpretato come un tentativo di avvicinare la spiritualità alla vita quotidiana, rendendo la narrazione più accessibile e vicina all’esperienza umana. Leonardo, oltre a essere un genio artistico, penso che sia stato anche un profondo pensatore che cercava di andare oltre le convenzioni del suo tempo, esplorando nuove vie per esprimere e comunicare la complessità delle emozioni umane attraverso la sua arte, tutt’ora (ancora, a mio parere) contemporanea.
Interessante il fatto di dare una chiave di lettura più vicina alle persone, quindi cercare di rappresentare la quotidianità riducendo la distanza tra il sacro e la vita di tutti i giorni. Però per quell’epoca era un rischio, a mio parere, diminuire l’importanza di una rappresentazione di un evento religioso.
Parlando dell’artista Leonardo da Vinci, ci troviamo di fronte a un genio non solo per la sua straordinaria tecnica, ma anche per la sua profonda comprensione dell’arte in termini di intelligenza, rappresentazione e composizione.
Nell'”Ultima Cena”, Leonardo ha impiegato la sua tecnica distintiva dello “sfumato” per infondere vita e realismo ai personaggi. Mescolando i colori in modo che le linee non fossero definite, ma si sfumassero dolcemente, ha creato un effetto naturale che rende i personaggi più espressivi. Vasari, un contemporaneo di Leonardo, ha elogiato la sua abilità, affermando: “Laonde volse la natura tanto favorirlo, che dovunque egli rivolse il pensiero, il cervello e l’animo, mostrò tanta divinità nelle sue opere, che nel dare la perfezione di prontezza, vivacità, bontà, vaghezza e grazia, nessun altro mai gli fu pari”. In queste parole, si riflette la maestria di Leonardo nel suo sfumato, associato a concetti come “vaghezza” e la sua ineguagliabile perfezione artistica.
Ma ciò che rende davvero unica questa opera è la scelta di Leonardo di rappresentare un momento altamente drammatico dell’Ultima Cena, distinguendosi dalla rappresentazione tradizionale. Mentre molti artisti del suo tempo si concentravano sulla perfezione formale e sull’ideale, Leonardo ha preferito concentrarsi sulla vita quotidiana, sui dettagli e sulle emozioni umane. Il suo interesse si focalizzava sul momento della rivelazione del Signore, aggiungendo un elemento di drammaticità e umanità all’opera.
Secondo Vasari, Leonardo ha cominciato molte cose e ne ha finite poche, poiché riteneva che la sua mano non potesse giungere alla perfezione dell’arte nelle cose che immaginava. La sua eccellenza, quindi, non risiedeva solo nell’abilità tecnica, ma nell’intelligenza dell’arte, nella rappresentazione, nella composizione e nell’idea stessa.
Il coevo di Vasari, Serlio, afferma: “nel vero la theorica sta ne l’intelletto, ma la pratica consiste nelle mani, et perciò lo intendentissimo Leonardo Vinci non si contentava mai di cosa ch’ei facesse, et pochissime opere condusse a perfettione et diceva sovente la causa esser questa: che la sua mano non poteva giungere allo intelletto”.
In conclusione, Leonardo da Vinci, attraverso la sua tecnica innovativa, la profondità intellettuale e la sua scelta di focalizzarsi sul dramma e sull’umanità, ha creato un’opera senza pari nell'”Ultima Cena”. La sua influenza va oltre la mera padronanza tecnica, estendendosi alla capacità di catturare l’intelletto e l’anima attraverso la pittura.
Leggendo il testo mi si sono accese 2 lampadine in testa.
La prima riguarda la fruizione dell’opera del fatto che nonostante sia possibile ammirare “L’Ultima Cena” in alta definizione online, un gran numero di persone fa ancora lunghe code per vederla dal vivo per soli 20 minuti. Questa apparente contraddizione sottolinea la potente attrazione e l’irrinunciabilità di vivere l’opera in loco, come dimostra l’esperienza del prof Cantoni. Potrebbe essere interessante esplorare ulteriormente questo comportamento umano, forse attribuibile alla ricerca di un’esperienza autentica e tangibile, nonostante le opzioni di accesso virtuale avanzate a cui possiamo accedere oggi.
La seconda invece riguarda la scelta di Leonardo di dare una visione del quotidiano alla sua opera. Dico questo pensando che ci poteva essere qualcuno che poteva contestare la deviazione o comunque la sbagliata rappresentazione di un evento sacro, allontanandosi dalla fedeltà ai dettami religiosi e iconografici dell’epoca. L’approccio innovativo di Leonardo potrebbe essere percepito come un’interpretazione soggettiva e personale che, sebbene ricca di sfumature emotive, potrebbe allontanarsi dall’essenza stessa dell’evento religioso.
La scelta coraggiosa di Leonardo da Vinci di dare un’interpretazione più quotidiana e umana all’evento sacro de “L’Ultima Cena” rappresenta una rottura significativa con le convenzioni iconografiche dell’epoca. Il suo coraggio emerge nel suo audace tentativo di trasformare un momento religioso canonico in una scena più viva, emotiva e tangibile. A mio parere trovo che l’audacia artistica di Leonardo abbia contribuito a ridefinire l’approccio all’arte sacra.
Guardando “L’ultima cena” secondo me la cosa che più di tutte distingue la bravura di Leonardo nel raffigurarla non sta nelle tecniche innovative, nello sfumato o nei tratti, è stato il suo grande talento nel riuscire a cogliere le emozioni. Emozioni umane che noi tutti conosciamo, che noi tutti proviamo ogni giorno, e Leonardo è riuscito a dare ad ogni persona nel dipinto un’espressione vera, le espressioni che probabilmente erano quelle degli apostoli nel momento in cui Gesù dice che qualcuno lo avrebbe tradito. Siamo umani, e la cosa che più ci affascina e crea empatia in noi è il riuscire ad immedesimarci e metterci nei panni di chi vediamo, e in questo dipinto le loro emozioni escono dalle pennellate e ci arrivano dritte al cuore. E non credo sia perché Leonardo è un maestro nel ricreare la perfezione con le sue sfumature, perché ad esempio anche nel quadro “Guernica” di Picasso le emozioni esplodono fuori dal dipinto, guardandolo riusciamo a sentire tutta la brutalità dei bombardamenti, riusciamo a leggere il dolore nelle loro espressioni e anche quello ha un grandissimo impatto emotivo, eppure di realistico non ha nulla. È un quadro cubista, creato con forme geometriche e astratte, è addirittura in bianco e nero e quindi non c’è neanche un colore.
Questo per dire che, anche se ovviamente Leonardo e Picasso sono due artisti completamente diversi e che non possono essere paragonati, la grande abilità di un pittore, o meglio, di un artista, non sta tanto nel saper creare una scena alla perfezione, ma nel creare un forte impatto emotivo e quindi empatia in chi lo guarda.
Rispetto il tuo punto di vista sulla capacità di Leonardo da Vinci di catturare emozioni umane in “L’Ultima Cena”. Tuttavia, divergo sulla tua affermazione che la maestria di un artista non risieda tanto nella perfezione tecnica quanto nell’abilità di creare un forte impatto emotivo ed empatia. Mentre è innegabile che l’aspetto emotivo sia cruciale nell’apprezzare un’opera d’arte, la genialità di Da Vinci nel combinare tecniche innovative, sfumato e dettagli anatomici contribuisce significativamente a elevare la sua opera. La sua abilità tecnica non solo rende le espressioni emozionali convincenti ma contribuisce anche a creare un’esperienza visiva straordinaria che si fonde con l’intensità emotiva della scena rappresentata. In questo caso, la perfezione tecnica e l’impatto emotivo non sono mutuamente esclusive, ma piuttosto si integrano per creare un capolavoro senza tempo.
L’artista, anche in quest’opera, fa risaltare le sue tecniche ammirevoli. Ad esempio viene utilizzata la tecnica dello sfumato (come ad esempio nella “Monnalisa”, un’altro quadro molto noto di Leonardo), riuscendo anche a descrivere l’opera attraverso le emozioni per dare vita ai personaggi dei suoi quadri e a rendere veri i paesaggi. Vengono portati alla luce anche gli aspetti religiosi e, forse, anche la psicologia dell’uomo. Leonardo Da Vinci fu l’unico artista rinascimentale che riuscì a dare espressioni umane al Vangelo, nonostante i molti artisti di quel periodo come, ad esempio, Michelangelo, che realizzò ‘Il Giudizio Universale”, che fu la rappresentazione della seconda venuta di Cristo e del giudizio finale ed eterno di Dio di tutta l’umanità, quindi anche lui raffigura una parte del vangelo. Ritengo che Leonardo però sia il migliore a ricavare le emozioni riponendole poi nel quadro, come se, anche in questo caso, avesse lavorato in campo anatomico, dato che lo stesso Leonardo esplorò in modo approfondito il corpo umano.
Leonardo Da Vinci è sicuramente un gigante del Rinascimento, ma la affermazione che sia stato l’unico capace di dare espressioni umane al Vangelo sembra un’esagerazione. Altri artisti del periodo, come Michelangelo, hanno anch’essi affrontato temi religiosi in modo notevole, anche se in una prospettiva diversa.
La comparazione con l’approccio anatomico di Leonardo potrebbe essere interpretata come una forzatura, poiché la sua maestria nell’esplorazione del corpo umano non è sempre tradotta in un’equivalente profondità emotiva nei suoi dipinti.
Leonardo credo sia stato l’uomo giusto al momento giusto, per sancire col Rinascimento il passaggio di questi talenti da artigiani ad artisti. La sua rivoluzione in termini di tecnica pittorica ne è la prova. Il metodo utilizzato da Leonardo, la pittura a secco, gli permette di andare a modificare ciò che fatto.
Il trattamento con zone più in ombra ed altre più in luce rende la tensione del momento ancor più palpabile. Ci immerge, ci porta a vivere quel momento da protagonisti.
Inoltre reputo interessante come nonostante la scena sia completamente frontale, si riesca a ben concepire chi siano le figure chiave per la lettura di ciò che rappresentato.
Purtroppo non capisco il discorso di Blue.
Hai affermato che uno degli “errori” di Leonardo è stato l’utilizzo di tecniche ignote per realizzare l’opera. Al contempo hai affermato che Leonardo è un genio.
Non credi che per esser considerati geni, spesso, bisogna osare? Bisogna fare qualcosa di cui ancora si hanno ignare conseguenze?
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci si erige come uno dei vertici indiscussi nella storia dell’arte, un autentico capolavoro che dipinge l’ultima cena di Gesù con i suoi apostoli. La sua bellezza senza tempo si accentua attraverso la profondità simbolica e il significato religioso che permea ogni pennellata.
È sorprendente come ogni dettaglio, dalle espressioni dei volti ai gesti delle mani, sia reso con tale realismo da immergere lo spettatore direttamente nella scena stessa. La composizione perfettamente orchestrata, con le figure disposte armoniosamente attorno a un Gesù centrale, forma un triangolo che cattura l’attenzione con immediatezza.
Il gioco di luci e ombre aggiunge straordinaria tridimensionalità, mentre la maestria psicologica di Leonardo nel catturare emozioni e sentimenti conferisce all’opera un livello di profondità straordinario. Ogni apostolo reagisce in modo unico alla notizia del tradimento, rivelando la comprensione articolata dell’artista della psicologia umana.
L’Ultima Cena è intrisa di simbolismo, con dettagli che richiamano il tema della morte e della redenzione. I gesti delle mani degli apostoli e gli oggetti sulla tavola prefigurano in modo simbolico momenti cruciali della storia cristiana, come l’Eucaristia.
Leonardo ha adottato una tecnica innovativa a secco, combinando olio e tempera su intonaco preparato, per creare sfumature e dettagli straordinariamente realistici. Questo approccio consentì alla popolazione dell’epoca, per lo più analfabeta, di comprendere il racconto evangelico in modo accessibile.
In conclusione, l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è un’opera straordinaria che fonde maestria artistica, emotività e profondità simbolica. Continua a esercitare il suo affascino e a ispirare, rimanendo un pezzo di storia dell’arte che trasmette la sua grandezza attraverso i secoli.
L’ultima cena di Leonardo è un’opera d’arte senza confini e senza tempo, perché chiedendo a tutti gli appassionati d’arte e non un’artista che ha fatto la storia con le sue opere e con le sue invenzioni, immediatamente si ricorderanno di Leonardo Da Vinci.
Nel caso dell’ultima cena, Leonardo, ha realizzato un affresco parietale ottenuto con una tecnica sperimentale mista a secco su un intonaco, che nel tempo si sgretolerà e si rovinerà fino a scomparire.
Proprio per questa tecnica Leonardo la rese ancora più unica e preziosa, in quanto la potremmo considerare come un essere umano che nasce e muore nel tempo senza lasciarne traccia.
Una delle cose che mi ha colpito di più di questa opera d’arte, è del come Leonardo sia riuscito a creare una straordinaria profondità, utilizzando la prospettiva, infatti gli apostoli e Gesù Cristo seguono le linee prospettiche convergendo verso un punto di fuga centrale, che attrae lo sguardo dello spettatore verso il punto focale dell’opera.
Per quanto riguarda i colori invece, Leonardo utilizza una tecnica chiamata sfumato, caratterizzata da transizioni graduali tra tonalità di colore. Questo ha permesso a Leonardo di creare ombre morbide e transizione fluide, trasmettendo un realismo straordinario alle figure; i colori sono tenui e naturali, con una predominanza di tonalità terrose e pastello.
Nella storia dell’arte ci sono state numerosissime rappresentazioni dell’Ultima Cena, eppure quella di Leonardo è stata un punto di svolta a tal punto da essere quasi la sola ed unica rappresentazione di questo atto ad esser presa come ispirazione per altre rappresentazioni in altri campi, come ad esempio la fotografia. Sarà che forse le “Ultime Cene” prima di quella di Leonardo parevano rappresentare una tavolata tra amici più che un drammatico atto di rassegnazione, in ogni caso quella di Leonardo è L’Ultima Cena. Anche nella fotografia molta gente s’è presa la briga di rendere un omaggio a quest’opera (più che all’atto in sé), ma farò menzione solo di alcuni più interessanti.
Hiroshi Sugimoto, che si può dire avesse una vaga ossessione nel rappresentare fotograficamente animali e persone proprio come se li stessimo guardando dal vivo, nel 1999 realizza la sua Ultima Cena, cercando una rappresentazione denotativa dell’opera di Leonardo, nulla più e nulla meno. Ironia della sorte, l’opera di Sugimoto venne gravemente danneggiata quando si trovava nel suo studio a New York grazie all’uragano Sandy. Questo però non fece che aumentare l’affinità con l’opera decadente a cui faceva riferimento.
La Chapelle realizza la sua Ultima Cena nel 2003 e si, questa è quella che con quella di Leonardo cozza di meno, anzi, direi che sembra una di quelle tavolate da amiconi rappresentate nel 1300. Vista dalla prospettiva un forte credente, quella di La Chapelle potrebbe apparire come un’opera blasfema e demoniaca, proprio come quella di Marcos Lopez del 2001, che invece inscena un’Ultima Cena ispirata alla tradizione argentina; ovviamente nessuna tradizione religiosa, bensì quella del barbecue argentino.
L’opera però che più di tutti colpisce sicuramente è quella di Cui Xiuwen, dove l’Ultima Cena diventa un sottile critica al regime comunista Cinese. Muro e tavoli grigi, tutte le figure completamente uguali, quasi realizzate con lo stampino. Aiutano alle correlazioni con i personaggi che rappresentano solo i gesti e le espressioni facciali di queste. L’omologazione, la ripetizione e la banalità regnano sovrani in questo scatto, che però riesce al contempo ad essere impattante e sconcertante.
Dare una occhiata alle ultime cene ispirate dal capolavoro di Leonardo è stata un’ottima idea. Volevo postarle anch’io ma in internet ne ho trovato troppe. Quelle scelte da Alessandro sono molto interessanti.
Comincio ammettendo che non sono un grandissimo amante dell’arte, probabilmente non mi è mai iniziata a piacere perchè non ho un buon rapporto con la matita per disegnare quindi suppongo che le motivazioni siano da ricercare nella mia infanzia. Una cosa però è certa, per quanto poco mi piaccia e per quanto poco sia preparato in questa materia ammeto che Leonardo è uno di quei personaggi che fin da piccolo mi ha sempre affascinato molto.
