Burkini

Burkini

Il costume da bagno islamico è stato uno dei tormentoni di fine estate 2016. Per una intera stagione ha alterato la nostra percezione della realtá. Attraverso un metalogo riscopriamo le passioni polarizzanti che un semplice indumento ha generato tra la gente.

 

22 Agosto 2016. Il gruppo di amici che vi ho presentato nei metaloghi già pubblicati si trova a Cannes in vacanza. La giornata è splendida. Il richiamo della spiaggia e del mare irresistibile. Dopo un lungo bagno, sdraiati al sole, silenziosi e raccolti nei propri pensieri, guardano il paesaggio umano che affolla lo stabilimento. Minnie tiene un libro chiuso sulle gambe, Suzy litiga con gli occhiali da sole che sembrano non trovare la posizione giusta, Sissy smanetta velocissima il cellulare, Johnny sembra incantarsi guardando il via e vai di bagnati che passeggiano ai bordi del mare…

 

Johnny Scorreggia: Ehi! Guardate quella!

( Una donna completamente ricoperta da un burkini passa a pochi metri. Si ferma, accarezza con un piede l’acqua e si dirige verso il mare leggermente increspato da innocue ondiciattole. Quando l’acqua raggiunge le ginocchia si ferma e solo allora rivolge uno sguardo alle centinaia di occhi che la scrutano…)

 

Sissy: Curvyssima! Scommetto che non si depila. Come farà con il sudore? Che schifo!

Suzy: Chissà se è un burkini di Aheda…

Sissy: E chi è?

Suzy: Aheda Zanetti. La stilista che ha inventato il burkini… Mi pare che sia australiana ma di origini libanesi. Credo lo abbia lanciato sul mercato da da po’, ma praticamente da noi se ne parla solo da questa estate…

Minnie: Aheda ha cominciato a venderlo nel 2005/06, credo. Lo ha ideato pensando alle ragazze musulmane osservanti che amavano frequentare spiagge e piscine… Sei religiosa ma ti piace nuotare? Eccoti il burkini cioè una specie di top con cuffia incorporata, fatto con tessuti idrorepellenti, indossato sopra calzoni elasticizzati…Praticamente si vedono solo le mani e i piedi. Una genialata!

Johnny Scorreggia: Cazzo! Però con quello che stanno combinando i terroristi islamici in Francia era inevitabile che il burkini finisse nel mirino. È da un mese che sui giornali e in TV non si parla d’altro. Praticamente ogni giorno opinionisti, filosofi, politici, gente famosa dicono la loro e i giornalisti sono ben felici di dedicargli pagine intere anche se, sotto sotto, di “fatti” o di vere notizie c’è quasi nulla.

Sissy: Nientefatti” dici? Nel senso che nessuna terrorista si è mai fatta esplodere mentre prende il sole?

Minnie: Ti pare che il burkini possa essere utile per nascondere delle bombe? Non dire cazzate!

Johnny Scorreggia: Dipende dove le infili…

Minnnie & Suzy: Ha! ha! ha!…Come sei spiritosooo.

Sissy: Veramente ieri sera mia madre, parlando al telefono di oggi cioè che sarei venuta in spiaggia, mi ha detto che in TV hanno dato la notizia che in Francia il burkini era stato proibito…

Minnie: La mamma drammatizza e generalizza sempre! Non è tutto vero quello che ti ha detto. Ci sono alcuni sindaci che hanno fatto delle ordinanze per proibire il burkini. Ma sono una piccola minoranza…

Johnny Scorreggia ( indicando un gruppo di poliziotti che stanno per raggiungere sulla battigia l’islamica inburkinata): Beh! Saranno pure una piccola minoranza ma forse questa spiaggia ne fa parte. Vediamo come si comportano quelli…

(I tre poliziotti, due uomini e una donna, giunti a pochi metri dalla islamica si fermano e la guardano indecisi sul da farsi. Poi la vigilessa le fa cenno con un gesto della mano di uscire dall’acqua. La spiaggia si fa silenziosa. Persino i pestiferi bambini sembrano all’improvviso devitalizzati. L’islamica muove la testa da una parte e dall’altra. La poliziotta continua a parlarle indicando ogni tanto qualcosa aldilà della spiaggia. Il cartello che riportava il divieto, pensano tutti. L’islamica allargandole, lascia cadere le braccia. I due poliziotti si guardano a ripetizione la punta degli anfibi. Improvvisamente tra i bagnanti qualcuno urla – Retour dans votre pays!-. Un crescente mormorio diffuso copre il regolare andamento sonoro delle onde del mare. Una signora attempata grida – Rend-nous service á tous…Va-t’en -. Alle spalle del gruppo di amici una voce cattiva incalza i poliziotti – Bon, laissez-les…-. Qualche bambino comincia strillare. La vigilessa ora sembra preoccupata. Scambia un rapido sguardo con i colleghi, dice qualcosa all’islamica e poi subito il gruppetto scala il leggero declivio sabbioso che dalla battigia porta fino alle strutture balneari. Da lontano gli amici possono vedere il foglietto della contravvenzione che passa dalle mani della vigilessa a quelle della intimidita islamica).  

 

Minnie: Una scena disgustosa. Cosa aveva poi fatto di male? Questa è pura paranoia!

Sissy: Un divieto è un divieto…

Johnny Scorreggia: Sì certo. E una cogliona è una cogliona. E vai con le tautologie!

Sissy: Cos’è tautologia?

Johnny Scorreggia: È la figura retorica preferita dagli stupidi…

Sissy: Tu stupido…e stronzo…

Minnie: Ehi! Basta! Non cominciate… Io penso che i francesi abbiano problemi più seri del burkini. Come cazzo faranno dei sindaci e dei ministri addirittura, a fissarsi su tradizioni fasulle, completamente inventate, trasformandole, con i loro divieti, in simboli pericolosi…

Sissy: Come completamente inventate? Ma se sono secoli che le islamiche si inburkano! Perché dovremmo accettare che in casa nostra ci siano gruppi di esaltati che costringono le loro donne a buttarci in faccia un simbolo di inferiorità femminile…

Minnie: Guarda che Maometto non ha scritto da nessuna parte del burkini…

Johnny Scorreggia: Che scoperta! L’invenzione dell’abbronzatura è recente. Nei deserti islamici il sole fa male e l’acqua è preziosa. Non si facevano piscine ma abbeveratoi per cammelli..

Minnie: Allora? Non dovrebbe essere prevalente da noi il principio di libertà? Se una donna crede in una religione che proibisce l’esibizione del corpo femminile non ha il diritto di coprirlo anche in non-luoghi che non potevano essere previsti dal profeta?

Johnny Scorreggia: La libertà è importante se non si trascura l’uguaglianza…Se per esibire la tua presunta “libertà” vai in culo ai miei valori, qualche problemino io ce lo vedo! Se ostenti simboli che alludono allo stile di vita promosso da mentalità terroristiche, vai in cerca di guai. Avete visto la reazione della gente? Quella donna è semplicemente scema. Dovremmo fare come da loro. Zac, zac zac cinque frustate, altro che multe…

Sissy: Possiamo considerare le islamiche donne libere? Ma fatemi il piacere!

Minnie: Ehi! Sapientoni! Siamo in Francia, non tra le tribù del deserto! Siamo in Occidente e da noi le scelte di come abbigliarsi sono libere. Difendiamo meglio i nostri valori evitando sciocche vendette o rappresaglie…non si dovrebbero fare ordinanze di questo genere sull’onda emotiva della gente!

Suzy: Quindi cosa dovremmo fare? Accettare l’invasione di gente che sfrutta la nostra ospitalità e chinare il capo di fronte alla loro arroganza? Ma secondo te se ora io stessi passeggiando per Teheran o a Baghdad vestita con le mie minigonne, simbolo della mia libertà, cosa succederebbe?

Minnie: Cosa c’entra Baghdad? Siamo in Francia! Per quella ragazza il burkini poteva essere la sua libera scelta. Cosa ne sappiamo?

Suzy: Secondo te il burkini è un segno di appartenenza all’Islam oppure no?

Minnie: Ovviamente sì!

Suzy: Ti risulta che nei paesi mussulmani le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini?

Minnie: Certo che no!

Suzy: Come fai a parlare di libera scelta quando l’invadenza e l’ossessione nei confronti delle donne di quella religione, non permette a nessuna di loro di scegliere?

Minnie: Noi però possiamo scegliere. Per esempio possiamo scegliere di essere tolleranti.

Suzy: È allora dimmi fino a che punto possiamo essere tolleranti con chi non vuole esserlo? Fino a che punto si può tollerare chi non vuole integrarsi?

Minnie: Non sarebbe più conforme al nostro stile vita considerare il burkini come una nuova possibile moda? Forse passeggera e inopportuna. Ma voi pensate che nel recente passato le donne occidentali non abbiano mai portato il velo?

Johnny Scorreggia: Certo che lo portavano, ma più per civetteria che per marcare il loro asservimento…

Minnie: Questo lo dici tu. Per quanto ne so io, fino a qualche generazione fa anche le donne occidentali subivano gravi costrizioni. Suffragette, femministe, post femministe per cosa hanno combattuto? Comunque per rimanere al qui e ora chiedo a Suzy: ti ricordi di Suor Venusta, quando passammo i nostri primi sei mesi a Firenze in quel convitto gestito da suore?

Suzy: Certo che mi ricordo! Ci chiuse fuori tutta la notte la stronza! Eravamo in ritardo e anche un po’ ubriache. Però ci siamo divertite un sacco. La mia prima notte bianca. Che mal di testa il giorno dopo!

Minnie: E la cazziata dei nostri genitori? Un’altra telefonata del genere e, mi disse mio padre, sarei andata a rammendare i calzini delle infermiere dell’ospedale che dirigeva, altro che stilista! Ma non era questo il discorso…Prova a immaginare se Suor Venusta fosse qui con noi. Secondo te avrebbe il tanga che indossa quella rossa là…

Johnny Scorreggia: Ehi! Non toccatemi la rossa…

Sissy: A me sembra un po’ cellulitica…

Johnny Scorreggia: Di certo non ha un culo invisibile come il tuo…

Sissy: Invisibile sei tu. È da quando siamo in spiaggia che la guardi come un vampiro e lei non ti caga…

Minnie: Con voi due è impossibile parlare seriamente…Hai sentito Suzy? come sarebbe vestita Suor Venusta se fosse venuta in spiaggia? In bikini? In tanga?

Suzy: Certo che no! Ci sarebbe voluto un tanga come quello dei lottatori di samo..

Johnny Scorreggia: Di sumo…Lottatori di Sumo…

Minnie: Non fare la scema, sai benissimo cosa voglio dire..

Suzy: Il paragone non regge. Lei era una suora, l’islamica era una qualunque.

Minnie: Io non vedo che differenza faccia…

Suzy: Le suore donano il proprio corpo a Dio…

Minnie: E le mussulmane credenti no?

Suzy: Io prima sentirei cosa hanno da dire i loro uomini…non credo che il loro corpo sia solo di Allah.

Johnny Scorreggia: Hai ragione Suzy. Gli uomini le obbligano a uccidere in se stesse ogni desiderio, le obbligano alla non esistenza pubblica appellandosi alla legge coranica. Ma in privato scopano come dei ricci…Basta guardare a come sono numerose le famiglie mussulmane…

Sissy: Perché come dei ricci? Hai mai visto un riccio farlo?

Johnny Scorreggia: Non rompere. È solo una metafora…

Sissy: Se non sai come lo fanno i ricci, è una metafora demenziale…Non significa nulla!

Johnny Scorreggia: È un modo di dire scherzoso che si usa spesso nelle chiacchiere in libertà tra uomini. In effetti non mi sono mai chiesto da dove venisse la metafora…Io l’ho sempre enunciata per dire molto e in fretta. Però, adesso che mi ci fai pensare…Prova a immaginare due ricci che si accoppiano infilandosi, per forza, le spine uno con l’altro…Insomma per loro è impossibile non pungersi…ahi!ahi!ahi! E intanto si dimenano furiosamente per finire in fretta…

Sissy (dimenandosi sulla sabbia): Riccio, Riccio delle mie brame metti le spine nel mio reame…Ahi!ahi!ahi!

Minnie: Siete entrambi disgustosi! Conversare con voi è un incubo… Solo dei dementi possono passare dal burkini a come scopa un riccio…

Sissy: Uffi! Con te non si può mai scherzare. Per me il burkini è un totale non senso! Punto.

Johnny Scorreggia: Uh! La principessina si è arrabbiata. Sentiamo il perché il burkini è un totale non senso

Sissy: Burkini nasce dalla fusione tra burka e bikini, o no!

Suzy: Bella scoperta! Oramai lo sanno tutti…

Sissy: Burka significa un indumento che ricopre tutto il corpo, o no!

Johnny Scorreggia: E allora?

Sissy: Cosa c’entra il Burka con il bikini che significa esattamente il contrario?

Minnie: Non ho capito cosa vuoi dire?

Johnny Scorreggia: Beh! Sissy non ha tutti i torti. Quando Rèard nel 1946 lanciò il bikini, nessuna modella voleva indossarlo. Fu costretto a scritturare una spogliarellista per pubblicizzarlo. Ci vollero una decina di anni per farlo accettare dalla gente comune e dalle istituzioni. Ho visto molte foto di scene simili a quella di oggi, dove poliziotti o guardie multavano donne che l’indossavano accusandole di oscenità…

Minnie: Questo significa che abbiamo lottato e ci siamo evolute. In una società democratica le mode difficilmente si fermano con le leggi. Si possono ritardare ma non rimuovere. Ma cosa c’entra con il significato di burkini? È’ semplicemente un Burka da spiaggia.

Sissy: Sì lo so, tu usi la parola così. Ma è altrettanto vero che Burka significa che il corpo non si deve vedere mentre bikini significa fare vedere il massimo del corpo. Per me fondere le due parole è un non senso.

Suzy: Aheda è stata abile. Ha messo insieme due parole esplosive riferendole a un oggetto rassicurante. Il burkini come cosa d’abbigliamento ha ben poco di veramente trasgressivo. L’esplosività è tutta nel nome…

Sissy: Io non ho detto che è una parola esplosiva, ho parlato di non senso e aggiungo di ipocrisia. È come se l’inburkinata ci dicesse nello stesso tempo che si copre e denuda.

Johnny Scorreggia: Sissy, le parole non ricoprono le cose in modo semplice. Suzy voleva dire che il burkini ha un significato ambivalente. È al tempo stesso un simbolo di osservanza religiosa, ma è anche trasgressivo come il bikini. Bisogna capire il perché…

Sissy: Diccelo tu il perché! Io non ci arrivo…

Johnny Scorreggia: Rèard voleva fare un costume da bagno minuscolo. Il più minuscolo in circolazione. Quando si pose il problema di come chiamarlo, dal momento che prima non esisteva, sapendo quanto sono importanti i nomi che diamo ai prodotti per il loro successo, prese spunto dagli esperimenti sulle bombe atomiche fatte esplodere nell’atollo che si chiamava Bikini. Lo stilista sapeva che il micro costume avrebbe dato scandalo e provocatoriamente lo associò alla bomba più potente in circolazione. Tieni conto che in quegli anni di guerra fredda gli esperimenti nucleari avevano la prima pagina di tutti i giornali, l’occidente e il mondo comunista facevano a gara su chi aveva gli ordigni più distruttivi, la gente era traumatizzata dal rischio di finire vaporizzata, si costruivano rifugi atomici. Il Burka, da parte sua, è un indumento innocuo ma è associato alla possibilità di favorire l’esecuzione di atti terroristici e di impedire l’identificazione del soggetto che l’indossa. Quindi hai ragione a dire che Burka e bikini sono oggetti dal diverso significato, ma entrambi sono connessi a un fascio di contenuti che trasformano l’unione delle due parole in un segno stracarico di passionalità…

Minnie: Quindi secondo te, il senso profondo di burkini è fatto di un tessuto essenzialmente emotivo, che intreccia il timore di bombe che potrebbero scoppiare e dall’evocazione di bombe atomiche già scoppiate…

Johnny Scorreggia: Detto così non suona bene…

Minnie: Guarda che hai detto proprio questo! E per me stai, come al solito, esagerando. Io in burkini ci trovo molta ironia, un desiderio di sdrammatizzare il Burka. La moda è importante anche per questo…spesso, gioca anche con le parole…

Sissy: Per esempio…

Minnie: Vediamo, vediamo…Casual-chic! Avant-garde! Street style! Glamour-punk…Nella moda oggi tutto si fonde con tutto. Perché le parole che usa dovrebbero fare eccezione?…

Sissy: Sarà così! Ma io nel burkini tutta questa leggerezza non la vedo…e poi la mia professoressa preferita ci raccomandava sempre di rispettare le parole, altrimenti le cose avrebbero perso i loro contorni, e le cose senza contorni non sono più cose ma caos…diceva.

Minnie: Le cose ci sono e restano lì, le parole volano via subito. Il Burkini che agita la gente è solo una parola male interpretata.

Suzy: Non fare l’ingenua Minnie, sai benissimo che la moda fa le sue guerre non solo con gli abiti o le immagini, ma anche con le parole…

Minnie: Ma sono guerre innocue…

Suzy: Visto il casino creato dal burkini, non mi pare che la guerra semantica che si è scatenata sia proprio completamente innocua…

Minnie: Ma sono le chiacchiere dei media a complicare tutto, trasformando una cosa innocua in una parola putiferio internazionale…Parole, parole, parole, soltanto parole, parole tra noi

Sissy (rivolgendosi a Suzy): Mia sorella ha preso un colpo di sole. Ora canta…

Suzy: No! è il testo di una famosa canzone di Mina…

Sissy: Mina! Mai sentita. È una rapper…

Minnie: È stata la più grande interprete della musica leggera italiana degli anni sessanta/settanta…

Sissy: Del paleolitico vuoi dire!

Minnie: Il fatto è che siamo ancora negli anni sessanta…Un decennio che non è mai realmente finito…

Sissy: Quindi il burkini è un po’ anni sessanta…

Minnie: In un certo senso si! Solo che allora si chiamava minigonna e le ragazze come te la indossavano indirizzando verso gli adulti un messaggio conflittuale…

Sissy: Cioè?

Minnie: Ce ne fottiamo dei vostri usi e costumi…

 

Johnny Scorreggia: Dopo tante chiacchiere, siamo arrivati al punto. Me ne fotto dei vostri usi e costumi… Immaginiamo sia questo il messaggio prevalente che la gente recepisce da chi si inburkina. Non trovate che sia un sintomo della volontà prevaricatrice del neo tribalismo islamico. Come dobbiamo reagire a chi si rifiuta di integrarsi? Quali sono i limiti non negoziabili che dobbiamo tracciare?

Minnie: Ma sei sicuro che la gente abbia recepito il messaggio giusto? Oppure accecata dall’odio sta fraintendendo tutto. Se ha ragione Sissy il burkini è un compromesso cioè qualcosa che unisce un modo di essere coerente con se stesse in una situazione tipicamente occidentale come prendere il sole, fare il bagno in pubblico, passeggiare tra gente diversa. Ti pare giusto interpretare il burkini come se invece che su di una spiaggia fossimo in un tribunale dove vige la regola della trasparenza della persona?

Sissy: Stai dicendo che non dovremmo rispondere al fondamentalismo con un’altra forma di fondamentalismo?

Minnie: Se vogliamo difendere i nostri valori è così! Nessuna sciocca ordinanza può fermare una nuova possibile, quanto improbabile, moda…

Sissy: Moda?

Minnie: Si, Moda! Dovremmo smettere di pensare che la moda sia qualcosa di inventato dall’occidente, che solo noi siamo i padroni delle mode…

Johnny Scorreggia: Boom! L’hai detta grossa! Secondo te l’Islam è compatibile con una forma di vita in cui la moda plasma il modo di relazionarsi. Il tuo politically correct ti ha fulminato il cervello.

Minnie: Non parlo dell’Islam, parlo di donne che stanno da noi. Donne che vogliono convivere con noi rispettando la loro religione. Il burkini è un segno di transizione che apre porte e finestre nell’altrimenti oscuro edificio del fondamentalismo. Peccato che pochi lo comprendano…

Johnny Scorreggia: Cazzo, sembri veramente in trance agonistica, a questo punto non ti resta fare un elogio del Burka integrale e aspettare che qualche sceicco ti nomini ministra della moda islamica…

Minnie: Proprio non volete capire! Comunque il fascino intriso di mistero di un corpo femminile completamente dissimulato, quando l’abbigliamento non era ideologizzato come oggi, non l’ho inventato io. Scommetto che non avete mai letto Clerambault? Certo che no! Era uno psichiatra francese, il più importante del suo tempo, parliamo delle prime decadi del novecento, che dopo un viaggio in Marocco rimase estasiato dal modo d’abbigliarsi delle donne mussulmane. Scrisse anche un bel libro e, innonsoquale museo, organizzò una grande mostra di quel tipo di abbigliamento che fece estasiare tutta Parigi… E poi mi meraviglio di te Johnny! L’effetto velo sul viso e i drappeggi all’orientale sono stati sperimentati da molti stilisti…Margiela, quello vero, nascondeva spessissimo il volto delle modelle, vogliamo parlare di McQueen?

Johnny Scorreggia: Sei proprio fuori! Come fai a paragonare le provocazioni della passerella alle prescrizioni durissime dei fondamentalisti? Guardati attorno. C’è un mare di donne, no! Sono tutte più nude che vestite, no! Prova a immaginare invece tutte queste donne in burkini. Che cazzo, c’è stata la rivoluzione degli immigrati, ante e post, causata, che ne so, dal fatto che scopando come ricci hanno fatto famiglie numerose e dopo qualche decennio hanno preso il potere democraticamente… quindi il burkini è diventato lo standard. Bene, immaginati ora insieme a Sissy e Suzy, in mezzo alle inburkinate, vestite con i vostri costumini talmente stretti che il didietro, come ora, vi entra regolarmente nelle chiappe, costringendovi a sfiorare con le dita il buchetto per rimettere a posto il tessutino elasticizzato in modo tale da farlo di nuovo discendere…

Sissy (sistemandosi il didietro del costume): Porco!

Suzy (prona, scuote leggermente il culo): Maiale!

Minnie (girandosi di scatto, ponendosi supina): Suino!

Johnny Scorreggia: Lasciatemi finire…Cosa dicevo? Ah, sì!… Provate a dirmi cosa succederebbe? Beh! ve lo dico io! In pochi minuti verreste picchiate, arrestate e imprigionate…

Suzy: Sapete che c’è uno scrittore francese che deve aver scritto un romanzo che assomiglia un po’ alla storia raccontata da Johnny…Io non l’ho letto, ma ho visto qualcosa su Internet. Mi pare si chiami Hallebrek o qualcosa di simile…si intitolava Sottomissione. La storia deve essere del tipo come i mussulmani arriveranno al potere senza troppa violenza. In Francia sono andati tutti fuori di testa. Ora l’autore gira scortato per la paura di prendere bastonate…

Johnny Scorreggia: Sottomissione, bel titolo, non l’ho letto. Comunque, quando non si vuole difendere i propri valori cosa rimane? Sottomissione…

Suzy: Il mio bikini metallizzato e ologrammato che ho pagato una cifra, non si sottomette a nessuno!

Minnie: Secondo te io mi sottometto?

Johnny Scorreggia: E allora? Di cosa stiamo parlando? Fine del discorso.

Minnie: Non hai capito! Io non mi sottometto a storie inventate che sfruttano la paura di venire sottomessi!

Sissy: Io invece mi sottometto. Sposo uno sceicco giovane e bello. Esco con lui con un Burka di bellissima seta con sotto una collana di diamanti e nelle mani una borsa impitonata con dentro un database di carte di credito illimitate. Sboccio in spiaggia un burkini pink tempestato di Swarosky. Mi faccio costruire dentro il villone una piscina olimpica in mattonelle Versace tutta per me, dove faccio il bagno nuda…

Johnny Scorreggia: E me mi inviti?

Sissy: Certo! Ti permetterò di visitare il giardino delle palme e poi ti farò mettere nella gabbia dei dromedari…

Addenda:

 

  1. Io chiamo espressioni come “burkini”, parole/narrazione ovvero termini che si impongono tra i parlanti per la loro potenza performativa. Mi fa obbligo chiarire che in questa sede uso il termine performativo forzando le formulazione classiche che diedero John L.Austin (“How to Do Things with Words”) e J. Searle (“Speech Acts”) ai quali chiedo umilmente scusa. Per potenza performativa intendo marcare il potere che hanno determinate unità lessicali, semplici o composte, di spingere i parlanti ad entrare nel gioco linguistico per prendere attivamente posizione relativamente al mondo di significati eterogenei, spesso in conflitto tra loro, che esse contribuiscono a presentificare. Ovviamente il presupposto di tutto ciò è che quando parliamo compiamo un tipo particolare di azioni. Insomma, anche le parole sono fatti. Forse è per questo che per noi bipedi parlanti, la linea di confine tra realtà percettiva e parole risulta difficile da tracciare una volta per tutte. Spesso dunque, assistiamo allo spettacolo di parole che prendono il posto della realtà, costringendo i parlanti ad un lungo detour per ritrovare per esse la calibratura che le fa corrispondere a reali problemi. Oppure, semplicemente dopo un po’, come se il virus dell’influenza avesse colpito il nostro vocabolario, le cestiniamo tra il pattume linguistico, facendole scomparire, provvisoriamente o definitivamente, dall’orizzonte dei discorsi che configurano la superficie simbolica sulla quale circolano i soggetti parlanti.
  2. Nei metaloghi che ho elaborato tento di raffigurare l’effetto polifonico di un dialogo tra un gruppo di giovani impegnati in una discussione che, improvvisamente, si carica di valenze agonistiche. Il discorso lascia trasparire una gara per la conoscenza che segue lo schema domanda/risposta tipico della dialettica. Manca tuttavia, quel rispetto per l’arte retorica che i conversatori postmoderni, soprattutto se molto giovani, non possono avere. Spero che il lettore noti quanto, la mancanza di una logica stringente non impedisca alla conversazione di far emergere un bisogno di ordine che tuttavia non arriva mai ad assumere una forma definitiva. Lo so benissimo che alle anime belle, tutto questo bla, bla, bla, sembra un esercizio inutile, un dispendio in pura perdita di energie nervose, chiacchiere nel vuoto. Ma io credo sia questa impossibilità di un’ordine definitivo, a farci sentire la necessità e la voglia di continuare a conversare. Qualche volta scopriamo che sono proprio le conversazioni senza una coerente logica deduttiva, conversazioni che incasellano storie che si inabissano in altre storie, ad avvicinarsi al fuoco interiore che ci trasforma da parlanti in soggetti parlati. Ebbene, proprio queste conversazioni, attraversate da una incontrollabile deriva del senso creano l’illusione che parole emergenti risultino decisive e che, addirittura possano persino cambiarci la vita.
  3. La trasformazione del burkini in narrazione comincia il 28 luglio quando David Lisnard, sindaco di Cannes proibì con una ordinanza il costume da bagno integrale islamico, nelle spiagge del comune. Il sindaco di Nizza, città colpita da un agghiacciante attentato il 14 luglio, si associò subito al collega della famosa località e fece approvare un analogo divieto. Nel frattempo una trentina di comuni stabilirono anch’essi sulle loro spiagge una serie di rigide proibizioni contro il Burkino, nel frattempo divenuto un caso mediatico. Insieme alle prime multe cominciano ad apparire sulla stampa dichiarazioni importanti che trasformano il dibattito in una polveriera. Il Premier Manuel Valls si schiera dando ragione ai sindaci: “Il burkini è incompatibile con i nostri valori”, dice in una dichiarazione ripresa da tutta la stampa nazionale e internazionale. Nicolas Sarkosy, candidato alla presidenza, è dello stesso parere: il burkini è una provocazione e sintomo di tentativi di islamizzazione della Francia. Anche un personaggio prudente come Angela Merkel lascia filtrare sui media affermazioni apparentemente ispirate al buon senso, ma che in quel preciso momento funzionano come un mozzicone di sigaretta gettato in una polveriera: “Il burkini ostacola l’integrazione”, rimbalza nei titoli dei più importanti quotidiani dell’occidente. Tuttavia molti opinion leader, chiamati in causa dai media, reagiscono in modo critico nei confronti di provvedimenti scritti in modo precipitoso ed emotivo, evasi in ossequio all’ondata di sdegno popolare causata dai sanguinosi attentati dei terroristi islamici. Anche tra alcuni membri del Governo francese sorgono dubbi e perplessità. La stampa internazionale di cultura anglosassone commenta negativamente i provvedimenti dei sindaci francesi, vedendovi i segni di un assimilazionismo rischioso e perdente, in un contesto storico nel quale il multiculturalismo rimane, pur con tutti i problemi che comporta, senza reali alternative. Alcune associazioni attive in difesa dei diritti dell’uomo e contro l’islamofobia si appellano al Consiglio di Stato, la più alta istanza amministrativa francese, denuciando alcuni bandi anti-burkino, dopo che il tribunale amministrativo di Nizza aveva respinto i loro ricorsi, giustificando le ordinanze proprio con il riferimento all’ondata passionale che i più attenti osservatori stavano raccomandando di non giustificare. Il 26 agosto arriva velocissima la sentenza dei giudici di Parigi sull’ordinanza emessa dal Lionnel Luca, sindaco di Villeneuve-Loubet (località della Costa Azzurra, vicina a Nizza): il provvedimento in oggetto, riporta la sentenza, “…ha danneggiato in modo grave e manifestamente illegale quelle libertà fondamentali che sono la libertà di andare e venire, la libertà di coscienza e la libertà personale” dal momento che “nessun elemento permette di affermare che dei turbamenti all’ordine pubblico derivassero dalla tenuta adottata da alcune persone” (fonte: Corriere della Sera, del 27 agosto 2016, pag.22). La sentenza del Consiglio di Stato fa giurisprudenza. Di conseguenza crea i presupposti per la demolizione di tutti i provvedimenti anti-burkini. I sindaci coinvolti si oppongono e annunciano una dura battaglia a colpi di ricorsi. Vale la pena di ricordare che le ordinanze in Costa Azzurra avevano suscitato un interesse morboso anche nei media italiani. Per oltre un mese il tema del burkini divenne un tormentone da prima pagina. C’è da aggiungere che aldilà della sensazione dell’effetto gonfiato di una notizia di per se poco o mediamente rilevante, molti interventi di opinionisti hanno innalzato il tema a livelli di complessità argomentativa davvero ammirevoli, trasformandolo in una lampada utile per illuminare un territorio in grigio-scuro nel quale affiorano le tensioni irrisolte che ci dividono dalla cultura islamica, con le quali dovremo convivere.
  4. Come ha reagito il mondo ufficiale della moda alle polemiche sul burkini? Con prudenza e discrezione, direi. Sui vari media sono apparse pochissime dichiarazioni di protagonisti dei brand importanti. Di solito avviene esattamente il contrario. I giornalisti sono avidi di interventi dei creativi dello Star system della moda; quest’ultimi di solito accettano il loro ruolo di opinion leader tout court. Perché il dibattito sul burkini è stato seguito in un sostanziale silenzio? Io penso che su questo tema siano intervenute considerazioni strategiche che hanno suggerito ai grandi protagonisti della moda, di tenersi lontani da polemiche rischiose. Non potevano dimenticare che moltissimi mussulmani sono tra i loro clienti migliori e che in molte città orientali avevano costruito le loro prestigiose boutique. D’altra parte non creavano forse supplementi o ritocchi ad hoc alle loro collezioni per renderle sostanzialmente innocue per le donne islamiche? La loro pubblicità in quei Paesi non veniva forse, minuziosamente ricalibrata per non incorrere il devastanti censure? Ecco allora divenire intuibili le probabili ragioni di una reticenza che per qualcuno potrà essere interpretata come opportunismo, ma che per me risponde ai principi di una sana prudenza da rispettare, se si ambisce a competere in un mercato globale. Una parola di troppo avrebbe potuto irritare il suscettibile mondo mussulmano. Oppure entrare in conflitto con la sensibilità delle clienti occidentali più arroccate nei propri valori. Non bisogna dimenticare che le parole/narrazioni rientrano nel concetto allargato di moda (intesa come dispositivo di diffusione di qualsiasi configurazione a vocazione transazionale) ma non sempre sono sfruttabili dalla moda ufficiale. La radicalizzazione dello scontro tra occidente e fondamentalismo islamico ha fatto emergere nell’abbigliamento, figure dell’Altro, che si oppongono allo stile di vita occidentale. L’idea che il mondo fosse riducibile a uno spazio liscio sul quale i modi di significare il corpo inventati dall’occidente potessero viaggiare senza ostacoli, è tristemente naufragata di fronte a culture per le quali libertà, democrazia, uguaglianza tra i sessi rimangono sostanzialmente prive di senso. Gli “oggetti” presi nella rete di queste ideologie divengono puri significanti di un’alteritá radicale …. Il burkini con le sue polemiche polarizzanti, pur essendo un indumento innocuo, si è avvicinato troppo al fondo di alteritá che caratterizza oggi il Burka … Trasformandosi in un discorso pieno di insidie per la simbolizzazione necessaria alla moda per diffondersi in tutto il mondo.
  5. Minnie, verso la fine del metalogo cita lo psichiatra francese G.G. de Clérambault (1872-1934) condendo il discorso con le imprecisioni tipiche delle argomentazioni orali, quando l’enfasi dialettica e le finalità delle asserzioni lasciano al palo di partenza l’esattezza dei riferimenti. Probabilmente G.G. de Clérambauld non fu il più importante psichiatra della sua generazione. Ma senz’altro era un medico originale, autore di studi innovativi sulle psicosi passionali, considerato dai colleghi un personaggio bizzarro per il suo maniacale interesse per le stoffe degli abiti femminili. Vale la pena di ricordare che fu uno dei primi maestri del grande psicoanalista J.Lacan, nella prima fase della sua carriera quando studiava psichiatria. Clérambault non pubblicò alcun libro in senso stretto, bensì alcuni articoli che suscitarono un certo imbarazzo tra i colleghi. Il più famoso si intitolava: “La passion des estoffe chez les femmes”, pubblicato nel 1908. Più tardi, dopo un suo viaggio in Marocco, il tema degli abiti femminili delle donne mussulmane divenne la sua ossessione, coltivata con una dedizione culturale che lo portò a tenere per ben tre anni, seminari specifici all’Ecole des beaux arts di Parigi. Parallelamente alle sue osservazioni sulle psicosi allucinatorie, il suo non comune interesse per gli effetti delle stoffe degli abiti sulle sue pazienti isteriche, descritti con una minuzia descrittiva sospetta (chi era il feticista? Lo psichiatra o l’isterica? Entrambi?), hanno il merito di marcare una dimensione del godimento (solo femminile?), fino a quel momento inesplorata. Anche la significanza imbricata nelle migliaia di fotografie che scattò a donne marocchine completamente velate sarebbe da rivalutare. Osservandole si ha sensazione della prossimità di uno sguardo, solo superficialmente etnologico/clinico, che tende a con-fondersi con l’oggetto. Cosa cercava Clérambault in quelle immagini? Vi intravedeva la velatura del corpo come apertura all’impossibile del godimento? Detta in altre parole: il drappeggio, il velo, le ondulazioni del tessuto dovute al contatto con il corpo, in determinate circostanze (o culture), si presentano come la vera pelle del desiderio. Al tempo di Clérambault queste regolazioni estreme del principio del piacere, nella Francia di inizio novecento, venivano definite dall’ordine medico, perversioni. Senza negare il rischio dell’esistenza di eventuali ossessioni patologiche, a me pare sbagliato non riconoscere alla velatura del corpo e all’ipotesi di una sorta di necessità di una seconda pelle per l’essere umano, un potenziale fascino che lo sguardo fotografico di Clerambault ha ben documentato e che induce a riflessioni inattuali sul velo islamico. A questo punto posso immaginare il pensiero dei lettori animati dal buon senso: e a noi cosa ce ne frega di tutto ciò? Perché l’inattualità dovrebbe preoccuparci? Obiezioni brutali e legittime. In definitiva la relazione con il corpo delle società aperte, alle quali apparteniamo, ha scelto strade diverse. Il corpo esibito da decenni non è più uno scandalo. Il sexy, esibizione del corpo passionale, donne vestite per sembrare nude, sono divenuti uno dei motori fondamentali utilizzati dalla moda per moltiplicare gli oggetti del desiderio ( e il loro consumo, ovviamente). Tuttavia, cari lettori pieni di buon senso, non dovrebbe sfuggirvi il fatto che edonismo, iper consumismo hanno stressato il desiderio a tal punto da demolire leggi, tradizioni, religioni, creando certo, la percezione diffusa che malgrado le imperfezioni della macchina capitalista, noi occidentali viviamo nel migliore dei mondi possibili. Peccato che sia un mondo nel quale il desiderio, perennemente insoddisfatto dalla superfetazione degli oggetti di godimento, vada estinguendosi. Come possiamo evitare l’estinzione del desiderio? Scusatemi se di fronte a una domanda epocale mi limito a segnalarvi una lettura che mi ha dato conforto: Ritratti del desiderio, di Massimo Recalcati (Raffaello Cortina Editore). Solo un libro, penserete. Sì, solo un piccolo e fragile libro. Non sapete cosa farne? Sono cazzi vostri. Figuriamoci se sono minimamente interessato allo stato del vostro desiderio! Ho abbastanza complicazioni con il mio. E comunque la pensiate, per ritornare al tema che ho sviluppato, in un momento in cui le apparenze del corpo islamico (della donna) sono divenute una immagine Altra rispetto alle sembianze occidentali, quindi espressione di una negatività radicale, la riflessione indotta dalla ossessione di Clérambault per tessuti, veli e drappeggi, ci porta a riconoscere per esse la valenza di un desiderio messo in tensione da una Legge che non comprendiamo più, ma che, relativamente agli effetti sulla soggettività non dovremmo a-priori sottovalutare o svilire. Naturalmente queste considerazioni non puntano a giustificare le regole medioevali dei fondamentalisti. La libertà individuale di velarsi o meno per me è un principio non negoziabile. Tuttavia, pensare al velo islamico in modo obliquo rispetto i dogmatismi ovunque essi provengano, penso possa essere uno stimolo per aiutarci a comprendere più in profondità la relazione tra desiderio e qualcosa che gli fa da ostacolo, per non ridurre il divenire del soggetto desiderante, ai defilè figurati dell’immaginario evanescente, prodotti con devastante efficacia dai dispositivi spettacolari dell’occidente (tra i quali colloco in primo piano i dispositivi della moda).
  6. Suzy, a un certo punto del metalogo, cita uno scrittore che non esiste: Hallebrek. Si tratta di un errore conversazionale che coinvolge un autore famoso del quale sintetizza la trama del suo presunto ultimo libro, riportando però con precisione il titolo. Il nome dello scrittore è Michelle Houellebecq, Sottomissione è stato pubblicato in Italia da Bompiani. Si tratta di un romanzo visionario nel quale si racconta con una astuta verosimiglianza di fatti locali, come il tessuto tradizionale di un paese democratico possa implodere consegnando il potere all’ideologia islamica. È stato un bestseller e al tempo stesso un incubo sia per i moderati mussulmani e sia per i creduloni, accecati dalla paura dell’altro. Probabilmente non è il capolavoro di Houellebecq. Ma la macchina testuale che lo scrittore mette in moto è coinvolgente e senza cedimenti. Lo scrittore non fa sconti a nessuno. Il suo cinismo è ammirevole. Lo sguardo freddo che rivolge al mondo è il dono più prezioso che un intellettuale possa offrire al tempo che gli è dato vivere.

Burkini

Lamberto Cantoni
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242 Responses to "Burkini"

  1. Mastrangelo   30 Settembre 2016 at 11:50

    Il burkini non ha senso. Un falso problema.

    Rispondi
  2. Luciano   1 Ottobre 2016 at 09:14

    Il Burkino come il Burka da noi ha dato luogo a troppi pregiudizi. Gli abiti islamici tradizionali hanno un’eleganza diversa dai nostri che personalmente trovo interessante. Non ho ben presente gli esempi ma sono convinto che tantissimi nostri stilisti si sono ispirati alle vesti di tradizione mussulmana.

    Rispondi
  3. Ann   2 Ottobre 2016 at 13:54

    Il burkini è un caso strettamente legato alla congiuntura politica attuale. Il realtà i rapporti occidente e oriente dal punto di vista estetico sono da sempre importantissimi. Per esempio, in periodo romantico, Delacroix cambiò il modo di usare il colore e affinò la resa delle forme dopo il suo famoso viaggio in Marocco. Lo studio dei costumi mussulmani lo interessarono moltissimo e le scoperte visive che fece gli servirono per dare ai drappeggi delle fogge europee una eleganza che prima non avevano. Minnie nel metalogo avrebbe dovuto usare meglio questo argomento.

    Rispondi
  4. Francesco   2 Ottobre 2016 at 16:32

    Non sarebbe male se gli immigrati rispettassero di più le nostre tradizioni. Che senso ha stare in spiaggia in burkini? È solo una sciocca provocazione. A me dispiace che ci siamo cascati dandogli una importanza che non ha. I sindaci francesi potevano interessarsi di cose più serie!

    Rispondi
    • Frank   2 Ottobre 2016 at 16:49

      Per me il metalogo è pilatesco. Non si capisce dove sta la ragione. Sono d’accordo che il burkini non sarà mai una moda. Ne venderanno pochissimi. Che gusto c’è andare in spiaggia vestiti come dei palombari? E poi io ho letto che la stilista che ha inventato il burkini lo aveva creato per le donne che volevano fare le bagnine. Di moda ne esiste una sola: quella inventata da noi occidentali. Altrimenti dobbiamo parlare di costume di popoli diversi. Comunque ci sta che qualche esaltata voglia dimostrare la sua religiosità. Ma perché proprio in spiaggia? Perché proprio a Nizza o a Cannes? I sindaci saranno stati anche impulsivi ma anche le mussulmane in burkini non ci hanno fatto una bella figura. È mancato il buon senso e il rispetto.

      Rispondi
      • Vito   3 Ottobre 2016 at 21:15

        Sono d’accordo con Frank. La moda è una nostra invenzione. Il burkini è una provocazione che proviene da culture che sono contro la moda.

        Rispondi
        • Sara   4 Ottobre 2016 at 10:24

          Il vostro europa centrismo non aiuta l’integrazione. Perché non dovremmo considerare il Burkino una possibile moda come dice Minnie?

          Rispondi
          • Loredana   4 Ottobre 2016 at 18:07

            Trovo normale che ciò di cui si parla molto possa diventare di moda. Ma bisogna considerare che il burkini ha un valore simbolico in una cultura contro la moda. Non è quindi normale che da noi diventi di moda.

