La maggioranza delle persone che vivono di moda sono pronti a scommettere sull’importanza strategica della creatività per il loro futuro. Ma siamo sicuri di sapere cosa intendiamo dire quando usiamo questa parola?

1.
Attualmente, in quanto a diffusione e fiducia, poche parole possono reggere il confronto con il termine “creatività”. Praticamente tutte le aziende evolute scommettono sulla nebulosa di significati messi in moto dagli usi più disparati di questa parola. Creativo è soprattutto l’artista, il designer, lo stilista che in modo compulsivo è costretto a rincorrere l’ideazione di nuovi modelli, nuove forme, nuovi oggetti.
Ma creativa è anche la finanza, con qualche problema mi pare di capire: qualcuno potrebbe sostenere con giuste ragioni che banchieri e broker, nel recente passato, approfittando della deregulation si sono distinti non solo per progetti finanziari creativi, ma soprattutto per la distruzione dell’economia reale. Comunque, visto che l’abbiamo evocata, creativa è l’economia, lo è ovviamente anche la tecnologia, da sempre proiettata verso l’innovazione. Di conseguenza, creativo è l’imprenditore. Creativo deve essere il manager, specialmente se lavora nella moda e nel design.
Solo un esempio, per ora: Alessandro Michele e Demna Gvasalia hanno cambiato i mondi di stile Gucci e Balenciaga, cancellando brutalmente il lavoro di Frida Giannini e Alexander Wang, considerati fino a pochi mesi prima del loro licenziamento, stilisti influenti e di successo. La loro distruzione creatrice ha convinto tutti gli addetti ai lavori, con una immediatezza stupefacente. Ora, mi chiedo, il soggetto manageriale che li ha scelti, non ha dato prova di essere creativo quanto lo stilista? Che cosa li unisce? Ci sembra di avere buone ragioni per poter sostenere che, il tratto che connette competenze apparentemente distanti, sia la capacità di generare nuove idee, nuove visioni della moda, in un momento in cui il Brand aveva esaurito la sua presa sul mercato.
Insomma, la parola creatività sembra essere a disposizione di tutti e avere il potere di farci sentire contemporanei, sembra la chiave di volta del successo, sembra la soluzione di molti nostri problemi.
Per farla breve, la creatività è un mito e un culto della post-modernità (da qualche anno non si celebra persino il festival della creatività?) che merita di essere indagato.
Intendiamoci, non intendo negare il fatto che vi siano un gruppo ristretto di persone capaci di sfornare idee fresche e brillanti, apparentemente senza nessun sforzo. Per questi soggetti la parola “creativi” sembrerebbe appropriata. Ma da cosa dipende la loro specificità? Da una diversa impostazione mentale? Oppure è un banale atteggiamento imposto dai vantaggi che discendono dalla mitizzazione della parola? Non c’è dubbio: apparire creativi paga e ci illude di essere sulla strada giusta. Ecco perché nelle conversazioni moda/design orientate, le sue occorrenze sono a dir poco esorbitanti.
Il nostro obiettivo è strapparla dalla paludosità creata da un evidente abuso linguistico, spesso fatto in buona fede, abuso che l’ha trasformata in una parola-feticcio, per delineare quei limiti che ci consentiranno di pensarla, nelle sedi opportune, alla stregua di un concetto operativo, senza toglierci il piacere di vivere l’emozionante immaginario al quale ci apre quando l’usiamo con più leggerezza.

2.
Creatività è il sostantivo del verbo creare. La sua genealogia è molto interessante. Sembrerebbe attendibile che il latino “creare” derivi dal sanscrito Kar e che quindi abbia somiglianza di famiglia con termini come kar-tr traducibile con “colui che fa”. La stessa radice la troviamo nel greco Kaino, “produco” e Kreion, “colui che fa”. Inoltre, anche la parola “crescere” ne porta traccia, probabilmente per marcare il processo che porta qualcuno o qualcosa a formarsi.
Il quadro concettuale è dunque abbastanza chiaro: si usava creatività per afferrare con il linguaggio qualcuno o qualcosa che si va formando. Creare evocava una crescita e soprattutto un fare generativo.
Creare nella cultura greca apparteneva all’attività della metis, la mente o l’intelligenza attiva, pragmatica, dell’uomo pratico che crea soluzioni; contrapposta al nous, la mente che può contemplare l’essenza delle cose.
Ulisse, personaggio mitico che incarna le astuzie della metis, coglie il kairos (il tempo opportuno) delle situazioni ed è creativo nel senso del saperci fare con i problemi della vita.
Secondo Aristotele, il poeta crea in un senso profondamente diverso, e in questo caso usa un’altra parola, poiesis, atto creativo originario, che Platone immaginava essere di ispirazione divina e per certi versi irrazionale.
La natura divina della creatività diviene quasi un dogma nella cultura cristiana. E’ Dio che crea le cose. Gli uomini possono essere solo degli umili artigiani. Leonardo, Michelangelo, Raffaello non si sarebbero mai definiti dei creativi bensì degli abili pittori, scultori, inventori capaci di interpretare in modo magistrale le tecniche del proprio mestiere.
Con il romanticismo qualcosa della divinità torna ad umanizzarsi attraverso la teoria del genio e dell’intuizione estetica. Secondo questa visione è a livello degli affetti e dei sentimenti dell’artista che si nasconde il segreto della creatività, la cui emersione avviene solo nel corso di una furibonda lotta contro la Ragione.
Ma, con il successo della società industriale, la creatività torna a sdoppiarsi. Da un lato si interiorizza sempre più nelle passioni del soggetto, che comincia ad essere definito “creativo” (per esempio: verso la fine del XIX sec., sull’atto di fondazione della Chambra Syndacal de la Mode, i couturier francesi si definiranno “creatori di mode” per differenziarsi dai sarti semplici artigiani), dall’altro lato emergono in modo prepotente programmi di ricerca che ribaltano le visioni romantiche: la creatività come fenomeno reclamerebbe una spiegazione scientifica e quindi non dipenderebbe più dagli affetti che scuotono l’interiorità del soggetto, bensì dalla razionalità. A partire dai primi decenni del novecento le teorie della Gestalt, prima; l’ondata cognitivista, poi e le neuroscienze, oggi, produrranno una contrapposizione netta con i cultori post-romantici del primato degli affetti, sempre più irritati dallo sconfinamento della scienza hard su un terreno nel quale il troppo sapere comprometterebbe la libera espressività dei creativi. Köhler e Wertheimer al posto del concetto di creatività proponevano il problema del “pensiero produttivo” e lo facevano dipendere dall’intuizione di nuove relazioni tra gli elementi percettivi raggruppati in strutture (Gestalt); per i cognitivisti la creatività era una funzione dell’Io correlata ad una più raffinata elaborazione di informazioni attraverso le quali emergevano nuovi dati generanti un effetto sorpresa. Le Neuroscienze hanno tentato di riportare ciò che chiamiamo arte e/o creatività a meccanismi biologici emergenti dal funzionamento dell’attività neuronale. Pur senza riuscirci tutti questi tentativi di spiegare il concetto che stiamo indagando puntavano ad un ridimensionamento dell’aura magica che attraversava la parola finita in ostaggio dei cultori dell’irrazionalismo. Anche la psicoanalisi, pur mantenendosi con i concetti di inconscio e di pulsione, sul terreno delle passioni del soggetto, per via della ferma intenzione del suo fondatore di fissare le categorie di analisi all’interno di cornici razionali, configurerà teorie sulla creatività basate su categorie tratte dalla clinica, che avranno un largo seguito e faranno accanitamente discutere filosofi e scienziati: la creatività avrebbe a che fare con i processi primari, rimossi a scopo difensivo dalla coscienza del soggetti. La creatività dunque avrebbe la valenza di un sintomo e i creativi sarebbero tutti un po’ perversi.
Per quanto riguarda la cultura aziendale, a partire dagli anni quaranta del novecento, si registra la rapida diffusione di una attenzione crescente per il pensiero creativo. Per esempio, la tecnica del brain-storming, che proprio in quell’anni comincia ad espandersi, ci suggerisce che la ricerca di metodologie per stimolare la circolazione di nuove idee o soluzioni di problemi cominciava ad essere percepita come un pratica creativa collettiva, sempre più rilevante. Si può tranquillamente aggiungere che da quei giorni, non si contano i tentativi di inquadrare la creatività all’interno di concetti e metodi utili per sburocratizzare le mentalità dei manager. Solo per citare alcuni: Mappe mentali di Buzan (1991); i “sei cappelli per pensare” e gli esercizi per stimolare il pensiero laterale, proposti da De Bono (1970); le tecniche di previsione di scenari futuri (futuring o visioning); le teorie Inventive Problem Solving.
Ma è il successo dell’arte delle avanguardie storiche, soprattutto per merito di personaggi come Man Ray e Duchamp, a far decollare presso l’opinione pubblica l’idea di un primato del colpo creativo sul canone artistico. Liberarsi dalla maestria tecnica, affondare codici estetici consolidati, sbarazzarsi dei valori tradizionali, sperimentare, farla finita con il buon gusto, con la bellezza soporifera, divenne pratica comune tra la maggioranza degli artisti. In dosi diverse, una visione di questo negativo della creatività, debordò velocemente dai confini dell’arte, invadendo territori limitrofi: design, moda, architettura, musica; creando gli stimoli per cambiamenti di stile sempre più radicali.

3.
Parlare della creatività è dunque divenuto nel corso del novecento un argomento di grande interesse dal momento che tutti o quasi, concordano nel ritenerla fondamentale per il futuro del nostro benessere.
Dobbiamo altresì aggiungere che solo recentemente la parola creatività ha assunto un posizionamento strategico nei discorsi socialmente rilevanti.
Probabilmente è tra la fine degli anni cinquanta e i sessanta del novecento che la parola comincia a diventare una sorta di feticcio culturale da spalmare su tutto ciò che odora di novità, innovazione, mutamento.
Da quei giorni, il vocabolo allarga sempre di più la sua sfera di influenza, perdendo velocemente le cornici semantiche che lo stabilizzavano, caricandosi di significati via via sempre più difficili da ridurre in una semplice definizione.
In un libro apparso di recente, Stefano Bartezzaghi, dimostra quanto allusivo sia il senso che attribuiamo a questo vocabolo. E’ come se proferendolo ci sentissimo rassicurati, gratificati, attratti dai significati ineffabili che con l’uso disinvolto del termine, direzioniamo verso processi, oggetti, persone.
Il carattere enigmatico che attraversa i discorsi nei quali la creatività fa la parte del leone (non sappiamo definirla), stranamente diviene il suo punto di forza; l’inconsistenza, l’imprecisione invece che dubbi produce fascino.
In, “Il falò delle novità” (Utet), l’autore si diverte a far emergere i nonsensi, le contraddizioni, l’arbitrarietà di circa 200 tentativi di definizione della creatività raccolti attraverso Twitter.
Bartezzaghi sottovaluta il fatto che forse non è soltanto l’uso disinvolto della parola creatività a generare aporie ma è anche il tentativo di comprimerla in una sorta di definizione a trasformarla in un pseudo-concetto dal senso mutante.
In altre parole, parte del problema nasce proprio quando pensiamo che l’essenziale nei concetti sia la loro definizione rigida.
Quindi l’idea dell’autore di indagare su ciò che pensiamo sulla creatività attraverso twitter, avvero in poche frasi, è parte del problema. Non esiste qualcosa come l’essenza della creatività della quale fare definizione. Non possiamo fare ricerca su parole-narrazione a colpi di tweet. Punto.
Se prendiamo invece come punto di riferimento il mondo dei fatti ai quali le parole si riferiscono, allora, anche le molteplici significazioni della creatività possono avere una superficie di appoggio (per i pensieri) tale da farne uno strumento per agire nella realtà condivisa. Anche se non riusciamo a definirla in termini sintetici e lineari.
Comunque, penso abbia ragione l’autore, nel considerare l’abuso del concetto astratto “creatività” come un sintomo della sua mitizzazione. E, lo sappiamo tutti, un mito non ha bisogno della logica per funzionare. Gli occorre invece un sovrainvestimento simbolico e una passione particolare che potremmo definire credulità.
4.
Dopo la frettolosa e provvisoria narrazione di alcune fasi storiche che culminano nella diffusione endemica dei discorsi sulla creatività, ora vorrei proporvi un vertiginoso ritorno alle origini.
Le innumerevoli pratiche che qualifichiamo come “creative”, ci insegnano che non dobbiamo indagare il senso dei concetti solo riferendoci al campo astratto delle parole (consultando dizionari o enciclopedie). Esistono anche altri modi di indagine. Per esempio, la creatività è divenuta un oggetto di ricerca scientifica perché da tanto tempo sembra far parte dei meccanismi che ci fanno essere umani. La nostra abilità nel creare cose nuove e desiderabili non ha paragoni con quella di altre specie viventi (definirei questa affermazione “un fatto”).
Ma non siamo stati sempre dei grandi inventori (attenzione al piccolo salto: ho posto in correlazione la creatività con l’invenzione e/o innovazione, divenuta comune nella lingua inglese). Molti scienziati si sono chiesti quando ci è arrivata questa capacità generativa di nuove soluzioni, oggetti, forme e processi.
Ora, secondo i paleontologi, la linea di discendenza umana sarebbe emersa in Africa circa 6 milioni di anni or sono. I referti attualmente a nostra disposizione ci dicono che per 3,4 milioni di anni i primi lontanissimi esponenti della nostra famiglia non hanno lasciato segni visibili di innovazioni. Probabilmente si procuravano cibo e vegetali con le mani, usando per colpire, snidare o scavare, bastoni e stecchi, fatalmente disintegrati dalle ere geologiche. A un certo punto, quegli ominidi, cominciarono a scheggiare ciottoli con altri ciottoli per ottenere utensili da taglio. Non offendetevi se vi dico che occorre molta più ingegnosità per dotarsi di uno strumento da taglio partendo da ciottoli, di quella che ostentate ogni momento digitando sms insensati sul vostro cellulare. I nostri antenati continuarono a scheggiare pietre levigate dall’acqua per 1,6 milioni di anni. Pochissimi squilli di creatività, costellati da modeste variazioni, in un mondo umano caratterizzato da ripetizioni e soluzioni stereotipate.
Ma allora quando la creatività è divenuta un fuoco capace di incidere sui ritmi di cambiamento della nostra specie?
A tal riguardo, fin verso la fine del novecento, gli studiosi più accreditati focalizzavano il Paleolitico superiore (40 000 anni fa) e in particolare l’Europa di allora, come il territorio nel quale si assiste ad un improvviso balzo delle capacità cognitive umane. Le narrazioni scientifiche ci presentavano lo stupore dei ricercatori posti di fronte alle meravigliose invenzioni di Homo sapiens: collane di perle ricavate da conchiglie, grotte affrescate con rappresentazioni di animali, nuovi strumenti di pietra e di osso. Alcuni ricercatori avanzarono la congettura che il big bang creativo fosse causato da una improvvisa mutazione genetica casuale.
Tra la fine del novecento e il nuovo millennio però, nuovi dati, hanno messo in discussione la teoria della mutazione. In breve, nuovi referti databili a circa 200 000 anni fa, suggeriscono la presenza della creatività umana, molto prima cioè della comparsa di Homo sapiens.
Heather Pringle, sulle pagine della prestigiosa rivista “Le Scienze”, commenta con queste parole, l’ennesima svolta dell’affascinate indagine sulle origini della creatività: “I dati disponibili fino ad oggi sembrano indicare che le nostre capacità innovative non sono emerse di colpo, già pienamente formate, nelle ultime fasi della nostra storia evolutiva, ma si sono rafforzate pian piano nel corso di centinaia di migliaia di anni, sotto la spinta di una complessa miscela di fattori biologici e sociali”.
Se non ci concentriamo solo sull’emersione di simboli, indubbiamente straordinari indicatori della mente umana moderna dal momento che testimoniano la presenza di linguaggi, pensate alle spettacolari icone animalesche di Lascaux, ma ci soffermiamo su altri tipi di comportamento moderno e dei suoi antecedenti – dice Heather Pringle – possiamo azzardare congetture molto interessanti.
Come esempio l’autrice cita il lavoro dell’archeologa Lyn Wadley: in una grotta di Sibudu (Sudafrica) il suo team scoprì uno strato di strano materiale, bianco e fibroso. Si trattava di un giaciglio fatto di foglie di una sola pianta legnosa, la Cryptocarya Woodii, un albero che contiene tracce di insetticidi e larvicidi naturali, efficaci contro le zanzare che oggi veicolano malattie mortali. Provate a pensarci, per umani che 70 000 anni fa vivevano vicino ad un fiume, un letto fatto di materiale che li proteggeva dagli insetti non era certo una cattiva idea.
Altre nuove scoperte portano le tracce dell’ingegnosità tecnica (e quindi della creatività) ancora più lontano. Il gruppo di ricercatori del prof. Paul Peter Antony Mazza, dell’università di Firenze, ha scoperto in un sito dell’Italia settentrionale, che i Neanderthal circa 200 000 anni or sono, inventarono una colla a base di corteccia di betulla, con cui fissavano schegge litiche a impugnature di legno.
L’Homo heidelbergensis, l’ultimo antenato comune ai Neanderlthal e a Homo sapiens, fabbricava 500 000 anni fa punte di lancia letali.
Se dalle scintille creative passiamo al problema della complessità dell’invenzione, emerge una correlazione tra la documentazione archeologica e l’evoluzione del cervello. Più sostanza grigia nella calotta cranica più articolati e vari risultano i colpi di creatività.
I nostri parenti Australopitechi si stima avessero una capacità cranica di 450 cm cubi (più o meno quella di uno scimpanzé oggi), Homo erectus, 1,6 milioni di anni fa, aveva il doppio di materia grigia. Homo sapiens raggiungeva i 1330 cm cubi, quasi quanto noi.
Appellandosi alle neuroscienze, e in particolare agli studi di Liane Gabora, l’autrice citata conclude: “Individuare con precisione il modo in cui un cervello più grande e riorganizzato abbia spronato la creatività è tutt’altro che facile. Ma Gabora ritiene che lo studio delle persone creative di oggi ci dia un indizio essenziale. Il pregio di queste persone, spiega, è avere la testa tra le nuvole. Quando affrontano un problema, lasciano vagare la mente, in modo che pensieri o ricordi ne evochino spontaneamente altri. Queste libere associazioni facilitano lo stabilirsi di analogie e producono pensieri originali e innovativi. Poi quando arrivano a una vaga idea che potrebbe portare ad una soluzione, questi individui passano a una modalità di pensiero più analitica. Si concentrano solo sugli aspetti più rilevanti, dice la Gabora, e cominciano a elaborare l’idea per renderla praticabile”.
Ma la massa di sostanza grigia e i collegamenti più complessi tra i neuroni di Homo sapiens non sono gli unici fattori decisivi.
I vertici creativi della nostra specie dipenderebbero anche dal maggior numero di individui che formano un gruppo di umani. Più numerosi sono i membri di una collettività maggiori sono i contatti con altri gruppi vicini; aumentano le relazioni e di conseguenza si moltiplicano le probabilità di apprendere novità. In altre parole, la creatività non è solo questione di intelligenza, ma anche di ricchezza di rapporti. Secondo archeologi e antropologi, sembra provato che l’innovazione ha bisogno di vaste popolazioni in grado di contagiarsi l’una con l’altra.
Se pensiamo all’impatto e all’enfasi sulla creatività dei nostri giorni, le teorie che Heather Pringle ha documentato nel suo bel articolo, risultano convincenti. “Mai prima d’ora – scrive l’autrice – il passo dell’innovazione ha accelerato in modo così spettacolare, riempendo la nostra vita di nuove mode, nuova elettronica, nuove auto, nuova musica, nuova architettura”.
Che cosa possiamo imparare dalle divagazioni paleontologiche/archeologiche/neurologiche che vi ho brevemente illustrato? Mi piace l’idea di una creatività che misura la propria efficienza risolvendo problemi; considero importante separarla da quel momento di auto-espressività del soggetto che la rende troppo solitaria, incapace di percepire connessioni, relazioni o contagi che permettono di migliorarne le prestazioni grazie ad un lavoro a più mani.
Probabilmente, come ho già scritto sopra, le persone geniali esistono veramente. Ma considero sbagliato immaginare che la creatività dipenda da una interiorità (anima) leibniziana, ovvero, per citare una metafora del grande filosofo, sia una stanza senza porte né finestre, dalla quale la maggioranza della gente sarebbe esclusa.
Il nostro cervello è stato configurato da quel grande designer che chiamiamo evoluzione, per mantenere aperte le porte della creatività (e/o innovazione) per chiunque. La sua biochimica sembra implicare sia una omeostasi primaria che controlla dall’interno le funzioni primarie dalle quali dipende la vita, e al tempo stesso la possibilità di estendere grazie all’attivazione di nuove connessioni tra neuroni, la costruzione di significanze inedite che permettono alla mente operativa un’osservazione dell’esterno deviata rispetto alle attese. Sembra altresì plausibile l’ipotesi che quando entra in gioco l’agire su qualcosa, l’architettura del sistema mente-cervello, abbia sviluppato sfumate regolazioni per poter differenziare l’innovazione utile dal colpo creativo fine a se stesso. Probabilmente è attraverso le reti neuronali che rispondono al piacere-dolore, che il nostro cervello per tentativi ed errori arriva a controllare e bilanciare la nuova connessione neuronale efficace con l’omeostasi primaria e il campo delle disposizioni (ovvero con la biochimica che supporta le esperienze che in qualche modo abbiamo incorporato). Il nostro cervello dunque produce l’efficenza che conserva la vita e al tempo stesso possiede la biologia per cambiarne l’assetto. Non è certo una forzatura chiamare creatività la possibilità di deviare dai circuiti neuronali che gestiscono le nostre disposizioni o attese, per allargare il campo delle nostre esperienze. Credo sia di gran conforto prendere atto che esiste la biochimica della creatività. Senza però mai dimenticare che,le nuove connessioni possono rivelarsi un errore, possono confonderci e complicarci la vita. Essere creativi significa prendersi dei rischi. Ecco perché il nostro cervello privilegia l’omeostasi ed è predisposto a premiare l’esperienza creativa che si è rivelata efficiente.
5.
Nelle ultime parole del paragrafo precedente ho sostenuto che l’allargamento delle nostre esperienze che chiamiamo creatività, comporta dei rischi. Questo dovrebbe indurre una certa reverenza per il concetto e per le teorie che cercano di far luce sul come prende posto nell’avventura umana. Invece di solito lo si considera una sorta di attrezzo di pronto uso anche se, quando tentiamo di spiegarlo, spesso preferiamo prendere la scorciatoia del mito.
Ma perché chi lavora nella moda è attratto da questa parola, tanto da farne l’ossatura semantica di gran parte della comunicazione di settore e addirittura una sorta di unità di misura delle competenze professionali più preziose?
E’ forse plausibile uno stilista non-creativo?
E’ sostenibile una azienda che eviti di proporsi sul mercato sotto l’egida della creatività? No! Non è plausibile e nemmeno sostenibile. Così la pensano la maggioranza delle marche della moda.
Quindi, è vero che l’indagine nei dintorni della parola che stiamo indagando ci fa scoprire il buco nero che la contraddistingue; cosa sia esattamente la creatività e come funzioni, in buona parte sfugge alla razionalità. Ma, è altrettanto vero che nonostante la vaghezza delle idee che i parlanti hanno su di essa, sembra divenuta un mito necessario al processo di modazione attuale. Perché? Molto banalmente, le condizioni di riproducibilità dell’economia della nostra forma di vita sono state per lungo tempo legate alle idee di innovazione, crescita e progresso. Nella moda, al posto dell’innovazione (non così frequente come si vorrebbe e per giunta costosa) è calata la novità. Il ritmo accelerato delle novità ha sdoganato presso un largo pubblico l’idea di una creatività diffusa, leggera e ineffabile, potenzialmente distribuibile a tutti e per tutti. Al tempo stesso ha mitizzato il concetto ancorandolo ai residui romantici della teoria del genio: creativo è chi possiede il dono del colpo spiazzante, spesso contrario al buon senso ma ma di irresistibile contagio.
L’indagine sulla creatività ci porta ad interrogarci sul come funzionano le significazioni della moda. Possiamo innanzitutto notare che la moda mette in moto la macchina del senso attraverso la costruzione di antinomie o polarità preliminari del tipo: vecchio/nuovo; oggetto standard/oggetto originale; accadimento/evento.
La creatività sarebbe la capacitazione di un soggetto o di un team di saper agire in modo tale da passare dal polo di sinistra (disvalori) a quello di destra (valori).
In questa prospettiva la creatività è dunque efficace nel senso che trasforma le cose, direzionandole verso un-in-più di valore.
Ho usato il termine capacitazione per prendere le distanze dai dizionari che definiscono la creatività perlopiù attraverso l’alleanza con la parola “capacità” (di innovare).
Se usiamo il termine incoativo “capacità” in connessione con creatività spingiamo la mente ad immaginare la seconda come qualcosa che appartiene alle fasi iniziali di un processo. Insomma la creatività verrebbe prima dell’azione. La creatività sta all’inizio, dopo intervengono solo controlli, aggiustamenti, adeguamenti etc.
Quando invece parlo di creatività come capacitazione, voglio concentrami sull’azione in progress che induce la percezione di un cambiamento e non su presunte facoltà soggettive che la polarizzano su immagini professionali privilegiate (per esempio, è diffusissima l’idea che gli stilisti siano essenzialmente dei creativi mentre i manager sarebbero solo degli organizzatori, mercificatori, volgarizzatori, etc.).
Infatti, perché non possiamo pensare che la creatività si trovi nel mezzo (di un processo)? Perché non dovrebbe arrivare alla fine?
Dobbiamo distinguere dunque tra essere (dei) creativi e imparare a diventare creativi (quando occorre). E’ una distinzione fondamentale per evitare di uccidere l’efficacia del concetto. Porre la creatività come una qualità o un talento di esclusiva proprietà dell’Essere, significa legittimare una casta di privilegiati ai quali spetterebbe la prima e l’ultima parola su di essa. Ma dal momento che la creatività non possiamo definirla, anche se Bartezzaghi sostiene risulti facile riconoscerla (ma a quali condizioni?), le pratiche che la sostengono possono facilmente debordare nell’auto-referenzialità: è creatività (solo) ciò che fa o dice un creativo (conclamato); da cui, applicando il principio di stupidità del prof. Cipolla, discende: è creativo solo quello che faccio io.
L’auto-referenzialità del soggetto inoltre, induce alcuni problemi seri:
- l’estasi del creativo come garanzia della cosa nuova
- la riluttanza o peggio l’impossibilità di accettare la creatività proveniente da altre competenze se si intromettono nella configurazione della cosa nuova
- la difficoltà di accettare modalità che ambirebbero a dare una misura alla creatività (parametrandola a dimensioni aziendali che i creativi auto referenziali di solito disprezzano).
6.
Molte marche della moda come espressione della cultura di massa sono tra le più accanite promotrici di una creatività diffusa, potenzialmente rivolta a tutti. In un certo senso, anche il consumatore deve essere creativo (se non comprende o non crede alla promessa di novità come può partecipare attivamente alla sua circolazione?).
Domanda: se togliamo alla creatività la sua autonomia e differenza (cioè se immaginiamo che sia qualcosa che appartiene anche al fruitore) come può un singolo atto creativo rispondere autonomamente all’ingiunzione permanente del nuovo, del sorprendente?
Sono problemi che investono non solo lo stilista ma anche chi opera nella comunicazione.
A tal riguardo, vale la pena di notare che spesso l’aura della creatività è il risultato della messa in atto di un livello fondamentale della comunicazione della moda che chiamiamo evento.. Nella moda la trasformazione dell’azione-avvenimento in evento ha la funzione di far emergere la distintività di una sfilata, di una campagna pubblicitaria, di un prodotto (pensate al lancio di un profumo).
Scrive, esagerando un po’, Bartezzaghi: “Le merci non sono più cose da possedere per sanzionare il proprio status ma oggetti-evento che interferiscono con le traiettorie esistenziali dei loro consumatori, programmi di azione che vogliono migliorare la qualità della loro vita, promettendo di fornire nuove potenzialità comunicative, procurare benessere fisico, migliorare l’efficienza professionale…Non ci vengono venduti nuovi oggetti, ma nuovi modi. Sempre più, sempre meglio, a patto di accettare la logica della novità”.
La comunicazione/promozione delle mode cerca sempre un contatto con l’evenemenziale, dal momento che per essa il cambiamento è una necessità continua. I professionisti o costruttori di eventi si sentono dei creativi quanto gli stilisti. Anch’essi quindi sono attratti da un’idea di creatività auto-referenziale. Anch’essi tendono a riconoscere soprattutto ciò che fanno (o ciò che li eccita).