Leggendo il suo articolo ho capito davvero la maestosità di quest’opera, non solo Leonardo ha rappresentato una scena iconica ma ha anche trasformato questo evento in un’opera d’arte straordinaria attraverso la sua maestria nell’anatomia, nell’espressione umana e nella composizione.
Grazie al sito che ci ha fornito ho avuto modo di osservare da vicino i gesti e le espressioni dei discepoli che rivelano un’ampia gamma di emozioni, dall’incredulità alla rabbia, dall’ansia alla tristezza. Leonardo ha sapientemente catturato il momento di tensione prima che la verità venga rivelata.
Leonardo non ha solamente dipinto un quadro religioso ma ha composto una vera e propria opera d’analisi della psicologia umana grazie all’infinità di dettagli presenti nell’opera e credo che sia proprio grazie ad essi che l’opera continua a ispirare e affascinare gli spettatori, dimostrando la straordinaria abilità dell’artista nel catturare l’essenza umana e nel trasmettere emozioni attraverso la sua arte senza tempo.
La delicatezza del processo di restauro e la pazienza richiesta sono essenziali per assicurare che il patrimonio artistico rimanga intatto per le generazioni future. In un mondo che spesso cerca la gratificazione istantanea, la protezione e la salvaguardia delle opere d’arte richiedono un impegno duraturo e rispettoso. Seppur sia molto fastidioso preferisco le infinite code e i lunghi tempi di prenotazione piuttosto che trovare persone ignoranti che visitano un museo solo per mostrarlo sui propri social.
Leonardo da Vinci fu uno scienziato, inventore e artista di origine italiana. Viene considerato un “Genio Universale” grazie alle numerose scoperte e innovazioni in vari campi: Ingegneria meccanica, Scienza, Anatomia e Pittura e Scultura.
Leonardo studiò presso la bottega del Verrocchio, situata a Vinci in provincia di Firenze, dove riuscì apprendere con perfezione le tecniche della prospettiva ottica, quelle del colore (poiché ogni bottega era conosciuta per tonalità/saturazione del colore diverse) e quelle della pittura. Per suo conto studiò la tecnica della sfumatura grazie alla quale riusciva a combinare armonia e varietà nella rappresentazione di paesaggi, espressioni corpi…
Sono numerose le opere da lui prodotte che hanno lasciato un segno nella storia dell’arte, giusto per citarne qualcuna:
-MonnaLisa
-Uomo Vitruviano
-Ultima Cena
Analizzando l’ultima elencata possiamo notare proprio come Leonardo ha voluto rappresentare la scena descritta nel Vangelo secondo Giovanni; Si è particolarmente concentrato sulla mimica facciale degli apostoli nel momento esatto nel quale Nostro Signore enunciva: “In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”.
In realtà quest’ultimo ha deciso di effettuare qualche modifica secondo la sua interpretazione infatti sceglie di raffigurare Giovanni quando allontana il suo volto dirigendosi verso Pietro.
Ad oggi, seppur soggetto a numerosi restauri a causa della particolare tecnica utilizzata, affresco su intonaco secco, molto innovativa per l’epoca, è una delle opere più visitate e dal 1980 l’UNESCO l’ha inserita nell’elenco delle opere del Patrimonio dell’Umanità.
Trovo notevole come già nel XV secolo Leonardo Da Vinci sia riuscito a rappresentare una parte del Vangelo di S.Giovanni con così tanta realtà grazie alle espressioni, alla fluidità e alla mescolanza di colori grazie alle sfumature.
Achille Errede Graphic Design 1º anno
L’Ultima Cena è sicuramente una delle opere più influenti di sempre, sia tecnicamente che culturalmente. Invita a riflettere sull’importanza dell’arte e dell’espressione artistica e su come essa possa influenzare tantissime persone e meravigliarne altrettante. Leonardo riesce a dare una vera e propria vita ai personaggi ritratti, facendo percepire le interazioni e le emozioni provate da essi superando il semplice racconto religioso. Il modo in cui crea la profondità, la prospettiva usata e come dispone i protagonisti attorno alla tavola sono anch’essi rivoluzionari e importanti. É un opera che ha segnato la cultura mondiale, continua a vivere ed essere scoperta ancora oggi essendo una fonte di ispirazione di tantissime altre opere contemporanee e non (film, libri, opere teatrali età…).
Come già sappiamo e come è possibile evincere dall’articolo, “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, esso viene considerato l’evento più straordinario di tutta la storia dell’arte.
Oltre ad attirare moltissimi visitatori ogni anno, nonostante le limitazioni organizzative e restrittive, il capolavoro che venne completato in quattro anni, rappresenta una delle opere d’arte più ammirate in Italia.
Di notevole ammirazione vi è il fatto che egli rivoluzionò la pittura tramite lo stile “sfumato”, creando opere come la “Monalisa” e, appunto, “L’Ultima Cena”, le quali riuscirono a stupire i frati dominicani e furono considerate iconiche
Perciò la maestria tecnica di Leonardo, la sua capacità di catturare emozioni umane e la sua sperimentazione artistica sono evidenti nella rappresentazione dettagliata in tutta quanta la stesura dell’affresco.
Nonostante le sfide di conservazione e i restauri rischiosi, “L’Ultima Cena” continua a esercitare un potente impatto, con oltre 300,000 persone che ogni anno attendono, con reverenza, la possibilità di ammirare l’opera dal vivo o in alta definizione.
Una parte che mi ha notevolmente colpita è, senz’ombra di dubbio, la riflessione personale dell’autore sul suo incontro con l’opera; la quale riesce ad aggiungere un tocco emozionale , ma anche perché è possibile ritrovare l’ammirazione per Ernst Gombrich, il quale contribuisce a comprendere appieno l’importanza artistica e storica di questo capolavoro.
Nonostante quest’opera sia unica e iconica, è possibile confrontarla con altre rappresentazioni de “L’Ultima Cena” realizzate da diversi artisti nel corso della storia. Ad esempio è possibile notare come si diversifica “L’Ultima Cena”dipinta da Tiziano. Mentre “L’Ultima Cena” di Leonardo è famosa per la sua composizione dinamica, si contrappone molto a quella di Tiziano la quale presenta una resa più vibrante dei colori e una disposizione più tradizionale degli apostoli intorno a Gesù.
Oltre a Tiziano vi è la possibilità di un confronto con altrettanti artisti, come Jacopo Bassano, Salvador Dalí, e molti altri, i quali hanno, anch’essi, creato le proprie interpretazioni dell’Ultima Cena, attribuendo ad ognuna degli stili artistici e delle interpretazioni decisamente uniche e differenti tra di loro. Tutto ciò è stato reso possibile perché ogni rappresentazione dell’opera riflette la visione e lo stile dell’artista che la dipinge, offrendo diversità e interpretazioni uniche ma adottando sempre un netto significato cristiano.
Capisco il tuo entusiasmo, ma non amo le esagerazioni. Io userei il plurale e ancorerei questa eccellenza artistica all’arte occidentale.
Il testo presenta un’interessante riflessione sulla creazione e l’impatto dell’affresco “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci. Secondo Luca Pacioli, l’opera fu completata nel 1498 dopo quattro anni di lavoro, sconfiggendo le paure che poteva rimanere incompiuta. L’autore sottolinea l’effetto magico che l’affresco ebbe sui contemporanei e come, anche oggi, continui a essere un’esperienza artistica imprescindibile.
Viene evidenziato il talento tecnico di Leonardo, appreso nella Bottega del Verrocchio, ma anche la sua insaziabile curiosità e dedizione alla ricerca della verità attraverso l’osservazione della natura. L’uso dello “sfumato” contribuisce a conferire vita e realismo alle opere, distanziandosi dalle rigide convenzioni gotiche dell’epoca.
Il commento sottolinea la forza persuasiva dell’affresco, che riesce a catturare l’attenzione e la devozione dei frati dominicani nel refettorio. La maestria di Leonardo nel rappresentare le emozioni umane, specialmente nell’episodio dell’annuncio del tradimento, emerge come un elemento distintivo dell’opera.
La scelta di Leonardo di discostarsi dalle tradizionali rappresentazioni dell’Ultima Cena evidenzia la sua volontà di dare vita e drammaticità al momento, con una messa in scena magistrale che trasmette un’epifania di rara umanità. L’autore suggerisce che la sperimentazione tecnica di Leonardo, in particolare l’uso della tecnica a secco, contribuì al realismo della scena, anche se causò problemi di conservazione nel tempo, richiedendo numerosi restauri.
In sintesi, il testo offre una prospettiva appassionata sull’opera di Leonardo, esplorando la sua tecnica innovativa, la forza emotiva della rappresentazione e le sfide legate alla conservazione dell’affresco nel corso dei secoli.
Da Vinci ha dimostrato una maestria tecnica e concettuale straordinaria, sperimentando con successo tecniche come lo “sfumato” per conferire vita e realismo alle sue rappresentazioni. La sua dedizione alla prospettiva e all’osservazione accurata della natura si manifesta chiaramente in “L’Ultima Cena”, dove la disposizione degli Apostoli intorno a Cristo è orchestrata con precisione geometrica.
Ciò che mi affascina di più è la capacità di Leonardo di catturare non solo la fisicità dei personaggi, ma anche le emozioni e le passioni umane. Attraverso espressioni facciali e gesti, riesce a trasmettere il dramma e la tensione del momento narrato nei Vangeli. La rappresentazione innovativa dell’Ultima Cena, con Cristo annunciante il tradimento e le reazioni differenziate degli Apostoli, testimonia la profondità psicologica che Leonardo ha portato nella pittura del Rinascimento.
“L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci è davvero un’opera straordinaria, e c’è molto da dire su di essa. Leonardo ha usato una tecnica innovativa chiamata “sfumato”, che crea una transizione graduale tra i colori e aggiunge una profondità incredibile alle figure. Questo rende le rappresentazioni dei personaggi non solo fisicamente realistiche, ma anche emotivamente coinvolgenti.
La disposizione degli apostoli intorno a Gesù è davvero unica e rompe con le convenzioni artistiche dell’epoca. Questa scelta compositiva aggiunge un tocco di drammaticità alla scena, mettendo in risalto l’importanza delle parole di Gesù sull’imminente tradimento.
Un punto negativo potrebbe essere l’accessibilità limitata all’opera. La necessità di prenotare visite guidate e la lunga attesa possono limitare l’esperienza per il grande pubblico. Sarebbe bello se più persone potessero accedere facilmente a questa straordinaria opera d’arte senza troppi ostacoli. Ad esempio, potrebbero essere implementati sistemi di prenotazione online più efficienti per ridurre i tempi di attesa. Inoltre, potrebbero essere esplorate opzioni per consentire una visione più diffusa dell’opera attraverso proiezioni o esposizioni virtuali. Una maggiore collaborazione tra istituzioni culturali e il coinvolgimento del pubblico potrebbero contribuire a preservare e condividere questo patrimonio artistico in modo più accessibile.
In conclusione, “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci è davvero un capolavoro, con la sua tecnica avanzata, la profondità emotiva e la capacità di comunicare un momento così cruciale nella storia cristiana. Rappresenta davvero il culmine dell’arte rinascimentale.
Lo sfumato di Leonardo nella rappresentazione de “L’Ultima Cena” ha influenzato l’estetica visiva e la tecnica di molte opere grafiche moderne. L’uso di transizioni fluide tra colori e tonalità in Leonardo può essere parallelo alle tecniche di sfumatura sottili utilizzate nella grafica per creare effetti di profondità e realismo. Entrambi mirano a trasmettere una sensazione di vita attraverso il gioco di luci e ombre, mostrando un legame tra l’approccio pittorico rinascimentale e l’evoluzione della grafica visiva nel contesto contemporaneo. Come Leonardo nell’arte, Paul Rand è noto per la sua innovazione nel design grafico, contribuendo a definire l’estetica e le regole del settore. La sua capacità di combinare creatività, originalità e una comprensione approfondita dei principi del design lo rende un’icona del design grafico, simile al modo in cui Leonardo è stato pioniere nell’arte durante il Rinascimento.
Lo sfumato di Leonardo nella rappresentazione de “L’Ultima Cena” ha influenzato l’estetica visiva e la tecnica di molte opere grafiche moderne, tuttavia, l’approccio di Paul Rand al design grafico si distingue per una nitidezza e una geometria precise che si oppongono alla sfumatura di Leonardo. Mentre Leonardo mirava a creare effetti di profondità e realismo attraverso transizioni fluide tra colori e tonalità, Rand si concentrava sulla semplificazione e sulla creazione di messaggi visivi chiari ed essenziali. Entrambi cercavano di trasmettere una sensazione di vita attraverso l’uso di luci e ombre ma Rand preferiva una precisione e una nettezza che rispecchiassero l’evoluzione del design grafico contemporaneo. Mentre Leonardo incarnava l’approccio pittorico rinascimentale all’arte, Rand era un innovatore nel design grafico moderno, dimostrando l’evoluzione delle estetiche e delle regole del settore.
mi trovo d’accordo sul giudizio di descrivere immenso ( a livello artistico ) il dipinto di Leonardo da Vinci andando a comprendere chiaramente le critiche legate ad esso per come è stato realizzato.
Trovo che la tecnica dell’affresco a secco, nonchè la causa dei continui restauri dell’opera sia stata sicuramente una scelta fatta per apprezzare l’opera sul momento, “senza guardare al futuro”, siccome reputo rammaricante il dover andare a ritoccare e ricostruire opere, certamente è fatto ai fini che l’opera non perda fascino, anche se quel tocco di rovinato, è proprio li che trovo il fascino, da una particolare essenza alle opere, rendendole vissute.
Appoggio anche la critica fatta sull’aspetto burocratico che circonda l’opera, infatti l’autore dell’articolo va a definire la visita all’ultima cena come un “evento nascosto” , dovuto dal fatto che è estremamente difficile andare a vedere l’opera, mesi di attesa per pochi minuti di visibilità, ovviamente si è in grado di apprezzare l’affresco, ma trovo che chi è estremamente appassionato o ne fa della sua vita l’arte, sia ingiusto quel poco tempo di visita per tutta quell’attesa, dato che reputo necessario che ogni persona la osservi differentemente quindi ad ognuno i propri tempi; per di più, l’ultima cena è l’opera presente in Italia più nota e visitata, quindi se ne può fare una faccenda economica in più.
Parlando ora unicamente dell’opera, ripeto, che trovo nella tecnica a secco di Da Vinci un punto di forza nella realizzazione dell’opera, ma a livello momentaneo, andando ad influire sulla durabilità dell’affresco; forte espressività dei volti ed effetto sfumato sono i punti di forza di questo dipinto, non andando quindi a mettere in secondo piano, quelli definiti come personaggi secondari.
Ovviamente potente anche il significato religioso e non solo, dato che tutto viene spiegato con la scienza, andando quindi a negare l’esistenza di figure spiritiche come i santi, tutte le varie teorie che si celano dietro la religione cristiana, approcciate a l’ultima cena.
L’ Ultima Cena di Leonardo da Vinci è un capolavoro senza tempo che cattura l’essenza drammatica e spirituale del momento descritto nel Vangelo. Leonardo ha abilmente immortalato l’istante in cui Gesù annuncia il tradimento imminente, creando una composizione iconica e straordinaria.
La tecnica di Leonardo è evidente nell’uso magistrale della prospettiva, nell’espressione intensa dei volti e nella resa dettagliata degli elementi architettonici. Ogni personaggio, con le sue espressioni uniche, contribuisce a creare un’atmosfera di tensione e mistero. La luce e l’ombra giocano un ruolo fondamentale nel dare profondità e realismo alla scena.
Inoltre, la disposizione simmetrica dei personaggi, con Gesù al centro, sottolinea l’importanza del momento.
L’ Ultima Cena di Leonardo è un’opera intrisa di simbolismo e spiritualità, che continua a ispirare e affascinare gli spettatori attraverso i secoli.
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è un capolavoro che continua a suscitare ammirazione per la sua straordinaria maestria artistica e la profonda espressione emotiva. La composizione della scena è magistrale, con Gesù al centro, circondato dagli apostoli disposti in gruppi simmetrici. Da Vinci ha sapientemente catturato le diverse reazioni e personalità degli apostoli di fronte all’annuncio di Gesù riguardo al tradimento imminente. La prospettiva innovativa di Da Vinci, la cura per i dettagli anatomici e l’uso magistrale della luce contribuiscono a rendere ogni personaggio unico e a conferire un realismo straordinario alla scena. La disposizione delle figure, i gesti e gli sguardi creano una narrativa visiva ricca di significato e simbolismo, invitando gli osservatori a immergersi nella profondità della storia rappresentata. In sintesi, l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è un capolavoro straordinario che va oltre la sua funzione originaria di rappresentare un momento nella storia cristiana, trasformandosi in un’opera d’arte senza tempo che continua a catturare e ispirare il pubblico con la sua bellezza intramontabile e la sua profondità emotiva.