      • Lamberto Cantoni
        Lamberto Cantoni   6 Ottobre 2016 at 09:35

        Trovo interessante la questione che attraversa gli interventi di Frank, Vito e Sara. La moda è una invenzione dell’occidente? Se per “moda” intendiamo un processo nel quale riconosciamo comportamenti che in qualche modo rompono con una “tradizione gerarchica delle apparenze”, generando orientamenti estetici instabili (curiosità per i cambiamenti e le novità), allora la risposta alla domanda è no! Carlo Marco Belfanti nel suo interessante libro “Civiltà della moda” (Il Mulino, 2008), analizzando l’evoluzione dei sistemi vestimentari indiano, cinese e giapponese, vi ha ritrovato in fasi economiche favorevoli, propensione ai consumi e cicli di avvicendamento degli stili molto vicini alla passione per il cambiamento, all’insaziabile ricerca di novità e all’emulazione che cominciò a contagiare l’Europa tra il XVI/XVII sec. In altre parole, nell’India Moghul (soprattutto hnei primi decenni del 1600), nella Cina della tarda età Ming (verso la fine del 1500) e nel Giappone Tokugawa ( dal 1615 in poi), assistiamo alla diffusione secondo modalità trikle down, di oggetti vestimentari che scatenano le reazioni polarizzanti tra innovatori e indignati conservatori. Quindi non possiamo sostenere che la moda fu una esclusiva invenzione occidentale. Ma a questo punto la domanda iniziale andrebbe riformulata: cosa differenzia la forma moda europea da altre forme simili? Per farla breve, segnalerei alcune deviazioni che sancirono la specificità della forma moda europea. 1. In India, Cina, Giappone le fasi di esasperato mutamento furono limitate a una classe ristretta di individui. Per contro, in Europa l’influenza della moda cominciò ad espandersi in gran parte della società. 2. In Oriente la moda era quasi esclusivamente un lusso basato sulla preziosità dei tessuti, in Europa la forma dell’abito divenne importante quanto il tessuto con cui veniva fatto. Gli abiti potevano quindi avere costi contenuti e diffondersi tra gente di diversa estrazione, generando casi di contaminazione trikle up. 3. In Europa dal settecento in poi si affermò, grazie alla letteratura e alla nascita della stampa specializzata, una contagiosa cultura della moda che le società orientali non potevano emulare. Insomma, solo in Europa la moda divenne una istituzione sociale che incorporava valori primari. Quali sono questi valori? Fondamentalmente sono i valori di una Società Aperta. Per esempio una certa idea di libertà individuale che coinvolgeva soprattutto il soggetto femminile. Attenzione, l’esigenza di sintesi estrema non deve farci dimenticare quanto la diffusione di questi valori sia avvenuta tra ostacoli, conflitti e contraddizioni.

        Rispondi
  5. Andrea   2 Ottobre 2016 at 19:48

    Se il burkini l’avessero portato degli uomini ci sarebbe stato tutto quel casino?

    Rispondi
  6. Giava   3 Ottobre 2016 at 15:32

    Non sarei cosi sicura di un burkini impossibilitato á divenire una moda. Guardate le spallone di Demna Gvasalia per Balenciaga. Sembrava impossibile che ritornassero e invece c’è la corsa ad imitarle. La moda non ha più regole e quindi tutto le è permesso. Anche di giocherellare con simboli come il Burkini.

    Rispondi
    • Antonella   5 Ottobre 2016 at 13:44

      Come mai allora nessun stilista occidentale ha ripreso nelle sue collezioni il burkini? O il Burka? Mi convince la prudenza della quale parla l’autore negli addenda. Diciamoci la verità, va bene la trasgressione o la provocazione, ma ci sono limiti che persino la moda sregolata non oltrepassa.

      Rispondi
  7. Ella   4 Ottobre 2016 at 14:43

    Metalogo divertente e istruttivo. J.Scoreggia però è detestabile. Da eliminare.

    Rispondi
  8. Jessica   5 Ottobre 2016 at 08:50

    Io sto con Sissy: datemi uno sceiccooo….

    Rispondi
    • Elisa   7 Ottobre 2016 at 16:34

      Scemaaaa…

      Rispondi
  9. Vic   5 Ottobre 2016 at 17:45

    Io credo che le nostre relazioni con la cultura mussulmana siano di per se già troppo complicate per peggiorarle ancora con questioni cretine come burkini si o burkini no. Noi preferiamo svestirci sulle spiagge. I mussulmani osservanti no. Perché farne un problema? Il denudarsi è diventato un principio fondamentale dell’occidente? Io non lo credo.

    Rispondi
  10. Giulia P.   6 Ottobre 2016 at 10:28

    Il Burkini, a mio parere, è un semplice capo d’abbigliamento. E’ stato circondato da un eccessiva importanza mediatica.
    Per quanto fuori dai nostri canoni estetici, può e deve essere definito moda; poiché moda è tutto ciò che ci rappresenta, sia che si parli di un indumento strettamente legato alla fede come un Burkini fino ad una semplice T-shirt o ad un Jeans.
    Si può ritenere assurdo arrivare a proibire un indumento per definizione innocuo; la paura, più che giustificata visto la serie di gravi attentati di cui siamo stati vittima, rischia di farci considerare pericolosa ogni cosa che si abbina alla cultura islamica.
    Così arriviamo solo a stigmatizzare una cultura e una società, ma soprattutto ad aumentare le intollerante religiose. Una cosa è il Burkini, un’altra i vari chador e capi simili che nascondono completamente il volto della donna, questi si contrari alla nostra legislazione che prevede che ogni persona possa essere facilmente riconosciuta.
    Se ci sediamo tranquilli in una delle spiagge europee culturalmente più popolate, potremo accorgerci che d’indumenti “da mare” c’è ne sono davvero più di uno.
    Molto popolare nelle culture asiatiche e il “Facekini” costume che copre completamente il volto, per evitare di danneggiare la pelle mantenendo così la carnagione bianca. Fatto in diverse tonalità di colori per offrire protezioni da animali urticanti come le meduse; in alcuni casi si può arrivare anche a leggere su alcuni quotidiani che l’aggiunta di colore a questo indumento è stato voluto per non spaventare i bagnanti.
    Il “Modest Swimwear” o costume modesto, utilizzato dalla cultura Amish, che è molto simile ad un abito.
    Il “costume Indiano”, coprente quasi come il Burkini, con tanto di pantaloni.
    Allora dovremmo condannare tutti questi indumenti, tutte queste tradizioni e culture perché non sono in linea con le nostre ideologie.
    Eppure quando camminiamo per strada, possiamo vedere persone vestite in ogni modo, dalla donna vestita di tutto punto, alla ragazza che è più svestita che vestita, al punk, al dark il quale spesso incute timore ai bambini.
    Purtroppo a mio parere abbiamo usato il corpo delle donne come un nuovo simbolo di paura.

    Rispondi
    • Antonio Bramclet
      Antonio   6 Ottobre 2016 at 15:08

      Giulia dice delle verità. A volte la moda non ha alcuna remora nello sfruttare persino la “paura”. E allora perché preoccuparsi del burkini? Io credo che in questo caso alla paura si aggiunga la rabbia nei confronti di estremismi politici che fanno capire quanto sia fragile il piedistallo sul quale pensiamo di essere istallati.

      Rispondi
      • Luca   7 Ottobre 2016 at 18:13

        Si Giulia ha detto cose interessanti, ma anche cose molto discutibili. Non è vero che è moda tutto ciò che ci rappresenta. Se fosse vero saremmo tutti solo falsi e inautentici, comprese le donne che si mettono il burkini. La parola moda usata così pretende troppo.

        Rispondi
  11. Salvatore   6 Ottobre 2016 at 20:46

    Ci troviamo di fronte a conflitti tra diverse tradizioni. Il bikini che oramai è diventato per le donne francesi un costume tradizionale e il burkini collegato all’Islam. La moda c’entra poco. Anzi fa bene a non mischiarsi con questi scontri di civiltà.

    Rispondi
  12. Dani   7 Ottobre 2016 at 09:50

    I conflitti tra diverse tradizioni giustificano il gran chiasso sul burkini? Io dico di no. È tutta una montatura dei media che questa estate erano a corto di notizie.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   8 Ottobre 2016 at 13:26

      Ho l’impressione che l’uso troppo disinvolto della parola “tradizione” ci confonda le idee. È possibile sostenere che il burkini appartenga al tradizionale guardaroba islamico? Direi proprio di no. Quindi la donna che lo indossa significa altro. Di conseguenza le accuse alle inburkinate di propagandare in qualche modo schegge di fondamentalismo, implicite nei provvedimenti dei sindaci francesi, risultano perlomeno inopportune, frettolose e sostanzialmente false. Possiamo considerare il bikini, a distanza di una sessantina d’anni dalla sua invenzione, un indumento tradizionale per le donne occidentali? In questo caso la questione è più complicata. Il grande storico Braudel, quando elaborò in concetto di longue durée, prendeva in considerazione cicli superiori al mezzo secolo. Quindi in teoria il bikini potrebbe avere lo spessore storico tale da rendere plausibile l’idea che oggi possa essere vissuto come parte di una tradizione. Tuttavia non possiamo sottovalutare ciò che scriveva un altro grande storico novecentesco, Eric Hobsbawm, nel suo “L’invenzione della tradizione” (Einaudi). Per farla breve, secondo il celebre storico, la cultura occidentale avrebbe la propensione di credere che rituali, indumenti e altro, superata una certa soglia di notorietà, non possono che appartenere a una indeterminata tradizione (secolare, millenaria…). Perché ci inventiamo tradizioni che non ci sono? Perché vogliamo far credere che esistano? Probabilmente in tal modo costringiamo rituali, indumenti e altro ad inquadrarsi in progetti politici e culturali che giustificano il sistema di valori utili per prendere decisioni favorevoli che privilegiano nostro punto di vista o le passioni del momento. Credo che abbia ragione Antonio Polito lá dove scrive, in uno dei tanti articoli apparsi questa estate, che il burkini è un classico caso di tradizione inventata (Sette n.35, 2-9-2016).

      Rispondi
  13. Eleonora P.   7 Ottobre 2016 at 17:02

    Questa estate la parola burkini era sulla bocca di tutti. Soltanto dopo aver letto questo metalogo ho iniziato a pormi delle domande.
    É vero che la parola burkini è la fusione di burka con bikini, due termini contraddittori, ma perché ci convinciamo che sia un elemento di non integrazione invece che un piccolo passo verso di essa? Mi spiego meglio. Nel passato le donne musulmane non potevano fare il bagno insieme agli uomini, adesso con l’invenzione del burkini sì! Non possiamo considerare il burkini come una prima forma di libertà? Un avvicinamento verso la nostra cultura? Non ci chiedono di eliminare i nostri amati bikini, vogliono solamente rispettare la loro religione stando a contatto con noi, facendo le stesse cose che facciamo noi (solo un po’ più coperte!).
    Chissà magari si accorgeranno che non sono poi così comodi i burkini che indossano e che invece non c’è alcun peccato nell’indossare un bikini.
    Prima di proclamarci paladine della libertà dovremmo capire anche quella altrui, che non necessariamente è uguale alla nostra.

    Rispondi
  14. Francesca P.   8 Ottobre 2016 at 11:12

    Alle fine dell’estate si cerca di fare una sorta di resoconto parlando dei tormentoni che hanno caratterizzato gli ultimi mesi; in un attimo media, giornali, tv parlano della canzone del momento e un attimo dopo si trovano a dare dichiarazioni importanti e dirette sul burkini. Reazioni, commenti e chiacchiere sono inevitabili da parte della gente che sente costantemente la necessità di dire la propria opinione, e penso che questo sia “normale” in quanto tutti hanno il diritto di esprimere ciò che pensano, sia pensieri positivi che negativi. Credo anche che prima di giudicare un aspetto così delicato dovremmo informarci in modo accurato. Apprezzo infatti la reazione che ha avuto il mondo della moda, cercando di rimanere in silenzio e soprattutto lontano da polemiche o dichiarazioni forti attorno alla discussione sul burkini.
    “Il burkini è un compromesso” così viene scritto nella parte dell’Addenda, credo però che nel mondo di oggi, in qualsiasi società, sia quasi impossibile parlare di compromessi: tutti desideriamo la libertà, “libertà di andare e venire”, desideriamo una pace assoluta, ma se tutti continuiamo a proibire determinati aspetti, se continuiamo ad avere determinati limiti, che siano fisici o mentali, come possiamo riuscire ad integrarci ed essere così tutti uguali, uomini e donne, persone d’oriente e d’occidente? Pertanto penso che la moda e la scelta di vestirsi in un determinato modo possano essere un modo per superare i limiti, un modo per esprimere noi stessi.

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  15. Martina P.   8 Ottobre 2016 at 15:42

    La questione del burkini è stata trattata quest’estate come lo scandalo della farfalla di Belen, né più né meno. Non solo giornalisti ed esperti hanno commentato (come è giusto che sia!) la questione. Ho visto in fermento i programmi di Barbara d’Urso, celebrità indignate, persone che qualcuno chiamerebbe “famose”, mettersi in mostra e utilizzare questa questione per apparire. Credo si sia capito che, nella mia opinione, si tratti del classico tormentone estivo. Nonostante questo, è spunto di riflessioni. Lo Stato francese è laico e dovrebbe permettere ad ognuno di esprimere la propria fede. Capisco però che, dopo tutti gli attentati avvenuti in Francia, aleggi la paura e che i sindaci facciano il possibile per difendere i loro cittadini (anche prendendo decisioni sbagliate). ll burkini ricorda loro tutto il sangue versato oltre ad essere un simbolo religioso che rinvia a un’immagine di donna asservita all’uomo. Parlo di “decisioni sbagliate” perché il burkini in sé lo ritengo innocuo poiché permette alle osservanti di avere un po’ di refrigerio, fare il bagno e in qualche modo integrarsi. Il viso è esposto e, se la donna va in acqua, il burkini aderisce al corpo quindi bombe e armi varie si vedrebbero.
    Non si tratta di qualcosa di coprente come il Burqa che non scopre il viso. Il senso di vietare il burqa ad esempio mi è gia più facile da comprendere. Non è diverso dalle leggi italiane che impediscono di usare il casco quando non si è in moto o il passamontagna non in montagna. Molta gente paragona burqa e burkini in modo insensato secondo me.
    Inoltre in spiaggia troviamo già persone coperte ma nessuno sembra farci caso o lamentarsi. Basta pensare alle suore, ai frati…(d’altronde non sono anche quelli simboli religiosi?) Allontanandosi dalla religione troviamo i nonni vestiti con tanto di scarpe e camicia sotto l’ombrellone (il mio non credo di averlo mai visto in costume!); eppure non mi pare che vengano mandati via dalla spiaggia. Addirittura in Giappone c’è chi va al mare in giacca e cravatta, vestito di tutto punto e quando trovano qualcuno in costume, questo viene visto come una sorta di attrazione, diventando un soggetto fotografico curioso.
    Come ultima cosa mi chiedo se questo divieto incoraggi o interrompa il cambiamento. Magari la povera donna multata in spiaggia davanti agli occhi dei personaggi del metalogo, aveva dovuto faticare per convincere il marito d’altri tempi a farla indossare il burkini, che ad alcuni islamici paradossalmente potrebbe sembrare troppo osé! Tra l’altro questi mariti non sono molto furbi: con il burkini le loro donne sono al centro dell’attenzione e vengono osservate tra le chiacchiere dei bagnanti (proprio ciò che questi uomini che pensano ancora di essere superiori alle donne, vorrebbero evitare).
    Insomma, come in tutte le cose non c’è soltanto il bianco o il nero. Non mi sento completamente in grado di dire se sia giusto o meno il provvedimento preso dai sindaci francesi ma certamente estremizzare o generalizzare dicendo che chi indossa il burkini è una potenziale terrorista è come dire che chi sfoggia un bikini particolarmente striminzito è una potenziale prostituta. Penso che ognuno debba essere libero di (s)vestirsi come gli piace e pare. Quando arriveremo a quel punto, il mondo sarà certamente migliore.

    Rispondi
  16. Nicole P.   8 Ottobre 2016 at 16:17

    Tormentone? Bisogna parlare di tormentone quando il burkini o comunque la derivazione del coprirsi in questi paesi è risaputa esserci? Ma cosa vi aspettate, se una donna va costantemente coperta in giro che di punto in bianco si spogli di tutte quelle che possono essere convinzioni, doveri e libertà solo perché è al mare? A mio parere questo è stato il solito argomento per generare ancora più dissapori tra le diverse culture.
    Tutto ciò fa scalpore solo perché ormai siamo abituati troppo dal punto di vista contrario, ovvero il nudo. Solo fino a qualche anno fa, la così chiamata brasiliana nelle spiagge non era comune vederla, ora invece anche ragazze che non hanno proprio un fisico eccezionale la indossano.
    Il non parlare degli stilisti a mio avviso è una scelta di marketing, infatti tra coloro che indossano il burkini ci sono i maggiori clienti delle grandi firme.
    Un altro punto per non parlarne è alla diversa via che secondo me la moda sta cominciando a prendere. Non ci stiamo accorgendo che quest’anno sono tornati i costumi interi? Un modo di ricoprisi, quindi chissà cosa indosseremo tra 5 anni.
    Legare un burkini a ciò che purtroppo è accaduto e che sta accadendo da parte di un gruppo islamico è il solito discorso da persone ignoranti che parlano giusto per fomentare le folle. Esempio emblematico in questo dialogo è : “scopare come ricci”. Quando viene chiesto il senso della metafora nessuno sa rispondere.
    La solita figura da stupidi dal momento che tanti paesi come per esempio la Cina si copre per l’esposizione al sole, oppure perché non ricordare il pregiudizio che avevano le donne nobili una volta? Abbronzarsi era simbolo di povertà. Il problema di fondo anche in questo caso è la cultura.
    Cultura che manca a tutti e che porta al non voler capire l’altro.

    Rispondi
    • Marco   8 Ottobre 2016 at 16:41

      Nicole ha ragione, JScoreggia dice stupidate per coprire il suo uso abominevole della metafora del riccio. Tra l’altro il simpaticissimo animaletto ha le spine sul dorso, il ventre è liscio e quindi è probabile che quando si riproduce la femmina si rovesci sul dorso per permettere al partner di non pungersi. Credo che l’autore abbia voluto suggerire con le stupidate di JS come dice Nicole che quando si hanno pregiudizi il discorso si inventi di tutto per aver ragione.

      Rispondi
      • Max   8 Ottobre 2016 at 16:57

        La riccia si mette sul dorso per non pungere il povero riccio! Così può prendersi anche i bacini! Ma cosa state dicendo. Ma studiatevi un po di etologia riproduttiva. I ricci lo fanno da dietro!

        Rispondi
        • Antonio Bramclet
          Antonio   8 Ottobre 2016 at 17:08

          Ehi! Sapientone Max diccelo tu allora come fa il riccio a non pungerselo

          Rispondi
          • Max   8 Ottobre 2016 at 17:30

            Invece di fulminarti il cervello con pseudomode come il burkini potresti ogni tanto leggere libri scientifici. Gli aculei del riccio sono pericolosi quando si incazza. In altre situazioni può tranquillamente non renderli eretti e duri. Per esempio quando la riccia decide di riprodursi. E poi per togliere di mezzo ogni possibile rischio la natura ha fatto evolvere l’organo riproduttivo maschile dandogli una lunghezza conforme al problema da risolvere.

  17. AgneseP   8 Ottobre 2016 at 17:23

    Questo articolo mi è stato molto utile, ho scoperto molte cose interessanti a riguardo del burkini che non sapevo e credo come me tanti altri. Soprattutto la questione della parola burkini come fusione tra burka e bikini è molto interessante e inevitabilmente porta a riflettere parecchio.
    Sinceramente penso che una donna libera di scegliere possa tranquillamente indossare ciò che vuole. Che sia un perizoma o appunto un burkini. Rispetto ogni scelta estetica benché sia una scelta in massima libertà e mai imposta però.

    Rispondi
  18. Robby   8 Ottobre 2016 at 17:43

    Ehi Max cosa significa che la natura ha fatto evolvere l’organo dandogli una lunghezza conforme al problema?

    Rispondi
    • Max   8 Ottobre 2016 at 19:58

      Significa semplicemente che c’è l’ha molto più lungo del tuo

      Rispondi
      • Robby   8 Ottobre 2016 at 20:04

        Tipo?

        Rispondi
        • Max   8 Ottobre 2016 at 20:12

          Fatte le debite proporzioni è come se il tuo ti arrivasse alla fronte

          Rispondi
          • Robby   8 Ottobre 2016 at 20:18

            Magico riccio!

  19. Elena P   8 Ottobre 2016 at 18:37

    Ormai tutto quello che riguarda la cultura mussulmana automaticamente diventa sbagliato e, come è successo a Cannes, si mette in evidenza un problema che non si può considerare tale accentuando delle tensioni che esistono già.
    Il burkini è da biasimare solo per il semplice fatto, a mio parere, che è una costrizione e negazione della femminilità poi ognuno nella sua vita deve sentirsi libero di fare quello che vuole, da andare in spiaggia nudi o tutti coperti basta agire nel rispetto degli altri.

    Rispondi
  20. Gabriele   8 Ottobre 2016 at 20:34

    Io non ci credo alla teoria del riccio superdotato. Max posta delle foto

    Rispondi
  21. Lamberto Cantoni   8 Ottobre 2016 at 22:06

    Fermi tutti! Basta cazzate sul riccio. Io speravo che qualcuno di voi contestaste la metafora argomentando che in realtà si trattava di una analogia. Ogni altro riferimento alla sessualità dei ricci verrà censurato.

    Rispondi
  22. Virginia P.   8 Ottobre 2016 at 22:38

    Il Burkini fa scandalo nello società occidentali nel 2016, le stesse che in un tempo non troppo lontano si scandalizzavano invece per il Bikini: sembriamo sempre tutti affetti da una memoria convenientemente corta.
    Buffo, vero, come tutto cambia in fretta?
    La moda più di tutto il resto! Se prima era questione di decenni, nel 21esimo secolo si parla di anni e semmai mesi, quindi molto probabilmente la prossima estate troveremo un banalissimo burkini esposto assieme a quelli che ai nostri occhi ormai sono dei banalissimi bikini.
    Ovviamente per me è comprensibile il perché di tale polverone in Francia: provando un attimo a mettersi nei panni dei francesi, beh, è chiaro che verso tutta la comunità islamica (residente lì da anni) ci sono al momento sentimenti molti negativi, dopo i diversi attentati, è c’è una palese tensione nel tessuto sociale nazionale.
    Onestamente però ricordo che quando sentii parlare per la prima volta delle restrizioni verso questo ”nuovo indumento da mare”, pensai che fosse una scelta piuttosto petulante, azzardata, totalmente inutile e anche abbastanza umiliante ed offensiva, in ultimo pericolosa.
    Perché? Perché mettendomi invece nei panni di un islamico praticante una cosa del genere ha lo stesso effetto delle vignette di Charlie Hebdo.
    E’ una mancanza di rispetto.
    La cifra nobilitante delle nostre civiltà occidentali, ciò che più rinfacciamo ai fondamentalisti islamici, non è forse la cosiddetta libertà di pensiero, di espressione?
    E allora ce ne dobbiamo prendere la responsabilità in ogni situazione, non solo quando fa comodo o quando dobbiamo ribadire quanto siamo superiori rispetto a voi ciechi, credenti, fondamentalisti.
    Vivere in una società libera di esprimersi vuol dire probabilmente anche vivere in una società multiculturale, dove culture con stili di vita estremamente diversi devono avere lo spazio per rispettare in pace i loro credi.

    Rispondi
  23. Ilaria P   9 Ottobre 2016 at 14:57

    Vista tutta l’attenzione mediatica che viene data al burkini e alla regione islamica secondo me gli unici sottomessi siamo noi. Non possiamo negarlo, siamo sottomessi dalla paura a tal punto che ci soffermiamo a criticare un semplice capo d’abbigliamento. Siamo caduti nella trappola più grande ovvero quella di fare di tutta l’erba un fascio. Quante volte da italiani ci siamo sentiti dire “pizza, mafia e mandolino”? In occidente abbiamo lottato tanto in passato per ottenere diritti e libertà, invece ora stiamo regredendo. Ci stiamo abbassando al livello di proibizionismo dei paesi poco sviluppati sotto questo punto di vista.
    “Nel tuo paese io non posso mettermi il bikini quindi te nel mio paese non puoi metterti il burkini”. Siamo tornati ai tempi di occhio per occhio, dente per dente?
    Secondo me per le donne islamiche poter indossare il burkini e andare in spiaggia è gia un passo avanti per la libertà (è più attillato di un burka e quindi fa vedere maggiormente la fisicità di una persona), la stessa libertà che noi dovremmo rispettare e per la quale abbiamo lottato per anni. Ci sono cose molto più pericolose di un burkini, è inutile stare a soffermarsi così tanto su questo capo. Sinceramente penso che certi cambiamenti e evoluzioni culturali vadano supportati e non repressi, anche perché mettere divieti su divieti servirà solo ad aumentare il terrore e l’odio razziale.

    Rispondi
  24. Sara P   9 Ottobre 2016 at 15:06

    Questa estate abbiamo sentito molto parlare del Burkini. Trovo interessante l’articolo soprattutto perché non mi ero mai soffermata su questa parola che è la fusione tra burka e bikini che mi ha fatto molto pensare a questa contraddizione. Parliamo di burka che è l’abbigliamento che copre completamente il corpo e il bikini che invece porta a scoprirlo. Secondo me il burkini è una negazione della femminilità ma credo anche che ogni religione e tradizione vada rispettata se non crea danno alle altre persone. Purtroppo i fatti di cronica anche attuali ci portano a dover sapere esattamente chi abbiamo difronte e cosa può nascondere, quindi vestirsi in questo modo provoca un grosso disagio e un danno verso le altre persone. Quindi se fosse solo un fatto estetico, questo non porterebbe un serio disagio a nessuno. In ogni caso, gli immigrati oppure semplicemte le persone straniere in vacanza in qualsiasi paese drovebbero avere il rispetto di adeguarsi alla cultura del paese dove si trovano.

    Rispondi
  25. Chiara P   9 Ottobre 2016 at 15:59

    “Coprire o scoprire? La guerra culturale giocata sul corpo delle donne. Oltre il burkini, il valore dov’è?” Si esprime così Erika B, trovando le parole giusto, a mio parare, per affrontare l’argomento in corso. Non trovo nulla che per me possa far scalpore, siamo donne ci piace andare in spiaggia, la sabbia, il mare, la salsedine sulla pelle o sui burkini, il sole caldo. Siamo donne prendiamoci le nostre libertà e le nostre indipendenze..sono davvero felice che qualcosa si sta muovendo, sopratutto da parte loro, dalle donne musulmane che vogliono essere come noi..uguali con le proprie diversità!!!

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  26. Ausilia P   9 Ottobre 2016 at 17:16

    Dare alle cose una certa importanza non permette di analizzarle in maniera oggettiva. Certamente se non vi fossero già stati dei precedenti nei confronti della cultura islamica, il burkini non avrebbe fatto così scalpore. I pregiudizi che abbiamo nei confronti di una cultura che ci appare così diversa dalla nostra ci fa dimenticare di un valore molto importante per noi, la libertà. Seppure ai nostri occhi appare come una contraddizione dover coprire il proprio corpo per motivi superiori alla persona stessa, ovvero la religione, ciò non toglie che per i credenti islamici il burkini può essere un elemento di libertà per poter praticare sport o semplicemente godere di una giornata di svago al mare. Lo spirito di osservazione di Aheda ha portato a un’ottima trovata commerciale ma ad ogni modo siamo stati noi che parlandone e stupendoci abbiamo messo questo nuovo indumento sotto i riflettori. Il burkini non è altro che un elemento di moda e come tale dovrebbe esser visto con una certa leggerezza anche perché, oggi c’è, domani non si sa. D’altra parte non possono essere le nostre paure a imporre divieti arrivando a violare il diritto di libertà che ci contraddistingue ma soprattutto non accettando gli altri per ciò che sono veramente (il risultato di cultura, tradizioni, religione, usi e costumi).

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  27. Francesca P.   9 Ottobre 2016 at 17:21

    Dopo svariate polemiche sorte quest’estate, definirei il burkini come il nuovo simbolo del terrorismo.
    La Francia che si dichiara un paese laico sta vietando la libera espressione a persone che vogliono professare la loro religione, fomentando così la tensione tra la comunità mussulmana e il resto della popolazione.
    E’ vero, la Francia è in guerra. Ma è veramente giusto ripagare il proprio nemico con la stessa moneta e scagliarsi contro un’intera comunità facendo di tutta l’erba un fascio quando sappiamo che Isis e Islam non hanno lo stesso significato?
    Penso che la Francia dovrebbe difendere i diritti fondamentali dell’uomo, gli stessi per cui ha combattuto in passato: Liberté, Égalité, Fraternité.

    Rispondi
  28. Angela P   9 Ottobre 2016 at 18:08

    E’ comprensibile che i fatti di Nizza abbiano generato paura e sospetto nelle persone.
    Colpisce però come nel paese della “Liberté, Égalité, Fraternité” venga limitata la libertà altrui.
    Non è certo vietando il burkini che si evitano le stragi, anzi, forse andando a colpire i loro usi e costumi non si fa altro che provocarli. La minaccia non sta nel burkini, potenzialmente la minaccia è ovunque. Infatti se si analizzano gli attentati avvenuti prima di Nizza (es. Bruxelles) si nota che gli attentatori erano vestiti all’occidentale, con un semplice maglione e un paio di pantaloni.

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  29. Marina P.   9 Ottobre 2016 at 20:02

    Il burkini un totale non senso? Quest’estate sia la parola burkini che il capo in sé ha fatto agitare l’Occidente, tutti ne hanno parlato, ma quello che mi chiedo è se veramente è stato compreso dagli occidentali il significato che ha il burkini. Per il mondo islamico è un simbolo di appartenenza, è la dimostrazione del loro credo. Se sia vero o meno che Allah non ha scritto nulla riguardo il burka, non giustifica né il giudizio né il comportamento che l’Occidente ha nei confronti dei mussulmani, come l’aver proibito l’uso del burkini. In Occidente siamo solamente riusciti ad ostacolare la loro religione e a trasformare un semplice burkini in una minaccia. In questo caso l’ignoranza ha creato dei pregiudizi che hanno costretto quelle persone che indossavano il burkini a limitarsi, a negare ciò che sono. Non possiamo fottercene dei loro usi e dei loro costumi, perché siamo i primi ha pretendere nei paesi mussulmani la libertà quando non è possibile averla, dato che il mondo islamico ha un codice civile che si fonde con le regole della loro religione. Quindi dobbiamo essere tolleranti ed aver rispetto, perché a differenza loro, noi abbiamo la libertà di scegliere, di vivere in una società multiculturale. Ho apprezzato molto che il mondo della moda non si sia sbilanciato più di tanto nelle considerazioni riguardo il burkini, perché secondo me la moda è quel mezzo che usiamo per liberarci e non per limitarci e quindi per me il burkini è un indumento che ha lo stesso senso che ha per i mussulmani, ovvero un legame alla tradizione.

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  30. Sara P   9 Ottobre 2016 at 20:18

    Sinceramente, considero il Burkini non come semplice moda, che, avendo i riflettori puntati addosso, è stata mutata in un mostro simbolo del terrorismo;
    Il Burkini, per quanto mi riguarda, è più di un semplice vestito: è una limitazione.
    Come l’abito in sè è limitante, poiché non ti fa apparire come sei realmente, il Burkini non rappresenta solo un limite all’ aspetto fisico, ma un limite anche mentale, poiché esso rappresenta una “legge divina” secondo la quale esistono, tra gli esseri viventi, delle categorie, diverse tra loro, una più forte e detentrice di diritti e privilegi, l’altra debole, sottoposta alla prima.

    Bisogna considerare che questa “legge divina” è frutto di ignoranza.
    Come in Occidente, prima della protesta di Martin Lutero e la conseguente scissione delle chiese e la nascita del Protestantesimo, I fedeli si affidavano totalmente agli uomini di religione, i quali, essendo le Sacre Scritture in lingua antica, comprensibile dai soli e da alcuni nobili, trasmettevano ai fedeli (e a volte si prendevano gioco di loro) la loro interpretazione delle Sacre Scritture, così succede per gli islamici, i quali si affidano a ciò che gli viene raccontato e, quando qualcuno di loro ha il coraggio di protestare ( ex. Malala, ragazzina che a soli 16 anni vinse il Premio Nobel per la pace, poiché ebbe il coraggio di protestare per il diritto all’istruzione femminile, la quale, inoltre, venne quasi uccisa a causa della sua lotta) lo considerano traditori della Fede, semplicemente perché si sono sempre basati su ciò che hanno raccontato loro, perché si sono sempre accontentati di ciò che avevano, per paura.

    Questa è la base dell’ignoranza.
    L’ignorante non è lui che ti vende fischi per fiaschi, ma è colui che si affida totalmente e ciecamente a ciò che gli viene raccontato.
    L’ignoranza è la mancata curiosità, la mancata voglia di conoscere, il mancato coraggio di essere avidi nel sapere e non affidarsi più a ciò che ci viene detto, ma vivercelo, poiché è proprio attraverso l’esperienza che ci possiamo considerare non ignoranti.
    Questo tipo di ignoranza sta, secondo me, alla base del Burkini.

    L’Occidente, comunque, sentendosi superiore a certi modi di pensare, è ancora più ignorante, poiché rinnega la sua storia, secondo la quale, anche esso ha avuto un passato come quello islamico, ovvero di repressione e negazione dei diritti delle donne.

    Il fatto che noi questo periodo lo abbiamo già passato e superato, non ci autorizza assolutamente a criticare: come i genitori sono comprensivi quando i propri figli fanno degli errori, i quali i genitori stessi nella loro giovinezza hanno compiuto, anche noi dobbiamo essere comprensivi con gli islamici, poiché sono, per quanto riguarda i diritti, anni luce dietro a noi, forse perché non hanno mai avuto la fortuna di avere un Martin Lutero che protesti contro una religione troppo scellerata, una Mary Quant che se ne freghi altamente dei pregiudizi e dia vita alla minigonna, forse perché non hanno mai avuto il coraggio di alzare la testa e smettere di obbedire a leggi troppo dure.

    Dobbiamo essere solidali, non critici, poiché anche noi un tempo abbiamo mangiato su quel piatto su cui, adesso, stiamo sputando.
    L’unione fa la forza.

    Rispondi
    • Luciano   10 Ottobre 2016 at 16:03

      Mi piace il punto di vista di Sara. La nostra presunzione di essere i più bravi,i più giusti potrebbe rivelarsi un modo per dissimulare la nostra ignoranza. Però con il buonismo non si va molto lontano con gli islamici.

      Rispondi
  31. Valentina P.   9 Ottobre 2016 at 22:38

    Il Burkini potrebbe rappresentare, come fu il bikini per le donne occidentali, per le donne musulmane un inizio di emancipazione.
    Vietarlo potrebbe essere controproducente per le donne musulmane che stanno cercando di evolversi.
    Come in tutte le evoluzioni l’uomo è stato sempre spaventato da questo, di conseguenza lo proibisce. Ma sono sicura che saremo spettatori di una rivoluzione pubblicizzata proprio da un divieto di esporsi al pubblico!

    Rispondi
  32. Gloria P   9 Ottobre 2016 at 23:13

    Ogni cultura ha i suoi principi, le sue regole, la sua idea di libertà e i suoi divieti. Ciò che è giusto per alcune può essere considerato sbagliato per altre. Penso che l’utilizzo del burkini si possa considerare come un grande passo verso la libertà, in modo che le donne di fede musulmana possano farsi il bagno in mare come fanno le donne occidentali senza rinunciare ai loro principi.
    Io ritengo che l’argomento trattato recentemente dai media circa l’utilizzo dei burkini in occidente sia un’esasperazione.
    Questo comportamento, che le autorità francesi hanno adottato recentemente, è sicuramente dettato da una necessità di protezione e difesa verso i propri cittadini dopo gli ultimi tragici episodi di terrorismo.
    Bisogna anche ricordare che alla Milano Fashion Week 2016 l’artista Alessandro Giorgetti in collaborazione con la stilista Bahar Primavera ha ideato il progetto “L’Ottavo Chakra”. Consiste nella realizzazione di otto creazioni che rappresentano gli otto chakra. L’ottavo chakra consisteva in un burqa provocatorio indossato da una transgender, con lo scopo di trasmettere la libertà di espressione, diritto indissolubile di ogni individuo. Questa provocazione è stata considerata come un terremoto culturale, che ha portato la visione comune a fare un salto fuori dagli schemi, oltre gli ormai assodati dogmi a cui la società contemporanea ci ha abituati, illudendoci di essere liberi.

    Rispondi
  33. Alice   11 Ottobre 2016 at 16:48

    Sì però con il relativismo non si va molto lontano con gente determinata come gli islamici. Inutile dire che le donne sono libere di indossare il burkini se poi invece sono obbligate a metterselo. Io credo che la nostra moda sia divenuta una occasione per esprimere materialmente la nostra fede nella libertà di poterci esprimere. Lo so che in passato non era così. Ma oggi abbiamo conquistato questo diritto. Per me significa che la moda ci aiuta a vivere meglio. Credo sia giusto difenderla. Il burkini è nemico della libertà? Io penso di no, ma trovo positivo che ci siamo preoccupati. Significa che non vogliamo sottometterci e questo mi spiace dirlo è più importantante dei divieti che poi non hanno realmente fatto male a nessuno e forse verranno tolti.

    Rispondi
  34. Roberto P   14 Ottobre 2016 at 18:13

    Metalogo davvero interessante come anche il dibattito sull’accoppiamento dei ricci.
    Mi fa riflettere sapere che il burkini sia stato ideato più di dieci anni fa, e solo ora sia diventato un tormentone…
    Ad ogni modo ritengo il burkini un trovata commerciale geniale. Di questi tempi si fa pubblicità da solo e risponde ad una necessità reale, ma non sarebbe più facile mettere una bomba in uno zaino o in una borsa da mare?
    Le uniche bombe di cui dovremmo avere paura sono le parole, fa parte della natura umana cercare un cattivo, l’odio verso qualcosa unisce ed è un ottimo metodo per distrarre e muovere le masse a proprio piacimento. La guerra è un business c’è sempre qualcuno che ne trae profitto, e instaurare l’odio è il primo investimento da fare. Forse a volte sarebbe meglio saperne meno, leggere meno giornali e guardare meno telegiornali, mettersi al riparo da tutte le stronazate con cui ci ‘bombardano’ e magari informarsi autonomamente.
    Impari a conoscere di più la cultura islamica andandoti a fare un Kebab che guardando studio aperto.
    Mi scuso per il commento forse poco riflessivo ma credo che a volte sia meglio toccare con mano certe cose o magari parlare con chi veramente indossa un burkini (per scelta o non), anzichè perdersi in discorsi e riflessioni, quasi sempre, fini a se stesse.

    Rispondi
    • Ivanna P   24 Ottobre 2016 at 17:14

      Il problema é che le persone non apriranno i suoi menti alle nuove invenzioni che cercano unire tutte le culture, non sto dicendo che dovrebbero condividere le stesse idee, ma li devono tollerare. Un altro problema sarebbe la sensibilità causata dai ultimi eventi, che é comprensibile si ci mettiamo al posto dei francesi, man non giustifica il modo in cui musulmani sono trattati, le pistole reali qui sono il odio e la mancanza di rispetto.

      Rispondi
  35. Camilla P   20 Novembre 2016 at 21:16

    Il burkini, a parer mio, è un’intuizione commerciale nata tra la moda e il marketing, esportata molto tempo fa dall’Australia. Proporre il burkini sulle spiagge può essere interpretato come una provocazione e non più come un atto di pudore nel coprire il proprio corpo. Si ottiene un effetto boomerang: invece di nascondere attira l’attenzione e si rivela non così sobrio come vorrebbe essere. Come Mary Quant è divenuta famosa per aver inventato la minigonna negli anni ’60 oggi, Aheda Zanetti, diventa conosciuta per l’invenzione e la realizzazione di questo particolare capo. Ma quando guardiamo l’unione tra il burka e il bikini veramente analizziamo un capo di moda, oppure analizziamo un preciso pensiero religioso-culturale?
    Fermarsi all’apparenza può diventare un’offesa nei confronti di tutte le donne che decidono di indossarlo, perché la sobrietà non si riduce solo a ciò che si indossa al mare, ma è piuttosto un modo di essere.

    Rispondi
  36. Giorgia Verdini   22 Novembre 2020 at 13:24

    Oggi la società si scandalizza per il burkini, ieri si scandalizzava per il bikini, mi verrebbe da dire che la società abbia paura delle novità, soprattutto parlando della società occidentale che come dici Minnie nel dialogo “pensare che la moda sia qualcosa di inventato dall’occidente, che solo noi siamo i padroni delle mode”. A parer mio la società occidentale crede di essere “superiore” al resto, che essa sia migliore, che abbia paura di pensare che l’oriente abbia invece le sue proprie tradizioni, che ovviamente sono diverse da quelle dell’occidente, e che con queste tradizioni abbia anche una moda diversa.

    Rispondi
  37. Silvia Savioli   22 Novembre 2020 at 13:26

    Penso ci siano problemi molto più grandi rispetto a una donna che indossa un Burkini in spiaggia. Ognuno è libero di vestirsi come vuole, se questo lo fa essere a suo agio. Il burkini è stato descritto come la soluzione perfetta per le donne musulmane che vogliono avere la possibilità di nuotare, senza la necessità di spogliarsi e rivelare il proprio corpo, quindi perchè dovrebbe rappresentare un problema? Una donna può scegliere di indossare ciò che vuole, sia che si tratti di un Burkini o altro, a patto che sia una scelta libera e non imposta da altri.

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  38. Alice Colombari   22 Novembre 2020 at 17:06

    Secondo il premier francese Manuel Valls, il costume islamico che nasconde il corpo femminile è “incompatibile con i valori della Francia e della Repubblica”. Ecco, secondo me, invece, ognuno è libero di indossare quel che vuole.
    Il burkini, non pone nessun problema di riconoscimento, di sicurezza; perché un velo dovrebbe essere accettato in alcuni luoghi e in altri no?
    Si tratta di simboli religiosi e culturali, molte donne che li portano, li portano per scelta personale altre invece perché costrette dalla loro società di appartenenza; ma per quale motivo o per quale ragione sociale vietare per legge la libertà di indossarli? Non è un crimine se una donna, per scelta, vuole rimanere coperta.
    Trovo completamente discriminatoria la decisione di ‘vietare il burkini’, invece trovo assolutamente consono l’esempio delle suore; perché la loro libertà di scelta non viene messa in discussione?
    Ognuno è libero di indossare ciò che vuole, soprattuto ognuno è libero di portare avanti i propri ideali religiosi e culturali.
    Nella moda, nella società di oggi, ogni ‘nuova invenzione’ desta scalpore, in quanto ‘novità’, nonostante ciò dopo qualche mese diventa normalità. Ognuno di noi è libero di fare scelte religiose, culturali o sociali, non è un crimine fare una scelta ma una libertà che ognuno di noi ha.. sempre che di libera scelta si tratti.
    C’è una grande differenza tra chi liberamente accetta una tradizione culturale e chi subisce l’imposizione.
    Molte donne musulmane, si sono realizzate, con un’alta considerazione di se stesse pur indossando il velo o il Burkini.

