Roberto Cavalli (1940-2024): La stravaganza al potere 

Roberto Cavalli (1940-2024): La stravaganza al potere 

MONDO – Un tributo alla leggendaria figura di Roberto Cavalli che ci ha recentemente lasciato. Un’icona globale del fashion system e non solo, un creativo che ha lasciato una significativa impronta nella moda.

I primi lampi di moda di Roberto Cavalli risalgono agli anni ’70 del secolo scorso. Lo  stilista faceva parte della grande generazione che impose il pret à porter italiano nel mondo. Erano i giorni in cui cominciavano le carriere di Armani, Versace e Ferrè. I nostri creativi più famosi a livello internazionale si chiamavano Valentino, Missoni, Fendi, Biagiotti, Krizia, Albini. Chiaramente Roberto Cavalli non aveva ancora la loro notorietà ma, in quel decennio, non passarono inosservati i suoi completi, spesso in pelle scamosciata in patchwork, lavorata con rara raffinatezza e dai colori pieni di energia. Usava inoltre tessuti stampati e decorati che suggerivano una evidente ispirazione dell’estetica hippie con sovrabbondanti note emozionali sexy. Cavalli aveva talento, una passione per la bellezza non banale, potrei dire esagerata e soprattutto aveva la cultura artistica per riverberarla sul materiale espressivo tipico della moda ovvero il tessuto e la pelle. Le sue stampe spesso ispirate da forme naturali (fiori, animali di ogni genere..) e la sua tavolozza di colori avevano qualcosa di speciale anche se molti vedevano in certi eccessi decorativi il rischio che di solito approcciamo con il termine kitsch.

In realtà Cavalli oltre ad avere talento per la moda e sensibilità per una forma di bellezza esplosiva era anche un creativo pragmatico che con coerenza sviluppava le idee centrali che secondo lui funzionavano da primo motore per lo specifico desiderio che alimentava il soggetto della moda del suo tempo. Secondo la sua opinione tutte le donne bramavano ad apparire non solo belle nel senso del To Kalon greco o rinascimentale del termine, cioè armoniose, eleganti, glamour con decoro se volete; bensì, secondo la sua opinione e più o meno inconsciamente le donne erano attratte da un insopprimibile fascinazione per la corrente sensuale che trasforma la pura bellezza in qualcosa che ha a che fare con l’eccitamento, con una sorta di anticipo delle emozioni calde, piacere, gioia di vivere, gusto di esibirsi, rispetto le metriche che la stabilizzano in look esemplari, persino perfetti ma che in definitiva appaiono ostili ai capricci del desiderio.

Roberto Cavalli

Diciamo che dal punto di vista storico la parola sexy riassume questo tratto pusionale che dagli anni sessanta in poi rimmarrà una costante sempre presente nella moda occidentale. Un’altra parola potrebbe essere beauty ovvero il termine espressivo che meglio di altri cattura e focalizza nei discorsi inerenti la bellezza, l’oggetto del desiderio. Ma sappiamo tutti che ovviamente non era vero che tutte le donne amano essere prima di tutto sexy o beauty. Come spiegare altrimenti il travolgente successo di Armani? Di Kawakubo, di Yamamoto? Solo per fare qualche nome.

In realtà credo che Roberto Cavalli esagerasse nell’elevare il suo tipo di donna ideale ad universale del femminile per due motivi: 1. in tal modo veniva rafforzato il suo ruolo di creativo al servizio del contenimento delle fragilità che accompagnano come un’ombra le domande sulla bellezza di molte ragazze, presentando così il proprio stile come una cura per le timidezze o le paure di non essere all’altezza delle sfide implicate nei giochi sociali di relazione; per farla breve un look (preferibilmente etichettato Cavalli) può farti desiderare di desiderare ed essere desiderata, questo il messaggio. 2. Inoltre credo che Roberto Cavalli proiettasse nei suoi look il tipo di donna al quale si sentiva sessualmente attratto. Non mi piace tirare in ballo troppi tratti biografici, ma non credo sia una forzatura ricordare che lo stilista in seconde nozze sposò Eva Duringer, una delle partecipanti alle finali di Miss Universo e ragazza di esplosiva bellezza.

Roberto Cavalli
Roberto Cavalli

Ancora,  non credo sia una forzatura marcare il  fatto che per le sue acclamate sfilate ingaggiava regolarmente le modelle più appariscenti non solo perchè famose ma anche per le fenomenali dosi di sex appeal che trasudavono dalla loro breve ma pregnante promenade sulla passerella. Agli argomenti esposti, posso aggiungere che nelle sue campagne pubblicitarie ho sempre riscontrato la presenza di una sorta di particella elementare di volgarità che rendeva intrigante la bellezza della modella ( e del look). Insomma, aldilà degli atti creativi e delle competenze tecniche che fin da giovane aveva dimostrato di patroneggiare, la forza di Roberto Cavalli era il suo amore per la donna sexy che piace tanto sia agli uomini che alle donne che non hanno timore di sentirsi desiderate. 

Dobbiamo riconoscere che soprattutto negli anni ottanta/novanta  il movente interiore della creatività dello stilista che arditamente ho tentato di descrivere, è entrato in risonanza con il sentire diffuso della maggioranza delle ragazze, un po’ stanche del femminismo incazzereccio anni settanta, e molto disponibili a riappropriarsi del proprio potere seduttivo. In questo decennio i fatturati del brand Roberto Cavalli non potevano che crescere anche se, bisogna riconoscerlo, Gianni Versace lo sopravanzava per raffinatezza ed efficacia, Tierry Mugler per l’irriverente creatività, Lacroix per l’estrema frivolezza e gioia di vivere evocata fin dalle sue prime collezioni. 

La svolta che porterà Roberto Cavalli ad essere vissuto come uno dei tanti miti che punteggiano lo sviluppo della moda, avviene verso la metà degli anni novanta, dopo la drammatica scomparsa di Gianni Versace e quando sia Lacroix che Mugler incontrarono inattese difficoltà nel tradurre le loro idee creative presentate in contesto couture nel pret à porter di lusso (il segmento di mercato che garantiva la crescita in doppia cifra dei fatturati). E’ in questa fase che lo stilista coglie uno degli aspetti psicologici emergenti del target di donne da sempre in sincronia con il suo modo di interpretare la bellezza.

Roberto Cavalli

Se da un lato, in quegl’anni, vediamo crescere minimalismi, primitivismi, essenzialismi, dall’altro lato il cotè esibizionistico, provocante, trasgressivo della moda continua ad essere una delle macrotendenze adorate da un pubblico femminile refrattario ad un’eleganza discreta, cerebrale, oggi diremmo politicamente corretta. In questa fase Roberto Cavalli ebbe idee creative geniali. Per esempio, jeans cattivissimi (a vita bassa, superaderenti tanto da focalizzare la percezione del culo interpretato come inedito punto moda), sapientemente scoloriti, strapazzati; alternati con vertiginose minigonne che nei suoi favolosi fashion show le modelle più sexy indossavano con aggressiva disinvoltura calzando lavoratissimi stivali texani. Le sue celebri stampe animalier più che un elogio per la bellezza delle bestie in natura, funzionavano benissimo perchè raffiguravano quel tratto del desiderio che reclama libertà, gioia di vivere sopra le righe imposte dal buon gusto. 