Come uscire dalle reti insidiose di una creatività auto-referenziale?
La soluzione praticata dalla maggioranza delle aziende, consiste nel separare la creatività come scintilla capace di attivare nuove traiettorie, dal concetto di creatività possibile.
Possiamo provvisoriamente accettare che la creatività scintilla sia l’onere o il privilegio di chi possiede una sorta di talento, di genio che funziona come l’interruttore della luce: o c’è o non c’è (i famosi e nevrastenici voleurs de feu di Rimbaud). A patto di corroborare il fuoco iniziale con modalità adattatrici.
La creatività possibile implica una visione diversa, caratterizzata da forme e caratteristiche mutanti, in costante trasformazione, dal momento che trascende dal mondo interiore dei creatori di scintille e si configura nel mondo delle cose fatte dall’uomo fuori dall’uomo ovvero diviene qualcosa di “oggettivo”, criticabile, migliorabile, adattabile.
Con estrema prudenza potremmo aggiungere che la creatività possibile è sempre in qualche modo misurabile. Ovviamente non sto postulando calcoli numerici o algoritmi complessi. Mi riferisco piuttosto ad un atteggiamento critico capace di valutare, di graduare, di cogliere le conseguenze indirette delle scelte che effettuiamo. Ancora, pensate all’abilità pratica centrata su stratagemmi, fondamentale per “regolare” processi fatalmente dinamici: se concepiamo la creatività come parte integrante di un processo e non come una “cosa” i significati della parola cambiano sostanzialmente.
La moda, oggi, ha a che fare con entrambi i modi della creatività che vi ho brevemente descritto. Ma nelle aziende più strutturate di solito è il secondo che classifica il primo pur conferendo a quest’ultimo l’onore pubblico di essere un mito. Si celebra lo stilista come un genio creativo a patto che accetti i limiti condivisi con altre menti (anch’esse impegnate, tra l’altro, ad agire creativamente su altre dimensioni del business).

7.
Siamo dunque arrivati ad un punto fermo nella nostra indagine sulla creatività? Non è così semplice, purtroppo.
Mi chiedo: la creatività possibile, dunque in qualche modo misurabile, presuppone anche il fatto che si possa prevederla? Immaginiamo di dare una risposta affermativa. Ma a questo punto possiamo definirla ancora creatività? Insomma, ci troviamo di fronte al paradosso di una creatività che già c’è prima di essere scoperta o inventata.
D’altra parte la creatività impossibile, sembra dover implicare una sua sostanziale e problematica estraneità dai parametri aziendali.
Il paradosso si risolve se assumiamo il fatto che i contesti mutano e quindi cambiano i parametri di valutazione annichilendo ciò che poco prima avevamo etichettato con la parola novità.
Possiamo però aggiungere una ulteriore riflessione. Io credo che esista una interessante differenza tra la creatività impossibile e l’impossibile della creatività..
L’impossibile nella creatività potremmo considerarlo nelle fasi inaugurali di un cambiamento, una sorta di Giano Bifronte (il Dio romano protettore degli inizi e del mutamento); oppure un White/Black Swan estetico. Il cigno nero (e bianco) particolare di cui parlo, si ispira ai lavori di Nassim Nicholas Taleb, autore, a mio avviso, di uno dei libri più importanti apparsi negli ultimi anni. Cos’è un cigno nero? E’ un evento altamente improbabile caratterizzato da tre dimensioni fondamentali: primo, è isolato e imprevedibile; secondo, ha un impatto deflagrante; terzo, il nostro modo tipico di linearizzare i fatti storici, ci porta ad architettare giustificazioni a posteriori sulle ragioni della sua comparsa, per renderlo meno casuale di quanto non sia in realtà. Il cigno bianco è l’evento improbabile che ci premia ( pensate a una clamorosa, inspiegabile botta di culo).
La verità è che di solito ci accorgiamo dei cigni neri ( e bianchi) della creatività solo a posteriori.
Allora, se l’impossibile nella creatività ovvero ciò che fa di essa un evento che non possiamo prevedere, nella moda, per via della fortissima pressione degli appelli alle novità, diviene un evento sempre meno raro; e se il suo impatto può essere deflagrante (negativo, fatale per la vita di una azienda)… Cosa dobbiamo fare?
Trovo molto convincente l’innovativa risposta di Nassim Nicholas Taleb al quesito. Nel suo ultimo libro intitolato “Antifragile” (il Saggiatore) ci suggerisce di abbracciare la pratica dell’incertezza e di sbarazzarci di molte cose che abbiamo imparato per coltivare le sterili certezze che ci rendono ciechi di fronte all’impossibile (che, lo abbiamo detto, spesso diviene il più probabile).
Se non possiamo prevedere con certezza gli esiti dell’impossibile nella creatività, non ci resta che lavorare per una creativitá Antifragile.
Di passaggio, vi ricordo che Taleb non affronta direttamente il tema della creatività, quindi dovete interpretare l’uso del suo punto di vista su fenomeni complessi, come una mia estensione del suo modo estremamente innovativo e creativo di affrontare eventi dominati dal caso.
In sintesi cosa ci dice l’autore? Il tentativo di calcolare l’evento raro, il cigno nero, di solito porta a fallimenti intellettuali disarmanti. Per esempio, se vogliamo gestire il rischio di una scelta creativa particolare dobbiamo per forza proiettarla nel futuro. Ma solo i ciarlatani o persone che si sentono particolarmente ispirate possono immaginare di misurare con certezza l’incidenza futura di un evento creativo. Perché nella moda si dia tanto risalto a questi discorsi ammantati da ciarlataneria non è affatto un mistero: in primo luogo la pressione a presentare “novità” è endemica; in secondo luogo, nelle faccende della moda siamo inclini ad essere dei creduloni, che per piacere o per passione, giocano a rimuovere ciò che l’esperienza e la storia ci ricorda.
Per contro, la fragilità si può rilevare, osservare e in qualche modo misurare (ovviamente possiamo sempre sbagliarci, ma secondo Taleb, si tratta di un errore non letale come può esserlo quello prodotto dalla nostra cecità nei confronti della nostra fallacia predittiva).
Per me, per esempio, Yamamoto è antifragile quando dice: “Non ho mai seguito le regole della moda. Ho sempre scelto strade alternative, strade che mi sono creato da solo. Volevo oppormi al sistema delle tendenze e proporre qualcosa di nuovo. Di solito quando tutti dicono che una cosa è bella, a me quella cosa non piace”.
Quando Steve Jobs diceva: “La creatività è semplicemente stabilire delle connessioni tra le cose”, a mio avviso, dimostrava di aver compreso benissimo l’anti fragilità.
Ritorniamo infine alla domanda… Che fare con la creatività? Esiste un punto di vista dal quale osservare meglio gli effetti che produce, imparando a regolarne gli esiti in funzione dei nostri problemi? Se quanto ho scritto sinora ha senso, allora la risposta è affermativa.
Dovremo semplicemente imparare a costruire stratagemmi o avere idee per rendere anti fragile, il colpo di creatività di cui ci si serve al fine di recitare la propria parte sulla scena del mercato delle novità. Ecco in due parole il contributo più importante, in una logica di lavoro di squadra, della componente manageriale al discorso sulla creatività delle collezioni e degli eventi di comunicazione necessari per farla circolare con successo tra a gente.
Antifragile significa non avere paura del disordine o del caos che l’impossibile porta con sé a livello simbolico. Significa stressare la marca, sapendo che da questa esperienza uscirà rafforzata. Significa abbandonare il terreno fasullo delle certezze condivise: comunque vada, se usciamo dal coro, ci sarà sempre qualcuno al quale non andiamo a genio; facciamo allora del presunto errore un tentativo per rendere antifragile il dispositivo aziendale. Antifragile significa sapere che la ricerca dell’equilibrio perfetto tra offerta creativa e la domanda del mercato è una chimera (sarebbe come postulare una creatività condivisa a priori con il consumatore): la creatività ogni tanto deve esser come la peste, un virus letale. Il problema è che non può esserlo sempre. Sbagliare momento e modo significa in realtà ucciderla. E’ antifragile sapere che non possiamo fare previsioni certe sul successo di un colpo creativo. Ma possiamo creare meccanismi di ridondanza che lo rendono meno fragile. Possiamo creare sovracompensazioni, sviluppando motivazioni e energie addizionali, che ci permettano di anticipare l’eccesso di rischio di un risultato negativo.
In tal modo possiamo immaginare che lo stilista di turno possa osare l’impossibile (non importa da quali abissi interiori provenga: ci penserà il suo analista eventualmente a curarlo) dal momento che ciò che grazie a Taleb abbiamo chiamato antifragilità consente di trasformare il rischio in un paradossale vantaggio competitivo.
Vorrei farvi notare che seguendo questa linea di pensiero, la creatività perde progressivamente i connotati di forma o di cosa per divenire un processo o un evento. Si dissolve quindi la sua immagine statica a favore di configurazioni dinamiche che sembrano corrispondere meglio alle turbolenze di una moda/mondo per la quale il disequilibrio è il vero fondamento.
Volete ancora qualche esempio di creatività antifragile? Pensate al modo un po’ folle che ha Prada di ribaltare ogni sei mesi i significati delle proprie collezioni, senza causare danni per la marca. Dal mio punto di vista questa pratica creativa è qualcosa che va nella direzione dell’antifragilità.
Ancora, Vivienne Westwood è diventata bravissima nel scioccare il pubblico con le sue prime linee e nello stesso tempo a rassicurarlo con i proclami etici che accompagnano da anni i suoi colpi di creatività.
In passato, il trucco più usato per trasformare l’impossibile nella creatività in qualcosa di diverso da un devastante cigno nero era l’utilizzo della collezione o di parte di essa, come se fosse un medium evenemenziale: disegno e creo abiti impossibili (che nessuno o pochissimi indosseranno) per scioccare la comunicazione; attraverso motivazioni addizionali diffuse grazie alla collaborazione delle giornaliste, trasformo il negativo il positivo; accumulo immagine/energia nella marca; la scarico vendendo seconde linee e accessori dai quali ricavo le plusvalenze necessarie per osare colpi di creatività ancora più “impossibili”. Dovrebbe farci riflettere il fatto che, la couture sia sopravvissuta per quasi mezzo secolo grazie a queste modalità antifragili.
8.
Che lezione traggo dalla mia breve indagine? L’appello a comprendere meglio il senso dei giochi linguistici prodotti in nome della creatività, è solo una parte della questione. Probabilmente è più importante capire fino a dove possiamo spingerci con l’idea che la maggioranza delle persone, compresi voi cari lettori, possono aumentare il proprio potenziale creativo. A mio avviso il vero problema non è il talento (meglio che ci sia, ovviamente), ma l’impostazione o la disposizione mentale di ciascuno di noi. Per questo motivo sostengo che tutte le scuole più che concentrare la didattica solo sulla specializzazione delle competenze e dei curriculum, dovrebbero assomigliare dal punto di vista dell’atteggiamento alle scuole d’arte. Il come facciamo funzionare il cervello è alla lunga più efficace del cosa pensare.
L’ossessione per le definizioni ovvero cosa sia la creatività ci porta a perderci in un deludente labirinto. La sensibilità al come funzionano le situazioni che presentano la creatività in action, ci rende proattivi (e non solo spettatori) nei confronti della scoperta di cose nuove, coraggiosi e capaci di rompere gli schemi, empatici nei confronti di chi si trova a condividere con noi lo stesso percorso/problema, efficaci come lo sono le persone che, rischiando di più, sanno imparare dai propri errori.

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Sono d’accordo nel sostenere che la creatività pura non esiste. Nemmeno gli artisti creano dal nulla. Figuriamoci nella moda dove il mercato richiede tante mediazioni. Detto questo però è anche vero che la necessitá di cambiare costringe gli stilisti a inventare sempre nuove soluzioni. Non è importante che siano delle creazioni mai viste prima ma che possano essere percepite come tali. Se il cliente non ha la memoria delle soluzioni del passato, percepirà le nuove proposte come delle novità e attribuirà allo stilista l’onore di essere stato particolarmente creativo. Io credo inoltre che una certa creatività sia una invenzione del giornalismo di moda che ha bisogno di notizie sensazionali, altrimenti i consumatori non sarebbero stimolati ad interessarsi di abiti quando hanno il guardaroba pieno.
La creatività quindi non è una proprietà unica, ma è il risultato della complementarietà tra deduzione e intuizione, tra emozione e riflessione, tra ragione e immaginazione, tra pensiero divergente e pensiero convergente.
Credo nella creatività a disposizione di tutti e che sia alla base della crescita di un popolo a livello morale, sociale e tecnologico ma dubito nella creatività speculativa (tipo quella finanziaria).
Apprezzo il lavoro dei creativi anche nel mondo della moda e dei tanti che sono riusciti a modificare l idea originaria rendendola innovativa.
Per concludere il mio parere la parola creatività mi affascina e mi incuriosisce perchè è un’idea o un pensiero che si materializza slegata da ogni dogma e terminologia.
La creatività quindi non è una proprietà unica, ma è il risultato della complementarietà tra deduzione e intuizione, tra emozione e riflessione, tra ragione e immaginazione, tra pensiero divergente e pensiero convergente.
Credo nella creatività a disposizione di tutti e che sia alla base della crescita di un popolo a livello morale, sociale e tecnologico ma dubito nella creatività speculativa (tipo quella finanziaria).
Apprezzo il lavoro dei creativi anche nel mondo della moda e dei tanti che sono riusciti a modificare l idea originaria rendendola innovativa.
Per concludere il mio parere la parola creatività mi affascina e mi incuriosisce perchè è un’idea o un pensiero che si materializza slegata da ogni dogma e terminologia.
Non sono convinta che chi si occupa di mk possa essere un creativo. Non è un suo compito. Non capisco come si possa dire che se scelgo un bravo stilista e questo si dimostra creativo, allora divento creativa anch’io. Detta così la parola creatività perde la sua autorevolezza. Comunque è vero che attribuiamo troppo spesso questa dote a persone che producono abiti di tendenza, senza pensare che le tendenze sono costruite e non create. Anche gli abiti sono costruiti. Piace a tutti credere che un bel abito sia il frutto di uno stilista geniale. Ma non è così. Dietro di lui c’è una azienda che investe in ricerca moltissimo. Ci sono molte professionalità che lo aiutano a fare le scelte giuste. Infatti molti stilisti non si considerano artisti ma artigiani.
Non è vero. Tutti possono essere creativi. Anche chi si occupa di organizzazione o di mercato.
Se tutti sono creativi, nessuno è veramente creativo. C’è qualcosa che non mi torna nel ragionamento di Loredana.
Forse è per evitare i vostri crampi mentali che l’autore dell’articolo invita a pensare la creatività nei termini di forme eterogenee, caratterizzate da somiglianza di famiglia.
Per me la più bella definizione di creativitá è quella di Steve Jobs: Stay Hungry.Stay Foolish. In queste parole c’è tutto quello che serve.
Questa non è una definizione. Al massimo può essere un monito o un suggerimento.
chissenefrega se non è una definizione, se in queste parole trovo tutto quello che serve!
La creatività dei visionari non è paragonabile a quella dei manager. Sono due cose diverse. Forse sarebbe più giusto riservare la parola solo ai primi.
La creatività, secondo il mio parere, è da considerare un puro e semplice talento. Tutto ciò che permette, ad una mente di accendersi davanti ad un reale problema o bisogno, è da considerare creatività. Con tutte le possibili variabili e diverse sperimentazioni che si possono mettere in atto, solo le menti di alcune categorie di persone, possono veramente essere considerate creative. La creatività può essere sviluppata in tutti settori esistenziali, spesso supportata dalla fantasia ed a quel continuo bisogno di sapere, capire ed esplorare che solo chi è curioso ed amante del vivere riesce a capire. Insieme alle molteplici risorse e ricerche messe a disposizione per ampliarla, svilupparla verso un certo percorso, renderla risorsa produttiva etc solo quell’occhio che sa analizzare, quell’orecchio che sa ascoltare e quella mente che sa immaginare la soluzione possono essere chiamati “creatività”.
Io noto una contraddizione. Se ha ragione chi ha scritto l’articolo su Leonardo e Michelangelo cioè che i grandi artisti del passato non avrebbero mai accettato di farsi chiamare creativi, come mai che gli stilisti oggi vogliono essere creativi e poi rifiutano l’arte per considerarsi degli artigiani? Creatività e artigianato posso andare insieme?
Interessante l’idea che le nostre scuole dovrebbero prendere qualcosa dalle scuole d’arte. Ma è anche utopica, credo. Tutte le ipotesi di riforma scolastica proposte vanno nella direzione preferita dalla tecnocrazia: una sempre maggiore specializzazione tecnica. A volte penso che chi decide su queste cose fondamentali, consideri la creatività come un avversario da imbrigliare. Chissà, forse i tecnocrati credono che persone creative siano persone più libere e che quindi risultino più difficili da governare come pecore. Comunque sono d’accordo con il prof. Il “come” è più formativo del “cosa”.
Articolo molto ricco e denso. La divagazione sulla paleontologia interessantissima. Condivido le distinzioni tra creatività impossibile e l’impossibile della creatività. Mi ha affascinato Taleb, ma non avendo letto i suoi libri, non sono sicuro di aver capito bene il ragionamento. Ma ammetto che il discorso sulla anti fragilitá è intrigante. Sono d’accordo con Maria Grazia nel ritenere utopico il suggerimento dell’autore sulle scuole d’arte. L’ubriacatura tecnologica delle nuove generazione le sta allontandando dalle materie umanistiche. I politici ne prendodono atto e legiferano di conserva. Però questo produrrà secondo me un effetto molto interessante: le persone che riusciranno malgrado una scuola sbagliata a restare creative, avranno molte chanches di esprimersi in modo totalmente libero da ogni dogmatismo. Avremo dunque una creatività forse più naif, spontanea, ma anche più imprevedibile.
Confesso che anch’io ho trovato difficile questo Taleb, anche se l’anti fragilitá è interessante. Ma perché non dire che abbiamo bisogno di una creatività robusta? Forse suona male? È inelegante?
a mio parere ogni individuo, fin dalla giovane età, è dotato di creatività ed è nostro compito coltivarla nel tempo per evitare che svanisca; è una capacità fondamentale che ci permette di dare vita alla nostra fantasia, anche se non tutti però riescono ad esprimerla al meglio.
sono d’accordo, con quanto riportato nel testo, che la creatività pura non esista, ma penso che essere creativi voglia dire anche essere in grado di guardare qualcosa che già esiste da punti di vista differenti, nuovi, in modo tale da ricrearne qualcosa di innovativo. inoltre credo anche che la creatività sia fondamentale per la risoluzione di problemi, in quanto permette di creare soluzioni nuove e stimolanti.
Non abbiamo bisogno di cercare la pura creatività, bensì dobbiamo creare, dobbiamo partorire idee nuove, dobbiamo aver voglia di cambiare anche solo di una virgola qualcosa che è già stato fatto, dobbiamo lasciarci andare ai nostri istinti, dobbiamo rischiare, dobbiamo mettere da parte la paura e buttarci, solo così potremo diventare dei creativi. La creatività è colore, forma, passione. La creatività è altezza, forza, vento. La creatività è gioia, dolore, emozione. Ognuno di noi può essere creativo, perché la creatività è vita.
Io credo che dentro una persona creativa ci sia sempre un che di visionario, una qualche capacità di vedere un metro più in là rispetto agli orizzonti della media.
È una capacità innata?
Non ne sono sicura al 100%.
Seppur ritengo che alcuni individui abbiamo una propensione verso le novità, riuscendo a creare (anche solo pensare) qualcosa di effettivamente innovativo, dall’altra parte penso che se aumenta “l’esperienza” di una persona, è possibile che anche aumenti in modo direttamente proporzionale l’indice di creatività di questa determinata persona: questo perché aumentano i riferimenti, si ampliano le risorse culturali, c’è una maggiore apertura d’interpretazione.
Penso che essere creativi sia necessariamente un’unione di qualcosa che proviene dall’individualità, con altro che invece può essere acquisito dall’esterno.
Non è facile combinare i due, non tutti siamo creativi.
Cos’è la creatività?
Non è una domanda facile alla quale rispondere. È certamente un mondo dalle mille sfaccettature. Se lo si chiede ad un bambino ti dirà che la creatività è il suo piccolo mondo immaginario. Se lo si chiede ad un artista ti dirà che la creatività è nelle sue opere. Se lo si chiede ad uno scrittore ti dirà che è all’interno dei suoi romanzi. Se lo si chiede ad un adolescente ti dirà che la creatività non esiste e fa tutto schifo o che siamo tutti uguali e noiosi. Se lo si chiede ad un anziano ti dirà che la creatività è nelle mille cose che nella sua vita è stato in grado di vedere.
Allora saremmo così coraggiosi da andare da tutte queste persone e dirgli che non è così? Di dire ad un bambino che la creatività è un dono innato dato a pochi? Oppure che la creatività è necessaria per contrastare la concorrenza?
Tutto è vero e tutto è falso. Si esiste un abuso della parola creatività, eppure risuona in noi nella vita di tutti i giorni e secondo me è giusto così. La creatività è la capacità di vedere il mondo come non è, una fiaba che tutti dovrebbero permettersi di avere senza, per una volta, stare a guardare il significato di una parola.
Anche i cretini hanno “la capacità di vedere il mondo come non è”. Se seguo il tuo ragionamento dovrei considerarli dei creativi. Come la mettiamo Giulia?
Scusa tanto Antonio, ma ci sono cretinate molto molto creative. Predi un comico come quello che, anni fa, per mesi non faceva che ripetere “fatti non pugnette”, non puoi negare la sua creatività! La creatività non è buona o cattiva, intelligente o cretina. È solo creatività.
Se è così come dici tu abbiamo bisogno di una metodologia che ci permetta di separare la creatività utile da quella inutile. Anche se per me una cretinata è una cretinata, e non ho mai immaginato che si potesse interpretare come un atto creativo.
Domanda ai sapientoni: “fatti non pugnette” è un cigno nero? Premetto che non ho capito un tubo del cigno nero!
Caro Antonio, credo che la migliore risposta te l’abbia già data Emilio; la creatività non è patrimonio esclusivo di laureati ad Harvard o Stanton. Può provenire da chiunque, anche da un cretino!
La creatività è un qualcosa di aperto e di flessibile, che può cambiare continuamente. Nasce dall’azione, ed è meglio rischiare il fallimento che rinunciare all’azione. In un commento precedente qualcuno scrive “Se tutti sono creativi, nessuno è veramente creativo”, in parte condivido quest’idea, ma allo stesso tempo penso che tutti prima o poi nella vita decidiamo di agire in qualche modo, cerchiamo di evitare un fallimento, vogliamo fare qualcosa per noi stessi o per ciò che ci circonda, stimolando così la nostra creatività e la nostra voglia di fare. La creatività può permettere di “produrre qualcosa di nuovo”, può originare una novità assoluta oppure può riorganizzare elementi appartenenti ad ambiti differenti considerati precedentemente distanti.
Alcuni orientamenti statunitensi suggeriscono un approccio multidimensionale alla creatività, definendo 4 ambiti specifici attraverso numerose ricerche. Il primo ambito analizzato è quello della PERSONA, studi psicologici attraverso questionari hanno rilevato i tratti creativi dell’individuo. Successivamente il PROCESSO e differenti strategie hanno permesso di facilitare il pensiero creativo, sia individuale sia di gruppo. Un altro ambito analizzato è stato quello del PRODOTTO, in particolare del prodotto creativo valutato, per esempio, in base alla novità e all’efficacia. Infine ricerche sull’AMBIENTE sociale, culturale e lavorativo possono favorire o trattenere la creatività.
Intervento prezioso. Potresti però essere più generosa con chi ti legge. Per esempio potresti fornire un minimo di bibliografia sulle nuove metodologie alle quali fai riferimento. In una prospettiva di manutenzione del concetto di creatività a me sembrano utili.
Con internet tutto il mondo ha potuto far conoscere il proprio lato creativo, grazie ad una maggiore velocità dell’informazione e dell’innovazione. La moda si è evoluta con l’arrivo del fenomeno del web.
Mi piacerebbe soffermarmi su un fatto che è stato molto creativo; un fenomeno che si è servito di internet per esprimere un lato della moda più alla portata di tutti ovvero i Fashion Blog. Chiara Ferragni nel 2009 ideò il suo blog The Blonde Salad, poteva sembrare una cosa ovvia postare una foto di un outfit giornaliero, eppure ciò le frutta 8 milioni di dollari l’anno.
Dopo di lei tante hanno aperto i blog e hanno scatenato un fenomeno mediatico turbolento. La moda le considera un punto di riferimento, tanto da riservargli posti nelle prime file degli show e copertine di riviste. A volte quindi ci vuole davvero poco per essere creativi, cambiare e rivoluzionare un sistema solido e affermato.
Io sono dell’idea che la creatività è quindi anche un saper cogliere un’opportunità al momento giusto. Molto spesso non serve essere intelligenti appunto ma bisogna saper sfruttare ciò che si ha di fronte.
A mio giudizio la creatività è la capacità di generare qualcosa di nuovo, o semplicemente di guardare qualcosa di già esistente da un punto di vista del tutto nuovo.
Non credo che solamente gli stilisti siano da ritenere “creativi”, anche un uomo di business che lavora tutto il giorno con numeri (se capace di grandi intuizioni) debba essere ritenuto tale.
La creatività è una dote innata, ciò nonostante anche nei soggetti più pigri ritengo possa essere stimolata. C’è chi è più creativo in determinati momenti della giornata o in determinate situazioni, molti grandi artisti del passato erano soliti ricorrere ad una routine per canalizzare la loro creatività, ad esempio Mozart era solito comporre prima dell’una per poi riprendere alle sei di pomeriggio.
Concludo facendovi notare che spesso la “creatività”, nella forma più pura e cristallina, è solita presentarsi in soggetti che presentano stranezze e spesso follia. Forse in fondo siamo tutti dei grandi creativi, semplicemente non siamo abbastanza coraggiosi per poterlo dimostrare.
Mi hanno interessato tre punti:
. Il carattere “aperto” della creatività (Francesca)
. Tutti possono essere creativi (Loredana)
. Non siamo abbastanza coraggiosi per poterlo dimostrare (Roberto).
Uniamo questi tre puntini. Cosa otteniamo? Abbiamo la creatività dentro di noi in potenza, ma la maggioranza delle persone la perdono. Credo che il punto centrale sia questo. Chi o cosa ci fa perdere la speranza di essere creativi?
Due parole sui commenti sopra riportati. Penso innanzitutto che Emilio potesse trovare un esempio meno imbarazzante del tormentone inventato dal comico Paolo Cevoli, diffuso nelle sue innumerevoli apparizione nel programma Zelig, quando interpretava il personaggio di Palmiro Cangini, improbabile assessore di una inesistente località romagnola. Comunque è vero che quando Cevoli terminava gli sconclusionati ragionamenti del politico con la frase “Fatti, non pugnette”, era difficile trattenere una esplosione di risate. Per settimane ovunque andassi, incontravo persone che non vedevano l’ora di pronunciare la fatidica frase, anche se si parlava del raffreddore della nonna. Ricordo che, passeggiando per Bologna si poteva vedere incollato questo sublime elogio dell’empirismo rozzo da far paura, alle vetrine di alcuni bar, con l’intenzione, suppongo, di magnificare la consistenza del servizio ai clienti. Capitai in una discoteca che allora andava per la maggiore, e nemmeno a farlo apposta, mi accorsi, dall’agitazione dei maschi e il sorriso preoccupato delle femmine, che la serata a tema si chiamava per l’appunto, Fatti, non pugnette. Insomma, per qualche mese Cevoli divenne un incubo quotidiano. Ora, Mario chiede se possiamo considerare questa enunciazione un “cigno nero”, confessando di non sapere cosa sia. Di solito non rispondo a commenti palesemente fuori di testa, ma questa volta farò una eccezione.
Il Cigno nero è una famosa metafora filosofica, utilizzata da pensatori scettici come D. Hume, J. Stuart Mill, C.S.Pierce, K. Popper, per invalidare la fiducia eccessiva nella logica induttiva. Nel mio articolo faccio riferimento invece all’uso del Cigno Nero fatto da Nicholas Taleb nell’omonimo libro che scrisse una decina di anni fa. Taleb non affronta il problema logico filosofico del Cigno Nero, bensì costruisce una teoria sul suo impatto. In estrema sintesi, secondo l’autore, gli eventi rari sono impredicibili e il loro decorso segue le cosiddette leggi di potenza (quindi sono devastanti). Ovviamente dai Cigni Neri dobbiamo imparare a difenderci. La prima mossa è non fidarsi delle previsioni e nemmeno delle proprie conoscenze. Dobbiamo quindi concentrarci su ciò che non sappiamo, dobbiamo pensare all’impossibile. I Cigni Neri ci costringono ad essere dei creativi e non dei pianificatori.