    Rispondi
  39. Fedor Beserra   22 Novembre 2020 at 17:07

    Purtroppo viviamo in una società maschilista, coperto o scoperto, il corpo femminile è comunque considerato un oggetto sessuale: gli islamici radicali lo coprono, il capitalismo mette la sua nudità a valore. Il mio punto di vista è che le donne debbano avere la possibilità di scegliere. Questa scelta dipende essenzialmente dal contesto socioculturale, in cui esse vivono, e non può in alcun caso essere deciso dall’esterno.
    Non si può, insomma, pensare di far fronte al pericolo del terrorismo imponendo misure che lo fomentino.

    Rispondi
  40. Jessica Mazzola   22 Novembre 2020 at 19:14

    Ogni paese ha i propri valori, valori che dovrebbero essere rispettati. Parto dicendo che non sono assolutamente d’accordo con l’idea del Burkini e che credo profondamente che esso si basi su un ideologia di asservimento della donna.
    Tante donne hanno lottato per il femminismo, per una parità di diritti nei rapporti civili, economici, politici e quant’altro. Questa estrema divergenza ideologica che è nata con il Burkini e che si protrae fino ad oggi è un problema esclusivamente sociale e culturale.

    Siamo nel 2020 e per noi andare al mare in bikini è una cosa più che normale, c’è chi preferisce la brasiliana, c’è chi invece preferisce la culotte, c’è chi preferisce il costume a vita alta, c’è chi vuole indossare il costume intero e c’è chi per religione e ideologia vuole indossare il Burkini.
    Perchè dobbiamo vietare a delle donne di fare il bagno in mare semplicemente perché indossano un Burkini? Possono camminare per le vie di ogni città tutte ricoperte e con un velo in viso ma non possono farsi un tranquillo bagno perché considerate troppe coperte? Credo che questa cosa possa essere superata e non intendo dire che uno debba condividerla ma semplicemente accettarla. Se veramente noi occidentali ci riteniamo così avanti e così “contemporanei” credo che possiamo accogliere un’ideologia diversa dalla nostra.
    Personalmente mi è capitato diverse volte di vedere donne al mare ricoperte da un Burkini e sicuramente dentro di me ha creato molto scandalo ma non per forza queste donne devono essere negate della loro cultura. Perché dovere mettere un divieto? Crediamo che delle donne che nuotino in Burkini possano essere una minaccia per la nostra società e per i nostri valori? Penso che su queste domande si debba ragionare ancora molto e credo anche che due o più paesi diversi fra di loro debbano creare una comunicazione bidirezionale piuttosto che tirare su un muro dove entrambi i valori debbano essere negati.

    “Chi ha più testa la usi” mi dice sempre mia mamma in ogni discussione o litigio. Ognuno di noi ha sensibilità diverse e non si accorgere che certe frasi o fatti possono ferire l’altro. Se ci si sente più “avanti” forse è il caso di fermarsi per primi e comprendere che magari anche noi possiamo avere qualcosa di sbagliato. Se ci consideriamo più in gamba dobbiamo dimostrarlo, metterci in discussione e cercare di capire che anche l’altro può avere le sue motivazioni.

    Rispondi
  41. Lucia Morigi   22 Novembre 2020 at 20:35

    I diritti umani sono per definizione “i diritti inalienabili che ogni essere umano possiede”, ad ogni persona vengono conferiti certi diritti fondamentali, semplicemente per il fatto di essere un essere umano, definiti come tali perché non sono semplicemente un privilegio.
    Quando la gente non conosce bene questi tipi di diritti cade in comportamenti come la discriminazione, intolleranza e ingiustizia.
    Per entrare nel contesto della discussione vorrei, infatti, citare due di questi diritti; “ Siamo Tutti Nati Liberi ed Uguali. Siamo nati tutti liberi. Abbiamo tutti pensieri ed idee proprie. Dovremmo essere tutti trattati allo stesso modo” (vorrei correggere che non dobbiamo essere trattati con uguaglianza ma con equità poiché ognuno ha una propria storia personale che non è mai uguale a quella dell’altro). Libertà di Espressione. Abbiamo tutti il diritto di farci delle idee proprie, di pensare quel che ci pare, di dire quello che pensiamo e di condividere le nostre idee con altre persone.
    Detto ciò il burqa non è mai stato utilizzato come simbolo di sottomissione, in origine il burqa “velo”, veniva utilizzato anche come mezzo di distinzione sociale, coloro che indossavano il burqa provenivano da ceti sociali nobili, indossavano questo capo proprio per non farsi vedere dal popolo.
    Oggigiorno riconosciamo però il burqa come simbolo di religiosità islamica.
    Ma il punto è perché le donne islamiche portano il burqa?!
prima di tutto le donne che scelgono di portare il velo non perforza sono state obbligate, semplicemente è stata una loro libera scelta, infatti così facendo simboleggiano la loro identità religiosa e espressione personale; secondo questo copricapo, promuove la modestia e impedisce l’oggettivazione del corpo femminile, portando l’attenzione dell’interlocutore più che sull’aspetto fisico sull’intelletto della donna.
    Per quanto riguarda il Burkini è un’invenzione che ha permesso a donne facente parte di questa religione di godersi un’aspetto della vita di tutti ovvero poter godersi una giornata al mare o in piscina.
    Personalemente il pensiero che sta dietro al concetto di burqua e tutte le sue declinazioni è stato manipolato e distorto dai pregiudizi e stereotipi che per la maggior parte delle volte è un’opinione preconcetta concepita non per conoscenza precisa e diretta del fatto o della persona, ma sulla base di voci e opinioni comuni.
    Non capisco perché ci sia stato un dibattito così acceso nei riguardi di questo argomento, poiché la storia del velo o di altri copricapi nacque molto prima che l’islam venisse fondato, hanno sempre giocato un ruolo importante in molte religioni compreso il giudaismo e il cattolicesimo.
    Vorrei aggiungere, infine che, come sempre bisognerebbe analizzare il tutto con spirito critico valutando ogni aspetto in maniera oggettiva, e con un pizzico di buon senso.

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  42. Eudochìa Perepelita Baho   22 Novembre 2020 at 20:49

    Capisco un pò la paura con tutti gli attentati che ci sono stati ma sinceramente non condivido il divieto imposto in Francia. Negare loro il diritto di portarlo è come negare loro la libertà; così come un’altra donna di qualsiasi religione ha il diritto di stare vestita in spiaggia come meglio crede è giusto anche per loro con il Burkini. Facciamo un esempio banale: ancora oggi nelle spiagge magari possiamo trovare famiglie con nonne/bisnonne che stanno vestite con un foulard e una lunga gonna e magari le figlie-nipoti accanto con un bikini, sono sicura che la gente non si metterebbe a fissare continuamente e/o a giudicarle, questo perché ogni generazione è abituata a modo suo. Quindi non trovo il motivo per cui una donna mussulmana non debba avere il diritto di essere sé stessa in qualsiasi luogo essa si trovi. Poi sinceramente penso che i problemi della vita siano ben altri e non una donna con un Burkini in spiaggia.

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  43. Siria Vaselli   22 Novembre 2020 at 21:13

    Secondo me bisogna tenere ben distinta moda e religione.
    Il caso del Burkini sicuramente centra con il consumismo e la moda, in quanto le donne islamiche che vengono in occidente tendono ad esibirlo per adeguarsi alle occidentali per quanto riguarda il ritrovarsi liberamente in spiaggia a prendere il sole quasi senza pensieri e “limitazioni” esponendo Burkini elaborati e visivamente anche piacevoli, ma dall’altra soddisfa un bisogno primario che è quello di poter andare al mare ma conservando quelli che sono gli stipiti della religione mussulmana che in un certo qual modo vieta l’esposizione pubblica del corpo femminile.

    Detto questo il Burkini è un mezzo che permette alle donne mussulmane di poter partecipare a svaghi e abitudini occidentali, cosa che altrimenti non sarebbe loro accessibile.

    Per quanto riguarda l’accettazione vorrei sottolineare che imporre un bikini a una mussulmana o multarla perché indossa qualcosa di inusuale in occidente, è sicuramente immorale ma a mio parere è anche immorale costringere un’occidentale a coprirsi da testa a piedi (caldo o freddo che sia) in un paese che abbraccia la cultura mussulmana. Sono dell’idea che le cose debbano essere reciproche, se le mussulmane sono libere in occidente, noi occidentali dobbiamo essere libere nel loro paese. Concordo invece benissimo sul fatto che ogni individuo debba essere riconoscibile e devo dire che il burka classico spesso è stato un veicolo per attaccare e fare attentati spesso e volentieri; detto questo credo che sia necessario un punto di incontro: se vuoi abitare in un paese diverso dal tuo devi tenere presente le regole che in esso vigono. Non dico di eliminare il burka ma bensì di modificarlo in modo che ognuno possa essere riconoscibile e non possa eventualmente nascondere ordigni pericolosi o altro che possa ledere le persone. Il Burkini è l’esempio perfetto di indumento capace di rispettare le caratteristiche religiose mussulmane e i principi di sicurezza occidentali. Io lo proporrei addirittura al posto del burka classico per le strade… È sicuramente più aderente al corpo ma comunque coprente e risponde perfettamente ad entrambe le richieste.

    Dobbiamo essere un esempio per gli altri, sebbene molti non condividano ciò che la religione mussulmana impone, ovvero regole spesso assurde e palesemente sessiste, ma ognuno deve pur sempre rimanere libero di scegliere per sé a patto che queste scelte non ledano la sicurezza altrui. Detto questo ritengo immorale multare una povera ragazza che onora le proprie usanze indossando un Burkini in una spiaggia occidentale, ma non esageriamo proponendo un Burkini come eventuale moda futura universale. È bene secondo me tenere separate le mode in base alle usanze: ogni civiltà, religione e abitudine nasce in un determinato luogo e deve essere ad esso collegato. Poi ognuno è libero di cambiare, adattarsi e mutare, ma va conservata la particolarità intrinseca di ogni civiltà senza rischiare di creare un enorme minestrone di stili e culture diversi come scusa alla “globalizzazione” e all’omologazione intesa come tolleranza universale.

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  44. Beatrice Ricci   22 Novembre 2020 at 21:37

    Il caso mediatico che è stato costruito intorno all’uso del burkini in Europa, sopratutto in Francia, lo trovo abbastanza esagerato poiché alla fine è stato mosso da uno stereotipo nei confronti di chi pratica la religione musulmana che è stato enfatizzato ulteriormente dai fatti di cronaca legati al terrorismo che vi erano stati nel 2016.
    Io penso che sia necessario tenere a mente che terrorismo ed islamismo non sono equivalenti e che di conseguenza non tutti quelli che sono musulmano sono automaticamente terroristi e per tanto non bisognerebbe essere così prevenuti nei confronti di questa cultura anche se molto diversa dalla nostra; per tanto reputo che sia necessario smettere di vedere il diverso come un potenziale nemico ed iniziare ad essere più propensi ad una maggiore apertura verso culture e tradizioni di diverso tipo dato che, come si è potuto vedere nell’arco della storia umana, dall’incontro di civiltà diverse può generare un gran arricchimento culturale.
    Detto ciò per quanto concerne il burkini io penso che non ci sia nulla di male ed offensivo nell’indossarlo poiché in fin dei conti ognuno è libero di indossare quello che vuole e non vedo differenze tra scegliere di indossare un burkini e scegliere di mettersi in bikini piuttosto che scegliere di indossare un costume intero, un tanga o pantaloncini, spetta al singolo individuo decidere cosa sia meglio per lui/lei in base ai suoi valori,gusti estetici, religione ecc….
    L’uso del burkini è stato visto anche come una sorta di ostacolo all’integrazione dal punto di vista di alcune politiche europee ma onestamente dal mio punto di vista è il contrario; infatti grazie all’invenzione di questo indumento le donne che praticano la religione musulmana possono permettersi di andare al mare, in piscina e nuotare senza andare contro i loro principi religiosi e al contempo poter fare le medesime cose delle donne europee, favorendo così in maniera più veloce e naturale l’integrazione all’interno della nostra cultura occidentale.
    In conclusione direi che attraverso il caso mediatico del burkini è possibile evincere che ancora nel mondo prevale un atteggiamento di noncuranza nei confronti di culture molto diverse dalla nostra che va, di conseguenza, solamente ad incrementare stereotipi e xenofobia tra le persone quando basterebbe semplicemente cercare di capire, conoscere meglio il diverso al fine di poter raggiungere una convivenza pacifica.

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  45. Gessica Hima   22 Novembre 2020 at 22:21

    Il termine “Burkini” è certamente un’unione di due significati opposti, potremmo definirla un ossimoro che abbraccia il trasgressivo.
    Un trasgressivo che a mio avviso, dona la possibilità alle donne musulmane di poter andare al mare sentendosi a loro agio nel costume.
    Ponendoci in una digressione storica e culturale, noteremmo che il Burqa nasce come necessità delle popolazioni orientali. Esso infatti, serviva per proteggersi dal sole e dalle trombe d’aria che alzavano la sabbia del deserto. Ad oggi viene spontaneamente associata ad un costume religioso perché l’uomo (estremizzandolo in carnefice di se stesso) pone confini, trasforma letture e decide in base alle proprie conoscenze ciò che e giusto e ciò che è sbagliato. Facendo riferimento all’articolo, potremmo mostrare il Burkini all’essere più spontaneo ed innocente, al bambino: colui che ancora privo di pregiudizi probabilmente vedrebbe il Burkini come una seconda versione della muta da surf e sicuramente non come temibile kamikaze.

    I pareri contrari di alcuni località francesi (ad esempio Nizza) sono il risultato della situazione delicata data dagli attentati che stavano colpendo la Francia. Questi eventi non giustificano le scelte da loro sostenute. La libertà, in fondo, è rispetto morale.

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  46. Aurora Verdone GD3   22 Novembre 2020 at 22:52

    Considerando che l’articolo è datato di quattro anni e che la viralità del burkini si è molto placata ad oggi (o almeno a me non sembra di sentirne più parlare, guardandomi attorno), ci sono alcune cose da prendere in considerazione.

    iL 2020 è stato un anno ricco di “traumi”, uno concatenato all’altro e non sono mancate anche le proteste contro le discriminazioni raziali, che ancora oggi si rivelano essere un problema radicato nella nostra società occidentale, per quanto molti vogliano contestarlo.

    La questione del burkini è probabilmente un’altra prova di come la cultura occidentale in senso lato, comprendendo moda, arte, cucina e così via, sia diventata “standard” nel nuovo mondo globalizzato e come quindi, per quanto molti occidentali si ritengano liberali e aperti, alla fine si sentano punti sul vivo quando influenze da altre culture all’improvviso diventano un po’ più rilevanti, risultando come anomalie che devono essere criticate in ogni caso, con una qualche falla da trovare.

    è vero che il diverso spaventa sempre ed è più facile trovare connotazioni negative in esso (es: il burkini non è sicuro perché potenzialmente potrebbe favorire attentati terroristici), ma alla fine la società evolve, gli usi e i costumi cambiano e il significato di alcuni simboli cambia.

    Come i tatuaggi, per fare un esempio un po’ estremo. Originariamente avevano connotazione negativa perché caratteristici del mondo della galera, quindi automaticamente vedendo una persona tatuata subito si girava alla larga pensando “ecco, questo è un delinquente.” Oggi considereremmo delinquente e quindi un pericolo vagante chi ha un tatuaggio addosso? No, perché adesso “fa moda”.

    Lo stesso si può dire del burkini, che non necessariamente deve essere sinonimo di pericolosità/terrorismo etc. ma può essere tranquillamente un’espressione nuova e diversa del fare il bagno in riva al mare, nella nostra società come è oggi. Chi l’ha detto che bisogna per forza essere nudi per fare il bagno? Diversi decenni fa i primi bikini occidentali erano abbastanza coprenti, dopotutto. L’importante è che chi sceglie di indossare il burkini lo faccia per sua libera scelta, così come chi si tatua lo fa sempre per sua libera scelta, senza dare fastidio o imporlo a nessun’altro attorno a sé, in una reale pacifica convivenza di usi e costumi diversi.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   23 Novembre 2020 at 01:39

      È vero, si tratta di una bolla narrativa esplosa 4 anni or sono, per una sola estate. L’ho trovata interessante dal momento che è un ottimo esempio di come un simbolo possa, in determinate circostanze, accecare la normale percezione o deviarla.
      Per capire come possa essere successo un fraintendimento del genere che per mesi ha polarizzato l’opinione pubblica, dobbiamo prima di tutto comprendere il contesto.
      1. La Francia era ed è uno degli obiettivi privilegiati del terrorismo islamico;
      2. Il reale indumento che può causare seri problemi di prevenzione è il velo integrale (Niqab e/o Burqa)
      3. In Francia e in Belgio il velo integrale è proibito per legge dal 2010; va ricordato inoltre che “la corte europea dei diritti dell’uomo” ha riconosciuto la legittimità della legge citata o per meglio dire, ha sancito che essa non interferisce con la libertà religiosa.
      4. Nel 2015 il consiglio federale svizzero ha inserito la proibizione del velo islamico che copre il viso, nella costituzione cantonale del Ticino (nel 2013 sempre nel Ticino un referendum stravinto dai proibizionisti aveva dato inizio al percorso legislativo dei divieti).
      Ora, se mettiamo da parte una idea di libertà impregnata di romanticismo, bisogna ammettere che è difficile limitare i rischi in presenza di strutture dell’abbigliamento che impediscono l’identificazione degli individui.
      Possiamo non accettare i limiti alle libertà alle quali ci siamo abituati, ma determinate decisioni che vanno in quella direzione, prese da chi ha una responsabilità diretta relativa ai controlli per la sicurezza, sono fin troppo comprensibili.
      Tuttavia, e qui viene il bello, se osservo un burqa indossato e subito dopo un burkino, mi riesce difficile comprendere come possano essere ritenuti simili in rapporto alla dissimulazione del volto e del corpo. Infatti il secondo lascia completamente libera la faccia ed è aderente al corpo. Indossando il burkino non si può nascondere nulla di pericoloso. Le telecamere collegate a programmi di riconoscimento facciale possono identificare chiunque l’indossi. Ma allora come mai la normale percezione ha subito uno scacco? Per farla breve la metterei giù così: esistono capi di abbigliamento che in determinate circostanze hanno la proprietà di perdere il loro statuto di oggetto o forma, per divenire immediatamente segni di se stessi acquisendo una forza simbolica crescente; in questi casi l’ingaggio percettivo non inerisce l’oggetto bensì il significato simbolico che lo ricopre. Per una parte dell’opinione pubblica disgustata dalla brutalità degli atti terroristici, impaurita dall’impossibilità di prevenirli, prevenuta nei confronti di una contaminazione sociale senza soluzioni di continuità, il burkino è stato esperito come se facesse parte dell’Islam che ci invade. Ovviamente, in realtá, non c’è nessuna invasione, lo sappiamo tutti. Abbiamo di certo problemi di integrazione di soggetti che vivono tra noi senza riconoscere i nostri valori basilari. Ma il Burkini non c’entra nulla. Probabilmente, è stato un sintomo del nostro malessere, come se molti di noi fossero precipitati in una sindrome nevrotica, tale per cui, ogni qual volta incontrano il significante dell’altro radicale (quello che ci trascina in un vortice di angosce, paure, rabbia), esperiscono “una guerra in assenza di guerra”. Si comprende dunque come la percezione possa perdere le sue normali configurazioni e far emergere pseudocertezze, illusioni, errori.

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  47. francesco bertozzini   22 Novembre 2020 at 23:40

    Pur essendo contrario al modo in cui l’Islam opprime la donna, in nessun modo riesco a condannare l’uso del burkini.
    Nel momento in cui vieti a una donna con il burkini di nuotare, non stai incoraggiando questa donna a vivere diversamente, la sta semplicemente impedendo di nuotare.
    Una vera e propria violazione dei diritti umani.

    Questa polemica ha evidenziato l’ipocrisia dei governi europei.
    Governi che condannano la misoginia islamica e nello stesso momento aboliscono la protezione umanitaria e lasciano migliaia di migranti in mare.

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  48. Claudia Varano   23 Novembre 2020 at 09:17

    Nonostante questi siano fatti accaduti quattro anni fa, sfortunatamente non penso la nostra società abbia fatto grandi passi avanti da allora, quindi trovo doveroso ricordare che la Francia, essendo uno stato laico, dovrebbe assicurare ad ogni individuo la libertà di esprimere la propria fede, inoltre scegliere di non denudarsi in spiaggia non penso sia irrispettoso o pericoloso nei confronti di niente e di nessuno, al contrario vietare di indossare il velo islamico o il burkini è una violazione dei diritti alla libertà di espressione e di culto.
    Fatte queste premesse, forse la fusione tra le parole burka e bikini può trovare giustificazione nel fatto che entrambi sono composti da due pezzi; comunque sia io non darei tanto rilievo al nome quanto piuttosto al fatto che questo indumento permette oggi a molte donne di fare sport ad esempio, è un simbolo di inclusione non di oppressione, poco importa come si chiama o se diventerà di moda o no.

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  49. Giorgia Baldassari   23 Novembre 2020 at 11:07

    Personalmente non conoscevo questo termine; e ora che mi ci soffermo a pensare, l’unione tra burka e bikini mi porta ad una forte contraddizione in quanto il primo indica una copertura quasi totale del corpo mentre il secondo fu creato per scoprilo. Mi è capitato di sentire persone che dicono che il burka nega la femminilità di una persona, io non sono d’accordo, in oltre bisogna ricordare che ognuno ha credenze diverse a livello religiose e finche queste non provocano danni ad altre persone vadano rispettate. Tutto quello che successe anni fa certamente porta ad un pensiero timoroso sul piano estetico tutta via non possiamo incolpare e giudicare chi rispetta la propria religione e decide di godersi una giornata al mare mantenendo le proprie credenze, quindi secondo me creare un’abbigliamento che permetta di frequentare la spiaggia e godersi una giornata come qualunque altra persona sia davvero una cosa intelligente, e sta a noi iniziare a giudicare meno e a conoscere di più.

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  50. Greta Lodi GD3   23 Novembre 2020 at 12:26

    L’essere umano è (inconsciamente?) un animale estremamente egoista, perciò tutto ciò che non gli appartiene, non gli interessa, non conosce o non COMPRENDE lo ripudia costruendo castelli in aria basati su qualsiasi sciocchezza egli possa toccare pur di dimostrare che l’oggetto o argomento in questione deve essere ripudiato anche da chiunque altro.
    Non mi metterò a dichiarare con quale dei personaggi del metalogo mi trovo d’accordo o meno perchè sicuramente non è questa la cosa importante, ma trovo alquanto snervante trovarmi ancora ad oggi nel 2020 a dover trattare argomenti come la libertà di essere e la libertà di espressione di ognuno di noi (perchè di questo si sta parlando, non di costumi da bagno o di quale sarà la moda più quotata).
    Personalmente ho avuto sia modo di trovarmi con ragazze vestite con un burkini qui in occidente sia di andare negli Emirati Arabi dove le donne vestono il velo: ciò che mi ha differenziata da ognuna di loro è la TOLLERANZA, il famoso “vivi e lascia vivere”. Obiettivamente che fastidio ci da vedere una donna col burkini in Italia, Francia o Spagna, piuttosto che coprirci maggiormente nel momento in cui ci troviamo in un paese che osserva una religione che lo richiede?
    Invito il professor Cantoni piuttosto che chiunque altro abbia voglia o interesse a rispondere alla mia domanda così da aprire una conversazione reale che va al di là di me di fronte ad uno schermo.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   23 Novembre 2020 at 14:06

      La domanda non è del tutto chiara. Spero di non urtare la tua sensibilità ricordandoti che la “libertà” come l’intendi tu, è un privilegio ma anche una responsabilità solo di una piccola parte della popolazione del pianeta. Soprattutto le donne in quasi tutto il mondo pagano un prezzo molto alto in termini di discriminazione. Hai ragione nel ricordarci quanto sia preziosa la tolleranza. Ma quanto possiamo essere tolleranti con chi professa una fervida intolleranza?
      Comunque la consapevolezza che i nostri valori non sono autoevidenti, universali, divini, bensì nostre fragili costruzioni erette dopo inenarrabili sofferenze, dovrebbe stimolarci a difenderli e a migliorarli. Le decisioni sul Burkini non erano certo una difesa del nostro stile di vita e tantomeno un suo miglioramento. Personalmente le considero poco più di una deplorevole sciocchezza. Ma osservare come la Francia, uno dei Paesi più civili che conosco, possa in pochi anni perdere l’equilibrio tra rispetto per le libertà e il campo delle regole che dovrebbero distribuirne i benefici a tutti, in modo quasi comico come l’esempio del Burkini, è stata una vera lezione sui nostri limiti.

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      • Greta Lodi GD3   23 Novembre 2020 at 19:41

        A mio parere, essere tolleranti con chi mostra fervida intolleranza non è altro che seguire lo stesso principio per il quale non ci abbassiamo al livello degli stupidi o dei maleducati in diverse situazioni. Ho letto il commento di Jessica che ha riportato una saggissima frase citata da un suo genitore: “chi ha più intelligenza la usi”. Cos’è la maturità? Secondo me è saper fare un passo indietro di fronte ad una situazione che ci porterebbe ad uscire dalla propria etica morale (magari per il puro gusto di dimostrare di aver ragione). Ecco che allora io scelgo di fare un passo indietro rispetto a questa fervida intolleranza, per il semplice fatto che io non la condivido, restando quindi tollerante, e preferisco in un caso come questo adattarmi.
        Attenzione: adattarsi ad una condizione che non condividiamo è debolezza? No, in questa specifica situazione secondo me è puro rispetto nei confronti di una decisione presa da un’altra persona che osserva una religione diversa dalla mia dato che, e qui torno all’argomento della domanda che ho fatto le commento precedente, a me non arreca nessun fastidio insopportabile.

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        • Lamberto Cantoni
          Lamberto Cantoni   29 Novembre 2020 at 18:28

          Va bene Greta. Immaginiamo pure che la tolleranza divenga un a-priori morale ed etico inderogabile. Una sorta di imperativo kantiano che mettiamo sopra ogni altra questione. Secondo la tua opinione gli integralisti si fermerebbero? Gli attentati cesserebbero? È più intelligente estinguersi o sopravvivere?
          Comunque, e tu sei senz’altro d’accordo, sull’affaire Burkini non abbiamo dato certo prova di grande intelligenza.

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  51. Sara Mascherucci   23 Novembre 2020 at 14:07

    Perché il velo non integrale (chador) dovrebbe essere legale in strada, mentre il burkini che lascia allo stesso modo il viso scoperto illegale ?
    Nel nome dell’integrazione; non possiamo vietare alle donne di fare un bagno al mare solo perché indossano un Burkini. Non penso che il negare una nuotata in mare possa migliorare le oppressioni date dall’Islam verso la donna. Imporre in questo modo un’ usanza o una cultura genererà l’effetto opposto e alimenterà l’islamofobia, forma razziale di cui il mondo non ha bisogno.

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  52. Anzhelika Komarova   23 Novembre 2020 at 14:31

    Ancora lei? Sempre lei. Eh si, parliamo sempre di libertà.

    Mi chiedo da quando una donna che non vuole mostrare le parti del suo corpo viene ritenuta non compatibile con i valori laici della repubblica, francese in questo caso? Come si può solamente pensare di multare le persone solo perché sono più vestite rispetto alle altre o solamente diversamente vestite dalle altre? A questo punto allora facciamo la multa piena alle persone con burkini, metà multa alle donne con costume intero e niente a quelle che portano il bikini… É questa la libertà che tutti i popoli dall’antichità cercavano e per la quale combattevano?

    Non è possibile che a giorno d’oggi siamo ancora a questi livelli, questa è evidente la negazione della libertà. Ognuno è libero di indossare quello che ritiene appropriato e non vedo nessun problema in questo. Le musulmane hanno la libertà d’espressione come noi, siamo tutti uguali e abbiamo gli stessi diritti, ma in molti paesi purtroppo questa idea non esiste. Ma il problema di burkini non è burkini, ma è solamente la paura dell’altro che a quanto pare è diverso da te… Ma in realtà siamo tutti diverso, l’uno dall’altro, non riusciremo mai, mai e poi mai trovare la stessa persona uguale a noi.

    Allora perché questo deve diventare un problema? Noi accettiamo senza problema vari Fashion designer che vanno a volte contro il senso comune e creano delle cose nuove, ma quando si parla di paesi islamici la maggioranza non approva mai le loro ideologie. Molti pensano che la loro cultura in qualche modo delimita la cultura europea. Beh, ve lo dico io, che possono esistere e coesistere insieme senza nessun problema, anzi è anche molto interessante e profondamente culturale capire il prossimo che abbia delle idee diverse da te.

    Il rispetto, ecco cosa ci manca nella nostra società, in tutti paesi in tutto il mondo abbiamo quasi dimenticato questo valore. Se proseguiamo cosi, è come se ritornassimo nel 1900 con tutti i disastri che ha portati verso vari popoli a cui veniva e in molti casi anche viene negata la libertà.

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  53. Aurora Fabbri   23 Novembre 2020 at 14:51

    All’inizio di agosto del 2016, a poco più di un mese dalla strage terroristica di Nizza, il sindaco di Cannes ha emesso un’ordinanza per vietare l’utilizzo del Burkini sulle proprie spiagge.
    La motivazione?
    “Quel costume manifesta in maniera ostentata un’appartenenza religiosa e di conseguenza rischia di creare disturbo all’ordine pubblico”.
    Questa ordinanza ha portato a non consentire l’accesso alle spiagge e bagni alle persone che “Non hanno una tenuta corretta, rispettosa del buon costume e della laicità, che rispetti le regole d’igiene e di sicurezza dei bagnanti nel dominio pubblico marittimo.”

    Riflettendo a lungo su questo articolo e sulle frasi pronunciate dal premier francese Manuel Valls, sono giunta ad una mia constatazione personale: penso che ogni persona debba essere libera di poter indossare quello che vuole, basta che si senta a suo agio nell’indossarlo.
    Alla base di tutto ci deve essere la tolleranza, ovvero un atteggiamento di rispetto o di indulgenza nei riguardi di comportamenti, di idee e di convinzioni altrui, anche se in contrasto con le proprie.

    Negare loro il diritto di non indossare ciò che preferiscono implica il negare loro la libertà.
    Penso che ogni donna debba essere LIBERA di fare quello che preferisce fare, indossare quello che vuole indossare, essere chi vuole davvero essere.

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  54. Camilla Zanotti   23 Novembre 2020 at 15:33

    Il vero problema non sta nel Burkini, il vero problema sta nel respingere quello che non appartiene alla nostra culturale, alle nostre usanze, origini, usi, costumi.. insomma tutto quello che è diverso dal nostro “normale”.
    Il divieto di indossare il burkini è una misura puramente razzista e islamofoba.
    Inoltre per coloro che sono dell’idea che il burqua sia una specie di dittatura della maggioranza allora perché non vedono il burkini come una conquista, un diritto in più a favore delle donne musulmane?
    Alla fine se lo vogliamo individuare per la sua definizione è un costume che permette alle donne musulmane di poter andare al mare ed avere la possibilità di nuotare.
    Leggendo da alcuni commenti ho capito che si tratta di un articolo scritto nel 2016 dove la situazione in Francia per quanto riguarda attentati era molto delicata ma ciò non porta a giustificare tale atteggiamento.
    I media ovviamente sono molto bravi nel loro lavoro, appena è possibile si drammatizza e generalizza, cercando di indirizzare l’opinione pubblica solo su un determinato pensiero ma nemmeno in questo caso tale atteggiamento è giustificabile.
    In più non possiamo ancora oggi scandalizzarci senza avere delle basi, una minima conoscenza..

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  55. giorgia piastra   23 Novembre 2020 at 18:23

    Personalmente ritengo che ognuno debba sentirsi libero di vestirsi come meglio ritiene, che sia per questioni religiose, morali o culturali. Molte donne musulmane sono devote alla loro religione e decidono consapevolmente di coprirsi e abbiano allo stesso tempo comunque diritto a vivere come qualsiasi donna di altre religioni sentendosi libere di poter svolgere qualsiasi azione, come ad esempio il bagno al mare in estate. Non conoscevo prima l’esistenza del burkini ma credo comunque che possa essere un compromesso ed una grande invenzione per le donne appartenenti a questo tipo di culture. Vietare per legge un abbigliamento del genere va contro gli ideali di libertà, uguaglianza e fratellanza caratteristici proprio della Francia ed in fondo di ogni paese occidentale. Noi abbiamo la fortuna di essere nati in un paese libero dove spesso il corpo della donna viene ostentato anche eccessivamente (a parer mio) ma è giusto che ognuno ne faccia ciò che pensa sia meglio per se stesso. Così come noi possiamo farne ciò che vogliamo, allora dobbiamo rispettare anche le idee di altri popoli, finchè ovviamente questi ultimi non creano problemi o scontri. Infatti è comprensibile la paura dei francesi riguardo al terrorismo viste le numerose stragi subite, ma d’altro canto è anche eccessivo istituire una legge che va a colpire donne innocenti che non hanno nulla a che non hanno nulla a che fare con gli attacchi terroristici.

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  56. Rebecca Rizzo   23 Novembre 2020 at 18:45

    Quando si parla della cultura islamica la maggior parte delle persone non sono oggettive perché si tende, purtroppo, a sfociare in tutte quelle paure e stereotipi che nel tempo abbiamo coltivato e con i quali l’Occidente ci ha fatti crescere.
    Il Burkini è solo un esempio di come la multiculturalità sia un concetto ancora lontano dalla sua piena concretizzazione perché vede nelle sua fondamenta il rispetto e l’accettazione dell’altro in quanto tale nella sua cultura, nel suo modo di essere e nelle sue tradizioni, indipendentemente dalla religione. La donna, in questo caso, deve sentirsi libera di indossare quello che preferisce senza aver paura di essere scrutata o umiliata in malo modo da un’altra cultura che, si presuppone libera e sciolta da svariati vincoli etici, non ne tollera le motivazioni.
    Anche la nostra società una volta si è trovata a doversi adattare radicalmente al progresso, per quanto poi all’inizio fosse stato contestato e rifiutato: siamo passati ad utilizzare il nudo come una strategia di vendita che ci ha portato ad una sorta di oggettivazione del corpo femminile, rendendo questa nudità una convenzione estrema, nella maggior parte dei casi eccessiva e volgare. Questo per noi è cultura, per gli islamici lo è indossare un burka. Con questo non voglio dire che appoggio le loro tradizioni ed usanze, però le rispetto e credo che sia compito delle istituzioni e dei canali di comunicazione dare il buon esempio non andando a fomentare atteggiamenti fortemente razzisti.

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  57. Noemi Nevola   23 Novembre 2020 at 18:56

    Dopo aver letto questo lungo ed interessante articolo, reso più scorrevole dal discorso elaborato nel metalogo, sono giunta alle seguenti constatazioni.
    Ogni azione dell’uomo viene provocata dalla paura; una delle emozioni fondamentali che ci caratterizza e che ci induce ad ogni nostra scelta. Tramite la religione l’uomo cerca inevitabilmente di dare un senso alla sua vita, di porre davanti agli altri il suo benessere e le sue scelte, che vede come unica fonte di verità possibile.
    Ed è proprio per questo che ognuno tenta di porre la propria religione al di sopra di quella degli altri, screditandole e costringendo gli altri ad associarsi ad essa. La religione è un “cerotto” che cerca di coprire una ferita che continua ad aprirsi, inoltre non ci darà mai tutte le risposte che cerchiamo. Detto questo… La Bibbia o il Corano, sembrano semplici storie a libera interpretazione.
    I “terroristi” citati hanno preso parte a questo costrutto culturale per cercare di piegare il mondo verso i loro ideali e il loro punto di vista, ma con la forza. Cosa che hanno fatto diversi componenti della religione cristiano cattolica in altri tempi. Tutto questo per far capire che quello che ci guida e ci fa compiere determinate scelte sono la paura e come sempre la necessità di sopravvivere. Per sopravvivere cerchiamo di rubare i rametti raccolti da altri per alimentare soltanto il nostro fuoco e facilitarci il lavoro.
    Ovviamente dopo i terribili attacchi terroristici, le precauzioni prese dai diversi paesi sono state scontate e in buona parte giuste. Il fatto di poter nascondere bombe, non è una questione da poco. Basti pensare che in zone di guerra espongono i bambini, attaccandogli bombe addosso e facendo esplodere villaggi, figuratevi se non possono far esplodere una donna in una spiaggia. Ovviamente nel caso della Francia, dopo i vari attentati la paura ha preso il sopravvento, e i provvedimenti presi erano d’obbligo.
    Quando si parla di questi argomenti bisogna capire anche il contesto in cui ci troviamo e le situazioni, si tende anche a generalizzare e vedere il “nemico” ovunque. Ma immaginiamo dopo tante sofferenze, non credo volessero altri problemi del genere.
    Con questo tendo a giustificare i poliziotti che si sono comportati in quel modo.
    Diversamente credo che il fatto di multare una donna per aver indossato il Burkini, è come aver privato lei di un qualche diritto che in un paese come la Francia ha. Viene imposta, quindi, la privazione di una sua effettiva libertà. Sembra essere inoltre un’imposizione culturale, proprio come quella islamica che ad esempio non permette alle donne di entrare in chiesa senza velo. Che è si una contraddizione; abbiamo la libertà di vestirci come vogliamo e poi questa libertà ci viene tolta senza un’apparente motivo, ma anche una sorta di dispetto; noi non possiamo fare niente da voi e quindi neanche noi ve lo permettiamo.
    In ambito più specifico, parlando del Burkini… Aheda Zanetti ha creato un qualcosa di contrastante, che risulta essere un congiungimento tra l’idea di libertà e quella della propria religione e i suoi limiti. Sicuramente un qualcosa di originale e rivoluzionario, che ora non viene visto così negativamente come in precedenza.
    Siamo abituati a categorizzare ogni cosa, in ogni ambito. Ovviamente così si tende ancora una volta a generalizzare; così ogni donna che porta il burka è una musulmana terrorista, come ogni uomo nero ruba e stupra le donne, oppure ogni tedesco è sempre arrabbiato quando parla… Ma queste cose fanno parte anche del nostro costrutto culturale, basta guardare gli americani come vedono gli italiani “pizza, pasta, mandolino”… Non mi risulta che nel 2020 esistano solo uomini panzoni che fanno la pizza e hanno i baffi…
    I pregiudizi sono intrinsechi in tutti noi, ma sta proprio a noi distaccarci da essi e valutare le persone in base a quello che sono e non alle loro origini o culture, anche se in parte la cultura del loro paese li rappresenta.

    Spero di essere stata chiara e di non aver divagato esageratamente.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   23 Novembre 2020 at 22:12

      Si, sei stata terribilmente chiara. Però vorrei farti riflettere su alcune tue asserzioni. È proprio vero che “ogni nostra azione è provocata dalla paura”? Sei sicura che tutti mettano la propria religione “sopra” quella degli altri? Ancora, come giornalista sono stato in 34 paesi del mondo. Non ho mai incontrato nessuno che mi chiamava “pizza, pasta e mandolino”. È vero, pregiudizi e stereotipi sono diffusi molto più di quanto immaginiamo, forse. Ma siamo capaci di altro, poesia, arte, scienza, per esempio. Credo di aver spiegato in uno dei miei commenti che il burkino è stato un sintomo di un malessere collettivo culminato in una forma di nevrosi molto contagiosa. Ma come hai scritto tu benissimo, il fatto che ora “non viene visto così negativamente” ci suggerisce la possibilità di una cura.

      Rispondi
  58. Enya   23 Novembre 2020 at 20:28

    Semplicemente imbarazzante.
    Per fortuna l’articolo risale a 4 anni fa e ad oggi non mi risulta che il Burkini sia un particolare oggetto di razzismo o protagonista di fervida discussione come invece nell’estate 2016 quando questo fenomeno entrò per la prima volta nel mondo occidentale.
    Ma il problema non sta nel burkini, bensì nelle continue e recidive scelte umane di mettere sempre gli usi e costumi di un mondo religioso piuttosto che un altro sempre al centro di critica e polemica. Nel 2016 fu il burkini, nel 2009 toccò ai crocifissi esposti nelle aule scolastiche, diventati oggetti mediatici per stabilire se fossero o meno una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni e del diritto degli alunni alla libertà di religione.
    Il problema a questo punto siamo solo noi, bravissimi a recitare una pacifica convivenza tra costumi e religioni differenti quando in realtà siamo ancora circondati da persone che considerano un oggetto come il burkini un incentivo a un ipotetico attacco terroristico piuttosto che come un tentativo di integrazione nel mondo occidentale rimanendo coerenti con le proprie religioni… davvero imbarazzante.

    Rispondi
  59. Emanuele Maraldi   23 Novembre 2020 at 20:48

    Il dibattito sul burkini ricopre tematiche ben più ampie e complesse che spaziano dal rapporto tra religione e politica, rapporti di genere e del corpo delle donne.
    Pensare che questo sia l’inizio di un “piano di invasione” islamica o di un pericolo terroristico è il modo più semplice e banale di affrontare una tematica del genere, spesso affrontata e dominata dalla paura, dagli stereotipi o dal razzismo. È ridicolo affermare che un costume come il Burkini, il cui volto rimane scoperto, possa minacciare la sicurezza pubblica.
    Quello che bisogna domandarsi però è se il Burkini, come anche il velo, sia inteso come un libero diritto richiesto dalle donne religiose musulmane o sia inteso come un obbligo imposto. Se il suo utilizzo facesse sempre parte di una libera scelta allora la mia domanda avrebbe già trovato risposta. Ma purtroppo non è cosi.. Concludo citando una frase di Vito Mancuso in merito a questo argomento che aiuta a riflettere:
    “Sia per il cristianesimo sia per l’islam, l’abbigliamento femminile comandato non è una semplice questione di tradizione né tanto meno di gusto, ma suppone una precisa concezione del rapporto uomo-donna all’insegna della subordinazione di quest’ultima.”