Insomma Roberto Cavalli vestiva le donne che vogliono sentirsi in un una situazione di entertaiment spettacolare permanente, di notte soprattutto ma anche di giorno, un po’ selvagge ma sempre a loro modo chic e incredibilmente sexy. Per rafforzare questi contenuti esageratamente emotivi, lo stilista utilizzava sfilate hollywoodiane, coinvolgeva sapientemente lo star system che, da parte sua, aveva bisogno di crescenti dosi di stravaganze per reggere le sfide di immagine che dalla post modernità in poi fanno parte del loro lavoro impegnandoli in incessanti relazioni pubbliche. E in quanto a stravaganze sexychic per almeno un paio di decadi Roberto Cavalli non è stato secondo a nessun altro stilista. Aggiungo che aldilà delle chiacchiere giornalistiche quasi sempre orientate a sottolineare con toni e arie complici  i presunti eccessi delle sue collezioni, Cavalli non è mai stato veramente irriverente o oltraggioso nei confronti della bellezza femminile. Diversamente da Margiela e McQueen che a un certo punto sembrava veramente che odiassero il tipo di donna sensuale, sexy e glamour, per così favorire l’emersione di un nuovo immaginario della moda occupato da corpi de-erotizzati, è il caso del primo dei due grandi stilisti citati, o da una bellezza tossica e corrosiva, il secondo…In opposizione a questi stilisti adorati dal giornalismo anglosassone d’avanguardia dicevo, Cavalli, Versace, Dolce & Gabbana, Gucci di Tom Ford con stili creativi diversi continuavano a  promuovere l’erotizzazione dell’imago femminile. A mio avviso lo stile di Cavalli sempre un po’ sopra le righe ma mai caricaturale e terribilmente sublime come quello di John Galliano, si rivelò solido sul mercato dei desideri anche se dal punto di vista culturale era la generazione degli intransigenti distruttori delle armoniche glamour ad attirare l‘attenzione degli stakeholder più autorevoli. 

Probabilmente le sue ultime efficaci performace creative possimo inquadrarle all’inizio del terzo millennio nel contesto dello stile  boho chic. Boho sta per bohemienne e allude ad uno modo di vivere anticoformista seguito da artisti, musicisti, attori, ovvero a un tipo di ribellione fasulla, leggera quindi immorale quanto basta per non incorrere in pesanti sanzioni sociali. Le gonne e camicette sovrastate dalle magiche stampe dello stilista fanno ancora una volta la differenza. C’è da aggiungere che l’orchestrazione della varietà di fonti multiculturali del boho effettuata dallo stilista era suggestiva. D’altronde Cavalli amava viaggiare, fotografare dettagli che lo incuriosivano, conosceva gli stili etnici, artistici  con i quali creare le combinazioni hippeggianti che avevano fatto parte della sua giovinezza. Ma per lui e suo brand la magica sintonia con il pubblico femminile si interrompe dopo la prima decade del terzo millennio.

Roberto Cavalli

Le ripetute drammatiche notizie sull’immerdameto del pianeta, guerre insensate, disumani terrorismi, crisi economiche mai viste prima, le implacabili bordate di movimenti come metoo, gli influencer al posto di donne sexy, cambiano velocemente la mentalità del pubblico femminile. Le ragazze che vivono e si vestono come se la vita fosse una specie di permanente discoteca di lusso non sono più dominanti. Non hanno più bisogno che uno stilista dica loro come vestirsi. La parola etica, spesso usata a sproposito, domina nei discorsi di moda. Il brand Cavalli perde di appeal; lo stesso stilista sembra svuotato di quell’efficiente creatività che sin lì lo aveva mantenuto a stretto contatto con i trend vincenti. Nel 2014 cede la maggioranza delle azioni del brand al fondo Clessidra. Ma la nuova governance finanziaria e manageriale non funziona, tanto che nel 2019 viene dichiarato il fallimento.

 

Fatturati a parte, fino al 2020 lo stilista, divenuto azionista di minoranza ma anche art director o qualcosa del genere del brand, continuò a concepire collezioni di grande impatto mediatico. Molte giornaliste adoravano le sue spettacolari sfilate. In realtà è difficile riscontrare in quell’arco di tempo vere e proprie svolte di stile. Io vi vedo piuttosto una ostinata, commovente dedizione alla Gestalt di donna esuberante per sensualità e bellezza che, abbiamo visto, rappresentava la proiezione nel reale del fantasma del femminile incapsulato nel suo inconscio. Probabilmente l’estrema raffinatezza dei tessuti decorati dai motivi animalier, le seducenti forme fluttuanti, leggere e gli esuberanti look in pelle lavorata dai migliori artigiani toscani, rappresentavano dal punto di vista tecnico il punto più alto della carriera di Cavalli come interprete delle euristiche dalle quali discendono abiti mirabilmente costruiti. Ma le donne non ci credevano più, almeno nei numeri del glorioso passato. Certo, ogni stagione i motivi decorativi cambiavano l’ossatura concettuale del suo modo di interpretare  la bellezza che fingeva di essere estrema ma che in realtà giocherellava gioiosamente con la percezione del sexy: tuttavia la struttura profonda del suo stile rimaneva immutata. E le donne non ci credevano più…Nel 2020 Fausto Puglisi venne nominato art director del brand. Cominciò sottraendo nelle collezioni  i tratti di stile ancora ancorati ad una concezione della bellezza troppo Italia anni novanta; mantenne la bussola concettuale orientata verso i valori fondanti di Cavalli quali il senso di libertà e il gusto per un glamour non banale, l’interazione con lo star System, e infine diede ai suoi look un sapore di contemporaneità subito apprezzato dal mercato. Ma questa è un’altra storia…

Possiamo dunque sostenere che nei suoi ultimi anni Roberto Cavalli ha cercato in tutti i modi di difendere l’idea di moda alla quale era rimasto coerente per tutta la sua vita da creativo…Spesso ripeteva alle giornaliste amiche, una frase in realtà condivisa con tanti suoi colleghi…Gli abiti cambiano davvero la vita...Solo innocue esagerazioni penso, che però mi hanno fatto sorgere una domanda: a quale vita pensava lo stilista? mi pare che la risposta non possa che suonare così: una vita più che divertente, libera di esprimersi anche fuoriuscendo dai confini delle regole ordinarie; quindi aperta agli eccessi e a quelle stravaganze nesessarie per dare energia a corpi annichiliti dagli inquinanti residui emotivi che rappresentano la condizione umana in un mondo sempre più gravido di tristezze. 

Roberto Cavalli ci ha lasciato il 22 aprile 2024. La notizia, lo confesso, mi ha dato immediata tristezza. Ma poi l’ho immaginato abbronzato, con i suoi jeans, gli occhiali da sole, il blazer dal tessuto finemente lavorato, la camicia aperta con al collo uno strepitoso fulard… l’ho immaginato dicevo, ascendere in alto nel cielo sostenuto da un plotone di reverenti giovani bellissime diavole in tunica maculata e zebrata, e poi planare giù in basso nel girone destinato ai bohemienne che mi è parso assomigliare a uno dei tanti locali notturni di lusso frequentati durante la sua esistenza, subito circondato da una moltidine di anime riconoscenti e pronte ad affiancarlo per l’eternità in una interminabile festa. Mi è subito tornato il sorriso, molto simile a quello che provavo quando assistevo alle sue sfilate.