Veniamo alla domanda da alcolizzato di Mario. Il colpo creativo di Cevoli è un Cigno nero? No! Viste le clamorose risate e il successo travolgente potremmo considerarlo l’opposto cioè un cigno bianco (un colpo fortunato). Cosa ha in comune con il cigno nero? Ha in comune il fatto che non lo possiamo prevedere con certezza. Di tutte le stronzate dette da tutti i comici che rendono meno penose le ore passate davanti al piccolo schermo, solo pochissime diventeranno dei tormentoni.
Se riflettiamo con attenzione sulle conseguenze del cigno nero scopriamo che Taleb ci suggerisce, forse senza averne l’intenzione una teoria sulla creatività e sul come attualizzarla. Dal momento che il colpo creativo che ci serve ha una natura altamente improbabile, dobbiamo imparare ad affrontarlo con una strategia mista tra atteggiamento prudenziale e aggressività.
La Creatività è la capacità di vedere il mondo come non è.
Per il pubblicitario Barry Day l’essenza del creativo veniva espressa con questa sentenza:” Prova a chiedere una definizione di creatività e ti ritroverai con tante opinioni quanti sono gli individui”. Per secoli si è pensato che la creatività fosse uno strano dono di natura divina che venisse consegnato a pochi eletti, oggigiorno è chiaro che ogni individuo vivente può esercitarla. La creatività dovrebbe andare di pari passo con la Fantasia e quest’ultima non dovrebbe essere utilizzata come sinonimo della prima. Infatti la Fantasia, secondo il paradigma sviluppato dallo psicanalista Jung, è una forma di energia anche se non suscettibile di misurazione, essa costituisce un fatto. La Fantasia assume un valore reale ogni volta che progetti artistici e architettonici, comprendenti tutti quegli oggetti che ci circondano, hanno precedentemente abitato nella fantasia degli umani. E così entra in gioco la Creatività, che assumendo le sembianze dell’immaginazione, diventa fondamento di una realtà fantastica che grazie all’operato dell’uomo può divenire tangibile. Entrambe non devono essere sminuite come qualcosa di irreale che spiega la negazione della realtà, ma devono essere considerate al pari delle Scienze, ovvero dei pensieri solidi capaci di creare nuove logiche all’interno della moderna realtà. Con un esempio più pratico è possibile affermare che tutti i prodotti tangibili ed esperienziali prodotti da una fantasiosa creatività, diventano un processo in grado di concretizzare l’esperienza dell’immaginario, interagendo con la realtà in modo dinamico. Perché la Creatività ci permette di rimanere comunque connessi con la vita ma essendo consapevoli di attuare un processo di evoluzione e mutamento. Ed è proprio attraverso questo processo che, a parer mio, si forma e si distrugge la moda.
Non me ne voglia l’autore ma ho trovato emozionante l’intervento di Camilla. Fantasia, interazione dinamica con la realtà, evoluzione creatrice, vita e morte… la creatività che cambia il mondo è tutto questo.
La creatività a mio parere significa spremere il nostro cervello per generare nuove soluzioni a problemi che la vita ci porta costantemente di fronte. La creatività è un modo perciò di affrontare la propria vita in maniera personale, per questo appartiene a tutti. Esistono sicuramente diversi livelli di creatività, non potremmo mai considerare un visionario che vive nel suo mondo che va oltre l’apparenza come una persona comune. La creatività è comunque dentro ognuno di noi. La vita e soprattutto l’esperienza ci portano a manifestarla in modi più accentuati o meno. L’uomo non dovrebbe però aver paura di tirarla fuori e sono d’accordo con Roberto nel dire che bisognerebbe essere più coraggiosi perché secondo me una vita senza creatività è una vita priva di colori.
Alcuni studi hanno chiarito che la creatività non è per pochi “eletti”, ma una qualità posseduta, in maniera maggiore o minore da tutti e permette di “produrre qualcosa di nuovo”. Questa produzione può originare qualcosa di nuovo o ricombinare e riorganizzare elementi appartenenti ad ambiti differenti che, fino a quel momento, erano stati pensati come distanti.
La creatività riveste un ruolo centrale tanto nella ricerca di soluzioni originali ed innovative quanto nell’analisi di situazioni e processi complessi.
La creatività rappresenta un modo di rapportarsi alla realtà, di concepire e vivere la vita. Tale modo di pensare, attraverso un’opportuna formazione, può essere appreso ed incrementato da ogni individuo, gruppo e organizzazione, ma i risultati non saranno uguali per tutti: coloro che hanno la capacità (questa sì innata) di essere più in sintonia con l’emisfero destro del cervello troveranno più familiare utilizzare questo approccio. Agli altri rimane l’impegno, la pratica ed un po’ di esercizio.
Benton & Bowles agency: “If it doesn’t sell, it isn’t creative”.
CREATIVITÀ è spesso una parola abusata, tutti sono creativi e non lo è nessuno. Certamente è una di quelle parole di grande impatto che usiamo senza interrogarci troppo. Evoca valori positivi, brillantezza, originalità. Non penso si possa chiedere “cos’è la creatività” perché presuppone che si parli di una cosa. Io la immagino invece come una sorta di magica entità viva, in movimento, che cambia, si rinnova, a volte ti sorride, a volte ti frega. Non può riguardare un singolo oggetto come un quadro o un film perché la creatività comprende anche chi lo realizza e il processo che ci è voluto per realizzarlo. La creatività potrebbe essere a disposizione di tutti noi se riuscissimo ad accoglierla e a sfruttarla al meglio.
Sono pienamente d’accordo con te Martina, ritengo anche che l’essere umano senza la creatività non potrebbe vivere né sognare chiaramente.
Tuttavia penso che essa sia uno strumento più elitario, per pochi eletti, non per tutti. Solo alcuni di noi hanno il privilegio di nascere con questo dono, sta dunque a loro condurre il resto delle persone verso qualcosa di nuovo.
Andy Warhol diceva: “Fashion is more Art than Art is”. Come mai che tanti stilisti non vogliono essere avvicinati all’arte?
La creatività è o non è più vicina all’esperienza artistica di tutte le altre pratiche dell’uomo? I grandi sarti, come scrive l’autore, non si fanno chiamare creatori di moda?
In effetti quello che dice Giorgio è vero. Per esempio io pensavo che Martin Margiela, che in quanto a creatività non è secondo a nessuno, si considerasse un artista. Invece no! Ho letto che, quando ancora faceva lo stilista, dichiarava che la sua non era arte ma artigianato.
Di conseguenza dobbiamo pensare che la creatività non è l’equivalente di arte. In che cosa differisce l’artisticità dalla creatività, proprio non lo so.
Anche Coco Chanel amava ripetere che lei non si sentiva una artista. È da pochi anni che i critici vorrebbero stabilire una relazione permanente tra arte e moda. Ma è molto difficile incontrare uno stilista che dica apertamente di sentirsi un artista. Ma questa reticenza non coinvolge la questione della creatività la quale sembra essere più il privilegio di professioni come lo stilista o il Designer, piuttosto che un artista puro.
Non mi sento di essere d’accordo con Laura. Gli stilisti più creativi degli artisti puri? Non credo. Gli artisti non hanno i limiti che i designer per forza hanno.
Prova a precisare i limiti. Tra l’altro osservo che con la comunicazione digitale la Moda ha ampliato le sue possibilità espressive. Io approvo quello che scrive l’autore sul “possibile” della creatività cioè sul fatto che le intuizioni dello stilista non devono entrare in conflitto con altri valori sui quali scommette l’azienda. Ma anche gli artisti devono fare i conti con un mercato dell’arte che pone dei vincoli, altrimenti non vendono e si appendono le proprie opere in casa propria. Quindi io una gran differenza non la vedo.
Facciamo un esempio. Avete presente Yves S.L.? Il suo abito Mondrian? Chiaramente si è ispirato al quadro dell’artista. Questa è creatività? È più creativo Mondrian o lo stilista che ne riprende forme e colori? Potrebbe questo esempio essere paradigmatico del rapporto tra arte e moda?
Laura, i limiti per gli stilisti sono ovvi: primo, il corpo; secondo, il mercato; terzo, la marca. Secondo te, uno stilista che oltrepassa questi limiti ha la possibilità di arrivare alla fine del mese?
Limite corpo: ti consiglio di vedere gli abiti di Kawakubo; vedrai che il corpo può essere deformato senza pregiudicare portabilità ed estetica.
Limite mercato: Margiela e Vivienne Westwood se ne sono strafregati del mercato e hanno funzionato benissimo.
Limite marca: l’autore dell’articolo ha giustamente citato Demna Gvasalia e Alessandro Michele in quanto operazione di rottura con il vissuto della marca capace di riattualizzarla.
I limiti sono nella nostra testa. Se vogliamo o come dice Roberto se abbiamo sufficiente coraggio possiamo superarli.
Gentili signori per quanto riguarda il rapporto arte e moda io parlerei di ispirazione artistica che gli stilisti traggono da opere d’arte o da artisti che colpiscono la loro immaginazione. È chiaro che sia gli stilisti che gli artisti coltivano la creatività. Anche per imitare o adattare temi tratti dall’arte ci vuole talento e tecnica.
In questo caso l’arte funziona come repertorio di forme e la moda come un modo per dare ad esse una nuova vita.
Vorrei che qualcuno mi facesse il nome di un artista non creativo; e anche quello di uno stilista.
Morandi e Zara
Hai mai visto una mostra di Morandi? Scommetto che sei una di quelle che adorano solo la creatività gridata. Mi spieghi perché Zara sarebbe un brand non creativo. E il suo modello di business? Secondo te i fatturati da paura che fa piovono dal cielo?
Io credo che un artista che ripete ossessivamente i suoi temi non necessariamente devo percepirlo come un grande creativo. Posso essere incantata dalla bellezza delle sue nature morte ma guardando i suoi quadri la prima cosa che penso non è: “accipicchia che creatività”.
Zara è una azienda che vampirizza la creatività inventata da altri. Zara non fa ricerca, non rischia nulla, imita ciò che i grandi della moda creano.
Se tu avessi guardato meglio i quadri di Morandi avresti scoperto che non ce n’è uno uguale all’altro. Il pittore procede per piccole variazioni cromatiche. Guarda che la moda che usiamo tutti i giorni e che la gente compra funziona allo stesso modo. Ma non è la moda che piace a chi vive di gossip o di comunicazione. Alle riviste piacciono le rotture, le rivoluzioni, le provocazioni. La creatività gridata è il prezzo che paghiamo per avere sempre la certezza di non annoiarci. Ma non per questo la dobbiamo cancellare quando arriva in punta di piedi.
La creatività che arriva in punta di piedi mi piace. Sospetto però che la moda sia poi costretta a fare un po’ di chiasso, altrimenti non prevale.
Si è così. Anche se, malgrado le soliti azioni di amplificazione è facile accorgersi del il contrasto tra creatività in punti di piedi e quella urlata. Per esempio gli stilisti inglesi gridano, quelli belgi sussurrano, gli italiani sono quelli che fanno più chiasso di tutti perché di vera creatività ne hanno meno.
Belle le differenze. Creatività sul piede di guerra. Passerò a Bologna per rivedermi Morandi
Fai in fretta. Ho letto che vogliono spostare la collezione Morandi. Per un po’ resterà chiusa. Ti aspetto. Ho altre cose da farti vedere
Elisabetta, Andrea avete finito con i vostri cinguettii? Ancora un paio e poi vomito! Pensate che abbia pubblicato l’articolo per allietare cuori solitari? Non avete libri da commentare, da suggerire sul tema della creatività? Voglio citazioni, pensieri pensati, nomi di stilisti, teorie, visioni e non le vostre scoreggine su creatività sussurrate.
Elisabetta è mia sorella. Studia moda a Milano. Volevo dirle inoltre che è stato Lei, nel bar dei rimbambiti pensionati nel quale ero sfortunatamente capitato con i miei amici, a venire al nostro tavolo per chiederci, dal momento che studiavamo arte, di leggere le sue strane teorie sulla creatività. Forse non ricorda ma ci ha offerto da bere e anche chiesto di commentarle. Credo di essere stato l’unico a farlo. Ho anche avuto l’impressione che Lei, più dei commenti, fosse particolarmente interessato alla mia collega bionda e alle sue ceramiche artistiche.
Scusa tanto Andrea, non mi ricordavo chi eri. Non avevo letto integralmente lo scambio di opinioni con tua sorella. Se te la sei presa ti faccio togliere dal commentario. Ah! La tua collega bionda! Ah! Che occhi meravigliosi! Ah! Che portamento. Ceramiche da schifo.
Io mi sono divertito. Faccio ammenda per non aver letto subito il suo articolo e di aver trovato piacere soprattutto nei commenti.
Chiedo scusa se ho frainteso. Stimolata da Andrea ho visitato il sito è mi sono piaciuti i commenti. Non avevo letto l’articolo però ho voluto rispondere a Giorgio. La mia personale opinione è positiva per l’articolo e credo che Andrea abbia postato idee interessanti.
Hai ragione, l’idea di guerre di moda fatte a colpi di creatività è interessante. Su Giorgio Morandi segui i consigli di tuo fratello. È un pittore che può insegnarti a guardare i dettagli e le sfumature che ti serviranno per vedere meglio le cose. Però la creatività sussurrata proprio non la digerisco.
Un consiglio a tutti. Andate alla mostra Arte e Moda, al museo Ferragamo. Potrete farvi una idea degli intrecci estetici tra stilisti e forme artistiche. Dagli oggetti esposti emerge che la vera avanguardia creativa è l’arte. Ispirandosi ad essa chi crea moda aggancia idee già testate dagli stakeholder.
Domanda all’autore. Si potrebbe definire ciò che ha scritto come una storytelling sulla creatività? Voglio dire che è riuscito a mettere insieme tante storie sulla creatività, ma nessuna definitiva.
Come no! A questo punto però ti propongo di definire l’asino, “un quadrupede molto indeciso”; oppure di intendere l’Aula Magna come “Mensa per studenti obesi”. Ancora, cosa penseresti se ti proponessi di definire Anacronista: “un giornalista che scrive articoli di merda”; oppure se dicessi che Anti Cristo significa ” una particolare suola delle scarpe che impedisce di scivolare”. E perché non definire l’Abito con ” un tipo di appartamenti per single cronici”? Cosa voglio farti capire? Occhio agli usi e alle interpretazioni aberranti. Storytelling, Tendenza, Creatività sono parole sottoposte a quotidiani abusi linguistici. Per il parlante ordinario questo può non rappresentare un problema. Ma vi sono contesti in cui il pressappochismo produce dei danni.
L’idea che ogni atto simbolico sia una narrazione non produce niente di buono. Affinché possiamo parlare di storytelling sono necessarie la co-presenza di alcune funzioni basilari. 1. Un soggetto esposto ad una mancanza (l’eroe della narrazione); 2. Degli ostacoli che deve superare per ricongiungersi all’oggetto che sutura la mancanza; 3. Un certo maneggiamento emozionale.
Il punto 3 è decisivo. Allora, ti ha forse emozionato il mio script? Io scommetterei di no (se rispondi di sì, vai subito a farti ricoverare). Ci trovi forse un eroe? Dei nemici? C’è un lieto fine? Un finale drammatico? Direi proprio di no. Quindi il mio suggerimento è: diffida della moda culturale che estende troppo usi e significati di questa parola e prova pensare al negativo di storytelling o ad altri concetti descrittivi che forse, per certi rispetti, si apparentano ad esso, ma tendono ad esprimere altre significazioni.
Non ho capito il maneggiamento emozionale. La cosa mi interessa e vorrei chiarimenti.
Prova a pensare ad un abile storyteller. Perché ti colpisce? Mettiamola giù così: è abile nel raccontare una storia e trovi emozionante quello che dice. Le emozioni che provi retroagiscono sul contenuto al punto da fartelo sentire fin sotto la pelle. Ora, in una narrazione l’intreccio e le vicissitudini dell’eroe hanno il compito di attivare le nostre risposte emotive.
Articolo lunghissimo, forse troppo. Ma credo di aver capito l’intenzione dell’autore di andare contro la banalizzazione del web. In questa prospettiva ho apprezzato l’intervento. Mi riserbo una piccola critica: la creatività è uno dei temi più gettonati dalle aziende, moda inclusa. Esiste una vasta bibliografia che lo tratta. Su questo aspetto ho trovato l’articolo superficiale. Suggerirei a tutti, ad esempio, il libro di Edward De Bono, Creatività per tutti (Bur). Ma c’è ne sono tantissimi altri. Ne cito un’altro che ho letto con profitto: Creatività in azienda del Sole 24 ore.
Il mio intervento aveva come tema l’uso della parola/concetto “creatività” nei discorsi quotidiani, con una particolare attenzione al contesto moda. Nel testo, di passaggio, ho segnalato l’ampia diffusione di libri e interventi che tramite tecniche più o meno ingegnose, promettono un aumento del pensiero creativo tra i manager nelle aziende. Si tratta di un argomento complesso, che meritava una analisi approfondita che, qualora l’avessi introdotta, avrebbe appesantito oltremisura, un testo già fuori dimensione rispetto gli standard del web. Tieni presente però che l’epistemologia di questi libri che promettono di trasformare la mente di soggetti burocratizzati (annichilita da schemi ripetitivi, da abitudini, etc.) in una prospettiva creativa, è più o meno sempre la stessa: Palo Alto, Gregory Bateson, PNL e pillole di neuroscienze. Soprattutto la Programmazione Neuro Linguistica è stata la pseudo scienza che ha fornito a personaggi come De Bono le basi per i suoi interventi, certo non privi di ingegnosità, che puntavano a valorizzare un approccio nuovo ai problemi aziendali. Si tratta di una disciplina a dir poco molto controversa sia nei suoi fondamenti e sia per la brutale l’applicazione dei suoi principi, effettuata nel nome di innesti formativi che promettevano desiderabili miglioramenti a livello di reattività mentale dei soggetti. La diffusione dei suoi protocolli, diffusa in un numero incredibile di corsi, seminari, conferenze è cominciata tanti anni fa col successo delle teorie di Alex Osborne, raccolte nel suo best seller: L’arte della Creativity (Franco Angeli), oggi considerata un “classico” su questo argomento. Il massimo e più famoso divulgatore delle teorie raccolte sotto l’etichetta di Programmazione Neurolinguistica (PNL) è stato sicuramente Robert Dilts, soprattutto grazie al suo famoso libro: “Apprendimento Dinamico” (Astrolabio). Il successo di questi due studiosi tra i manager e i formatori d’assalto è stato almeno pari alla noncuranza che hanno ricevuto dagli interpreti più rilevanti delle discipline dalle quali vampirizzano frammenti del sapere serio, di solito proposti in un rassicurante stile assertivo, utilizzati come fondamenti per le loro discutibili applicazioni pratiche.
Vorrei segnalare il libro di Federico Montanari, “Territori creativi” edito da Egea. Contiene un excursus su tutte le teorie e le tecniche che nell’ultimo mezzo secolo hanno funzionato da supporto per la cultura aziendale. È importante anche per la bibliografia che propone.
Per secoli la creatività è stata vista come un potenziale che potevano avere solo poche persone. Oggi invece possiamo affermare che è una capacità comune agli essere umani.
Essere creativi significa rompere le regole esistenti per crearne delle altre migliori.
Infatti più che una dote del carattere la creatività rappresenta un modo di rapportarsi alla realtà, di concepire e vivere la vita.
La pura creatività non serve molto, c’è bisogno anche di un po di ingegno per creare, cambiare, inventare. La creatività è in tutto ciò che ci circonda, bisogna solo imparare ad estrapolarla eliminando la paura e tralasciando la morale.
Cara Iaria, le conseguenze del tuo ragionamento sono che gli atti creativi devono per forza essere immorali. Avrei molti dubbi su questo.
Cara Elisa, per me non hai capito cosa voleva dire Ilaria. Per me non voleva dire che la creatività deve essere immorale. Voleva dire che a volte per essere creativi dobbiamo sospendere i nostri giudizi morali.
Michelangelo era molto religioso. La sua moralità non gli ha certo impedito di creare un capolavoro assoluto come gli affreschi della Sistina!
Ci sono persone più portate alla creatività di altre, ma non vuol dire che altre non possano impegnarsi nell’esserlo.
La frase che cita Arthur Koestler “sommare due più due ottenendo cinque”, ha sempre dato alla logica qualcosa di immaginario, di creativo che solo poche persona ormai possono comprendere sul serio.
Dobbiamo tutti dare spazio alla creatività, per poi liberarci a nuovi orizzonti da noi partoriti.
Testo originale e ricco di contenuti. Mi chiedo se l’autore lo considera creativo.
Penso che tutti noi siamo capaci di aprire una pagina internet e scrivere creatività leggendone il significato-“Capacità produttiva della ragione o della fantasia, talento creativo, inventiva”-
La creatività segue il pensiero laterale; il processo attraverso il quale la mente è in grado di mettere insieme informazioni per produrre nuove idee, diverso dal pensiero verticale, in grado di produrre e combinare informazioni attraverso la logica.
Siamo tutti creativi. Viva la creatività. Viva la fantasia. Viva tutto ciò che è vivo.
Se do retta a Chiara arrivo a concludere che basta mettere insieme in modo illogico delle informazioni per essere creativo. Io penso che non basti. Sarebbe troppo facile.
Immaginiamo di imparare a memoria la definizione di creatività fornitaci da Chiara e di ripeterla come un mantra. Dopo possiamo dichiararci creativi? Io penso di no! Sapremo almeno riconoscerla? Ho dei dubbi.
La creatività è un dono presente in tutte le persone e come in tutte le cose c’è chi è più portato e chi meno portato. La creatività si esprime in tanti modi differenti: è un termine che indica la capacità di creare o inventare ma anche saper unire elementi esistenti con connessioni nuove, rompere quindi regole già presenti per crearne delle altre migliori.
La creatività è per me trovare il coraggio di esprimersi mediante un proprio modo di considerare la realtà stessa. Insomma, creatività è far diventare reale una fantasia.
Se credessi possibile definire la creatività accetterei le parole di Sara come un vangelo. Sono d’accordo con lei nel sottolineare l’importanza del coraggio. Di solito sottovalutiamo questo aspetto delle persone creative,
Per secoli la creatività è stata vista come un potenziale divino consegnato a pochi eletti. Oggi invece siamo in grado di affermare che tale capacità non è affatto innata: chiunque la può imparare, con più o meno impegno. È certamente innegabile che vi siano persone più portate, ma come la matematica può essere compresa ed applicata con un po’ di studio e d’impegno, così l’approccio creativo si può imparare ed utilizzare. I risultati non saranno uguali per tutti: coloro che hanno la capacità (innata) di essere più in sintonia con l’emisfero destro del cervello troveranno più familiare utilizzare questo approccio. Agli altri rimane l’impegno, la pratica ed un po’ di esercizio.
La creatività può originare qualcosa di nuovo in assoluto o ricombinare e riorganizzare elementi appartenenti ad ambiti differenti, inoltre riveste un ruolo centrale tanto nella ricerca di soluzioni originali ed innovative (problem-solving) quanto nell’analisi e relativa ottimizzazione di situazioni e processi complessi (problem-making).
Più che una dote del carattere, la creatività rappresenta una “forma mentis”, un modo di rapportarsi alla realtà, di concepire e vivere la vita
Mi è piaciuto il commento di Ausilia. Lo trovo molto di buon senso. In particolare perché rende la creatività una responsabilità per tutti quelli che non si accontentano del quotidiano. Aggiungerei che oggi la creatività ė fondamentale per permettere alla moda di sfuggire dalla uniformità della globalizzazione degli stili. Mi è piaciuto anche il finale dell’articolo: le scuole devono guardare meno al passato e aprirsi al futuro.
Scusate vorrei dire una cosa. Ho fatto numerosi stage in aziende della moda. Ho visto come funziona la cosiddetta creatività. Nella prima azienda nella quale facevo praticamente il cameriere, c’era uno stilista che decideva tutto; gli altri dovevano eseguire. Nella seconda, più grande della prima, esisteva un ufficio creativo che faceva progetti, ma decideva tutto il marketing che era a stretto contatto con il proprietario. Ho partecipato a tante riunioni e posso dire che i creativi erano veramente frustrati. Quasi mai difendevano le loro idee. Si limitavano a scuotere la testa o a rimanere in silenzio. Non avevano argomenti? Non l’ho capito. Nella terza azienda, quella nella quale avrei voluto rimanere, sembravano tutti matti. Persino la segretaria del capo commentava ad alta voce i nuovi progetti. Le riunioni erano delle battaglie. I due stilisti e il responsabile marketing se le davano di santa ragione. A volta vincevano loro altre volte gli uomini prodotto. Però mi sono accorto che l’idea creativa in entrata non era mai uguale a quella realizzata. Ma soprattutto i creativi erano sempre coinvolti sia all’inizio che alla fine. All’inizio pensavo di essere capitato in una gabbia di matti. Però devo riconoscere che la costante tensione dava i suoi frutti. Sono passati due anni e parlando con persone che ci lavoravano ho saputo che le prime due aziende nelle quali ero stagista sono fallite o quasi. La terza terza invece si è ingrandita e esporta tantissimo. Tutte erano a loro modo creative. Ma nella terza c’era qualcosa di diverso. Sono tre modi della creatività? Oppure nella terza c’erano altri fattori?
Entrambe le ipotesi implicite nelle tue domande sono plausibili. Nei tre casi che hai descritto troviamo uno specifico posizionamento della creatività (C):
1. L’idea che (C) arrivi e si decida essenzialmente in un “inizio”; 2. L’idea che (C) sia la forma finale; 3. La (C) efficace sta nel mezzo.
Io propendo a pensare che sia “il terzo modo” ad essere interessante, perché presuppone una visione del processo creativo come work in progress nel quale si intravedono momenti di integrazione di intelligenze eterogenee. Tieni presente che non stiamo parlando di un quadro, bensì di progetti moda fatalmente complessi.
La creatività è ciò che ci permette di trasformare in straordinario l’ordinario. È una cosa innata, che ognuno di noi ha, in piccole o grandi dosi. Ogni stile di vita, anche quello più “noioso”, è, in sé per sé, creativo.
Chiunque creda che la creatività si possa imparare, studiare sui libri di scuola, sbaglia, poiché essa è implicita, intrinseca, nell’essere umano: può essere sfruttata in minor o maggior modo, può essere allenata, ma, sicuramente, non si può apprendere dall’esterno, poiché, non essendo un aspetto oggettivo,essa si diversifica in ognuno di noi e, se fino a prova contraria ogni essere umano è diverso, non si può parlare di una sola creatività, ma di più creatività, le quali sono diverse per ognuno di noi.
Per me la creatività è quella marcia in più che rende una persona geniale rispetto agli altri. Tutti la posseggono, ma pochi sanno come esprimerla al meglio. Ti dà la possibilità di creare cose mai viste o di vedere le cose da punti di vista diversi.
Nella stessa parola creatività c’è il termine creare, creare qualcosa che possa risolvere problemi, che possa emozionare. È combinare cose diverse tra loro per ottenere qualcosa di inedito, esplorare, fare esperimenti, leggere tra le righe.
È quel continuo cambiamento che si attua quando si è stanchi di qualcosa, quando si cambia modo di pensare e ciò ci ha portato, porta e porterà al progresso.
Ma una cosa che non tollero è che oggi spesso la creatività viene scambiata con altro o il suo valore viene sminuito. Viviamo in una società dove viene valorizzata solo la creatività di persone celebri o di persone che hanno avuto modo di esporla a un tot di persone; però bisogna anche dire che spesso si sbaglia a tenersela tutta per se stessi.
Articolo molto interessante; mi trovo d’accordo nel dire che la creatività pura non esiste, al giorno d’oggi credo sia praticamente impossibile creare dal nulla specialmente in un ambito come la moda. Credo però che il vero senso di creatività non sia quello di pensare di aver creato qualcosa da zero, ma piuttosto farlo pensare ad altri.
La parentesi sulla paleontologia mi ha un po’ confuso e forse fatto perdere il filo del discorso; però condivido le distinzioni fatte tra creatività impossibile e l’impossibilità della creatività e ho trovato molto interessante il discorso sull’anti-fragilità
La nostra mente ha un bisogno estremo di ordine. I nostri dispositivi percettivi sembrano invece attratti da differenze (che dobbiamo collocare ai bordi dei campi che grazie a regolarità ci donano immagini stabili della realtà). Come mai il sistema mente-cervello si è evoluto in questo modo? Probabilmente è l’ambiente in cui si è sviluppata la vita ad aver scolpito lo strano ordine percettivo che contrassegna la nostra specie. Andare alla ricerca di tracce di questa coevoluzione tra ambiente e l’assetto percettivo che risponde alla sua complessità, ai suoi mutamenti, mi pare importante. La paleontologia individua tracce, sentieri che si interrompono…può sembrare una fantasiosa narrazione. Ma al netto di certezze,verità fatalmente ammantate di metafisica, seguire con precisione le tracce è l’immagine della scienza che mi sentirei di raccomandare a chiunque.