L’articolo offre un affascinante viaggio nella creazione e nell’impatto duraturo de “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci. La capacità dell’autore di dipingere vividamente l’atmosfera del Convento dei Dominicani e di descrivere le emozioni suscitate dall’affresco è coinvolgente. La sfida di Leonardo nel completare l’opera e la sua dedizione alla sperimentazione tecnica aggiungono un ulteriore strato di apprezzamento per la genialità dell’artista.
Trovo interessante il parallelo tra le restrizioni burocratiche attuali e l’entusiasmo che ancora attira un vasto pubblico a contemplare l’opera. La riflessione sulla forza persuasiva dell’affresco e la sua bellezza intramontabile colpiscono nel segno.
Personalmente, questo articolo mi ha fornito una prospettiva più profonda e apprezzamento per “L’Ultima Cena” di Leonardo, suscitando una maggiore curiosità e ammirazione per questo capolavoro artistico e storico.
“L’Ultima Cena” di Leonardo Da Vinci è un’opera straordinaria. Ciò che la rende tale è la tecnica dello sfumato, che Leonardo ha magistralmente utilizzato. Ha applicato lo sfumato per rendere i contorni dei volti dei personaggi meno definiti, creando una sensazione di tridimensionalità e profondità. Ogni apostolo esprime sentimenti diversi, dalla sorpresa all’angoscia, dal rimorso alla paura. Lo sguardo intenso di Gesù e il gesto del suo braccio aperto, simbolo del suo sacrificio imminente, sono particolarmente toccanti. La disposizione dei personaggi intorno a Gesù è anch’essa studiata e simmetrica, dando all’opera un senso di equilibrio e armonia. La scelta di posizionare Gesù al centro dell’opera, con le braccia allargate, sottolinea ulteriormente la sua importanza e la sua figura centrale nella storia della religione cristiana.
In conclusione, l’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci rappresenta la perfetta mitologia tra un tema sacro e una straordinaria tecnica pittorica come lo sfumato. Questo dipinto rimane un’opera senza tempo, in grado di emozionare chiunque si trovi di fronte ad esso.
Il quadro realizzato dall’artista Leonardo Da Vinci nel 1498 è sicuramente un capolavoro: l’uso della prospettiva brunelleschiana garantisce un ottimo effetto illusorio, i moti dell’anima ben evidenziati – di fatti ogni apostolo ha una personalità distinta e reagisce in modo unico e personale all’annuncio di Gesù -, gli studi d’arte fiamminga e l’uso della luce, sono tutti fattori che donano unicità al quadro.
Purtroppo ora possiamo ammirare solo poco dell’opera a causa dello sfaldamento del muro, poiché il Cenacolo è stato dipinto da Leonardo su un muro di gesso intonacato, invece che una tela, ma non solo: le condizioni ambientali e\o disastri naturali, i danni durante la Seconda Guerra Mondiale e i vari restauri sicuramente non hanno favorito il mantenimento dell’opera.
Ma tornando alla scelta dell’artista di lavorare su un muro di gesso intonacato, probabilmente c’era un pensiero di lasciare incompiuta anche quell’opera e quindi egli non ha pensato potesse diventare un capolavoro straordinario e una testimonianza preziosa della genialità artistica del Rinascimento italiano, per questo non penso gli si possa dare una colpa.
Forse è proprio il fatto che il Cenacolo si stia andando a sgretolare che lo rende ai nostri occhi così unico, come ha detto – con mi trovo d’accordo – Letizia Casotti, solamente non capisco il concetto di tradimento.
Non sono una fanatica di Leonardo e il quadro non mi trasmette tutta la magnificenza o lo stupore di cui sento invece sempre tanto parlare, ma non per questo sminuisco il suo lavoro e i suoi studi.
L’analisi approfondita dell’opera “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci proposta in questo articolo offre un quadro ricco e coinvolgente della maestria artistica e delle scelte iconografiche audaci dell’artista rinascimentale. La narrativa dettagliata, che intreccia il contesto storico e le reazioni dei frati dominicani, crea un affresco vivido dell’esperienza quotidiana di contemplare questa opera straordinaria.
Tuttavia, nell’ottica di una critica costruttiva, è interessante considerare il tema dell’accessibilità fisica all’opera. Sebbene la tecnologia consenta una fruizione virtuale dettagliata, l’attuale complessità di prenotazioni e restrizioni potrebbe rappresentare un ostacolo significativo per un pubblico più ampio. Questo solleva interrogativi cruciali sul ruolo della fruizione dell’arte nella società moderna e potrebbe fungere da catalizzatore per una discussione approfondita su come rendere più accessibile l’opera di Leonardo a un vasto pubblico.
Parallelamente, la riflessione critica sulla sfida continua della conservazione dell’affresco è altrettanto rilevante. Nonostante gli sforzi instancabili di restauro, la necessità frequente di interventi solleva legittime domande sull’efficacia delle pratiche attuali di conservazione. Questo spinge a considerare approcci più sostenibili e innovativi per preservare nel tempo un patrimonio artistico così prezioso. Potrebbe essere il momento di esplorare nuove tecnologie o metodologie che garantiscano la durabilità dell’opera senza comprometterne l’integrità artistica.
In conclusione, l’articolo offre una base solida per una discussione più ampia su come migliorare l’accessibilità all’arte e su come affrontare le sfide della conservazione. Queste riflessioni critiche possono fungere da trampolino di lancio per un dialogo costruttivo sulla valorizzazione e la preservazione di opere d’arte di tale importanza storica e culturale.
L’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci è un capolavoro, emblema dell’arte italiana.
Indubbiamente l’affresco ha acquistato popolarità grazie all’aura misteriosa che da sempre circonda Leonardo e, senza dubbio i vari libri e film su questo tema hanno accentuato il mistero e reso ancora più popolare il suo lavoro tra chi non lo conosceva; ancora di più se pensiamo che questo mistero ruoti attorno ad un’opera prettamente religiosa e legata alla chiesa cattolica, piena di tabù e convinzioni.
Da piccola, essendo un’assidua frequentatrice della Chiesa “perché se non vai a messa non vai in paradiso”, durante la funzione domenicale ammiravo le riproduzioni dei santi e gli affreschi sui muri e mi chiedevo, inconsciamente, come avessero fatto i pittori o gli scultori a dare un volto a persone che (forse) erano esistite 2000 anni fa e che neanche avevano mai visto.
Leonardo ha fatto esattamente ciò che mi domandavo: ha dato un volto e delle espressioni umane a dei personaggi descritti nei Vangeli, come a renderli più reali e legati all’uomo e alle sue fragilità, alle sue paure.
Ha anche, in modo innovativo, modificato la posizione dei personaggi rispetto alle riproduzioni precedenti della sua epoca, come se un regista, un fotografo che deve immortalare un momento ben preciso; Leonardo ha fatto in modo che nell’immaginario collettivo, chiunque pensasse all’ultima cena, la potesse immaginare nel modo in cui lui la dipinse cinquecento anni fa.
Infine un pensiero personalissimo –
Leggendo il suo commento finale nel quale racconta di come non sia riuscito a prenotare una visita alla Basilica di Milano nel quale si trova l’affresco dopo che fu restaurato, rifletto su un pensiero: chiunque, esperto di arte e non, si è almeno una volta nella vita impossessato e si sia servito delle meraviglie dell’arte italiana per trarne un vanto a discapito di un altro paese durante una discussione; quando poi scopre che i tempi di attesa sono lunghi, pensa di avere il diritto di imprecare contro chiunque possa aver “rubato” il nostro posto, di avere più diritto di vedere l’opera dal vivo di qualcun altro, di meritarselo di più.
Mi piace il tuo stile molto personale di esporre quello che pensi. Relativamente al finale hai ragione. Quando desidero vedere qualcosa che mi preme, vivo con intensa irritazione tutto ciò che interferisce con la mia fruizione. Tanto tempo fa, quando andavo frequentemente al cinema se capitavo vicino a uno che mangiava pop corn in continuazione avevo fantasie omicide tipo infilargli l’intero sacchetto in gola. Se in una mostra qualcuno osa farsi un selfie di fronte al quadro che sto osservando, una vasta rete di neuroni attiva immediatamente una serie prolungata di silenziose irripetibili imprecazioni che considero un risarcimento immaginario al dramma di vivere in un mondo caratterizzato dalla prevalenza del cretino. Con molta eleganza devo dire, mi stai dicendo che sono io che sbaglio? Beh! Come ho già detto hai ragione. Ammetto i miei limiti, non sono mai riuscito a prendere sul serio il comandamento evangelico che dice: ama il prossimo tuo come te stesso.
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, è posizionato come un “evento celato” nella città di Milano. L’autore manifesta la sua ammirazione per questo capolavoro, sottolineando le difficoltà legate alla sua conservazione e l’effetto delle restrizioni di accesso. L’esame delle tecniche artistiche impiegate da Leonardo, come lo “sfumato”, arricchisce la comprensione dell’opera, l’articolo esplora in dettaglio la prospettiva ottica, l’impiego dei colori e l’impegno di Leonardo nella ricerca della verità nella natura, fornendo un contesto di grande valore. La descrizione minuziosa delle espressioni e dei gesti degli apostoli nel momento dell’annuncio di Cristo dipinge un quadro vivido della tensione drammatica della scena. Inoltre, l’articolo discute gli sforzi di restauro e le sfide incontrate nella conservazione dell’affresco nel corso dei secoli. La menzione della disponibilità dell’opera in alta definizione online aggiunge un elemento contemporaneo, rendendo l’opera accessibile a un pubblico più vasto. Nel complesso, l’articolo fonde passione e informazione per creare un racconto avvincente su “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, invitando i lettori a riflettere sulla sua bellezza straordinaria e sulla sua rilevanza universale.
L’affresco de “L’ultima cena” di Leonardo da Vinci è un’opera di grande forza persuasiva e bellezza. Nel testo viene sottolineato come Leonardo abbia utilizzato perfettamente la prospettiva ottica e i colori per creare una rappresentazione armoniosa e al tempo stesso misteriosa.
Il dipinto deve essere stato straordinario per i frati dominicani che lo potevano osservare nel refettorio durante i pasti. La loro reazione di stupore di fronte all’effetto di incredibile verosimiglianza che l’affresco creava viene paragonata ad un prodigio. L’opera sembrava materializzare un passaggio chiave dei vangeli rendendo davvero realistica la cura dei dettagli.
In particolare, Leonardo ha scelto di rappresentare l’ultima cena in modo innovativo, rompendo con le tradizionali iconografie. Ha voluto catturare le intense emozioni e passioni degli apostoli nel momento del tradimento di Gesù. Le diverse espressioni e reazioni umane sono state catturate in modo magistrale dall’artista, senza cadere in esasperazioni retoriche.
La messa in scena di Leonardo, resa possibile grazie alla sua sperimentazione tecnica, riflette il realismo della scena senza perdere la lezione di accettazione pacata del sacrificio di Gesù. L’utilizzo della tecnica a secco ha dato fisicità alle figure e ha consentito a Leonardo di avvicinarsi alle espressioni che desiderava trasmettere.
Per quanto riguarda le rigorose misure di conservazione citate nell’articolo, che hanno limitato l’accesso al dipinto, le ritengo decisamente rigorose. In fin dei conti è un capolavoro artistico senza tempo che richiede premura e rispetto e, purtroppo, quel che si evince dall’esperienza al Museo del Louvre dinanzi alla Gioconda la dice lunga, quindi rispetto le decisioni prese a riguardo.
L’articolo sulla “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci si apre come un portale che ci trasporta direttamente nel cuore del Rinascimento, offrendoci uno sguardo dettagliato e appassionato sulla maestria artistica di uno dei più grandi geni della storia dell’arte.
La narrazione offre una profonda immersione nel processo creativo di Leonardo, rivelando non solo la sua abilità tecnica straordinaria, ma anche la sua capacità di catturare l’essenza umana e le emozioni in modo straordinario. La scelta di Leonardo di sfidare le convenzioni iconografiche tradizionali e di presentare un’interpretazione così innovativa e umana dell’Ultima Cena emerge come un atto rivoluzionario nel contesto dell’arte rinascimentale.
La tecnica dello “sfumato”, la cura dei dettagli, e la profonda comprensione della prospettiva ottica evidenziano il genio di Leonardo e la sua dedizione alla ricerca della verità attraverso l’osservazione della natura. La tua descrizione delle reazioni dei frati dominicani di fronte all’affresco aggiunge un elemento di temporalità e testimonia l’impatto immediato e duraturo che l’opera ha avuto sulla sua audience originale.
La tua esperienza personale di desiderare di rivedere l’opera dopo il restauro aggiunge una dimensione di autenticità e connessione emotiva. Questo richiama l’importanza dell’arte nell’influenzare le nostre emozioni e nel creare un legame duraturo con l’osservatore.
Infine, la menzione di Sir Ernst Gombrich aggiunge un tocco di erudizione, collegando il mondo accademico al racconto personale. Questa riflessione artistica sottolinea come “L’Ultima Cena” non sia solo un capolavoro visivo, ma anche un potente veicolo di connessione umana e di esplorazione delle profondità dell’animo umano.
In conclusione, l’articolo offre una visione appassionata e informativa sulla grandezza di “L’Ultima Cena”, invitando i lettori a contemplare non solo l’estetica straordinaria dell’opera, ma anche a riflettere sulla sua potente capacità di toccare l’anima umana attraverso il tempo e lo spazio.
Leonardo frequentò la bottega del Verrocchio dove imparerà la matematica, la geometria, la scienza, la prospettiva e la tecnica del disegno che utilizzerà poi per indagare la realtà e scoprire il fascino intorno a lui. Egli è stato uno dei più grandi artisti della storia dell’arte, grazie anche alla sua particolare abilità nell’uso della prospettiva e nella tecnica dello sfumato leonardesco.
La sua opera più celebre è “l’ultima cena”, realizzata per il refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano.
Leonardo dà un’impronta sua alla rappresentazione del dipinto, va controcorrente. Solitamente infatti nella celebre scena “dell’ultima cena” viene raffigurato il momento dell’Eucarestia in cui Cristo benedice il pane e il vino con gli apostoli seduti uno di fianco all’altro mentre Giuda veniva rappresentato separatamente dagli altri discepoli poiché doveva essere facilmente riconosciuto. Come possiamo notare per esempio nell’opera del Perugino, Giuda viene rappresentato singolarmente dalla parte opposta del tavolo, separato dalla figura di Cristo e i discepoli.
Leonardo invece raffigura il momento in cui Gesù annuncia ai discepoli che tra loro c’è un traditore, ma non è riconoscibile chi tra loro sia effettivamente Giuda, tutti gli apostoli vengono raffigurati sullo stesso piano.
Gesù è la figura dominate dell’opera per questo rappresentato centralmente, gli apostoli sono inseriti ai lati, ognuno con una reazione diversa alla rivelazione; c’è chi punta l’indice verso l’alto, chi spalanca le braccia indignato, chi indica sé stesso e altre espressioni. Leonardo per riuscire ad utilizzare le emozioni dei personaggi studiò il linguaggio dei segni, come suggerisce la forte gestualità presente nell’opera che dona movimento.
Affascinante è la capacità di Leonardo di definire lo stato emotivo che attraversa l’opera, l’incredulità, lo stupore, la preoccupazione, è possibile effettivamente capire cosa stia succedendo, dare una interpretazione anche semplicemente guardando le figure protagoniste dell’opera.
Leonardo era abile anche nell’uso della prospettiva, tanto da percepire l’interno della scena come reale, sembra infatti che la scena avvenga proprio all’interno del refettorio, poiché l’artista per dare un’impronta reale, prosegue le linee prospettiche delle pareti della sala della chiesa.
L’unica fonte di luce proviene dalla finestra sullo sfondo e va ad evidenziare la figura di Gesù, realizzato al centro di questa, per sottolineare il suo protagonismo all’interno del quadro; le altre figure sono infatti affiancate ai lati della scena, questo permette di portare la figura di Gesù a primeggiare sulle altre.