Addenda 

1. Il giorno della notizia della morte di Roberto Cavalli ero in aula per una delle mie conversazioni didattiche sulla percezione, sul perché abbracciandola senza precauzioni di sorta quasi sempre ci sbagliamo, se essa funzioni in modo diretto o indiretto, cosa ci guadagniamo nel pensarla come “informazione”, se in realtà, a livello di stimolo fisico non risulti troppo povera e quindi necessiti di proiezioni che provengono dall’interno del corpo  etc. etc. etc. Insieme agli allievi di Fashion Design avevamo appena esplorato lo stile creativo di eccezionali stilisti che avevano traumatizzato l’ordinaria percezione della moda deviandola su look scioccanti che poi, in breve tempo, avevano trovato posto persino nei nostri guardaroba. Mi sembrò opportuno, in quel momento parlare di Roberto Cavalli, come stilista e artista votato a magnificare le apparenze femminili usando quel rinforzo emotivo che chiamiamo “sexy” fino alle soglie della stravaganza. Il giorno dopo, cosciente che quando si improvvisa è probabile dire troppo o troppo poco, ho redatto il breve testo che avete appena letto. La mia speranza ovviamente è che stimoli il confronto con gli internati che frequentano MyWhere, anche se devo ammettere di avere un maggiore interesse verso i miei primi referenti ovvero gli allievi con i quali condivido l’esperienza più bella che conosco che immagino possa essere definita nei termini di apprende ad apprendere cioè a incrementare le proprie conoscenze.

2. In una intervista rilasciata a Serena Tibaldi, giornalista di la Repubblica che vi consiglio di tenere d’occhio perché è tra quelle che nobilitano la professione mostrando che è ancora possibile in contesto moda produrre informazioni di qualità arricchite con precise note di critica, intervista pubblicata il 26 aprile 2024, Fausto Puglisi, l’attuale stilista del brand Cavalli ha profferito parole che avrei volentieri introdotto come prologo al mio intervento e che dunque rimetto alla vostra attenzione:

“ Si ricorda l’episodio di <Sex in the City> in cui Carrie molla il fidanzato che non vuole che lei indossi  un vestito, sbottando in un <It’s a Cavalli>? Tra i Novanta e i Duemila, Cavalli è stato tutto. Hollywood, la musica, le supermodelle, gli show incredibili: ha dominato quel periodo con il suo fasto, il suo immaginario sexy e la voglia di andare sempre oltre. Era guidato dalla sua fantasia, il che purtroppo è sempre più raro nella moda. Cavalli è il simbolo di un periodo eccezionale. E irripetibile.” 

Lamberto Cantoni
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37 Responses to "Roberto Cavalli (1940-2024): La stravaganza al potere "

  1. annamaria   19 Aprile 2024 at 15:58

    Ho sempre ammirato gli abiti di Cavalli soprattutto per la qualità delle stampe. Un pò meno per il tipo di donna che trasmettono. A mio avviso è stato più importante di quanto immaginino i giovani d’oggi. Non ho trovato molto elegante il finale dell’articolo con il riferimento all’inferno. In quel posto lì ci vanno i cattivi e comunque non è un bel tributo.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   19 Aprile 2024 at 19:21

      Non ci avevo pensato. Sarà perché ho sempre immaginato fosse più divertente l’inferno. Il paradiso a me sembra un posto noioso…tutta quella bontà, tutto quel silenzio contemplativo, tutta quella luce e poi gli angeli proprio non li sopporto compreso il mio angelo custode, implacabile nel rovinarmi i momenti più eccitanti. Sul posto che spetta a Roberto Cavalli in un ipotetico canone d’eccellenza della moda è una questione molto aperta. Sono d’accordo su quello che dici sui giovani di oggi. In generale affrontano la storia cioè il passato a colpi di anacronismi. Ne pertinentizzano dei pezzi senza chiedersi troppi perché e senza curarsi dei contesti. Ma devi riconoscere che gli studi umanistici dei quali la Storia è uno degli assi portanti, non sono più percepiti come il fondamento dell’esperienza formativa.

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      • james   19 Aprile 2024 at 19:37

        In alcune interviste Cavalli sosteneva che Dio era uno straordinario stilista e che quindi trovava conforto nel copiare da lui. Da questo deduco che ora è in Paradiso.

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        • vincenzo   21 Aprile 2024 at 08:58

          Capisco che la morte di Roberto Cavalli faccia parlare dell’aldilà. Ma lasciamo stare nostro Signore e non mettiamo in bocca allo stilista sciocchezze che sono fake news. Cavalli è stato un bravissimo stilista nel suo genere. Però penso che sia diventato celebre quando ha usato tantissimo le celebrità per esaltare il suo marchio. Basandomi sulla stampa vi dico che la sua azienda quando era al vertice sembrava più una agenzia di spettacoli che una casa di moda. Ma vi ricordate che il fisco gli fece causa perché si era costruito una pista di atterraggio per elicotteri nella sua villa per il via e vai di star che arrivavano a Firenze per partecipare alle sua feste?

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          • maurizio   21 Aprile 2024 at 17:19

            Sono d’accordo con Vincenzo, lasciamo stare Dio. Ho letto interviste nelle quali si capiva che Cavalli ci teneva molto ad essere considerato un artista nel suo mestiere. I suoi abiti maschili secondo me non erano così esibizionistici come le collezioni femminili. Si capisce che teneva ben distinti i due sessi. Oggi non è più così e non credo sia meglio.

          • Lamberto Cantoni
            Lamberto Cantoni   21 Aprile 2024 at 20:42

            Nulla di strano in quello che dici. Cavalli aveva studiato arte all’Accademia di Firenze, credo. Un suo antenato, Enrico Cavalli, penso, a suo tempo fu uno stimato pittore della cerchia dei Macchiaioli. Il disegno delle sue stampe aldilà dei contenuti denotano uno stile distintivo e per chi ama queste sovrapposizioni, sicuramente accattivante. La parola artista non è inappropriata.
            Tra i motivi che ricordo, oltre ad animali feroci gli piaceva far indossare raffigurazioni di angeli e demoni. Credo, ma non ne sono sicuro, che parli di Dio nella sua autobiografia, “Just me”. A tal riguardo il contesto di senso dei suoi riferimenti evangelici, dovrebbe essere più o meno questo: gli animali, la natura sono bellissimi ringrazio chi li ha creati e per me rappresentano una costante fonte di ispirazione.

  2. ann   20 Aprile 2024 at 00:11

    Premetto che non conosco bene la la storia della moda e che intervengo solo per dare una mia personale impressione sugli abiti firmati Cavalli che ho comprato. Effettivamente mi hanno fatto sentire diversa, più felice, spensierata, sicura. Forse sto scrivendo stupidaggini però non sono d’accordo con l’ironia dell’autore, quello che indossiamo ci può cambiare e non c’è nulla di male se ogni tanto vogliamo essere sexy.

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    • mary   21 Aprile 2024 at 09:16

      Sono d’accordo con te Ann, gli abiti di Cavalli sono speciali e portabilissimi da chiunque anche se sono poche le ragazze che hanno il fisico delle sue modelle. A me piacevano le stampe con motivi animalier e i calzoni di pelle aderenti. Ogni tanto sento parlare di abiti come seconda pelle e il primo stilista che penso è proprio Cavalli.