Il termine creatività viene solitamente associato ad un soggetto con determinate capacità artistiche o ai bambini, se si pensa a questa categoria, a mio parere, otteniamo un’ulteriore livello di creativitá, quella pura e incontaminata che solo i bambini possono avere.
Detto questo, come sostenuto nel testo è impossibile non associare la parola creatività al mondo della moda; chi lavora nella moda è fortemente attratto da questo concetto in quanto il pubblico richiede di avere sempre qualcosa di nuovo, se pur si sviluppino solo lievi varianti di un modello giá esistente; quindi fondamentalmente la creatività è molto complessa da applicare in questo tempo, non solo nella moda ma in tutti i campi, in quanto sembra già essere stato creato tutto, per il momento, e vi è un continuo sviluppo di varianti, per questo motivo il concetto di creatività sembra assorbire più valore e allo stesso tempo perderne, perchè lo si utilizza molto spesso, e per questo perde lentamente di significato ma allo stesso tempo diventa sempre più difficile applicarlo.
Il concetto di creatività si è modificato nel corso del tempo, infatti, mentre prima era considerata una dote innata caratteristica di pochi, in seguito se ne è scoperta una possibile acquisizione trasformandola in qualcosa di presente in tutti gli esseri umani, seppure in misura differente. Questa diversa acquisizione secondo me è influenzata dalle capacità più o meno elevate che una persona ha nel saper crescere creativo perché fin da bambini quando iniziamo ad andare all’asilo veniamo sottoposti ad un processo di standardizzazione, di stereotipi che ci vengono insegnati nel corso della nostra vita e essi senza dubbio tendono a frenare la creatività poiché se ad esempio un bambino disegna il sole e lo colora di verde gli viene detto che è sbagliato e di conseguenza la sua creatività viene frenata. Sono molto d’accordo con quanto detto nel testo sul fatto che al giorno d’oggi la creatività pura non esiste, d’altronde ci troviamo in un mondo saturo di qualsiasi cosa dove è molto difficile se non impossibile creare qualcosa di nuovo mai visto prima, credo quindi che sì esista ma in maniera molto ridotta e si limiti alla semplice modificazione di un qualcosa già esistente.
La creatività é una capacità che chiunque possiede e che l’umanità ha sempre utilizzato fin dal principio. L’uomo ha infatti dato prova della sua grande inventiva fin dal principio: per sopravvivenza, per culto e per comodità. Tuttavia questa grande inventiva, se non controllata, puó essere la causa del declino creativo. Penso infatti che oggi come oggi, siamo completamente circondati da idee e progetti incredibili, ma al servizio di chiunque. Dunque spesso un’idea creativa non è altro che un’idea riciclata pensata da altri. L’ispirazione é fondamentale, ma restare ancorati ad un concetto senza mai innovare, significa solo ingabbiarsi. Penso che oggi il creativo sia colui che riesce ad osservare attentamente qualunque cosa, per poi compiere scelte rischiose in quanto mai viste o prese in considerazione, per qualche motivo.
Sono d’accordo che la parola creativo/a indirizzata al fare di una persona su un oggetto o su un pensiero venga continuamente usata in modo errato. Vi è un abuso della parola creativo, del resto come molte altre parole, in particolare della parola “genio” associata spesso alla persona creativa.
La parola creare percettivamente mi da l’idea di schioccare le dita e ottenere qualcosa dal nulla. Sapendo che secondo la legge della conservazione della massa inculcatami dai miei professori di fisica durante gli anni delle superiori “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” ho imparato a maneggiare con cura la parola creare. Creare perciò non può significare nient’altro se non produrre, generare, fabbricare un qualcosa, non per forza di fisico, attraverso l’associazione e l’integrazione di parti, uguali o diverse. Questa definizione però può essere estesa e rigirata come un calzino per ogni situazione.
Quello che secondo me è successo nella moda e nel resto degli ambiti dove si abusa di questa parola è che il creativo sembrerebbe essere semplicemente qualcuno che crea combinazioni nuove e non esistenti, mosso da un motore immobile chiamato “bisogno” . La creatività determina semplicemente la modalità innovativa nel raggiungimento di uno scopo.
Cosi facendo si accosta alla parola creatività la parola capacità definendo cosi il creativo una persona con capacità superiori alla media, magari pragmatica e con un ottimo problem solving.
Questo basta per essere creativi? Si il creativo è qualcuno che ha sviluppato un idea o un pensiero svolgendo passaggi o traendo spunto dalla propria esperienza per sviluppare un idea o pensiero innovativo che possa essere riconosciuto da altre persone. Quando la “creatività” di una persona viene riconosciuta da una moltitudine di persone il gioco è fatto, egli si può ritenere un
uomo/donna creativo/a. Questo discorso è stato estremizzato e allargato in tutti i campi allargando così il significato, spalmato su tutto ciò che odora di novità. Credo che bisogni solo capire le entità di innovazione o rivoluzione che hanno portato queste persone ad essere nominate creative.
Ottimo intervento. La distinzione di livello che abduco dalle tue parole tra: 1. Percezione di qualcosa di creativo; 2. creatività operativa; 3.messa in discorso della creatività…in parte spiega confusione e fraintendimenti tra bipedi parlanti.
La creatività a mio parere serve per risolvere i vari problemi della vita. Essa suppone di organizzare la realtà sempre in forme diverse. È perciò creativo, non solo chi in rapporto a se stesso e agli altri sia originale e sappia utilizzare le proprie conoscenze, riorganizzandole continuamente per superare le difficoltà, ma anche chi, sentendosi libero da ogni limite, sia capace di utilizzare tutte le risorse a propria disposizione per risolvere i problemi che, di volta in volta, si presentano.
La creatività può permettere di “produrre qualcosa di nuovo”, può originare una novità assoluta oppure può riorganizzare elementi appartenenti ad ambiti differenti considerati precedentemente distanti.
La creatività è un qualcosa di aperto e di flessibile, che può cambiare continuamente. Nasce dall’azione, ed è meglio rischiare il fallimento che rinunciare all’azione. In un commento precedente qualcuno scrive “Se tutti sono creativi, nessuno è veramente creativo”, in parte condivido quest’idea, ma allo stesso tempo penso che tutti prima o poi nella vita decidiamo di agire in qualche modo, cerchiamo di evitare un fallimento, vogliamo fare qualcosa per noi stessi o per ciò che ci circonda, stimolando così la nostra creatività e la nostra voglia di fare.
Per secoli si è pensato che la creatività fosse uno strano dono di natura divina che venisse consegnato a pochi eletti, oggigiorno è chiaro che ogni individuo vivente può esercitarla. La creatività dovrebbe andare di pari passo con la Fantasia e quest’ultima non dovrebbe essere utilizzata come sinonimo della prima.
La Fantasia assume un valore reale ogni volta che progetti artistici e architettonici, comprendenti tutti quegli oggetti che ci circondano, hanno precedentemente abitato nella fantasia degli umani. E così entra in gioco la Creatività, che assumendo le sembianze dell’immaginazione, diventa fondamento di una realtà fantastica che grazie all’operato dell’uomo può divenire tangibile.
Sono d’accordo, però il tuo posizionamento dell’azione induce riflessioni. Direi che l’atto creativo in qualche punto del processo che lo concretizza, include l’inazione (per esempio sembra logico supporre fasi dominate dall’ incorporamento di nuove informazioni che fanno emergere riflessioni o, come scrivi tu, fantasie, intuizioni…). Agire alla cieca non ha mai risolto problemi salvo affidarsi alle botte di culo. La creatività come atto auto-referenziale è quasi sempre troppo rischioso. La mia formula piuttosto è: 80% di prudenza, 20% di rischio estremo.
Condivido pienamente il pensiero di quanto sia difficile dare un’unica interpretazione o spiegazione alla parola “creatività”. Declinare il concetto in ogni ambito in cui si può esprimere, allarga infinitamente il panorama sul quale possiamo confrontarci.
La mia personale forma-mentis mi porta ad un fanciullesco ricordo: “Necessità aguzza l’ingegno”. Da questo elementare pensiero posso condividere gli interventi di chi ha commentato in precedenza e dai quali si evince che la maggioranza delle espressioni creative hanno origine da bisogni e credo sia insito in ognuno di noi, non solo in alcuni con capacità superiori alla media.
Ben diverso quando questo esprimere creatività si applica ad attività che vanno oltre alla necessità.
Se pensiamo al mondo della moda o dell’arte , credo sia innegabile la necessità di una “capacità” o meglio “dote” che se non ti appartiene, difficilmente riuscirai ad esprimere.
A questo mio pensiero aggiungerei, che è innegabile come sia oramai tutto scontato e forse per poter essere dei veri e nuovi creativi serve una buona dose di “coraggio di espressione”.
Mi piace pensare a una citazione di Albert Einstein: ” La creatività non è altro che un’intelligenza che si diverte” , la sento molto rappresentativa, e forse anche questo fa della creatività qualcosa che può diventare “rappresentazione del sé ” senza l’esasperazione dell’eccentricità.
Partendo dal presupposto che la creatività è qualcosa che riusciamo difficilmente a comprendere, credo che quest’ultima sia frutto anche di conoscenza. Nel momento in cui si ha necessità di risolvere un problema si cercano soluzioni e quando si trovano, agli occhi di altri sembrano qualcosa di geniale, creativo, ma queste non nascono solo da ciò che possiamo definire come lampo di genio.
“Se ci si libera dal fardello di essere completamente originali, si può smettere di provare a trarre cose dal nulla per accogliere le influenze invece di sfuggirle.”, scrive Austin Kleon in uno dei suoi libri. Le influenze possono essere svariate, qualsiasi cosa che si ritiene interessante può essere utile, prendendo ispirazione, comprendendo e modificando ciò che già esiste si può produrre qualcosa di originale, perché frutto di personali rielaborazioni. Penso che si possa oltrepassare lo stereotipo della creatività come qualcosa di concesso a pochi eletti per poter crescere creativi fin da bambini.
La creatività è una qualità posseduta, in maniera maggiore o minore, da tutti e permette di “produrre qualcosa di nuovo”. Attraverso una formazione opportuna, può essere appresa ed incrementata da ogni individuo, anche se i risultati non saranno uguali per tutti. Infatti coloro che hanno la “capacità innata” di essere più in sintonia con l’emisfero destro del cervello troveranno più familiare utilizzare questo approccio (molti pensano che i creativi utilizzino soprattutto l’emisfero destro, mentre le persone razionali, meno creative, l’emisfero sinistro).
La creatività è un processo fluido e non lineare che segue diverse fasi in un arco temporale che è impossibile stabilire. Dipende dalla situazione, dalla persona, dal contesto socio-culturale e da molti altri fattori.
La creatività rappresenta inoltre un modo di rapportarsi alla realtà, e riveste un ruolo centrale nella ricerca di soluzioni e nell’analisi e nell’ottimizzazione di situazioni e processi.
Secondo me la creatività è la capacità di creare qualcosa di nuovo, o semplicemente di guardare qualcosa di già esistente da un punto di vista del tutto diverso. Non credo bisogna ritenere solamente gli stilisti “creativi”, anche un uomo di business ha bisogno della propria creatività per sfruttare al meglio le sue capacità e le sue intuizioni nel gigantesco mondo del business. Anche se la creatività è definita una dote innata, tuttavia credo che anche nei soggetti più pigri possa essere stimolata. C’è chi è più creativo in determinate situazioni 0 in determinati momenti della giornata, molti grandi artisti del passato erano soliti ricorrere ad una routine per canalizzare la loro creatività. Ammesso che alcuni individui abbiamo una propensione verso le novità, riuscendo a creare qualcosa di innovativo, dall’altra parte penso che se aumenta l’esperienza o la cultura di una persona, anche solamente in un campo specifico, è possibile che aumenti anche la propria creatività.
Se si cerca la parola creatività viene fuori “capacità produttiva della ragione o fantasia di inventare qualcosa di nuovo”. L’articolo analizza la creatività nei secoli e secondo la prospettiva di tutti. Quella data a Ulisse,ad Aristotele,a Michelangelo,a Duchamp,agli stilisti,ai designer… potrei continuare all’infinito. Ma gli unici che hanno fermato la mia attenzione sono stati i greci e quello che per loro era la creatività. Un’attività della mente o un’intelligenza attività. La creatività può essere per tutti, ma solo se ci si applica. Se si studia. Se si ha la conoscenza e si è aperti alle novità. La creatività deve essere nelle mani di chi è pratico e cerca una soluzione senza perdere lo scopo finale. Per questo è rara. La creatività si racconta da sola,si rafforza e lentamente emerge da sola. Essere pazienti. Essere creativi. Essere fragili e incerti contribuisce al suo sviluppo ma solo se sdradichiamo le nostre stesse impostazioni e aspettative mentali, solo se riusciamo ad accettare il fatto che essere creativi è un lavoro che si deve costruire giorno per giorno. Questa è la mia prospettiva fra tante prospettive giuste o sbagliate ma solo a seconda di chi li legge.
Sí, i caratteri che hai elencato sono corretti In generale possiamo dire che ci siamo abituati ad etichettare come “creativo” ogni scarto da una norma. Quindi secondo logica il creativo deve prima conoscere il codice che funziona da standard e poi, secondo determinati aspetti, negarlo.
Ora il vero problema è quanto deve essere ampio lo scarto dalla norma consolidata.
Immaginiamo che sia molto vicino ai codici standard: allora potremmo parlare di una creatività che migliora gli effetti di qualcosa, senza generare traumi.
Possiamo inoltre giocare ad aumentare lo scarto fino al punto di rendere incompatibili gli effetti del processo con le attese derivate dalle norme che funzionano da standard. Avremo allora un trauma percettivo che a livello di fruizione vivrà l’atto creativo come trasgressione, rottura etc etc
Quindi la creatività non emerge da sola ma discende da nostre scelte o preferenze, in parte inconsce ma anche supportate da un fondo di consapevolezza.
Nel ventunesimo secolo, internet e in particolare siti come YouTube o Twitch (sito per guardare contenuti dal vivo) hanno dato la possibilità a chiunque di poter portare un contenuto audiovisivo al grande pubblico. In particolare Twitch durante la recente pandemia è esploso segnando numeri da record. Il fenomeno dei “content creator” è diventato sempre di più diffuso e fonde creatività con intrattenimento. La creatività di questi tempi ti permette di fare successo, ovviamente se ciò che fai è innovativo. Parlando invece di creatività più a livello “spirituale”, Jung sosteneva che l’istinto creativo è ciò che ci contraddistingue dalle altre specie viventi, una sorta di scintilla emotiva che ci permette di creare un qualcosa. Concludo dicendo che a parer mio, la creatività aiuta l’uomo ad esprimersi al meglio.
Ho sempre visto la creatività come un concetto astratto, ma che mi ha sempre affascinata. Non riuscirei a dargli una vera e propria definizione, infondo ognuno di noi la percepisce in maniera differente, parlo sia proprio in generale come concetto, sia per quanto riguarda le diverse fasce di età.
La vera creatività non credo esista più al giorno d’oggi o meglio, la definirei più una nuova creatività differente da quella passata . Siamo troppo sovra stimolati, e conosciamo troppo per non essere influenzati, è molto difficile partire da zero, la nostra creatività nasce dal prendere spunto su qualcosa reinventandolo a nostro piacimento e in base alle nostre esigenze. Ovviamente non nego che esistano menti più creative di altre, c’è chi è più predisposto e chi meno.
Al giorno d’oggi può essere utile? Dipende, grazie ad internet molto è possibile. Anche la cosa che può sembrarci banale potrebbe riuscire a spiccare. Nel mondo di oggi difficilmente si arriva a realizzare qualcosa senza l’utilizzo dei social, diverso da come era un tempo, c’erano meno idee (intendo sul mercato) e meno creazioni, più semplice era farsi notare. Ora abbiamo tutto o quasi, quindi non so se mi affiderei totalmente e solo alla creatività.
Io sono dell’idea che la creatività è la capacità di dare voce alla fantasia, creando cose concrete, o anche semplicemente risolvere problemi in modo differente dalle altre persone, qualsiasi cosa che ti permetta di applicare la fantasia alla realtà, altrimenti rimani una persona fantasiosa, è una cosa molto personale che varia da persona a persona, non esiste una definizione precisa, molte persone dicono che la creatività è una dote con cui nasci, ma io penso invece che è presente in tutti noi, c’è chi è più creativo e chi lo è di meno, ma lo siamo tutti.
Al giorno d’oggi è la creatività è molto influenzata da quello che ci sta in torno, siamo sommersi da informazioni, il che può essere un male o un bene, dipende dai punti di vista, io penso che le migliaia di informazioni che ci sommergono oggi ci diano la possibilità di conoscere di più, e quindi di avere più spunti per inventare, o meglio di reinventare ma allo stesso tempo è più difficile inventare qualcosa dal nulla.
Molti di noi tendono spesso ad associare il concetto di creatività con l’immagine dell’artista, del poeta o del musicista; definiamo “creativa” una persona stravagante che è in grado di creare qualcosa di originale col solo utilizzo delle sue capacità innate, ma non è così. Creatività non è solo questo, non viaggia da sola: per essere presente e prorompente deve esserci anche la conoscenza (acquisita tramite lo studio, l’esperienza o con il contatto con nuove mentalità), e quella conoscenza ti da le basi per poter poi sviluppare qualcosa nuovo.
In realtà sono titubante riguardo il concetto della parola “creatività” descritta nel secondo paragrafo dell’articolo, vorrei infatti esporre la mia opinione: viene detto che il termine creatività è il sostantivo della parola “creare”, ma io ritengo che sia sbagliato e che al giorno d’oggi abbia assunto un significato errato. Secondo me non dovrebbe esistere proprio la parola creare perché letteralmente significa “produrre dal nulla” e, come dice Lavoisier, nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Noi esseri umani non siamo creativi, siamo trasformativi in quanto trasformiamo e non “produciamo dal nulla” perché se il nulla non esiste, non può essere inventato e inventare cose nuove.
Quello della creatività, essendo stato sempre un concetto variegato e misterioso venne in parte svalutato e sfruttato solo per far “titolo” cercando di seguire gli ideali di una nuova societa consumistica sempre più alla ricerca del “nuovo”, ma in un altro senso il suo significato ancora poco chiaro è sfruttato anche per creare a sua volta un velo di fascino che vada a coprire questo nuovo meccanismo non ancora totalmente sviluppato e sempre in continuo progresso.
È molto concreto il discorso che parla della correlazione tra il progresso dell’architettura ed il cervello umano, dato che comunque ognuno di noi nasce in un epoca differente, nella quale poi sarà subito messo alla prova e costretto a stare al passo con i ritmi della società corrente; non essendo ancora ferrata sull’argomento non riserbo critica e rimango anche incredula della correlazione tra tutto il mondo della creatività e tutti quei fattori che spesso si danno per scontati quando si va ad acquistare un qualsiasi oggetto, capo di abbigliamento o si fa una qualsiasi altra attività quotidiana, la creatività è ciò che ci caratterizza sia singolarmente che in gruppo.
Credo quindi, che La persona creativa sia quella capace di ambientarsi e sapersi adeguare passando continuamente di contesto in contesto, creando cosi una capacità di innovazione sempre più maneggevole ed elastica, coinvolgendo cosi sempre più fasce di interesse.
Il punto sul quale concordo maggiormente è quello in cui si parla delle scuole, dato che sono il principale elemento di formazione di tutti noi; focalizzando subito la mente del bambino/ragazzo su un percorso mentale finalizzato alla creatività genuina, si possono aprire molteplici stade interpretative.
Essere creativi è fondamentale per saper inventare cosa nuove e migliorare sempre di più cose già esistenti. Ritengo che sviluppare la creatività sia importante per saper ragionare e proporre così idee di spicco, stimolando il pensiero critico e risolvere problemi, perché per progredire serve essere creativi. Come citato nell’articolo, vorrei sottolineare l’importanza di saper sfruttare un buon brain-storming, utile per mettere per iscritto tutte le idee che ci vengono in mente per poter far lavorare la mente. Per saper sviluppare la creatività penso che occorra anzitutto essere parecchio curiosi e osservare tutto ciò che capita attorno a noi, e svilupparne un pensiero. In ambito tecnologico mi viene in mente la più grande innovazione partorita da menti ultra creative, che permette di unire tutte le persone del mondo: internet e tutti i dispositivi per poterne usufruire.
Vorrei iniziare dicendo che sono d’accordo sul fatto che “l’essere creativi”, come sostenuto dall’articolo appena letto, non sia un dono riservato ad una casta privilegiata di persone bensì qualcosa che esiste in ognuno di noi.
Ogni persona, come si sa, è diversa e diverso è, secondo me, il modo e l’ambito in cui essa sa esprimere la propria creatività.
Credo che in ogni professione si possa essere creativi, che si lavori come stilista o pittore o come allenatore di calcio o economista.
Secondo me essere creativi consiste infatti nell’elaborare idee e costruire con esse un processo creativo, per l’appunto, che possa condurre a qualcosa di migliore, più conveniente o a volte anche più bello a prescindere dall’ambito di riferimento. Che poi la creatività venga riconosciuta solo in alcuni campi quali la moda o l’arte credo sia semplicemente legato a meccanismi e convinzioni ormai ancorati nella società.
Ci tengo a sottolineare però che a parer mio essere creativi non è per tutti facile e tantomeno scontato. Allo stesso tempo sono convinta che ognuno possa imparare ad esprimere la propria creatività ma per fare ciò è necessario conoscere, confrontarsi e imparare costantemente.
Credo infatti che la creatività nasca proprio dalla conoscenza e dalla rielaborazione degli stimoli esterni che ognuno di noi ha a sua disposizione, tutti i giorni.
Concludendo ci tengo quindi a specificare quanto sia importante dare valore all’idea che creativo non è solo il “genio” bensì ognuno di noi in quanto ciascuno può imparare ad attuare un processo che conduca ad un obiettivo più o meno definito sfruttando stimoli e alimentando le proprie conoscenze.
Innanzitutto sono d’accordo nell’affermare che la parola e soprattutto il concetto di creatività vengano usati in modo errato nella stragrande maggioranza in cui essi compaiono e che vengano abusati come accade per molti altri concetti astratti come intelligenza, intuitività ecc.
Personalmente la parola creatività fa pensare all’ideazione di un oggetto o concetto nuovo sulle basi di esperienze e, di conseguenza, tramite l’aggettivo, una qualità attribuita solo ad alcune persone. Anche se questa qualità, secondo me, non è necessariamente “ereditaria” ma può essere sviluppata con il tempo e soprattutto insegnata a quelle persone che pensano di non avere l’apertura mentale per ideare nuovi concetti.
Sinceramente, inoltre, non mi viene da intenderla come la immaginavano i greci ovvero come parte separata dal nous, la vedo più come un’unione delle due componenti, una, integrata e arricchita dall’altra. Sarei più propenso a seguire gli ideali e il pensiero dei cognitivisti poiché penso che, come esponevano loro, la creatività possa essere generata da un’elaborazione di informazioni da cui emergevano dati generanti un affetto sorpresa, infatti la creatività e le idee vengono prodotte a sorpresa; questo non è un processo “volontario” e continuo.
Inoltre il significato può essere interpretato e differenziato tra i diversi ambiti in cui viene nominato, la creatività di un ingegnere, nel risolvere problemi, non sarà sicuramente quella di un artista che dipinge e quella di uno sportivo non sarà quella di uno stilista che progetta nuovi abiti.
Ottimo articolo sulla creatività, e strutturato e diviso in punti, buona organizzazione del discorso che va a toccare varie branche della creatività, dal lato artistico, storico, scientifico, di pensiero, soggettivo ed oggettivo, ho apprezzato particolarmente la parte nella quale si parla dell’evoluzione della creatività partendo dalle origini geologiche del pianeta e dello sviluppo della materia grigia in base al lasso temporale e in base alla quantità di gruppi individui sparsi nel globo.
Sono d’accordo sul fatto che essere creativi proviene da processi primari e che appunto con lo sviluppo di materia grigia abbiamo preso coscienza e perciò quest’ultima va a “rimuovere” i processi primari compresa la creatività. Essa è un concetto perverso che l’inconscio spinge a far uscire ma il conscio controlla l’Io. Predisporre una Impostazione mentale nelle scuole sarebbe un’eccellente idea visti i risultati attuali di noi tutti, che ci ritroviamo lanciati quasi senza paracadute nel mondo dell’arte senza aver sviluppato un metodo di creazione, d’altra parte la tecnica va imparata, come i grandi artisti hanno fatto, per poi “liberarsene” applicando in modo creativo al massimo la loro tecnica .
Creativi si nasce’ è una bufala. Nemmeno gli artisti creano dal nulla. La creatività non è per niente artistica, anche se si può usare l’arte per essere creativi, questi due aspetti non sono legati in modo univoco, il che è un concetto molto interessante. Il bisogno di cambiare ci costringe a inventare sempre nuove soluzioni, dobbiamo sfornare nuove idee, dobbiamo aver voglia di cambiare anche solo di un punto qualcosa che è già stato fatto, dobbiamo lasciarci andare ai nostri istinti, dobbiamo rischiare, dobbiamo mettere da parte la paura e buttarci, solo così potremo diventare dei creativi.
È una capacità innata? E’ vero che certe persone sembrano nate con una fervida immaginazione mentre altri hanno bisogno di maggiore allenamento, ma tutti possiamo essere creativi. Penso che essere creativi sia necessariamente un’unione di qualcosa che proviene dall’Io, con altro che invece può essere acquisito dall’esterno. Penso che tutti prima o poi nella vita decidiamo di agire in qualche modo, cerchiamo di evitare un fallimento, vogliamo fare qualcosa per noi stessi o per ciò che ci circonda, stimolando così la nostra creatività e soprattutto la nostra voglia di fare. Ogni bambino inizia il suo viaggio nella vita con un potenziale incredibile: una mentalità creativa che si avvicina al mondo con curiosità, con domande e con il desiderio di conoscere il mondo e se stessi attraverso il gioco. Tuttavia, questa mentalità è spesso erosa o addirittura cancellata dalle pratiche educative convenzionali quando i bambini entrano a scuola.
Nell’articolo viene affrontato il tema della creatività, e principalmente ci si interroga su cosa sia questa, se ha una definizione specifica e in un certo senso il suo percorso a partire dall’antichità fino ad oggi.
Ma quindi cos’è la creatività?
Personalmente credo che questo termine non abbia un significato specifico e limitato, anzi penso che il suo significato sia enorme, talmente grande che è quasi impossibile definirlo e limitarlo ad una sola frase.
Nella società attuale questa parola viene usata un po’ troppo frequentemente e forse anche in modo non del tutto corretto; questo probabilmente accade perchè nel corso del tempo e della storia veniva utilizzata la parola “creatività” per definire concetti che avevano significati simili ma che in realtà erano altro, così da generalizzare ed espandere il suo valore un po’ a macchia d’olio senza preoccuparsi se lo si stesse usando correttamente o meno.
Ad oggi non so ancora cosa sia la creatività, molte volte mi interrogo su questo concetto, ma nonostante ciò ho ancora un significato molto limitato che credo breve per definire il suo grande valore.
Credo che tutti abbiano della creatività nel loro essere, e credo che ognuno di noi sia creativo a modo suo; il nostro compito come individui dotati di coscienza e incoscienza, è quello di coltivarla, di aiutarla a crescere senza sopprimerla dentro di noi e farla morire. La creatività non va vissuta solamente in solitudine, ma anche e soprattutto va sperimentata e coltivata con altre persone, in modo da poter conoscere e apprendere aspetti che a noi mancano e viceversa, così da permettere al prossimo di apprendere da quello che noi abbiamo imparato .
Parto con il dire che questo articolo è stato molto interessante e coinvolgente in quanto tratta un argomento molto contemporaneo. Penso che oggi dare una definizione o interpretazione di creatività sia davvero complesso, anche perché io fino a poco tempo fa lo ritenevo un concetto perlopiù astratto e che pochi potevano “possedere”. Ultimamente però sono riuscita a comprendere che la creatività è in ognuno di noi e che grazie alla conoscenza non può altro che svilupparsi sempre di più . Infatti, essa ti permette di generare qualcosa di nuovo partendo da zero o di modificarne qualche particolare. Detto questo però non ne esiste una pura perché appunto anche gli artisti più famosi non creano dal nulla senza ispirarsi alla realtà che li circonda, proprio come accade nel mondo della moda. Si può dire però che la creatività vada a pari passo anche con la fantasia e che ognuno di noi la può sviluppare nel corso del tempo. Per fare un esempio, un bambino a pochi anni di età non è creativo, in quanto non possiede molta conoscenza della realtà che lo circonda.