Non credo ci sia molto da aggiungere a quello già detto dall’autore, L’ultima cena di Leonardo è un capolavoro, la maestria con cui è riuscito a rappresentare tutte le espressioni dei commensali raccontandoci perfettamente la drammaticità del momento; l’utilizzo dello sfumato per rendere più vive le figure e della prospettiva che ci dà l’impressione che la sala del refettorio del convento dei Domenicani di Santa Maria delle Grazie continui all’interno del dipinto.
Ci troviamo sicuramente davanti ad un rivoluzionario; uno dei fattori che lo ha portato ad essere un artista di questo calibro è sicuramente il suo interesse per i più svariati ambiti di studio; Leonardo si è infatti distinto anche in ambiti come la scienza, l’anatomia e l’architettura.
Condusse spesso dissezioni umane per comprendere al meglio la struttura interna del corpo umano, i suoi disegni anatomici sono molto accurati e dimostrano una grande conoscenza dell’anatomia.
L’Ultima Cena è probabilmente una delle opere più famose di sempre sia culturalmente che tecnicamente. Leonardo in questo dipinto riesce veramente a dare vita ai personaggi nel ritratto e fa anche percepire le interazioni e le emozioni provate da Gesù e gli apostoli superando il semplice racconto religioso. Il modo in cui riesce a creare la profondità, la prospettiva e come dispone gli apostoli attorno alla tavola ha dato vita a un dipinto diventato ormai di fama mondiale ed è ancora oggi una fonte di ispirazione per tantissime altre opere.
Condivido appieno il tuo pensiero Francesco, penso anch’io infatti che il dipinto di Leonardo, oramai di fama mondiale è diventato una fonte di ispirazione per tantissime altre opere moderne
L’articolo offre una profonda riflessione sull’impatto e la bellezza dell’opera “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, condividendo una prospettiva personale e coinvolgente. L’autore sottolinea l’importanza della visione dell’affresco nonostante le restrizioni e le difficoltà legate alla conservazione e ci dipinge un ritratto affascinante di come l’affresco doveva apparire agli occhi dei frati dominicani, catturando la loro reazione di fronte a un’immagine sacra così avvincente e realistica. La descrizione delle tecniche innovative di Leonardo, come lo “sfumato”, è interessante, ma talvolta ho avuto la sensazione che la narrazione potesse essere più sobria e meno esaltante. L’accenno al “masochismo italiano” nel contesto delle comunicazioni istituzionali e delle restrizioni burocratiche introduce un elemento di critica sociale, con cui mi trovo d’accordo, sottolineando il paradosso italiano nel gestire e promuovere il proprio patrimonio culturale.
In sintesi, l’articolo ha ben trasmesso l’importanza storica e artistica de “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, sottolineando anche il presunto impatto personale dell’arte nel toccare le sfere più intime dell’animo umano.
La “Ultima Cena” di Leonardo da Vinci è un capolavoro senza tempo che cattura l’essenza drammatica e spirituale del momento descritto nel Nuovo Testamento, quando Gesù annuncia che uno dei suoi apostoli lo tradirà. Leonardo ha magistralmente rappresentato l’intensità emotiva dei personaggi attraverso espressioni facciali, gesti e composizione artistica.
La disposizione simmetrica degli apostoli intorno a Gesù crea un senso di ordine, mentre le reazioni variegate dei discepoli evidenziano la gamma di emozioni umane. L’uso della prospettiva e la maestria nel rendere dettagli come le espressioni dei volti e le variazioni di luce contribuiscono a conferire profondità e realismo all’opera.
Il momento catturato da Leonardo non è solo un racconto biblico, ma anche una rappresentazione universale della complessità umana. Ogni apostolo sembra reagire in modo unico, riflettendo le sfumature delle relazioni umane, della fede e del tradimento. La “Ultima Cena” rimane un’icona indelebile nella storia dell’arte, che continua a suscitare ammirazione per la sua bellezza, profondità simbolica e abilità tecnica straordinaria.
secondo la testimonianza di Luca Pacioli, offre uno sguardo avvincente sulla complessità e l’impatto dell’opera. Il dipinto, completato nel 1498 dopo quattro anni di lavoro, testimonia la determinazione di Leonardo nel superare il demone interiore che lo spingeva spesso a non concludere molte delle sue creazioni.
Dopo tanti contributi al breve testo che vi ho presentato, mi prendo il piacere di esporvi alcune riflessioni di carattere generale. Nulla da dire sulla sostanziale pertinenza e correttezza dei commenti, comprese le correlazioni e i parallelismi più audaci. Mi sono divertito e ho imparato nuovi aspetti di tematiche che davo per scontate. Il dibattito su San Giovanni alias Maria Maddalena l’ho trovato interessante. Aldilà di ciò che ho postato sul romanzo di Dan Brown, so benissimo che all’epoca di Gesù gli apostoli non erano soggetti al rigoroso celibato, divenuto una norma solo dopo svariati concilii. Probabilmente quello determinante in ottica leonardesca fu quello Lateranense IV del 1215 (si chiama così perché si svolse nella basica di San Giovanni in Laterano a Roma). In origine tra i cristiani più fedeli a Gesù circolavano donne: madri, sorelle, mogli e altro che ne condividevano la fede…Viene spontaneo pensare che anche per gli apostoli fosse così. Uno di essi poteva essere una donna? Possiamo oggi pensarlo. In definitiva se Dio si è fatto uomo deve per forza aver attraversato i turbamenti che ogni essere umano affronta. Compreso l’attaccamento ad una persona dell’altro sesso. Ma non dobbiamo mai dimenticare che non risulta nei vangeli accreditati alcuna notizia riguardo una Maria Maddalena apostola e tantomeno amante di Gesù. Separare le narrazioni storiche da evidenti fiction a me pare un gesto di puro buon senso. Tra i commenti mi ha incuriosito inoltre l’improvvisa emersione della musica. Leonardo era, tra le altre cose, un geniale progettista di feste. Alcune d esse, create per Ludovico il Moro Signore di Milano divennero leggendarie. Oggi si ricordano più che altro gli alambicchi che costruiva per sorprendere il pubblico, Ma dubito che mancasse la musica e dubito che un perfezionista come Leonardo non la tenesse in conto. Ma di che musica parliamo? Si può ipotizzare che fosse la musica polifonica tipica di quel tempo (dalla quale in seguito prese forma la teoria sull’armonia), Ebbene, guardando L’ultima cena, dopo aver riflettuto sulla polifonia, mi è parso di vederne la figurazione: gli apostoli raccolti in gruppi, i gesti e le espressioni dei corpi mi sono sembrati quasi una danza. Mi sono detto: nell’affresco c’è della polifonia e questo crea effetti sinestetici che donano grazia e un in più di bellezza a una narrazione altrimenti drammatica.
Ritornando alle riflessioni sui commenti, devo ammettere che mi hanno colpito più alcune assenze rispetto le tante parole presenti seppur precise e pertinenti. Nessuno o quasi ha fatto lo sforzo di capire cosa era successo di rilevante dal punto di vista pittorico prima di Leonardo. Il riferimento all’ultima cena di Giotto nella Cappella degli Scrovegni (1303-1305) a Padova o a quella del suo allievo Taddeo Daddi dipinta nel 1355 in Santa Croce.a Firenze, avrebbe permesso di spendere un po’ di parole nei dintorni delle differenze di stile che separano il gotico dal programma di ricerca rinascimentale. Poco prima di Leonardo, il Perugino dipinse a Foligno una ultima cena priva delle rigidità gotiche, ben inquadrata nella nuova visione artistica ma anche rispettosa della tradizione. Sarebbe stato bello assistere ad un confronto anche con la cena del Ghirlandaio del 1480, dipinta nel refettorio del convento di Ognissanti a Firenze. Qui le tracce di gotico sembrano evaporate e si percepisce bene l’evoluzione tecnica in processo fin dai tempi del Masaccio.
Ma oltre ad un prima Leonardo c’è stato un dopo nel suo nome. L’ultima cena del Tintoretto a San Giorgio Maggiore (Venezia) è uno spettacolo per l’occhio. Oppure quella di Rubens presente nella Pinacoteca di Milano.
Dove voglio andare a parare? Un buon commento deve certo riferirsi ad un testo ma oltre a riassunti, citazioni, ripetizioni, diviene efficace se porta incrementi di conoscenza stabilendo correlazioni, confronti, paragoni il più possibile congruenti all’oggetto da indagare. Va benissimo LaChappelle ma comprendiamo meglio la verve competitiva di Leonardo riferendoci ai pittori ricordati sopra.
Comunque, permettetemi di esporvi una mia critica. il dato olistico più sorprendente dei commenti che ho letto è la totale assenza di riflessioni sulle immagini che ho postato insieme alle parole. Un script su Leonardo pittore non può prescindere dalle immagini. Ebbene, la foto di copertina del mio articolo non è Leonardo bensì una brutta copia cinquecentesca tra l’altro resa grottesca da un’ampia ombra che oltraggia la troppo vivace colorazione della scena. Nessuno lo ha notato nei commenti. Sorprendente e poco rassicurante. In definitiva qual’è il dono più grande che può farci l’arte? Ve la metto giù così: l’arte può aiutarci ad imparare a vedere meglio o in modo diverso le cose. Non a guardarle e basta, ma a vederle. Ho inserito una immagine fake proprio per verificare questo aspetto problematico. La vostra generazione guarda troppe immagini che non si trasformano in un “vedere meglio”. Credo che malgrado la loro correttezza di fondo, la mediana dei commenti lo mostri con sufficiente chiarezza.
La disposizione simmetrica degli apostoli intorno a Gesù crea un senso di ordine, mentre le reazioni variegate dei discepoli evidenziano la gamma di emozioni umane. L’uso della prospettiva e la maestria nel rendere dettagli come le espressioni dei volti e le variazioni di luce contribuiscono a conferire profondità e realismo all’opera.
Il momento catturato da Leonardo non è solo un racconto biblico, ma anche una rappresentazione universale della complessità umana. Ogni apostolo sembra reagire in modo unico, riflettendo le sfumature delle relazioni umane, della fede e del tradimento. La “Ultima Cena” rimane un’icona indelebile nella storia dell’arte, che continua a suscitare ammirazione per la sua bellezza, profondità simbolica e abilità tecnica straordinaria.
secondo la testimonianza di Luca Pacioli, offre uno sguardo avvincente sulla complessità e l’impatto dell’opera. Il dipinto, completato nel 1498 dopo quattro anni di lavoro, testimonia la determinazione di Leonardo nel superare il demone interiore che lo spingeva spesso a non concludere molte delle sue creazioni.
Leonardo utilizza una prospettiva lineare perfetta per creare un senso di profondità e spazialità nell’ambiente in cui si svolge la scena. Il tavolo lungo e stretto, che funge da punto focale centrale, divide chiaramente gli apostoli in gruppi di tre, creando una simmetria bilanciata nell’opera. L’ artista spinge ancora oltre la sua abilità compositiva posizionando Gesù al centro della scena, con una posizione dominante e isolata dagli altri personaggi.
Tuttavia, anche se ci sono molti aspetti positivi nell’opera, ci sono anche alcune critiche che possono essere mosse. Alcuni ritengono che la scelta di Leonardo di raffigurare tutti i personaggi con una compostezza serena e un atteggiamento pacifico sia un’approssimazione eccessiva della storia biblica.
L’Ultima Cena è un tema ricorrente nell’arte e ha ispirato molti artisti nel corso dei secoli. Tra le rappresentazioni famose ci sono l’Ultima Cena di Duccio di Buoninsegna, Leonardo da Vinci e Salvador Dalì.
L’Ultima Cena di Duccio di Buoninsegna è un affresco realizzato verso il 1308-1311 nella cattedrale di Siena, in Italia. Questa rappresentazione mostra Gesù e i suoi apostoli seduti a tavola durante l’ultima cena. Duccio si concentra sulle figure umane e sulle espressioni dei personaggi, cercando di catturarne l’emozione e il momento di tensione. L’opera è realizzata con colori vivaci e dettagliati creando un’atmosfera di solennità e spiritualità.
Salvador Dalì ha reinterpretato l’Ultima Cena in modo surreale e simbolico nella sua opera “L’ultima cena” del 1955. In questa rappresentazione, Dalì raffigura Gesù e i suoi apostoli all’interno di una stanza, ma le figure sono astratte e distorte. Utilizza il suo stile caratteristico, con orologi morbidi e paesaggi surreali, per creare un’atmosfera onirica e misteriosa.
In breve, l’Ultima Cena di Duccio di Buoninsegna si concentra sulla spiritualità e sull’umanità dei personaggi, quella di Leonardo da Vinci sulla profondità e sul realismo e quella di Salvador Dalì sulla distorsione e sull’irrealità. Ognuna di queste rappresentazioni offre una visione unica e personale di un evento cruciale nella storia cristiana.
Sì è vero, l’affresco del Duccio nel Duomo di Siena pur mancando di prospettiva illustra benissimo il momento, anche se le espressioni dei protagonisti risultano rigide come quelle di una maschera. Ma come hai scritto il suo problema non era il realismo ma l’evocazione dell’aura spirituale.
L’ultima cena di Dalì, dentro un dodecaedro con Gesù raffigurato con il volto di Gala (moglie del pittore) è una delle allucinazioni trasformate in arte dal metodo paranoico-critico utilizzato da Dalì per il suo originale surrealismo. Cosa avrebbe pensato Leonardo di questo suo emulatore?
Vorrei chiedere a Stefano dove sono gli orologi morbidi nel quadro di Dalì. Effettivamente ha ragione il prof.: i protagonisti sono dentro un poligono e non una normale stanza. Anche il paesaggio sembra razionale. Per me Leonardo avrebbe volentieri preso un caffè con il suo collega.
Sì, anche io suppongo che Leonardo sarebbe stato felice di incontrare Dalì, si sarebbero divertiti a discutere se lo sfumato di uno poteva essere paragonato alla nebbia surreale dell’altro (mi riferisco alle atmosfere dell’ultima cena di Dalì).
Sono d’accordo con te, si sarebbero divertiti. Tra l’altro erano entrambi molto matematici e visionari.
Anche per me sarebbero diventati amici. Le macchine di Leonardo che quasi sempre non funzionavano avevano aspetti surreali.
Amicizia? Divertiti?…Come no! Si sarebbero dati anche i bacini…Ma fatemi il piacere! Leonardo avrebbe accolto Dalì come Sigmund Freud accolse Breton, ovvero con una fredda, sospettosa cortesia. È vero però che nel 1938 il padre della psicoanalisi incontrò a Londra un giovane Dalì del quale ammirò la maestria e si disse disposto a rivedere in parte le sue opinioni sul surrealismo…Ma ritorniamo a Leonardo…Io credo che avrebbe trattato Dalì come uno svitato. Non arrivo a dire che se non si fosse immediatamente allontanato l’avrebbe fatto bastonare dai suoi servi, ma quasi, quasi… Per Leonardo e molti altri suoi colleghi la pittura era scienza e non congetture su mondi surreali. C’era dell’inconscio nelle sue opere, c’era della nevrosi come scrisse Freud nel saggio che gli dedicò. Ma non credo che Leonardo avesse le parole per condividerlo con un Dalì arrivato da non so dove.
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è una delle opere pittoriche più affascinanti e famose al mondo. Il suo stupore agli occhi dell’osservatore deriva soprattutto dalle tecniche di lavorazione che Leonardo ha impiegato nella realizzazione. Una di esse è senza dubbio quella definita “a secco”, ovvero con pigmenti stesi su uno strato preparatorio di colore bianco, utilizzato per livellare e lisciare la parete e non direttamente sull’intonaco bagnato. In tal modo, al contrario dell’affresco, Leonardo aveva la possibilità di poter lavorare con più calma, riuscendo così a modificare quanto aveva già dipinto e curare ogni minimo dettaglio, operando contemporaneamente su tutta la superficie da dipingere. Grazie a questa tecnica il Cristo e i suoi Apostoli sono potuti risultare più vividi e realistici, proponendo delle espressioni colme di grinta, quasi come se invitassero l’osservatore stesso a partecipare al momento.
Non è da sottovalutare però lo “sfumato”, altra famosa tecnica che Leonardo utilizzò in quest’opera (e in molte altre) per garantire una certa profondità nella fusione dei colori. Interessante come lo sfumato portò poi allo sviluppo della “prospettiva aerea”, che a livello paesaggistico consentiva di rendere al meglio gli elementi posti in lontananza, suggerendo il senso della distanza.