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  3. luc97   22 Aprile 2024 at 17:11

    Ehi prof! poteva postare immagini diverse se voleva essere persuasivo. Quelle che ha postato sono sexy forse per attempati feticisti pervertiti. Io non ci vedo nessuna particolare trasgressione. Sembrano befane zebrate che se la tirano tantissimo. Volevo anche chiederle se è stato Cavalli a lanciare la moda dei jeans che fanno vedere la parte superiore delle chiappe.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   22 Aprile 2024 at 17:52

      Boh! Raccomando a tutti e quindi anche a luc97 una bella spazzolata al cervello prima di fare un commento. Con qualche frizione ai neuroni potevi benissimo arrivare capire che bastava effettuare una breve ricerca nel web per ricevere a cascata tutti i look necessari per farti un’idea dello sviluppo storico del brand. Ma non credo che avrebbe fatto una grande differenza se tu non li avessi poi contestualizzati. Le forme del sexy cambiano e non sorprende il fatto che una generazione diversa di possibili consumatori interpreti ciò che aveva fatto sussultare quella che veniva prima, come qualcosa di inattuale financo ridicolo. Le nostre percezioni come le emozioni, in assetto esperenziale e non in un laboratorio di percettologia, sono un flusso, cambiano di valenza insieme alla parole con le quali tentiamo di descriverle. Per quanto riguarda i jeans che muovendosi scoprono le chiappe, credo che li abbia presentati per primo Alexander McQueen e non erano affatto sexy (mostravano troppo) bensì di studiato cattivo gusto, specie se indossati da uomini dal culo peloso.

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      • vic   22 Aprile 2024 at 18:25

        Concordo con l’autore nel ritenere la contestualizzazione fondamentale. Posso fare l’esempio della minigonna. Quando Mary Quant la inventò successe il finimondo, oggi non ci fa caso più nessuno. E ce ne sono tanti altri di esempi. Quindi sono d’accordo nel dire che la percezione che noi abbiamo di certe forme cambia con il trascorrere del tempo. Mi ha colpito anche il rilievo dell’autore sul didietro come inedito punto moda. In effetti non ci avevo mai pensato ma è vero che quasi sempre le immagini di una modella sono riprese dal davanti. Possiamo veramente dire che è stato Cavalli con i jeans a vita bassa ad avviare questa moda?

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        • Lamberto Cantoni
          Lamberto Cantoni   23 Aprile 2024 at 01:14

          Noi non possiamo a livello di esperienza isolare le percezioni dal pensiero. Forse lo possiamo fare in laboratorio a determinate condizioni e con strumenti ad hoc. Nella vita reale percepiamo e pensiamo senza la possibilità di demarcare con precisione i campi dell’una da quelli dell’altra. Se questo è vero allora le forme di pensiero, i giochi linguistici divenuti per noi una abitudine interferiscono sistematicamente con le percezioni dando ad esse il conforto di un senso. Ma noi sappiamo anche che il linguaggio e i modi di pensare che ci restituiscono un mondo sensato, cambiano. Possiamo quindi congetturare che questi cambiamenti di prospettiva e di linguaggio producano significazioni diverse da ciò che dal punto di vista fisiologico o biologico sembrerebbero aspetti percettivi stabilizzati e generalizzabili. Per quanto riguarda i jeans a vita bassa non sono sicuro che siano una invenzione di Cavalli. Sono sicuro invece che i suoi jeans strettissimi, bassi di vita e spesso lussuosamente decorati fossero vissuti come molto sexy o addirittura estremi per glamour. Infine per quanto riguarda la focalizzazione sul culo Cavalli è stato di sicuro anticipato dal grande Azzedine Alaïa che proprio a partire dai rigonfiamenti posteriori verso la metà degli anni ottanta aveva creato look molto apprezzati dal sofisticato pubblico del lusso.

          Rispondi
          • vic   23 Aprile 2024 at 09:49

            La ringrazio per la risposta e mi rincresce dirle che non ci ho capito un tubo. La seconda parte invece è più semplice. Ho controllato su internet ed è proprio vero che Alaia sosteneva che per fare un abito glamour bisognasse concentrarsi proprio lì.

  4. Elisa Fabbri   23 Aprile 2024 at 22:02

    Roberto Cavalli è stato una figura leggendaria nel mondo della moda, con un impatto indelebile sul panorama dell’abbigliamento e dello stile. Il suo marchio distintivo, caratterizzato da stampe animalier audaci, tessuti lussuosi e design sensuali, ha rivoluzionato il concetto stesso di moda e ha infranto molte barriere convenzionali. Tuttavia, dietro la sua straordinaria creatività, emerge una visione della femminilità che merita un’analisi critica approfondita. Cavalli incarnava un’estetica che spingeva i confini della sensualità e della provocazione, con capi che esprimevano un’eccentricità sfrenata e una suggestione audace. Le sue collezioni erano intrise di una sensualità esplicita, con abiti aderenti, scollature profonde e stampe animalier che evocavano un senso di selvaggia libertà. Tuttavia, dietro questa rappresentazione della femminilità c’era una concezione limitata e stereotipata della donna come oggetto di desiderio sessuale anziché come individuo autonomo e potente. Il pensiero di Cavalli, sebbene rivoluzionario nel suo modo di sfidare le norme tradizionali della moda, si è spesso concentrato in modo eccessivo sulla sensualità come l’aspetto predominante della bellezza femminile. Questo approccio, seppur affascinante e provocatorio, ha contribuito a perpetuare idee antiquate e discriminatorie sulla donna, riducendola a un mero oggetto di desiderio anziché riconoscerla come soggetto di potere e autonomia.Inoltre, la sua enfasi sulla sensualità ha potuto escludere molte altre forme di espressione femminile, contribuendo a creare un’immagine monodimensionale della bellezza e della femminilità. Ciò ha portato alla marginalizzazione di donne che non si conformavano a questi stereotipi, creando una standardizzazione dannosa e limitante dell’ideale femminile.
    Tuttavia, nonostante queste critiche, non si può negare l’impatto rivoluzionario di Cavalli nel mondo della moda. Ha sfidato i canoni estetici convenzionali, ha ridefinito i limiti della creatività e ha aperto nuove strade per l’espressione individuale attraverso l’abbigliamento. Il suo lavoro ha ispirato intere generazioni di designer e ha contribuito a plasmare il panorama della moda contemporanea.Inoltre, è importante riconoscere che il pensiero di Cavalli rifletteva anche il contesto culturale e sociale della sua epoca. Le sue idee sulla sensualità e sulla bellezza femminile erano in sintonia con i valori e le tendenze dominanti del suo tempo, sebbene oggi possano essere considerate datate o problematiche. Per concludere a pare mio Roberto Cavalli è stato senza dubbio un gigante della moda, il cui lavoro ha lasciato un’impronta indelebile sull’industria dell’abbigliamento. Tuttavia, la sua visione della femminilità e della bellezza merita un’esaminazione critica, poiché ha contribuito a perpetuare idee limitanti e stereotipate sulla donna. Mentre celebriamo il suo genio creativo, è importante anche riflettere sui suoi limiti e sulle implicazioni più ampie della sua estetica sulla società e sulla percezione della donna.

    Rispondi
    • annamaria   24 Aprile 2024 at 09:19

      Condivido le riflessioni di Elisa e penso che abbia ragione. La percezione della bellezza femminile di Cavalli fomenta il sessismo e questa ambiguità non è più sostenibile.

      Rispondi
      • Antonio Bramclet
        antonio   24 Aprile 2024 at 09:41

        Se Elisa ha ragione, dal momento che Cavalli ha costruito la sua immagine con la collaborazione delle attrici e delle modelle più acclamate, allora l’accusa di sessismo va fatta anche a loro. Francamente sembra una assurdità.