Quello della creatività è un concetto antico, è sempre stato sinonimo di novità, innovazione spalmandosi in svariati campi tra cui anche finanza, economia ecc. Mi ha colpita la ricerca fatta dai Paleontologi, creare strumenti per vivere e sopravvivere è secondo me un grandissimo sforzo creativo se prendiamo in considerazione il periodo storico e la specie all’inizio del suo percorso evolutivo, in quanto si trattava di inventare un utensile che non esisteva e non di modificare un oggetto della vita quotidiana per renderlo piacevole all’occhio. Per quanto riguarda la moda credo che chi si occupa di questo settore non può essere che un creativo; la moda è arte, è shock, è qualcosa a cui non mettere limiti…ma succede anche che lo stilista “prenda in prestito” le idee di grandi artisti per poi metterle su stoffa e creare abiti ispirati ad opere d’arte pure. In questi casi la creatività appartiene all’artista dell’opera originale che ha inventato dal nulla o allo stilista che ha avuto l’accortezza di sommare due concetti diversi e crearne uno unico e nuovo?
Mi accorgo che nella società odierna viene fatto abuso del vero significato della creatività , attribuendo a qualsiasi sciocchezza, soprattutto se si prende in considerazione il mondo dei social media che trovo siano spesso contradditori e sulla via del peggioramento.
Interessante articolo sulla creatività, molto articolato e approfondito, oltre che stimolante. Il testo mira a sviscerare questo concetto in tutte le sue forme, dalla definizione, agli ambiti in cui viene sfruttata, fino alle origini. La creatività è una parola molto generica che a volte viene riservata erroneamente solo ad una certa categoria, l’arte. Nasce dall’istinto di sopravvivenza, l’uomo antico inventava soluzioni ingegnose e brillanti per far fronte ad una situazione svantaggiosa, ad un ostacolo oppure un bisogno. Le stesse prime forme d’arte nascono dalla necessità di incontrare il favore di un dio o di favorire la fertilità. Chiaramente nella società contemporanea l’aspetto legato alla sopravvivenza non è più esclusivo, le capacità ottenute per merito dell’evoluzione sono perdurate, di conseguenza siamo in grado di applicare questa “potenza di calcolo” in tanti ambiti della nostra società: la vita quotidiana, il lavoro, la scienza, l’arte. Per questi motivi è sbagliato associare la creatività semplicemente al nuovo, all’originalità o all’uscire dagli schemi. Questi concetti possono spesso coesistere in base ai punti di vista, ma la creatività segue un binario separato, in quanto i primi sono legati all’oggetto della creatività, sono variabili e mutano nel tempo, quest’ultima è più un metodo, un processo, non il prodotto finito. Si può tentare di riassumerla affermando che è azione finalizzata al raggiungimento di un obiettivo.
La creatività richiede conoscenza; la creatività richiede esperienza.
Potenzialmente siamo tutti creativi, questo lo credo fermamente, ma non tutti allo stesso modo e non tutti con la stessa facilità.
Per alcuni la creatività può richiedere impegno, per altri è semplicemente una liberazione, un bisogno, una necessità.
Credo che l’infinità di informazioni a cui ognuno di noi viene sottoposto al giorno d’oggi possa complicare il rapporto con essa a chi non riesce a tirar fuori la propria creatività con naturalezza; ma che, al contrario, stimoli e arricchisca sempre di più chi invece riesce a fare di questa il suo pane quotidiano e il proprio grande punto di forza.
L’articolo è stato molto coinvolgente, rimango comunque del parere che Creatività non possa essere racchiusa in una definizione, in quanto non esiste una “Creatività Pura” da poter definire e idealizzare, ognuno ha la propria.
A mio avviso il livello di creatività di una persona è dato in primo stadio dal reddito della stessa. Purtroppo, come in molte altre situazioni, la disuguaglianza sociale incide, e non poco. Dati alla mano scopriamo che la creatività si sviluppa maggiormente in persone che fanno più esperienza, e quindi hanno più conoscienza della vita. Chi ha la fortuna di iniziare e mantenere gli studi ne risulta privilegiato, ma collabora a escludere una grande fetta della popolazione da questa possibilità. A sfavore di chi non si può permettere una retta scolastica, intervengono anche le credenze sociali, che intrappolano e scavano sempre più in profondità la condizione di povertà dell’interessato (pensieri sociali come quello che aumenta la convinzione che percepire un sussidio sia spregevole). Questo processo porta inevitabilmente alla progressiva esclusione sociale.
Esiste un modo per essere creativi anche in tale situazione?
Come ho scritto prima, la creatività deriva dall’esperienza del mondo. Il problema arriva quando ci viene impossibilitata la partecipazione all’organismo sociale che più contribuisce allo scopo. L’unica cosa che in questa situazione può riparare la situazione è la natura della persona: dev’essere curiosa, affamata (non solo in senso letterario) di informazioni, di storie di vita, di pensieri; dev’essere una persona pronta ad accogliere ciò che arriva dal mondo, dalla natura, che siano buone o cattive notizie. Queste persone devono fare leva sugli unici strumenti che (a scanso di deformazioni native) condividono con tutte le altre persone: i cinque sensi. Prendersi cura dei propri sensi e allenarli costantemente provocherà non solo un gran miglioramento proprio a livello sensitivo (che fa sempre comodo), ma anche una maggior capacità di accogliere gli stimoli provenienti dall’esterno, quindi un’eccellente ascolto e modellazione sensitiva che dialoga direttamente con la parte creativa del nostro cervello.
Il mondo è una lunga partita di tennis tra Berrettini e Nadal.
Sono molto d’accordo con la conclusione offerta dal punto 8, in una società come la nostra in cui la razionalità cerca di impostare in canoni quella che ormai è diventata una irrazionalità generale pronta ad esplodere.In tempi così incerti, crucciarsi sul significato delle parole che significano vita per noi non fanno altro che allontanarci dal prossimo e rischiano di farci sentire solo più soli, con un mucchio di parole in mano applicabili al’1% di tutto lo scibile creativo. Se c’è una cosa su cui si deve essere certi oggigiorno è che la creatività in tutto il suo spettro semantico è l’arma per eccellenza dell’essere umano per difendersi dal mondo intero, sin dalla notte dei tempi. La sopravvivenza della nostra specie è dovuta alla nostra capacità di divergere dal mondo animale grazie alle capacità innate della nostra materia grigia. Tutto ciò che fuoriesce in maniera tangibile (deducibile in azione o pensiero) dalla nostra mente è in se creatività, anche se inconscia. Per esempio non possiamo negare l’affermazione che ognuno di noi cammina in modo diverso. Nella misura che, notandone i minimi particolari, nessuno cammina come nessun’ altro ha mai fatto in tutta la storia dell’essere umano. Ancora meglio: ogni passo calpestato nel mondo in questo preciso istante è simile nell’intento ma completamente diverso nell’attuazione da tutti gli altri passi compiuti nello stesso momento e quelli compiuti in tutta la storia umana. Non dovrebbe meravigliarci un affermazione simile, eppure ha dell’incredibile. Non dovrebbe meravigliarci perché in fisica sappiamo che gli atomi non sono appiccicati l’uno all’altro. Tra di loro intercorre uno spazio, tutto questo mentre oscillano e cambiano posizione nello spazio ad una velocità anche essa teorica (molto superiore a quella della luce). Quindi, sempre a livello teorico, è possibile (con probabilità comprendenti una quantità di zeri prossima all’infinito) che la nostra mano nel momento i cui viene appoggiata contro un muro ci sprofondi dentro. Nel senso che in quel preciso istante in cui la parete tocca la pelle tutti gli spazi aperti tra gli atomi accolgono con precisione infinitesimale la materia di cui è composto il muro. Questo concetto, anche se estremizzato, ci fa riflettere su come ogni processo creativo sia indeducibile fisicamente e sopratutto non replicabile applicando canoni. La creatività non è semplicemente ciò che emerge dalla massa dei pensieri di tutti gli umani, questo è un concetto che ci abbiamo cucito sopra forzatamente a causa della cultura e della società di cui dobbiamo esser succubi in qualche misura: perché nati animali sociali moriremo animali sociali. Ma la creatività non è altro che la capacità del nostro misterioso cervello di trovare un modo per sopravvivere in maniera diversa dal giorno prima, per non lasciarci decadere in comportamenti propriamente animaleschi che per natura non sono applicabili sull’essere umano fin da quando il nostro ceppo evolutivo si è distaccato dalla scimmia. La creatività non è una scelta, non è misurabile, non è esclusiva di un piccolo gruppo che ha imparato a sfruttarla meglio di altri. Creatività è vita.
Al giorno d’oggi secondo me la creatività potrebbe essere un modo per alleviare i problemi della vita. È qualcosa di flessibile e che può cambiare continuamente. Tendenzialmente la parola “creatività” viene abusata, senza sapere esattamente il suo significato. Infatti spesso si tende a confondere questa parola con la spontaneità. Creare, e dunque anche creatività, significa produrre qualcosa.
Mi ritengo d’accordo con quanto viene detto nel testo riguardo alla creatività e che quella pura non esiste, poiché al giorno d’oggi è difficile creare qualcosa di mai visto e innovativo.
La creatività non è una proprietà unica, ma è il risultato della complementarietà tra deduzione e intuizione, tra ragione e immaginazione, tra emozione e riflessione, tra pensiero divergente e pensiero convergente.
concetto di creatività si è modificato nel corso del tempo, infatti, mentre inizialmente essa era considerata una dote innata caratteristica esclusiva di pochi eletti, in seguito se ne è scoperta una possibile acquisizione trasformandola in qualcosa di presente in tutti gli esseri umani, seppure in misura differente.
Ognuno di noi esprime la creatività a proprio modo, chi con la pittura, chi col computer, chi con gli scritti, chi con i vestiti.
Se qualcuno mi chiedesse “Cos’è la creatività?” Io non saprei dare una risposta certa; perché per me la creatività è tutto. Tutto nasce dall’idea di creatività di qualcuno.
Io penso che la creatività risieda in ognuno di noi, ma bisogna farla emergere, svilupparla con il tempo, con la giusta disposizione mentale, avendo la mente aperta, e ciò è possibile attraverso l’apprendimento e l’osservazione di ciò che ci circonda, soprattutto visitando altri paesi, altre culture.
A parer mio ogni cosa ed ogni persona potrebbe essere fonte di ispirazione e mezzo per incrementare la nostra creatività, ma bisogna saper cogliere quei dettagli.
Infatti non è obbligatorio creare cose completamente nuove, gli artisti possono riprendere dal passato e aggiungere dettagli propri.
Inoltre penso che certe persone nascano con più talento di altri e ciò permette loro di dare incremento alla creatività.
La creatività è uno strumento estremamente utile in qualsiasi ambito, un elemento (che sia una persona, un’azienda, ecc.) con una buona creatività rappresenta un pozzo di opportunità di fronte ad un problema che richiede una soluzione. Qualsiasi creazione necessita di almeno un briciolo di creatività, di conseguenza i nostri antenati hanno fatto uso di questa “meccanica” del cervello per sopravvivere e migliorare la qualità di vita per sé stessi e per gli altri. Essere creativi significa essere capaci, capaci di realizzare qualcosa di nuovo, migliorare quelle esistenti e saper rispondere alle intemperie che l’ambiente ci lancia contro, questo però si riceve dopo un’esposizione alla storia, bisogna conoscere il passato per costruire il futuro, anche se l’uomo ha la memoria breve…
L’articolo in questione tratta l’importante ed immenso tema della creatività.
Ultimamente se ne parla spesso, spesso senza sapere effettivamente che cosa sia.
Il concetto di creatività è qualcosa di flessibile, che cambia in continuazione, infatti, ha subito diverse modifiche nel corso degli anni, in passato era considerata una dote innata posseduta da pochi.
Oggi, cercando su internet il significato del termine “Creatività” leggiamo la seguente definizione:
“Capacità produttiva della ragione o della fantasia, talento creativo, inventiva.”
Tale definizione ci permette di capire che la creatività sembra essere a disposizione di tutti.
Sono d’accordo riguardo all’affermazione:“L’abuso del concetto astratto “creatività” come un sintomo della sua mitizzazione.”
Sono d’accordo in quanto penso sia errato attribuire la parola “creatività” ad ogni tipo di novità. D’altro canto, però, non sono in grado di fornire una definizione precisa al termine creatività, in quanto il tema è ampio e ricco di sfumature.
Per conclusione, credo che in ognuno di noi ci sia un minimo di creatività, ma emerge solo quella di chi è in grado di mettersi in gioco, di sperimentare, di imparare, di esercitarsi, di sbagliare e di migliorare.
Terminata la lettura di questo articolo si è amaramente rafforzata in me l’idea che effettivamente al giorno d’oggi i termini “creativo” o “creatività”, riferiti a colui che agisce su un oggetto, un concetto o un pensiero, vengano impropriamente utilizzati e riutilizzati.
A primo impatto, quando penso al creare nella mia immaginazione si accendono immagini ideali come con un semplice schiocco delle dita si possa dar vita a un qualcosa nuovo. Di fatto però non posso non pensare che “nulla derivi dal nulla” e quindi cerco di soffermarmi un po’ di più nell’utilizzo di questa parola.
Creare è sinonimo di agire su oggetti materiali o immateriali, su concetti o dogmi di pensiero al fine di introdurre novità e migliorie, con un’impronta personale. Nel mondo della progettazione e quindi del design o della moda, l’aggettivo di creativo sembrerebbe essere attribuito a colui che escogita il modo migliore di risolvere un problema o soddisfare un bisogno. Questo collegamento implica però un’associazione tra il concetto di creatività e quello di capacità restringendo a “pochi eletti” la possibilità di rientrare nella suddetta categoria.
In opposizione a ciò porto la seguente riflessione:
riportate nell’articolo vi sono le definizioni di diverse personalità storiche riguardo al concetto di creatività; tra queste voglio evidenziare quella dei greci: creatività intesa come “attività della metis”, la mente, l’intelligenza pragmatica. Riflettendo su questa spiegazione posso concludere che il vero requisito per la creatività sia la conoscenza, conoscenza del passato, delle tecniche di lavorazione, delle materie prime, del pubblico e il ragionamento che può scaturire da questa conoscenza portando così alla creazione/ realizzazione di qualcosa di nuovo.
A parer mio la creatività è un’insieme di emozioni e sogni che attraverso moltissimi strumenti si può trasformare e realizzare qualcosa di concreto.
Quest’articolo mostra quanto sia difficile “etichettare” in modo preciso il significato di una parola inconsistente e imprecisa come la creatività e mi ha spinto a riflettere su ciò che significa per me questo termine tanto usato (spesso anche a sproposito). La creatività è per me quel processo che, partendo dalle nostre conoscenze, ci porta a trovare una soluzione innovativa. È un impulso, un’idea nuova che nasce nelle nostre menti da cose già conosciute e ci porta, quindi, a combinare gli elementi a nostra disposizione per creare un qualcosa di nuovo. Questa visione è affine alla divagazione paleontologica presente nell’articolo, infatti, così come gli uomini primitivi ci hanno mostrato la loro creatività nelle soluzioni da loro adottate per risolvere problemi vitali per la loro sopravvivenza (come procacciarsi il cibo o difendersi da animali e parassiti) così, anche oggi, la creatività ci aiuta a trovare soluzioni alle più svariate problematiche (nell’ambito del marketing, della moda o anche nell’ambito bancario). È un processo continuo, che parte da un’intuizione e che, idea dopo idea, ci porta trovare una soluzione preferibile (poiché, appunto, da idea può nascere idea). Proprio questo concetto è alla base del brainstorming, tecnica utilizzata da molte aziende come punto di partenza per la creazione di nuovi progetti. A mio parare la creatività deriva anche dal nostro bagaglio culturale, infatti, più cose conosciamo, più cose abbiamo visto e più esperienze e contatti abbiamo avuto, maggiori saranno le cose a cui potremo attingere per creare qualcosa di innovativo. Come affermato nell’articolo, elemento importante per lo sviluppo della creatività è anche la ricchezza di rapporti. Relazionarsi con nuove persone, anche provenienti da etnie e culture diverse, ci porta, infatti, ad ampliare i nostri orizzonti e ad aprire la mente alle novità. A volte, però, per essere creativi dobbiamo dimenticare tutto ciò che conosciamo, dobbiamo distruggere le nostre certezze e crearne di nuove; ciò si ricollega alla visione del pittore francese Henri Matisse, il quale affermava che “la creatività richiede coraggio”. Secondo Matisse, inoltre, la creatività richiede anche una giusta dose di intelligenza emotiva; bisogna quindi saper gestire le proprie sensazioni (che siano negative o positive) in modo da trovare il coraggio di essere sé stessi poiché, essere diversi è un punto di forza e non una debolezza.
Ottimo intervento. Suggestiva la citazione di Matisse.
Dopo aver definito la parola creatività soggetta ad un abuso linguistico viene sviluppato un ragionamento molto complesso che più che condividere come pensiero, mi fa ragionare su come si può sviluppare un progetto nel tempo. Cambiando o rivoluzionando completamente la linea creata precedentemente, seguendo o meno il mondo economico/finanziario, risolvendo problemi ai quali ci troviamo davanti. Perché per due milioni di anni l’uomo in Africa non ha dato segni di progresso? Perché non ne necessitava. aveva l’unica priorità di sopravvivere, quando ha iniziato a capire che poteva avere dei vantaggi sviluppando degli strumenti per cacciare ha azionato un meccanismo mentale basato sulla ricerca della comodità e tutt’ora sta andando avanti.
Io credo che la creatività sia molto soggettiva: ognuno di noi ha un modo di esprimersi e comunicare, c’è chi come è espresso nel testo una creatività scintilla, quindi un dono, ma io credo che la creatività vada coltivata nel tempo.
Non credo ci sia un processo scientifico dietro la creatività di ognuno, ci sono dei processi psicologici e di incentivazione alla creatività, ma non credo si possa misurare o prevedere, appunto per il paradosso che viene esposto nel testo.
Condivido completamente il punto 5 dove spiega come la creatività è necessaria per le aziende e i brand per espandere la propria immagina in concomitanza con i temi attuali, quali sostenibilità e innovazione e trovandoci in un momento molto delicato nell’ambito ambientale, oggi ci si ritrova a dover abbinare la creatività alla sostenibilità per trovare delle soluzioni a favore del nostro Mondo affinché pian piano si possano riscontrare dei miglioramenti.
Considero la creatività un modo per esprimersi usando la propria immaginazione liberamente, usufruendoci al tempo stesso della nostra intelligenza ed approfittando delle conoscenze apprese.
Esistono molteplici modi per essere creativi.
Uno dei più grandi geni nella storia dell’umanità, Leonardo Da Vinci diceva “sviluppa i tuoi sensi, soprattutto impara a vedere”.
Parte tutto da un’idea, un sogno, un concetto che ancora non esiste, è da qui che inizia un processo creativo.
Al giorno d’oggi si è sfatato il mito della creatività come qualità rara presente in pochi soggetti.
Io credo che sia presente in ognuno di noi ma sono fermamente d’accordo sul fatto che vada coltivata/stimolata giorno per giorno, non è qualcosa che sboccia quando meno te lo aspetti, ma rispecchia secondo me più una differente visione del mondo e un cambio di prospettiva che ci fa sentire vivi, pensare fuori dagli schemi e uscire dalla propria
comfort zone.
Questo concetto vorrei approfondirlo grazie a un detto cinese che affermava:
“se paragonassimo gli uomini a un onigiri e le loro qualità a una umeboshi (prugna) queste si troverebbero sulla loro schiena!
Essa è diversa in forma, colore e gusto da individuo a individuo e proprio perchè si trova sulla schiena nessuno può vedere la propria,
per quanto stupenda sia, può vedere soltanto il riso bianco, mentre è più facile vedere quella degli altri.”
Guardando nella società odierna e soprattutto nell’ottica dei social network la maggior parte delle persone tende a seguire le tendenze o ad avere le stesse idee della massa e sono davvero rare le persone che vanno contro corrente e si fidano del proprio giudizio.
Ho inoltre riscontrato che la mente creativa è molto più stimolata a creare quando svolgiamo attività favorevoli alla nostra personalità o che semplicemente ci appassionano e che influenzano la nostra sfera sentimentale.
Se cogliamo questa combo abbiamo più possibilità di avere successo anche in ambito lavorativo per esempio.
Tutti noi possiamo dire che da piccoli il tasso della nostra immaginazione era smisurato, crescendo abbiamo limitato questa capacità, ma abbiamo appreso nuove conoscenze (elemento fondamentale per il processo creativo).
Infine voglio esprimere la mia gratitudine nel vivere in un mondo così vario e continuamente stimolante, dove posso arricchire il mio bagaglio culturale a cui attingere per creare.
Solo una perplessità: “onigiri” e “umeboshi” sembrano parole giapponesi non cinesi. Tuttavia è possibile che un antico sapientone cinese abbia citato le due metafore utilizzando per esse il giapponese. Però doveva essere un vero rincoglionito per non pensare che con un semplice “kagami” (specchio) chiunque di noi può vedere benissimo la propria schiena, compresi eventuali colorate gobbe qualitative.
Non sono d’accordo per me il “creativo” e chiunque sappia far emozionare, posso essere anche creativi anche i manager ma senza far finire una maison in scandali assurdi come il questo momento Balenciaga.
Creare non sta solo nel formare una gente ma nell’aprire la mente delle persone.
Per me Leonardo,Michelangelo e Raffaello non sono solo abili scultori e pittori ma persone che hanno saputo guardare oltre.Se togliamo alla creatività l’arte del sorprendere non ci stupiremmo più di nulla anche nel quotidiano .
A parer mio la creatività è una cosa che abbiamo fin dalla nascita, ognuno la esprime a modo proprio ed è soggettiva (per me una cosa può essere creativa come per un’altra persona può non esserlo).
Col tempo e con la conoscenza la creatività aumenta, come scritto nell’articolo, gli uomini primitivi, che in base alle loro conoscenze e alle loro esperienze di vita hanno creato delle soluzioni per sopravvivere.
La creatività non è solo creare qualcosa di particolare ma anche creare soluzioni ai problemi di tutti i giorni.
Io ritengo che qualsiasi persona possa essere definita creativa, perché in ogni persona c’è la voglia di fare e anche creare cose nuove.
Essere creativi vuol dire cambiare le cose che si hanno o farle nascere dal niente per creare grandi cose che posso aiutarci nella vita o anche semplicemente valorizzare (come può essere la moda), seguendo un percorso unico e personale, per questo, secondo me, creativo è sia la persona sia il percorso che ci permette di arrivare ad al risultato.
Al giorno d’oggi la creatività si ricerca in tutto, sia in ambito di moda sia nella semplice vita di tutti i giorni, per questo la creatività comprendere ogni settore e ogni persona.
Per me la creatività è quella capacità spontanea o che si è imparata a sviluppare che ci permette di realizzare qualcosa con le nostre mani, ma anche di pensare in maniera diversa, fuori dagli schemi, di trovare soluzioni dove la maggior parte delle persone trova altri problemi.
Quando si parla di creatività, quasi sempre nella mente appare l’immagine di un’opera artistica di pregiato livello, come se l’atto creativo fosse una esclusiva capacità di poche e fortunate persone. La creatività invece è una qualità presente in ogni essere umano a prescindere dal suo livello anagrafico, culturale, lavorativo e anche intellettivo.
Dopo aver letto l’articolo, definirei la creatività come “la capacità di sopravvivere”, è ciò di cui noi ci serviamo per trovare delle soluzioni ai problemi, più una persona è creativa, più è facile trovare una soluzione originale e fuori dagli schemi. Leggendo l’articolo, in particolare soffermandosi sul punto 4, dove si ricerca la strada per risalire ai primi uomini che hanno dato prova nell’essere innovativi, viene espressamente detto che per quasi 3,4 milioni di anni i nostri antenati non hanno lasciato evidenti prove di innovazioni. Secondo me questo in realtà non dimostra che non siano creativi, ma anzi il contrario. Se accettiamo questa definizione di creatività, la prova che gli uomini siano stati innovativi è per il semplice fatto che noi esistiamo, poiché sono stati in grado di sopravvivere, quindi di creare ciò che era essenziale per la loro esistenza. Tralasciando questo, vorrei riallacciarmi all’esempio lampante della connessione tra esigenza e creatività che viene proposto: gli uomini sono riusciti a creare oggetti da taglio partendo da ciottoli di pietra, dando prova della loro creatività per rispondere a un’esigenza imminente. Perciò l’unica riflessione e distinzione che mi verrebbe naturale fare è tra la creatività legata a un’esigenza e la creatività che invece appartiene a un artista, sono la stessa cosa? Secondo me si, perché in realtà le opere che un artista propone corrispondono comunque a un’esigenza, che è quella di esprimere sé stessi, le proprie emozioni. Allora facendo questo ragionamento la creatività diventa qualcosa che hanno tutti, perciò diventa un vero e proprio paradosso definire una persona creativa ed una no. Ma allora la domanda è: chi è un artista? Secondo me esiste una differenza tra quanto una creatività è sviluppata rispetto ad un’altra. Per questo motivo definirei un artista come quella persona che riesce a pensare, a svincolare la mente dai limiti della realtà, in questo modo riesce a creare ed esprimersi in modi nuovi e originali. In sostanza riesce a trasformare ciò che ha creato per rispondere a una sua esigenza, una vera e propria opera d’arte. Considerando in questi termini il concetto di creatività, basato sulla funzionalità, ma anche sull’originalità, secondo me si può definire la creatività come una dote che tutti hanno, ma che a seconda degli ambiti e di come viene manifestata, si può classificare in base a quanto è sviluppata.
La Creatività dal vocabolario della lingua italiana è la Capacità produttiva della ragione o della fantasia, talento creativo, inventiva.
La creatività è uno dei poteri che ti offre la vita, tiene in moto la società di cui ne siamo i partecipanti del gioco, definisce le persone e le personalità che siamo, definisce l’essere, trasforma “l’elementare” in “superiore”.
Ognuno di noi è creativo ha modo suo, creatività viene dal verbo creare.
Ha un importanza strategica come quanto scritto nell‘articolo,caratterizza i connotatiti delle cose,degli avvenimenti e delle persone.
Essere creativi significa distinguersi e lasciare un segno di chi ognuno di noi sia.
Grandi stilisti,designer hanno cambiato stili nelle grandi maison,hanno saputo creare,ideare attraverso la creatività che é uno dei moti e dei valori che mettono in moto un idea o dare vita nuova ad un qualcosa che non aveva le fondamenta.
Io penso che ognuno di noi c’è l’abbia dentro ma che solo in pochi sappiano dargli valore e trovare la distinzione.
Creatività é cambiamento,é rivitalizzare non solo gli artisti o i designer sono creativi ,ci sono diversi modi di creatività per creare.
Penso che la creatività sia la capacità di saper progettare qualcosa di innovativo, sono comunque dell’idea che non esista una vera e propria definizione in quanto è qualcosa di soggettivo che ognuno può interpretare a seconda delle proprie idee ed esperienze.
La creatività è in continua crescita, ognuno di noi può evolvere la propria conoscendo, più conosciamo e più siamo creativi. Sostengo che più conosciamo nuove culture, nuove etnie, più viaggiamo e scopriamo nuovi luoghi e più riusciamo a “liberare” la nostra mente e dare spazio alla creatività.
Per me però può essere anche la capacità di andare controcorrente, di non seguire le tendenze e ciò che piace alla massa in quel preciso periodo storico e per questo condivido la citazione di Yamamoto quando dice: “Non ho mai seguito le regole della moda. Ho sempre scelto strade alternative, strade che mi sono creato da solo. Volevo oppormi al sistema delle tendenze e proporre qualcosa di nuovo. Di solito quando tutti dicono che una cosa è bella, a me quella cosa non piace”.
L’indagine sulla creatività sotto un certo punto di vista è inutile in quanto è impossibile definirla in modo assoluto, sarebbe come porre dei paletti su qualcosa di estremamente libero e fugace.
L’individuo è come un vaso vuoto da colmare, e la creatività possiede questa finalità, fondendosi con il singolo e creando un legame da coltivare giorno dopo giorno.
Tutti possono possederla ma in maniera limitata, in quanto si deve trovare il giusto equilibrio per farla fuoriuscire attraverso la fluidità nel produrre idee, la flessibilità di cambiare la percezione degli schemi mentali, l’elaborazione contenente originalità e una sorta di sensibilità nei confronti delle problematiche all’interno di ogni settore.
Inoltre chi realmente riesce ad allineare tutti questi punti deve metterci la faccia a 360 gradi, il genio creativo si distacca dal conformismo e si libera dagli scemi standardizzati di questa società per certi versi bigotta e retrograda. La creatività è il fuoco che possediamo dentro di noi e che dobbiamo alimentare in continuazione, percependo attraverso i sensi in maniera razionale e fondendolo con l’immaginazione, il sogno e tutto ciò che ne consegue, creando una rete più grande di noi stessi.