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   24 Novembre 2020 at 09:13

      Bella citazione. Però tieni conto che la Chiesa da noi non ha più il potere di fermare le preferenze in termini di abbigliamento delle donne occidentali. Per contro, in molti paesi islamici la repressione del modo di apparire non conforme alla tradizione, è ossessiva e molto dura.
      L’occidente non è di certo un mondo perfetto. Abbiamo grandi responsabilità nei confronti di altre forme di vita. Ma vorrei chiederti: se tu fossi una ragazza preferiresti vivere a Rimini o a Teheran?

      Rispondi
      • Emanuele Maraldi   29 Novembre 2020 at 15:33

        La chiesa, come istituzione, non è più al centro della cultura occidentale, e i condizionamenti della dottrina cattolica si sono allentati molto, però in passato in entrambe le religioni le donne erano state subordinate al potere dell’uomo. Per fortuna i tempi sono cambiati e in occidente l’emancipazione della donna sta diventando una realtà. Detto ciò se fossi una ragazza ovviamente preferirei vivere a Rimini.

        Rispondi
  60. Sharon Miotti   23 Novembre 2020 at 21:50

    Di questi tempi io penso che la questione del Burkini sia solo un fatto secondario.
    Il problema è quando qualcosa o qualcuno ti impedisce di essere ciò che vuoi. Questo non è dato dalla questione del burqua o burkini, ma da una cosa molto più grande.
    La religione. Unico motivo di guerre e devastazione. L’unica cosa che dovrebbe tenere tutti pacificamente uniti, ma che silenziosamente ci soggioga peggio di una dittatura. Un esempio lampante è l’islamismo, con tutte le sue regole ferme all’età della pietra. Fermi ancora ad una differenza di genere, dove uno sottomette l’altro, peggio di genitore 1 e genitore 2.
    Penso che ormai come esseri umani siamo andati oltre a questo genere di discorsi. Ma cosa si può dire.. se a uno fin da piccolo gli è stato insegnato che il mondo gira così, sarà difficile fargli cambiare idea.
    Piano piano però le cose stanno cambiando e il burkini è il primo passo. L’ostacolo ora è che il mondo non è pronto per questo genere di cambiamento, basta guardarsi attorno. Siamo tutti chiusi nel nostro piccolo mondo e appena vediamo un minimo di cambiamento ci chiudiamo in noi stessi.
    C’è da dire però che.. ok è ingiusto che venga vietato uno modo di vestirsi “imposto” dalla religione, è ingiusto che le persone gli gridano quelle assurdità, ma bisogna dire che anche loro non sono da meno. Anche i mussulmani hanno problemi ad accettare il nostro stile di vita o modo di pensare. Vedi gli eventi accaduti in Francia.
    Queste due culture (la nostra e la loro) possono essere la personificazione di due bambini testardi. Nessuno si sottometterà all’altro o nessuno proverà a trovare un comune accordo.
    Con questo non voglio fare una critica ad una determinata religione, voglio solo far capire che noi (e i media lo amplificano) ci disprezziamo per il fatto che non riusciamo ad accettare altre culture, ma anche le altre culture non sono senza peccato.
    Io sono del pensiero che ognuno è il padrone di se stesso. Vivi e lascia vivere. Se ti trovano sbagliato solo perché vesti o ti comporti in modo diverso, beh è ora di alzare i tacchi e girare l’angolo.
    Il fatto del burkini è una genialata, ma è comunque ora che le donne si facciano sentire di più, si facciano più libere.

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  61. Daniela Panuta   23 Novembre 2020 at 22:03

    Questo é un dibattito molto interessante e discutibile che sicuramente crea molte divergenze e polemiche.
    Chi è chi per dire a qualcuno cosa può o non può indossare , prima di emettere una sentenza penso che ci dovrebbe essere più informazione e meno pregiudizio , più rispetto e meno menefreghismo per chi difende i proprio valori , il proprio credo , la propria religione; ci sono diversi punti di vista e opinioni in base a quello che si indossa, ogni abito assume un’uso e una forma diversa in base all’ambiente in cui si porta, alla cultura che deve rispecchiare.
    Dobbiamo sempre guardare una persona o un indumento sotto tanti punti di vista, dobbiamo rielaborare quello che vediamo senza saltare a pregiudizi affrettati, dobbiamo essere più open mind.
    Penso che vietare a qualcuno di esibire la propria cultura le proprie ideologie attraverso gli abiti sia sbagliato quanto poco produttivo , ognuno dovrebbe avere il potere decisionale di esibire se stesso/a senza ovviamente imporre a nessuno niente ; lasciare la libertà di espressione penso che debba stare alla base di ogni diritto umano, in questo specifico caso di quello femminile che spesso e volentieri è vittima del maschilismo che le impone di seguire delle regole , gli impedisce di avere il pieno potere decisionale.
    Penso che Imporre ad una donna di indossare o meno il velo , di esibire il proprio credo sia una mancanza di rispetto quanto un mancato diritto.
    Ci sono tante cosa sulle quali si possono avere dei pensieri e dei divieti e mi sembra che in questo specifico cosa siano pensieri sui quali non si dovrebbe poi discutere , ognuno dovrebbe avere la piena libertà espressiva senza nessuno pregiudizio divieto o imposizione ; ogni donna dovrebbe poter esibire sè stessa liberamente indipendentemente dall’abito che indossa .

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  62. Pasqualini Cristiana   23 Novembre 2020 at 22:03

    Troppo coperte o troppo scoperte?
    Questo è stato sempre un problema legato alla figura femminile che a volte prosegue fino ai giorni d’oggi.
    Se una donna gira con un bikini o in top con pantaloncino che arriva sopra le chiappe è troppo volgare e viene subito etichettata come poco di buono.
    Se una donna gira con un burkini o un burka, e quindi troppo vestita viene subito etichettata come la terrorista di turno.
    Sappiamo bene che moda e religione sono due mondi completamente differenti e con differenti valori, ma nonostante questo io credo che ognuno di noi si debba sentire libero di vestirsi come meglio crede, come la ragazza in burkini che possa cosi passare una giornata al mare come tutte le altre ragazze, rimanendo fedele alla sua religione, senza potersi sentire osservata e giudicata con gli stereotipi che sempre la società ci ha imposto.

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  63. Sofia Toccaceli GD3   23 Novembre 2020 at 22:06

    Ovviamente è chiaro come gli avvenimenti terroristici passati abbiano fatto scattare meccanismi di difesa nelle località occidentali; meccanismi che comunque anche oggi ci portiamo dietro tramite il pregiudizio. Ma ad oggi, nel 2020, possiamo dichiarare pressochè superato questo stadio di diffidenza, per far spazio alla tolleranza (beh certamente non vale proprio ancora per tutti, ma vari articoli e servizi mediatici hanno dedicato dello spazio a tal proposito).
    Ne deriva quindi io fatto che la nostra cultura si adatti così all’apparato di moda attuale e giudichi inappropriato tutto ciò che ne sta ormai al di fuori.
    Il nostro occhio non è stato abituato ad accettare indumenti come il Burkini, anche perchè, come si può constatare dalla simulazione del dialogo dei tre amici, esso generalmente per noi non-islamici si traduce direttamente in sottomissione femminile.
    Beh ovviamente la cultura islamica ha posto delle limitazioni importanti e viene da una sensibilità culturale totalmente differente dalla nostra… perciò l’abbigliamento deve, per effetto, seguire tali direttive (anzi aggiungerei che nel caso del Burkini, a mio parere, sia anche una necessità logistico-funzionale indossarlo)
    Ma non significa però che per la loro cultura esso simboleggi sottomissione come lo interpretiamo noi, tutto si riflette in base a come una società generalizza i propri consumi.
    A favore del Burka posso dire per mia esperienza che mi è capitato di imbattermi in un articolo in cui una ragazza di nazionalità italiana decidesse di sua spontanea volontà di convertirsi all’Islam e adottare tale abbigliamento, e parlava appunto di quanto nella visione mussulmana esso funga da elevatore della donna, proprio come penso voglia farci comprendere anche Addenda in questo estratto.

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  64. Veronica B.   23 Novembre 2020 at 22:28

    Premetto di non conoscere il corano e le regole che esso impone sull’uso del velo, o meglio dei tipi di velo esistenti, poichè ognuno ha le proprie regole, allo stesso modo, non sono esperta di fashion e di storia del costume.
    Il burkini quindi è una moda o una versioene da spiaggia del burqa?
    La domanda che comunque mi pongo è solamente una: una donna che indossa il burkini,può recare qualche danno a livello sociale-religioso-culturale ecc ecc agli altri individui?
    Penso anche che ci vantiamo molto della nostra presunta apertura mentale e poi riusciamo a cadere nell’ipocrisia difronte ad un burkini ed in ugual modo ci indigniamo ancora oggi nel 2020 di fronte ad una donna che decide di fare topless in spiaggia.
    D’altronde parliamo d una società che censura i capezzoli femminili e non quelli maschili.

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  65. federica forte   23 Novembre 2020 at 22:39

    Come in tutte le culture, anche l’islam é portatore di tradizioni più o meno accettate dalle popolazioni. Ritengo che il burkini non costituisca un problema dato che ognuno deve essere libero di poter decidere in ogni cultura cosa voler fare o cosa voler indossare. Promuoviamo una società in cui ciascuno é libero, anche di fare scelte assurde, come togliersi la cosa più bella che ci hanno donato, ma indossare il burkini, coprirsi il proprio corpo deve venire considerato un crimine…

    Rispondi
  66. Elisa Tito   23 Novembre 2020 at 22:41

    Di fatto la parola burkini contiene parole estremamente contrastanti e che quindi fasorgere qualche dubbio : da una parte il burqa conosciuto come un capo d’abbigliamento che copre totalmente il corpo, dall’altra il bikini un capo d’abbigliamento che in un certo senso fa mostrare il corpo.
    Il burkini penso sia un semplice capo d’abbigliamento come lo è il costume, ma ha dato origine, forse per svariati fatti accaduti, a troppi pregiudizi portandoci così a finire nel classico : “fare di tutta l’erba un fascio”, partendo poi dal presupposto che qualsiasi cosa faccia parte della cultura islamica sia una cosa pericolosa anche, come in questo caso, un semplice capo d’abbigliamento.
    Penso che ognuno sia libero di indossare ciò che vuole senza essere sottoposto a pregiudizi sia riguardi una moda che delle tematiche più forti come religioni ed ideologie. Non penso che una donna che indossi un tanga misero venga mandata via dalla spiaggia e allora perché una donna che all’opposto copre il proprio corpo si ? O ad esempio le suore, non mi sembra di averle mai viste in costume come siamo “abituati” a vedere le persone al mare ma anche loro ,come lo è il burkini, indossano un capo diverso che copre il corpo eppure non vengono mandate via dalla spiaggia.
    Si tratta appunto solo di pregiudizi e ignoranza , a mio parere inconcepibili ancora nel 2020; penso che una donna debba essere libera di indossare ciò che vuole sia che sia un perizoma o un costume intero o, in questo caso, un burkini.

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  67. Sara Bocchini   23 Novembre 2020 at 23:09

    Ritengo che nel ventunesimo secolo, sia ancor oggi un grave problema l’intolleranza religiosa. Leggendo questo articolo molto interessante, ci siamo imbattuti in diversi punti di vista. Ma io personalmente sono Pro all’idea che il Burkini, sia sua una donna musulmana, cattolica o piuttosto che atea, sia una scelta estetica di una donna, di potersi sentire libera di poterlo indossare liberalmente in qualsiasi spiaggia e nazione del mondo. In quando ritengo che noi non perché nasciamo in un determinato luogo del mondo, siamo solo cittadini di quel piccolo stato, ma anzi io ritengo che una persona sia padrona del mondo quanto un’altra, che se vuole vivere in uno stato diverso da quello della nascita, possa essere libera di poterlo fare senza seguenti ripercussioni. Siamo cittadini del mondo. Al tempo stesso sono dell’idea della libertà di pensiero, di poter convivere con una o più religioni nello stesso paese senza conflitti. L’uomo deve essere libero di essere ciò che vuole essere e adottare i propri valori, fini e interessi come più gli piace.
    E ancor oggi mi rattrista molto pensare che vi siano intolleranze di questo genere. Sopratutto di disparità di sesso. Il Burkini, come il bikini, o Facebikini, sono solo scelte di libertà di una persona che non devono essere imposte da una legge ne tantomeno da una religione. Negare loro il diritto di non indossare ciò che preferiscono è negare la libertà.

    Rispondi
  68. Martina Pasini   24 Novembre 2020 at 00:31

    Personalmente non comprendo il divieto imposto in Francia e non vedo davvero il problema in un donna che indossa il Burkini. Pur non condividendo l’idea che c’è dietro, non giudicherei mai qualcuno che lo fa, perchè ognuno è libero di decidere per se stesso, esattamente come non trovo giusto ripagare il proprio “nemico” con la stessa moneta e scagliarsi contro un’intera comunità facendo di tutta l’erba un fascio. Dovremmo anzi ricordarci della fortuna e del privilegio che abbiamo ed accogliere a braccia aperte la diversità, in queso caso di un abbigliamento e di una religione che anche se non ci appartengono è comunque giusto rispettare.

    Rispondi
  69. Michele Saracino   24 Novembre 2020 at 10:08

    Considerando che questo articolo risale a quattro anni fa, successivo all’attentato terrostisico svoltosi Nizza, provando 85 morti e decine di feriti, da un lato posso comprendere il fatto che il governo francese per pura paura anzi forse addirittura per odio profondo verso la religione islamica abbia imposto il divieto di indossare il burkini.
    Il motivo principale di questa scelta a parer mio è la prosecuzione logica del divieto di indossare il burqa integrale e il burkini veniva visto come una versione “light” del burqa integrale.

    Personalmente nel 2020 credo che a livello personale e umano ci siamo evoluti tanto, anche se parlando con persone residenti in altri paesi esteri è risultato che ancora in Europa, ma sopratutto in Italia vi è un mentalità antica riguardanti le altre culture.
    A parte questa breve parentesi sono convinto che il burkini sia stato inventato non per creare disguidi all’interno delle culture ma solamente come “oggetto di moda”, come ne sono stati inventati altri, un esempio simile potrebbe essere il fazzoletto attorno alla testa (Babushka).
    Concludo dicendo che viviamo in un era piena di contaminazioni positive e negative, bisogna solamente filtrarle e a volte ripetersi nella mente la famosa frase “vivi e lascia vivere”.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   24 Novembre 2020 at 10:34

      Solo per amore di precisione. Non è esatto coinvolgere il Governo francese. Si trattava di ordinanze provinciali. È vero che qualche ministro rilasciò interviste favorevoli, ma a me non risulta alcuna direttiva governativa. Se ben ricordo la maggioranza. dei ministri si disse contraria ai provvedimenti amministrativi delle località coinvolte.

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  70. Antonio Fagnocchi   24 Novembre 2020 at 11:51

    Intervenire ulteriormente sul tema “Burkini” non è facile perché già i numerosi e densi contributi precedenti ne hanno evidenziato numerosi aspetti, positivi e/o negativi, a seconda delle prospettive di partenza.
    Una verità assoluta ovviamente non esiste e non esisterà mai: il nostro mondo è fatto di relazioni che scaturiscono da storie, usi e costumi diversissimi nei tempi e nei luoghi di cui il “burkini” rappresenta solo la punta di uno dei tanti iceberg presenti nell’immenso “oceano” della comunità umana, su cui puntiamo il nostro obiettivo specie quando siamo scossi dalle paure del terrorismo dalle quale poi scivoliamo sulle riflessioni inerenti la condizione della donna in una determinata cultura e delle diverse sfaccettature della stessa.
    Poter avere le sincere risposte delle donne che lo indossano potrebbe darci un aiuto per poter autenticamente capire se esso sia un segno di umiliazione anche nei confronti di noi occidentali, o anche solo di conferma della sottomissione al mondo maschile, oppure un compromesso accettato per poter almeno respirare l’aria del mare e delle spiagge, o ancora una piccola ma significativa conquista di una maggiore emancipazione e libertà rispetto a prima.
    Difficile poi capire se all’interno della stessa cultura islamica il burkini rappresenti uno status symbol della donna in assoluto o forse solo della donna di determinati ceti sociali; difficile capire se coloro che lo accettano (sempre che non ne siano costrette e non si nasconda in esso soprattutto la trappola di operazioni commerciali di chi produce burkini) lo soffrono passivamente, come unica possibile piccola apertura, oppure lo portino con l’orgoglio di una conquista che dona benefici sia sociali, sia di benessere personale. Chissà anche se viene avvertito come un segno di avvicinamento al nostro mondo occidentale.
    Gli interrogativi sono molteplici e un’analisi comparata di abbigliamenti attualmente in uso nelle varie culture sparse in tutta la Terra, spesso specifici a seconda della “collocazione” delle diverse persone nel proprio contesto (ruolo sociale, spirituale, professionale, ecc.), credo che porterebbe a tantissime sorprese (forse alcune piacevoli, ma altre assolutamente no) di cui non abbiamo idea, a partire dalla nudità di certe popolazioni primitive fino a giungere a forme di coperture che appaiono (tolte ovviamente quelle indispensabili per evidenti motivi di sicurezza) contrarie alla nostra natura corporea.
    Ma forse basta guardare anche a certe foto ottocentesche del mondo occidentale, specie proprio alle donne, per scoprire come l’emancipazione non sia una storia antica ma piuttosto recente e forse ciò potrebbe essere un segno di fiducia anche nei confronti di altre culture che tendiamo a volte a giudicare indietro di “mille anni luce”, ma di fatto lo sono di molto, moltissimo, meno.

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  71. Silvia Pedrelli   24 Novembre 2020 at 12:54

    “Il corpo è mio e lo gestisco io”, gridavano le femministe negli anni ’70.
    Personalmente, non vedo la differenza tra apparire per strada con il solo volto scoperto, o recarsi in spiaggia avvolta da un unico pezzo. Ognuno è responsabile e proprietario del proprio corpo e ha il diritto di vestirsi, o svestirti a prescindere dalla società e dallo Stato, come giustamente non vi sono particolari leggi di divieto verso il naturismo o il travestitismo.
    Ovviamente in determinati contesti è giusto che certi abbigliamenti siano consentiti o meno, ma in questo caso si parlerebbe anche anche di rispetto, un rispetto che proprio attraverso questo divieto viene a mancare, oltre alla libertà.

    Rispondi
  72. Giorgia Caroni   24 Novembre 2020 at 13:51

    Il termine “Burkini” mi è nuovo. Prima di leggere questo articolo non ne conoscevo l’esistenza e, sinceramente, lo trovo strano, in quanto è formato da due termini che hanno due significati opposti, come già spiegato nell’articolo.
    Personalmente non ritengo il burka un indumento che mi crea disagio, ma allo stesso tempo capisco che inconsapevolmente siamo tutti quanti, chi più e chi meno, portati a notare una persona vestita così in mezzo a quella che per noi è la normalità, ma non perché quella determinata persona, notata in mezzo alla folla, sia una persona cattiva, ma perché i fatti accaduti negli anni ti fanno scattare un piccolissimo campanello d’allarme, che magari dura qualche secondo (nel mio caso). D’altronde ognuno ha le sue regole, ognuno ha la sua religione e ognuno è libero di seguire quel che più ritiene giusto. Se la loro religione impone il burka, è il singolo individuo che decide cosa fare della sua vita, ma finché questo non nuoce ad altre persone, non vedo perché non debba essere ritenuto giusto. Bisogna anche dire che non tutte le donne islamiche decidono di seguire la loro religione in altri paesi e deve essere ancora più chiaro il fatto che ci sono donne, ad esempio italiane, quindi parliamo di donne libere (o quasi) di vestirsi come vogliono, che decidono di convertirsi a questa religione, a queste regole, e di indossare il burka per amore del loro compagno.
    Detto questo, multare una persona perché segue la sua religione anche in un momento di svago mi sembra assurdo, ma penso anche che, nel caso raccontato e in base alle informazioni che ho appreso dal dialogo tra i ragazzi, la signora avrebbe potuto scegliere una spiaggia che non imponeva questo divieto, in modo da tagliare corto il tutto fin dall’inizio (non fraintendetemi). Inoltre, in questo caso, ma anche in generale, non credo che centri la femminilità o la libertà della donna, perché ripeto non tutte seguono la religione, non possiamo fare di tutta un’erba un fascio, come non possa generalizzare sul fatto che una persona che porta il velo/burka sia un terrorista. Torniamo un po’ al discorso che “l’abito non fa il monaco” e quindi io trovo il burkini una vera e propria scoperta.

    A questo vorrei collegare un mio pensiero costante durante la lettura dell’articolo, ovvero il fatto che parlando in generale, nel mondo, la figura femminile viene sempre vista come un qualcosa a cui l’uomo non sa resistere, quindi una donna che esce vestita con un abito aderente piuttosto che con una maglia scollata, è come se si meritasse di essere guardata e di essere apprezzata volgarmente dal sesso opposto. Mentre per una donna che segue la sua religione, ci sono i finti buonisti che tentano di rivendicare ciò che nessuno gli ha chiesto di fare. Non voglio uscire dal tema, però non ho davvero fatto a meno di pensare a quest’altro punto di vista. Si è mai sentita una notizia di una donna che ha stuprato un uomo, o un’altra donna, perché non “ha saputo resistere”? Avete mai sentito parlare di un uomo che, dopo aver subito una violenza, gli sia stata posta come PRIMA DOMANDA “come era vestito?” A me non pare, quindi a mio avviso non ci sarà mai un equilibrio tra moda e religione, ma ancora meno un equilibrio tra donna e moda/religione.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   26 Novembre 2020 at 08:13

      Considerazioni finali molto argute. Relativamente alle contorsioni del desiderio esiste una evidente asimmetria culturale, comportamentale ed interiore tra il polo maschile e quello femminile. Comunque casi di “violenza” femminile, perpetrati da donne fornite di qualche potere ci sono stati. Molto meno “fisici” ovviamente. Pensa a film come “Attrazione fatale”: come giudicheresti il comportamento della protagonista?

      Rispondi
  73. Marco Caporrino   24 Novembre 2020 at 14:02

    Il Burkini per me è una provocazione da parte della stilista che l’ha ideato, ma non per noi occidentali ma piuttosto per gli islamici! Con il Burkini dai la possibilità a una donna islamica di fare il bagno al mare o in piscina in pubblico, una possibilità che non ha mai avuto, senza che essa violi i propri parametri religiosi.
    Io penso emanare una legge che neghi l’uso di questo capo a una donna penso sia folle! Qui si tratta proprio di negare la libertà di una persona e in un paese democratico e laico come la Francia questo non può accadere. Mi sembra ovvio che ciò che avrebbe dovuto fare più scalpore sia il fatto che questa legge sia entrata in vigore e non l’invenzione e l’uso del Burkini.
    Quindi io personalmente mi immedesimo in Minnie, la penso come lei e non trovo corrette le dichiarazioni fatte dato i suoi amici per giustificare il divieto del Burkini.

    Rispondi
  74. Martina Tinti   25 Novembre 2020 at 18:35

    Io credo che non ci sia nulla di strano o scandaloso nel burkini. Il design è fatto per rispondere alle esigenze e ai bisogni dell’uomo, alleviandoli e rendendo la vita più semplice. Il burkini è esattamente questo. È semplicemente un indumento che permette alla donna islamica di continuare a professare fedelmente la propria religione senza privarsi del piacere di frequentare un luogo come la spiaggia. Risponde alle esigenze e ai bisogni di una cultura, in particolare della figura femminile. Sinceramente non trovo proprio il senso di questa intolleranza e discriminazione nei confronti di questo indumento. Vi è purtroppo un’associazione culturale sbagliata. Viene associato un’atteggiamento violento ed estremista come il terrorismo ad un’intera cultura e religione la quale non profetizza minimamente queste cose. Il terrorismo è un abuso, una strumentalizzazione e un’interpretazione sbagliata di una religione. Bizzarro rileggere quest’ultima frase e notare le analogie che vi sono tra questa definizione e l’atteggiamento delle forze dell’ordine a Nizza nei confronti del Burkini! l’odio alimenta l’odio, e se pensavano che questo divieto avrebbe potuto diminuire il terrorismo erano sicuramente molto lontani dal raggiungimento dei loro obiettivi. Purtroppo nella mentalità dell’ignorante comune il velo viene associato ad una forma di privazione ed estremismo, vuol dire “terrorismo” questo perché la nostra percezione visiva della realtà viene alterata dai pregiudizi delle persone ma anche dai mass media, che associano erroneamente un atto di pura violenza ad una religione, quando in realtà, é la religione che ne subisce un abuso.
    Allora se un bambino Cristiano negli Stati Uniti ad Halloween si mette in testa un lenzuolo bianco con due buchi viene accusato di favoreggiamento all’antisemitismo ?
    (Si allude all’indumento tipico portato dai membri del Ku Klux Klan)
    Sarebbe ridicolo!
    Eppure è ciò che è successo a Nizza. Un’associazione culturale sbagliata ad un oggetto che risponde alle esigenze di una donna islamica in una società moderna, ma che non ha niente a che vedere con forme di terrorismo o estremismo.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   29 Novembre 2020 at 18:37

      Se tu fossi una mamma vestiresti i tuoi bambini alla Klu Klux Klan? A quali condizioni potresti farlo? Dovresti essere totalmente noncurante nei confronti del messaggio inintenzionale che con questa scelta imporresti alle altre mamme e ai loro bambini (tra le quali potrebbero esserci persone esotiche).
      Possiamo veramente sbattercene di come gli altri ci percepiscono?

      Rispondi
  75. Paolo Teodonno   26 Novembre 2020 at 00:35

    Nella società globalizzata e aperta nella quale viviamo e in cui la maggior parte di noi si identifica sempre di più nell’essere cittadino del mondo, vietare un indumento così innocuo come il Burkini, che è un’operazione di moda volta a rendere attraenti e molto femminili l’abbigliamento delle donne musulmane, pur nel rispetto dei canoni islamici, mi sembra totalmente sbagliato.
    In primis se si pensa di voler tutelare i diritti delle donne musulmane ci si sbaglia, anzi, subiscono una doppia discriminazione perché non poter indossare il velo per loro significa essere obbligate a non uscire di casa, poi sostenere che si vogliono sottrarre le donne musulmane al controllo dell’uomo significa sostenere che devono essere salvate dall’Occidente, e anche questo è un atteggiamento a forte matrice paternalista e razzista.
    Questo divieto, inoltre, è una limitazione della libertà di espressione della persona, si può essere in disaccordo e avere visioni differenti sugli usi e costumi di un’altra cultura o religione ma non si possono vietare, purché queste non rechino danno agli altri.
    Integrazione non è sinonimo di rinnegazione delle proprie origini, o religione, ma piuttosto è vivere pacificamente, rapportandosi con il diverso.
    Un’altro problema del mondo occidentale è lo stereotipo di associare direttamente il terrorista al credente mussulmano (ignorando l’Islam moderato), questo per trovare un capro espiatorio a cui addossare tutte le colpe del caso (un po’ come fece Hitler con gli ebrei, che erano una minoranza). Il fenomeno inoltre è ingigantito dai mass-media che hanno una visione di parte, occidentalizzata; non si da lo stesso peso alle notizie e spesso si strumentalizzano per ottenere consensi a livello politico. Un esempio possono essere le continue stragi che avvengono negli Usa ad opera di fanatici cristiani che vengono messi in secondo piano solo perché simili a noi europei o perché agiscono singolarmente e non come terrorismo organizzato.
    Detto ciò un ideale religioso, se imposto agli altri con la forza ed estremizzato, è sbagliato qualunque esso sia e la nascita del terrorismo di matrice islamica può essere attribuita in parte anche all’occidente che ha da sempre sfruttato o addirittura invaso il Medioriente per interessi strategici ed economici, provocando astio e ostilità nelle popolazioni locali.

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  76. sebastiano baratta   1 Dicembre 2020 at 11:48

    Il dibattito sul burkini comprende tematiche molto pesanti se messe insieme come religione, moda, società. Queste tematiche saranno sempre in conflitto a vicenda, perché una molto radicata con molti obblighi (religione), mentre una esattamente l’opposto (moda), la moda cerca di eliminare gli stereotipi e i pregiudizi, come possiamo notare il target di modelli che sfilano nella moda contemporanea sono infiniti, ora non serve più il classico modello della pubblicità dolce & gabbana, la bellezza sta cambiando come se ogni bellezza avesse la propria dimensione intangibile.

    Il design del burkini a mio parere è orrendo, mi dispiace per la designer, più che altro la vedo come una trovata per far parlare un po più di lei che per rispettare la cultura islamica o aiutare le stesse islamiche.

    Emanare una legge che neghi l’uso di questo capo a una donna penso sia folle! Qui si tratta proprio di negare la libertà di una persona e in un paese democratico e laico come la Francia questo non può accadere.

    Una donna nel 2020 deve essere libera di vestirsi come vuole, ovviamente sempre tenendo conto di dove si sta recando. A mio parere le leggi emanate dal governo servono per creare una divisione tra chi è pro e chi contro, cosi che il dibattito continui in eterno.

    Rispondi
  77. sebastiano baratta   1 Dicembre 2020 at 11:49

    Il dibattito sul burkini comprende tematiche molto pesanti se messe insieme come religione, moda, società. Queste tematiche saranno sempre in conflitto a vicenda, perché una molto radicata con molti obblighi (religione), mentre una esattamente l’opposto (moda), la moda cerca di eliminare gli stereotipi e i pregiudizi, come possiamo notare il target di modelli che sfilano nella moda contemporanea sono infiniti, ora non serve più il classico modello della pubblicità dolce & gabbana, la bellezza sta cambiando come se ogni bellezza avesse la propria dimensione intangibile.

    Il design del burkini a mio parere è orrendo, mi dispiace per la designer, più che altro la vedo come una trovata per far parlare un po più di lei che per rispettare la cultura islamica o aiutare le stesse islamiche.

    creare una legge che neghi l’uso di questo capo a una donna penso sia folle! Qui si tratta proprio di negare la libertà di una persona e in un paese democratico e laico come la Francia questo non può accadere.

    Una donna nel 2020 deve essere libera di vestirsi come vuole, ovviamente sempre tenendo conto di dove si sta recando. A mio parere le leggi emanate dal governo servono per creare una divisione tra chi è pro e chi contro, cosi che il dibattito continui in eterno.

    Rispondi
  78. D.TAURO   3 Gennaio 2021 at 21:10

    Personalmente sono lontana dalla cultura dell’Islam per cui non ho molto da aggiungere. Dal mio punto di vista non comprendo il divieto imposto in Francia e non vedo davvero il problema in un donna che indossa il Burkini. Personalmente se vedessi una donna in piscina o al mare con il Burkini a primo impatto mi farebbe strano perchè nella nostra cultura non è noto usare queste tradizioni. Anzi sul momento potrei pensare ‘’questa signora non è sicuramente del posto, sicuramente è una turista in vacanza.’’ o comunque cose simili….

    C’è anche da dire che se noi occidentali, andassimo in vacanza in oriente, è consigliato di dover rispettare le loro regole politiche, culturali, e religiose. In certi paesi orientali non è assolutamente possibile vestirsi come in oriente o meglio presentarsi in bikini. Nono state siamo dei semplici turisti occidentali. Per cui mi viene da dire, perchè noi ci dobbiamo adattare alle loro tradizioni e leggi ,e loro no? o viceversa. .. ?!? L’oriente in confronto dell’occidente è sicuramente una civiltà con una cultura più aperta. Per cui non capisco veramente il problema che si è posto la Francia. Detto ciò ritengo che il burkini non costituisca nessun problema dato che ognuno deve essere libero di poter decidere in ogni cultura e religione cosa voler fare o cosa voler indossare.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   4 Gennaio 2021 at 08:03

      Fai attenzione D.T., nel testo ci sono incongruenze: è veramente possibile sostenere che l’Oriente è più “aperto” rispetto alle nostre democrazie?

      Rispondi
      • D.TAURO   4 Gennaio 2021 at 16:42

        Dal mio punto di vista sostengo di si, ma ripeto non essendo molto informata in questo ambito non posso sostenere molto. Una mia cara coetanea che studia lingue orientali , visitando il loro paese è stata sottomessa a delle regole, si è dovuta adattare al loro vestiario per precauzione e sicurezza. Per questo ritengo che l’oriente da alcuni punti di vista sia ”più aperto”

        Rispondi
        • Lamberto Cantoni
          Lamberto Cantoni   4 Gennaio 2021 at 17:32

          Non voglio tormentarti, ma l’esempio della tua coetanea, costretta a sottomettersi non suggerisce forse una mancanza d’apertura? Per Oriente si intendono Paesi nei quali la religione islamica è dominante, si intende la Cina, l’India, dove spesso si violentano e uccidono donne senza che il colpevole venga punito… L’Occidente non è il Paradiso, ma non ho mai incontrato nessuno che negasse la maggiore tolleranza del nostro modo di vivere rispetto ai Paesi che ho citato.

          Rispondi
  79. federico battistoni   7 Aprile 2021 at 22:10

    Quando ci troviamo davanti ad un argomento del genere non possiamo che ritrovarci al nocciolo della questione, ovvero la religione di diverse culture. La religione islamica come molte altre, è molto complessa e non conosco a fondo le loro “leggi”, quindi non mi permetto di commentare nulla in campo religioso, ma vorrei soffermarmi sulle regole e leggi di ogni luogo. Secondo me è inutile basarsi su un qualcosa di astratto come la religione, ma dovremmo basarci sulle regole del posto: se entro in casa di un mio amico, rispetto le regole della casa, e non quelle della mia, così dovrebbe essere sempre e se non si possino rispettare le seguenti leggi, cerco di evitare il posto, e non di cambiarlo a mio piacere.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   14 Aprile 2021 at 11:16

      La tua saggezza è encomiabile. Ma purtroppo le esperienze reali spesso mettono in crisi le buone intenzioni. Per esempio: immagina di essere in casa di un soggetto che umilia sistematicamente le donne o i diversi perché così gli hanno insegnato. Cosa fai? Rispetti le regole di quella casa! O difendi chi sta subendo un abuso?
      Penso che siamo tutti d’accordo nel ritenere il burkino un falso problema. È stato un errore trasformarlo in un simbolo di intolleranza. Tuttavia il problema dei problemi rimane: fino a che punto in “casa nostra” (cioè dove abbiamo più responsabilità) possiamo sorvolare sugli attriti prodotti da tradizioni religiose o rituali più intransigenti e invasive della nostra?

      Rispondi
  80. simone paganelli   6 Maggio 2021 at 01:02

    A pensarci bene non mi sorprende che questa problematica si sia accesa in Francia, d’atronde è il paese che negli ultimi anni è stato maggiormente colpito da attentati terroristici islamici.
    Certo è, che quello che burkino rimane un argomento gonfiato dai media e che probabilmente non meritava tutta questa attenzione.
    Alla fine il burkino è semplicemente una soluzione per quelle donne mussulmane che vogliono farsi un bagno senza mettere in mostra il loro corpo. Non ci trovo nulla di sbagliato. La loro libertà nell’indossare questo indumento, non va assolutamente ad intaccare la libertà di un qualsiasi altro individuo.

    Rispondi
  81. Matteo Mazzotti   27 Settembre 2022 at 11:46

    Questo argomento e’ piu’ una scusa per ritrovarsi a parlare di religioni e culture.

    Tutte le religioni hanno leggi, regole, consigli che col tempo si sono trasformati anche in “tradizioni” non le conosco tutte, non ho il quadro completo quindi mi limito a parlare di religione in maniera generalizzata.

    Le religioni, per me, sono uno strumento che in passato aveva uno scopo, un obbiettivo che alcune di esse coltivano ancora oggi come la religione Islamica.

    Tutte le religioni hanno bisogno che si creda in loro, che si condividano i loro ideali, le loro fantasie… per questo esse creano divisione tra le persone, non tutti crediamo, pensiamo o immaginiamo le stesse cose, le religioni ci hanno fornito una “fazione” una “casata” da far valere sulle altre, questo porta allo scontro.

    Credo che si debbano scavalcare queste “casate” e le loro regole, tradizioni e iniziare ad agire meno contro gli altri, ma con gli altri in cio’ che condividiamo.

    Rispondi
  82. Nicolò   18 Dicembre 2022 at 11:22

    Non c’è nulla di più sbagliato del fare di tutta l’erba un fascio e di “giudicare un libro dalla copertina”. Non tutti i musulmani sono terroristi e non tutte le donne musulmane sono oppresse.
    Finché si parla di scelte personali penso che non ci sia nulla in contrario. Sono dell’idea che una ragazza musulmana possa scegliere o meno di indossare il burqa. Il problema arriva quando qualcuno impone un dogma punibile con l’arresto o peggio con la morte, se esso non viene rispettato. La morte di Mahsa Amini è l’esempio lampante di privazione di libertà di espressione e come lei una sequela di donne uccise solo perché non volevano portare un velo. Sta tutto nella libertà singola dell’individuo, ne più ne meno.

    Rispondi
  83. Yasaman Faraji   22 Dicembre 2022 at 11:41

    Innanzitutto, voglio menzionare il significato di libertà.
    Ma un Paese che si presenta al mondo come Paese di libera scelta, ma con leggi restrittive, è questo il vero significato di libertà?
    Quando un paese del genere si considera libero ma si comporta così, in cosa si differenzia dalla democrazia?
    Ora vuoi essere in un paese che è considerato un paese libero semplicemente non indossando l’hijab?
    Vengo dall’Iran, sono costretta a indossare l’hijab in città, ma a casa con i miei familiari mi danno il diritto di scegliere la mia copertura.
    È una mia scelta indossare l’hijab o no! Ma se la mia scelta fosse l’hijab e fossi andata a Nizza e volessi andare al mare con il burkini, sarei una terrorista?

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   23 Dicembre 2022 at 09:33

      Hai ragione. La trasformazione del Burkini in simbolo ha messo a nudo tutte le paure del senso comune occidentale. E con la paura si inabissa la libertà. La distorsione percettiva causata dal Burkini purtroppo rivela quanto fragili possano essere le nostre democrazie. Ma vorrei aggiungere che se osserviamo il decorso istituzionale correlato al Burkini, non possiamo dimenticare che nell’arco di pochi mesi il nostro modo di regolare le libertà individuali ha messo le cose al loro posto: i giudici hanno condannato le ordinanze dei sindaci e la maggioranza delle persone si è dissociata dalla falsa equivalenza tra Burkini ed estremismo islamico. Infatti il caso evocato dal metalogo è del 2016 e sinora non si è più verificato. Cosa significa tutto ciò? Significa che spesso, sottoposti a stress emotivi, ci sbagliamo ma che abbiamo regole che correggono i nostri errori. In senso stretto noi occidentali non siamo migliori della gente di altre culture; semplicemente dopo inenarrabili atrocità abbiamo scelto modi di regolare le libertà individuali che massimizzano il campo delle scelte private di ciascuno di noi in funzione del rispetto di quelle dell’altro.

      Rispondi
  84. Rosa   22 Dicembre 2022 at 12:52

    Il Burkini è a parer mio semplicemente uno strumento che le ragazze mussulmane indossano affinché possano rispettare la loro cultura e religione ma anche per sentirsi libere e tranquille di fare ciò che vogliono. Considerala moda no perché ha lo stesso valore del nostro bikini.

    Rispondi
  85. Tommaso Morandi   22 Dicembre 2022 at 13:57

    Io penso che se un’altra religione, come quella musulmana, impone delle regole, come quella che obbliga le donne a mantenere parti del corpo coperte da un velo o da un vestito( il burkini), noi, fedeli ad un’altra religione, vivendo in un’altra parte del mondo ed avendo altre tradizioni, usi e costumi, non possiamo fare altro che adattarci e rispettarli, nonostante comprendo che in alcuni possa suscitare timore e paura, come dice l’articolo letto, per esempio nelle zone dove sono avvenuti atti terroristici, come in Francia.
    Probabilmente i musulmani, venendo nei nostri territori, potrebbero adattarsi di conseguenza alle nostre abitudini, ma penso che non si possa obbligarli a farlo.

    Rispondi
  86. martina giamperoli   23 Dicembre 2022 at 10:20

    io penso che il burkini sia una possibilità per tutte quelle donne che vogliono rispettare la propria religione ma allo stesso tempo inserirsi in un mondo, come quello occidentale, completamente diverso da quello in cui sono abituate a vivere. Penso che dovremmo imparare ad essere più tolleranti e a rispettare un pò di più quelle che sono le culture e le tradizioni degli altri paesi, come gli altri paesi dovrebbero imparare a farlo nei confronti delle nostre (tradizioni).
    Il burkini è un mezzo, un punto di passaggio per unire due realtà quasi contrarie tra loro, ed è anche un semplice capo di abbigliamento, per cui ritrovo quasi assurdo riuscire a vederci una possibile minaccia.

    Rispondi
  87. Noemi Midolo   24 Dicembre 2022 at 16:11

    Penso che sia necessario definire la differenza tra Burkini e burqa, due diversi capi d’abbigliamento per musulmane. Il burkini è un costume da bagno che copre la donna dalla testa ai piedi, lasciando scoperto solo l’ovale del viso. È stato inventato nel segno di una maggior libertà della donna. (diversamente da come si pensa)Nei paesi islamici generalmente le donne si recano in spiaggia e fanno il bagno vestite di tutto punto. A noi occidentali può sembrare strano ma solo perché abbiamo un concetto diverso di stile. Non per questo bisogna denunciare chi lo segue. Per di più se si vive in un paese democratico e repubblicano si dovrebbe essere più aperti e comprensivi. Essere un minimo empatici. Molte donne poi non hanno i soldi per comprarsi il burkini e lo sostituiscono con quello che hanno : una cuffia, diversi strati di vestiti e nonostante questo vengono allontanate dalle spiagge. Per cosa, poi? Disturbo alla quiete pubblica? A me suona ridicolo. Se una donna crede in una religione che proibisce l’esibizione del corpo femminile non ha il diritto di coprirlo anche in luoghi non previsti dal profeta? Si e no. Dipende dalla persona stessa. E chi siamo noi altri per proibire tale scelta? Nessuno. La situazione creatasi in Francia nel 2016 mi sembra anche una scusa per non scendere nei dettagli e discriminare. Se la libertà significa qualcosa, significa il diritto di non scegliere tra bianco e nero ma nel sottrarsi a questa scelta e per me dovrebbe essere applicato in tutti i campi.

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  88. Virginia   27 Dicembre 2022 at 19:24

    Penso che il problema non sia il burkini ma piuttosto le polemiche e i pregiudizi, a mio avviso abbanstanza inutili, delle persone.
    Non ci trovo nulla di male nelle decisioni personali su come vestirsi, che ci possa piacere o meno è pur sempre una scelta (di qualsiasi tipo) personale.

    Rispondi
  89. Amedeo F.   28 Dicembre 2022 at 23:22

    La prima cosa che mi viene in mente è la paura di ciò che può accaderci senza che ce ne accorgiamo, il fatto di non riuscire a scacciare i nostri orrori semplicemente perchè non li vediamo o conosciamo.