        Rispondi
        • annamaria   24 Aprile 2024 at 09:50

          Vorrei ricordare ad Antonio che il sessismo ha coinvolto pesantemente il mondo del Cinema e che le attrici sono state le vittime!!!

          Rispondi
          • mary   24 Aprile 2024 at 18:30

            Non sono assolutamente d’accordo con Elisa e tantomeno con Annamaria. I capi in verità assai scenografici che possiedo di Cavalli, non fanno di me una sessista. Posso ammettere che siano eccessivi, stravaganti come dice l’autore ma cosa c’entra il sessismo? Ammetto anche che non li porto da parecchio tempo però mi facevano felice. Io credo che in tutte le donne ci sia un pizzico di esibizionismo. Cavalli lo sapeva e lo assecondava. Per questo lo possiamo definire un sessista?

          • annamaria   24 Aprile 2024 at 21:32

            MARY MI HAI FRAINTESO TU SEI SOLO UNA VITTIMA DELLA MODA CHE FOMENTA IL SESSISMO. Se uno stilista presenta donne animalier quali sono le conseguenze? Prova a pensarci un poco e vedrai che capisci cosa voglio dire.

          • mary   24 Aprile 2024 at 22:18

            Ci ho pensato e ho capito che SEI UNA BACCHETTONA!

          • mau   25 Aprile 2024 at 09:09

            Scusate se mi intrometto, ma vorrei dire che a me piacciono assai le ragazze animailer specie se leopardate

          • Antonio Bramclet
            antonio   25 Aprile 2024 at 09:19

            ah!ah!ah!…Anche a me, però le preferisco tigrate…W Cavalli

          • Lamberto Cantoni
            Lamberto Cantoni   25 Aprile 2024 at 09:37

            STOP, ALTOLÀ, THE END, FERMI TUTTI….Al momento non vedo alcun incremento di conoscenza ma solo di stronzate, quindi ogni riferimento inopportuno allo stile animalier verrà censurato. Annamaria e Mary hanno già detto tutto. Il punto di vista che difendono è chiaro. La prima sottolinea che la moda può indurre comportamenti reprensibili. La seconda sostiene la prevalenza di una libertà auto espressiva che dovremmo rispettare. È un problema serio che merita di essere indagato e non liquidato con pur divertenti battute.
            Invito Annamaria, Mary, Mau e Antonio a rileggersi con attenzione gli interventi di Elisa e Bianca. Entrambe non parlano di sessismo ma ci invitano a “riflettere sulle implicazioni più ampie” che gli atti moda di un creativo producono a livello sociale. Entrambe affrontano l’argomento con eleganza e saggezza. Grazie alle loro parole si delinea uno scenario interessante: 1. Gli oggetti per il corpo prodotti dalla moda mobilitano percezioni di qualità il cui significato emergente è contingente cioè mutevole; 2. Questo significa che le nostre percezioni di qualcosa non sono ossificate ma retroagiscono a situazioni, valori, finalità che in una società aperta cioè democratica sono sottoposti a costanti tensioni.

  5. Debora F.   24 Aprile 2024 at 11:19

    Beh che dire, ormai tutti noi sappiamo che la moda è desiderio tanto quanto l’arte è finzione, e Cavalli di certo ha fatto bramare i suoi abiti e le sue creazioni alle donne di tutto il mondo. Dopo il lancio dei jeans invecchiati del ’94, a dargli la spinta è il direttore di Vogue Italia Franca Sozzani, che assieme alla stylist Anna Dello Russo ridisegna la sua immagine. Le campagne pubblicitarie fotografate da Steve Hiett con Maria Carla Boscono dominano il panorama delle metropoli. Inoltre grazie al leader degli Aerosmith Steven Tyler e Lenny Kravitz, viene spinto a lanciare una linea maschile sempre in pieno stile Bohemienne come la sua ultima sfilata.
    Poi indimenticabile la sua famosa stampa animalier che dice di aver copiato da dio: «Mi piace la natura: mi sono reso conto che tutti gli animali hanno un bellissimo “vestito”. I pesci, i serpenti, le tigri, tutti. Ho capito che Dio è uno straordinario stilista: e quindi, copio da lui». Abbiamo perso un pioniere dell’estetica impetuosa, eccessiva, densa di una sensualità tornita; che ha vestito donne consapevoli e audaci, e queste caratteristiche fortunatamente le stiamo vedendo ancora oggi grazie a Fausto Pugliesi(attuale direttore Creativo della maison) che riesce a incanalare perfettamente lo stile classicheggiante delle donne che vestono Cavalli, con la sua idea di inclusione e bellezza. Con la sfilata autunno/inverno 2024 è riuscito a creare proprio come faceva cavalli, abiti eleganti, sexy, con stampe appariscenti, top che lasciano poco all’immaginazione esaltando le forme e la loro sensualità.
    Come disse Cavalli: «L’eccesso talvolta è sinonimo di successo, a patto di fare qualcosa di diverso, speciale, sexy» ed è stata proprio questa visione unita alle sue idee innovative a portarlo al successo.

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    • vincenzo   24 Aprile 2024 at 17:37

      Allora è vero che Cavalli si ispirava a Dio. Siete in tre a dirlo e quindi comincio a credere che non è una fake. Mi è piaciuto l’intervento di Debora ma non capisco lo stile classicheggiante di Puglisi come possa essere paragonato agli eccessi di Cavalli quando era in gran forma.

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      • mau   24 Aprile 2024 at 18:53

        Hai ragione Vincenzo se dici classico non puoi dire eccessivo o estremo, il classico non può essere stravagante. Per me Cavalli sembrava il barocco esotico sud americano, colori, pelle stampata a rettile, scarpe texane o scamosciate. Senz’altro un artista della moda.

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        • Antonio Bramclet
          antonio   26 Aprile 2024 at 14:48

          Nella moda tutto è possibile anche un classicobarocco. Una collezione consente questo ed altro. Perché mai uno stilista dovrebbe porsi dei problemi se dopo 10 outfit strambi ne fa uscire un paio classici? Comunque non è da Roberto Cavalli, piuttosto da Puglisi, lo stilista nuovo, più attento a cosa succede in giro.

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  6. Bianca Alexandru   24 Aprile 2024 at 20:33

    Ho notato leggendo un’analisi approfondita della carriera e del contributo di Roberto Cavalli alla moda, mettendo in luce sia i suoi successi che le sfide incontrate lungo il percorso. È interessante notare come l’autore ponga l’accento sul ruolo di Cavalli nel ridefinire il concetto di sensualità nella moda, spingendo i limiti e sfidando le convenzioni con i suoi design audaci e provocatori. Tuttavia, mentre l’articolo celebra il suo impatto nel mondo della moda, lascia trasparire anche una critica implicita nei confronti della sua persistente enfasi sulla sensualità e sul glamour eccessivo, soprattutto negli ultimi anni della sua carriera. Questo solleva interrogativi sul modo in cui la moda può influenzare la percezione della bellezza e della femminilità, e se il focus eccessivo sulla sensualità possa essere limitante o alienante per alcune donne.
    Viene inoltre sottolineato il cambiamento di paradigma nella moda verso una maggiore consapevolezza etica e sociale, suggerendo che il marchio Cavalli abbia perso di rilevanza in un contesto culturale in evoluzione. Questo solleva la questione più ampia della responsabilità sociale dei designer e dei marchi di moda nell’affrontare le questioni ambientali, sociali e politiche.
    Personalmente, trovo che l’analisi dell’articolo sia ricca e ben argomentata, offrendo una panoramica completa della carriera di Cavalli e delle sue influenze sulla moda contemporanea. Tuttavia, avrei gradito una maggiore riflessione sulle implicazioni più ampie della sua estetica e del suo approccio alla moda, in particolare riguardo alle rappresentazioni della femminilità e ai cambiamenti culturali nel tempo. Inoltre, avrei voluto vedere una discussione più approfondita sulle implicazioni etiche della moda e sul ruolo dei designer nel promuovere valori positivi e sostenibili attraverso il loro lavoro.
    Ho trovato quindi in questa lettura una riflessione su questioni importanti riguardanti la rappresentazione della femminilità, l’etica della moda e il ruolo dei designer nella società contemporanea. Argomenti davvero interessanti.