Parto con il dire che secondo me la creatività è un concetto astratto, come poi se volessimo osare, potremmo dire che lo è la nostra stessa esistenza. Ritengo infatti che in quanto esseri umani sappiamo molte cose ma allo stesso tempo non sappiamo nulla…per davvero.
Passo poi direttamente al concetto di creatività nella storia: penso che la visione di essa sia giustamente evoluta nei secoli e nelle varie epoche e a seconda della mentalità che le governava. Come cita l’articolo, Raffaello e Michelangelo non si sarebbero mai definiti creativi, questo perché la loro epoca aveva instaurato in loro, nella loro mente, una visione di vita legata al divino e alla praticità dell’uomo. Inoltre non vi era spazio per una totale libertà creativa, i temi trattati nell’arte di quel periodo erano comunque sempre gli stessi, con qualche piccolo primo accenno di personalità dell’artista. Questo però è cambiato molto arrivando all’età moderna, in particolare con il Romanticismo, l’Impressionismo, fino ai giorni nostri.
Mi trovo perciò molto d’accordo con la scelta dei couturier francesi del XIX secolo, di definirsi “creatori di moda” per differenziarsi dai sarti unicamente artigiani. Penso che effettivamente la creatività si debba in un qualche modo differenziare dall’artigianato, ma una cosa non esclude l’altra. Spesso le due cose coesistono in modo armonioso e molti creativi nel corso della storia sono stati anche abili artigiani. Personalmente attribuisco all’artigianato l’agire fine a sè stesso, in un’azione che di per sè di creativo non ha nulla, fino a quando non si inserisce in quella stessa azione un qualcosa di non sperimentato prima, qualcosa di concepito individualmente. Ecco che allora l’artigiano può essere anche creativo.
Alla parola creatività associo invece il manifestare l’immanifestato.
E’ proprio nel momento in cui, nella storia, ci siamo staccati dall’estrema razionalità dei programmi imposti prima di noi, dai modelli già esistenti e dai paradigmi mentali formati nella nostra mente e tramandati nelle generazioni, che abbiamo veramente fatto la differenza nella storia dal punto di vista artistico. Un esempio lampante furono i futuristi e i dadaisti.
Nel momento in cui ci distacchiamo dai limiti della razionalità la creatività si sprigiona o quanto meno è libera di manifestarsi e se siamo predisposti mentalmente perché essa agisca, saremo creatori. Quindi penso che le persone più creative al mondo, quelle che veramente innovano, siano quelle che hanno la capacità rara di estraniarsi consapevolmente o anche inconsapevolmente, dalle proprie costruzioni mentali dettate dall’esterno.
Penso che sia anche per questo che molti artisti nel corso del loro operato hanno fatto uso di sostanze stupefacenti durante i loro periodi più creativi, perché queste gli permettevano di sconfinare in una libertà mentale assoluta, simile a quella notturna che ci porta alle visioni oniriche. Penso che ci siano persone che riescono a toccare certi stati mentali naturalmente, diversi da quelli delle droghe, ma che comunque gli procurano una libertà mentale tale da far sì che quel che ancora non è esistito possa venire alla luce attraverso la loro arte/il loro essere diventando innovazione, novità.
A parer mio la creatività è un elemento che si può riscontrare in ogni individuo. C’è chi per natura ha una mente maggiormente creativa che gli permette di ragionare in funzione di essa più facilmente, e chi invece necessità di una preparazione tecnica che gli permetta di esplorare il proprio lato creativo. In entrambi i casi per essere creativi bisogna conoscere ciò che ci circonda, dunque l’ignorante, ovvero colui che ignora, non si informa e non si interessa del mondo circostante non potrà mai essere un vero creativo.
Essere creativo inoltre non significa solo pensare e creare grandi cose, ma anche riuscire attraverso l’ingegno a risolvere piccoli avversità della vita quotidiana.
Inizialmente viene messa la parola “creatività” in stretta relazione con la parola “innovazione” (cosa che ritengo del tutto giusta) anche se non sempre qualcosa di creativo può essere considerato innovativo; ad esempio nella moda, soprattutto ad oggi, vengono riproposti capi già “inventati” in precedenza, ma ciò non implica che non ci sia creatività dietro essi.
Condivido il pensiero di un commento precedente nel quale si diceva che un manager non è creativo se sceglie un bravo stilista, poiché nel suo lavoro non gli viene richiesta “creatività”, ma strategie di marketing in cui personalmente non ritengo necessario l’utilizzo della creatività, ma di una competenza nel settore e conoscenza di esso.
Quindi si, non metto in dubbio che ognuno di noi sia dotato di una capacità creativa, ma non tutti possono essere definiti creativi.
Concordo sul fatto che la creatività è un processo complesso, individuale e collettivo, non confinabile da definizioni generiche e generaliste.
Piuttosto, la creatività, più che a monte, sta a valle: è l’effetto generato da una proposta innovativa che ex-post viene riconosciuta come tale. Il suo motore primo è il saper “fiutare i tempi”, cogliere in anticipo le risposte a domande latenti ed inespresse dei fruitori, siano essi di moda, di arte, di musica, di tecnologia, di “cultura” in senso lato, umanistica e scientifica.
E’ un po’ come il blocco di marmo intonso di Michelangelo: come diceva l’artista, la scultura esiste già all’interno del blocco; compito dello scultore è rimuovere il marmo in eccesso, mostrare al mondo ciò che già c’era, ma che nessuno, prima di allora, coscientemente vedeva.
Dunque, non si tratta di originalità fine a se stessa, di provocazione senza sbocco. Al contrario, è un processo pro-attivo che, evidentemente, poggia sulle qualità innate di una mente che sa pensare oltre l’assodato, il consolidato, la tradizione artistica e scientifica. Ma ciò non basta, la cretività va formata e coltivata; è frutto di intuizione, ma anche di capacità di sintesi delle esperienze e di progettazione del futuro all’interno di un “laboratorio sempre aperto”. Tutto ciò implica un secondo aspetto fondamentale: la capacità di lavorare entro e con un’organizzazione strutturata che sappia porre le condizioni per la sua espressione e, a seguire, sappia cesellare l’efficace messa in campo della proposta creativa condivisa.
Niente si crea dal niente: come scrive Umberto Eco nel 2004, la creatività è ars combinatoria: la capacità di combinare in maniera inedita elementi che già esistono.
Per me la creatività è la capacità di un individuo di combinare ragione ed immaginazione, in modo da produrre qualcosa di nuovo o rinnovare qualcosa di vecchio.
Perciò, diversamente da quanto si crede, la creatività non è una capacità innata, ma il risultato di continui stimoli esterni.
Essa si trova più facilmente in quelle persone che sono capaci di trovare collegamenti tra pensieri e oggetti .
Bisogna considerare il carattere sociale del pensiero creativo, infatti, un pensiero creativo colpisce, in quanto originale, secondo la comunità che lo giudica, di conseguenza, oltre al fattore di originalità, si devono aggiungere delle regole condivise che fanno in modo che la creatività non sia arbitraria.
Il tutto sta nell’abbattere le regole per svilupparne di migliori.
per superare una regola bisogna però prima conoscerla. Dunque, la creatività non si può sviluppare senza conoscenza, competenze, preparazione. il nostro cervello non è capace di pensare “nel vuoto”, ma si accende quando c’è un problema da risolvere o un ostacolo da superare; come vediamo nel testo, con lo sviluppo del pensiero creativo dalla nascita dell’uomo fino ad oggi.
Per quanto concerne l’emisfero creatività e moda, penso che anche in questo caso le due cose siano collegate tra loro.
La creatività è un importante strumento di creazione di valore, d’altro canto il lavoro creativo può non trovare un perfetto allineamento con le effettive opportunità di mercato.
Nella moda ai creativi, è garantita una autonomia e indipendenza maggiore che ai progettisti in altri settori industriali.
La maggiore autonomia è motivata sia da ragioni culturali: l’atto creativo è visto come risposta ad una necessità interiore, che da ragioni economiche: l’originalità che deriva dall’indipendenza dei creativi è il motore delle scelte di acquisto dei consumatori.
Tuttavia, se si vuole parlare di unicità, la creatività antifragile messa in atto da Yamamoto è uno dei migliori esempi, di come, a volte la mente di un creativo sia in grado di elaborare qualcosa di unico, che susciti il desiderio del consumatore e non la necessità.
E se è vero che la creatività porta al successo; chi è una persona creativa, e cosa vuol dire creatività.
Ciò viene spiegato proprio in questa breve indagine sulla creatività, partendo dal vero significato della parola ovvero creare.
Creare significa produrre dal nulla qualcosa, ma come dice nel testo non è esattamente cosi, perché la creatività avrebbe a che fare con i processi primari, rimossi a scopo difensivo dalla coscienza del soggetto; quindi potremmo dire che il creare parte dalla nostra coscienza.
Alla fine degli anni cinquanta e i sessanta del novecento questa parola viene associata alle novità, innovazioni e mutamenti.
Mentre ai giorni d’oggi come dice nel libro di Stefano Bartezzaghi la creatività la si vede come un concetto astratto.
Tutti noi possiamo essere creativi questo e un dato di fatto siccome come esseri umani siamo capaci di creare cose nuove.
Ho trovato molto interessante questa indagine che spiega come e nata è evoluta la creatività nel corso degli anni tramite fattori sociali, economici e culturali.
Confermo che chi lavora nel modo della moda deve essere creativo, perché e proprio da quella che deriva l’indipendenza dei creativi ed è il motore delle scelte di acquisto dei consumatori.
Io sono dell’idea che la creatività sia qualcosa che si è imparato a sviluppare fin dalla nascita, che ci permette di realizzare qualcosa di innaturale grazie alla forza del pensiero, quindi non sono dell’idea che questo aggettivo venga utilizzato solo esclusivamente per definire una persona più acculturata di un’altra
Sono d’accordo sul fatto che il termine “creativo” sia ormai utilizzato con molta leggerezza non attribuendogli il giusto valore che in realtà possiede, spesso la si sente pronunciare verso persone che non hanno sviluppato niente di nuovo, e a parer mio questo fa perdere valore alla parola.
Penso che una persona creativa sia colei che riesce a d’andare oltre, grazie alle sue conoscenze, e crea qualcosa che altri non immaginerebbero.
La creatività è in continuo mutamento e si plasma in base alle società che si susseguono a seconda delle loro necessità artistiche o scientifiche.
Penso che la creatività sia necessaria per il successo in tutti gli ambiti, perché una persona creativa è per me una persona che si distingue trovando soluzioni e innovazioni nel proprio settore, quindi a mio dire sono creative personalità come Freud o Marinetti ma anche Ado Campeol inventore del tiramisù.
Non penso che la creatività sia qualcosa di innato, ma penso sia qualcosa che per la maggior parte si sviluppa nei primi anni di vita di un’individuo, magari più che sviluppare la creatività in se si sviluppa, in base a ciò che ci circonda, una predisposizione alla creatività.
Sono convinta però che la cosa più importante se si vuole sviluppare la propria creatività sia la conoscenza, solo cosi si può creare qualcosa di nuovo, (se non veniva inventata la ruota ora non ci sarebbero le macchine).
Nell’ambito della moda quindi penso debba essere creativo sia lo stilista sia chi lo sceglie e gestisce l’azienda, perché a sua volta deve essere una sorta di visionario che riesce a capire cosa può o non può funzionare per raggiungere il suo scopo.
Ho capito solo dopo quasi 2 ore leggevo che “Breve indagine” fosse un modo ironico per far capire che questa questione delle origini della creatività richieda ben più di una BREVE indagine. Ad ogni modo…
Per quanto mi riguarda Alessandro Michele e Demna Gvasalia hanno cambiato i mondi di stile delle due rispettive maison in meglio dato che probabilmente, c’era la necessità di “stravolgere” e la richiesta (dei clienti) di un qualcosa/ uno stile nuovo, allontanandosi finalmente dalle radici fondate che si stavano portando dietro da troppi anni, come poi si è potuto notare le loro fantastiche idee hanno portato senz’altro un incremento sotto, immagino, tutti i vari aspetti aziendali delle due maison.
Ho apprezzato molto il passo storico e sopratutto al legame tra CREARE e CRESCERE, ammetto di non averci mai riflettuto, ed effettivamente pensandoci condivido la strettissima unione tra le due.
Dopo aver analizzato l’indagine penso comunque di rimanere nella cerchia di coloro che sostengono la Psicoanalisi, ovvero che la creatività “avrebbe la valenza di un sintomo e i creativi sarebbero tutti un po’ perversi.” appoggio fortemente questa versione e questa visione di creatività, sono dell’idea che sia una vera e propria dote con la quale ci si nasce e non tutti sono fortunati ad esserne in possesso.
Sono un pò incredulo riguardo l’obbiettivo di poter riuscire, con i giusti metodi ed i giusti mezzi,a far diventare qualcuno che non nasce con questa dote, un individuo capace di impararne ed acquisirne la visione e di persino poterla utilizzare quando serve.
“Sbagliare momento e modo significa in realtà ucciderla.” questa frase mi ha colpito, perchè pensavo… (smentendo quello che ritengo sia giusto), poniamo il caso quindi, che chiunque su questa terra sia un creativo, mi viene da dire che:
chi ne è in possesso riuscirà (per sua natura?) a cogliere sempre il giusto momento e modo, invece per chi non ne è in possesso continuerà ad “ucciderla” per sempre.
Ero abbastanza fiducioso, mi stavo rispecchiando in diversi aspetti di un creativo, fino a che non arrivo a queste parole “Ma Gabora ritiene che lo studio delle persone creative di oggi ci dia un indizio essenziale. Il pregio di queste persone, spiega, è avere la testa tra le nuvole. Quando affrontano un problema, lasciano vagare la mente, in modo che pensieri o ricordi ne evochino spontaneamente altri. Queste libere associazioni facilitano lo stabilirsi di analogie e producono pensieri originali e innovativi.”, quindi mi chiedo… Non sono un creativo “di natura”?
Proviamo ad usare le parole immaginazione e immaginario. Tutti sono in grado di sviluppare fantasie e proprio tutti ogni tanto hanno la testa nelle nuvole. Non credo sia una spiegazione considerarla qualcosa di innato. Preferisco l’idea che in un sistema mente-cervello a un certo punto dello sviluppo della soggettività, prima dell’acquisizione del linguaggio emerga una funzione autonoma rispetto alle percezioni primarie che ci restituiscono il sapore delle realtà, Molti chiamano questa funzione “immaginario” e la facoltà ad esso correlata “immaginazione”. Ora chiediamoci, immaginario/immaginazione sono una condizione necessaria alla creatività? Rispondiamo pure di sì a patto però di aggiungere: “non sufficiente”. Perché? La dimensione creativa di una sequenza di azioni ci costringe a uno strenuo confronto con la materia espressiva che mette a dura prova le nostre acquisizioni tecniche sia che le direzioniamo verso la maestria e sia che ne dichiariamo il fallimento. Qui non è in gioco solo l’immaginazione bensì il lento e duro lavoro su se stessi per raggiungere la padronanza del mezzo che abbiamo scelto e delle materie che dobbiamo manipolare.
Sostenere che essere creativi dipenda soprattutto o solo dal talento mi pare riduttivo e poco rispettoso del duro lavoro che i creativi conclamati spesso ci ricordano quando ci raccontano le loro vite. Ma c’è un’altro aspetto che tendiamo a sottovalutare quando tiriamo in ballo il talento. Essere creativi rappresenta un costo che qualcuno deve sostenere e quindi implica una ricerca di risorse. Qui entrano prepotentemente nel gioco le chances e ciò che chiamerei l’intelligenza operativa. Avere delle chances significa che fortuna e caso incidono non poco sui processi creativi. L’intelligenza operativa è forse l’arma più preziosa che il nostro cervello/mente se ben allenato, può offrirci per trovare chances e non soccombere all’inevitabilità del caso.
Allora, per farla breve, ho elencato talento, immaginazione, tecnica, maestria, rischio, caso e intelligenza. Perché il talento, cioè la più imperscrutabile tra queste dimensioni dovrebbe avere un ruolo decisivo? Come nasce questo mito? Cosa spiega?
Sono completamente d’accordo per quanto riguarda la visione dinamica della creatività, che però non saprei se definire causa o effetto della rapidità dei tempi odierni.
In un mondo in continuo movimento e cambiamento, con movimenti e cambiamenti casuali, la creatività Antifragile sembra l’unica che riesca a sopravvivere e che abbia senso di esistere.
Un altro concetto per me fondamentale è la presenza di almeno un briciolo di capacità creativa, che allenata in maniera opportuna può crescere.
Per questo sono d’accordo con ciò scritto nell’articolo.
Le scuole odierne (al di fuori forse delle scuole d’arte) non danno la giusta importanza alla creatività, e così facendo non permettono il suo accrescimento.
Condivido il pensiero che il concetto di creatività non sia riconducibile solo al mondo dell’arte, ma anche a tutto il contorno.
Anche se è difficile ridurre questa parola a una semplice definizione, penso che ognuno di noi abbia intrinseco in sé un significato o per lo meno un’idea su cosa possa esprimere questa parola.
È anche vero che fino ad ora non avevo mai pensato alla possibilità di porre la creatività come parte integrante di un processo e non solo come idea iniziale o anche proprio il fatto di distinguere tra creatività scintilla e creatività possibile.
È sempre comunque necessario rapportarsi con gli altri per avere sempre nuovi spunti ed essenziale è anche l’assetto mentale di ognuno di noi, che ci permette di incorrere eventualmente nel rischio, sperando si trasformi in anti-fragilità o comunque in un vantaggio competitivo.
La creatività. La creatività secondo il mio punto di vista è un’abilità che tutti quanti hanno, sin da bambini. Non esiste uno più bravo e uno meno bravo, ma solo uno che nella sua creatività, tira fuori tutte le sue “conoscenze“ e le mette in pratica in tutti i suoi progetti (che sia nel mondo della moda ecc…..). Molte volta la gente ci pone questa domanda: È più creativo il bambino o L adulto? Secondo me sono “creativi” tutti e due. Nonostante il bambino conosca meno “cose” rispetto all adulto, ma anche nel suo piccolo
Mondo il bambino può creare cose creative .
Penso che la creatività sia un mondo vastissimo che, ognuno di noi, interpreta in maniera molto personale, non ci dovrebbero essere regole perché poi alla fine la creatività può essere qualsiasi cosa che facciamo, pensiamo e creiamo.
Cito una frase che ho letto in rete e mi ha colpito molto: “La creatività è l’arte di sommare due e due ottenendo cinque”. – A. Koestler
Effettivamente trovo molto vero questo concetto, tutti noi possiamo tramutare le nostre esperienze in qualcosa, senza troppe regole e schemi.
Seguendo l’etimologia della parola creatività = “creare” “produco” “crescere”, mi pare evidente che ai giorni nostri si sia snaturata completamente la sua essenza, risucchiata dai grandi brand del tech o della moda. La parola “creatività” è e sta diventando un’altra keyword in bocca al tritacarne del marketing.
A parer mio, quando un creativo si sente tale, già smette di esserlo, è bene che non lo sappia. Dovrebbe essere una specie di problem solver curioso di tanti aspetti e con la capacità di trovare la soluzione all’esigenza nella maniera più efficiente possibile adoperando al meglio il cosiddetto “pensiero laterale”.
Con l’estrema velocità di un mondo iper produttivo che non ha tempo da perdere è come se fosse diventata una specie di spada di Damocle per progettisti o creativi o maker o qualsiasi altra figura in ambito aziendale. Creativi che molte volte, vengono spremuti della loro creatività e poi rimpiazzati da altri più freschi.
Sempre più spesso tra le figure ricercate si cercano persone “creative” che vuol dire tutto e niente, utilizzando questa parola come specchietto per allodole in più sensi. I lavoratori che si sentono creativi, o che ambiscono ad esserlo, il più delle volte sono richiamati da questa parola perchè vi ci vogliono sentire. E di conseguenza anche i fruitori delle aziende che si propongono come progressiste, il tutto per essere sempre appetibili per i propri clienti.
Probabilmente una volta, non so quando, la parola creatività poteva avere il medesimo significato di progresso, ma sicuramente oggi non è esattamente la stessa cosa.
La creatività, avrebbe bisogno di tempo, di essere condivisa, in modo da convogliare al meglio tutte le energie/pensieri possibili, così da esprimersi al massimo del suo potenziale.
Sì hai ragione: oggi la creatività non può più coincidere con l’idea di un irrefrenabile progresso. La sua parte oscura impegnata nella distruzione del passato, delle tradizioni è ben evidente. Eppure non possiamo farne a meno. Ci occorrono livelli di analisi più articolati rispetto alle semantiche che discendono dal suo uso ordinario.
Sono dell’idea che alcune parole, come in questo caso “creatività” non debbano essere compresse in una definizione rigida, ma che il loro significato debba essere lasciato all’ interpretazione delle persone stesse.
Sappiamo per certo che l’uomo è da sempre un essere creativo, in grado di dar vita a delle innovazioni e questo c’è noto grazie ai reperti storici che che sono rimasti intatti per anni.
Proprio come scrisse Heather Pringle, la creatività si è evoluta con il passare del tempo, potremmo dire quindi che come noi non “nasciamo imparati”, ovvero che appena nati non sappiamo già tutto, questo valga anche per la creatività.
Solo conoscendo al meglio ciò che ci circonda e vedendo le cose da una prospettiva differente, possiamo essere creativi.
Proprio come è scritto nell’articolo sono d’accordo con l’affermazione che la creatività non è solo una questione d’intelligenza, ma di ricchezza di rapporti, è importante venire a contatto con culture ed etnie diverse così da poter allargare i nostri orizzonti.
Ad oggi penso che sia ancora difficile etichettare la creatività e forse è giusto così, ma sono allo stesso tempo convinta che si faccia un uso spropositato della parola.
Una mia idea è che non sempre la moda è creativa, ci basti pensare che ora nel 2022 sono tornati di moda i jeans a vita bassa degli anni 2000 o le calze colorate che ci fanno fare un tuffo negli anni ‘60.
Gran esempio di creatività/ astuzia e d’originalità, a mio avviso è stata quella messa in atto da Coperni nella sfilata primavera-estate 2023 tenuta durante la Fashion Week di Parigi.
Il brand nasce dalla visione creativa e futuristica di Sébastian Meyer e Arnaud Vaillant, che si sono concentrati in modo particolare sulla ricerca dei materiali, come nel caso della minibag in vetro o delle giacche in neoprene.
Ma quello che ha lasciato tutti a bocca aperta è stato il gran finale, che ha visto protagonista la modella dell’anno Bella Hadid che è stata cosparsa di un spray, il Fabrican, che a contatto con l’aria e il corpo della modella diventa un vero e proprio capo.
La creatività per me è un modo di esprimere le proprie idee e i propri ideali, è un modo di affrontare la vita in un modo inimitabile, non sarà mai uguale ad un’altra persona.
La creatività è un qualcosa di aperto e di flessibile, che può cambiare continuamente.
Essa ci permette di esprimerci al meglio e pensare fuori dalle righe.
Ci sono persone più portate alla creatività di altre, ma non vuol dire che altre non possano impegnarsi nell’esserlo.
Usare la creatività significa mettere insieme le informazioni in maniera diversa così da generare nuove soluzioni.
Quando parliamo di creatività è estremamente difficile da definire come concetto, e forse è giusto non definirla… Ma cosa posso dire sulla creatività? Innanzitutto concordo con l’idea che la creatività è di tutti. L’essere umano, come scritto in questo articolo, ha sempre avuto “l’istinto” creativo. Penso sia la creatività uno degli elementi fondamentali che ci distingue dalle altre specie viventi sulla terra. Ma la creatività può essere sviluppata, attraverso le conoscenze infatti, a parere mio, se una persona possiede più conoscenza, ha più elementi da combinare insieme, come tasselli di un puzzle. Così facendo riuscirà a creare qualcosa di veramente unico e originale.
Ai giorni d’oggi questa parola è spesso e volentieri usata a sproposito e troppo frequentemente.
Personalmente credo che la parola creatività non abbia un significato preciso, anzi penso che possa variare di situazione in situazione e che è impossibile da definire in una sola frase.
Potenzialmente siamo tutti creativi, ma non allo stesso modo perché ogni essere umano è diverso; per alcuni essere creativo potrebbe essere un gioco da ragazzi, una cosa che gli viene naturale, mentre per altri potrebbe volerci un po’ più di sforzo per tirar fuori un’idea geniale e creativa.
Quindi credo che la creatività sia contenuta in ogni individuo, e che ognuno può e sa esprimerla a modo suo.
Essere creativi significa essere intelligenti e capaci, capaci di realizzare qualcosa di nuovo, migliorare quello che c’è già e saper rispondere agli stimoli del mondo, ma questo può accadere solo se si è a conoscenza della storia, bisogna conoscere il passato per costruire il futuro.
Io penso che la creatività faccia parte di ognuno di noi sin dalla giovane età e che nel corso della nostra vita abbiamo imparato ad esprimerla a modo nostro e in ambiti differenti. Quindi noi tutti siamo creativi , basta solo capire come e dove farla emergere.
Il concetto di creatività sembra avere un significato ben articolato che potrebbe modificarsi a seconda della tematica in cui questo viene inserito. Molto spesso viene associato al concetto di ‘creazione’ e di ‘nuovo’ se si pensa ad un aspetto piu’ materiale, si pensi ad esempio alle giacche destrutturate di Giorgio Armani, oppure associato al significato di ‘genio’ se rapportato invece ad una persona, come potrebbe esserlo per la moda Alexander Mcqueen .
Pensando alla storia, il concetto di creatività venne a lungo associato a quelli che un tempo venivano definiti ‘pazzi’. Lo stesso Sigmund Freud confermo’ il fatto che la creativita’ potesse inoltre essere un sintomo della pazzia in quanto noto’ come molto spesso i grandi motteggiatori mostrassero ‘una personalità’ scissa, con predisposizione alle malattie nervose’. Mi viene quindi in mente, in tale circostanza, una definizione di creatività intesa come un costrutto che permetta di uscire da quello che viene comunemente associato al concetto di “normale”. Ma che cosa e’ “normale”?
Molto spesso si sente parlare di “problem solving” come la capacità di una persona di far fronte ad un problema. Tale aspetto sembrerebbe essere associato al funzionamento cerebrale del lobo frontale, in particolare del lobo orbitofrontale, definito, per le numerose connessioni con tutte le strutture cerebrali, come centro di controllo del nostro modo di comportarci e di agire. Di norma il problem solving ci permette di affrontare dei problemi secondo le regole che ci sono state insegnate o di cui abbiamo conoscenza, si pensi ad esempio alle operazioni matematiche. Osservando tale sistema mi sorge una domanda: E’ possibile che la creatività possa nascere da un modo differente di problem solving? Un modo di pensare e di operazionalizzare che si distingue dalle comuni abilità di affrontare delle difficolta’? Secondo tale pensiero sembrerebbe che la creatività nasca solo da situazioni di difficolta’, e se fosse davvero cosi’, e’ possibile che la creativita’ non sia un elemento innato che appartiene solo ad alcuni ma sembrerebbe essere un aspetto che tutti possono avere distogliendosi dei comuni ideali affrontando i diversi problemi secondi punti di vista differenti.
Non ho mai pensato alla creativita’ come caratteristica distintiva solo di alcuni individui, ma penso che tutti abbiamo un qualcosa di creativo, un qualcosa che permetta di distinguersi dagli schemi a cui siamo abituati. Tutti quindi possono a loro volta creare ed essere geni, anche se non sempre questo puo’ essere riconosciuto dagli altri, questo però non vuol dire non essere creativi.
Sono convinta che la creatività sia una capacità produttiva suscitata dalla razionalità, dalla fantasia o dall’inventiva, che ognuno di noi possiede, in grandi o piccole parti. Inoltre permette di creare e pertanto modificare, ciò che viene considerato “banale”, in qualcosa di straordinario.
La creatività, quindi, si può esprimere tramite sistemi differenti, e perciò riesce a trasgredire i canoni imposti dalla società per formarne atri più competenti e convenzionali.
Un esempio di un brand di moda che va contro la critica e il pensiero della società di questo secolo, è Moschino. Nelle sue collezioni rappresenta lo stile in maniera umoristica e ingegnosa, rimaneggiandola, a tal punto di rendere libera ogni scelta di stile e colore.
Sono giunta alla conclusione che il termine “creatività” non è altro che un modo per esperimenterò le proprie emozioni mediante l’immaginazione, la curiosità, associazioni tra idee, al fine di ottenere risultati originali ed efficaci.