    Il burkini, come per altro il burka, danno la possibilità alla semplicità della stupidità umana di potersi rivelare facilmente, additando e riconoscendo ciò che ci spaventa in men che non si dica.

    La polemica sul burkini, come citato nell’articolo, nasce subito dopo i vari attentati in Francia.
    Come facilmente preventivabile le accuse e le varie rappresaglie sono affiorate in poco tempo.
    Divieti, sanzioni, chi più ne ha più ne metta. Il nemico comune che solitamente è ignoto, quindi terrificante, in questo caso, è molto facile da riconoscere perchè vestito in maniera diversa.
    In più c’è l’aggravante burkini che crea l’affronto culturale di poter accedere alle spiagge senza per forza esibirsi come tutti gli altri. Stigmatizzazione ancora più facile da mettere in campo.

    Mi viene in mente un qualsiasi politico/sindaco/governante di destra, che cerca facili consensi.
    Cosa c’è di meglio che creare un mostro comune e facilmente riconoscibile?
    Dopo un evento catastrofico e caotico cosa c’è di meglio per portarsi sotto la propria vigliacca ala più gente possibile?

    E’ un momento perfetto, perchè nella mente delle persone c’è instabilità, incertezza, data dalla paura resa grande da ciò che non si conosce o per ignoranza culturale o per piccola visione di quello che accade intorno a sè.

    Forse in questo caso un divieto balneare a livello di consensi vale più di tutta una campagna politica. Costa meno e probabilmente è mille volte più efficace. Un’opportunità ghiotta insomma.

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  90. Elisabetta Ferrucci (LABA)   30 Dicembre 2022 at 14:41

    Sono passati ormai 6 anni dall’esplosione del caso burkini ma la situazione di conflittualità tra occidente e oriente non sembra essere migliorata, anzi, ad oggi, è ancora più accentuata. A riportare l’attenzione sull’argomento è stato il caso di Mahsa Amini, ragazza iraniana arrestata e picchiata a morte dalla polizia morale del suo paese poiché stava indossando male l’hijab (velo islamico composto di due parti). Da quel 16 settembre 2022 (giorno della morte di Mahsa) si sono scatenate grandi proteste in tutto il mondo (in particolare in Iran) e, ad oltre 100 giorni da quella data, le numerose manifestazioni non si sono fermate, nonostante la violenta repressione della polizia che ha portato alla morte di oltre 500 manifestanti. Ovviamente, tutto il mondo occidentale, che sostiene fermamente la libertà come uno dei suoi valori fondanti, si è mosso a sostegno delle donne iraniane. I capelli sono diventati il simbolo di questa lotta e, tantissime sono state le celebrità che hanno tagliato una ciocca dei propri capelli come segno di appoggio alla causa. Sui social network è diventato virale un video in cui compaiono le più famose star del cinema francese, che sulle note di Bella Ciao tagliano i loro capelli in segno di protesta. Anche il mondo della moda si è schierato apertamente contro l’Iran, lasciando da parte la “prudenza” utilizzata nel 2016 nei confronti delle polemiche sul burkini; ad esempio, il direttore creativo di Marni, Francesco Risso, ha lanciato uno slogan significativo: “You want to live” stampato bianco su nero su una t-shirt. Trovo sia giusta la posizione di supporto e di aiuto alle donne iraniane (che sono costrette a coprirsi pur di non essere uccise) adottata dal mondo occidentale in questo momento così come trovo giusto che nei paesi occidentali queste donne abbiano la libertà di non indossare il velo ma, trovo sia un gesto scorretto e incoerente condannare coloro che per libera scelta decidono di indossare il burka o il burkini nei nostri paesi. La società occidentale si ritiene libera ed evoluta rispetto al mondo orientale che è purtroppo, in molti casi, ancora ancorato alle rigide regole della tradizione ed è opprimente nei confronti della libertà, soprattutto delle le donne (in Iran, infatti, esse non possono cantare, ballare o andare in bici senza il permesso di un uomo e, secondo la legge, a 13 anni sono in età da marito). Alla luce di ciò dovremmo preoccuparci di aiutare queste persone, di sostenerle e di difendere il loro inalienabile diritto alla libertà e non scandalizzarci per cosa indossano quando vogliono fare un bagno al mare. L’ormai ex premier francese Manuel Valls definì, nel 2016, il burkini “incompatibile con i nostri valori” mostrando quanto sia ipocrita la nostra società che condanna la violazione della libertà limitandola a sua volta. Concludo con una citazione della canzone intitolata Baraye (canzone creata dal cantante Shervin Hajipour da un collage di tweet in commento alla vicenda) che credo racchiuda il messaggio del mio commento: “Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle, per il desiderio di una vita normale”.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   1 Gennaio 2023 at 12:35

      Ti ringrazio per aver citato Masha Amini, consapevole eroina di un desiderio di libertà che a mio avviso trascende l’opposizione tra Occidente e islamismo. Anche da noi circolano i volonterosi idioti che vorrebbero per tutti Dress code rigidi e non negoziabili. Ma certamente la brutalità dei fondamentalisti islamici nei confronti delle donne è qualcosa di sconcertante. Quale deformazione percettiva può trasformare la visione di un ricciolo che esce dal burka in una ingiuria contro il Profeta? Può la Legge dare scacco a ciò che l’occhio non può non vedere? Evidentemente sì! la Legge, per sua natura dogmatica, può accecare il normale assetto percettivo e imporre ad esso una immagine mentale di assoluta negatività che a questo punto non dà scampo al soggetto.

      Rispondi
  91. Alyssa T   30 Dicembre 2022 at 21:37

    Penso che parlare del burkini solo in relazione all’ambito della moda sia fortemente riduttivo e superficiale. Per le donne musulmane questo non è un semplice accessorio, “uno dei tanti che ho nell’armadio”, “il nuovo modello della marca di lusso”, ma rappresenta la possibilità di vivere a pieno una delle più “comuni” situazioni della vita come un pomeriggio al mare con le amiche. Non conosco così bene la religione islamica per poterla comprendere ne, quindi, per poter dare un ponderato giudizio su di essa e sulle pratiche che ne derivano; fatico a comprendere il desiderio di una donna di portare l’hijab ma lo rispetto ugualmente e credo che non debba limitarsi per poter seguire il proprio credo.

    Rispondi
  92. Enea Tacchi (LABA)   31 Dicembre 2022 at 08:52

    Cosa significa libertà? libertà è la facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo. Credo che ogni persona debba avere il lusso e i mezzi adatti di fare quello che vuole, ovviamente nel limite della decenza umana. Il Burkini a parer mio non è un problema, perché dovrebbe esserlo? Una donna deve essere libera di fare ciò che vuole e se questo significa indossare un Burkini in spiaggia non vedo dove stia il problema, semmai il guaio sta a monte, capire se è una scelta libera o indotta da cause passate ed esterne alla volontà di ogni singola persona, ma non vorrei entrare in discorsi delicati. Dovremmo cercare di capire di più e smettere di fare di tutta l’erba un fascio; accogliere, immedesimarsi e avere rispetto.

    Rispondi
  93. alessandra puggioni   31 Dicembre 2022 at 11:33

    Il burkini è un tipo di costume da bagno femminile, originario dell’Islam, che ha la funzione di coprire interamente il corpo, e non la faccia come il burka. Io sono dell’ipotesi che è solo un capo d’abbigliamento che rispecchia la tipica cultura religiosa musulmana. Ma è una scelta che non è stata sempre bene accettata da alcune persone. Ha scatenato una serie di pregiudizi, polemiche e anche contrasti per poi arrivare a creare problemi.
    Ritengo che questa disputa sia un affare che non riguarda noi ma, quelli dell’Occidente, e anche se può non star bene come ci si vesta o che non possa piacere, è una decisione che a parer mio, debba essere rispettata in ogni caso.

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  94. Michela Naldi   2 Gennaio 2023 at 00:16

    Nell’articolo, attraverso il racconto di un dialogo, si affronta il tema del Burkini; oggetto probabilmente non ancora accettato e compreso da molti.
    In parte mi trovo d’accordo con alcune argomentazioni trattate dai giovani sopra citati, personalmente credo che al mondo ci siano ancora due gruppi di persone:
    -coloro che vedono in maniera negativa questo abbigliamento perché considerato come una forma di “non integrazione”
    -e coloro che invece cercano di vedere in esso un qualcosa di positivo, come un mezzo che possa unire le due culture.
    In realtà, affermare che una donna non è libera solo perché indossa il Burkini è un po’ limitante dal momento che il contesto che circonda quella persona è molto più ampio di quanto si possa immaginare da semplici osservatori esterni.
    E se la ragazza islamica stesse indossando il burkini perché è lei a volerlo? Magari è una persona estremamente religiosa e crede profondamente nei valori della sua religione, in questo caso non sarebbe sua la scelta di indossare un burkini? O magari è una ragazza che, a causa di un contesto familiare potente, è obbligata ad indossarlo contro la sua volontà… purtroppo credo che questi siano ambiti molto delicati in cui soltanto i protagonisti della storia sanno le vere motivazione di quel gesto, che in questo caso sarebbe indossare un abbigliamento che compre interamente il corpo femminile.
    Si tende troppo a fare la “guerra” culturale basandosi sul corpo delle donne, e questo non ci permette di capire molti valori, valori che forse perdiamo perché siamo troppo impegnati a giudicare e a basarci sui nostri pregiudizi senza cercare di andare oltre.
    Sicuramente la cultura islamica, rispetto ad una occidentale, è molto più limitante, sono molti i contesti in cui la libertà della donna viene meno, e il burka è uno dei tanti, motivo per cui credo profondamente che giudicare una donna solamente perché sceglie di indossare un burkini al posto di un burka o un bikini è troppo limitante; credo che dietro questo dibattito ci sia un mondo molto ampio pieno di sacrifici, limitazioni e anche piccole soddisfazioni che da semplici osservatori esterni non possiamo conoscere.

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  95. Francesca   2 Gennaio 2023 at 10:56

    Nel 2016 la reazione emotiva del sindaco di Cannes David Lisnard, dopo i fatti terroristici di Nizza, è l’ordinanza che vietava alle donne islamiche di indossare il Burkini; costume da bagno ideato da una stilista australiana di origine libanese nel 2005.
    Dopo esattamente 11 anni il Burkini, da indumento innocuo, si trasforma in simbolo di stile di vita promosso dai terroristi.
    Nonostante la sentenza dei giudici di Parigi che ha dichiarato l’ordinanza illegale è dannosa per le libertà fondamentali, di coscienza e libertà personale, continua nel dibattitto mediatico la connotazione pericolosa del Burkini.
    Oggi vediamo nuovamente un indumento considerato islamico, il velo, a essere al centro del dibattito mediatico per il caso di Mahsa Amini.
    In questo clima è difficile parlare di fascino del velo islamico …, e per farlo introduco lo psichiatra francese G.G. de Clérambault, che visse ai primi del 900 e autore di studi innovativi sulle psicosi passionali.
    Dopo un viaggio in Marocco il tema degli abiti femminili delle donne mussulmane divenne la sua ossessione.
    Aveva un interesse maniacale per le stoffe e per gli effetti delle stoffe degli abiti sulle sue pazienti.
    Le sue foto delle donne marocchine completamente velate, presentano il velo come una seconda pelle e la vera pelle del desiderio.
    Comprendiamo che la relazione con il corpo cambia per una società che copre il corpo come quella islamica e per quella occidentale che lo scopre.
    Scoprire il corpo è libertà in una cultura occidentale mentre per quella islamica oltre a essere un’imposizione potrebbe anche essere una scelta o una rinuncia consapevole per un ideale.
    Gli ideali cambiano e sono diversi per ogni essere umano, mentre la libertà di scelta deve essere garantita a tutti, e su questo trovo la maggioranza delle persone d’accordo.
    La libertà stessa ha tante sfumature, essa è il risultato della propria famiglia, della nazione in cui si vive, l ‘ambiente che ci circonda, le amicizie, la scuota etc…
    La moda ufficiale poteva intervenire nel dibattito (l’ha fatto?) pensando a quelle donne che per forza o per scelta indossavano il velo e subivano la pressione mediatica di una narrazione unica, quella negativa del velo islamico.
    Al contrario una narrazione positiva del velo islamico, come quella dello psichiatra francese G.G. de Clérambault e le sue foto delle donne marocchine potevano dare lo spunto per una riflessione sulle proprie convinzioni, sulla libertà del corpo femminile esibito e ormai svuotato di desiderio perché non crea più scandalo.

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  96. Tommaso Tognetti   2 Gennaio 2023 at 19:21

    Personalmente penso che se una donna è devota ad una differente religione, che proibisce l’esibizione del proprio corpo, essa abbia la possibilità di coprirsi anche in luoghi non comuni, ovviamente rispettando l’igiene personale e il benessere altrui. Riprendendo l’esempio del dialogo: la donna in spiaggia non ha fatto nulla di male e dovrebbe avere la possibilità di coprirsi in qualsiasi altra occasione o luogo che ritenga opportuno. Non credo inoltre che persone di una differente religione debbano per forza integrarsi in tutto e per tutto in un nuovo Paese, ognuno può benissimo scegliere come vestirsi, cosa mangiare ecc. sempre però, come già detto in precedenza, rispettando le regole basilari del benessere pubblico. Il problema generale che colpisce la popolazione sta nel pregiudizio che chiunque indossi un velo o semplicemente non si faccia riconoscere in pubblico, anche con un cappuccio, sia o possa essere un pericolo.
    In seguito voglio commentare il pensiero che collega il burkini di una donna musulmana all’obbligo impostole dal marito di coprirsi. La prima affermazione non è necessariamente la conseguenza della seconda, in alcuni casi la risposta è affermativa poiché è risaputo l’obbligo per esse di indossare il velo, ma una donna potrebbe benissimo indossarlo per manifestare la sua dedizione ferrea alla propria religione.

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    • annalisa   4 Gennaio 2023 at 09:09

      Vorrei chiedere a Tommaso: se le donne mussulmane potessero scegliere in completa libertà lo porterebbero il burka o burkini? Cosa c’entra con un odioso obbligo, il riconoscere che tra esse c’è qualche integralista? Anche da noi ci sono le suore in clausura, ma nessuno mi obbliga ad imitarne le costrizioni.

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  97. LT   3 Gennaio 2023 at 16:36

    Il burkini fu idealizzato dalla stilista australiana Aheda Zanetti nel 2005/2006, ma fu solo oggetto di grande scandalo a fine estate del 2016. L’indumento nasce per ragazze mussulmane osservanti che amavano comunque frequentare la spiaggia o le piscine, nonostante il loro credo le impedisca di mostrare parti del corpo, quindi con una specie di top con cuffia incorporata, fatto con tessuti idrorepellenti e calzoncini sopra, è stato per loro possibile accedere a questi luoghi pubblici rispettando la loro religione.

    Le critiche riguardanti questo argomento sono molte, ma la delineazione più semplice e più immediata è quella tra le persone che sono favorevoli all’uso di questo indumento e chi non.
    In Francia, infatti, alcuni sindaci già dal principio avevano imposto divieti o multe riguardo l’uso del burkini, ma si pensava che fosse solo un pensiero della minoranza.
    Al contrario questo è diventato una causale in più per accrescere episodi di razzismo e accanimento nei confronti della religione musulmana. Di conseguenza il burkini è visto come mancanza di rispetto, non come gesto per esprimere la propria libertà; anche perché nel caso opposto quindi una donna occidentale a Baghdad non potrebbe mai pensare di indossare una minigonna senza che ci siamo delle conseguenze.
    Questo pensiero, che prima ho già enunciato, ovvero quello di considerare questo indumento come una mancanza di rispetto e non come un gesto di libertà, va ad intersecarsi con la cultura e le tradizioni musulmane che esaltano l’inferiorità della donna, non rendendo così possibile una visione positiva.

    L’altra faccia della medaglia invece ci mostra una visione più “leggera” del grande scandalo, ovvero un gioco tra tradizione, moda e narrazione.
    La prima quindi la cultura e la religione rendono lievemente più sensato questo uso, forse eccessivo per alcuni, di stoffa per non far trasparire il corpo della donna; basti pensare a una suora, che rispetta anche lei un abbigliamento rigido, al mare. È naturale pensare, come afferma anche l’autore, che non ci appetteremo mai di vederla sfoggiare un bikini laccato e striminzito e quindi perché criticare a nostra volta le donne osservanti musulmane che coprono il loro corpo?

    La moda non è stata molto esplicativa su questo argomento, forse perché la reputa una cosa passeggera oppure questo silenzio è dovuto da considerazioni strategiche che hanno suggerito ai grandi protagonisti di tenersi lontani da polemiche rischiose, perché bisogna tenere in conto che la maggioranza dei loro clienti è mussulmana. È anche giusta questa discrezione da parte dei grandi marchi perché stiamo parlando di firme a impatto globale, quindi riguardanti tutti.

    Ho parlato prima di narrazione in correlazione al termine burkini perché l’autore afferma che per essa si impongano termini tra i parlati per la loro potenza performativa, ovvero marcare il potere che hanno determinate unità lessicali. Anche nel 1946 quando Rèard inventa il bikini fu un grande scandalo, nessuno voleva indossarlo e chi lo faceva veniva perseguito dai poliziotti accusato di oscenità.

    In conclusione io affermerei che forse si tratta solo di uno shock dovuto dallo scontro di qualcosa completamente opposto alla nostra società odierna che ha scelto una relazione diversa con il corpo, perché oggi il sexy e l’esibizione del corpo passionale non sono più motivo di scandalo, ma anzi motore per la moda di moltiplicare gli oggetti di desidero. Attualmente la società ha messo talmente sotto stress il desiderio che leggi, tradizioni e religioni sono state demolite

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    • Antonio Bramclet
      antonio   4 Gennaio 2023 at 09:03

      Sono d’accordo con l’intervento di LT anche se il finale non mi è parso chiaro.

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  98. Gloria2405   3 Gennaio 2023 at 19:44

    Il metalogo? molto divertente, istruttivo, incalzante e purtroppo, anche troppo attuale.
    Lasciando da parte gli ormoni scoppiettanti di J. Scorreggia e il costumino metallizzato di Susy la conversazione che si svolge sembra un triste deja vu: io che converso con qualsiasi paesano bigotto spiegando, in maniera più chiara possibile, il perché quella donna con il velo che passeggia non è per forza un kamikaze che farà saltare la testa a tutti.
    Personalmente non ritengo il burka un indumento che mi crea fastidio, ma allo stesso tempo capisco che tutti quanti notiamo più facilmente una persona vestita così in mezzo a quella che per noi è la normalità, ma il caso è reciproco, anche io verrei notata con il mio bikini in una spiaggia di burka.
    Anche il Burkini è un’invenzione del mondo della moda e ha le potenzialità per diventare un vero e proprio trend.
    Citiamo per esempio la moda di coprire testa, orecchie e collo con il Balaclava, l’accessorio invernale del momento, proposto da maison come Subdued, Margiela e Balenciaga.
    Non è forse simile alla pashmina delle donne musulmane?
    Qui però non si sta parlando di buon gusto o di moda da spiaggia, secondo il mio pensiero tutto questo odio verso il costume islamico è dettato dalla innata e insensata paura di una possibile islamizzazione del nostro paese che porta, di conseguenza, a generare il pericoloso fenomeno del razzismo.
    “Meglio che ci conquistino i cinesi dei musulmani, almeno loro lavorano!”
    Oh quante ne ho sentite! Mi sanguinano ancora le orecchie.
    Purtroppo il paesano bigotto citato precedentemente è molto spesso stritolato dalla corda dell’ignoranza, ovvero “ignora”, cioè non conosce i veri principi del Corano.
    Proprio secondo il libro sacro dell’islam la scelta di indossare o no l’hijab è strettamente personale e sta alla donna stessa,tuttavia l’invito coranico al pudore e alla modestia rivolto alle donne è stato poi interpretato dalla tradizione come legato all’adozione del velo.
    Nel luoghi in cui questa scelta diventa costrizione non si stanno seguendo i principi di Maometto e per questo non si tratta di Islam, ma di una sua esasperazione.
    Gli estremisti sono sempre esistiti, in qualunque religione, anche in quella cristiana.
    L’articolo letto risale al 2016 ma ancora oggi, appena entrati nel 2023 la figura del hijab ha assunto un carattere violento e di protesta.
    La morte di Mahsa Amini ne è la conferma, ragazza di soli 22 anni arrestata, picchiata e uccisa dalla polizia morale iraniana per aver indossato male il velo.
    Questo non è l’islam e non è nessun’altra religione.
    A questo vorrei collegare un mio pensiero: la figura della donna viene sempre vista come un oggetto a cui l’uomo non sa resistere e per questo deve essere protetta, nascosta.
    Pensiamo al burka, è nato per mano di un sovrano che lo fece indossare alle sue mogli per evitare che gli altri uomini le guardassero una volta fuori dal palazzo.
    Quindi una donna che si veste con una maglia scollata è come se si meritasse di essere maggiormente guardata e apprezzata rispetto ad una ragazza con l’hijab.
    Mi dipiace per quelli che sono d’accordo con il sovrano sopra citato, ormai nemmeno un velo integrale può fermare gli sguardi, le toccatine, la violenza, lo stupro.
    Quello che deve cambiare non è il modo di vestire, non è la religione ma l’idea oggettificata della donna che l’uomo da sempre ha.
    Qui il messaggio è: indossate ciò che volete, ciò che vi fa sentire voi stesse, ciò che vi rappresenta, con il velo o senza, con la minigonna o con i jeans e nessuna stupida legge, nessun uomo o donna, nessun bigotto paesano potrà fermarvi.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto   4 Gennaio 2023 at 00:49

      Ottimo intervento. Il riferimento al Corano é una mossa astuta e anche la citazione del sovrano geloso. Allora, facciamo il punto: il libro sacro dell’Islam non cita alcun burka il quale è l’invenzione/imposizione di uno sceicco con qualche problema psichico. Come si spiega la sua trasformazione simbolica? Perché non conta nulla sapere la verità sul burka?

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      • Gloria2405   4 Gennaio 2023 at 12:28

        Corretto, il Corano non fa riferimento a nessun velo integrale ma in un versetto viene riportato solo l’utilizzo dell’Hijab (velo a due pezzi che copre capelli, orecchie e collo).
        In realtà l’utilizzo del velo è una pratica molto più antica diffusa anche in altre culture oltre che in quella islamica, anche nella storia della religione cristiana il velo è apparso più volte come virtuosa dimostrazione della purezza femminile.
        Simbolo di dignità, verginità e pudore, proteggeva le donne dagli sguardi degli altri uomini.
        Nella Bibbia San Paolo invita le donne a pregare con il capo coperto in segno di umiltà davanti a Dio, questa pratica era diffusa anche in occidente non più di qualche decennio fa.
        La questione simbolica che il burka trascina con sé è indubbiamente di sottomissione della donna all’uomo e della sua oggettificazione.
        Copre le forme femminili esposte solamente all’uomo a cui APPARTIENE, praticamente siamo alla pari di un vaso da fiori.
        Ma la sottomissione presente nel velo integrale non è diversa da quella del velo che indossano le spose nel giorno delle nozze, da quello che portano le suore cattoliche.
        Non è diverso dal fatto che una donna non possa diventare Papa o che la stessa famiglia cristiana si basi sul patriarcato (predominio del capofamiglia maschio).
        In fin dei conti, ogni religione è così, perché le religioni sfuggono inevitabilmente alla perfezione e ricadono nell’imperfezione e negli errori di chi le ha interpretate.
        Perché nessuno vuole sapere la verità sul Burka? Perché fa comodo, è semplice non farsi domande, è più facile mantenere le donne ignoranti vietandoli l’accesso nelle università, è pratico sottometterle in nome di un qualcosa che non è sicuramente il volere divino.
        Ma in luoghi emancipati, in società lontane da regimi teocratici, ognuno è libero di accettare o meno i dettami della propria religione, è libero di interpretare le regole della Bibbia o del Corano o di qualsiasi altro credo e di scegliere in che modo seguirle.
        E sta proprio qui la differenza tra oppressione e indipendenza.

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  99. Giada Giannotti   4 Gennaio 2023 at 15:08

    Il presidente Ebrahim Raisi il 15 agosto del 2022 ha firmato un decreto riguardante nuove restrizioni su come le donne debbano vestirsi all’interno della comunità, una normativa sempre più restrittiva sullo hijab e castità.
    La morte di Mahsa Amini costituisce la goccia che ha fatto traboccare il vaso, all’interno di un paese che si trova già in difficoltà economica, sia per l’inflazione che per la politica estera, il quale al posto di evolversi regredisce.
    Le donne che manifestano tagliandosi i capelli e bruciando il velo sono un esempio della consapevolezza comune che sta progredendo, una risposta del popolo che va contro al governo stesso.
    Inoltre, all’estero, l’utilizzo del burkini non venne vietato unicamente all’interno delle spiagge, esso è talvolta vietato nelle piscine e altri luoghi pubblici per presunti motivi igienici. Tuttavia è un costume da bagno realizzato con lo stesso materiale sintetico dei normali costumi e, se correttamente indossato, non comporta problemi igienici differenti rispetto ad un normale costume.
    Penso però che questi divieti non rappresentino nulla, la libertà di una donna non dev’essere dettata da terzi, ma nemmeno da ulteriori paesi che decidono di emettere leggi, dato che non tutte vengono obbligate ad indossarlo, poca percentuale possiede una libera scelta. L’emarginazione e l’obbligo di sottomettersi ancora a determinati usi e costumi potrebbe essere diminuita di sponda da leggi di paesi che tutelano queste donne (nel momento in cui esse decidono di allontanarsi dalle imposizioni). Inoltre all’interno del Corano si legge come le donne si debbano coprire dallo sguardo alcune parti del corpo, diversamente da ciò che accade.
    Mi pare che vi sia uno sgomento da parte dell’Occidente nell’ integrare ulteriori religioni per timore di essere “sovrastati”, anche se le libertà non sono ancora assolute di certo una profonda lotta vi è stata, e si può soccorrere tentando una maggiore integrazione e tutela.

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  100. Faezeh Nasiri   4 Gennaio 2023 at 21:24

    Il termine “Burkini” mi è nuovo. Prima di leggere questo articolo non ne conoscevo l’esistenza
    L’unica domanda che mi viene in mente è questa: il governo francese pensa che una donna musulmana nasconda una pistola nel suo burkini?
    Mentre nella nazionale di calcio francese si sentono i nomi dei calciatori musulmani

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  101. Ivana Doldi   4 Gennaio 2023 at 23:14

    Secondo il mio punto di vista è veramente importante l’apertura o chiusura mentale di ciascuno…. maggiormente si vive il quotidiano con la diversificazione e meno diventa impattante l’effetto…ogni novità suscita scalpore, positivo o no, col passare del tempo, se entra a far parte della nostra vita,va a scemare…indubbiamente la visione del Burkini su spiagge abituate a vedere corpi molto scoperti ha creato diverse reazioni…. è stato molto negativo associarlo al terrorismo… donne abituate a coprirsi, immagino, abbiano intrinsicamente la parte emozionale non preparata a mettersi a nudo, nonostante gli usi e le tradizioni occidentali…credo si sia generato un dibattito inutile volutamente. In un mondo aperto in maniera globale è chiaro che la tolleranza diventa necessaria…almeno finché la libertà di altri non vada a nuocere la propria, le regole ed i valori umani in maniera reciproca.

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  102. Alice M. LABA   5 Gennaio 2023 at 12:26

    Io personalmente penso che ognuno si può vestire come vuole, l’Italia è un paese “libero” confronto ad altri, quindi magari per noi è strano vedere persone vestite in un altro modo per come ci vestiamo noi, però per loro forse è essere un pochino più liberi rispetto nel loro paese.
    E’ anche vero il fatto che se noi dobbiamo andare nel loro paese noi dobbiamo seguire tutte le loro regole in modo perfetto, mentre qua le seguono tra il si e il no, (che poi dipende da persona a persona, ma questo vale per tutte le perone al mondo) e questo si lo trovo molto ingiusto.
    però penso che si dovrebbe essere ‘tutti amici’ e cercare di aiutarsi l’un con l’altro.

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  103. Elisa LABA   5 Gennaio 2023 at 18:11

    Il burkini, nel 2016 ma in parte tutt’ora, viene strettamente legato per associazione di idee, e aggiungerei erroneamente, all’ organizzazione terroristica islamica estremista chiamata ISIS che nel 2015 e 2016 sferrò una serie di attacchi terroristici in Francia. Ciò spiega la presenza fino ad oggi di una sorta di pregiudizio comune che scatena nelle persone (in questo caso i francesi in spiaggia) paura nei confronti di tutti gli islamici. Questo caso può essere riportato perfettamente nella scala di Allport. La in-group (le persone in spiaggia) attua pregiudizi sulla minoranza, l’out-group (la donna con il burkini). Per quanto notato da ciò che è scritto nell’articolo, a mio parere si arriva fino al terzo “gradino” di questa scala: il primo gradino, l’anti-locuzione, viene toccata all’inizio del dialogo, quando Sissy inizia a parlare del fisico della donna in maniera negativa per poi esclamare un bel “che schifo”. Il secondo gradino, l’esclusione/l’evitare, viene salito anche questo fin dall’inizio, perché nessuno interagisce con la donna in burkini, finché non arriva la polizia. E qui si arriva al terzo gradino, la discriminazione, ovvero l’impedimento di poter raggiungere obiettivi comuni al resto della società, in questo caso un semplice bagno nel mare. Con ciò non voglio dire che avere pregiudizi va bene, anzi. I pregiudizi fanno parte della nostra natura più remota. In passato dai nostri antenati veniva usata come una sorta di allarme in caso dell’avvistamento di qualcosa di nuovo, che teneva la creatura in allerta nel caso la novità potesse essere pericolosa. Ma ormai nella società odierna il pregiudizio viene utilizzato nei confronti del diverso, con accezione negativa. Non siamo più scimmiette che si dondolano tra gli alberi, quindi dovremmo imparare a gestire il pregiudizio con la razionalità. Non tutti i mussulmani vogliono farci saltare in aria, anzi direi che la componente che lo vorrebbe è minima, e fa parte di associazioni terroristiche, che usano la religione per scopi che con il credo c’entrano zero, e che quindi non hanno a che fare con il resto dei credenti. Vorrei aggiungere che il fatto di impedire alle donne mussulmane di indossare il cosiddetto velo in un paese libero, perché se delle persone provenienti da quest’ultimo andassero in un paese islamico, sarebbero costrette a coprirsi, è un ragionamento errato. Questo perché in un paese ispirato a dei principi di libertà, le persone dovrebbero essere libere di indossare quello che vogliono. In fin dei conti non fa male a nessuno. Non è il burka o il burkini il problema. Il vero problema è la violenza.

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    • Lamberto Cantoni
      lamberto cantoni   6 Gennaio 2023 at 10:25

      Intervento deciso, molto determinato e lucido. Analisi ineccepibile. Bisogna però fare i conti con la realtà o fragilità degli esseri umani. Molte persone in occidente sono afflitte da “nevrosi di guerra in tempo di pace” (Sergio Finzi). L’orrore disgustoso praticato dal terrorismo è una delle concause di questa patologia che, tra le altre cose, produce distorsioni percettive e cognitive come quelle raffigurate nella fiction che ho scritto.

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  104. Matilde Gatti   6 Gennaio 2023 at 16:26

    Dopo l’attentato terroristico i pregiudizi nei confronti della religione e dello stile di vita islamico, già esistenti e non solo in Francia, si sono fatti sentire in modo ben chiaro arrivando oltre il confine francese. Il Burkini di per sé non è il problema, pensiamo infatti alle mute da sub…se vedessimo in spiaggia una donna con la muta, in procinto di farsi un bagno prima o dopo aver fatto la sua immersione sui fondali…cosa penseremmo? semplicemente che si sta divertendo a praticare uno sport normalissimo per il luogo in cui si trova; ma se ad indossare un indumento simile fosse una donna musulmana con magari anche la chioma coperta si scatenerebbe una paura o un senso di disprezzo dato da pregiudizi inutili. Nel metalogo tra i ragazzi in spiaggia si cita l’esempio di una Suora al mare, e in effetti anch’io mi chiedo come potrebbe presentarsi in un contesto come quello…probabilmente con maglia, gonna lunga, capelli nascosti dal copricapo e questo non susciterebbe alcuna emozione negativa, probabilmente perchè abituati al concetto di Suora=dona il suo corpo a Dio=cristiana=ok. Personalmente ritengo che una donna sia libera (islamica, cristiana o buddista che sia) di presentarsi come vuole o come ritiene consono. Se ipoteticamente volessi andare in spiaggia con una tuta da ginnastica perchè a disagio con il mio corpo, qualcuno si permetterebbe di allontanarmi e farmi notare che il mio abbigliamento non è adatto? probabilmente no, ma la questione va al di là dell’abito in sé…si basa solo sulla provenienza della persona o delle sue motivazioni. Un altro esempio può essere quello del MET Gala del 2021 nel quale Kim Kardashian si presentò con una tuta integrale firmata Balenciaga che non lasciava nemmeno intravedere occhi, naso o bocca; quello che i giornalisti dissero fu “who’s that girl?” “stupendo” “innovazione pura, arte” e sono d’accordo che sia un qualcosa di mai visto anche per un ambiente stravagante come il MET gala, però cos’ha di diverso da un burkini, da un velo indossato a scopo religioso da una donna comune che segue semplicemente i propri principi?

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  105. Margaret.N   7 Gennaio 2023 at 09:01

    I burkini, che coprono la testa, il busto e gli arti, proprio come una muta con cappuccio, sono una recente invenzione commerciale, non un requisito religioso. Una donna australiana ha disegnato il burkini per permettere alle donne musulmane di coprirsi il corpo mentre lavorano come bagnine. Non è stato progettato specificamente per i musulmani, ma hanno sentito il bisogno di indossarli poiché vogliono coprire tutto il loro corpo. Ma sembra che molte persone siano intolleranti negando il diritto delle persone di un’altra fede religiosa di praticare ed esprimere liberamente le proprie convinzioni. L’intolleranza religiosa è come la discriminazione basata sulla religione. L’intolleranza religiosa deve essere rimossa perché non è per il favore della società. Porta alla distruzione della società poiché le persone combattono sulla base della religione. Il governo dovrebbe fare il favore e creare consapevolezza tra le persone riguardo all’intolleranza religiosa attraverso programmi di sensibilizzazione. L’intolleranza religiosa dovrebbe essere rimossa per il miglioramento della società e della nazione. La tolleranza religiosa è necessaria affinché gli individui all’interno della società vadano d’accordo, specialmente quando una varietà di culture e persone con credenze religiose diverse vivono in una comunità o nazione. Quando si pratica la tolleranza religiosa, nella società esistono unità e coerenza. Ora il governo e non solo, ma anche noi stessi dobbiamo fare ogni sforzo per mantenerci in pace e tranquillità.

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  106. Francesco Casadei   7 Gennaio 2023 at 15:15

    Questo capo di abbigliamento, definito Burkini, prima di questo articolo, non ne ero a conoscenza, non vorrei partire con il piede sbagliato dopo ma aver letto attentamente il tutto, senza essere inappropriato, oserei definire l’intera questione come una falsa problematica?
    Sono però stato colpito dalla creazione ideata della fusione di due parole (bikini e burka) che appunto, fuse creano una “esplosività” nel nome del prodotto, che però l’oggetto stesso questa esplosività non ne ha.
    Se dovessi schierarmi nel dibattito tra i 3 amici, appoggerei ciò che dice il Signor Scorreggia, che diffida dalle parole di Minnie, la quale trova molta ironia nel burkini, nel concetto di sdrammartizzare il Burka.
    Ora… penso alla ragazza “iburkinata” fermata dalla polizia in spiaggia, conoscendo un minimo la rigidissima religione dell’islam, considerando la severità e restrizioni ai quali i credenti sono soggetti, non protrebbe permettersi di indossare un indumento che sdrammatizzi o ridicolizzi il significato e l’importanza di un indumento legato alla sua religione, quinidi riprendendo le parole di Johnny, il signifato di questo burkini credo proprio che sia legato ad un fascio di contenuti che trasformano l’unione delle due parole in un segno stracarico di passionalità.
    Come disse giustamente la Merkel, il burkini però ostacola l’integrazione e senz’altro limita quell’esibizionismo del corpo dei capi che vestono per sembrare nudi e che aiutano notevolmente a incrementare gli oggetti del desiderio, quindi in questo senso anche sotto il punto di vista moda, si discosta dalle usanze occidentali.
    Rendere questo prodotto oggetto di moda per culture diverse dalla religione islamica, mi viene da considerarlo non una forzatura all’integrazione ma quasi un impossessarsi di una usanza/scelta non di nostra appartenenza.
    Detto ciò l’unico quesito che mi rimane in sospeso nel cervello,è l’interessante questione del “chi rispetta le regole di casa di chi”, se è giusto o meno essere così severi nei confronti di persone che appartengono ad una religione differente dalla nostra quindi, istituire imposizioni comunali/restrittutive pecuniarie ect ect, o essere più permissivi? Probabilmente data la distanza temporale di questo evento le questioni sono già state mediate. (se si spero in bene)

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  107. Federica   8 Gennaio 2023 at 12:46

    Come si comporteranno i comuni francesi che hanno vietato il burkini sulla spiaggia, con chi indossa la muta da sub? o con le donne che per varie ragioni non possono esporsi interamente al sole e si presentano al mare con un abito che le copre interamente, testa inclusa? è vero che quelle ordinanze si riferiscono al burkini come simbolo religioso più che all’abito in quanto tale, ma è immaginando l’applicazione di un simile dispositivo che emergono le contraddizioni, oltre che la difficoltà di distinguere tra chi indossa un abbigliamento coprente per motivi religiosi e chi lo fa per altre ragioni. Se il burkini è una libera scelta occorre rispettarla, ma come si fa a ‘misurare’ se lo sia davvero? Sapere se dietro quella libera scelta si nasconda qualche forma di violenza maschile, culturale, religiosa? è difficile e scoprirlo davvero richiede voglia di ascoltare, assumendo su di sé l’onore che si presume sia proprio delle società liberali: che ciascuno sia in grado di dire ciò che vuole fare della propria vita, e che goda del diritto di essere ascoltato. detto questo, penso ci siano problemi molto più grandi rispetto a una donna che indossa un burkini in spiaggia. Ognuno è libero di vestirsi come vuole, se questo lo fa essere a suo agio. Per quanto riguarda l’accettazione vorrei rimarcare che imporre un bikini a una musulmana o multarla perché indossa qualcosa di inusuale in occidente, è sicuramente immorale ma a mio parere è anche immorale costringere un’occidentale a coprirsi da testa a piedi in un paese che abbraccia la cultura mussulmana. Nonostate sono contraria al modo in cui l’Islam opprime la donna, in nessun modo riesco a condannare l’uso del burkini. Nel momento in cui vieti a una donna con il burkini di nuotare, non stai incoraggiando questa donna a vivere diversamente, le sta semplicemente impedendo di nuotare.

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  108. Andrea Marcaccini   8 Gennaio 2023 at 22:29

    I diritti umani sono per definizione “i diritti inalienabili che ogni essere umano possiede”, ossia i diritti che devono essere riconosciuti ad ogni persona per il solo fatto di appartenere al genere umano, indipendentemente dalle origini, appartenenze o luoghi ove la persona stessa si trova. Quando la gente non conosce bene questi diritti cade in comportamenti come la discriminazione, intolleranza e ingiustizia.
    Per entrare nel contesto della discussione vorrei citare un paio di questi, cioè, Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
    Dovremmo essere trattati tutti con equità poichè ognuno ha una propria storia personale che non è mai uguale a quella dell’altro. Abbiamo tutti il diritto di farci idee proprie, di dire quello che pensiamo e di condividere idee con altre persone.
    Detto ciò il burqa non è mai stato utilizzato come simbolo di sottomissione, in origine il burqa “velo”, veniva utilizzato come mezzo di distinzione sociale, coloro che lo indossavano provenivano da ceti sociali nobili, indossavano questo capo per non farsi vedere dal popolo. Oggi però riconosciamo il burqa come simbolo di religiosità islamica. Perchè le donne islamiche portano il burqa? Prima di tutto le donne scelgono di portare il velo non obbligate ma per scelta, infatti così facendo simboleggiano la loro identità religiosa ed espressione personale; secondo luogo , questo copricapo, promuove la modestia ed impedisce l’oggettivazione del corpo femminile, portando l’attenzione dell’interlocutore sull’intelletto della donna piuttosto che sull’aspetto fisico.
    Un esempio può essere quello del MET Gala del 2021 nel quale Kim Kardashian si presentò con una tuta integrale firmata Balenciaga che non lasciava nemmeno intravedere occhi, naso o bocca; quello che i giornalisti dissero fu ”who’s that girl?”, ”stupendo”, ”innovazione pura, arte”, sono d’accordo che sia un qualcosa di mai visto anche per un ambiente stravagante come il MET Gala, però cos’ha di diverso da un burqa, da un burkini o da un velo indossato a scopo religioso da una donna comune che segue semplicemente i propri principi?
    Per quanto riguarda il burkini (burqa/bikini) che copre la testa, il busto e gli arti, proprio come una muta con cappuccio, è una recente invenzione commerciale, progettata da una donna australiana che ha permesso a donne facente parte di questa religione di coprirsi il corpo e quindi di potersi godere un’aspetto della vita di tutti come una giornata al mare o in piscina.
    Personalmente il pensiero che sta dietro al concetto di burqa e tutte le sue declinazioni è stato manipolato e distorto dai pregiudizi e stereotipi che per la maggior parte delle volte è un’opinione preconcetta concepita non per conoscenza precisa e diretta del fatto o della persona, bensì su voci e opinioni comuni.
    Non capisco perchè ci sia stato un dibattito così acceso, fino ad arrivare ad una negazione di un costume, nei riguardi di questo argomento, poichè la storia del velo o di altri copricapi nacque molto prima che l’Islam venisse fondato, hanno sempre giocato un ruolo importante in molte religioni compreso il Giudaismo ed il Cattolicesimo.
    Vorrei aggiungere, infine, che come sempre bisognerebbe analizzare il tutto con spirito critico valutando ogni aspetto in maniera oggettiva e con un pizzico di buon senso.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   10 Gennaio 2023 at 11:31

      Sì certo, Kim Kardashian nell’occasione che hai ricordato indossava una tuta Balenciaga che ricopriva tutto il corpo. Qualche giorno dopo però, in un altro evento, si fece immortalare indossando un look fetish che avrebbe agitato persino un vecchio marpione come Von Masoch. Cosa voglio dire? Semplicemente questo: esiste una configurazione, percettiva e semantica, che unisce i due look ricordati. Noi la chiamiamo “libertà di esprimersi”, ma dietro o aldilà delle parole esistono sentimenti, emozioni forti che caratterizzano il modo di esperire il processo di costruzione dell’identità in Occidente. E questa libertà di ridefinire i contorni della nostra identità senza essere sanzionati da chi si nasconde nelle rigide geometrie di una Legge che non tollera critiche o cedimenti, è una delle demarcazioni più insopportabili (soprattutto per donne e omosessuali) che ci divide dai fondamentalisti di tutte le religioni.
      Il burkino o burqino in assetto percettivo normale è solo un costume da bagno più protettivo. Ma come negare il fatto che l‘ossessione dei fondamentalisti per la segregazione della donna dentro prigioni della Legge più rigide di quelle destinate agli uomini. abbia fornito all’oggetto in questione, la forza per deviare la normale percezione, dirottandola verso emozioni polarizzanti?
      Che risposta dare a questa deriva emozionale? L’esempio del Burkini ci ha insegnato che non possiamo agire solo sull’onda delle passioni. Non possiamo però semplicemente negarle; esistono e anch’esse sono reali; ma possiamo benissimo riportarle alla misura compatibile con la difesa dei nostri valori tra i quali dovrebbero trovare posto libertà e tolleranza. Come? Col dialogo, con il confronto, con il dissidio o la condivisione. Non è successo proprio questo con il Burkini? Abbiamo discusso, litigato, siamo entrati in conflitto con noi stessi con gli altri…ma alla fine sono emersi i valori fondanti. Il disordine (del modo occidentale di affrontare la vita) non preclude l’ordine bensì lo imbriglia in una rete di continue regolazioni. Chi parte invece da un ordine che non tollera effrazioni di sorta, si condanna ad un disordine che ha come conseguenza probabile l’emersione della morte come figura finale del confronto.