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  7. Chiara D.F   25 Aprile 2024 at 10:39

    Personalmente, non sono mai stata una grande fan della moda di Roberto Cavalli. Tuttavia, devo ammettere che dopo aver esaminato più da vicino il suo lavoro grazie a questo testo, ho cominciato a riflettere su questo stilista e ad apprezzarne gli aspetti distintivi. Adesso credo di riuscire davvero a comprendere il messaggio che Cavalli voleva trasmettere attraverso le sue creazioni.
    In passato, ho trovato il suo stile un po’ troppo esagerato, soprattutto per quanto riguarda l’uso eccessivo delle stampe animalier. Tuttavia, leggendo i commenti di altri e analizzando una sua citazione, ho realizzato che per lui c’era un significato più profondo dietro a queste scelte. Cavalli spiegava che copiava i vestiti degli animali perché amava imitare Dio, definendolo “lo stilista migliore che esista”.
    Indipendentemente dalle questioni religiose, ora interpreto questa frase come un tentativo di ritorno alle origini. Penso che Cavalli intendesse sottolineare il legame tra le sue creazioni e la natura primordiale, un ritorno alle radici per esaltare la sensualità femminile, un tema ricorrente nei suoi lavori.
    La sua abilità nel comprendere e valorizzare le donne, insieme alla sua maestria nelle lavorazioni e nelle silhouette decisamente sensuali, lo hanno reso uno dei designer più celebri e ammirati al mondo.
    Lui non si considerava uno stilista, ma piuttosto un individuo capace di “scoprire ciò che rende speciale un tessuto, un abito, una donna”.
    Sebbene, purtroppo, ci abbia lasciato, dobbiamo proprio riconoscere che questo grande creativo ha dato vita ad un universo unico e distintivo nella moda.
    L’ eredità che ci lascia include l’immagine di una donna sexy e al contempo fatale, avvolta in texture animalier come il pitonato e il leopardato.
    Cavalli, con le sue collezioni, rappresentava una figura femminile aggressiva ed erotica, una Femme fatale degli anni 2000 che solo lui poteva rendere così iconica.

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  8. Noemi Franchini LABA FD3   26 Aprile 2024 at 09:46

    Innanzi tutto premetto che non sono mai stata un fan accanita del brand rinomato fondato dallo stilista Roberto Cavalli; non per chissà che motivo, ma solo perché non è mai stato in linea con la mia estatica e la mia idea di moda. Bisogna riconoscerli diversi meriti, per esempio lui ha introdotto un immaginario femminile, alla fine del 1900, che potevamo ben scordarci al giorno d’oggi se artisti che come lui, ma anche Versace, non avessero spinto cosi tanto sull’acceleratore della moda, letta in chiave come seduzione femminile. Infatti soprattutto a cavallo con gli anni 2000, le forme e le lunghezze delle gonne si stringono e si accorciano sempre di più, le scollature sono sempre più profonde e i tessuti sono sempre più leggeri e trasparenti. Se nel 1963 con Mary Quant è nata la minigonna, che arrivava come lunghezza a mezza coscia, con Cavalli le lunghezze delle gonne si accorciano sempre più sotto il sedere, proprio perché negli anni 90 e 2000 c’era la filosofia che le gonne dovessero essere delle stesse dimensioni di una cintura bella grossa, quindi erano veramente molto molto corte e coprivano ben poco. Sganciata la nuova bomba della moda e della seduzione femminile del nuovo secolo, non è stato difficile intuire che grazie a questo accorciamento delle lunghezze e l’abbinamento alle icon, le top model del periodo, aumentava il desiderio. La moda, come l’arte, giocano sul desiderio, e il desiderio si nutre di assenza, quindi se io voglio apparire in un certo modo farò di tutto per ottenere quel capo o quell’abito super estroso che rispecchi la mia voglia di farmi vedere. Cavalli ed il suo brand l’ho sempre associato a chi di sicuro non vuole passare inosservato, non è una critica, è solo che io con la mia personalità non mi ci vedrei mai con una mini skirt e un top super appariscente. Altro aspetto fondamentale della moda di Cavalli sono le fantasie dei tessuti, super vistose e colorate, sembrano in affinità per capirci con il mondo Versace, ma ben diverse nei soggetti e nelle cromie. Roberto Cavalli, negli anni, aveva perso prima della sua scomparsa un pochino di notorietà, non è mai stato nell’olimpo della moda come Giorgio Armani, Versace, Valentino, ecc… bisogna lo stesso riconoscere che ha lavorato bene nel suo periodo d’oro, ha sfruttato la sua occasione, però bisogna riconoscere altrettanto che la gente si ricorda di certe figure, o addirittura vengono “Santificate” post mortem, vengono ricordate solo in quel momento, e per me non c’è cosa più triste. Scritto da Noemi Franchini LABA RIMINI Fashion design 3.

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  9. Sabrina P.   26 Aprile 2024 at 11:47