L’Ultima Cena è quindi un’opera colma di significati e di splendore estetico, che con il suo apprezzamento mondiale è persino riuscita a portare diversi artisti contemporanei a crearne delle imitazioni con significati diversi da quelli originali.
Un esempio è quello dell’opera “The fast supper” (la cena veloce) dove l’artista TVBoy, utilizzando una tecnica mista su tela, propone una provocante rivisitazione dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, inserendo nella scena i prodotti di una nota catena di fast food.
Trovo che L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci sia un’opera visionaria.
A differenza di molte opere dell’epoca quella dell’inventore sembra abbia dietro sé uno eccezionale studio dell’inquadratura, trecento anni prima che i fratelli Lumière inventassero il cinematografo, la prima macchina per riprendere momenti della realtà.
Oltre a quello che sembra uno scatto cinematografico, in questo quadro a differenza di altri si percepisce un forte movimento dei personaggi, un moto così forte l’ho percepito solo nel Bacco e Arianna di Tiziano, con la divinità e li corteo a suo seguito, anche se tutto ciò in modo estremamente minore.
Se però si mettono a paragone le due opere a mio parere L’Ultima Cena di Leonardo è riuscita estremamente meglio, come esplicitato sopra il moto apparente risulta più forte ma non solo, ritengo che l’opera di Tiziano risulti più disordinata rispetto all’ordine quasi surreale che vige nel quadro di Leonardo.
Per visionarietà nell’arte si intende qualcosa di diverso. Nel caso del Leonardo in questione, impegnato in uno strenuo realismo, mi pare parola spesa male. Se proprio vuoi è più corretto definire l’approccio Leonardesco “rivoluzionario” (parola che personalmente uso con precauzione). L’idea che prepari e anticipi un certo tipo di inquadratura cinematografica è audace ma interessante.
“I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è dettaglio.”
cit. Leonardo Da Vinci
La domanda sorge spontanea: nel corso della sua vita Leonardo Da Vinci è stato continuamente insoddisfatto dei suoi quadri modificando ripetutamente la composizione, altre volte i soggetti o addirittura lo stesso “scheletro” filo-psicologico che si nascondeva dietro le sue pennellate. Nonostante questa sua continua ricerca verso il “perfetto” sia da un punto di vista artistico che scientifico, ha reso Leonardo Da Vinci un’icona del Rinascimento quattrocentesco a fianco dei grandi maestri Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarrotti?
Prima di rispondere a questa proposizione inizialmente scontata e univoca, vorrei provare ad analizzare la stessa mentalità di questo grande artista.
Leonardo Da Vinci comincia la sua carriera come apprendista-pittore nella bottega del Verrocchio, gestito dal grande maestro Andrea del Verrocchio, insieme ad altri importanti artisti come Sandro Botticelli, Pietro Perugino,…La sua profonda passione per l’anatomia umana (infatti aveva partecipato diverse volte all’autopsia dei cadaveri come aveva fatto anche lo stesso Michelangelo Buonarroti) e per la sua tecnica pittorica ha portato al suo esordio grazie alla collaborazione con il suo maestro Andrea del Verrocchio nella realizzazione di un dipinto voluto dal monastero Vallombrosano di San Salvi: “Il battesimo di Cristo” (1475-1478). La parte che spettava a Leonardo era l’angelo di profilo situato a sinistra del quadro e subito possiamo notare un giovane pittore che riusciva a catturare la curiosità di molti nobili e critici d’arte di quell’epoca. Come tocco finale gli viene affidato il compito di miscelare i colori che aveva utilizzato il suo maestro nel paesaggio circostante. Ecco, la tecnica definita sfumata diventò un vero e proprio simbolo nello stile artistico di Leonardo Da Vinci, attraverso la fusione e la mescolanza dei colori e delle linee di contorno che portano ad una maggiore tridimensionalità all’immagine. Non a caso, è molto evidente questa tecnica pittorica nel suo dipinto più famoso: la Monna Lisa o la Gioconda realizzato nel 1503-1506. L’espressione della donna che viene ritratta su commissione da un borghese in onore di sua moglie e risultato di molte insoddisfazioni da parte dello stesso artista crea quel viso enigmatico e misterioso. Il paesaggio poi viene delineato dalla prospettiva detta “aerea” per rendere la composizione il più verosimigliante possibile attraverso la tecnica dello “sfumato”. Leonardo è un genio nel rappresentare la figura umana più simile alla realtà, esaltandone le emozioni e il loro stato d’animo interiore. E questo è proprio il caso di una delle sue opere più visitate in Italia: “Ultima Cena” realizzata per il Refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano sotto il ducato milanese di Ludovico il Moro (è stato per molto tempo committente di molti dipinti realizzati da Leonardo come “La donna con l’ermellino” per poi a passare ad interventi urbanistici come il sistema delle fogne). E’ difficile non definire Leonardo Da Vinci uno sperimentatore, sempre alla ricerca di nuove tecniche e stili: in questa opera infatti aveva sperimentato la pittura “a secco” attraverso l’utilizzo di colori amalgamati con sostanze naturali e fissativi. L’affresco infatti non sarebbe stato in linea con il pensiero a lungo termine dell’artista ponendolo quindi ad un limite di tempo prestabilito. Quello che vorrei però mettere in evidenza è la sua grande capacità di creare uno spazio tridimensionale utilizzando la tipica prospettiva centrale con il fuoco sulla figura del Cristo. Non a caso è il centro dell’evento: la sua rivelazione sul tradimento da parte di uno dei suoi Apostoli crea un’aria nella sala tutt’altro che rilassata. Tutto ciò è scandito in maniera evidente dal ritmo “a tre” creato dalle diverse coppie di Apostoli che sembrano creare un movimento con i loro corpi. Osservando la scena del quadro si può notare come Leonardo abbia spezzato i canoni dell’arte sacra. Ad esempio nell’epoca bizantina l’apostolo Giuda era subito riconoscibile dalla sua postazione intorno al banchetto. Se prima veniva messo di spalle o lontano dagli altri Apostoli, Leonardo lo inserisce insieme a tutti rendendolo però evidente attraverso il suo gesto di stupore dalle parole di Cristo (lo troviamo infatti davanti alla figura di San Pietro girato verso il “maestro” con il sale che gli cade dalle mani simbolo del tradimento). Seguendo questo percorso, credo che Leonardo sia un vero e proprio maestro teatrale capace di animare i suoi personaggi come se fossimo proprio in un film. Non a caso è stata realizzata una serie televisiva chiamata “Leonardo” ideata da Frank Spotnitz e Steve Thompson nel 2021 e attualmente in corso d’opera. Escludendo la romanticizzazione della stessa vita del pittore, l’attore che doveva interpretare Leonardo Da Vinci Aidan Turner aveva riferito in un’intervista la sua estrema difficoltà di immedesimarsi nel ruolo come protagonista causata dalla complessa lettura di una grande mente come Leonardo Da Vinci.
E’ triste ammettere che diverse sue opere cosiddette “incompiute” come “L’Adorazione dei Magi” o soggette a sperimentazioni continue come la stessa Monnalisa ha portato questo artista ad essere sottovalutato da diversi committenti della sua epoca che non hanno compreso la sua filosofia, portandolo quindi alla povertà. Non si può però scordare che senza questi ripetuti tentativi di imporre nei suoi dipinti una logica trascendentale dove l’arte diventa quasi geometria “aurea” come nell’ “Uomo Vitruviano” non avrebbe probabilmente portato quest’artista poliedrico a diventare uno dei più grandi geni della storia.
Intervento ricco di informazioni non sempre esatte. Non credo che Leonardo sia mai stato povero. Aveva mecenati prestigiosi che gli permettevano di perdersi nelle sue insaziabili curiosità. Il Re di Francia lo accolse come un grande artista e se lo tenne a corte fino alla fine della sua vita. Difficile pensare che Leonardo non avesse in cambio risorse che gli garantivano una certa agiatezza.
Mi accorgo che definendolo povero sia stato un “oltraggio” alla sua figura. Come aveva chiarito, Leonardo Da Vinci muore in maniera se vogliamo dignitosa alla corte del Re di Francia Francesco I e circondato da onori e beneficienze (era stato sollevato dal Re di Francia stesso nel momento della sua morte). La mia incongruenza storica-artistica è dovuta a fraintendimenti e ancora oggetto di un ulteriore approfondimento, ma sento di dire che da un punto di vista artistico sia quello che mi ha attirato più di tutti. Pertanto mi scuso per i possibili dati errati ritrovati nel mio commento.
Va bene, va bene Chan, ti assolvo…In nomine patris et filii, et Spiritus Sancti…un Ave Maria e tre Pater Noster davanti all’immagine dell’ultima cena per l’assoluzione
Mi sento di spezzare una lancia a favore di questo commento perché ho trovato interessante il modo con cui Vannak ha spiegato la sua visione dell’”Ultima cena” perché é riuscito a ricolegarmi a essa tramite una visione diversa da quella a cui sono abituato e tutt’ora non saprei rispondere per conto mio alla domanda che lui stesso si é autoposto perché riconosco la bravura in Leonardo, nonostante la differenza con i grandi artisti e maestri Michelangelo e Raffaello, delle arti che esso praticava.
Personalmente, ritengo che tutti, anche chi non è appassionato d’arte, conosca l’ultima cena di da vinci. Per la creazione di questo lavoro unico, per via della sua insaziabile curiosità, Leonardo ha condotto un’indagine approfondita, creando un numero infinito di disegni preparatori. Fu anche un grande innovatore nel campo dell’arte, lo troviamo infatti ad usare tecniche nuove come lo “sfumato”, che aveva la capacità di rendere le immagini più vive, ciò ci dà la possibilità di “entrare dentro l’immagine”. Grazie alle sue grandissime abilità rappresentative, Leonardo ci descrive minuziosamente, la grande drammaticità di questa scena; basandosi sul vangelo di S. Giovanni, trasforma, con grande maestria il racconto di Giovanni in un evento epifanico di rara umanità. Presta particolare attenzione ad ogni gesto ed espressione di ogni personaggio presente nella scena. Leonardo, abbandonando il metodo tradizionale della pittura a fresco, raffigurò la scena “a secco” sulla parete del refettorio: consiste nel dipingere direttamente con la tempera sul muro adeguatamente trattato.L’artista, dopo aver steso un intonaco piuttosto ruvido, soprattutto nella parte centrale, e steso le linee principali della composizione con una specie di sinopia, avrebbe lavorato al dipinto ricorrendo a una tecnica tipica della pittura su tavola. La preparazione era composta da una mistura di carbonato di calcio e magnesio uniti da un legante proteico. Prima di stendere i colori Leonardo interponeva un sottile strato di biacca (bianco di piombo), che avrebbe dovuto far risaltare gli effetti luminosi. Seguiva la stesura dei colori a secco, composti da una tempera grassa realizzata probabilmente emulsionando all’uovo oli fluidificanti. Si sono trovate tracce di lamine metalliche di oro e argento che testimoniano la volontà dell’artista di creare figure più realistiche compresi i dettagli preziosi. I fattori tecnici, , abientali, e storici (durante la Rivoluzione Francese, le truppe di Napoleone hanno usato la parete del refettorio per il tiro al bersaglio e durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, i bombardamenti hanno distrutto il tetto dell’antica sala da pranzo del convento domenicano lasciando il quadro a cielo aperto per diversi anni.) hanno contribuito al deterioramento dell’affresco, che ha subito numerosi restauri.
L’ultima cena è probabilmente una delle opere d’arte più studiate: la grande fama di questo capolavoro ha suscitato l’interesse di molti storici, ricercatori e romanzieri che cercano di risolvere i presunti misteri ed enigmi che circondano questo quadro. Ad esempio, nei libri “The Templar Revelation” di Clive Prince e Lynn Picknett e il romanzo Il Codice Da Vinci Dan Brown, si afferma che la figura a destra di Gesù non è l’apostolo Giovanni, ma una figura femminile. La verità è che questi misteri e curiosità non sono ancora stati risolti. L’ultima cena di da Vinci mi ricorda “Il banchetto di Nozze” di Jan van Eyck. Entrambe le opere sono dipinti rinascimentali che rappresentano momenti significativi e simbolici, e possiedono diversi elementi in comune. il primo riguarda la composizione e la disposizione degli elementi: Entrambi i dipinti presentano una disposizione accurata dei personaggi attorno a un tavolo. Gli apostoli di Leonardo e i partecipanti al banchetto nuziale di Jan van Eyck sono disposti in modo ordinato, creando un senso di ordine e gerarchia. A seguire, le espressioni e gesti dei personaggi: Leonardo cattura le espressioni sorprendenti e varie dei suoi apostoli nel momento in cui Gesù annuncia il tradimento. Nella pittura di van Eyck, gli sposi e gli invitati hanno espressioni che riflettono emozioni e relazioni interpersonali. un altro punto in comune potrebbe essere considerato il simbolismo religioso e sacrale: Mentre “L’Ultima Cena” è intrinsecamente legato al cristianesimo e alla storia della Passione di Cristo, “Il banchetto di Nozze” può essere interpretato simbolicamente in termini di sacralità del matrimonio e della vita familiare. Infine, i dettagli iconografici: Entrambi i dipinti sono ricchi di dettagli iconografici e simbolici. Leonardo inserisce simboli e dettagli che riflettono il tradimento imminente di Giuda. Nel dipinto di van Eyck, ci sono dettagli che simboleggiano la ricchezza, la fertilità e la sacralità del matrimonio.
Questo testo esplora in modo approfondito e appassionato l’affresco “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci. L’autore inizia dicendo che l’opera è come un segreto ben custodito, noto più per il passaparola che per la pubblicità ufficiale. Poi racconta la storia di come Leonardo ha dipinto l’affresco in quattro anni e come la sua innovazione artistica ha reso l’opera straordinaria.
Il testo parla dell’Ultima Cena, evidenziando come Leonardo abbia ritratto in modo unico le emozioni degli apostoli nel momento cruciale dell’annuncio di Cristo. Si sottolinea anche quanto sia stato sfidante preservare l’opera nel corso del tempo, con limitazioni alle visite per proteggerla.
Infine, l’autore condivide un’esperienza personale, menzionando come la visione in alta definizione dell’affresco ha suscitato grande interesse e riflettendo sulla propria riluttanza passata a prenotare una visita.
In breve, il testo offre una visione appassionata dell’affresco di Leonardo da Vinci, combinando elementi storici, artistici e personali per comunicare l’importanza duratura e la bellezza dell’opera.
Leonardo da Vinci e Giorgio Vasari sono artisti distinti con interpretazioni diverse de “L’Ultima Cena.” Da Vinci dipinse la sua opera tra il 1495 e il 1498, mentre Vasari creò la sua versione nel 1546. Ecco un confronto tra le due opere:
*1. **Stile Artistico:*
– *Leonardo da Vinci:* . Si concentrò sui dettagli anatomici e sul realismo dei volti.
– *Giorgio Vasari:* realizza figure più stilizzate
*2. Composizione:*
– *Leonardo da Vinci:* Organizzò la scena in modo simmetrico attorno a Gesù, con i dodici apostoli divisi in gruppi di tre.
– *Giorgio Vasari:* Introdusse più dinamismo, con figure che si sovrappongono e una composizione più complessa.
*3. Espressioni e Gesti:*
– *Leonardo da Vinci:* Catturò espressioni realistiche, con dettagli sottili nelle reazioni degli apostoli alla notizia di un traditore tra loro.
– *Giorgio Vasari:* Amplificò le espressioni, enfatizzando il dramma della scena. Gesti più teatrali e articolati. Sembrano quasi più finti.
*5. Dettagli e Simbolismo:*
– *Leonardo da Vinci:* Prestò attenzione ai dettagli architettonici e agli elementi simbolici, come la disposizione degli apostoli.
– *Giorgio Vasari:* Aggiunse dettagli decorativi e simbolici, con un occhio più attento all’estetica.
In sintesi, mentre Leonardo da Vinci creò un’opera più realistica e attinse fedelmente al racconto evangelico, Giorgio Vasari si allontanò dalla pura rappresentazione storica, introducendo elementi stilistici propri del manierismo. Entrambi i dipinti sono importanti testimonianze artistiche del loro tempo, ognuno con il suo stile e approccio distintivo.