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    • Matilde   12 Gennaio 2023 at 14:22

      mi è piaciuta la citazione di Kim Kardashian soprattutto perchè copiata e incollata dal mio commento. Però avresti dovuto citare la fonte.

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  109. Ilenia   9 Gennaio 2023 at 10:00

    Questa estate abbiamo sentito molto parlare del Burkini. Parliamo di burka che è l’abbigliamento che copre completamente il corpo e il bikini che invece porta a scoprirlo. Secondo me il burkini è una negazione della femminilità ma credo anche che ogni religione e tradizione vada rispettata se non crea danno alle altre persone. Quindi se fosse solo un fatto estetico, questo non porterebbe un serio disagio a nessuno. In ogni caso, gli immigrati oppure semplicemte le persone straniere in vacanza in qualsiasi paese drovebbero avere il rispetto di adeguarsi alla cultura del paese dove si trovano.Negare loro il diritto di portarlo è come negare loro la libertà; così come un’altra donna di qualsiasi religione ha il diritto di stare vestita in spiaggia come meglio crede è giusto anche per loro con il Burkini. Facciamo un esempio banale: ancora oggi nelle spiagge magari possiamo trovare famiglie con nonne/bisnonne che stanno vestite con un foulard e una lunga gonna e magari le figlie-nipoti accanto con un bikini, sono sicura che la gente non si metterebbe a fissare continuamente e/o a giudicarle, questo perché ogni generazione è abituata a modo suo.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   9 Gennaio 2023 at 11:10

      Sei sicura di aver sentito parlare così tanto del Burkini “questa estate”?

      Rispondi
  110. Gaia   9 Gennaio 2023 at 21:17

    La parola burkini,è una parola macedone che unisce i termini burqa e bikini,un tipo di costume da bagno femminile che copre interamente il corpo, esclusi la faccia, le mani e i piedi ed é stato inventato da Aheda Zanetti,stilista australiana.
    Aheda ha cominciato a venderlo verso il 2005/2006,lo ha ideato pensando alle ragazze musulmane che amavano frequentare spiagge e piscine, fatto con tessuti idrorepellenti.
    Ideato per creare una sorta di indipendenza dalla donna islamica nella loro cultura islamica,cercando soluzione a quelle regole imposte dalla loro cultura.
    Fu solo negli anni ’40 e ’50 che l’abito da spiaggia femminile iniziò ad accorciarsi progressivamente ma la questione dei dettami islamici si ripresenta dove devono confrontarsi con l’attuale cultura occidentale prevalentemente laica.
    Un uguaglianza che anche al giorno d’oggi non si riesce mai ad attuare sopratutto tra Occidente e oriente tra culture ed etnie diverse!
    Il burkino rimanda a quell’integralismo islamico che manifesta la propria espressione peggiore nella repressione della libertà della donna.
    Per la cultura islamica, la donna deve essere coperta con abiti lunghi e coprenti da non far vedere le forme del corpo per evitare che possa essere motivo di attrazione per l’uomo. Probabilmente è una forma di oppressione per limitare il potere femminile della seduzione.
    Come dice nell’articolo in Francia viene proibito il burkino,nello specifico dal 2010,vietando di indossare per motivi di ordine pubblico e sicurezza il burqa,che copre integralmente il viso di una donna e vietando gli accessi alle spiagge cittadine.
    Come dice nell’articolo “Un divietò é un divieto” oppure “ Ti pare che il burkini possa essere utile per nascondere delle bombe?” sono affermazioni di cui ancora ci sono pregiudizi e tante menti retrogradi che non stanno al passo con la nuova società di oggi dove purtroppo ancora questa cultura ne rimane indietro e non si riesce a smorzare il contrasto fra culture ed etnie religiose diverse sopratutto tra oriente ed Occidente.
    Non dovrebbe essere prevalente da noi il principio di libertà?
    Secondo te il burkini è un segno di appartenenza all’Islam oppure no?
    Ogni religione e cultura ha le sue regole dove ci sono valori e atti da eseguire per essere in linea e fedeli con quello per cui si é scelto ma purtroppo come nel caso dell’Islam non c’è la libertà nel poter scegliere come vivere.
    La separazione dei sessi è comunque alla base dell’organizzazione della vita pubblica dell’estremismo islamico. Nei paesi musulmani conservatori le donne non vanno al mare con gli uomini. L’imposizione è quella di coprirsi con abiti larghi che impediscano l’evidenziazione delle forme femminili: burqa, hijab, chador o niqab. Il burkini asciutto o bagnato aderisce invece al corpo della donna segnandone le forme. Quindi nelle comunità islamiche radicali il suo utilizzo può essere segno di apertura piuttosto che di radicalizzazione.
    Grazie alla frequentazione delle spiagge le donne musulmane potrebbero avere l’opportunità di poter percorrere l’inizio di una strada verso l’emancipazione altrimenti preclusa.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   10 Gennaio 2023 at 09:32

      Burkini è parola macedone? Molto strano. Credo che sia inequivocabilmente la fusione tra burqa e bikini, quindi un neologismo inventato da Aheda Zanetti (stilista australiana con madre libanese).
      Probabilmente ti sei confusa. Volevi forse dire che burquini è una “parola macedonia” ovvero un neologismo.

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  111. Serena Gentilini   9 Gennaio 2023 at 21:35

    Dal punto di vista di libertà la donna dovrebbe essere libera di fare e indossare ciò che vuole, in spiaggia così come in città. Se pensiamo quindi alla sua libertà in quanto tale trovo triste che molte donne musulmane si sentano, e siano costrette a coprirsi più di quanto non ritengano personalmente necessario, ma allo stesso tempo trovo triste ed ipocrità che esse non abbiano nemmeno la scontata libertà di potersi coprire come vogliono, in alcuni casi integralmente, perchè la cultura che le ospita, diversa dalla loro, gli punta il dito contro. Alcune di loro, sì, desiderano coprirsi per scelta.
    Ci sono donne occidentali che non indossano bikini ma costumi interi, altre che indossano mute. Allora mi chiedo perchè una donna musulmana non può indossare liberamente una simil-muta in tessuto tecnico con attaccato un “cappuccio” senza essere criticata o addirittura ostacolata? Perchè offende la cultura di qualcun’altro? Io credo che siano altri gli elementi che tra culture possono essere considerati offensivi, come ad esempio l’intolleranza o talvolta la violenza che ne deriva. Violenza che purtroppo si manifesta anche all’interno delle singole culture, come nelle attuali vicende in Iran.

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  112. Carlotta   9 Gennaio 2023 at 21:43

    Il burkini, a mio parere è stata un’invenzione molto innovativa, partita dalla fusione di due semplici parole quali “bikini” e “burqa”. Grazie ad esso vediamo come la società stia iniziando piano piano, passo dopo passo, ad essere sempre più inclusiva e ad integrare diverse culture e religioni. Ciò nonostante nella maggior parte dei casi quello che risulta essere un capo d’abbigliamento viene preso tutt’oggi di mira dalle persone perché non vengono viste con buon occhio le culture differenti o semplicemente perché a molti piace aggrapparsi a ciò che legge sul giornale o vede in tv riguardanti le persone con origini diverse dalle nostre (come se noi fossimo tutti persone perché bene). Allora mi chiedo come sia possibile che ancora oggi un capo d’abbigliamento che dovrebbe essere riconosciuto come un’innovazione fantastica, sia invece oggetto di discriminazione solo perché il suo scopo è rivolto verso persone con tradizioni diverse dalle nostre. Perché dovrebbe essere importante ciò che rispecchia la cultura di altre persone e soprattutto, perché ci importa così tanto del modo di vestire di una persona soprattutto quando sotto ad esso c’è un motivo religioso? Il burkini è stata l’invenzione capace di far sentire le donne musulmane libere di poter frequentare luoghi come spiagge e piscine senza nessun rischio di infrange i propri ideali ed è finito per diventare tutt’altro che un simbolo di libertà a causa dei giudizi delle persone che sono troppo impegnate ad osservare la vita altrui

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  113. Desire Graffiedi   9 Gennaio 2023 at 23:16

    Parto con il dire che secondo me le donne musulmane non sono tutte libere di scegliere; perché purtroppo in altri paesi pochi sviluppati c’è ancora una mentalità abbastanza primitiva; che chiaramente da l’idea di sottomissione della donna ma non sempre e così.
    Alcune donne decidono di seguire certe regole per la fede nella loro religione come quella di non poter mostrare il proprio corpo, perciò non trovo il motivo di impedire l’utilizzo del burkini oppure giudicarne l’uso.
    Tra i vari stereotipi dati a questo indumento troviamo l’associazione allo sporco, al terrorismo a un insulto verso gli usi e costumi nostri.
    Ma semplicemente fa strano il diverso perché solo noi siamo i padroni della moda, gli altri hanno usi e costumi diversi che da noi non possono essere usati.
    La libertà della donna e la manifestazione della sua bellezza di genere sono valori fondamentali nella cultura dell’Occidente contemporaneo. Tuttavia, se si va in alcune regioni d’Italia, si vedono ancora, sempre meno ma ci sono, anziane signore che si vestono di nero tutte coperte ecc.
    È normale che noi troviamo distante dalla nostra visione della vita e della realtà femminile castigare il corpo di una donna. Se questo modo di essere non viene accolto da tutti come progresso, ciò indica che la nostra mentalità non è attrattiva e purtroppo l’Europa in genere non rappresenta per chi arriva un luogo di emancipazione e libertà ma solo di sopravvivenza o insulti.
    Ognuno può vestirsi come vuole, purché lo faccia volontariamente.

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  114. Livia Scandali   9 Gennaio 2023 at 23:31

    La moda ci rappresenta, definisce quello che siamo. Partendo da questo presupposto non esiste qualcosa di giusto o sbagliato. Il problema nasce quando si crea una storia o si assegna un significato ad un capo di abbigliamento. Al burkini viene collegata la religione mussulmana e gli eventi connessi ad essa che hanno generato paura e terrore nel mondo occidentale, come gli attentati verificatosi negli ultimi anni. Ma è giusto questo collegamento?
    Penso sia normale che ogni capo di abbigliamento “rappresenta” una storia, un’usanza o una tradizione di un paese, perché la moda è ciò che siamo e si perderebbe il senso di essa se non fosse così, ma è assurdo che un capo come il Burkini rappresenti esclusivamente questa parte della storia della religione mussulmana.
    Inoltre quando si creano questi pregiudizi, ci si dimentica che stiamo pur sempre mettendo in discussione la libertà di una persona, che è un diritto fondamentale. Nel caso della religione islamica è importante capire, da noi occidentali, che le donne fanno una scelta, scelgono di essere fedeli alla loro religione e sono libere di fare quello che vogliono, anche di coprire il loro corpo o viso. I movimenti femministi che si sono susseguiti negli anni avevano proprio l’obbiettivo di far raggiungere alle donne la loro libertà, indossare un Burkini in spiaggia è come una di queste tante lotte. Anche indossare un semplice Bikini al mare non era scontato in passato. Oggi sembra assurdo, però un tempo non era permesso alle donne di indossare bikini troppo corti, mi ricordo di aver visto delle immagini dove le forze dell’ordine addirittura misuravano la lunghezza del bikini femminile ad alcune donne in spiaggia. Detto questo concludo dicendo che indossare un Burkini è una scelta libera che va rispettata da tutti, non dovrebbe generare paura o tantomeno scandalo.

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  115. Pamela Ferri   10 Gennaio 2023 at 09:55

    Nelle società democratiche le diversità culturali è giusto che vengano trattate diversamente, con vari pesi e misure, il burkini, come il velo, è un semplice capo di abbigliamento che nella religione islamica identifica le donne (che dovrebbero essere libere di decidere se indossarlo o meno). Tuttavia con il burkini si è fatto un passo avanti, visto che permette alle donne islamiche di essere “libere” rispetto ad alcuni anni fa in cui era proibito alle donne anche di andare al mare con gli uomini.
    Il burkini, come il bikini suscita scandalo, ma non per le parti del corpo coperte ma semplice perché porta al pensiero di una società e religione che per molti equivale alla paura.

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  116. Irene G   10 Gennaio 2023 at 09:55

    Il burkini è stato (e probabilmente continuerà ad essere) un argomento molto discusso.
    Innanzitutto la narrazione che viene spesso portata avanti quando si parla di burkini ( e non solo, ma anche di altri indumenti tipici della cultura islamica come l’hijab o il rigoroso codice di abbigliamento come vestiti larghi che non lasciano intravedere le forme del corpo della donna) visto come indumento di sottomissione della donna e come una non emancipazione di quest’ultima è del tutto erronea.
    Un individuo (in questo caso una donna) emancipato è colui che ottiene la libertà e per una donna islamica (credente ed osservante) l’emancipazione consiste anche nella libertà di professare la propria religione, quindi la libertà di coprirsi i capelli o non esporre il PROPRIO corpo.
    Non a caso “burkini” deriva dall’unione di burka (riferimento al “codice” di abbigliamento islamico) e bikini (tipico costume occidentale, accolto dalla nostra società solo dopo le rivolte femministe della seconda ondata, anni ‘60 quindi); in primo luogo fondendo questi due termini si avvicinano usanze di culture differenti in secondo luogo burkini e bikini vengono inevitabilmente messi in relazione l’un l’altro, talmente tanto diversi (uno copre, l’altro tende a scoprire il più possibile) eppure tanto simili.
    Burkini e bikini a loro modo portano avanti la stessa narrazione: LIBERTÀ. Libertà di mostrare e libertà di non farlo, libertà di espressione, perché in fondo la moda è anche questo no? libertà di poter esprimere noi stessi tramite gli abiti che indossiamo.
    In oltre (sempre un una di queste narrazioni un po’ contorte) il burkini viene visto come capo di non integrazione delle donne mussulmane, in realtà (come viene anche detto nel dialogo) il burkini nasce per volontà di integrazione ad attività prettamente occidentali (come andare in piscina, prendere il sole in spiaggia…) rispettando però la donna mussulmana.
    Nel 2015 la Francia è stata colpita da diversi attentati terroristici con a capo l’organizzazione terroristica “ISIS”, a seguito di questi attentati si è innescata una catena di proposte di leggi proibizionistiche riguardo al burkini in quanto ritenuto “poco sicuro”.
    Si fece riferimento anche a quanto non fosse igienico (cosa alla quale Sissy fa riferimento nel dialogo anche se non in modo esplicito).
    In conclusione il burkini è un indumento come ogni altro, che permette alle donne mussulmane di prendere parte ad attività occidentali senza dover rinunciare ai loro principi e alla loro religione.

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  117. Giorgia F   10 Gennaio 2023 at 17:15

    Che il burkini per noi sia giusto o meno, noi non abbiamo il diritto di vietare un’indumento.
    La nostra libertà finisce dove ha inizio quella degli altri, quindi a tale proposito, dal momento che a noi questo abito non ci infligge nessun danno morale e esistenziale, bisogna metterci una pietra sopra.
    Ogni cultura ha le proprie tradizioni, usanze, abbigliamenti e festività, chi siamo noi per intrometterci?
    Faccio un esempio non totalmente inerente, ma per far capire il mio concetto, nelle spiagge libere non esiste un dress code, quindi ogniuno può venire vestito come vuole, se a noi non va bene è un problema nostro perché nel caso in cui andassimo in una spiaggia per nudisti siamo consapevoli di non poterci lamentare delle persone nude.
    Finché questi burkini, ma anche il burka non vengono imposti da nessuno, ma sono delle scelte consapevoli della donna ben venga, sono dei tratti che contraddistinguono e dovremmo essere aperti alle novità, alla contaminazione di altre culture, per poter apprendere di più.

    La moda accoglie sempre le novità, e noi siamo affascinati da questo mondo, pensiamo a YSL che nelle sue collezioni ha citato numerose volte i paesi orientali, ma non solo.
    Secondo me l’esempio delle suore è azzeccato e fa capire che non accettiamo cose diverse rispetto a quelle a cui siamo abituati, io potrei vedere il velo della suora come una privazione di libertà, ma andare in convento è una scelta libera, stessa cosa vale per il burkini.
    Caso diverso è quello che sta succedendo in Afghanistan, dove i talebani impongono il velo integrale alle donne, questa è una cosa da combattere, non sicuramente una donna che vuole coprirsi al mare.
    Parlando della Francia, è un paese laico, ma una laicità negativa, come possiamo notare dalle ultime votazioni in Senato che hanno portato al divieto alle donne islamiche di indossare l’hijab nelle competizioni atletiche.
    Nel 2004 Parigi aveva già proibito di indossare il velo islamico nelle scuole statali, mentre nel 2010, era arrivato il divieto anche per quanto riguarda il niqab, indumento che copre l’intera figura, nei luoghi pubblici come strade, parchi, trasporti ed edifici amministrativi.
    L’anno scorso, infine, è stata approvata la proposta di legge chiamata “hijab ban”, che vieta alle minori di 18 anni di portare il velo in pubblico, questa non è libertà.
    Sono dell’idea che non si possa fare di tutta l’erba un fascio, non si può pensare che tutti gli islamici siano terroristi.
    Secondo me bisognerebbe imparare da loro la devozione che mettono verso ciò che credono, pensiamo al Ramadan, il mese sacro del digiuno, dedicato alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina.
    Il digiuno è un obbligo per tutti i musulmani praticanti adulti e sani che, dalle prime luci dell’alba fino al tramonto, non possono mangiare, bere e fumare.
    Questo per dire che tutti dovremmo prendere ispirazione dal loro impegno, verso i nostri obiettivi e non lamentarci di cose inutili.
    Penso che il burkini non diventerà mai una moda nei nostri paesi, perché siamo cresciuti con mentalità differenti, però non vedo il motivo di dover screditare un indumento, se non ti piace non lo indossi, ma non ne fai una questione di stato, vivi e lascia vivere.

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  118. Daria Canato (LABA)   11 Gennaio 2023 at 17:14

    L’articolo letto in maniera molto simpatica e piacevole ci mette davanti ad una questione che non ha nulla a che fare con queste emozioni. Ci ritroviamo nel 2016 in Francia ma questa situazione potrebbe essere tranquillamente catapultata nel 2023 nel paesino di mare vicino casa mia, certo magari non con l’intervento della polizia ma sicuramente una donna con un burkini attirerebbe l’attenzione. Certo, ammetto, io stessa la guarderei ma come potrei permettermi di giudicarla? È una sua scelta, perché non è libera di indossare ciò che vuole come noi? Oltre a mani e piedi non c’è 1cm di pelle scoperta in più, la scusa della volgarità che il bacchettone compaesano dice alle ragazze in minigonna non può reggere. Allora non è questa la questione, c’è altro, si tratta di razzismo, per di più la vicenda si svolge in Francia, paese probabilmente soffocato da pregiudizi derivanti dagli attentati dell’ISIS nel 2015, ma che motto cita “Liberté, Egalité, Fraternité” che, nonostante sia un motto settecentesco, vale solo tra compaesani a quanto pare. Visto che il Burkini fa parte del mondo della moda, è stato inventato da una stilista, perché esso non può diventare un trend come tanti altri? Indossiamo già indumenti che ci coprono molto il viso e che possono ricordare in qualche modo quelli mussulmani, basti pensare a Balenciaga che propone passamontagna o balaclava con loghi, disegni, graffiti o solo a tinta unita, ma altrettanti come Supreme, Jacquemus e fast fashion come H&M o Subdued. A Settembre 2022 è morta la ventunenne Mahsa Amini, o meglio è stata uccisa dalla polizia dell’Iran perché non aveva indossato nella maniera corretta il velo. Dopo questa vicenda sono nati vari movimenti per sdoganare questo problema, perché lo è, Maometto non ha mai obbligato nessuna donna ad indossare il velo, è stato tutto mal interpretato e portato ad una intensificazione assurda. È anch’esso un vestito come un altro, si dovrebbe essere liberi di indossarlo senza essere mal giudicati.

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  119. Sinfonia giornale scommessa   11 Gennaio 2023 at 19:05

    Io penso che ognuno debba essere libero di esprimersi come più gli pare, fino a quando quella libertà non intacca quella degli altri ed è proprio lì che entra in gioco anche il rispetto. Nel caso dell’articolo, impedire a una persona di indossare in burkini è davvero poco difendibile. Non è possibile giustificare questo divieto per ragioni igieniche, perché si tratta di un costume da bagno vero e proprio, in tessuto tecnico, adeguato alla sua funzione. Non è nemmeno possibile giustificarlo per ragioni di sicurezza in quanto non pone problemi di identificazione delle persone, dal momento che il volto rimane scoperto.

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  120. tom   11 Gennaio 2023 at 19:50

    Avevo sentito già parlare di burkini anni fa, ma ero così piccolo che
    alla fine non andai mai a ricercare le informazioni utili per poterne discutere.
    Cosi andando a cercare qualche immagine su internet mi sono stupito,
    non avrei mai immaginato un capo simile eppure è stato creato appositamente per
    non transigere le regole della religione mussulmana, e qui si dovrebbe aprire
    un lunghissimo dibattito su chi è pro e chi è contro a tutte queste costrizioni nei confronti
    delle donne. in ogni caso grazie al dialogo attraverso lo sguardo dei ragazzi
    ho potuto immaginarmi probabilmente che alcune cose che sono state dette
    avrebbe potuto dirle pure un amico qualsiasi della mia compagnia.
    Alla fine giudicare una persona è umano anche se spesso non molto etico.
    Il burkini visto dalla loro giovine prospettiva mi è arrivato e per quanto
    leggera come lettura tocca tempi importanti ai quali mi piacerebbe poter
    aiutare le persone che di quella religione ne soffrono.

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  121. Silvia   12 Gennaio 2023 at 00:02

    L’ordinanza emessa da alcune località di mare francesi, dalla Costa Azzurra alla Corsica, vieta l’utilizzo del burkini nelle spiagge.
    All’inizio di agosto, a poco più di un mese dalla strage di Nizza, il sindaco di Cannes ha emesso questa ordinanza perchè dice che «manifesta in maniera ostentata un’appartenenza religiosa» e quindi «rischia di creare disturbo all’ordine pubblico».
    La strage di Nizza è stata causata da un uomo che ha investito volontariamente una folla, quindi io non capisco il senso di creare un’ordinanza contro il burkini che è un indumento identico a una tuta da sub che potrebbe benissimo diventare una nuova moda.
    Come ha affermato in un’intervista Marco Orioles, sociologo ed esperto di Islam in Europa: «Il burkini NON è un simbolo religioso, Il burqa e il burkini sono invenzioni moderne, che non hanno nulla a che vedere con le loro tradizioni. Il Corano vieta la nudità, non parla di velo».
    Ho chiesto informazioni ad amiche/amici musulmani e il fatto di portare o meno l’hijab (composto da una o due sciarpe che coprono soltanto la testa e il collo), il niqab (velo che copre tutto il corpo, la testa e il viso, lasciando solo un’apertura per gli occhi), lo chador (uno scialle che copre tutto il corpo ed è chiuso sul collo), il burqa (velo che copre tutto il corpo femminile, anche gli occhi, le donne che lo indossano possono vedere attraverso una retina), l’Al-amira (velo composto da due pezzi, si compone di un primo copricapo aderente con sopra un foulard) è una scelta personale della donna.
    Alcune donne come Tasnim Ali (influencer di origini egiziane) ha deciso di portare l’hijab dall’età di 11 anni per scelta personale e lo considera una scelta femminista, altre come Aida Diouf Mbegue (di origini senegalesi e prima tiktoker col velo) ha deciso di portare il velo all’età di 7 anni per semplicemente gusto personale.
    Altre donne, invece, a causa degli estremisti sono obbligate a indossare questi indumenti, venendo private della loro liberta.
    Basta osservare la situazione attuale in Iran, dove una ragazza di ventidue anni, Mahsa Amini, è stata uccisa sotto arresto per aver indossato il velo in modo non conforme alla legge.
    Il vero problema non sono i veli, i burkini o la religione, ma gli estremisti e i terroristi che usano la scusa di compiere atti disumani per essa, come gli attentati, a New York e in Francia.
    Bisognerebbe smetterla di continuare a creare odio verso persone che solo perchè sono musulmane/islamiche vengono paragonate agli estremisti e ai terroristi.

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  122. Valentina S   12 Gennaio 2023 at 09:52

    Nel 2016, a seguito della scia di attentati che aveva colpito la Francia, alcune amministrazioni locali, avevano emesso delle ordinanze per proibire l’uso del burkini nei luoghi pubblici. E’ proprio questo il caso che viene riportato nell’articolo.
    A mio parere è la paura a parlare, a seguito degli spiacevoli accaduti, la quale ha il potere di trasformare un indumento innocuo come il burkini in qualcosa di potenzialmente pericoloso.
    Il burkini, di fatto, è un capo d’abbigliamento come qualsiasi altro, che non dovrebbe essere catalogato né tantomeno giudicato in base a pregiudizi e stereotipi.

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  123. Pekins Omorodion Laba   12 Gennaio 2023 at 10:48

    Il burkini penso sia un grande esempio di “moda inclusiva” In giro si vedono pochi abitanti con funzione così significativa, esso rappresenta non solo un innovativo capo d’abbigliamento ma un capo designato principalmente a donne di un’alta religione, quella mussulmana. Dove sta il problema? Il problema sta nell’identità che viene data ad un qualsiasi capo d’abbigliamento e quindi a ciò a cui viene collegato. È normale che questo avvenga è inevitabile, è una reazione inconscia della persona dare un’identità ad un oggetto e poi collegarlo ad un sentimento, un evento, un ricordo, una natura, che spesso contrasta con l’anima assegnatagli dal suo disegnatore. Il burkini viene visto così negativamente perché ricorda ad alcune persone gli attacchi terroristici islamici (es ISIS), per questo motivo esso viene visto come un oltraggio alla natura e cultura Europea, quindi questo può considerarsi un vero caso di razzismo, sicuramente se fosse stato un’altra tipo di indumento disegnato specificatamente per un altra religione non sarebbe stato considerato molto. È normale osservare e farsi un proprio pensiero, ma nei limiti che questo non nuoci a una persona o un gruppo di persone e spero che in futuro sia possibile abbracciare e accogliere certe innovazioni

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  124. Cristian Serani LABA   12 Gennaio 2023 at 11:03

    Il mondo è bello perché vario, se includiamo tutte le culture in tutto il mondo allora sembrerebbe di stare in un minestrone di culture dove gli ingredienti non azzeccano niente tra di loro. Mischiare tutto in questa maniera è come utilizzare colori accesi e brillanti in un documentario sulla seconda guerra mondiale, si perde una grande coerenza nell’uniformità generale. Le persone vanno rispettate a prescindere dalla loro cultura e dalle loro usanze, questo però non dà il via libera al “sabotaggio” dell’ambiente ospitante e finché viviamo in una società non possiamo avere completa libertà di agire, esistono regole scritte e non scritte che prevengono il caos all’interno del popolo e vanno rispettate per mantenere la coerenza del luogo e del contesto. Un esempio del mio ragionamento è il turismo in Scozia: tra le varie cose sono anche famosi per l’uso dei Kilt, una “gonna” indossata dagli uomini del posto che va in chiaro contrasto con le usanze dei vicini europei, questo è uno degli elementi che caratterizzano quel luogo e lo rendono più “appetibile” per chi viaggia lì, se i kilt fossero diffusi in tutti il mondo quel posto perderebbe una delle sue specialità e renderebbe tutto molto più blando, disincentivando anche le avventure al di fuori dei propri confini nazionali… se ho tutto a casa mia perché dovrei uscire?

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  125. Manila P   12 Gennaio 2023 at 16:08

    Purtroppo questi dialoghi e queste situazioni, sono pane quotidiano nella maggior parte dei paesi del mondo, soprattutto in molti paesi europei, e in primo luogo non si può non mettere il nostro paese, che ancora nel 2023, ospita un paese bigotto e razzista. Andando avanti con le generazioni ci sarà sicuramente un cambiamento, essendo la maggior parte dalla generazione z in poi una civiltà che rispetta qualsiasi tipo di cultura e scelta che ogni persona ha. Per quanto riguarda il burkini, io trovo ia un semplice capo d’abbigliamento di una cultura, che è quella islamica. A mio parere, se fosse stato un abito creato in europa o in America, magari da un uomo cristiano sarebbe stato considerato un capo d’alta moda. Il burkini, insieme al velo o il burka, vengono considerati delle costrizioni che una donna islamica deve per forza rispettare, ma basti parlare con una persona di quella religione che è un discorso falso. Se una donna decide si rispettare la religione al 100% lo fa per propria scelta personale; non si può negare che in molti paesi dell’est le donne sono costrette per tradizione, però vengono confuse in questo caso le parole: religione e tradizione.
    Basti pensare che se una persona dica che porta il velo sia islamica e subito alla mente viene la parola ‘terrorismo’, se invece una donna dice che lo porta per tradizione, come in alcuni paesi dell’africa centrale, che anche non essendo islamici viene indossato, allora è una cosa bella e patriottica. Io sono dell’opinione che una persona possa indossare qualsiasi cosa voglia, che rispetti la propria religione o tradizione, anche se va in un paese dove non è in usanza quel determinato capo d’abbigliamento, affinchè ovviamente essi non vadano a indugiare sulla libertà del paese dove si trovino. In poche parole penso che ognuno abbia una propria libertà, e se una donna decide di andare mezza nuda con un bikini o coprirsi da testa a piedi con un burkini, chiunque abbia qualcosa in contrario, può benissimo stare zitto e vivere la propria vita senza dare fastidio a nessuno.

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  126. Chiara   15 Gennaio 2023 at 09:25

    Aheda Zanetti sostiene:
    “il burkini è nato per dare alle donne che amano lo sport ma che vogliono vestire in maniera modesta, come me, una possibilità di scelta.
    Prima dovevamo andare in spiaggia con vestiti normali, magliette e pantaloni, con il risultato di non riuscire neanche a nuotare. Ora chi vuole ha un indumento fatto appositamente per i diversi sport, con tessuti che si asciugano e che lasciano respirare la pelle.
    Vietarlo significa limitare la libertà di scelta delle donne.
    I francesi vedono in questa scelta un emblema di costrizione.
    Io ci vedo un emblema di libertà, e anche un semplice pezzo di stoffa,
    Trasformarlo in un emblema razzista mi pare eccessivo”.
    Il caso che ha visto protagonista il burkini riporta, alla ribalta gli interrogativi sull’efficacia del modello di integrazione francese già oggetto del dibattito sul velo, in seguito alla legge del 2010 sul divieto di indossare il velo integrale in tutti gli spazi pubblici.
    il burkini, diviene quindi per la Francia espressione dell’appartenenza alla comunità islamica, in conflitto con la società francese e la sua presenza nello spazio pubblico è considerata provocatoria di conseguenza, pericolosa per la collettività; ben diversa dalla ragione per cui è stato creato.
    A mio parere, Il problema, non è quindi il burkini o qualsiasi altra usanza, ma il fatto che milioni di allogeni con costumi a noi estranei sono stati fatti entrare in Europa.
    Una esigua minoranza abbigliata nei modi più bizzarri non crea alcun problema una fetta consistente della società, avviata in un futuro non lontano a essere maggioranza, invece li crea.
    Di sostituzione etnica, però, non di dresscode.
    L’idea di combattere (male) il peccato senza toccare il peccatore è comunque ipocrita e irrealistica. La realtà che l’immigrazione vada benissimo, a patto che l’immigrato preghi il nostro Dio, parli la nostra lingua, vesta come noi, mangi come noi oppure non faccia nulla di tutto questo ma viva nell’oscurità senza dare fastidio non può funzionare e non funzionerà mai.
    Innanzitutto perché è segretamente “violenta” nei confronti dell’immigrato, a cui si chiede sostanzialmente sradicamento in cambio di accoglienza.
    Giungo quindi alla conclusione che non è il Burkini o il velo a spaventare ma il diverso, è più semplice trovare in esso qualcosa di negativo che provare ad accettarlo e integrarlo.

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  127. Mbappe Fossi   16 Gennaio 2023 at 19:57

    Io sono pienamente d’accordo con tutto ciò che afferma Minnie ognuno è libero di vestirsi e indossare ciò che vuole basandosi anche sulla propria cultura , Aheda Zanetti la stilista che ha inventato il burkini non ha mai detto che devo essere SOLO essere indossate esclusivamente dalle ragazze musulmane , ben si lo ha ideato pensando alle ragazze musulmane osservanti che amavano frequentare spiagge e piscine quindi questo non vieta il fatto che possa essere indossato anche nei paesi occidentali. Prendiamo in considerazione l’articolo 3 della costituzione Italiana che afferma: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di RELIGIONE , di opinioni politiche, di condizioni PERSONALI e SOCIALI” questo articolo non viene preso spesso in considerazione ci basta guardare i vari episodi di razzismo che ci circondano ogni giorno. Quindi sono dell’idea che per far sì che ci sia più “ serenità , tranquillità” all’interno della società sia necessario accettare anche alcuni aspetti di altre culture nella propria e questo ci permette anche di imparare e scoprire cose nuove.

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  128. Annalisa Balsamini   18 Gennaio 2023 at 12:56

    Un bellissimo argomento e anche tosto da affrontare.
    Non parlerei di burkini in generale, amplierei e parlerei in maniera generica del velo islamico in tutte le sue varianti ( come burqua, niquab, abaya, hijab…)
    La cosa che mi ha fatto sempre pensare non è mai stata la cosa in se, ma il fatto che tutti si sentano il dovere di poter giudicare e esprimere sentenze non richieste ( con questo non sto dicendo che non bisogna avere una propria idea sulla cosa, ma forse bisognerebbe pesarci su).
    La cosa buffa è che molto spesso si tende poi a criticare/sminuire quella che è l’idea delle interessate, ovvero le donne islamiche, pare che la loro opinione non conti.
    Tendiamo sempre a porre al primo posto la differenza, mettendo le mani avanti esclamando frasi tipo ” per fortuna da noi non vi è questa considerazione della donna”, “ma sono loro che sono rimasti indietro con il tempo” oppure la mia preferita ” loro sono troppo diversi da noi”…
    io credo invece che non lo siano per nulla. Lo sbaglio è alla base di queste affermazioni, si noi non porteremo il velo, ma in generale in corpo della donna non è mai stato libero, nonostante le varie lotte per ottenere il minimo sindacabile e l’emancipazione.
    Il corpo femminile è sempre stato preso di mira e commentato anche nei modi più vergognosi.
    Quindi la domanda che faccio è: ” Siamo quindi realmente libere come sosteniamo?” la risposta è NO.
    Le donne mussulmane si coprono per motivi religiosi ( tralasciando le varie imposizioni, perchè poi si andrebbe ad aprire un’altra grande parentesi, quindi parlo di scelte libere).
    Noi donne occidentali apparentemente possiamo indossare ciò che vogliamo, ma nel momento in cui mettiamo qualcosa di troppo corto o scollato veniamo subito identificate come “poco di buono” oppure caso contrario saremo estremamente noiose.

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  129. Mattia C.   18 Gennaio 2023 at 23:20

    Nonostante nell’articolo si è citato che alcune persone si siano spaventate alla visione di una donna vestita con il burkini, ritengo che una persona possa rimanere fedele alle sue credenze in qualsiasi posto in cui vada, senza bisogno di essere discriminata e che sia libera di praticare la propria idea di religione senza alcuna emarginazione. Anche se, probabilmente, la sensazione di paura è stata indotta dagli episodi terroristici avvenuti in questi anni, sono dell’idea che, senza generalizzare, non sia un vestito a giudicare se una persona sia pericolosa o meno.

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  130. Nicola   19 Gennaio 2023 at 11:38

    Trovo interessante come mezzo per trasmettere un messaggio la narrazione sotto forma di dialogo, permette al lettore di vedere diversi punti di vista. Veniva utilizzato in particolare modo da Socrate che lo definiva un mezzo per arrivare ad una condivisione di pensiero trai vari partecipanti al discorso.
    Personalmente trovo irrispettoso non accettare la differenza culturale con paesi così diversi dal nostro, la libertà viene prima di tutto e le donne islamiche devono poter indossare ciò che le fa sentire meglio senza che vengano giudicate da nessuno.

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  131. laura rontini LABA   19 Gennaio 2023 at 18:59

    Nell’articolo, attraverso un metalogo, si affronta il tema del Burkini, indumento che ha generato numerosi dibattiti tra le persone.
    La parola burkini è una parola macedone che unisce i termini burqa e bikini.
    Il burkini è stato descritto come la soluzione perfetta per le donne musulmane che vogliono avere la possibilità di nuotare, senza la necessità di spogliarsi e rivelare il proprio corpo, infatti è un tipo di costume da bagno femminile che copre interamente il corpo, esclusi la faccia, le mani e i piedi.
    Nei paesi islamici solitamente le donne si recano in spiaggia e fanno il bagno tutte vestite. A noi occidentali può sembrare veramente strano ma solo perché abbiamo un concetto diverso di stile, usanze o religione.
    La società ci ha insegnato a storcere il naso a tutto quello che appare diverso ed è da qui che nasce il razzismo. Anche al giorno d’oggi, ad esempio, molte persone continuano ad associare l’islam e quindi le persone islamiche alla parola “terrorista”, oppure basta un semplice velo che copra il volto per guardare male una persona e questo è un pensiero totalmente sbagliato.
    Per quanto riguarda il burkini, a parer mio, non possiamo esprimere un parere visto che non sappiamo se la sua invenzione abbia o no un riscontro positivo tra le donne e ragazze che decidono di utilizzarlo e non possiamo nemmeno screditarle se lo utilizzano perché per prima cosa è un capo di abbigliamento come un altro e seconda cosa non possiamo sapere il perché di questa loro scelta di stile.
    In conclusione io affermerei che tutte le critiche sono solo dovute all’ignoranza delle persone che preferiscono offendere invece che informarsi su quello che non conoscono.

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  132. Noemi   24 Gennaio 2023 at 14:09

    Il burkini rappresenta un’idea, che proviene dalla religione, ma che ha assunto in molti paesi del mondo un significato di coercizione e potere dell’uomo nei confronti della donna. Psicologicamente simboleggia non solo un modo di vivere ma il potere del maschio sulla donna che “deve” usarlo. In alcuni paesi una donna potrebbe essere incriminata o maltrattata dagli uomini se indossasse abiti per il bagno meno coprenti. Qualcuno afferma che alcune donne potrebbero scegliere di usarlo e, libere da condizionamenti maschili opprimenti, decidere in piena consapevolezza che questo indumento corrisponde alla loro cultura.

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  133. asia LABA   24 Gennaio 2023 at 14:54

    l’unico problema del Burkini è che purtroppo viene spesso associato a tutte le cose “sbagliate” della religione islamica, e mai ad una donna effettivamente credente, che di sua spontanea volontà decide di indossare determinati capi d’abbigliamento legati alla religione. ognuno è libero di fare ciò che vuole, e nessuno deve sentirsi offeso da ciò che fanno gli altri.

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  134. Luigi Lupini   24 Gennaio 2023 at 14:59

    In questo periodo si parla molto e ci sono molti pareri sul Appropriazione Culturale: e io penso sinceramente che capi collegati come in questo caso a qualche cultura o altro siano capi tuttora usabili nella moda per creare un proprio outfit, bisogna ovviamente rispettare le credenze altrui e secondo me bisogna trattare chiunque nello stesso modo: una persona può essere araba come trans gay o italiana, tutti uguali con panni diversi

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  135. elisa   25 Gennaio 2023 at 10:42

    Penso che al giorno d’oggi le donne, le persone, debbano essere libere di vestirsi a loro piacimento, non vedo il problema se una donna mussulmana si copra completamente, cosi come non lo vedo se si veste “all’occidentale”.
    Con questo non dico che non ci debbano essere delle “regole” di pudore, ma non vedo il problema in questo caso, capisco la paura del diverso, sicuramente una donna completamente coperta sotto sotto ci da un senso di paura e stranezza, ma non è giusto che, in paesi che si dichiarano aperti, per la nostra paura quella donna debba cambiare il suo modo di essere (se è una sua scelta).

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  136. Cecilia LABA   25 Gennaio 2023 at 20:09

    Io penso che nel ventunesimo secolo una donna debba essere libera di scegliere cosa indossare, che si tratti di un qualcosa più coprente come un burkiki o meno come un costume tradizionale, senza sentirsi oppressa dal giudizio degli altri. Personalmente tendo a vedere il burkini come qualcosa di positivo, come un avvicinamento alla libertà femminile, dato che prima dell’esistenza di quest’ultimo per le donne non era possibile fare il bagno insieme agli uomini; in questo modo sono riuscite a conciliare la loro religione con le stesse cose che facciamo noi occidentali.
    Trovo anche inutile e irrispettoso estremizzare dicendo che chi indossa un burkini sia automaticamente un terrorista, bisognerebbe supportare queste evoluzioni, sopratutto se vengono da culture molto chiuse, in modo tale da avvalorare questi passi avanti poiché criticandoli non si farà altro che aumentarne l’odio; nonostante ciò lo vedo come una privazione della femminilità della donna, ma sinceramente mi é piuttosto indifferente, l’importante è che loro si sentano a loro agio e bene con se stesse.