    Penso che parlando di Roberto Cavalli non si possa non citare una frase che lo stilista dichiarava spesso nelle sue interviste: «Copio i manti degli animali perché mi piace copiare Dio, il designer più fantastico». Questa affermazione ci permette istantaneamente di inquadrare la sua peculiare personalità pur sempre consapevole della contemporaneità che lo circondava. Come affermato nello script, uno dei suoi “cavalli di battaglia” era/è infatti l’animalier rivisto in molteplici visioni: leopardato, zebrato, giaguaro, coccodrillo e poi anche in vesti più “leggiadre” come le ali di farfalla.
    Prendo come esempio un abito della collezione ready-to-wear primavera 2002 caratterizzato da scollo a V e spalline sottili, un tessuto estremamente morbido, semitrasparente, con il pattern leopardato che occupa tre quarti dell’abito. Un altro esempio è l’abito con pattern che rimanda allo zebrato, ma con cromie calde tendenti all’ocra e ai marroni, e un cerchio di metallo sulla pancia, che ha realizzato per la sfilata ready-to-wear primavera del 2005.
    Quello che voglio dire è che Cavalli è stato in grado di fare proprio un linguaggio già esistente, quello dell’animalier, costruendoci attorno uno specifico immaginario in grado di rispondere alle necessità di uno specifico settore del mercato moda che non si riconosceva in altro. È stato in grado, al momento giusto, di dare alla moda ciò di cui la moda aveva bisogno, rappresentando la corretta alternativa a chi non si rispecchiava nelle proposte di Versace, Armani, Mugler…
    Sono i tessuti, i colori, le lavorazioni, gli accostamenti che definiscono la sua cifra stilistica; la forma poi fa da accompagnamento all’abito, è come se ne facesse da cornice. In Cavalli infatti coesistono forme fluide e forme più strutturate: tutto dipende dal tessuto. Mi viene in mente, per esempio, la sfilata primavera-estate del 1998, caratterizzata da trasparenze e forme fluide che, assieme alla scelta dei tessuti, rimandano all’abbigliamento intimo. Qui sfila un abito che ricorda (nella forma che ricade morbida, non aderente, sul corpo) una sottoveste e viene accompagnato da una vestaglia in tessuto semitrasparente ricoperto parzialmente con una stampa naturale.
    A questa fluidità della forma, come dicevo prima, affianca forme più strutturate, soprattutto quando lavora con la pelle. In questo caso prendo come riferimento la sfilata ready-to-wear primavera 2003 per la quale realizza un abito caratterizzato da corpetto fatto interamente in pelle rossa con una stampa di un cuore che in parte rimanda all’immaginario dei tatuaggi. Un altro esempio a cui poter guardare è la collezione ready-to-wear primavera 2011 per la quale realizza un look caratterizzato da una giacca patchwork con differenti pellami assemblati assieme, a cui affianca il tipico pantalone a vita super bassa (come citato nello script) caratterizzato da paillettes e frange.
    Il riferimento agli elementi naturali era imprescindibile nelle sue collezioni e, in una delle ultime interviste raccontando di uno dei suoi pezzi preferiti, disse: “Un abito con la testa di tigre che feci indossare a Cindy Crawford che scese da Trinità di Monti, in piazza di Spagna, era bellissimo e mi rappresentava. Perché parlava di natura come le foto dei miei fiori e dei miei animali. Che poi tanti hanno copiato. Ma a me è bastato essere stato il primo”. L’abito a cui fa riferimento è un abito con la stampa di una tigre appartenente alla collezione Autunno/Inverno 2000.
    La scelta dell’animalier, unita anche all’utilizzo delle frange, delle asimmetrie, delle corde, ci rimanda inoltre a un’epoca primitiva, preistorica: un primitivismo che rende, a volte, irriverenti abiti convenzionalmente femminili. È come se Cavalli, con i suoi abiti fatti di stampe e trasparenze (due elementi che per molti potrebbero sembrare agli antipodi) andasse ad invocare una sensualità primitiva resa glamour grazie alla scelta dei tessuti e al contesto moda nel quale gli abiti vengono inseriti. Una sorta di rituale tramite il quale risvegliare una femminilità e sensualità più selvaggia, quasi sbarazzina.
    Schiaccia sull’acceleratore per ottenere vibrazioni forti: la sua è un’ eleganza che si tinge di trasgressione, un patchwork di elementi differenti, paillettes, cappelli da cowboy, frange, collane che rimandano ai coralli, stampe naturali, zebrati, lingerie, pizzi… La sua era dopotutto una moda opulenta dove ogni capo era un manifesto di ribellione, un inno alla sensualità e a quel “glam-rock” che ha introdotto un nuovo linguaggio nel vocabolario della moda.
    Con Cavalli le stampe animalier hanno riscritto la narrativa del settore, spostandole dal rischio del cliché a icone di un’estetica “sauvage” per la passerella. Erano, e sono, più di un semplice pattern; sono un dialogo visivo di forza e libertà, oltre che una cifra immediatamente sinonimo di Roberto Cavalli.
    Ha creato una forma di espressione artistica capace di sostenere l’individualità e l’autodeterminazione femminile. La sua estetica esuberante e provocatoria ha spesso suscitato dibattiti sulla femminilità, sulle convenzioni sociali e sulla sessualità. Le sue creazioni hanno sfidato i tradizionali stereotipi di bellezza e hanno celebrato la sensualità e l’audacia femminile in tutte le loro forme.
    Per Cavalli, il troppo non era mai abbastanza. «L’eccesso talvolta è sinonimo di successo, a patto di fare qualcosa di diverso, speciale, sexy…Tutte le donne amano essere sexy, e io voglio aiutarle a esserlo. Ci sono donne che magari sono intimorite, ma voglio che tutte loro sappiano che un vestito può davvero cambiare la vita».

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   27 Aprile 2024 at 09:53

      Eccellente narrazione, ricca di riferimenti alle collezioni e di citazioni.

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  10. Chiara Pulzetti   26 Aprile 2024 at 13:35

    Pensando a Cavalli, mi viene in mente l’abito che Victoria Beckham indossava al Swarovski Fashion Rocks nel 2005. Un abito provocante, ma etereo, dai colori energici, portato anche con l’atteggiamento sfrontato della Beckham. Questa immagine che ho in mente penso che ben si sposi con quanto ho letto nell’articolo in merito a quell’unione tra la BELLEZZA del tipo greca/rinascimentale orientata verso l’armonia, il glamour e quella BELLEZZA incentrata invece sulla gioia di vivere, sui piaceri e sul gusto di esibirsi.
    Cavalli una volta affermò “Il mio successo è il successo dell’eccesso” e questo si può ben riscontrare nei suoi show e nell’immaginario in generale che ci ha tramandato.
    Penso ad esempio allo spot pubblicitario per il profumo Just Cavalli (https://www.youtube.com/watch?v=wc3qULPRCrM&ab_channel=JustCavalli) , un eccesso di eccessi sotto vari punti di vista: visivo-sonoro in quanto le scene si susseguono in maniera iper veloce, i soggetti rappresentati e le azioni che stanno compiendo, l’arredamento del set, gli slogan lanciati ‘Just Now, Just Fun, Just Lust, Just More’… Insomma un inno al piacere nel senso dionisiaco del termine.
    Quello che apprezzo di più di Cavalli è la sua propensione verso la scoperta del nuovo, un atteggiamento che oggi è incarnato da una professione chiamata ‘Cool Hunting’. Cavalli viaggiava, esplorava, si innamorava di culture e orizzonti distanti. Fotografava dettagli che lo interessavano… «Mi piace la natura: mi sono reso conto che tutti gli animali hanno un bellissimo “vestito”. I pesci, i serpenti, le tigri, tutti. Ho capito che Dio è uno straordinario stilista: e quindi, copio da lui». Mixando tanti elementi naturali più le suggestioni culturali, ogni collezione era un viaggio verso terre sconosciute, un’avventura che mixava folk e suggestioni lontane: cinture e cappelli da cowboy, stivali del Mid West, ricami dell’Est Europa, abiti qipao, stampe floreali dell’antica Cina e molto altro ancora.

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    • Antonio Bramclet
      antonio   30 Aprile 2024 at 09:12

      Sì ha ragione Chiara, Cavalli era dionisiaco e certamente non appolineo. Non mi ricordo più bene la faccenda, ma solo che Dioniso era il Dio delle feste mentre Apollo era cerebrale, contemplativo. Gli abiti di Cavalli sono una festa e non sono fatti per essere solo contemplati. Forse per questo hanno avuto successo. Perché dopo non hanno funzionato? Non hanno più funzionato perché le gente è diventata triste, preoccupata per il futuro, timorosa di mettersi in gioco.