La creatività è un aspetto che contraddistingue l’uomo dagli altri esseri viventi. E’ la capacità di porsi domante per affrontare e risolvere problemi, avere una mente elastica e aperta. Può essere una caratteristica di pochi individui la capacità di generare idee e nuove visioni, ma anche un ragionamento collettivo creato da più menti, lo scambio di più idee.
Bisogna prestare attenzione a non abusare di questo concetto e non additarlo a tutto ciò che è assomiglia alla novità, innovazione e mutamento.
La parola creatività può avere diverse sfaccettature a seconda dei periodi storici e popoli che hanno provato a darle una definizione rigida; ed è qui che si trova il problema. E’ una parola che ha un carattere enigmatico che diventa il suo punto di forza, crea in noi dubbi quindi produce fascino.
Trovo interessante il concetto di creatività anti fragile. Avere il coraggio di proporre la tua offerta creativa per quanto strana o azzardata che sia. Non si possono fare previsioni certe sul successo o sulla domanda del marcato. Ovviamente un’azienda non può sempre ragionare in questo modo, ma ogni tanto il rischio può diventare un paradossale vantaggio competitivo.
L’articolo mostra in modo molto ampio le componenti che portano allo sviluppo e alla maturazione della creatività, evidenziando che questa non si possa definire, etichettare ed ingabbiare in un unico significato e neanche limitare ad un solo contesto, come ad esempio quello artistico.
Gli aspetti che condivido profondamente, come molto impattanti sulla creatività, sono sia l’influsso socio-culturale, sia la peculiarità dell’essere umano che è caratterizzato da capacità nel creare cose nuove e desiderabili, perché dotato di un pensiero critico legato alla propria personalità ed alle caratteristiche proprie della persona.
A mio avviso l’essere umano, come soggetto pensante, è portato ad essere quello che è a causa delle esperienze che vive. Freud sostiene, ad esempio, nella prima topica della sua teoria sulla personalità, che questa è divisa in 3 strutture: conscio, preconscio e inconscio.
Egli afferma che la creatività è una risposta positiva a un desiderio inconscio infantile, di natura prevalentemente sessuale, che è stato frustrato e poi rimosso – cioè dimenticato – dalla mente; in poche parole sostiene che la creatività è frutto della sublimazione di energie scaturite da una situazione frustrante, e del loro ri-orientamento in una direzione produttiva. In questo modo l’attività creativa diviene non solo socialmente accettabile ed utile, ma anche fonte di gratificazione per la persona.
Quanto detto avviene quando la consapevolezza che si debba venire a patti con le situazioni e inventarsi delle vie di uscita, si sostituisce al bisogno di appagare qualsiasi desiderio in modo immediato e incondizionato.
Condivido il fatto che possano esistere degli individui più talentosi di altri, ma, la chiave, che ci porta ad essere in grado di sviluppare un processo creativo, è sicuramente ampliare la nostra conoscenza entrando in contatto con altre etnie e altre culture e, soprattuto, vivendo relazioni nuove capaci di portarci ad avere una visione più globale della realtà. Jung, infatti, sostiene l’esistenza di un profondo legame tra il manifestarsi della creatività e la psiche che si trasforma attraverso le esperienze che vive la persona.
Devo ammettere che dopo la lettura di questo articolo è aumentata la quantità di dubbi che ho nel concretizzare il macro tema della creatività in sé.
Personalmente sostengo la creatività e il creativo siano due cose differenti; La creatività può essere presente in ciascuno di noi,in modo più o meno evidente/percettibile, esercitando la nella vita di tutti i giorni: per risolvere in modo alternativo dei problemi, nel modo di vestirsi, nel modo di rapportarsi, ecc…
Il creativo invece è quel tipo di persona che utilizza la creatività costantemente (si potrebbe dire che la utilizza a 360°) applicandola costantemente nella vita di tutti i giorni. Il creativo non si definirà mai tale perché nella sua ottica di pensiero (che è differente da quella di una persona ordinaria) si vedrà solo come una persona con ottime capacità in un determinato ambito (per esempio: Armando Testa, Depero, Cappiello, ecc…)
“La creatività è un tentativo di risolvere un conflitto generato da pulsioni istintive biologiche non scaricate, perciò i desideri insoddisfatti sono la forza motrice della fantasia ed alimentano i sogni notturni e quelli a occhi aperti.” sigmund Freud.
A mio parere, la creatività comprende la capacità di scoprire idee nuove e originali, connessioni e soluzioni ai problemi ai problemi. È una parte del nostro viaggio come gli umani che promuovono la resilienza, la gioia scintilla e fornendo opportunità per l’autorealizzazione. Un atto di creatività può essere grandioso e stimolante, come creare una bella pittura o progettare un’azienda innovativa. Ma un’idea non è necessaria essere artistica o in tutto il mondo per contare come creativo. La vita richiede atti quotidiani di ingenuità e nuove soluzioni alternative; In questo senso, tutti possiedono qualche misura di creatività, anche se non se ne renderanno conto. La vita è piena di piccoli momenti che richiedono nuove idee o soluzioni sorprendenti.
In questo articolo si affronta il tema della creatività e cosa essa sia. A mio parere la creatività è parte integrante di noi, uno strumento che ci permette di esprimere noi stessi e ciò che siamo, ci permette di “creare” qualcosa, partendo da ciò che conosciamo, dalla nostra esperienza, da ciò che ci piace e dalla nostra immaginazione. È un’impulso che deriva da noi e dalle nostre conoscenze, molto soggettivo, senza regole o limitazioni. La creatività è ciò che sta alla base di ogni grande invenzione, soprattutto nell’arte e nella moda, collegare idee, spunti, conoscenze, “illuminazioni” e arrivare a qualcosa di nuovo per noi, che magari non avevamo mai fatto o pensato.
La creatività è stimolante, ci tiene attivi e vivi, ci permette sempre di metterci in gioco, di scoprire e di scoprirci.
La creatività è un concetto complesso con molteplici sfaccettature, esso oggi è divenuto un termine utilizzato, futilmente per rappresentare tutto ciò che viene creato e che piace, ad esempio un bambino può disegnare un albero con un colore inusuale e ad esso verrà assegnato il titolo di creativo. La creatività a parer mio è un’abilità che tutti posseggono ma che non tutti sono in grado di mettere in atto (es.ti viene in mente in idea per un bellissimo quadro ma non sai dipingere), questo è un fattore che determina anche le persone più o meno creative, un’altro può essere il livello di creatività posseduto da ciascun individuo che varia in base alle conoscenze culturali e generali di una persona. Dal mio punto di vista la creatività è una dote che va allenata e ampliata attraverso lo studio e la sperimentazione, più si conosce più si diventa creativi perché come hanno fatto artisti dell’antichità, si può prenderne spunto dal passato per creare un qualcosa di innovativo o addirittura rivoluzionario. Concludo riaffermando che il termine creatività va osservato attraverso a più aspetti ma spesso viene dimenticato il suo vero significato e viene ridotta la sua importanza diventando un comune aggettivo.
Cos’è la creatività? Per quanto se ne parli, è difficile definire questa parola in poche righe. Molti autori, soprattutto nel campo della psicologia, ci hanno provato con risultati diversi. Ognuno ha la sua definizione e molte nemmeno si assomigliano
Il tema è sfuggente e ricco di sfumature. Dalle grandi invenzioni alle opere d’arte, dalle scoperte scientifiche al design, da un nuovo metodo di allenamento e da mille altre cose che vedi sul web, si capisce che gli approcci creativi si trovano ovunque. Come nascano è spesso un mistero inafferrabile. Viene accostato a qualcosa di fuori dal comune, quando invece avere un’idea e creare qualcosa di nuovo é una caratteristica umana molto diffusa
La creatività non si esaurisce in un singolo istante. E’ un processo fluido e non lineare che segue diverse fasi in un arco temporale che è impossibile stabilire. Dipende dalla situazione, dalla persona, dal contesto socio-culturale e da molti altri fattori.
In estrema sintesi possiamo pensare a 4 fasi del processo creativo:
Preparazione,Incubazione,Illuminazione!Realizzazione
Preparazione,
La fase di raccolta delle informazioni necessarie per risolvere un problema o per conoscerlo più a fondo. E’ un momento di attenta osservazione e ricerca attraverso fonti diverse,
Incubazione
E’ il momento di profonda riflessione su tutto quello che si é raccolto e sviluppato nella fase precedente.
Illuminazione
E’ la luce che accende la lampadina e ci consegna un ordine imprevisto degli elementi con cui abbiamo lavorato fino a questo momento. E’ l’istante che cambia il corso del processo.
Realizzazione
Se l’idea regge e supera l’entusiasmo iniziale, allora si va verso la chiusura del processo. Non é scontato, molte idee brillanti si scontrano con difficoltà “pratiche” al momento della realizzazione
La creatività è qualcosa di impercettibile che anche secondo il mio parere si trova in quasi tutti i lavori manuali o meno, la creatività è qualcosa di incapibile, qualcosa che è sempre in mezzo a noi: tuttavia la creatività è qualcosa che riesce a svoltare la visione attuale che abbiamo di un qualcosa. per me qualcosa di davvero creativo nella moda è qualcosa che gli altri riguardo un brand non hanno pensato, qualcosa che lo stilista precedente non ha voluto implementare, qualcosa che sicuramente si è già visto in altri brand ma nessuno ha pensato di implementarlo proprio in quello specifico; la creatività è un qualcosa che non esiste ma allo stesso tempo è sempre in mezzo al nostro cammino
io penso che esistano vari tipi di creatività e ognuna di queste è indispensabili nei diversi ambiti come possono essere: design, moda, marketing, economia. in ogni settore è necessaria la presenza di soggetti che possano portare delle novità all’interno del campo in cui lavorano. essere creativi non è facile come può sembrare, per esserlo bisogna avere un grande bagaglio culturale sulle palle, conoscere il passato e approfondirlo.
bisogna anche sottolineare il fatto che viviamo in una società fortemente sviluppata, per cui non è sempre facile esprimere la propria creatività in qualcosa di nuovo, perchè probabilmente già esiste. nonostante questo però ci si può migliorare, puntare sulla rielaborazione di qualcosa che gia esiste sul mercato e reidearla per creare qualcosa che sia, forse, anche migliore.
il termine creatività a mio parere rimane una parola molto generale e che può racchiudere più significati, per cui non ha motivo di essere limitata.
Ritengo che la creatività sia necessaria per tutto ciò che facciamo, serve creatività per avere l’idea giusta, realizzare qualcosa di nuovo ma anche per gestire un’azienda al meglio.
Credo inoltre che la creatività, soprattutto in un ambito come quello del design vada a stretto contatto con quello che può essere definito il “meraki” greco; per meraki si intende innovare con passione, mettere la propria essenza in quello che si fa. Ecco credo che quando una persona riesce a mettere se stesso in quello che fa, con passione e ovviamente consapevolezza e conoscenza, sia sulla strada giusta per diventare una persona creativa.
Sono d’accordo che la parola creativo/a indirizzata al fare di una persona su un oggetto o su un pensiero venga continuamente usata in modo errato.La parola creare percettivamente mi da l’idea di schioccare le dita e ottenere qualcosa dal nulla. Creare perciò non può significare nient’altro se non produrre, generare, fabbricare un qualcosa, non per forza di fisico, attraverso l’associazione e l’integrazione di parti, uguali o diverse. Questa definizione però può essere estesa e rigirata come un calzino per ogni situazione.Quello che secondo me è successo nella moda e nel resto degli ambiti dove si abusa di questa parola è che il creativo sembrerebbe essere semplicemente qualcuno che crea combinazioni nuove e non esistenti, mosso da un motore immobile chiamato “bisogno” .Questo basta per essere creativi? Si il creativo è qualcuno che ha sviluppato un idea o un pensiero svolgendo passaggi o traendo spunto dalla propria esperienza per sviluppare un idea o pensiero innovativo che possa essere riconosciuto da altre persone. Non credo bisogna ritenere solamente gli stilisti “creativi”, anche un uomo di business ha bisogno della propria creatività per sfruttare al meglio le sue capacità e le sue intuizioni nel gigantesco mondo del business. Ammesso che alcuni individui abbiamo una propensione verso le novità, riuscendo a creare qualcosa di innovativo, dall’altra parte penso che se aumenta l’esperienza o la cultura di una persona, anche solamente in un campo specifico, è possibile che aumenti anche la propria creatività.
Io credo che la creatività sia parte della nostra immaginazione, e permette di rendere originario gli “standard” di pensiero costruttivista. Per “pensiero creativo” intendo prendere una cosa, decontestualizzarla e renderla altro (sopratutto nell’ambito artistico). Inoltre secondo me creatività e conoscenza sono strettamente correlate tra loro.
Esistono studi pedagogici che affermano che tutto gira intorno alla nostra mente e che se solo coltivassimo le nostre doti naturali ci sarebbero riscontri del tutto positivi; infine quindi con il termine creatività potremmo definire la nostra intelligenza che si diverte, mettendo insieme più colori possibili.
Io penso che tutti siano creativi, è vero, esistono persone che più facilmente riescono ad esprimere la propria creatività anche senza farsi alcun problema di apparire con la testa tra le nuvole, ma in ogni caso è una parte di noi. Per questo non reputo creativo solo il designer ma anche il team che ha reso possibile la realizzazione dell’idea cercando i tantissimi escamotage creativi che sicuramente ne sono derivati.
Io credo che la creatività sia in ognuno di noi, in forme diverse, ma è presente in tutti noi. Cambia forse il modo in cui la esprimiamo, in cui la facciamo emergere ma spesso non è facile quindi può capitare che in alcune persone sia presente quella scintilla creativa che emerge subito mentre in altre quella forma creativa nascosta che ha bisogno di più tempo per essere tirata fuori.
Probabilmente la creatività che sta in ogni persona dipende ed è spesso influenzata dal modo di vivere di ciascuno: pensiamo per esempio ai rapporti sociali, conoscere altre persone, conoscere idee, pensieri di tante persone diverse ci stimola in noi altrettante ideazioni; oppure pensiamo anche semplicemente alla cultura, alla conoscenza; studiare il passato, in ambito moda per esempio, è importante per avere un punto di riferimento, per prendere ispirazione, per fare qualcosa di nuovo e non ripetere ciò che è già stato fatto e tirare fuori qualcosa di nuovo che sta già dentro di noi.
Non so se la creatività sia presente da sempre o nasca in un determinato momento ma credo che determinati eventi, esperienze della vita di tutti i giorni possano scaturire in noi qualcosa che ci permetta poi di farci sentire quel desiderio che sentiamo di voler tirare fuori. E maggiori esperienze abbiamo e più riusciremo ad essere creativi. Ecco perché l’uomo adulto è più creativo del bambino (anche se spesso si pensa il contrario) perché l’uomo adulto ha già avuto diverse esperienze di vita che gli hanno permesso e gli permetteranno di imparare cose nuove e di tirare fuori qualcosa di innovativo.
Credo che la creatività sia un insieme di tante cose, credo che ciò che può essere creativo per me può non esserlo per un’altra persona ma questo perché siamo diversi ed è per questo che collaborare con altre persone porta ad un risultato ancora più creativo e sconvolgente perché vengono fuori tante idee che magari io in prima persona non avevo mai pensato ed ecco che imparo ancora una volta, ne faccio esperienza, ne prendo atto e ciò scaturirà in me qualcosa he mi farà creare qualcos’altro in un altro momento.
Creativo quindi non è solo chi ha l’idea pronta, lampante in quel attimo o chi crea qualcosa di artistico di un certo livello. Creativo lo è ogni persona, a proprio modo, forma ed espressione diversa.
La creatività può essere definita come la capacità produttiva della ragione o della fantasia, talento creativo, inventiva. Il concetto di creatività si è modificato nel corso del tempo, inizialmente essa era considerata una dote innata esclusiva di pochi eletti, in seguito se ne è scoperta la presenza in tutti gli esseri umani, seppure in misura differente. L’atto creativo non è un evento singolo ma un processo composto da due fasi, una generativa in cui la mente creativa immagina nuovi modelli mentali e una esplorativa in cui vengono valutati questi nuovi modelli mentali e viene scelto il migliore. Perciò la creativtà non è una proprietà unica esclusiva di pochi eletti ma essere è presentente in ognuno di noi, in forme diverse in quanto cerca il mondo migliore di palesarsi in base al nostro essere e alle nostre emozioni. Inoltre essa è il risultato tra emozione e riflessione, ragione ed immaginazione. Ma proprio perchè essa è presente in ognuno di noi ma in forme differenti risulta difficile trovare un definizione universalmente valida di questa parola, può esser definita come la capacità di trovare soluzioni nuove o combinare gli elementi a disposizione per formulare qualcosa di nuovo o ancora trovare nuove idee. Ritengo però di fondamentale importanza la passione che permette di aiutarci nella creatività, in quanto essa non è un processo immediato che ci da risultati nel breve termine proprio per questo una buona dose di passione ci permette di essere costanti nel nostro obbiettivo da realizzare.
Nel corso degli anni, il modo di vedere il concetto di creatività è mutato molto. Veniva considerato come un qualcosa che solo pochi eletti potessero avere, mentre ora viene vista come qualcosa che possono avere tutti, come se fosse qualcosa da acquistare. Io ho sempre pensato, che la creatività fosse qualcosa che appartenesse a tutti, ma che effettivamente non tutti riuscivano a mettere in atto. Ma, sotto un altro punto di vista, mi trovo molto d’accordo con cosa dice il testo, ovvero che la creatività non esiste più. Purtroppo al giorno d’oggi tutti copiano tutti, non c’è più originalità e non c’è neanche voglia di creare effettivamente.
Cosa sia la creatività probabilmente non lo sapremmo mai o meglio non potremmo mai associare un significato preciso se non limitandoci ad un significato da dizionario o al limite ad un pensiero che rimarrebbe soggettivo e variabile da persona a persona (come citato nell’articolo ce chi si definisce creativo e chi no).
Riprendendo alcuni spunti dell’articolo vorrei soffermarmi sulla genealogia della parola ‘’kar-tr ‘’traducibile con “colui che fa’’ che mi rimanda inevitabilmente al bisogno che i nostri antenati avessero di creare qualcosa; Pur avendo un cervello meno sviluppato del nostro creavano oggetti e utensili per necessità quindi in un certo senso erano costretti ad inventarsi nuove forme per la sopravvivenza.
Cercando dunque di formulare un pensiero coeso credo che sia necessario come da lei fatto nell’articolo, separare in due ‘’radici’’ la creatività, quella possibile e quella impossibile. Quest’ultima ha una forma che per il sottoscritto è totalmente irrazionale e quindi inspiegabile anche se sono convinto che venga fuori da un soggetto in maniera inconscia con la voglia e la necessità (che non è quella di sopravvivere) di poter rappresentare e dire qualcosa non per forza in una professione che banalmente definiamo artistica ma magari anche tramite una azione quotidiana eseguita senza nessuno scopo; infine avendo una formazione economista mi piace pensare come ogni ‘’azione creativa’’ possibile adottata da: Direttori creativi, stilisti, manager ecc sia definibile semplicemente come un insieme di strategie per produrre profitto, il che non è assolutamente sbagliato.
La creatività è frutto dell’immaginazione, di ciò che si conosce è di ciò che non si conosce. E’ una caratteristica dell’essere, si possono sviluppare i mezzi con cui si esprime questa caratteristica, non so se si nasce con questa abilità o possa essere appresa. La creatività è frutto dei nostri pensieri, come disse Picasso “non dipingo ciò che vedo, dipingo ciò che penso”.
La creatività è conoscenza, alimentata dalle nostre esperienze percettive.
a creatività è un concetto morbido che può essere inserito in vari ambiti assumendo rilevanza differente. Personalmente credo che ognuno di noi possieda una parte creativa a suo modo sviluppatasi grazie a ciò da cui siamo circondati, dalle nostre relazioni, da ciò che ci attrae di più, essa di permetti di creare o modificare rendendo un qualcosa che prima non era ritenuto speciale in qualcosa di magnifico. Però ci permette di trovare alternative nella nostra quotidianità, di riuscire a far uscire dalla nostra mente e realizzare un qualcosa che ci facilita la routine. Viene citato Duchamp che da vero significato al ready-made ma mi viene in mente un artista come Maurizio Cattelan, artista padovano, che con la sua controversione e creatività realizza un arte zuppa di significato avendo l’onore di esporre al Guggenheim di NY. Ormai la creatività non può più andare a pari passo con l’evoluzione, il progresso, basti pensare all’artista appena citato, “Comedian” ovvero la banana attaccata con lo scotch al muro non può essere ritenuto progresso ma ugualmente è arte creativa. La creatività inevitabilmente necessita competenze, preparazioni perché da lì bisogna creare qualcosa di conseguenza serve conoscere ciò che già esiste, già è comune, non deve generare semplice desiderio o almeno non solo bensì necessità assoluta. Credo anche che questo concetto necessiti di una grande forza d’animo, è una cosa che ha bisogno di essere affrontata con coraggio che forse non tutti i creativi possiedono, coraggio di mettersi in gioco, consapevolezza che essendo una novità non verrà accettata subito o magari sarà qualcosa che verrà direttamente scartato, coraggio di esporre alla società le proprie idee, le proprie innovazioni consapevoli di poter non riscontrare consensi, non è una cosa da tutti. La diversità è sicuramente qualcosa che gioca a vantaggio del creativo talvolta può non essere capita.
La parola creatività nasconde il verbo creare, quindi significa produrre qualcosa. Per quanto talento possa avere un individuo, questo “qualcosa” non viene generato dal nulla. Infatti esiste sempre un punto di partenza, da cui parte il processo creativo attraverso l’elaborazione della nostra mente. Per questo motivo è possibile esercitare e “addestrare” la mente a tale processo.
la creatività è opera di riordinamento e di trasformazione di fatti evidenti che permette di procedere al di là di quei fatti verso una nuova intuizione. L’azione creativa attiva una sorpresa produttiva che può avere diversi contenuti a seconda delle attività nelle quali l’uomo si trova coinvolto.
Per secoli si è pensato che la creatività fosse uno strano dono della natura divina concesso a pochi, ed ora è chiaro che ogni essere vivente può sprigionarla. La creatività dovrebbe andare di pari passo con la fantasia, quest’ultima non dovrebbe essere sinonimo della prima.
La creatività è indubbiamente motore della vita di ogni uomo, non è conferita dall’esterno ma è annidata all’interno dell’animo di ciascuno di noi. È una volontà di creare e di mettere in discussione la realtà che ci circonda. Siamo tutti creativi allora, senza dover scomodare l’ambito artistico e delle arti visive, anche un ingegnere è un creativo, e non ha certo meno dignità di altri creativi. La possibilità di condividere informazioni a grande velocità e di poter immagazzinare enormi quantità di dati sta portando verso una saturazione creativa? È difficile rispondere a questa domanda, in quanto un vero creativo non dovrebbe neppure essere influenzato dall’esterno, non è l’originalità a determinare la creatività, ma la sintonia che c’è tra il creativo e il risultato dei suoi sforzi a definire la qualità della sua creazione. Non sta di certo a noi giudicare la creatività altrui nonostante sia lecito mostrare un apprezzamento e un’inclinazione verso certi artifici dell’uomo piuttosto che ad altri. Faccio notare che la creatività è un moto di vita e per questo non si può classificare come inutile, l’atto del creativo che da forma ad un’idea o ad un concetto è un atto di puro amore verso la realtà che lo circonda e va giudicato come tale, se si vuole giudicare la qualità creativa di una persona ci si può chiedere allora quanto beneficio ne possiamo ricavare nell’arricchire la nostra personale sensibilità e quanto un’idea possa elevare a sua volta la nostra creatività.
Secondo me, la creatività può essere un’abilità acquisita.
È vero che alcune persone hanno esclusivamente questa abilità, ma con un po’ di pazienza e perseveranza, puoi sviluppare questa abilità in te stesso.
Si dice che creativo sia qualcuno che crea un design unico e qualcuno che usa la nuova creatività nella creazione di opere.
Tutti possono essere creativi.La creatività, secondo il mio parere, è da considerare un puro e semplice talento. Tutto ciò che permette, ad una mente di accendersi davanti ad un reale problema o bisogno, è da considerare creatività.
penso che se aumenta “l’esperienza” di una persona, è possibile che anche aumenti in modo direttamente proporzionale l’indice di creatività di questa determinata persona.
La creatività è il desiderio di comprendere ed essere compresi, a modo proprio, la volontà di dare alle cose un significato soggettivo. La creatività è fantasia, capacità di liberare la mente ed elaborare cose del tutto nuove, distaccandosi dalle idee sentite e risentite, così che ogni cosa abbia la propria firma, così che si possa emergere dalla massa a testa alta. La magia che si crea nel pensare a qualcosa di ancora bianco, nullo, ma che si tramuterà in qualcosa del tutto unico, tuo. Senza la creatività il mondo sarebbe piatto, bianco e nero, uguale per tutti, essa infatti ci appartiene. Ogni uomo ne ha bisogno per esprimere qualcosa di personale situato tra il cuore ed il cervello, portando fuori da se ciò che si ha dentro in diverse “forme”. Così da creare il proprio mondo, con sfumature del tutto nuove. Che si distingue dalla noia, ripetitività e monotonia.
Ho trovato questo articolo particolarmente interessante grazie al quale ho appreso diversi modi a me sconosciuti di concepire la parola creatività.
Creatività a mio parere è sempre esistita e non è stata sviluppata solo con l’arrivo dell’homo sapiens. La creatività sta in tutte le più piccole cose del mondo, a partire dagli insetti fino ad arrivare ai fiori e alle piante più particolari della terra.
Facendo riferimento all’essere umano la fantasia è sicuramente un carattere saliente del suo comportamento, in particolare alcuni individui sono capaci di riconoscere nuove connessioni che portano a innovazioni e cambiamenti sempre più radicali.
Principalmente nel settore della moda e non solo, è necessario riuscire a sviluppare idee e pensieri creativi che non risultino banali e poco interessanti agli occhi altrui, soprattutto ai tempi di oggi che siamo abituati ad avere tutto alla portata di mano grazie alle tecnologie ad oggi presenti.
Penso che il pensiero creativo sia tra le skills più ricercate e utili nella vita lavorativa e non, è la capacità di sviluppare nuove idee e di individuare soluzioni creative per risolvere i problemi.
Credo che sia un’abilità che si può sviluppare con il tempo ma come tutte le altre cose c’è chi è più portato di altri.
La creatività a mio parere consiste nell’abilità di immaginare diverse soluzioni allo stesso problema, riflettendo in modo elastico e trovando risposte inconsuete, originali insomma fuori dal comune. Ci permette di esprimere noi stessi, le nostre emozioni, di generare qualcosa di nuovo partendo dalla nostra fantasia e consapevolezza.
La creatività è istinto, ma anche conoscenza.
Trovo che il concetto della creatività stessa sia difficile da spiegare ed analizzare con termini oggettivi, dato che ognuno di noi la percepisce e la esprime in modo diverso. Se penso alla creatività, ciò che mi viene in mente istantaneamente è l’arte: i dipinti, le sculture da secoli lontanissimi, ma anche le più attuali fotografie, la crescita e lo sviluppo della moda, i manoscritti, i libri, le lettere… la storia stessa e il presente sono arte, come lo sarà il futuro, ma tutto questo, alla fine, è solo ciò che deriva dalla creatività.
Quindi cos’è la creatività? Secondo le mie ricerche, la creatività viene definita in vari dizionari, come ad esempio la Treccani come ‘’capacità produttiva della ragione o della fantasia, talento creativo, inventiva”. Non si può negare che essa nasca con l’uomo, siccome da sempre il genere umano è alla ricerca di nuovi stimoli e nuove creazioni, invenzioni e che spesso si possono incontrare persone su questo mondo che sembra abbiano un vero e proprio dono per la creatività, la produzione e l’arte, ma questo perché? Personalmente ritengo che sia la singolarità del pensiero di ognuno di noi, a rispondere a questa domanda. Nessuno ragiona allo stesso ed identico modo di qualcun altro, e semplicemente, molte persone, vengono definiti geni creativi perché più di altri hanno il coraggio di esprimere, a parole o a gesti, la loro visione del mondo, dai più piccoli dettagli a ciò che ancora non si vede, perché non ancora inventato.
Molti di noi tendono spesso ad associare il concetto di creatività con l’immagine dell’artista, del poeta o del musicista; definiamo “creativa” una persona stravagante che è in grado di creare qualcosa di originale col solo utilizzo delle sue capacità innate, ma non è così; creatività non è solo questo. La creatività non viaggia da sola: per essere presente e prorompente deve esserci anche la conoscenza (acquisita tramite lo studio, l’esperienza o con il contatto con nuove mentalità), e quella conoscenza ti da le basi per poter poi sviluppare qualcosa nuovo.