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  137. Martina De Luca (LABA rimini)   25 Gennaio 2023 at 21:45

    Avevo già sentito parlare di Burkini ma grazie a questo metalogo ho avuto la possibilità di interessarmi a questo tema e approfondirlo al meglio. La creazione di questo nuovo capo di abbigliamento è attribuita ad Aheda Zanetti, australiana di origini libanesi che osservando sua nipote giocare a pallacanestro notò la forte difficoltà della ragazza a causa del lungo hijab. Di conseguenza fece alcune ricerche per trovare un capo adatto alle donne islamiche sportive senza però alcun risultato soddisfacente . Così le venne in mente l’idea del Burkini, successivamente crea la sua società ed inizia il commercio di questo nuovissimo capo che ebbe un boom di vendite proprio nel 2016, anno in cui è ambientato il metalogo che ho letto precedentemente. Trovo che il nome “Burkini” sia una trovata geniale proprio perchè esso è l’unione di due parole, burka e bikini, antitetiche tra loro e che proprio per questo suscitano curiosità ed interesse tra le persone, portandolo così sulle bocche di tutti e aumentandone la popolarità. Forse però proporre il burkini sulle spiagge può essere interpretato come una provocazione e non più con il fine per cui è stato creato e ciò attira ancora di più l’attenzione e si rivela non come dovrebbe essere. Per libertà si intende il diritto di comportarsi liberamente senza essere sottomessi a nessuno e di scegliere senza imposizioni della propria vita, per cui ritengo che ogni persona possa scegliere liberamente cosa indossare e di conseguenza Il Burkini non è un problema in quanto ogni donna deve essere libera di fare ciò che vuole . Semmai dovremmo preoccuparci di capire se indossare un Burkini sia una scelta libera o indotta da cause esterne alla volontà di ogni singola persona.

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  138. Linda Laba   26 Gennaio 2023 at 11:37

    Il burkini nasce nel 2006 da un’idea di Aheda Zanetti, una designer australiana di origine libanese. La parola “Burkini” nasce dalla fusione di due parole che caratterizzano costumi culturali opposti: il bikini ed il burqa. Il burkini è un tipo di abbigliamento da spiaggia, che copre gran parte del corpo femminile, incluso il capo.
    Il dibattito di questo argomento è complesso in quanto non si tratta semplicemente di una diatriba riguardo un “dress-code”, purtroppo è collegato, scorrettamente, all’organizzazione terroristica islamica (ISIS) ed alle stragi terroristiche. IN questo caso, la strage di Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015, la strage del Bataclan del 13 novembre 2015 e la strage di Nizza dal 14 luglio 2016.
    A mio avviso è errato fare collegamenti di questo tipo e di conseguenza avere pregiudizi, è molto importante rispettare le scelte individuali, le diverse culture e tradizioni.
    La libertà nella società è essenziale, per libertà si intende la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un’azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla.

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  139. Martina Di Mauro LABA   27 Gennaio 2023 at 17:26

    “Il burkini è stato descritto come la soluzione perfetta per le donne musulmane che vogliono avere la possibilità di nuotare, senza la necessità di spogliarsi e rivelare il proprio corpo” E allora perché non lasciare loro questa libertà?
    Io credo che la stilista Aheda Zanetti abbia avuto un’idea molto originale sia per quanto riguardo l’invenzione del capo sia per quanto riguarda il nome, che pur essere formato dalla fusione di due parole tra loro forse contrastanti (in senso di uso vero e proprio del significato delle due parole) lascia intendere di per sé quello che è il suo significato.
    Il discorso del burkini è interessante quanto triste allo stesso tempo in quanto viene messa in discussione la libertà di scelta da parte di una donna riguardo al proprio abbigliamento. Ogni donna è libera di scegliere di vestirsi, di mostrarsi agli altri come meglio crede seguendo magari anche una propria religione, perché no?
    Il ‘diverso’ al genere umano ancora una volta spaventa, fa paura, rende tutto strano eppure non dovremmo più preoccuparci o fare caso a queste cose. Piuttosto che preoccuparsi del perché una persona si copra così tanto, se per scelta personale o meno, ci si preoccupa del fatto di avere qualcuno che scompiglia il nostro vivere nel nostro posto (così come viene definito da alcune persone ancora oggi) solo perché si mostra diversa da noi, diversa perché magari indossa semplicemente qualcosa che non è comune a noi.

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  140. Sofia S.   28 Gennaio 2023 at 16:00

    Personalmente vedere una ragazza musulmana che indossa un burkini in spiaggia mentre io indosso un bikini non mi causerebbe alcun effetto, penso sia sbagliato impedire attraverso una legge il diritto di decidere se indossarlo o meno a qualcuno che crede in valori diversi dai miei.
    L’unica cosa che mi “spaventa” è forse il concetto che nasconde il coprirsi e di sottomissione delle donne musulmane, ma non vivendo in primis questa cultura e religione non mi sento in potere di giudicare. In ogni caso attribuire l’indossare un burkini in una spiaggia occidentale ad un atto terroristico o comunque a qualcosa che possa essere collegato ad esso secondo me è una cosa sbagliata.

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  141. Emilia Gregori (Laba)   28 Gennaio 2023 at 17:51

    Il termine “burkini” è un esempio di espressione performativa, poiché ha la capacità di spingere i parlanti a prendere una posizione in relazione a una serie di significati eterogenei e spesso in conflitto. Le parole sono azioni e spesso assumono il posto della realtà, costringendo i parlanti a un lungo percorso per ritrovare la loro corrispondenza con i problemi reali. Nel caso del burkini, l’espressione ha acquisito una grande visibilità mediatica quando alcuni sindaci di alcune città francesi hanno bandito il suo utilizzo sulla spiaggia, generando una serie di reazioni e dibattiti. La conversazione sull’argomento mostra come le parole possono avere un effetto significativo sulla vita delle persone e come la mancanza di un ordine logico nella conversazione può avvicinare i partecipanti al loro fuoco interiore.
    L’esempio del “burkini” mostra come una singola parola possa diventare una narrazione potente che spinge le persone a prendere posizione su un argomento specifico.
    Personalmente, concordo con questa idea e credo che le parole abbiano un grande potere nella nostra vita quotidiana. Possono creare illusioni, influire sulle nostre opinioni e persino cambiare la nostra prospettiva sul mondo. È importante quindi essere consapevoli dell’effetto delle parole che usiamo e considerare attentamente come ci relazioniamo con esse. Inoltre, ritengo che le conversazioni senza una logica deduttiva possono essere altrettanto importanti di quelle più strutturate, poiché ci permettono di esplorare nuove idee e di mettere in discussione i nostri preconcetti.
    L’articolo tratta anche delle reazioni dell’industria della moda alle polemiche sul burkini e del perché molti protagonisti del settore abbiano deciso di mantenere un profilo basso in merito a questo argomento controverso.
    Concordo con l’analisi dell’autore secondo cui i grandi brand della moda hanno agito con prudenza e discrezione per evitare di irritare i clienti musulmani o di entrare in conflitto con le sensibilità delle clienti occidentali. La moda è un’industria globale e i brand devono tenere in considerazione i propri clienti in tutto il mondo per mantenere una base di consumatori fedele.
    Inoltre, l’articolo fa una buona analisi delle ragioni per cui il burkini è diventato un argomento così controverso, evidenziando come esso rappresenti un simbolo dell’alterità e delle differenze culturali tra l’Occidente e il fondamentalismo islamico. Ritengo che questo sia un punto importante da considerare quando si discute di burkini e di come essi siano percepiti dalle persone.

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  142. Alice   29 Gennaio 2023 at 22:59

    Non capisco ancora perché ci sia tutto questo accanimento verso il burkini, a me personalmente non mi scandalizza vedere una donna con indosso quel costume.
    Quest’estate sono andata in spiaggia con la comunità di Madre Teresa di Calcutta e le suore indossavano una sorta di burkini in spiaggia.
    ci sono state persone scandalizzate da questo vestiario? Che io abbia visto no, forse perché erano suore, ma sarebbe stato lo stesso se su quella spiaggia ci fossero state donne ISLAMICHE con indosso il burkini? secondo me no, si tratta soltanto di inutile islamofobia, credo che attualmente ci siano problemi più concreti da risolvere piuttosto che una polemica su quanto dovrebbe essere scoperta una donna in spiaggia.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   30 Gennaio 2023 at 18:44

      Il Burkini nella scena che ho raccontato è un ottimo esempio del fatto che ci sono situazioni che non vengono percepite da tutti nello stesso modo. È anche un modello di distorsione percettiva indotta da culture che influenzano profondamente la sensibilità.
      Alice sostiene di non capire le ragioni dell’ accanimento verso il Burkini. Ovviamente ha ragione, e siamo tutti d’accordo che ci troveremmo in un mondo migliore se dedicassimo il nostro tempo al riscaldamento climatico o a problemi più concreti. Eppure, ho la sensazione che se vogliamo capire come funzionano gli esseri umani, non è tempo perso accettare ogni tanto la sfida intellettuale che eventi come quello narrato non cessano di porci.

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  143. Queen Bedini   30 Gennaio 2023 at 22:01

    A mio avviso il burkini finché è una scelta unilaterale della persona che lo indossa non comporta nessun problema è così dovrebbe essere per tutti. Ogni persona è libera di coprirsi o scoprirsi liberamente nei limiti concessi. Il problema per me si crea quando vi è un’imposizione nell’indossare tale indumento. Nella coltura islamica la donna deve coprirsi maggiormente rispetto all’uomo e questo concetto non può essere accantonato mai accantonato. Per me il concetto di coprire il proprio corpo legato alla religione potrebbe avere anche senso ma solo nel momento in qui tale obbligo è posto a entrambi i sessi e non solo alla donna in quanto vista come oggetto del desiderio maschile. Alla base di questo concetto vi è una forza maschilista che domina l’intero pensiero , ed è un concetto per me sbagliato, ma questo non comporta la possibilità alle altre persone di giudicare in mono negativo le scelte altrui in quanto il rispetto è un concetto che sta avanti a tutto.

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  144. laura nuzzo (laba)   31 Gennaio 2023 at 08:42

    L’utilizzo del burkini è un’esplicita presa di posizione volta a difendere i propri ideali ed una modalità di esprimere se stessi. Spesso tendiamo ad identificare ciò che è diverso da noi come sbagliato quindi condannato ad essere emarginato, discriminato. Nonostante innumerevoli stilisti si siano ispirati a differenti culture, la xenofobia e ignoranza della gente comune, produce questo fenomeno di discriminazione che è presente anche ai giorni nostri.

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  145. Eleonora Marchetti   31 Gennaio 2023 at 10:28

    Secondo me il Burkini è un capo semplice. È circondato da un’eccessiva importanza.
    La moda si può e si deve definire moda, anche se esula dai nostri canoni di bellezza; perché la moda è tutto ciò che ci rappresenta, sia che si parli di abbigliamento strettamente legato alla nostra fede, come il burkini, o una semplice T- camicia o jeans.
    Vietare un capo di abbigliamento è assurdo; data la serie di gravi attacchi che abbiamo subito, è del tutto giustificato il timore che possa potenzialmente rendere pericoloso tutto ciò che pensiamo sia associato alla cultura islamica.

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  146. Aicha LABA   31 Gennaio 2023 at 13:58

    A parer mio sono dell’idea che ogni persona indossa quello che gli pare, anche pur essendo mussulmana, appunto per questo posso dire che l’hijab, burka o burkini, anche se i non mussulmani pensano il contrario, è un simbolo di liberazione e finché non si è obbligati da nessuno non vedo ci sia nessun problema nell’indossarlo, non capisco lo sguardo delle persone quando passi vestita in una certa maniera. Come se ci fosse un codice di abbigliamento nel mondo da rispettare.
    Nell’Islam che la donna debba coprirsi molto più dell’uomo è vero, ma anche l’uomo ha un codice di abbigliamento da rispettare, però questo non significa che chi non rispetta questa cosa debba essere sottoposto a torture o altro, come la ragazza iraniana Mahsa Amini che è stata uccisa perché si è tolta il velo in classe. Ma per favore!! Perché nel Corano, (libro sacro dell’Islam) sì, ci sono molte regole, però per chi non le rispetta non c’è da dargli l’ergastolo, o da torturarlo, ma una cosa tra la persona e Allah(Dio).

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  147. Atena Tomasetti   3 Febbraio 2023 at 11:28

    Allah nel corano dice che le credenti dovrebbero coprire le loro parti belle e mostrare il loro fascino solo ai famigliari e non di più, ma questo non costringe tutte le donne ad indossare il velo, in genere viene indossato dalla donna perché è una cosa quasi imposta dalla famiglia, in quanto la madre lo porta, e la figlia prende buon esempio indossandolo pure lei, ma spesso succede che la figlia non la sente una cosa sua e non lo indossa. I capelli delle donne sono considerati un’attrattiva tale da indurre gli uomini ad avere pensieri impuri e intenzioni irrispettose, cioè sessuali. Dal punto di vista di un talebano, una donna onesta sta bene attenta a non mostrare i capelli proprio perché non desidera far peccare gli altri, però portarlo ha le sue responsabilità, attenersi ogni giorno alle preghiere, leggere il corano, non fare assolutamente nessun tipo di peccato, essere una musulmana modello in pratica.
    Detto questo perché dovremmo vietare ad una donna di indossare il burkini in spiaggia se è parte della sua religione?
    In più, nell’estate 2009 alcuni sindaci dell’Italia emisero una serie di ordinanze locali per vietare l’uso di questo costume nelle piscine comunali, non solo per motivi igienici ma anche per “mantenere la pubblica decenza e serenità degli altri bagnanti, specialmente dei bambini” ma allo stesso tempo stare al mare in topless è perfettamente legale e nessuna legge lo vieta, quindi una ragazza completamente coperta con il burkini per una propria credenza non può andare in spiaggia ma una ragazza in topless per un fattore estetico può, direi quindi che tutto un fattore di pregiudizi e non di igiene o decenza.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   3 Febbraio 2023 at 13:00

      I tuoi argomenti sono ineccepibili, a patto però di assumere come dato di partenza la totale adesione di una donna all’Islam. Cosa succede a chi non crede a Maometto? A me pare che siano tantissime le donne che vorrebbero smarcarsi dalle prescrizioni di un barbuto dogmatico profeta vissuto secoli or sono. Possono reclamare per se stesse maggiori libertà espressive? E giusto che paghino addirittura con la vita il desiderio di mostrarsi per quelle che sono, di studiare quello che vogliono, di andare ad cinema, di guidare un’auto…? Ovviamente per la maggioranza di noi occidentali la via talebana della gestione dei valori è puro orrore e disgusto per una forma di vita autoreferenziale, incapace di evolvere senza generare conflitti estremi.
      E l’orrore scatena paure diffuse dalla quale discendono decisioni quasi sempre sbagliate. È quello che è successo con il Burkini. Però a differenza dei talebani il nostro modo di affrontare questo tipo di problemi lascia spazio a critiche, ripensamenti. Non siamo migliore perché più buoni o compassionevoli; siamo migliori perché abbiamo creato istitutuzioni (forse imperfette) che massimizzano le libertà di tutti e possono essere criticate, cambiate senza spargimento di sangue.

      Rispondi
  148. Sebastiano Zanon   7 Febbraio 2023 at 00:16

    Il linguaggio ha un potere enorme e si può vedere come nella conversazione iniziale la sua capacità di plasmare la realtà e di influire sul modo in cui le persone pensano e agiscono. Inoltre, si osserva in maniera definita come la mancanza di una logica stringente nelle conversazioni viene compensata dalla necessità e dalla voglia di continuare a parlare, e che a volte queste conversazioni senza una logica deduttiva possono portare a scoperte importanti. Noi siamo abituati a seguire una determinata tendenza quando ci vestiamo, ognuno segue ciò a cui è più legato, emozioni, prodotti, tessuti, sostenibilità, artista o brand che sia. Il fatto che le donne islamiche si mettano sempre il burkini, non significa che non seguono tendenze o novità, spesso ci si ritrova a criticare situazioni di cui non si conosce affatto la realtà e spesso si vuole comunque aver ragione. Io credo che ognuno ha le proprie passioni, ma non sempre ha la possibilità di coltivarle, questo porta ad abbandonarle o a coltivarle in segreto andando in contro a delle conseguenze non positive.
    Inoltre, è inaccettabile prendersela con un gruppo così vasto solamente per le azioni compiute da una percentuale davvero bassa di questi, la generalizzazione è un altro dei grandi problemi della società odierna. La libertà è secondo me, il diritto per assoluto, ognuno deve avere la possibilità di vivere la propria vita senza dipendere da qualcuno, ma sappiamo benissimo che così non è.

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  149. Giulia Cantoni   16 Febbraio 2023 at 22:52

    Si fa fatica, ancora oggi, a concepire che una donna possa liberamente scegliere di indossarlo, perché spesso c’è l’idea che la dimostrazione della libertà femminile stia in un corpo scoperto, che si mostra.
    Sono presenti delle testimonianze di donne che, vivendo in Paesi autoritari con un forte dominio dell’Islam fondamentalista, vedono messa in discussione la loro libertà di scelta individuale e quotidianamente etichettata.
    Il problema è che spesso, quale che sia la cultura a cui si appartiene, si pensa di poter giudicare e dare la propria opinione rispetto a cosa una donna possa o non possa fare e soprattutto come una donna debba o non debba vestirsi, non riconoscendone l’autodeterminazione. In più, quando si appartiene allo stesso tempo a due culture differenti, come quella araba e quella italiana, è difficile che le proprie scelte vengano comprese a pieno dai singoli componenti delle due senza che diventino dibattito sociale.
    Spesso è più semplice voltare le spalle al problema che affrontarlo direttamente, seguire un’ideologia di massa seppure erronea più che informarsi ed avere anche una presa di coscienza dei danni che i nostri comportamenti potrebbero procurare ad un’altra persona, è facile ignorare il problema finché non lo vivi in prima persona.
    Non esiste un vero problema, è tutto amplificato dalla classica ignoranza della gente che allude a certi stereotipi e si accanisce su argomentazioni prive di fondamento.
    Cattiveria gratuita, perché è così difficile stare bene in un mondo dove è sempre stata presente la diversità, non è forse questo una delle bellezze della vita, di cercare e scoprire nuove cose che non si conoscono.
    Se non si ha la volontà di dipingere la monotonia della propria esistenza che schifezza sarebbe un mondo tutto grigio e monocolore.

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  150. federico balboni laba   17 Febbraio 2023 at 16:29

    A parer mio l’invenzione del burkini è simbolo di evoluzione del pensiero della società, è uno strumento che agevola l’integrazione/interazione tra culture diverse, ma ci vorrà tanto tempo.
    Il burkini è un invenzione di una stilista, sì, ma secondo me non potrà mai diventare un oggetto di moda, questo perché cose come il burkini si fanno fatica a comprendere perché ciò che ci appare sconosciuto ci spaventa, non diventerà di moda perché questo indumento rappresenta una religione e quindi un gruppo ristretto di persone, e oltre a questo le persone purtroppo possono associare questo indumento a dei gruppi terroristici come per esempio l’ISIS, infatti nel 2016, dopo la scia di attentati che aveva colpito la Francia, alcune amministrazioni locali avevano emesso delle ordinanze per vietarne l’uso nei luoghi pubblici, ma non andarono a buon fine perché il burkini lasciava scoperto il volto.
    Può essere associato anche alla mancata libertà delle donne che devono indossarlo, e su questo argomento io penso che ogni uno sia completamente libero di indossare quello che vuole, ma penso anche che non tutte le donne mussulmane abbiano voglia di indossarlo, eppure lo fanno, in Iran sono sempre di più le donne che non indossano più il velo, “Dovremmo per lo meno poter scegliere in che modo vestirci” questo perché è successo che delle donne vengano violentate, per esempio non molto tempo fa, a dicembre dell’anno scorso una studentessa si è rifiutata di indossare il velo mentre era a scuola, così è stata rapita, stuprata e poi uccisa dalle forze di sicurezza.
    Ed è questo il motivo per cui viene molto criticato, perché sono queste le cose che rimangono in testa alla gente, e non il reale significato di questo indumento o la storia che c’è dietro.
    Ma se c’è qualcuno che fa dei passi indietro c’è anche qualcuno che fa dei passi avanti, per esempio
    a Ginevra è stato modificato il regolamento degli impianti sportivi per consentire alle donne di indossare il burkini.

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  151. Martina Ceccaroli   19 Febbraio 2023 at 11:03

    Personalmente credo che il burkini sia un capo di abbigliamento come gli altri, e credo che la moda sia definita tale anche se collegata alla nostra fede.
    Moda è tutto ciò che ci rappresenta, che sia un Jeans, una camicia, un pantalone e anche il burkini.
    Ognuno ha la propria idea per quanto riguarda la religione in cui credere, che chiaramente si può condividere o meno, se una donna si sente rappresentata da questo tipo di abbigliamento nessuno può dirle che è sbagliato, chiaramente il discorso sarà diverso se una donna viene invece costretta.

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  152. martina celli laba   20 Febbraio 2023 at 21:27

    Inizierei col pormi delle domande come : In nome della libertà è lecito e logico vietare un modo di vestirsi(per quanto riguarda la francia)? Le donne occidentali sono libere di vestirsi o la moda “impone” loro un certo abbigliamento pubblicizzato dai mezzi tecnologici? Per una donna, in generale, indossare il burkini è un atto di libertà o di costrizione? Secondo me è difficile dire che l’invenzione del burkini sia giusta o sbagliata, perché ha un vero e proprio significato sia psicologico che simbolico molto profondo, perché è come se rappresentasse l’idea fondante di quel preciso stato stato. In molti stati però, da quel che sono riuscita a capire, rappresenta invece un’idea che deriva dalla religione , ma che molti hanno interpretato come “potere e superiorità nei confronti della donna”. Perlopiù in determinati paesi la donna che indossa abiti meno comprenti per il bagno potrebbe essere maltrattata e discriminata, come anche riportato nell’articolo.
    Secondo me le donne in questione , dovrebbero scegliere di usarlo, e dovrebbero essere libere da questo tipo di condizionamenti “maschilisti” opprimenti. Dovrebbero decidere in piena consapevolezza il significato che questo abito ha nella loro cultura secondo il loro punto di vista e interpretazione.
    Servirebbe solo un minimo di tolleranza e comprensione da parte di tutti, ovvero rispettare contemporaneamente ogni singola sensibilità anche se difficile.

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  153. Stefano Celli (LABA)   23 Febbraio 2023 at 15:08

    Il mondo spesso viene mangiato dai pregiudizi, purtroppo: ‘’L’abito fa il monaco?’’ eccome se lo fa. Questo è uno di quei casi in cui mi piace andare contro ai finti moralisti che sostengono che una persona non possa venire giudicata per come si veste. Non si dovrebbe fare ma, purtroppo, questo accade. A parer mio è molto più facile giudicare chi è ‘’diverso’’ perché si allontana dai canoni che spesso la società ci impone per poter appartenere ad un “gruppo” omogeneo (canoni estetici, comportamentali, sociali ecc), diviene pertanto facile essere discriminati.
    Quello del burkini è un caso abbastanza esplicito: in un momento dove l’isis stava suscitando il panico a livello mondiale, la religione mussulmana viene vista in modo completamente negativo. Non nego di aver sentito personalmente battutine (esempio “boom” come sinonimo di bomba) al passaggio in spiaggia di una ragazza che indossa un burkini; come è molto banale etichettare “sbandato” un ragazzo che cammina per strada indossando abiti richiamanti stile rock/punk.
    Quanto sopra detto ribadisce la mia idea che è molto facile giudicare gli atri per modalità di apparenza ma a mio parere ‘’parlare bene o parlare male purché se ne parli’’ resta comunque una forma di attenzione (se proprio bisogna parlarne). Giudicare implicitamente un abito per connotazioni religiose è una forma di razzismo ed è imprescindibile nel 2023.

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  154. Rebecca Ferri   6 Marzo 2023 at 15:40

    Trovo l’articolo molto interessante principalmente per il fatto di non essermi mai soffermata sulla parola burkini ovvero fusione tra burka e bikini, due parole che a mio avviso si contraddicono per il semplice fatto che il burka è un indumento che copre l’intero corpo della donna ad eccezione del viso, delle mani e dei piedi, realizzato per le donne musulmane che vogliono essere libere di andare al mare e non dover obbligatoriamente mostrare il proprio corpo, al contrario del bikini che in un certo qual senso porta a scoprirlo. A mio avviso penso che una donna deve essere libera di scegliere di indossare ciò che vuole in massima libertà e non perché imposta da altri e che noi fondamentalmente non siamo nessuno per poter giudicarle.

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  155. Martina   7 Marzo 2023 at 09:45

    Il burkini è un tipo di costume da bagno indossato dalle donne musulmane, che copre il corpo e la testa, lasciando scoperti solo il viso, le mani e i piedi.
    Il burkini ha suscitato dibattiti in diversi paesi a causa di preoccupazioni per la sicurezza, l’uguaglianza di genere e la laicità. In Francia, ad esempio, alcune città hanno bandito l’uso del burkini nelle spiagge pubbliche, affermando che esso viola i valori di laicità e di uguaglianza tra i generi.
    Tuttavia, queste decisioni sono state criticate da molti che vedono il burkini come un’espressione della libertà di culto e della diversità culturale.
    Il burkini ha anche suscitato discussioni sul ruolo del design e della moda nel promuovere l’inclusione e la diversità culturale. Alcuni hanno sostenuto che il burkini rappresenta un’opportunità per i designer di creare prodotti che rispettino le esigenze delle diverse comunità culturali e religiose, mentre altri lo vedono come un’ulteriore segregazione culturale.
    In sintesi, il burkini è un tipo di costume da bagno sviluppato per le donne musulmane che desiderano rispettare le loro esigenze di modestia. Sebbene abbia suscitato dibattiti e controversie in diversi paesi, il burkini rappresenta anche un’opportunità per il design e la moda di promuovere l’inclusione e la diversità culturale.

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  156. Emma Laba   8 Marzo 2023 at 18:07

    Il Burkini è un costume da bagno che copre tutto il corpo di una donna lasciando alla vista mani, piedi e viso.
    A parer mio ogni persona è libera di indossare qualsiasi cosa e per un qualsiasi motivo; che possa essere religioso o semplicemente per un gusto personale. Non mi farebbe nessun effetto vedere una donna musulmana che indossa il suo Burkini in spiaggia poiché ognuno rispetta i suoi pensieri e i suoi ideali. Non penso che il Burkini diventerà una moda per il semplice fatto che siamo abituati a vedere il diverso come un qualcosa di estraneo e inaccettabile quando in realtà si dovrebbe aprire la mente a nuovi pensieri ;questo però risulta difficile nonostante si cerchi sempre il diverso in ogni azione che facciamo.
    Altrimenti che mondo sarebbe se fossimo tutti uguali e fatti con uno stampino?

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  157. Elisa B LABA   10 Marzo 2023 at 11:27

    Personalmente ho sempre trovato, fin dalla tenera età, la religione e la cultura Islamica meravigliosa ed estremamente interessante. Ne sono affascinata, sono affascinata dal loro credo, da come l’amore è percepito, lodato e vissuto nella loro prospettiva e spesso ammiro la fedeltà del loro credo.
    Per anni, noi occidentali abbiamo visto questo loro modo di vestire come sbagliato, solo perché diverso dal nostro e ci siamo nascosti dietro del finto buonismo, fingendo che ci importasse veramente della libertà delle donne islamiche, viste da noi come maltrattate perché ‘costrette’ dalla loro cultura a portare il Burka e il Burkini.
    Tutta questa è ignoranza, da parte nostra, vogliamo combattere battaglie che non sono nostre solo perché ci urta vedere qualcuno che vive e veste in modo differente da ciò che per noi è l’ordinario e mai ci fermiamo ad ascoltare cosa proprio le persone che vivono questo ogni giorno dicono.
    Le persone islamiche sono stanche, stanche di questo nostro comportamento, e anch’io lo sono. Sono stanca di vedere persone nascondere il loro razzismo dietro del finto buonismo e amore verso le donne, quando nella quotidianità non fanno altro che opprimerci in qualsiasi contesto.
    NESSUNA persona islamica è obbligata a coprirsi, non sono obbligati ad indossare Burka e Burkini, loro SCELGONO di farlo, per questo ci sono anche donne che non lo portano. Pensiamo che loro siano libere solo perché non si coprono il corpo a differenza delle altre, ma la verità è che queste persone sono libere sempre finché sono loro a scegliere come vivere.
    Le persone islamiche non hanno bisogno di nessun bianco cristiano o cattolico a combattere le loro usanze, il Burka e il Burkini sono libertà, e finché le donne potranno scegliere se indossarlo o meno, continueranno ad essere libere. Se togliessimo loro questa scelta, allora si che si parlerebbe di oppressione. Hanno il diritto di indossare ciò che le fa stare meglio, con sé stesse o con Dio.
    Non sta a noi decidere per loro, il nostro unico dovere è quello di rispettare, e non puntare il dito contro la diversità.

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  158. Alanis C. LABA   10 Marzo 2023 at 19:33

    Io penso che ognuno debba essere libero di esprimersi come più gli pare, fino a quando quella libertà non intacca quella degli altri ed è proprio lì che entra in gioco anche il rispetto. Nel caso dell’articolo, impedire a una persona di indossare in burkini è davvero poco difendibile. Non è possibile giustificare questo divieto per ragioni igieniche, perché si tratta di un costume da bagno vero e proprio, in tessuto tecnico, adeguato alla sua funzione. Non è nemmeno possibile giustificarlo per ragioni di sicurezza in quanto non pone problemi di identificazione delle persone, dal momento che il volto rimane scoperto.

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  159. Asia Borio   14 Marzo 2023 at 22:54

    A primo impatto colpisce la reazione dei ragazzi a questo dibattito, nonostante l’iniziale scetticismo, sfociato quasi in ignoranza e maleducazione; poi la situazione è stata prontamente presa in mano dalla conoscenza diventando così sicuramente più interessante e discutibile, ciò nonostante fa rabbrividire sentire ragazzi così giovani avere spunti per una mentalità tale, che tende facilmente a sfociare nell’odio, sì, lo chiamerei odio perché non so quale altro sentimento possa spinegere una persola con un minimo di genuinità in corpo a tendere cosi nell’ ignoranza… ciò a cui stento quasi a credere è invece la reazione di tutti quei bagnanti nel vedere una donna islamica seguire semplicemente la propria cultura, sentendosi libera di svolgere qualsiasi azione, come anche quella di andare in spiaggia. Pensare che questo accade ancora ai giorni d’oggi non ci fa sentire al sicuro, nessuno di noi si sente tranquillo e sereno di andare in giro a fare quello che più gli pare nel modo in cui più gli piace, non sto certo sminuendo tutto quello che riguarda la storia e la lotta delle donne islamiche nella storia, magari questo non le farebbe sentire “sole”.
    “Rispondere al fondamentalismo con un’altra forma di fondamentalismo?”, non trovo senso in questa frase, a meno che non sia pensata e detta da una di quelle persone che credono nella dittatura, nella legge del taglione e retoriche simili, rabbrividisco a pensare che un ragazzo di giovane età possa pronunciare queste parole. Anche per le ragazze, nonostante più prese in causa per la questione di genere, risulta ovviamente più semplice parlare di problematiche tali, non essendosi appunto trovate nei tempi delle suffragette per esempio e quindi in situazioni nelle quali magari si cerca di tenere maggiormente alla propria incolumità essendo costrette a sottomettersi ad un regime, una cultura così occlusiva.
    Il fatto della moda che cerca sempre di combattere un certo stereotipo o comunque cerca sempre di lasciare stupito lo spettatore nel cercare di provocare una vera e propria guerra, come nello scandalo di balenciaga per esempio in cui non volendo, o magari si, sono stati capaci di scatenare un enorme bomba mediatica.
    La reazione di tutti quei sindaci e ministri rappresenta secondo me la paura da parte loro nella debolezza dei propri valori, altrimenti non si sarebbero sentiti così attaccati da una questione del genere, credo che questa “moda” del burkini sia incompatibile con quello che riguarda tutto il mondo degli attentati terroristici islamici, e ancora di più credo che un ministro o chi che sia, sia sicuramente più preparato della sottoscritta in materia per confermare un semplice aneddoto come questo.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   15 Marzo 2023 at 15:50

      Ho l’impressione che Asia sottovaluti gli effetti della paura, la più primitiva e fondamentale delle emozioni umane. Così la pensano gli esperti da quando Charles Darwin nel suo celebre trattato sulle emozioni (1872) scrisse: “Possiamo credere che fin da un tempo remotissimo la paura sia stata espressa dall’uomo quasi identica a quella di oggi”. In cosa consiste? È una reazione immediata a ciò che viene percepito come una minaccia. Una reazione istintiva dunque, sviluppata dall’evoluzione per permettere alla nostra specie di sopravvivere. In determinate circostanze la paura può generare “speranza”; in altre “irritazione” e “rabbia”. Veniamo adesso alla mia fiction. Non ci sono dubbi sul fatto che il fondamentalismo islamico applichi la strategia del “terrore”, per intimorire il nemico o farlo morire di paura. Come funziona in questo contesto il flusso emotivo? La paura genera tra la gente impulsiva una distorsione percettiva tale per cui chi la subisce implode, perde di lucidità e comincia a vivere sentendosi sotto minaccia permanente. Dopo il terribile e vigliacco attentato di Nizza, molti francesi hanno sperimentato sulla propria pelle la paura. In quel preciso momento ogni “segno” che rimandasse in qualche modo a ciò che nella cultura islamica si allontanava di più dal modo di vivere occidentale, poteva generare la distorsione percettiva capace di trasformarlo in una minaccia. Dal momento che basandoci su percezioni quasi sempre ci sbagliamo, ecco la distorsione avviarsi a produrre un flusso emotivo che eccede ogni razionalità. Ed è quello che ho tentato di raffigurare nel mio metalogo, attraverso la voce di giovani che alternano stereotipi a tentativi di comprensione senza avere in realtà una bussola bel calibrata per le proprie argomentazioni. Li ho voluti sulla spiaggia, seminudi, un po’ annoiati…in questo contesto, mi è parso logico animarli con chiacchiere in libertà e non nei modi discorsivi sterilizzati, igenizzati delle anime belle che dialogano illuminate dalle buone maniere, dai buoni propositi, che quasi sempre planano sul nulla.

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  160. Luca Mastrovincenzo   20 Marzo 2023 at 18:47

    Il burkini trovo che sia più un avvicinamento culturale del mondo islamico, che si adatta alla concezione di vacanze estive occidentali, stare in spiagge affollate a prendere il sole; rispetto ad un allontanamento ed ad una radicalizzazione dei “costumi” islamici. Di fatto, la polemica e il caso mediatico che è nato attorno all’uso del burkini è scaturito dalla paura, provocata dagli attacchi terroristici, emozione tale che spesso impedisce l’uomo di ragionare in modo razionale e coerente rispetto ai valori che professa. L’ Occidente infatti si fa paladino di valori come la libertà degli individui, come quella di parola e di pensiero. L’ articolo 21 della costituzione italiana dice:”Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Ritengo che il vestirsi sia un modo di esprimere se stessi e di conseguenza una diatriba sul divieto dell’uso del burkini non dovrebbe sussistere.
    Nonostante ciò, avendo una mentalità occidentalizzata, sono speranzoso rispetto all’emancipazione della donna nella cultura islamica, poiché la necessità di portare il burka/burkini è stata un’idea di manipolazione imposta dall’uomo alla donna.
    In fine trovo che sia abbastanza potente il termini burkini, dato dall’unione di due parole che
    visivamente rappresentano l’opposto; la parola stessa mi sembra un avvicinamento al mondo occidentale, nonostante sia stata inventata in Australia.

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  161. Filippo Maiani   24 Marzo 2023 at 13:07

    L’articolo proposto mi ha colpito profondamente, soprattutto per la sua analisi sulla potenza delle parole e la loro influenza sulla percezione della realtà. In particolare, la vicenda del burkini ha generato una forte polarizzazione tra le persone, e il termine stesso è descritto come un’unità lessicale con potere performativo. Il metalogo proposto, che raffigura un dialogo tra giovani impegnati in una discussione, mi ha fatto riflettere sulla necessità di un confronto costruttivo e pacato, soprattutto in temi così delicati. Il testo sottolinea l’importanza di evitare polemiche sterili e divisive, e di adottare un approccio più comprensivo e aperto al dialogo. In generale, ritengo che questo articolo sia un importante contributo per comprendere l’importanza delle parole e il loro impatto sulla società, anche grazie alle sue note, a tratti ironiche.

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  162. Letizia Ventura (Laba cinema2)   28 Marzo 2023 at 16:31

    Dopo aver letto l’articolo mi sono soffermata a leggere i commenti e mi trovo veramente in disaccordo con quello che ha scritto Vito ovvero che la moda è una nostra invenzione e che burkini è una provocazione che proviene da culture che sono contro la moda.
    Io sono rimasta sconvolta da queste affermazioni perché il burkini non è una provocazione ma è una fusione tra burka e bikini ed è stato creato da Aheda Zanetti nel 2004 per mettere a disposizione delle donne musulmane un costume da bagno pratico e meno scomodo dello hijab.
    Nel mondo occidentale le donne che indossano il velo o il burkini sono spesso oggetto di discriminazione nei luoghi pubblici e non lo trovo giusto perché penso e credo che ognuno di noi sia libero di indossare quello che più reputi giusto per se stesso e nessuno di noi ha il diritto di discriminare, offendere ed emarginare qualcuno solo per gli abiti che indossa.
    Mi viene in mente la Francia, l’Austria, il Belgio, che hanno proibito il velo integrale a partire dal 2010/2011 .
    La Francia non solo ha vietato il velo, ma ha anche vietato il burkini perché lo vede come un vestito di propaganda islamica.
    C’è da dire però che moltissime maison di moda, cito per esempio Dolce e Gabbana, hanno creato linee di vestiti dedicate alla cultura e alle donne musulmane quindi rispondendo al commento iniziale trovo di cattivo gusto dire che il burkini è una provocazione che proviene da culture che sono contro la moda perché a parer mio non è così

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  163. Elisa Paganucci   29 Marzo 2023 at 13:40

    Anche se la cul…tura non sempre prevede l’allusione alle scorregge, il quesito trattato ha un’ attualità particolare, mutatis mutandis.
    L’argomento dell’integrazione è oggi più che mai oggetto di analisi, anche se la vicenda descritta si riferisce a dei tormentoni estivi della fine dell’estate 2016.
    Un singolo indumento, il costume Burkini, può aiutarci a riflettere sul “costume” dilagante dei nostri giorni.
    L’integrazione prevede l’accettazione dell’altro a 360°, compresi le consuetudini, i rituali, le cerimonie e la percezione estetica data dalla scelta di un determinato abbigliamento .
    Una reale accettazione dell’altro popolo prevede e impone il diritto di scelta di quella comunicazione non verbale rappresentata dall’abbigliamento.
    Questo coinvolge persino il Burkini, dalla forza atomica e destabilizzante, dal momento che ci rimanda il concetto della copertura totale del corpo femminile che implicitamente rievoca un asservimento della donna nei confronti dell’uomo .
    Il mondo giovanile oggi, si dichiara più aperto delle “vecchie” generazioni nei confronti delle usanze degli altri popoli e il Burkini, di fatto, non genera scalpore o morbosa curiosità.
    C’è tuttavia da sperare che questa maggiore apertura nei confronti dei popoli “diversi”corrisponda a un reale e concreto desiderio di integrazione e non faccia parte piuttosto di un puro disinteresse ispirato a un quieto vivere .
    E’ interessante sottolineare che in questi sei anni che ci separano dal 2016 la mentalità giovanile ha subito una notevole trasformazione.
    Sono stati mesi di lockdown, pandemie, greenpass, crisi energetica, guerra tra Russi e Ucraini e difficilmente possiamo credere che alcuni giovani si soffermerebbero a parlare a lungo di un fenomeno di costume come il burkini .
    Al massimo Johnny Scoreggia esclamerebbe : “Dove cazzo va quel palombaro ?”… SENZA FARE UNA BATTUTA DI GRANDE…RESPIRO…

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    • Lamberto Cantoni
      lamberto cantoni   29 Marzo 2023 at 18:25

      Stimata Elisa, dopo ripetute letture devo ammettere di non aver capito la tua battuta finale, però ho riso lo stesso.
      Visto che hai chiamato in ballo la cul…tura, vorrei farti notare che nel metalogo ho scritto ripetutamente il nome proprio di Johnny Scorreggia esattamente in questa forma e che le proverbiali scoregge le hai tirate fuori tu. Capisco che nell’era dei “sensitive reader” ci sentiamo autorizzati ad allineare parole e parti del discorso al sentire contemporaneo, cambiandone forma e significato: non ci sono dubbi sul fatto che viviamo in tempi di merda; è quindi possibile che la tua odorosa trasfigurazione ortografica aiuti il lettore a cogliere significati percettivi non previsti dall’autore. Tuttavia devo dirti che Johnny Scorreggia ci tiene tantissimo alla consonante vibrante alveolare “erre”, crudelmente estratta dal suo nome come se fosse un dente cariato, e in nessun modo accetterebbe il riduzionismo fonetico che hai suggerito.

      Non credo che i giovani del 2016, a parte i protagonisti del metalogo forzati dalla situazione a parteciparvi, abbiano preso sul serio la questione. Si è trattato perlopiù di un tormentone giornalistico durato un paio di mesi. E, lo dicono tutti, i giovani non leggono più la carta stampata, preferiscono Tik Tok. Ma cosa vuoi farci, purtroppo ci sono ancora tanti adulti che perdono la tramontana quando si toccano temi come “razzismo”, “tolleranza”, “paure indotte dal terrorismo” etc. Il buon giornalismo intercetta queste escrescenze emozionali partendo anche da fenomeni di costume, qualche volta le esaspera ma fondamentalmente funziona come una terapia di gruppo. Si parla, si discute, si litiga e nello stesso tempo ci si cura. Mi piace pensare che giovani assennati possano approfittare di questa sorta di proiezione nel simbolico di fatti apparentemente banali, che se lasciati al loro destino potrebbero far ammalare seriamente il corpo sociale, per comprendere meglio come funziona una democrazia. In definitiva cosa è successo con il burkini? La paura, la rabbia ha generato mostri (legislativi) che dopo un libero confronto di opinioni contrastanti, sono stati resi innocui.
      Possiamo certo definire tutto ciò un fenomeno di costume per sminuirne la valenza e far posto a problemi veri, quelli che hai elencato. Ma ho l’impressione che i bipedi parlanti non funzionino esattamente in questo modo. Infatti non si parla quasi più di pandemia. E il riscaldamento climatico? In quanti danno retta agli scienziati? Lasciamo stare il mondo adulto. E’ pieno di stronzi, di negazionisti, di sonnambuli…mi ci metto dentro anch’io. Però ora dimmi: quanti amici giovani conosci che hanno cambiato il loro stile di vita? in quanti leggono i report scientifici, sono informati, sono in qualche moto attivi su questo fronte? In quanti ne parlano con cognizioni di causa e non per stereotipi o slogan, frasi fatte?