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  11. Laura B.   26 Aprile 2024 at 22:20

    Penso che Roberto Cavalli sia stato un pioniere della moda, noto per il suo stile audace e provocatorio, capace di trasformare tessuti e colori in opere d’arte indossabili.
    Le sue creazioni sono spesso caratterizzate da stampe leopardate, zebrate o serpentine, accostate a tessuti pregiati come seta, pelle e pelliccia. Questa commistione di elementi crea un’impressione di sensualità e di potenza, che ha reso i suoi capi amati da celebrità, icone di stile e amanti della moda in tutto il mondo.Ammiro la sua capacità di rompere gli schemi e di creare un’estetica unica che incarna sia la sensualità che la grinta. Alcuni lo considerano un genio creativo della moda, ammirando la sua audacia nel combinare stampe vivaci e tessuti lussuosi. Altri potrebbero vedere il suo stile come eccessivo o troppo appariscente per i loro gusti. Tuttavia, è innegabile che Cavalli abbia lasciato un’impronta significativa sull’industria della moda, e il suo marchio rimane riconoscibile in tutto il mondo. Tuttavia, l’impatto di Cavalli non si limita solo ai capi di abbigliamento,ha ampliato il suo marchio per includere una vasta gamma di prodotti, tra cui accessori, profumi, occhiali e persino arredamento. Questa diversificazione ha contribuito a consolidare la sua posizione come figura influente nell’industria della moda globale. Nonostante il suo successo, Cavalli non è stato immune alle sfide e alle controversie: il suo stile audace e spesso provocatorio ha suscitato reazioni contrastanti, con alcune critiche che lo accusano di eccesso e di mancanza di sottigliezza. Tuttavia, è proprio questa stessa audacia che ha permesso a Cavalli di distinguersi nel panorama della moda, trasformando il suo marchio in un simbolo di lusso e di glamour senza tempo. Le sue creazioni rimangono una fonte d’ ispirazione per designer emergenti e un punto di riferimento per coloro che apprezzano l’arte dell’eleganza selvaggia. In definitiva, Roberto Cavalli è molto più di un designer di moda; è un visionario che ha ridefinito i confini del lusso e dell’estetica; pur essendo un’icona della moda contemporanea, il suo stile audace non teme di sfidare i confini, trasmettendo un’aura di avventura e seduzione che è diventata la sua firma distintiva.

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  12. Manuela Anaclerio   26 Aprile 2024 at 22:42

    Roberto Cavalli ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della moda con la sua creatività e la sua capacità di osare, riuscendo ad anticipare i desideri del suo tempo. Ha plasmato un’estetica, trasformando e rivoluzionando il concetto stesso di eleganza, rivelandosi un vero e proprio pioniere in molti ambiti della moda, dal suo utilizzo del denim alle sue stampe audaci e ai materiali esotici. La sua passione per la natura traspare nei suoi design, che sono stati indossati dalle più grandi icone del cinema e della musica, lasciando un segno nell’immaginario collettivo degli anni Novanta e Duemila: Glamour all’ennesima potenza.
    Per Roberto Cavalli la donna era questo e molto altro ancora: forte, sicura di sé, audace e trasgressiva. I suoi show faraonici dai set spettacolari contribuivano a raccontare questo immaginario dallo spirito sensuale e ribelle, che caratterizzava l’estetica di Roberto Cavalli. Non per niente i suoi capi sono diventati un mito, con il mercato vintage impazzito per i suoi capi originali.
    Tra i protagonisti della moda degli ultimi cinquant’anni, Cavalli ha senza dubbio contribuito a portare alta la bandiera del Made in Italy nel mondo. Il carattere del brand, in fondo, è rimasto sempre lo stesso: il suo. Abiti audaci, che trasudano oggi come ieri sex appeal.
    Personalmente non sono mai stata grande fan dell’animalier in generale, ma osservando alcune delle sue creazioni e il modo in cui queste vengono indossate e portate dalle modelle con questo atteggiamento così sicuro e sfrontato, mi porta effettivamente a riconsiderare ciò che ho appena scritto e devo dire che effettivamente è comprensibile perchè fossero così tanto oggetto di desiderio da parte delle donne. Da appassionata di texture trovo affascinante come la sua passione per la natura e le infinite texture che essa ci offre, si riflettano nei suoi capi come una costante e siano state per lo stilista grande fonte di ispirazione.
    Rimanendo su questo tema, bisogna inoltre ricordare che nel dicembre 2004 Cavalli ha sponsorizzato “Wild: Fashion Untamed” presso il Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York, una mostra che esaminava la fascinazione umana per le pelli animali e i riferimenti agli animali nei vestiti attraverso la storia.

    Tuttavia sebbene l’eccesso può essere sinonimo di successo, come appunto definisce lui stesso, è importante riconoscere che l’estetica di Roberto Cavalli gira attorno ad un’alimentazione eccessiva dell’oggettificazione della donna, riducendola a stereotipi di bellezza idealizzati e promuovendo una visione limitata della femminilità.
    È anche vero che la moda, come l’arte, diventa un riflesso del contesto sociale e culturale del suo tempo. Mentre alcune interpretazioni delle creazioni di Cavalli possono essere viste come problematiche dal punto di vista della rappresentazione della donna, è anche vero che la sua estetica ha potuto offrire alle donne una forma di espressione e di autorealizzazione attraverso il loro modo di vestire.

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  13. Giorgia C.   27 Aprile 2024 at 17:35

    Roberto Cavalli ha sicuramente rappresentato l’espressione massima di donna intraprendente e sicura di se.
    Quando pensiamo a questo artista inevitabilmente la prima cosa che ci viene in mente sono le stampe animalier su tessuti di pelle. Cavalli ha sempre rappresentato una versione stravagante ed eccentrica di abito andando ad estremizzare la visione finale del look.
    Sicuramente non possiamo definire i suoi capolavori come abiti adatti a look giornalieri, penso che le creazioni di Cavalli fossero dirette ad un target molto specifico. E’ inevitabile che quando si presenta un qualcosa di impattante questo può piacere o meno, al contrario secondo me le creazioni della Kawakubo erano facilmente indossabili quasi da tutti, quindi studiate per un target decisamente più ampio.
    Certamente Cavalli è sempre stato in linea con la sua estetica, un suo vestito era riconoscibile da chilometri di distanza, come la donna che l’avrebbe indossato.
    Per quanto riguarda l’accezione di Kitsch che gli è stata cucita addosso molte volte, da un lato mi trovo d’accordo, dall’altro un pò meno. Mi spiego meglio, in parte alcuni abbinamenti possono richiamare il termine Kitsch, ma se penso al termine in se in realtà il primo brand che nominerei è Versace, a parere mio rappresenta nel totale la parola Kitsch. Mi rendo conto però trattarsi di gusti puramente personali e quindi opinioni allo stesso tempo soggettive.
    Io penso che purtroppo il fallimento avvenuto nel 2019 sia stato portato sicuramente dai vari cambiamenti di stile dovuti al passare degli anni e delle mode, ma anche all’estetica molto particolare che circondava il brand.
    E’ un dispiacere pensare che una mente creativa italiana di quel calibro sia stata sopraffatta da artisti stranieri, spazzando via gli ultimi appigli che avevano al nostro tanto amato Made in Italy.
    Concludo il mio commento dicendo che, sicuramente Roberto Cavalli ha rappresentato negli anni ’80/’90 un pilastro del Made in Italy e della moda italiana, purtroppo però non penso sia stato in grado evolversi con i tempi, portando look con la sua impronta ed estetica adattati all’epoca contemporanea e odierna.

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