In realtà sono titubante riguardo il concetto della parola “creatività” descritta nel secondo paragrafo dell’articolo, vorrei infatti esporre la mia opinione: viene detto che il termine creatività è il sostantivo della parola “creare”, ma io ritengo che sia sbagliato e che al giorno d’oggi abbia assunto un significato errato. Secondo me non dovrebbe esistere proprio la parola creare perché letteralmente significa “produrre dal nulla” e, come dice Lavoisier, nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Noi esseri umani non siamo creativi, siamo trasformativi in quanto trasformiamo e non “produciamo dal nulla” perché se il nulla non esiste, non può essere inventato e inventare cose nuove.
La creatività ritengo che sia la capacità di aggiungere qualità nuove a cose preesistenti.
Ogni individuo, posto in una comunità e quindi a contatto con altre persone con cui confrontarsi, ha la possibilità di migliorare qualcosa che sta sviluppando nel proprio ambito. Ritengo inoltre che la creatività quindi non sia una cosa intrinseca nell’animo umano, come da lei sostenuto, ma una conseguenza di scambio di conoscenze ed idee tra individui. Questo termine di fatto, lo associo al fare più che al pensare, e quindi è riscontrabile solo nel processo di elaborazione di qualcosa. Nonostante io pensi che ognuno può essere creativo, sono consapevole che il background di conoscenze ed esperienze incidano molto nell’esprimere questa capacità; quindi essendo questa caratteristica sempre più richiesta in ambito lavorativo, lo stato dovrebbe garantire ed incentivare i propri cittadini a viaggiare e studiare all’estero.
Questo per evitare che solo chi ha i mezzi economici possa poi creare una concorrenza sleale.
Al giorno d’oggi vi è un elogio e quasi una divinizzazione di quelle persone come Elon Musk, che attraverso la sua ipotetica capacità imprenditoriale e quindi alla sua capacità creativa, siano riusciti a raggiungere il successo con il mito del self-made man; nonostante in realtà lui sia solamente il prodotto di un tessuto sociale altolocato.
Per concludere l’uomo non crea nulla se non ha stimoli esterni, essendo di fatto un animale sociale.
Nella società odierna a parer mio è difficile parlare di creatività perché tutti si auto definiscono creativi.
Si, è anche vero che noi tutti siamo chiamati ad essere creativi, ma l’atto creativo non è sempre cosciente e ricercato.
Io penso che la creatività sia un dono, e penso che la creatività pura, quella innata sia rara e difficile da trovare.
Nella vita di tutti i giorni sentiamo parlare di creatività in contesti molto differenti tra loro che creano ambiguità in merito a che cosa realmente sia questa caratteristica umana.
A scuola per esempio siamo spronati/spinti a scoprire noi stessi e le nostre potenzialità e di conseguenza siamo portati a sperimentare e a creare.
Come da lei citato nell’articolo, nel settore della moda il termine “creatività” diventa quasi ossessivo.
Lei cita :<>
Appena ho letto queste frasi ho pensato subito ad Hermès e Goyard perché in generale le aziende di moda, e non solo, dedicano cospicue somme di denaro alle attività pubblicitarie per far sì che l’identità e la reputazione della marca vengano mantenute nel tempo. E, per comunicare con il proprio pubblico, utilizzano tutti i canali che hanno a disposizione. Infatti, siamo bombardati di pubblicità su tutti i fronti: sui giornali, in televisione e in radio, per strada e online, sulle pagine web e sui social.
Hermès e Goyard, pur essendo i brand più esclusivi e di lusso hanno deciso di non ricorre alla pubblicità perché la loro mission aziendale è quella di raggiungere un target di un certo livello, un target che non ha bisogno di un reminder per scoprire l’uscita della nuova collezione.
In un certo senso è come se facessero a meno di una creatività che a volte corre il rischio di essere scontata e banale, ma allo stesso tempo la loro creatività sta proprio nel non creare.
A parer mio, soprattutto nel settore della moda, la creatività corre il rischio di essere un’arma a doppio taglio perché c’è il rischio di sprofondare nella banalità ma al contempo si ha l’opportunità di creare qualcosa di davvero unico.
*Lei cita: E’ forse plausibile uno stilista non-creativo?
E’ sostenibile una azienda che eviti di proporsi sul mercato sotto l’egida della creatività? No! Non è plausibile e nemmeno sostenibile. Così la pensano la maggioranza delle marche della moda
Sicuramente negli ultimi tempi si sente sempre di più il termine creatività, basti pensare anche solo a quante professioni ormai contengono la parola creative o qualsiasi altra sua declinazione.
È quindi inevitabile che utilizzando questa parola quasi nel quotidiano ormai, ognuno di noi si sia fatto un’idea propria su che cosa sia la creatività. Ci sono ad esempio persone che sono convinte di non essere creative per niente e che quindi non essendo nate già con questa caratteristica sia tutto irrecuperabile; c’è poi da dire che molta gente fa spesso confusione tra creatività e fantasia.
Io invece sono convinto, e me ne sto rendendo conto mano a mano che proseguo il mio percorso, che la creatività è in realtà qualcosa che è già presente in ognuno di noi, di sicuro in alcuni in modo più evidente ed espressivo mentre per altri potrebbe non essere lo stesso. Questa “base” della creatività credo sia dovuta in parte agli stimoli e soprattutto ai limiti che abbiamo vissuto nella nostra infanzia. Tutto ciò che ci circonda, partendo dalle persone, ha poi definito chi siamo e le nostre caratteristiche. Quindi se un bambino si trova in un ambiente open minded, dove è costantemente stimolato a capire da solo i perché e a trovare soluzioni alternative, allora sarà più propenso a sviluppare un buon livello della sua creatività, che poi ovviamente dovrà essere allenata costantemente.
Perché credo che in fondo essere creativi significhi riuscire a trovare una soluzione, in modo non per forza convenzionale, ma che funzioni. Per trovare una soluzione intendo un insieme di abilità di trasformazione e pensiero critico unito all’esperienza che ci permettono di vedere lo stesso soggetto da un altro punto di vista e raggiungere il nostro obiettivo. Sono quindi d’accordo nel sostenere che la creatività pura non esista, in quanto la vedo più come una modifica a nostro piacimento della realtà che ci viene presentata, per questo è un arma cosi potente. Entrano in gioco sia appunto il pensiero critico per analizzare la situazione e provare a vederla da più punti di vista prima di andare ad agire con le conoscenze che abbiamo vissuto e riuscendo in fine ad adattare in modo CREATIVO ciò che abbiamo imparato al contesto.
Concludo quindi affermando che chiunque è un creativo, magari anche senza volerlo, c’è semplicemente chi spicca di più e di meno, ma in ogni ambito e per ogni posizione lavorativa (relativamente rilevante) è necessario avere una sensibilità creativa minima.
La tua idea che tutti noi abbiamo in potenza una sensibilità creativa minima, è congetturata da numerosi neuroscienziati: il nostro cervello agisce in relazione a disposizioni più o meno rigide, ma in esso troviamo anche territori neuronali privi di assunti, pronti ad accogliere o a formare nuove configurazioni o schemi correlati allo stimolo. È chiaro che, dal punto di vista evolutivo, tra le due reti neuronali si pone il problema del bilanciamento: non possiamo essere totalmente creativi (saremmo morti da un pezzo!); non riusciamo nemmeno ad essere solo efficienti (non ci saremmo evoluti).
Leggendo questo articolo mi sono soffermato molto sulla nascita della creatività fino alla nascita dell’arte contemporanea.
Me li sono immaginati come i due estremi temporali, dove nel corso dei secoli l’arte ha avuto molteplici cambiamenti.
Senza soffermarsi su cosa significhi la parola “arte”, considero “arte” tutto ciò che suscita nell’individuo un interesse, piacevole alla vista o a qualsiasi altro senso, e capace di suscitare emozioni.
Ogni opera d'”arte”, sempre ricordando ciò che ho scritto sopra sul significato dell’arte, dipende, viene influenzata, da ciò che era presente prima della stessa.
Citando l’articolo dove vengono considerati i primi “artisti” gli uomini primitivi, che essenzialmente non avevano nulla da cui essere influenzati, fino ad arrivare agli artisti moderni che sono la conseguenza di tutto ciò che c’é stato prima di loro.
Quindi penso che l’arte non sia solamente da attribuirsi ad una elité di persone capaci di “creare” anche magari in seguito a degli studi, ma bensì un susseguirsi di accadimenti, situazioni sociali, che hanno portato alcune persone a pensare, creare, un qualcosa capace di comunicare, emozionare, a loro volta altre persone.
Non credo che l’arte debba per forza essere qualcosa di innovativo, ma soprattutto qualcosa che riesca a comunicare.
Ogni essere umano è dotato di creatività, perché è una capacità fondamentale che ci permette di dar vita alla nostra immaginazione, anche se non tutti sono in grado di esprimerla appieno. Sono d’accordo con quanto si dice nel testo che la creatività pura non esiste, ma penso che essere creativi significhi anche saper guardare qualcosa che già esiste da una prospettiva diversa, così da ricreare qualcosa di innovativo, e credo anche che la creatività è fondamentale per il Problem solving perché permette di creare soluzioni nuove e stimolanti. Io penso che con la creatività si puo pensare di affrontare la vita in modo personale, diverso dagli altri, sono la nostra storia, e soprattutto l’esperienza, che ci porta ad esprimerla in modi più o meno enfatici. Tuttavia, gli uomini non dovrebbero aver paura di tirarla fuori e di usarla al meglio anche se questo vuol dire andare contro le convenzioni.
La creatività è un dono prezioso che tutti noi possediamo in qualche misura. È una forza che ci permette di esprimere la nostra individualità, di esplorare nuove prospettive e di trasformare il mondo intorno a noi. La creatività ci spinge a superare i confini e a scoprire soluzioni innovative ai problemi che affrontiamo.
La bellezza della creatività risiede nella sua diversità. Ognuno di noi ha la capacità di creare in modi unici e personali. Che si tratti di arte, musica, scrittura o problem solving, la creatività ci offre una via per esprimere ciò che siamo e ciò in cui crediamo.
La creatività è una fonte di ispirazione e di crescita personale. Ci invita a uscire dalla nostra zona di comfort, a esplorare nuove idee e a prendere rischi. Nel processo creativo, possiamo scoprire nuove abilità, sviluppare nuove competenze e nutrire la nostra immaginazione.
In un mondo che è in costante evoluzione e che richiede soluzioni innovative, la creatività è più importante che mai. Ci aiuta a trovare nuovi modi di affrontare i problemi, a pensare in modo critico e a trovare soluzioni fuori dagli schemi. La creatività ci spinge a sfidare le norme esistenti e a cercare nuove possibilità.
Coltivare la creatività richiede impegno e pratica costante. È importante creare spazi e tempi dedicati alla creatività, dove possiamo esplorare liberamente e lasciar fluire le idee. La curiosità, l’apertura mentale e la volontà di sperimentare sono fondamentali per nutrire la nostra creatività.
In definitiva, la creatività è un tesoro che tutti noi possediamo. È una risorsa inesauribile che può portare gioia, ispirazione e cambiamento positivo nelle nostre vite e nella società. Incoraggiare la creatività nelle persone e nelle comunità è fondamentale per costruire un mondo più vibrante, innovativo e umanamente connesso.
Cos’è la creatività?
Beh, difficile da dire, penso che ognuno abbia la propria idea di creatività, un creativo per me è una persona che è riuscita a distinguersi dalla massa, che è riuscita a farsi valere in un mondo ormai saturo di idee e prodotti, una persona che ha saputo usare il suo talento per emergere.
Quando penso alla creatività mi viene in mente un libro in particolare che ho letto vari anni fa, che si intitola “La mucca viola” di Seth Godin. (consiglio la lettura)
Libro a mio parere davvero meraviglioso, interessante e pieno di stimoli.
Parla di come differenziarsi dalla massa possa essere un trampolino di lancio per la propria vita e attività, spiega che, in un mondo in bianco e nero, essere quella persona colorata ti fa fare successo.
La mucca viola è un concetto di marketing infatti, sarebbe quell’oggetto o azienda che ha qualcosa di nuovo, unico e speciale, che nessuno ha ancora visto. Naturalmente è molto difficile riuscire ad essere una mucca viola nel mondo di oggi, dato che ormai, hanno inventato di tutto, ma ciò non vuol dire che sia impossibile.
Chi fa qualcosa di nuovo e “bello”, è spesso visto come un eroe che grazie alle sue intuizioni cambia il mondo, diventa ricco e ammirato.
Ma non è importante solo il talento per poter “spaccare” ma la determinazione, la motivazione, la tecnica e sopratutto la fatica e il tempo sono fondamentali.
Non tralasciamo anche la fortuna e la passione, due elementi molto importanti e non da sottovalutare per la realizzazione del proprio successo.
La creatività inoltre secondo me è un
qualcosa che puoi allenare, non tutti nascono creativi, ma attraverso le proprie esperienze, le proprie conoscenze si riesce ad acquisire.
C’è chi ne ha di più e chi di meno, ma ognuno secondo me ne è provvisto.
Da bambini si è più innocenti e si è molto più creativi rispetto agli adulti
perché si stimola la fantasia e la mente attraverso il gioco.
Crescendo in molti di noi questa caratteristica si affievolisce e per farla riaffiorare di nuovo bisogna avere la perseveranza di allenarla di continuo, per non perderla del tutto.
Per me la creatività è davvero preziosa, quindi, dobbiamo averne cura e cercare di farne buon uso.
“O sei una mucca viola, o non sei nessuno, straordinario o invisibile. A te la scelta”
Cit “La mucca viola” di Seth Godin.
L’idea che ci si debba allenare per essere creativi ha un punto di appoggio nell’ipotesi che tutti (salvo i ritardati mentali) nasciamo creativi. Purché allora la creatività ci appare così improbabile? Potremmo esplorare questo punto di vista: A. La creatività ha bisogno di una costante manutenzione; B. La creatività sbilanciata rispetto un piano di efficenza è fine a se stessa e di scarso interesse evolutivo; C. È la creatività efficace quella che ci cambia la vita (o, in casi estremi, ci permette di rimanere vivi).
La creatività quindi non è una proprietà unica, ma è il risultato della complementarietà tra deduzione e intuizione, tra emozione e riflessione, tra ragione e immaginazione, tra pensiero divergente e pensiero convergente.
Credo nella creatività a disposizione di tutti e che sia alla base della crescita di un popolo a livello morale, sociale e tecnologico ma dubito nella creatività speculativa (tipo quella finanziaria).
Apprezzo il lavoro dei creativi anche nel mondo della moda e dei tanti che sono riusciti a modificare l idea originaria rendendola innovativa.
Per concludere il mio parere, la parola creatività mi affascina e mi incuriosisce perchè è un’idea o un pensiero che si materializza slegata da ogni dogma e terminologia.
La creatività, secondo me, è un qualcosa molto astratto da spiegare, un qualcosa da prendere con le pinze. Prima di tutto sono assolutamente d’accordo che la creatività appartiene a tutti, che a mio modo di vedere le cose significa anche che non esiste un tipo di persona o un grado di importanza di rango che non possa avere o dimostrare di possedere creatività. Ciascuno di noi se si impegna può dimostrare di possederla, a seconda di che cosa fa. La creatività si può dimostrare secondo me sia con i fatti che con le parole, dipende sempre dal settore in cui ti trovi e in che modo la vuoi dimostrare. Non sono d’accordo che la creatività pura non esiste, di certo è più difficile tra trovare o individuare, però al giorno d’oggi penso sia ancora possibile far vedere al mondo di possederla, possedere un qualcosa, che possa pure essere un talento talmente puro da far luccicare gli occhi, così singolare che potrebbe averlo solo una persona su 8 miliardi, che magari c’è nata. La creatività quindi si può definire come una suggestione di idee contemporanee ma diverse nello stesso momento.
La creatività è individuabile in tutto dall’economia e dalla finanza fino ai designer dove questa presenza è più tangibile; però è necessario affermare che il termine “creatività” abbia subito un abuso linguistico.
Partendo dalla sua etimologia sia greca sia latina indica “colui che fa”, si usava creatività per affermare con il linguaggio qualcuno o qualcosa che va formando, creare evocava una crescita e sopratutto un fare generativo.
Nella società industriale la creatività si sdoppia perché da un lato si interiorizza sempre più nelle passioni del soggetto definito creativo, e dall’altro emergono in modo forte programmi di ricerca che ribaltano la visione romantica, quindi non più dominata dal sentimento, ma da un fenomeno con una spiegazione scientifica come le neuroscienze. Questo pensiero governato dalla razionalità trovo subito uno scontro con post-romantci perche essi sono irritati dalla scienza che interviene su un terreno nel quale troppo sapere compromette la libera espressività.
Nella cultura aziendale, però, diventa fondamentale l’attenzione per il pensiero creativo come il brainstorming che è considerata una pratica creativa.
Alla fine poi degli anni cinquanta e sessanta il termine spalanca su tutto ciò che odora di novità, innovazione e mutamento; questo risulta subito un problema, come afferma nel suo libro Stefano Bartezzaghi, perché non solo l’uso disinvolto della parola appare come una difficoltà, ma anche il tentativo di comprimerla in una definizione.
Bisogna anche chiarire che lo scambio tra moda e design, che oggi è scontato, in passato non lo era affatto perché i designer credevano che la moda fosse troppo effimera. La svolta decisiva fu quando da moda si passò a uno “stile di vita” catalizzatore delle responsabilità estetiche di tutti i designer, erano tutti stili differenti ma nel fondo tutte rimandano ad esperienze, percezioni ed emozioni; infatti avere stile significa avere, con il proprio gruppo, un’etica di bellezza con un certo ordine.
Oggi l’oggetto, ciò che crea la moda, deve trasformarsi in un evento, immagini o storie, per questo l’industria degli arredi tende a seguire le tracce della moda, e il design che fa differenza difficilmente è arrivato dietro a foro-funzione, ma trasuda di idee ed emozioni; un esempio e quello della collaborazione di Paolo Roversi e poliform. Si parla di un fotografo che ha realizzato un libro su commissione dell’azienda vista dalla prospettiva dei prodotti realizzati, ed è raro vedere rivista specializzate capaci di farci vedere le emozioni che Roversi riesce a far emergere.
Normalmente le riviste mostrano esemplati perfetti, ma “la perfezione può essere boring”, per questo motivo oggi si parla di narrazione perché ogni scatto suscita interpretazioni che possono planare su territori semantici assai diversi.
Al contrario quando è presente un minimalismo eccessivo non produce passione quindi inibisce la percezione di emozioni, limitando l’esperienza.
La creatività è l’essenza che alimenta l’innovazione e l’espressione individuale. È l’abilità di rompere gli schemi, di connettere idee diverse e di trasformare la realtà. Attraverso la creatività, ci apriamo a nuovi orizzonti, scopriamo soluzioni inaspettate e abbracciamo la bellezza dell’imprevedibile. È un dono che tutti possediamo e che, coltivato, ci permette di trasformare il comune in straordinario. La creatività ci spinge a superare limiti e ad esplorare nuovi mondi, portando colore e ispirazione nella nostra vita e nel mondo che ci circonda.
La creatività è un qualcosa di aperto e di flessibile, che può cambiare continuamente. Nasce dall’azione, ed è meglio rischiare il fallimento che rinunciare all’azione.
Quindi non abbiamo bisogno di cercare la pura creatività, bensì dobbiamo creare, dobbiamo partorire idee nuove, dobbiamo aver voglia di cambiare anche solo di una virgola qualcosa che è già stato fatto, dobbiamo lasciarci andare ai nostri istinti, dobbiamo rischiare, dobbiamo mettere da parte la paura e buttarci, solo così potremo diventare dei creativi.
La creatività ha mille sfaccettature non possiamo pretendere di dare un solo significato o di spiegarla in un solo modo perché ognuno di noi penserà diversamente.
Questo perché la creatività puó cambiare continuamente, a seconda delle azioni che noi svolgiamo, delle occasioni e ambienti in cui ci troviamo.
La conoscenza, l’esperienza sicuramente favoriscono alla creatività, anche per questo è estremamente soggettiva.
Per essere creatività serve un bagaglio culturale ricco.
Poi sicuramente ci saranno persone che sono più predisposte e non devono mettersi troppo di impegno per arricchirsi culturalmente
Creatività e pensiero creativo stanno alla base di un lavoro interessante.
La creativita’ ci fa sentire piu’ umani, ci migliora come esseri umani ci sensibilizza e trasforma le cose attorno a noi.
Lo stilista deve essere un creativo e i grandi creativi sono un arma a favore delle imprese e delle organizzazioni nel posizionarsi all’interno di un mercato sempre più difficile da controllare.
Le collaborazioni degli stilisti con artisti dimostra il legame tra moda e arte molto piu’ stretto di quello se si pensava una volta.
Le neuroscienze hanno tentato di riportare la creativita a meccanismi biologici che scaturiscono dal funzionamento dell’attivita’ neuronale.
Condivido l’uso disinvolto del termine creativo ma e’ anche vero che non e’ facile misurare la creativita’ in quanto puo’ essere soggettiva.
Il concetto di creatività a mio parere è il saper utilizzare la propria potenzialità che la nostra coscienza umana ci permette di tirare fuori. Il prodotto/oggetto che vogliamo mostrare è frutto della nostra capacità e intelletto individuale, accompagnato da ciò che noi riteniamo più coinvolgente e appassionante.
La creatività è soggettiva, perché ognuno di noi ha il suo vissuto, le sue idee, il suo modo di essere e di fare. Chi riesce a creare e a mostrare, una qualsiasi cosa che piace a un pubblico ampio, ha ragione? Nì, perché i gusti delle persone variano e quindi, se a me non piace una moda ad esempio, non è detto abbia torto, anche se sono in minoranza. Una considerazione che penso sia oggettiva, per quanto riguarda la creatività, è la conoscenza delle regole, per due motivi:
1. Aiuta il processo di creazione, sapere.
2. Per poter andare fuori dagli schemi, prima bisogna studiarli.
Copiare può essere visto come una cosa da non fare, ma a parte chi è avanti per il tempo in cui vive (il rischio di essere capiti, quando non ci sarà più, è molto alto purtroppo), chi non lo ha mai fatto? (Volente o nolente) C’è modo e modo ovviamente, quello a cui faccio riferimento sono le variazioni. Quest’ultime sono forse più difficili rispetto al creare da zero, perché si ha già una base di partenza e quindi dei paletti, ma allo stesso tempo possono essere d’aiuto delle informazioni elaborate in precedenza.
La fortuna purtroppo (dipende dai casi) è un altro elemento che centra con la creatività, infatti non sempre chi “merita”, ha qualcosa che vale. Ma se ci pensiamo, cos’è giusto? Cosa no? E’ quasi tutto soggettivo, anche per questo esistono le regole, che provano a dare ordine, in un mondo molto complicato. Si potrebbe parlare all’infinito, ma oggettivamente credo sia solo una la strada: Provare, riprovare e riprovare ancora. La strada è lunga, ma nessuno nasce imparato o creativo.
Ho dei dubbi sulle parole finali di Michele. Noi nasciamo creativi. Penso che gli attuali studi sul cervello delle Neuroscienze vadano in questa direzione. Come spiegare altrimenti il perché la biologia del nostro corpo presenti un numero di neuroni esorbitante rispetto gli usi che ne faremo durante l’intera vita? Che senso ha per l’evoluzione dotarci di oltre 80 miliardi di neuroni per poi utilizzarne poco più di un terzo? Per ora la risposta che ha maggiori probabilità di essere vera, la metterei giù così: la lunga evoluzione del nostro cervello ha preservato la possibilità del sistema biomentale di allargare o addirittura creare nuove connessioni neuronali per inedite differenze delle reti che a livello operativo corrispondono a nuove scoperte. Possiamo tranquillamente usare il termine “creatività” per classificare questa potenzialità offertaci dal substrato biologico. Dal mio punto di vista il problema è il perché nel corso della vita perdiamo o narcotizziamo questa potenzialità.
La caratteristica dell’artista è avere un occhio di riguardo verso l’estetica e l’apparenza di qualsiasi progetto gli capiti di intraprendere. La ricerca della bellezza e della raffinatezza non è affatto scontata se posizionata negli anni di attività di Franco Maria Ricci, in quanto l’intera società del tempo si muoveva verso stili non convenzionali, cercando di superare i limiti classici. Ma proprio per questo motivo il gusto per l’eleganza di Ricci venne notato, divenendo ciò che gli consentì di opporsi al marketing di massa. Dai numerosissimi libri, alla costruzione del labirinto, Franco Maria Ricci ha sempre dato particolare spazio ai dettagli e alla qualità, senza però tralasciare la razionalità dei contenuti. Il labirinto infatti, rappresenta per lui un modo per risolvere il disordine del mondo tramite la ragione, esaltandone l’efficacia. Ma da un punto di vista individuale, il caos della vita difficilmente può essere affrontato con l’intelletto, in quanto estremamente passionale e carico di passioni, perplessità e istinti. Credo inoltre che quella dell’eleganza sia una virtù costante (seppur sottile) che rimarrà nel tempo, anche se verranno intraprese visioni e tecniche all’apparenza lontane. Non si tratta infatti di “vecchio stile” o di una moda da superare, perchè è una ricorrenza sempre costante, in qualsiasi ambito, non solo artistico. Credo infatti che qualsiasi progetto, anche se considerato inappropriato o privo di unicità e bellezza, sia nato sotto una certa ottica soggettiva dell’autore, il quale a modo suo, l’armonia delle forme e delle composizioni, rendono la sua visione ed interpretazione estremamente personale e sensata. Per questo motivo il labirinto presenta un intreccio molto più complesso che la sola ragione umana non può riordinare.
Secondo me la creatività è una capacità di creare con l’intelletto, con la fantasia. Sono del parere che ognuno di noi può avere idee diverse su che cos’è la creatività , su come può essere sviluppata e vissuta nella vita di ogni giorno .
Trovo interessante arrivare alla realizzazione che, prima della lettura di questo articolo, non mi fossi mai posto l’interrogativo sul termine creatività e sulle varie interpretazioni possibili per provare a spiegare tale concetto, ma che avessi sempre dato per scontato di comprendere a pieno la parola. Mi trovo in accordo con l’idea che creatività non significhi necessariamente avere il famoso “colpo di genio” o che essa derivi da particolare genialità del singolo, ma che sia invece combinazione di vari fattori e influenze che vanno a incidere sul processo di ideazione e sviluppo, ad esempio, di una nuova visione artistica per un brand di moda.
Tra le varie teorie elencate, quella che sicuramente mi ha dato una nuova chiave di lettura è quella del concetto di antifragile applicato alla creatività. Concetto che noto avvenga al giorno d’oggi sempre più nella moda e quindi la scelta da parte delle aziende di “rischiare” nel tentativo di attirare l’attenzione delle masse.
Per quanto mi riguarda, anche nella ricerca cinematografica è essenziale esplorare il concetto di creatività, poiché essa abbraccia molteplici sfaccettature che si integrano nel cinema, compresa la moda. Come afferma l’articolo, il cinema può essere considerato una forma d’arte che si evolve nel corso del tempo, ma che conserva l’essenza di raccontare storie e di esplorare mondi attraverso l’immagine e la parola. Uno dei film che rappresenta in modo affascinante il processo creativo è “8 ½” di Federico Fellini. Questo capolavoro cinematografico offre uno sguardo intenso sulla creatività e sull’ispirazione artistica. Il personaggio di Guido, interpretato da Marcello Mastroianni, è un regista esausto e confuso che trova fuga dalla realtà nei sogni e nei ricordi. Il regista Terry Gilliam ha elogiato il film, affermando che riesce a catturare l’essenza di essere un regista, offrendo un viaggio onirico nella mente di chi vive per il cinema.Il cinema ha la straordinaria capacità di raccontare le altre discipline artistiche, come la musica, la letteratura e la filosofia. Questa fusione crea un terreno fertile per l’espressione creativa e l’innovazione. Sperimentando nuovi approcci narrativi, tecniche visive e estetiche, il cinema può offrire una visione unica dei processi creativi, ispirando e coinvolgendo il pubblico in modo profondo.Sono passati almeno 500.000 anni da quando l’umanità ha cominciato a esprimersi attraverso l’arte, ma la volontà di raccontare storie e di esplorare mondi e inconsci rimane immutata. Nel contesto cinematografico, la creatività si manifesta in ogni aspetto della produzione, dalla scrittura alla regia, dalla fotografia alla colonna sonora. È attraverso questa fusione di discipline creative che il cinema può trasmettere emozioni, idee e concetti in modo potente ed evocativo.Come evidenziato nell’esempio di “8 ½”, il cinema può offrire un’immersione nei processi creativi, invitando il pubblico a esplorare mondi interiori e a cogliere l’essenza dell’ispirazione artistica. La capacità del cinema di raccontare le altre discipline artistiche e di integrarle nella narrazione lo rende uno strumento potente per esprimere la creatività e stimolare la riflessione.