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  164. Tania Sirotti   29 Marzo 2023 at 21:01

    Sono dell’idea che il Burkini sia una grande invenzione per poter fare sentire a proprio agio le donne islamiche in spiaggia, senza doversi coprire con il solito burka.
    Da a loro la possibilità di sentire o comunque percepire il vento e l’aria sul proprio viso e di poter sentire l’odore di salsedine e di mare.

    Il burka copre completamente il viso delle donne islamiche, facendo intravedere solo gli occhi, anzi, alcune volte nemmeno, il viso è del tutto coperto, togliendo praticamente “l’identità” della donna.

    Il Burkini invece, permette alle
    donne di poter respirare e avere il viso scoperto, il tessuto è più leggero e indicato per la spiaggia
    Un vero e proprio costume ma islamico e Aheda secondo me è stata molto abile a fondere le due parole “burka” e “bikini” che apparentemente (come si riportato nell’articolo) sono due termini opposti.

    Ammetto che quando vedo quelle donne così coperte in piena estate mi viene da pensare come facciano a sopportare tutto questo, è una cultura che non essendo la mia, non riesco a comprendere completamente ma ciò non vuol dire che io debba mancargli di rispetto o comunque non accettare il fatto che loro facciano il bagno vestite a differenza nostra.
    Il mare è libero, la spiaggia è libera, ognuno può comportarsi come meglio crede sempre con rispetto però.

    Concludo con l’affermare che, quasi sicuramente, chi dice “oddio fanno il bagno vestite non è igienico” magari sono i primi a fare pipì in mare e a nuotarci in mezzo, quindi, mi raccomando, ricordatevi la coerenza.

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  165. Valentina Spadoni   2 Aprile 2023 at 20:46

    Nel 2016, a seguito della scia di attentati che aveva colpito la Francia, alcune amministrazioni locali avevano emesso delle ordinanze per proibire l’uso del burkini nei luoghi pubblici. E’ proprio questo il caso che viene riportato nell’articolo.
    A mio parere è la paura a parlare, a seguito degli spiacevoli accaduti, la quale ha il potere di trasformare un indumento innocuo come il burkini in qualcosa di potenzialmente pericoloso.
    Il burkini, di fatto, è un capo d’abbigliamento come qualsiasi altro, che non dovrebbe essere catalogato, né tantomeno giudicato, in base a pregiudizi e stereotipi.

    Rispondi
  166. Matthias Mazzoni (cinema2)   15 Aprile 2023 at 14:04

    Nell’articolo si parla del costume da bagno islamico, il Burkini, che è stato un tormentone di fine estate 2016.
    L’argomento trattato è veramente difficile perché, pur parlando di un oggetto di moda, mette a confronto due civiltà, quella occidentale e quella islamica, profondamente diverse per cultura e religione.
    L’articolo evidenzia, per questi motivi, come il mondo ufficiale della moda si sia trattenuto da eventuali creazioni di polemiche ed i maggiori brand, per business, abbiano ricalibrato le loro collezioni e pubblicità in base ai paesi orientali dove avevano i loro negozi più importanti.
    Se per alcuni, vedere il Burkini indossato nei paesi occidentali, ha dato la possibilità alle donne islamiche di poter mettersi il costume in spiaggia o fare il bagno in pubblico, per altri ha evidenziato una mancanza di apertura verso le libertà che ogni uomo o donna deve avere.
    Per me ognuno può indossare ciò che vuole, l’importante è che la scelta non sia forzata, ma voluta dalla persona stessa.

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  167. Antonio Ricco'   17 Aprile 2023 at 11:39

    L’articolo suggerito si concentra sulla questione del potere delle parole e sulla loro influenza sulla percezione della realtà. In particolare, la vicenda del burkini ha suscitato un forte interesse a causa della polarizzazione di opinioni riguardo a questo indumento islamico integrale.

    Il testo analizza come le parole possano spingere le persone a prendere posizione su questioni complesse, generando un’illusione di decisione e cambiamento nella vita delle persone. Il metalogo proposto, che descrive un dialogo tra giovani impegnati in una discussione con valenze agonistiche, evidenzia la necessità di un dialogo aperto e pacato, soprattutto su temi delicati come la questione del burkini.

    L’articolo analizza anche le vicende politiche legate al divieto del burkini in molte spiagge francesi e sulle dichiarazioni dei politici sulla questione. Si sottolinea come la discussione sul burkini sia diventata un caso mediatico, generando molte dichiarazioni contrapposte e un forte impatto emotivo sulla società. Si riflette sulla necessità di un approccio più comprensivo e aperto al dialogo, anziché scendere in polemiche sterili e divisive.

    In sintesi, l’articolo offre un importante contributo per comprendere l’importanza delle parole e il loro impatto sulla società. Tuttavia, viene sottolineato che ogni individuo ha il diritto di esprimere la propria opinione in modo rispettoso e costruttivo.

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  168. Aurora C. LABA   17 Aprile 2023 at 16:25

    Premetto che il mio commento sarà molto corto. Ho trovato questo dialogo disgustoso, a tratti superficiale, infantile e irrispettoso per le altre culture. Detto ciò per me una persona può mettersi ciò che vuole, siamo liberi di vestirci come vogliamo e le persone non sono NESSUNO per andare a giudicare una persona senza neanche conoscerla ma solo per cosa indossa. Scommetto che se al posto del burkini fosse stata nuda andava benissimo. Mi limito a dire solo questo considerando che il dialogo è stato solo riportato e non sono i diretti interessati.

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    • Lamberto Cantoni
      lamberto cantoni   20 Aprile 2023 at 10:47

      Stimata Aurora, prendo atto che evidentemente Lei a colazione mentre sorseggia il caffelatte ama conversare amabilmente sui limiti della res cogitans cartesiana; a pranzo diletterà i suoi interlocutori sui difetti dell’andropocene segnalati da Yuval Noah Harari nel suo celeberrimo “Homo Deus”. Immagino anche che a cena si divertirà a stupire i convenuti con alcuni paradossi dell’indeterminismo quantistico tipo “Il gatto nella scatola è vivo o morto?” di Schodinger…Dunque, mi pare chiaro e perfettamente comprensibile che le risulti indigesto un dialogo vacanziero tra giovani sdraiati sotto un’ombrellone dai neuroni surriscaldati dai 38 gradi e più, causati dal maledetto “mutamento climatico”.
      Trovo altresì bizzarro che temi come libertà, tolleranza, confronto tra idee e stili di vita divergenti, emersione a livello percettivo di distorsioni che generano paure, polarizzazioni e persino decisioni politiche…Trovo bizzarro dicevo, classificarli sic et simpliciter come superficiali, infantili, irriguardosi. Mi è difficile capire cosa Lei intende con “…il dialogo è stato solo riportato e non sono i diretti interessati”. Ma cosa vuole farci: commento breve produce pensiero breve, di scarsa valenza interattiva, voglio dire. Però un fatto mi è chiaro: Lei ha fatto finta di non conoscere la differenza tra una fiction e ciò che frettolosamente chiamiamo la realtà. Se ho chiamato il quadretto da spiaggia, metalogo, avrò avuto le mie ragioni. Se ho aggiunto al testo un corposo addenda, nel quale risuonano linguaggi eterogenei come la filosofia analitica, la psichiatria. la psicoanalisi, la linguistica, la percezione di una bellezza altra, persino la cronaca giornalistica, tutto ciò avrebbe dovuto suggerirle che nella fiction cercavo di far emergere l’in-più di passione che trasforma questioni tutto sommato banali in catastrofi del significato; questioni che se affrontate con il linguaggio dell’analisi razionale non ci avrebbero restituito il predominio delle emozioni sulla razionalità, dal quale discendono le varie forme di populismo e/o dogmatismo.
      Ma sospetto che queste ulteriori tematiche siano per Lei deplorevolmente superficiali. E’ una sua scelta che rispetto. Ho meno considerazione del fondamentalismo dissimulato, tipico del pensiero breve, che mi pare di intuire nelle sue parole. Il sintomo di ciò mi piace trovarlo nella sottolineatura in maiuscolo di “NESSUNO” che appare come un fondamentalismo lessicale un po’ ipocrita dal momento che si nascondere dietro al riferimento ad una libertà inesistente e forse impossibile: non siamo affatto liberi di vestirci come vogliamo nemmeno noi occidentali e purtroppo normalmente giudichiamo gli altri senza conoscerli in profondità.

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      • Aurora C. LABA   8 Giugno 2023 at 16:15

        Stimato professore Lamberto Cantoni, concordo con lei sul fatto che purtroppo nel 2023 non si ha assolutamente la libertà di vestirci come si svuole senza prima subire commenti, occhiatacce o addirittura molestie. Probabilmente sarò una persona superficiale, sbrigativa e non avrò sicuramente la sua conoscenza ma ho voluto esprimere il mio parere attraverso il mio commento, senza nascondermi e senza usare filtri; apprezzo la sua risposta mi ha fatto molto piacere avere un suo riscontro.

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  169. Lorenzo Dellapasqua   28 Aprile 2023 at 09:17

    Trovo impossibile parlare di un tema simile nel 2023. Non perché sia scandaloso, non perché sia giusto, non perché bisogna parlarne. Trovo impossibile parlare di un discorso simile nel 2023 perché ormai si è già detto quello quello che si doveva dire. Non voglio essere frainteso: il dialogo deve rimanere la base della nostra società altrimenti il collasso totale si farà solo più imminente, ma la verità è che non trovo nemmeno una singola idea per portare nuova acqua ad un pozzo ormai ristagnante. Si potrebbe impostare un commento in modo idealista, o magari distaccato, o semplicemente contrario. Ma sarebbero tutte scelte che oltre che risultare ipocrite al lettore avrebbero ben poco contenuto interessante da leggere. O forse sono solo io che non ho abbastanza fantasia, chissà. Quindi, mi sembra inutile dirlo, ma è chiaro che un discorso simile non possa essere riassunto in frasi polarizzanti come “tutti dovremmo essere liberi di indossare tutto” e “abbasso il razzismo” e ancora “libertà di espressione”, perché sono tutti concetti assolutamente vani che hanno ben poco a che vedere con mezzo metro di lycra tagliato a forma di persona. A noi umani piace dare un senso alle cose per non impazzire, lo sappiamo, ma ha volte davvero facciamo degli sforzi ridicoli per dare spiegazioni a elementi che semplicemente esistono e basta, troppi ragionamenti cervellotici e prese politiche di pancia fanno male a se stessi e inquinano un mondo che in questo momento avrebbe bisogno di persone interessate ad andare avanti senza inciampare in un disastro, piuttosto che soffermarsi ad impazzire dietro un costume. Il costume è solo la superficie? Naturalmente, non voglio suonare stupido: mi rendo conto che in un mondo complesso come il nostro il Burkini possa significare tutto per una persona e niente per un altra, e che possa polarizzare idee ben più “importanti” della semplice essenza del costume in sè. Ma a volte mi chiedo se tutto questo rumore che ci piace alzare dietro le piccole e grandi cose di tutti i giorni non sia solo un modo per evadere e sperare che quello che facciamo e diciamo abbia un senso superiore, e che non si limiti ad essere quello che è: cioè parole e lettere che presto andranno dimenticate per sempre. Questo non deve incoraggiare le persone ad imbracciare un fucile e sparare dentro una scuola, o scrivere e dire quello che gli pare come gli pare su tutti, ma dovrebbe sensibilizzare a dare meno importanza a certe cose, e imparare a farsi scivolare addosso cose che possono portare solo a guerre fisiche e concettuali. Abbiamo bisogno di litigare si, ma potremmo imparare anche a calmarci tutti un attimo.

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    • Lamberto Cantoni
      lamberto cantoni   28 Aprile 2023 at 17:09

      Cosa vuoi farci Lorenzo “anche se ormai si è già detto tutto quello che c’era da dire”, nel 2022, nel nostro Paese alcuni Presidi nel nome di un abbigliamento adeguato (chi lo decide? in base a cosa?) hanno proibito ai ragazzi di indossare le canotte, pantaloncini slim, gonne…Alcuni professori per ingraziarsi questi presidi si sono persino personalmente impegnati a coprire con lo scotch gli strappi nei jeans. Ovvero, invece che cominciare la lezione e fare il loro mestiere rammendavano calzoni in nome di un decoro improvvisamente divenuto una inderogabile soluzione al problema scuola.
      E’ nato un dibattito nazionale tra gli studenti, quei presidi e professori sono stati isolati in nome della libertà di vestirsi seguendo la propria coscienza. Mi chiedo cosa sarebbe successo se tutti avessero seguito ciò che tu nel tuo intervento fai apparire come necessario! (“impossibile parlare di una cosa simile”). Evidentemente non hai ancora imparato che ogni generazione deve riconquistarsi le libertà raggiunte da chi è venuto prima. Anche quelle apparentemente più banali. E il modo migliore per riconfigurarle in un mondo che cambia rimane sempre la conversazione, il dialogo, il confronto, anche se, come nel caso del Burkini, all’inizio mette a nudo paure, ipocrisie, dissimularti razzismi…Altrimenti come giustamente noti, è solo questione di tempo, c’è il rischio che arrivino in gran carriera i fucili.

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  170. Nicolò Donati   11 Maggio 2023 at 23:54

    La domanda che tutti ci stiamo chiedendo, è giusto che al giorno d’oggi le donne musulmane debbano ancora indossare il burka? Per quanto riguarda il termine burkini prima di leggere quest’articolo, non ne ero assolutamente a conoscenza. Ho capito solo ora che è una versione “costume da bagno” del burka. Penso che non ci sia nulla di male se delle donne al giorno d’oggi lo vogliono indossare, alla fine è una cosa che si fa per rispetto della propria religione. Non da fastidio a nessuno, non rovina la vita a nessuno vedere donne che ce l’hanno addosso. L’unica cosa ingiusta secondo me sono quelle che si sentono costrette a indossarlo per le persone che hanno attorno che possono essere i mariti o i familiari. E’ tutta una questione di libertà ma soprattutto libera scelta.

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  171. Giona   18 Maggio 2023 at 18:53

    Quello del Burkini è un argomento molto difficile da affrontare oggi, io sono dell’idea che ognuno ha la libertà di potersi vestire come desidera. È anche vero che la gente tende a spaventarsi quando vede un Burka a causa dei vari atti terroristici accaduti, soprattutto in Francia. Non ci vedo niente di male nel Burkini, anzi lo reputo come disse “Minnie” se non sbaglio “una genialata” penso che l’invenzione di Aheda Zanetti sia stata la salvezza per tutte quelle donne che desideravano poter andare al mare, ed avere più libertà senza doversi preoccupare di oltrepassare le “regole” della propria religione. Il Burkini è l’ennesima invenzione che comporta notevoli cambiamenti, anche nel mondo della moda. Basta partire dalla parola “Burkini” Burka + Bikini gli opposti esplosivi carichi di passionalità, da una parte abbiamo l’impossibilità d’identificazione, dall’altra abbiamo la boma atomica: l’operazione “Castel Bravo” quella da cui prende il nome la città di Spongebob: “Bikini Bottom” che ironicamente Rèard ha scelto per il nome del suo “micro costume”. Burkini è una parola molto forte, Aheda Zanetti sapeva quello che faceva, ha fatto un mix tra la religione e la trasgressività. Anche Rèard sapeva il fatto suo, per aver scelto “Bikini” come nome per il suo nuovo costume da lanciare sul mercato, dopo la bomba a Hiroshima e Nagasaki la gente sarà stata terrorizzata dalle notizie di queste esplosioni, che di fatto erano una “gara a chi c’è l’ha più grosso” tra USA e URSS. È molto interessante come il nome Bikini, che letteralmente significa “superfice con palme di cocco” a causa del test nucleare sia stato associato ad un costume da bagno, se gli americani avessero scelto un’altra isola? Come l’atollo di Bikar? Rèard avrebbe scelto quella? Probabilmente si.
    Il punto è che gli artisti della moda sanno scegliere le parole in base al loro contenuto, una novità come quella del Bikini non poteva avere un nome banale, e neanche il Burkini.

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  172. Valentina Monti laba   7 Giugno 2023 at 14:58

    Il burkini come il burka, proprio perché è l’abito tradizionale islamico ha un’eleganza diversa dalla nostra, e ha causato troppi pregiudizi, ma perché il burkini è così strettamente legato alla politica attuale? Tutto ciò che ha a che fare con la cultura musulmana è automaticamente sbagliato, come è successo a Cannes, evidenziando una questione che non può essere presa in considerazione esasperando le tensioni esistenti.
    Secondo me il burkini è solo da biasimare per il semplice fatto che è una negazione della femminilità poi ognuno può indossare quello che vuole senza pregiudizi.

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  173. Aurora LABA   12 Giugno 2023 at 16:24

    Il burkini, specificamente disegnato per le donne di religione islamica, copre tutto il corpo, ad eccezione del viso, delle mani e dei piedi, secondo i pretesi dettami dell’islamismo; si compone di due pezzi: una tunica di media lunghezza con una cuffia-hijab integrata e i pantaloni da indossare sotto alla tunica. Nel 1993 compaiono i primi costumi da bagno femminili prodotti dall’azienda turca Haşema. In Egitto, i primi costumi da bagno islamici furono prodotti e commercializzati a partire dall’anno 2000 con il nome di “costume da bagno sharia” e “hijab da nuoto”: si trattava di un costume da bagno a collo alto, con le maniche ed una piccola gonna da indossare sopra i pantaloni lunghi. Nel 2004 la stilista australiana di madre libanese Aheda Zanetti, proprietaria dell’azienda Ahiida, perfeziona il design del costume da bagno, che viene brevettato a partire dal 2007 con il nome burkini utilizzando materiale sintetico leggero simile ai normali costumi da bagno. Il burkini venne poi adottato dal governo australiano come uno dei modelli di divisa per il proprio personale femminile musulmano impegnato nel salvataggio sulle spiagge. Il burkini è stato descritto come la soluzione perfetta per le donne musulmane che vogliono avere la possibilità di nuotare, senza la necessità di spogliarsi e rivelare il proprio corpo. L’aspetto è simile a quello di una muta subacquea dotata di cuffia integrata; simile al costume usato dai surfisti in inverno o nelle fredde acque oceaniche e al costume da bagno integrale da gara utilizzato nelle competizioni natatorie fino al 2009.Il burkini viene utilizzato anche da donne ebree ortodosse, induiste e cristiane mormone, oltre che da persone che non intendono abbronzarsi. Come possiamo notare il Burkini ha diverse somiglianze con altre tute come quella da sub o surfista, queste tute sono delle tute intere perchè per praticare quei tipi di sport è necessario siano coprenti. Il Burkini è un costume intero perché le donne musulmane, che permette a loro di poter stare in spiaggia senza andare contro alla loro religione e cultura. Io nel Burkini non ci vedo assolutamente niente di male, anzi dona più libertà ad altre persone come l’abbiamo noi. Secondo me il Burkini non diventerà una moda.

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  174. giulia zappia (LABA)   15 Giugno 2023 at 17:16

    Quello del Burkini è un argomento molto difficile da affrontare oggi, io sono dell’idea che ognuno ha la libertà di potersi vestire come desidera. Alcune donne in questo periodo sono state uccise ingiustamente dalla polizia morale perchè secondo la loro cultura non lo indossavano bene .

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  175. Margherita Ciarnese LABA   15 Giugno 2023 at 23:24

    Il Burkini, così come il Burka ha generato molti pregiudizi. Noi andando al mare preferiamo svestirci e indossare il bikini, i mussulmani invece no, e non vedo dove sia il problema. Il Burkini è un semplice capo d’abbigliamento. E’ stato circondato da un eccessiva importanza mediatica, e collegato ad eventi drammatici quali gli attacchi terroristi. È assurdo arrivare a proibire un semplice indumento del tutto innocuo. Infatti la paura verso la serie di gravi attentati di cui siamo stati vittima, rischia di indurci alla generalizzazione, quindi farci considerare pericolosa ogni cosa che si ricolleghi alla cultura islamica. Non ci stanno chiedendo di eliminare i bikini, vogliono solamente rispettare la loro religione.

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  176. Giacomo Lorenzetti laba   16 Giugno 2023 at 12:31

    L’articolo mette in luce l’impatto che il costume da bagno islamico ha avuto sulla società durante l’estate del 2016. È interessante notare come un indumento apparentemente semplice abbia potuto suscitare passioni polarizzanti e influenzare la percezione della realtà di molte persone.
    Il fatto che il costume da bagno islamico sia diventato un tormentone dell’estate suggerisce che l’argomento ha dominato le conversazioni, i media e le opinioni pubbliche per un certo periodo di tempo. Questo fenomeno illustra come i temi legati alla religione, all’identità culturale e alla moda possano trasformarsi in questioni di grande rilevanza sociale.
    La frase “ha alterato la nostra percezione della realtà” sottolinea come le opinioni sulla questione siano state fortemente contrastanti, creando divisioni e tensioni nella società. È interessante notare come il metalogo sia utilizzato come strumento per esplorare le passioni polarizzanti che hanno accompagnato la discussione sul costume da bagno islamico.
    La polarizzazione delle opinioni è una realtà complessa e spesso riflette una serie di fattori, tra cui il contesto culturale, le convinzioni personali e le esperienze individuali. Il fatto che un indumento come il costume da bagno possa suscitare tali reazioni contrastanti indica la presenza di questioni più ampie, come l’equilibrio tra la libertà personale e l’espressione religiosa, la diversità culturale e le dinamiche di potere.
    Ci porta a fare una riflessione sulla nostra capacità di affrontare temi delicati come questi in modo aperto e rispettoso. È fondamentale cercare di comprendere le diverse prospettive e sfumature di un argomento, superando i pregiudizi e cercando punti di convergenza.
    In conclusione, l’articolo ci invita a riflettere sulle passioni polarizzanti che possono scaturire da un semplice indumento come il costume da bagno islamico. Ci incoraggia a esplorare le diverse prospettive e ad adottare un approccio critico, al fine di promuovere un dialogo rispettoso e di favorire una maggiore comprensione reciproca all’interno della nostra società.

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  177. Antonella Smilari   19 Giugno 2023 at 18:34

    Trovo l’articolo molto interessante, poiché non mi ero mai soffermata sulla fusione della parola ‘burka’ e ‘bikini’, le quali affiancate sono un vero e proprio ossimoro.
    Il burka copre completamente il corpo della donna, mentre il bikini ne scopre la gran parte. Secondo me il burkini è una negazione della femminilità ma credo anche che ogni religione e tradizione vada rispettata se non crea danno alle altre persone.

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  178. ilaria c laba   19 Giugno 2023 at 20:13

    Nell’articolo, tramite un dialogo si racconta il tema del Burkini. Al giorno d’oggi non accettato da tutti.
    C’è chi lo considera negativamente e chi al contrario in maniera positiva.
    Negativamente in quanto considerato una forma di non riconoscimento, di non integrazione e positivamente in quanto vista come un unione tra le culture.
    Possiamo anche semplicemente pensare che ci sono persone che non si sentono del tutto a loro agio con il proprio corpo e questo magari le aiuta a stare meglio.
    In molti casi viene anche detto alla donna di indossare il Burkini perché obbligata dalla famiglia o dalla religione che segue ma non è sempre cosi, molto spesso lo fanno per loro stesse.
    E qui ci si potrebbe porre la domanda ma perché un velo non integrale dovrebbe essere legale in strada e allo stesso tempo illegale in spiaggia o in mare?
    Il burkini non pone nessun problema di riconoscimento facciale o di sicurezza.

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  179. Chiara D. LABA   22 Giugno 2023 at 08:55

    Sono dell’idea che viviamo a malincuore in un mondo patriarcale, dove l’identità femminile è abbastanza oggettivata, finché una donna sia cosciente di voler mettere il burkini o meno, deve essere una scelta personale, non di certo ostentato da motivi politici o quanto meno politco-religiosi. Il burkini nega l’emancipazione, nega l’espressione, nega la donna per com’è fatta.

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  180. MichelaS   22 Giugno 2023 at 09:35

    Il burkini è un tipo di costume da bagno progettato per le donne musulmane che desiderano coprire il proprio corpo in conformità con le prescrizioni religiose dell’Islam.
    Questo articolo da il modo di capire che le persone hanno paura di quello che non conoscono e queste persone non si interessano ad approfondire la conoscenza di altre culture.
    Questi divieti sono stati emendati perchè penso che sia scioccante per una comunità subire attentati terroristici. Ritorniamo sempre lì. La Paura.
    Onestamente non so se sia giusto o sbagliato inserire il divieto, quando il fatto è fresco e le persone sono scosse e allarmate.

    Penso che una donna in un contesto familiare dove non viene costretta ad usare burka e burkini possa decidere se indossarlo o meno a secondo di com’e il suo rapporto la Religione Islamica. Non trovo giusto la negazione ad usarlo in paesi come l’EU, dovremmo avere una mentalità più aperta e saper coesistere nella vita di tutti i giorni.

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  181. Michele Ghiselli LABA   26 Giugno 2023 at 18:59

    A chi non è mai capitato di scambiare opinioni su fatti accaduti? C’è però differenza tra il dialogo da bar e quello ragionato:
    1. Dialogo da bar: Si parla per luoghi comuni; con informazioni sbagliate o approssimative e la convinzione di sapere tutto.
    2. Dialogo ragionato: Si spiega la propria opinione che può non essere condivisa, ma con dei limiti va rispettata; si ascoltano anche le altre campane, e si cerca d’imparare o comunque conoscere delle cose in più. Attenzione, anche in questo caso possono esserci informazioni sbagliate o approssimative, ma chi le dice, dovrebbe avere la maturità di non considerare, verità assoluta quello che sa.
    Purtroppo il primo va per la maggiore, in un paese dove molti, non hanno l’umiltà o la voglia di “uscire” dal proprio recinto.

    Vietare il burkini per “motivi di sicurezza” come ad esempio il fatto che sono “tutti kamikaze”, è come vietare l’uso del coltello da tavola, perché siamo “tutti assassini”. Reagire con l’istinto o di getto, non è sempre la cosa migliore, anzi può diventare una brutta scusa, per non fermarsi a ragionare e quindi non uscire dal proprio recinto. La mancanza e i limiti culturali, sono purtroppo fattori chiave in casi come questo. Bisognerebbe cambiare il modo di fare scuola, e l’educazione che riceviamo a casa fin da piccoli. Se pensate sia un lavoro lungo e faticoso, avete ragione ma per caso vi siete mai chiesti, cosa potete fare nel vostro piccolo? Fermarvi e ragionare su quello che si sta per dire; informarsi su più canali; ascoltare e farsi una propria idea, che può essere come quella di altri, ma perché credi a quelle cose, e non perché sei pigro per voler avere, una mente critica autonoma, capace di stare al mondo. A chi non è mai capitato di scambiare opinioni su fatti accaduti? C’è però differenza tra il dialogo da bar e quello ragionato:
    1. Dialogo da bar: Si parla per luoghi comuni; con informazioni sbagliate o approssimative e la convinzione di sapere tutto.
    2. Dialogo ragionato: Si spiega la propria opinione che può non essere condivisa, ma con dei limiti va rispettata; si ascoltano anche le altre campane, e si cerca d’imparare o comunque conoscere delle cose in più. Attenzione, anche in questo caso possono esserci informazioni sbagliate o approssimative, ma chi le dice, dovrebbe avere la maturità di non considerare, verità assoluta quello che sa.

    Purtroppo il primo va per la maggiore, in un paese dove molti, non hanno l’umiltà o la voglia di “uscire” dal proprio recinto.

    Vietare il burkini per “motivi di sicurezza” come ad esempio il fatto che sono “tutti kamikaze”, è come vietare l’uso del coltello da tavola, perché siamo “tutti assassini”. Reagire con l’istinto o di getto, non è sempre la cosa migliore, anzi può diventare una brutta scusa, per non fermarsi a ragionare e quindi non uscire dal proprio recinto. La mancanza e i limiti culturali, sono purtroppo fattori chiave in casi come questo. Bisognerebbe cambiare il modo di fare scuola, e l’educazione che riceviamo a casa fin da piccoli. Se pensate sia un lavoro lungo e faticoso, avete ragione ma per caso vi siete mai chiesti, cosa potete fare nel vostro piccolo? Fermarvi e ragionare su quello che si sta per dire; informarsi su più canali; ascoltare e farsi una propria idea, che può essere come quella di altri, ma perché credi a quelle cose, e non perché sei pigro per voler avere, una mente critica autonoma, capace di stare al mondo.

    Rispondi
    • Michele Ghiselli LABA   26 Giugno 2023 at 19:08

      Versione corretta

      A chi non è mai capitato di scambiare opinioni su fatti accaduti? C’è però differenza tra il dialogo da bar e quello ragionato:
      1. Dialogo da bar: Si parla per luoghi comuni; con informazioni sbagliate o approssimative, e la convinzione di sapere tutto.
      2. Dialogo ragionato: Si spiega la propria opinione che può non essere condivisa, ma con dei limiti va rispettata; si ascoltano anche le altre campane, e si cerca d’imparare o comunque conoscere delle cose in più. Attenzione, anche in questo caso possono esserci informazioni sbagliate o approssimative, ma chi le dice dovrebbe avere la maturità, di non considerare verità assoluta quello che sa.
      Purtroppo il primo va per la maggiore, in un paese dove molti, non hanno l’umiltà o la voglia di “uscire” dal proprio recinto.
      Vietare il burkini per “motivi di sicurezza”, come ad esempio il fatto che sono “tutti kamikaze”, è come vietare l’uso del coltello da tavola, perché siamo “tutti assassini”. Reagire con l’istinto o di getto, non è sempre la cosa migliore, anzi può diventare una brutta scusa, per non fermarsi a ragionare e quindi non uscire dal proprio recinto. La mancanza e i limiti culturali, sono purtroppo fattori chiave in casi come questo. Bisognerebbe a volte, cambiare il modo di fare scuola, e il modo di educare i figli. Se pensate sia un lavoro lungo e faticoso, avete ragione, ma per caso vi siete mai chiesti, cosa potete fare nel vostro piccolo? Fermarvi e ragionare su quello che si sta per dire; informarsi su più canali; ascoltare e farsi una propria idea, che può essere come quella di altri, ma perché credete a quelle cose, e non perché siete pigri per voler avere una mente critica autonoma, capace di stare al mondo.

      Rispondi
  182. Carmelo V   27 Giugno 2023 at 00:34

    La questione del burkini è stata oggetto di dibattito e discussione in vari contesti. Da un lato, alcuni sostengono che il burkini rappresenti un’espressione di libertà religiosa e un’opzione che permette alle donne di partecipare alle attività balneari senza dover rinunciare alle proprie convinzioni religiose. Dall’altro lato, ci sono coloro che ritengono che il burkini possa rappresentare una forma di oppressione o discriminazione nei confronti delle donne, limitando la loro libertà e autodeterminazione.
    Le opinioni sul burkini variano a seconda delle prospettive culturali, religiose e personali delle persone coinvolte nel dibattito. È importante rispettare la diversità delle opinioni e prendere in considerazione i diritti individuali, inclusi quelli legati alla libertà di religione e di espressione.
    In sintesi, il dibattito coinvolge questioni complesse, come la libertà religiosa, l’autonomia individuale e il rispetto della diversità culturale. È un argomento che richiede un approccio riflessivo e rispettoso, considerando i diversi punti di vista e cercando di trovare un equilibrio tra i diritti individuali e le esigenze collettive di una società. Sicuramente, il metalogo esposto nell’articolo porta alla luce il pensiero, purtroppo, quasi collettivo, dei paesi europei, rivelando una realtà non ancora aperta completamente alla diversità.

    Rispondi
  183. Martina T Laba   30 Dicembre 2023 at 12:59

    Partendo dal presupposto che ho apprezzato moltissimo questo articolo posto sotto forma di dialogo, è stato molto più scorrevole ed incisivo.
    Detto ciò, non conoscevo dettagli tecnici di ciò che si è affrontato in questo articolo, nè della derivazione della parola bikini e nè del chiasso formatosi nel 2016 attorno alla parola “Burkini”.
    Conoscevo questa parola ovviamente, ma l’ho sempre presa con leggerezza, come un’integrazione delle donne islamiche in un fatto tendenzialmente occidentale come stare in spiaggia e prendere il sole. Loro girano con il burka ovunque, che poi sia una forma di anarchia dell’uomo sulla donna su questo non c’è dubbio, però non ho capito perché abbia suscitato così tanto scandalo il fatto di vedere una donna con il burka anche in spiaggia, dato che siamo abituati a vederne ovunque. Forse perché in giro anche le donne occidentali si “bardano” con cappelli, sciarpe, cappotti enormi e quindi magari saltano meno nell’occhio, mentre in spiaggia si è abituati a vedere corpi mezzi svestiti. Si, forse è per questo. Be, siamo abituati a trovare il marcio in tutto, a porci sempre la domanda: “e se invece fosse così”?
    In questo caso secondo me bisognerebbe semplicemente prendere un’invenzione come un qualcosa di buono, senza voler sottintendere null’altro. Perché non può essere semplicemente stato una novità grazie alla quale c’è stato un avvicinamento tra uomo e donna, il fatto che anche quest’ultima potesse fare il bagno?
    Ma solo io ricordo la foto anni 50/60 della signorina in bikini multata su una spiaggia italiana? Non è forse la stessa cosa? Tendiamo a dimenticare un po’ troppo in fretta, una volta raggiunta una cosa ok! Come se l’avessimo sempre avuta, tendendo a dimenticare tutte le lotte fatte. Le donne che indossano il Burkini non si sarebbero sentite meglio con una sguardo di apprezzamento come a dire “ce la state facendo anche voi a prendervi la vostra fetta” invece che sguardi denigratori? Non so, poi forse sono io troppo tendente ad essere positiva con gli altri, giocando di vivi e lascia vivere?

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  184. Nicolai Rossi   30 Dicembre 2023 at 17:33

    Il Burkini è un indumento nato per il sesso femminile islamico da utilizzare prevalentemente in piscina o in zone balneare, questo per permettere alle donne di rispettare le regole dettate dalla religione.
    Il problema principale è che dopo gli eventi accaduti in Francia si è creata una “paura” riguardo alle persone di origine musulmana e ciò si scatena anche in una cosa semplice come il burkini.
    Perchè devo avere paura di una donna che indossa un costume da bagno essenzialmente? solo perchè la stessa non è europea ma musulmana? E se gli atti terroristici non fossero mai accaduti allora la “paura” che è nata riguardo il burkini non sarebbe mai esistita, problema risolto.
    Perchè ti da fastidio che una persona voglia rispettare le regole che detta l’islam? cosa ti comporta? Che problemi hai?
    Invece NO, la gente deve trovare un qualcosa su cui possa scaricare le propie fobie e etichetta come “possibile pericolo pubblico” anche una persona umana che indossa un costume da bagno.
    Quando si fa di tutta l’erba un fascio in poche parole, quando in verità le cose non sono collegate, ma l’uomo le collega per poter essere “al sicuro”.
    Se gli attentati erano stati eseguiti da persone italiane allora lo stato francese negava l’entrata degli stessi? ma siamo arrivati a sto punto? O meglio ancora, se erano stati cittadini francesi a eseguire gli attacchi come la mettiamo? quando l’uomo vuole dimostrare la propria stupidità lo fa negando l’utilizzo di un semplice indumento perchè altrimenti la persona che lo indossa viene etichettata come “presunta o probabile problema per la sicurezza pubblica”.
    Prendiamo in considerazione altri problemi più seri che le donne che indossano il Burkini.
    Per quanto riguarda il fatto che è diventato una moda non ho molto da dire, ognuno fa come si sente e dovrebbe farlo senza la paura di essere giudicato o “etichettato”.
    In poche parole: Vivi e lascia vivere.

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  185. Mattia LABA   11 Gennaio 2024 at 12:06

    Questo articolo affronta il tema del burkini, il costume da bagno che copre il corpo e la testa delle donne musulmane, e delle sue implicazioni sociali e politiche. L’autore sostiene che il burkini non è solo un simbolo di religione, ma anche di libertà, di integrazione e di resistenza. Il burkini, infatti, permette alle donne musulmane di praticare lo sport, di godersi il mare e di partecipare alla vita pubblica, senza rinunciare alla propria identità e ai propri valori. L’autore critica le posizioni di chi vuole vietare il burkini in nome della laicità, della sicurezza o della liberazione delle donne, sostenendo che si tratta di una forma di intolleranza, di discriminazione e di violenza. L’autore invita a rispettare la scelta delle donne musulmane, a non giudicarle in base al loro abbigliamento e a riconoscere il loro contributo alla società.

    Penso che il burkini sia una scelta personale che va rispettata e non proibita. Non credo che il burkini sia un segno di oppressione o di pericolo, ma di diversità e di inclusione. Il burkini permette alle donne musulmane di esprimere la loro fede e la loro cultura, senza rinunciare al loro benessere e alla loro partecipazione sociale. Il burkini non è in contrasto con i valori della laicità, della sicurezza o della liberazione delle donne, ma li promuove, perché favorisce il dialogo, la convivenza e il rispetto reciproco. Il burkini non è un problema, ma una soluzione.

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  186. Jenni Rienzi   13 Gennaio 2024 at 12:21

    L’articolo propone un coinvolgente dibattito sul burkini, esplorando diverse prospettive di pensiero totalmente contraddittorie tra di loro. Personalmente, ritengo che ciascuno dovrebbe godere della libertà di scegliere il proprio abbigliamento a proprio piacimento, sia esso influenzato dalla moda, dalla religione o dai valori.
    Tuttavia, è innegabile che la presenza di un burka possa suscitare ansie ad alcune persone, soprattutto a causa degli atti terroristici, prevalentemente in Francia. Però non ritengo sensato avere timore di una persona basandosi esclusivamente sul modo in cui è vestita.
    Il burkini, per me, rappresenta un simbolo di libertà, la possibilità di fare cose che prima erano solo sogni per le donne musulmane. Credo sia fondamentale rispettare le scelte di ogni religione. L’invenzione di Aheda Zanetti, a mio parere, è stata una vera e propria liberazione per le donne musulmane, le quali ora possono godersi il mare senza preoccupazioni relative alle “regole” imposte dalla loro religione.
    L’introduzione del burkini costituisce un ulteriore cambiamento significativo che influisce anche sul panorama della moda, partendo dalla combinazione di parole completamente opposte: “bikini”, simbolo di “nudo”, scoperto, un piccolo pezzo che copre il corpo; e “burka”, simbolo di un elemento di abbigliamento che non lascia quasi niente del corpo scoperto. Quindi, il termine “burkini” è potente; Aheda Zanetti ha così collegato con un indumento religione e trasgressione.
    Riguardo alla moda, comprendo il motivo per cui gli stilisti evitino di lanciare collezioni così tanto provocatorie. Poiché in seguito ad avvenimenti passati di lanci di mode basate su concetti religiosi, oltre agli infiniti dibattiti sul giusto o sbagliato, si è arrivati alla conclusione che (a detta dei più fedeli) la religione sia una sfera sacra che non dovrebbe essere oggetto di commercializzazione.

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  187. Jacopo Isabettini   14 Febbraio 2024 at 14:38

    Molte persone sostengono che il burkini sia una scelta individuale delle donne di praticare la propria fede e mantenere la modestia, mentre dall’altra ci sono coloro che vedono il burkini come un simbolo di opressione delle donne (il quale secondo il mio modesto parere è vero). Però credo che non sia un grande problema questo del burki da affrontare in questo periodo, e credo che ogni religione abbia la sua tradizione, come è citato nel Corano.

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  188. Giorgia Laba   20 Febbraio 2024 at 15:38

    Nell’articolo si affronta una discussione da diversi punti di vista, su un argomento di cui ne conoscevo bel poco ovvero del Burkini.
    Partendo dallo spiegare che il Burkini è un costume da bagno femminile che copre interamente il corpo, esclusi la faccia, le mani e i piedi. È stato progettato dalla designer di moda Aheda Zanetti, ed è stato concepito per la comodità e la libertà delle donne che vogliono seguire un determinato stile di vita.
    Esso è un capo d’abbigliamento che dovrebbe essere considerato come un’innovazione, e non oggetto di discriminazione solo perché il suo scopo è rivolto verso persone con tradizioni diverse dalle nostre.
    Grazie al Burkini è possibile per le donne che seguono e praticano la propria religione musulmana, avere comunque le stesse libertà di chiunque e poter andare in spiaggia, al mare e nelle piscine, grazie al suo tessuto idrorepellente.
    Noi occidentali non siamo abituati a vedere questo tipo di costume, quindi inizialmente alcune persone rimangono stranite e nel peggiore dei casi iniziano a giudicare, fermandosi all’apparenza. Ciò deve velocemente cambiare, perché si tratta semplicemente di seguire la propria religione, e nessuno dovrebbe giudicare per questo. Ognuno dovrebbe essere libero di indossare ciò che vuole e ciò che lo fa sentire a suo agio.

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  189. Martina T LABA   24 Febbraio 2024 at 13:43

    L’articolo affronta il tema del burkini, tema che se discusso porta spesso a scontri di pensiero differenti. La mia visione sull’argomento vede il burkini come una trovata geniale per chi per motivi religiosi, culturali o personali non vuole esporre il proprio corpo ma frequentare luoghi dove convenzionalmente si è più scoperti come la spiaggia (ci tengo a sottolineare che parlo di donne che hanno scelto di indossare il burkini e non di donne alle quali è stato imposto da terze persone). Al contrario, trovo solitamente in coloro che sono in disaccordo con la precedente affermazione, motivazioni carenti nel giustificare il loro pensiero, spesso dettate dal timore del diverso, che giustificano con il pretesto della non integrazione da parte di estranei al paese di non appartenenza. Invece, dal mio punto di vista non bisognerebbe parlare di integrazione al paese da parte di estranei ma piuttosto di rispetto da parte di un paese nei confronti di persone con tradizioni e usanze differenti date da un’altra cultura o da un’altra religione. Ovviamente, tendo a precisare, che si parla di rispetto da portare reciprocamente e non di un rispetto unidirezionale. Inoltre, per quanto riguarda il divieto di indossare il burkini in spiaggia citato nell’articolo, penso sia soltanto, come detto precedentemente, una forma avventata di difendersi dalla costante paura del diverso, in quanto, trovo poco logico l’opportunità di poter girare per strada con il burka ma non di poter girare in spiaggia con il burkini. Concludendo, volevo soffermarmi sul fatto che l’articolo sia del 2016, e nonostante ciò, il metalogo sembra decisamente attuale in quanto definisce perfettamente le due linee di pensiero che ad oggi sono ancora presenti sull’argomento.

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