La “Ultima Cena” di Leonardo da Vinci è universalmente considerata un capolavoro dell’arte rinascimentale. Tuttavia, alcune critiche possono essere sollevate, soprattutto rivolte agli effetti del tempo e del deterioramento dell’opera.
1. *Deterioramento:* A causa della scelta di Leonardo di utilizzare una tecnica sperimentale di pittura a olio su intonaco, l’opera ha sofferto notevolmente nel corso degli anni.
Il deterioramento e le molteplici restaurazioni hanno portato a una perdita significativa di dettagli originali.
2. *Conoscenza storica limitata:* Molti aspetti della “Ultima Cena” di Leonardo sono basati sulla narrativa biblica, e alcuni critici potrebbero sottolineare che la conoscenza limitata dell’episodio potrebbe ostacolare la comprensione completa dell’opera.
3. *Difficoltà di conservazione:* La posizione originale dell’opera nella parete di un convento contribuì alla sua esposizione ai danni ambientali, con conseguenti sfumature e distorsioni nel corso del tempo.
Nonostante questi punti critici, la “Ultima Cena” è ampiamente elogiata per l’innovativa rappresentazione delle emozioni umane, la disposizione delle figure e l’uso della prospettiva. La complessità della composizione e la capacità di catturare momenti di tensione emotiva sono aspetti che spesso superano qualsiasi critica, rendendo questa opera un’icona indelebile nella storia dell’arte.
Il Cenacolo di Leonardo da Vinci è una delle opere d’arte più celebri e iconiche della storia. Realizzato tra il 1495 e il 1498, questo affresco raffigura l’Ultima Cena di Gesù con i suoi apostoli. La maestria tecnica di Leonardo, la sua attenzione ai dettagli anatomici, e la capacità di catturare le emozioni e le relazioni umane sono stati ammirati per secoli. La composizione dell’opera, con la figura centrale di Gesù circondata dai suoi discepoli, è un esempio straordinario di equilibrio e simmetria.
Quando si paragona il Cenacolo di Leonardo all’arte moderna, si notano diverse differenze significative nelle tecniche, negli stili e nei temi. L’arte moderna, che ha avuto inizio nel tardo XIX secolo e si è sviluppata nel XX secolo, ha spesso abbandonato gli stili tradizionali a favore di nuove espressioni, movimenti e forme d’arte.
In confronto al Cenacolo di Leonardo, molti artisti moderni hanno sperimentato con materiali diversi, tecnologie innovative e concetti astratti. L’arte moderna ha spesso sfidato le convenzioni e ha cercato di trasmettere emozioni o concetti più astratti piuttosto che ritratti realistici. Movimenti come il cubismo, il surrealismo e l’astrattismo hanno introdotto nuove prospettive e approcci artistici.
Tuttavia, ci sono anche connessioni tra il Cenacolo e l’arte moderna. L’attenzione di Leonardo alla psicologia dei personaggi e alla rappresentazione realistica del corpo umano ha influito su molti artisti moderni che hanno cercato di esplorare la complessità dell’esperienza umana. Inoltre, alcuni artisti contemporanei possono essere ispirati dal simbolismo religioso o mitologico, anche se spesso reinterpretato in chiave contemporanea.
In conclusione, mentre il Cenacolo di Leonardo da Vinci rappresenta un capolavoro rinascimentale con un’estrema maestria tecnica e un significato religioso profondo, l’arte moderna si è spostata verso nuove frontiere, abbracciando l’innovazione, l’individualismo e l’esplorazione di nuovi modi di comunicare attraverso l’arte. Entrambe le epoche, tuttavia, hanno contribuito in modo significativo alla ricchezza e alla diversità dell’espressione artistica nel corso della storia.
L’ultima cena di Leonardo da Vinci rappresenta uno degli affreschi più famosi e iconici del mondo dell’ arte rinascimentale.
Il dipinto si basa sul Vangelo di Giovanni 13:21 e ritrae Cristo seduto al lungo tavolo della cena, al centro della scena e con ai lati i dodici apostoli, divisi in quattro gruppi da tre. Il momento rappresentato da Leonardo da Vinci è quello in cui Cristo annuncia agli apostoli che uno di loro li tradirà. Nel pronunciare la frase Cristo assume un’espressione solenne, con la testa piegata, gli occhi socchiusi e la bocca leggermente aperta e gli apostoli ascoltano le sue parole, ognuno con una reazione emotiva diversa. Oltre ai personaggi, nella scena sono presenti numerosi dettagli, come le tre finestre sul retro, le vettovaglie e il cibo sul tavolo e le linee architettoniche, che creano una particolare prospettiva per cui il dipinto diventa un’illusione ottica che allunga la stanza e crea un ambiente nell’ambiente. L’Ultima cena di Leonardo da Vinci è molto diversa dai Cenacoli realizzati da altri artisti. La prima differenza è la scelta del vangelo di Giovanni e non di quello di Marco come fonte per realizzare l’opera, la seconda è la scelta di posizionare Giuda insieme agli altri apostoli e non da solo, per rendere il dipinto ancora più carico emotivamente.
Oltre a Cristo, nella scena del Cenacolo vinciano sono presenti anche i dodici apostoli, raggruppati in quattro gruppi da tre. Questi, come Gesù, sono rappresentati da Leonardo nel pieno delle loro emozioni, in quanto l’artista al momento della realizzazione dell’opera sta studiando i cosiddetti moti dell’anima, ovvero l’espressione dei sentimenti. I sentimenti degli apostoli sono rappresentati in modi diversi. I più vicini a Gesù hanno reazioni e sentimenti forti e visibili, mentre quelli posizionati più lontani hanno reazioni più contenute.
Da un mio personale punto di vista il cenacolo/Ultima cena di Leonardo può essere paragonato all’Ultima cena di Alzate Brianza: ispirata al cenacolo di Leonardo è un affresco cinquecentesco della chiesa di San Giorgio, poco noto ma di grande interesse.
L’Ultima Cena di Alzate Brianza reca la data “1531”, ed è quindi di un trentennio posteriore al Cenacolo vinciano, che fu ultimato nel 1498. Per quanto riguarda l’autore di quest’opera, nel XIX secolo si fece il nome di Marco d’Oggiono, uno dei più fedeli seguaci di Leonardo.
Più recentemente, invece, il professor Marco Rossi dell’Università Cattolica ha proposto di individuare il pittore di Alzate in Sigismondo De Magistris, un artista originario di Como, attivo nella prima metà del Cinquecento.
Il dipinto di Alzate, in ogni caso, non può essere considerato una semplice copia del Cenacolo di Leonardo, ma piuttosto un’opera che a quella composizione vinciana si “ispira”. Sigismondo De Magistris, o chi per lui, ne riprende infatti il motivo della tavola con Gesù al centro e gli apostoli disposti alla sua destra e alla sua sinistra.
Anche qui viene mostrato il momento esatto in cui Cristo annuncia il tradimento: una notizia sconvolgente che suscita le diverse reazioni dei commensali.
Rispetto all’opera di Leonardo però possiamo notare diverse varianti.
Innanzitutto il pittore di Alzate rinuncia del tutto all’ambientazione architettonica presente invece nel Cenacolo vinciano. I suoi dodici discepoli, inoltre, non sono riuniti a gruppi di tre, ma interagiscono a coppie, secondo un modulo più semplice e tradizionale. Insomma, è come se il nostro autore, pur intuendo le novità introdotte dal maestro fiorentino, non sia in grado di coglierne fino in fondo la portata, rimanendo a una rielaborazione più superficiale dell’illustre modello.
C’è anche la possibilità, tuttavia, che queste variazioni siano invece state introdotte appositamente, come se il pittore di Alzate, cioè, abbia voluto rivendicare una sua consapevole autonomia rispetto al dipinto di Leonardo. Se alcuni apostoli, infatti, mostrano un’identica fisionomia rispetto a quelli del Cenacolo milanese, altri invece presentano volti e atteggiamenti decisamente differenti. A cominciare da Giovanni, alla destra di Gesù, che non si sporge all’indietro verso Pietro, come in Leonardo, ma poggia il suo capo sulla spalla di Cristo, secondo una consuetudine iconografica assai diffusa. E se uguale è il gesto di Tommaso (che alza il dito indice), diversa è invece la posizione delle mani di Gesù stesso (entrambe, cioè, con il palmo rivolto verso l’alto). Così come il piatto davanti al Maestro: vuoto nella Cena di Leonardo, qui invece ancora colmo dell’agnello pasquale. Differenze, insomma, non soltanto estetiche e formali, ma anche di significato e contenuto.
L’ultima cena di Leonardo è stata rivisitata anche in chiave contemporanea. Mi piace ricordare in particolare l’opera di tre artisti: Nicola Samorì, Wang Guangyi, Yue Minjun.
L’opera di Nicola Samorì (L’Ultima Cena (Interno assoluto), olio e zolfo su rame) è realizzata su cinque lastre di rame e prende vita attraverso la reazione chimica dello zolfo, che l’artista utilizza come medium pittorico. Qui, in un ambiente totalmente privato della luce dell’opera originale, l’immagine di Gesù è stata raschiata dal supporto, e la sua sagoma, come fosse pelle, pende dal corpo lasciando spazio ad una figura che trascende le fattezze umane, quasi a sottolineare concretamente, attraverso la materia, la natura divina che caratterizza il Cristo, evidenziando la formula del “Dio fatto uomo”. Privato della sua forma umana, Cristo diventa una sagoma di pura luce il cui bagliore proviene dalla lastra di rame sulla quale è realizzato il dipinto. Le figure degli apostoli sono anch’esse definite sulla base della lucentezza del rame, ma “sporcate” dai segni dello zolfo, quasi a rimarcare la loro dimensione terrena rispetto a quella totalmente divina di Gesù.
Wang Guangyi presenta per la prima volta in occidente la sua “The Last Supper”. Si tratta di un’opera dalle dimensioni notevoli: è un polittico composto da otto tele per un totale di 400×1600 cm. Queste portentose misure assolvono ad uno dei fini dell’opera stessa; viste le dimensioni, si è naturalmente portati ad osservarla da lontano, e l’effetto che ne risulta è quello di guardare un paesaggio piuttosto che la scena del Cenacolo: le figure di Cristo e degli apostoli se osservate a debita distanza, infatti, sono scambiabili per sagome di montagne, e danno piuttosto l’impressione di trovarsi di fronte alla rappresentazione di uno scenario naturale. Avvicinandosi si può apprezzare invece l’utilizzo di colori ad olio, usati tentando di imitare la tecnica tradizionale del Wulouhen tipica della calligrafia e della pittura cinese e caratterizzata dalla classica “sgocciolatura” del colore.
L’ultima opera esposta è quella di Yue Minjun, dal titolo “Digitalized survival”; l’artista riprende a modello una delle tante riproposizioni fotografiche del Cenacolo che si trovano sui libri e che includono anche la cornice baccellata. La scena è stata svuotata da qualsiasi presenza, e le figure di Cristo e degli apostoli sono state sostituite da numeri, che rappresentano il misterioso stato di sospensione che si trova tra ciò che ha significato e ciò che non ne ha. Così svuotata, la scena si apre paradossalmente a infinite possibilità di interpretazione. Queste opere dimostrano come la riflessione artistica passata possa influenzare e integrarsi con quella presente. Le diverse interpretazioni non sbiadiscono di una virgola il valore dell’opera originale, ma anzi la caricano di nuovi significati e di nuove prospettive.
Un super intervento, bravo Gabriele. Ho avuto un sacco di suggestioni e mi hai suggerito opere che non avevo mai visto nemmeno in foto.
L’ho letto anch’io, notevole veramente come quello di Gabriele Panichi, con in più informazioni contemporanee. Mi ha sorpreso anche la correttezza di linguaggio. E poi dicono che noi giovani non sappiamo più scrivere!
Il magnifico affresco “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, custodito nel refettorio del Convento dei Dominicani di Santa Maria delle Grazie a Milano, continua a esercitare un fascino irresistibile nonostante le sfide comunicative e le restrizioni d’accesso. Quest’opera d’arte, definita dall’autore come un “evento nascosto,” riesce a radunare ogni anno una folla imponente di visitatori, trasformandosi in un’esperienza culturale di rilevanza straordinaria.
Il testo mette in evidenza il contrasto tra la grandiosità dell’affresco e le complesse questioni burocratiche legate alla conservazione del patrimonio artistico. Nonostante la scarsa comunicazione istituzionale e le restrizioni d’accesso, l’affresco riesce a emergere come un capolavoro universalmente ammirato.
Attraverso l’uso magistrale della prospettiva ottica e la rivoluzionaria tecnica dello “sfumato,” Leonardo conferisce vita alle figure dipinte, creando un’illusione di realtà che trascende il tempo. L’affresco, raffigurante il momento cruciale dell’Ultima Cena, si distingue per la sua capacità di catturare le emozioni intense degli apostoli di fronte alle parole di Cristo sul tradimento imminente.
Nonostante le restrizioni d’accesso, l’opera continua a suscitare l’interesse di oltre 300,000 visitatori all’anno, testimoniando la sua straordinaria potenza persuasiva. L’autore riflette sull’origine di tale impatto, attribuendolo alla combinazione di tecniche innovative, interpretazione visiva unica e alla capacità di evocare emozioni autentiche.
La narrazione si conclude con un’aggiunta personale in cui l’autore condivide le sue esperienze legate all’Ultima Cena, rivelando una profonda gratitudine a Sir Ernst Gombrich per avergli fornito le parole necessarie a comprendere e descrivere le intense emozioni suscitate dall’opera di Leonardo.
Solitamente per l’osservatore medio più una cosa è somigliante alla realtà, più viene identificata come ‘bella’. Questo concetto era vero sia per i contemporanei di Leonardo sia per i nostri, quanto lo stupore e l’impatto emotivo che l’affresco è ed era in grado di suscitare.
L’ultima cena di Leonardo è un’opera che stupisce lo spettatore per l’umanità e la precisione di una raffigurazione evangelica ma con un tratto così reale e vitale, tramite tecniche innovative quali la pittura a secco e lo sfumato.
Leonardo riesce magistralmente a rappresentare la reazione drammatica e lo stupore degli apostoli alla notizia del tradimento di Cristo per mano di uno di loro. Le pose e le espressioni di ciascuno sono studiate e attentamente rappresentate nelle più sincere reazioni umane senza essere caricaturate o estremizzate.
Questo affresco ha un tono solenne e austero, a differenza del Cenacolo di Tintoretto, in cui la scena è stata raffigurata in una taverna quasi come una scena di vita quotidiana. Qui l’artista vuole dare più importanza alla funzione religiosa compiuta da Cristo, infatti la presenza di aureole richiama la partecipazione di figure angeliche che discendono per mostrarci il miracolo dell’eucarestia.
Analizzando il grande artista che è Leonardo si deve citare l’opera: “L’ultima cena”.
Anche oggi rimane di grande interesse da parte di un ampio pubblico, ai tempi della sua creazione è risultata come una novità, e secondo me la tecnica è uno dei motivi principali.
La domanda che viene posta nel documento sopra credo che sia fondamentale per spiegare il capolavoro dell’artista: “ Ma dove nasce la forza persuasiva dell’affresco? Come definire la sua bellezza? ”.Per rispondere a questo si può notare come l’artista sia ispirato da grandi maestri tra cui Verrocchio, in particolare ricordiamo come abbia appreso le leggi della prospettiva ottica, l’uso dei colori e la capacità di utilizzare lo sfumato per rappresentare corpi e paesaggi. Queste secondo me bastano per elevare Leonardo al di sopra di molti altri pittori e artisti del suo periodo e non solo. Proprio per questo penso che Leonardo si possa definire un “grande artista” soprattutto per la capacità di dare solidità alle forme e luminosità della scena. La nuova tecnica di cui si parla è la tecnica a secco, nonostante fu vista come una grande novità, portò grandi problemi dal punto di vista del mantenimento dell’opera, in quanto rese necessario un numero elevato di restauri.
L’ artista è stato uno dei primi a ricostruire questo tipo di scene in modo completamente diverso dal solito: viene fatta notare la drammaticità al fruitore attraverso la passione che osserviamo nei volti di ogni singolo personaggio.
Dal mio punto di vista Leonardo può essere definito come colui che ha portato alla luce molte forme di espressione diverse, in un epoca dove non si aspettavano le novità, insomma ha dato del valore aggiunto ad un’opera già caratterizzata da altre grandi figure e opere.
Personalmente ritengo, come la maggior parte del pubblico, che l’Ultima Cena di Leonardo sia una delle opere più importanti di tutta la storia dell’arte. L’articolo offre una profonda immersione nell’universo affascinante dell’opera, rivelando la sua complessità e la sua continua capacità di incantare gli spettatori, costretti a prenotare la visita con mesi e mesi di anticipo vista la grande domanda e il tempo limitato. La definizione di “evento nascosto” rispecchia la mancanza di adeguata promozione istituzionale, ma questa stessa mancanza sembra contribuire a creare un senso di esclusività e mistero attorno all’affresco, alimentando l’interesse di chi cerca di svelare i suoi segreti. Leggendo questa dettagliata panoramica sulla maestria di Leonardo, enfatizzando, tra le altre cose, la capacità dello “sfumato” di dare vita alle figure e di catturare l’essenza delle emozioni umane, questa analisi sottolinea come la tecnica di Leonardo sia stata rivoluzionaria per il suo tempo, portando l’arte rinascimentale a nuove vette espressive. La narrazione delle reazioni dei frati dominicani aggiunge un tocco di umanità e ci connette direttamente al contesto storico, facendoci quasi percepire l’eco delle emozioni suscitate dall’opera ai tempi di Leonardo. La capacità dell’artista di trasformare un passo evangelico in una scena iconica mostra la profondità della sua interpretazione artistica, che ha rivoluzionato l’iconografia: possiamo infatti mettere a confronto l’Ultima Cena di Leonardo e quella di Tintoretto, successiva rispetto a quella di Leonardo. Le due opere rappresentano entrambe capolavori unici nell’arte rinascimentale: l’affresco di Leonardo è elogiato per la sua profondità e mistero, d’altra parte, l’Ultima Cena di Tintoretto è descritta come un’opera intensa che incanta gli spettatori grazie alla disposizione dinamica dei personaggi, alla prospettiva inclinata del tavolo e all’uso abile della luce. Entrambe le opere sono celebrate per la capacità di trasmettere un’intensità unica, rappresentando punti culminanti nella storia dell’arte con interpretazioni, maestrie e tecniche uniche. La menzione delle sfide nella conservazione e nell’accesso all’affresco di Leonardo evidenzia la delicatezza di gestire un capolavoro del genere, mettendo in discussione l’equilibrio tra la fruizione pubblica e la preservazione a lungo termine. In conclusione possiamo certamente affermare come Leonardo resti ancora oggi un artista attuale, che con i suoi lavori ha saputo generare fascino e mistero, dando un apporto fondamentale all’iconografia nella storia dell’arte, attraverso opere come la Gioconda, la Dama con l’ermellino e soprattutto l’Ultima Cena.
Questa rappresentazione dell’ultima cena di Leonardo si può proprio confermare come un capolavoro senza tempo, che cattura l’essenza spirituale del momento presente nel Vangelo (e questo, la storia dell’arte lo conferma con le numerosissime rappresentazioni che si sono realizzate nei secoli). Però a differenza di tutte le altre esistenti, Leonardo ha una propria unicità, data non solamente per la composizione dei soggetti in quella grande tavolata, ma anche, proprio come lei ha citato, la tecnica a secco. Se non avesse fatto uso di quest’ultima, di sicuro si può dire che non sarebbe mai riuscito a realizzare dettagli così particolari, sia per i soggetti ma anche per quanto riguarda l’ambientazione di questa scena drammatica. Un artista che ha fatto un noto riferimento a Leonardo Da Vinci, è ovviamente il fotografo americano LaChapelle. Con la sua rappresentazione dell’ultima cena con colori molto più accesi, si ha qualcosa di molto più contemporaneo rispetto a quella di Leonardo ma è pur sempre una rappresentazione da una prospettiva da forte credente. Due artisti molto diversi, ma che, con diverse composizioni iconiche e straordinarie, sono riusciti in differente modo ad ottenere un grande capolavoro su “L’ultima cena”. Ritornando all’ultima cena di Leonardo, si ha fin da subito un grande apprezzamento/riscontro positivo (per la sua nota maestria onnipresente in ogni opera che ha realizzato)… e questo è dovuto a tutti i dettagli realizzati per trasportare tutti noi in questa scena piena di drammaticità e simboli.
Leonardo da Vinci si distinse per la sua profonda curiosità scientifica. Una caratteristica che si riflette chiaramente nei suoi scritti, ricchi di schizzi, appunti e osservazioni dettagliate sulla natura, l’anatomia e la prospettiva. La sua opera pittorica è intrisa di questa profonda connessione tra arte e scienza. L’opera “L’Ultima Cena” ne è un’evidenza di come abbia integrato il suo interesse per l’anatomia nella rappresentazione accurata delle figure umane. Ma non vi è solo questa, per approfondire meglio Leonardo vi è anche “La Gioconda” (1503-1506). Essa testimonia il suo impegno nel catturare la complessità dei sentimenti umani attraverso l’uso della già citata sfumatura e della luce. L’Utilizzo delle cromie e la loro composizione all’interno della tela mi hanno riportato alla mente un altro autore del Rinascimento chiamato Giovanni Bellini. In confronto esso presenta un approccio artistico diverso. Nato nel 1430, Bellini era un maestro nella pittura veneziana. le sue opere riflettono un uso attento del colore e un’attenzione alla rappresentazione emotiva.
L’opera incriminata che mi ha riportato a prenderlo in causa è “Madonna and Child with Saints” 1459/1516, nonostante sia consapevole che non sia la più pertinente, l’equilibrio delle cromie mi ha portato qui. Sebbene Bellini condividesse con Leonardo una profonda sensibilità artistica, la sua estetica era ancorata alle tradizioni religiose e alla spiritualità. Mentre Leonardo si immerse nella scienza e nell’osservazione empirica, Bellini abbracciò un approccio più tradizionale e contemplativo alla pittura.
L’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci è un capolavoro che va al di là della sua maestria artista, trasformandosi in un intricato intreccio di iperrealismo, simbolismi e tecnica. Riuscendo a incapsulare un momento intriso di tensione e drammaticità, che va ad evidenziare nelle espressioni. Gli sguardi degli apostoli, carichi di emozioni contrastanti, sono particolarmente eloquenti e contribuiscono a rendere l’opera unica.
Considerando inoltre che va a studiare, come immedesimarsi, ogni reazione suscitata dalla notizia di Gesù, unito a una disposizione delle figure che creano una sorta di dinamismo che va a convergere le linee guida verso il centro, focalizzandosi sul volto di Gesù. Per questo la composizione va oltre la sua funzione narrativa, diventando un veicolo per esplorare temi più profondi come la fede, la tradizione e il destino umano.
Questo andare verso il nucleo è dovuto ai suoi studi, in diversi ambiti, di sezione dei corpi con la necessità di arrivare a un nucleo che nella pittura, unita alla velatura, fa dissolvere i diversi organismi all’interno di un cosmo.
In definitiva L’Ultima cena di Leonardo Da Vinci non è solo un dipinto, ma una ricca narrazione visiva che continua a ispirare (ad esempio è stata ripresa dal fotografo La Chapelle) e affascinare. Tanto che porta code infinite per poterlo vedere essendo che si può vedere in gruppi ristretti (un po’ in contrasto con quanta gente alla fine lo vede nell’arco di un anno), portando a una prenotazione anticipata di mesi per poterlo ammirare anche con la possibilità di poterlo vedere comodamente e quando si vuole su internet.
Questo articolo su “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci fornisce una profonda riflessione, esplorando diversi aspetti che potrebbero suscitare interesse e stupore nei confronti di questo capolavoro rinascimentale.
Leonardo da Vinci, oltre a essere un grande artista, si distinse come inventore e scienziato. Le sue innovazioni tecniche, come lo “sfumato” che dona vita e realismo alle figure, evidenziano il suo stile distintivo. L’uso della prospettiva ottica e dei colori per creare illusioni realistiche è una caratteristica unica delle sue opere.
La profondità emotiva presente nelle rappresentazioni di Leonardo è notevole. In particolare, “L’Ultima Cena” cattura in modo magistrale le passioni e le reazioni umane di fronte alla dichiarazione di Cristo sul tradimento. La capacità di trasmettere emozioni attraverso l’arte è un elemento rilevante.
La curiosità insaziabile e lo studio approfondito della natura da parte di Leonardo si riflettono nel suo approccio realistico e dettagliato alle rappresentazioni. L’osservazione e l’interpretazione della natura sono elementi che aggiungono fascino all’opera.
Il riferimento agli sforzi frequenti di restauro e conservazione sottolinea la sfida di preservare un capolavoro nel corso del tempo e l’importanza delle misure di salvaguardia.
Si menziona Sir Ernst Gombrich, e come le sue parole abbiano contribuito a una comprensione più profonda dell’opera di Leonardo.
In sintesi, Leonardo da Vinci, con la sua poliedricità e la capacità di esplorare la connessione tra arte e conoscenza, offre molte sfaccettature intriganti che potrebbero suscitare interesse e stupore.
Il suo articolo ha saputo cogliere la grandezza di quest’opera, trasmettendo la sua straordinaria forza emotiva e tecnica. La sua descrizione delle reazioni dei frati domenicani alla visione quotidiana dell’affresco durante i pasti offre un’interessante prospettiva sulla potenza visiva dell’opera. Sono rimasto particolarmente colpito dalla sua analisi delle scelte artistiche di Leonardo, come l’uso del “sfumato” e la rappresentazione dei momenti cruciali dell’Ultima Cena. La sua riflessione sulla tecnica a secco e il suo impatto sulla conservazione dell’opera aggiunge un aspetto tecnico prezioso alla discussione. La sua esperienza personale, condivisa nella parte finale dell’articolo, aggiunge una connessione emozionale che rende il tutto ancora più coinvolgente. Il suo confronto con Monna Lisa e la sua confessione sulla difficoltà di prenotare un biglietto d’ingresso aggiungono un tocco di sincerità e umanità alla sua narrazione. Infine, l’inclusione della citazione di Sir Ernst Gombrich conferisce un ulteriore livello di approfondimento al suo commento. In definitiva, ha reso giustizia a un capolavoro senza tempo, rendendo accessibile la sua bellezza e complessità anche a chi, come me, può ammirarlo solo attraverso le sue parole.
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, situata nel museo del Cenacolo Vinciano a Milano, è un’opera straordinaria che suscita riflessioni filosofiche profonde anche considerando la sua difficile accessibilità.
La limitata accessibilità all’affresco di Leonardo crea un contrasto interessante tra il desiderio umano di connettersi con l’arte e la sua disponibilità pratica.
Concentrandomi sul dipinto, credo che il dipinto sia un capolavoro senza pari che trasmette con maestria l’intensità e la complessità dell’evento sacro rappresentato. Dipinto tra il 1494 e il 1498 nel convento di Santa Maria delle Grazie a Milano, questo affresco è una straordinaria esplorazione artistica e filosofica della cena che precede la crocifissione di Gesù.
Leonardo è riuscito a catturare la drammaticità dell’istante,la disposizione dei personaggi e le espressioni sui loro volti trasmettono un’ampia gamma di emozioni, dall’incredulità allo shock, dalla rabbia alla tristezza. Ogni dettaglio, dalla luce che illumina il volto di Cristo al gesto eloquente delle mani, contribuisce a creare un’atmosfera di tensione e pathos.
Tuttavia, anche con le sue imperfezioni dovute alle vicissitudini storiche, L’Ultima Cena rimane un monumento artistico di straordinaria importanza, un’opera che continua a ispirare e a sollevare interrogativi profondi sulla condizione umana e sulla spiritualità.
La rappresentazione dell’ultima cena di Leonardo si distacca dalla classica rappresentazione strettamente iconografica. Drammaticità del momento, espressività dei personaggi, realismo rappresentativo: sono tutti gli elementi che caratterizzano questo dipinto di Leonardo. Quest’ultimo ha scelto di rappresentare un momento specifico dell’Ultima Cena, in cui Gesù annuncia il tradimento imminente. Questa scelta conferisce all’affresco una drammaticità intensa, enfatizzando la gamma completa di emozioni umane, dalla sorpresa alla paura, dalla confusione alla rassegnazione. Analizzando nei dettagli ogni personaggio e attribuendogli una sua specifica espressione rende il dipinto ricco di sfumature emozionali, nelle quali il fruitore si ritrova e si immedesima. I dettagli precisi delle espressioni facciali, dei gesti e delle interazioni tra gli apostoli creano un dramma palpabile e rendono l’opera unica nella sua profondità emotiva. Per rappresentare questa vasta varietà espressiva Leonardo studiò a lungo tutte le possibili reazioni umane all’affermazione di Cristo. Il fruitore, di fronte a tale varietà si focalizza su ogni singola figura, cercandone le differenze espressive con le altre.
Grazie alla verosimiglianza dell’opera il fruitore si immedesima nei personaggi, ed è come se partecipasse all’ultima cena rappresentata.
Inoltre, la disposizione delle figure e la loro interazione sono studiate con attenzione, aggiungendo complessità narrativa all’opera.
Utente
Parlando dell’artista Leonardo da Vinci, ci troviamo di fronte a un genio non solo per la sua straordinaria tecnica, ma anche per la sua profonda comprensione dell’arte in termini di intelligenza, rappresentazione e composizione. Nell’”Ultima Cena”, Leonardo ha impiegato la sua tecnica distintiva dello “sfumato” per infondere vita e realismo ai personaggi. Mescolando i colori in modo che le linee non fossero definite, ma si sfumassero dolcemente, ha creato un effetto naturale che rende i personaggi più espressivi. Vasari, un contemporaneo di Leonardo, ha elogiato la sua abilità, affermando: “Laonde volse la natura tanto favorirlo, che dovunque egli rivolse il pensiero, il cervello e l’animo, mostrerà tanta divinità nelle sue opere, che nel dare la perfezione di prontezza, vivacità, bontà, vaghezza e grazia, nessun altro mai gli fu pari”. In queste parole, si riflette la maestria di Leonardo nel suo sfumato, associato a concetti come “vaghezza” e la sua ineguagliabile perfezione artistica. Ma ciò che rende davvero unica questa opera è la scelta di Leonardo di rappresentare un momento altamente drammatico dell’Ultima Cena, distinguendosi dalla rappresentazione tradizionale. Mentre molti artisti del suo tempo si concentravano sulla perfezione formale e sull’ideale, Leonardo si concentrava sulla vita quotidiana, sui dettagli e sulle emozioni umane. Il suo interesse si focalizzava sul momento della rivelazione del Signore, aggiungendo un elemento di drammaticità e umanità all’opera. Secondo Vasari, Leonardo ha cominciato molte cose e ne ha finite poche, poiché riteneva che la sua mano non potesse giungere alla perfezione dell’arte nelle cose che immaginava. La sua eccellenza, quindi, non risiedeva solo nell’abilità tecnica, ma nell’intelligenza dell’arte, nella rappresentazione, nella composizione e nell’idea stessa. Il coevo di Vasari, Serlio, afferma: “nel vero la theorica sta ne l’intelletto, ma la pratica consiste nelle mani, et perciò lo intendentissimo Leonardo Vinci non si contentava mai di cosa ch’ei facesse, et pochissime opere condusse a perfettione et diceva sovente la causa esser questa: che la sua mano non poteva giungere all’intelletto”. In conclusione, Leonardo da Vinci, attraverso la sua tecnica innovativa, la profondità intellettuale e la sua scelta di focalizzarsi sul dramma e sull’umanità, ha creato un’opera senza pari nell’”Ultima Cena”. La sua influenza va oltre la mera padronanza tecnica, estendendosi alla capacità di catturare l’intelletto e l’anima attraverso la pittura. mi puoi dire che osa ne pensi di questo?
“L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, un’opera maestosa e senza tempo custodita nel refettorio del Convento dei Dominicani di Santa Maria delle Grazie a Milano, continua a esercitare un’attrazione irresistibile, nonostante le sfide logistiche e le restrizioni d’accesso che possono aver limitato il suo pubblico nel corso del tempo. Questo capolavoro, definito dall’autore stesso come un “evento celato”, riesce tuttavia a radunare ogni anno una folla imponente di visitatori, trasformando così la sua contemplazione in un’esperienza culturale di straordinaria portata e significato.
Il testo sottolinea il contrasto tra la grandiosità e l’importanza artistica de “L’Ultima Cena” e le complessità pratiche e amministrative che accompagnano la sua conservazione e gestione. Nonostante le difficoltà burocratiche e le restrizioni di accesso, l’opera emerge come un capolavoro di inestimabile valore universale, ammirato da coloro che riescono a contemplarlo.
Attraverso l’uso innovativo della prospettiva e della tecnica pionieristica dello “sfumato”, Leonardo da Vinci ha saputo conferire alle figure rappresentate un realismo straordinario, creando un’illusione di vita e movimento che trascende i confini del tempo e dello spazio. Nell’immortalare il momento cruciale dell’Ultima Cena, l’affresco cattura con straordinaria intensità le emozioni dei personaggi, offrendo uno sguardo profondo sulle loro reazioni di fronte alle parole di Cristo riguardanti il tradimento imminente.
Nonostante le limitazioni di accesso imposte dalle circostanze, l’opera continua a suscitare un interesse innegabile, attirando ogni anno un numero considerevole di visitatori.
Nel 1498 Leonardo terminò di dipingere “L’ultima cena” nel refettorio del Convento dei Dominicani di Santa Maria delle Grazie dopo 4 anni di lavoro. L’opera suscitò grande impressione sui contemporanei, diventando un’icona universale della pittura. L’effetto creato dall’affresco era talmente realistico che sembrava quasi materializzarsi davanti agli occhi dei frati dominicani che ogni giorno lo ammiravano durante i pasti. Leonardo utilizzò una tecnica innovativa, lo “sfumato”, che conferiva vita e mistero alle sue rappresentazioni. L’artista volle descrivere la drammaticità del momento culminante dell’ultima cena, catturando le diverse reazioni degli apostoli all’affermazione di Cristo che uno di loro lo avrebbe tradito. A differenza delle iconografie tradizionali, Leonardo rappresentò gli apostoli in modo più realistico e umano, creando un’opera che sconvolse e stupì i frati devoti che la contemplavano. Leonardo ha reso le emozioni, le espressioni, i pensieri e le passioni umane del racconto evangelico in modo nuovo, grazie alla sperimentazione tecnica utilizzata da Leonardo per dare “fisicità” alle figure e trasmettere emozioni. A causa di questa tecnica “a secco” l’opera è stata oggetto di deterioramento, a cui hanno seguito numerosi restauri, ma nonostante ciò rimane un’opera che affascina e che attira milioni di turisti. Sorge però una domanda: per quanto tempo si potrà continuare a restaurare l’opera data la fragilità di essa?
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci rimane una delle opere d’arte più riconoscibili e studiate, grazie alla sua profondità emotiva e alla maestria tecnica di Leonardo. La sua incessante curiosità lo portò a condurre un’indagine approfondita, accompagnata da numerosi disegni preparatori, per creare un capolavoro senza tempo. Leonardo fu anche un innovatore, introducendo tecniche come lo “sfumato”, che conferiva vita e realismo alle immagini, permettendo agli spettatori di immergersi nell’opera stessa.
La drammaticità della scena è resa minuziosamente attraverso gesti ed espressioni dei personaggi, come descritto nel vangelo di San Giovanni, trasformando un semplice racconto in un evento di grande umanità. Leonardo abbandonò il metodo tradizionale della pittura a fresco, optando per la tecnica “a secco”, che consisteva nel dipingere direttamente sulla parete trattata, permettendo una maggiore precisione e dettaglio.
Tuttavia, fattori tecnici, ambientali e storici hanno contribuito al deterioramento dell’affresco nel corso dei secoli, nonostante i numerosi restauri. La fama dell’opera ha alimentato la speculazione e la ricerca di presunti misteri, come la vera identità dei personaggi rappresentati, generando un interesse continuo da parte di storici, ricercatori e autori.
Paragonando l’Ultima Cena a opere simili come Il banchetto di Nozze di Jan van Eyck, emergono diverse similitudini, come la disposizione ordinata dei personaggi attorno a un tavolo e le espressioni emotive che riflettono le relazioni interpersonali. Entrambe le opere sono ricche di simbolismo religioso e iconografico, rappresentando momenti significativi e sacri della storia cristiana e della vita familiare.
La riflessione su “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci mi ha colpito profondamente, evidenziando come quest’opera rappresenti un punto di incontro tra tecnica, emozione e spiritualità. Leonardo non solo ha portato avanti una rivoluzione artistica con il suo uso dello “sfumato” e la prospettiva ottica, ma ha anche catturato l’essenza delle emozioni umane in un momento di grande drammaticità.
Immaginare i frati domenicani che, durante i pasti nel refettorio, si trovavano davanti a questa scena quasi vivente, è affascinante. La capacità di Leonardo di rendere tangibile la sacralità e la complessità emotiva del Vangelo, attraverso una rappresentazione così innovativa, testimonia il suo genio indiscusso. La scena non si limita a narrare un evento, ma lo fa rivivere con una forza espressiva senza precedenti, coinvolgendo chi osserva in un dialogo silenzioso e intenso con ogni personaggio ritratto.
Le restrizioni necessarie per la conservazione dell’affresco, sebbene comprensibili, sembrano quasi un’ironia rispetto alla potenza comunicativa dell’opera. Eppure, è proprio questa fragilità a rendere la contemplazione de “L’Ultima Cena” ancora più preziosa. La possibilità di ammirare i dettagli dell’affresco in altissima definizione online è un esempio di come la tecnologia possa supportare la diffusione del patrimonio artistico, permettendo a milioni di persone di avvicinarsi a questo capolavoro.
In definitiva, “L’Ultima Cena” continua a essere un faro nella storia dell’arte, non solo per la sua innovazione tecnica, ma per la profondità con cui esplora e rappresenta l’animo umano. La capacità di Leonardo di farci sentire partecipi di una scena tanto distante nel tempo è il segno di un’opera che, nonostante le sfide del tempo e della conservazione, rimane viva e pulsante nel nostro immaginario collettivo.
Il Cenacolo, o più comunemente noto come Ultima Cena oltre ad essere la rappresentazione più famosa e celebre dell’inconografia ispirata al brano evangelico di Giovanni è anche considerato uno dei capolavori di Leonardo e del Rinascimento italiano. Per gli schemi del quattrocento schemi era solito rappresentare all’interno dell’ultima cena il personaggio di Giuda isolato nella parte opposta del tavolo. Leonardo va a modificare per la prima volta questa pianificazione affiancando a Gesù gli apostoli tra cui il già citato Giuda poichè resosi conto di come il tradimento sia parte essenziale della narrazione che vuole andare a raffigurare. Il dipinto mostra l’attimo successivo all’annuncio di Gesù “Vi dico: uno di voi mi tradirà” ed è estremamente realistico come Leonardo sia andato a interpretare lo stato d’animo di essi: dolore, sconcerto o incredulità all’annuncio da poco espresso che va a generare una sorta di “effetto valanga” tra i presenti. Ultima puntualizzazione riguarda alla prospettiva utilizzata da Leonardo la quale riesce quasi a creare l’illusione che la realtà, il nostro mondo tangibile continui oltre il dipinto tutto ciò grazie a un sapiente utilizzo della luce e delle regole matematiche della prospettiva.
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è un capolavoro che non solo rappresenta un momento cruciale della cristianità, ma anche un punto di svolta nella storia dell’arte. Leonardo, con la sua capacità di catturare l’essenza delle emozioni umane attraverso l’uso innovativo della prospettiva e dello sfumato, ha creato un’opera che trascende il tempo. Ciò che trovo affascinante è la capacità di questo dipinto di evocare una forte risposta emotiva, anche dopo secoli.
Le restrizioni imposte per la sua conservazione, sebbene frustranti, sono un piccolo prezzo da pagare per preservare una tale meraviglia per le generazioni future. Mi sorprende sempre la capacità di un’opera d’arte di attrarre così tanti visitatori nonostante le limitazioni imposte; è una testimonianza del potere duraturo dell’arte e della sua capacità di comunicare universalmente.
Personalmente, penso che l’accesso limitato possa addirittura accrescere l’aura mistica che circonda l’affresco. Ogni visita diventa un’esperienza esclusiva, quasi un pellegrinaggio culturale, dove il breve tempo passato davanti all’opera è intenso e pieno di significato. Questo, unito alla possibilità di ammirare l’affresco in alta definizione online, permette di apprezzare i dettagli più minuziosi, mantenendo viva la connessione con l’arte anche a distanza.
Per concludere, penso che L’Ultima Cena non sia solo un dipinto, ma un viaggio nel genio di Leonardo, un’esperienza che continua a ispirare e meravigliare, ricordandoci quanto l’arte possa essere potente e immortale.
L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è un capolavoro senza tempo e questo articolo spiega in dettaglio le motivazioni del suo successo. L’attenzione per i dettagli ha portato alla resa perfetta dello stupore e della preoccupazione, scaturita negli animi degli apostoli dopo aver ascoltato le parole di Gesù.
Il primo punto dell’articolo sul quale vorrei indagare è quello della difficoltà nel partecipare ad una visita dell’affresco.
Dopo una prima ricerca sul sito cenacolovinciano.org ho notato che le prenotazioni sono suddivise in blocchi di vendita, ovvero che la disponibilità dei biglietti viene data solo per circa i quattro mesi successivi. Una volta che tutti i biglietti di quel periodo di tempo sono esauriti, bisogna aspettare la data del rilascio dei nuovi biglietti per una nuova fascia temporale. Per esempio, in data diciotto giugno verrà abilitata la possibilità di prenotare una visita dal primo agosto fino al trentuno ottobre. Se per esempio un visitatore decide di acquistare un biglietto in data venti settembre probabilmente dovrà aspettare che ci sia disponibilità nei mesi di novembre e dicembre, se è fortunato….
Sembra quindi che l’organizzazione delle vendite sia migliorata, visto che al professor. Cantoni era stato dato un tempo di attesa di più del doppio di quello attuale, ma ancora oggi nel momento in cui sono disponibili delle visite bisogna fiondarsi sui biglietti come se da essi dipendesse la propria vita.
Riguardo la natura di “evento nascosto” dell’opera, data dalla scarsa comunicazione istituzionale, non ho trovato molto, probabilmente è più facile accorgersi di questa mancanza visitando i punti fondamentali del patrimonio artistico di Milano. Penso che le restrizioni imposte dai burocrati abbiano in fondo un lato positivo, ovvero preservare la preziosa opera che si sta lentamente degradando malgrado i restauri. Capisco perfettamente anche chi vede questo punto sotto una cattiva luce ma L’Ultima Cena rimane, come constatato nell’articolo, la singola opera d’arte più ammirata del nostro paese e la difficoltà che sta nel visitarla è la prova della sua fama.
Ho trovato la lettura di questo articolo molto piacevole e mi ha convinto di dover visitare almeno una volta il Cenacolo Vinciano, per ammirare con i miei occhi la magia artistica creata da Leonardo, tramite l’attento studio prospettico e l’uso dello sfumato con il quale ha dato ai corpi e ai paesaggi una vita propria.
L’ultima cena di Leonardo è oggettivamente uno delle opere non solo belle, ma anche rivoluzionarie nel mondo dell’arte. Leonardo si è pure messo alla prova con questo dipinto, usando sì la sua tecnica dello sfumato, che va mano in mano con la sua filosofia personale, ma anche cercando di far sì che ogni apostolo sia distinguibile dall’altro, e questa non è un’impresa facile.
Inoltre la scelta di riporre tutti gli apostoli da un’unica parte del tavolo è geniale, perché è come se noi fossimo dall’altra parte del tavolo, insieme a Gesù e i suoi apostoli. Riesco solo ad immaginare le sensazioni che abbiamo provato le persone al tempo di Leonardo, vedendo questo dipinto e meravigliarsi, nonostante le critiche interiori che potrebbero aver avuto, dato che questo dipinto è l’antitesi delle opere religiose iconografiche dei secoli principali.
Secondo Luca Pacioli, nel 1498 Leonardo da Vinci completò “L’Ultima Cena” nel refettorio del Convento dei Domenicani di Santa Maria delle Grazie dopo quattro anni di lavoro. La conclusione dell’opera, nonostante i dubbi iniziali di alcuni, rappresentò una grande vittoria personale per Leonardo, spesso incline a lasciare lavori incompiuti. Il dipinto suscitò un’enorme impressione sui contemporanei per la sua bellezza e il suo realismo rivoluzionario, e continua a essere ammirato ancora oggi, nonostante le difficoltà di conservazione.
L’affresco di Leonardo non seguiva le iconografie tradizionali dell’Ultima Cena, ma catturava la drammaticità del momento in cui Gesù annuncia il tradimento. Le emozioni degli apostoli, rappresentate con grande maestria, conferiscono all’opera un’umanità rara. La tecnica a secco sperimentata da Leonardo, sebbene innovativa, ha contribuito al rapido deterioramento del dipinto, richiedendo numerosi restauri, l’ultimo dei quali concluso nel 1999.
Nonostante le limitazioni alle visite per motivi di conservazione, “L’Ultima Cena” rimane un’attrazione irresistibile per gli amanti dell’arte, tanto che milioni di persone hanno esplorato l’affresco online in alta definizione. La sua forza persuasiva e bellezza continuano a rappresentare valori universali.
Il testo offre una riflessione appassionata e dettagliata sull’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, rivelando l’impatto duraturo e la complessità di quest’opera iconica. La descrizione della tecnica pittorica di Leonardo e delle sue innovazioni, come lo “sfumato”, è particolarmente affascinante. L’Ultima Cena viene presentata non solo come un capolavoro artistico, ma anche come un evento epifanico, in cui Leonardo traduce il testo sacro in una scena visivamente e emotivamente potente. La capacità dell’artista di rappresentare le emozioni degli apostoli e le loro reazioni alla rivelazione di Cristo è descritta con grande attenzione ai dettagli, mettendo in luce come Leonardo abbia saputo infondere una profondità umana e una verosimiglianza senza precedenti nella sua opera. Il testo riesce a catturare l’essenza dell’Ultima Cena come un capolavoro che continua a incantare e stimolare riflessioni profonde. L’opera di Leonardo non è solo un simbolo del Rinascimento, ma un’icona universale che sfida i limiti del tempo e dello spazio. Nonostante le difficoltà di accesso e le questioni di conservazione, la bellezza e l’importanza di quest’opera rimangono indiscutibili. La forza persuasiva dell’affresco risiede nella sua capacità di trasmettere emozioni e significati universali, dimostrando come l’arte possa continuare a ispirare e affascinare attraverso i secoli.
Non c’è molto da aggiungere per elogiare un artista come Leonardo, l’Ultima Cena è un capolavoro della storia dell’arte, un’opera di cui vantarsi per le sue eccezionali qualità. Purtroppo, però, questo suo rapido deterioramento ci porta a doverci affrettare per poterla vedere dal vivo, per paura che da un momento all’altro saremo in grado di vederla soltanto tramite delle fotografie, come un ricordo lontano. Tutto questo mischiato alle visite molto risicate, con 20-30 persone alla volta per 20 minuti miseri, rende estremamente difficile trovare un buco tra le visite. Io, per mia grande fortuna, ho potuto vederla dal vivo e le emozioni che trasmette quest’opera sono a stento spiegabili, per questo auguro a tutti di avere la possibilità di vederla perché vi apre gli occhi sui valori di un’eccellenza artistica di grandissimo valore.
Nel dipinto “L’Ultima Cena” di Leonardo si intravedono elementi contraddistinti che non sono possibili ritrovare nelle opere di altri artisti o pittori.
Nella scena del Cenacolo rappresentata da Leonardo, la sala assume un senso di prolungamento dello spazio attraverso utilizzo della tecnica della prospettiva appresa nella Bottega del Verrocchio, per dare un senso di profondità alla scena giocando allo stesso tempo con la luminosità.
Leonardo ha deciso di non seguire l’iconografia del tempo, dando una propria interpretazione innovativa, l’unicità del suo dipinto si percepisce dalla scelta di rappresentare la scena nel momento in cui Cristo annuncia agli apostoli che uno di loro lo tradirà, mettendo in risalto la drammaticità della scena catturando l’espressione di ciascun apostolo.
Leonardo è riuscito a unire gli aspetti psicologici che caratterizzano ogni singolo uomo con le leggi matematiche apprese nella Bottega del Verrocchio, così da rappresentare al meglio la realtà per merito della prospettiva e delle proporzioni dei corpi e vari elementi dei dipinti e la tragicità del momento.
La tecnica dello “sfumato” ha permesso di configurare armonia alla scena, nella rappresentazione dei corpi, espressioni delle figure e paesaggio circonstante, i quali risultano pieni di dettagli.