Sebastiao Salgado: Genesi

Sebastiao Salgado: Genesi

Il racconto foto-antropologico del grande fotografo, a tre anni di distanza dalla sua presentazione al pubblico di tutto il mondo rimane una delle testimonianze più efficaci per diffondere l’urgenza di una nuova alleanza tra uomo e natura.

Ritorno alla Terra

Per comprendere le ragioni dell’ultimo racconto/poema fotografico del grande fotografo brasiliano, dobbiamo fare un passo indietro e prendere in considerazione le conseguenze sul corpo dell’autore del lavoro compiuto per terminare la devastante serie di reportage culminati nel libro In cammino (Contrasto, 2000).

L’odio, la violenza, la sofferenza, l’orrore vissuti in prima persona, soprattutto in Mozambico e Ruanda, prostrarono fisicamente e psicologicamente Salgado. La crudeltà dell’uomo vissuta in prima persona, in molti casi insensata e senza limiti, sia nei confronti dei propri simili e sia come sfruttamento della natura, gli avevano lasciato in eredità depressione e pessimismo.

Salgado aveva ripreso masse enormi di individui, famiglie e a volte di intere etnie nei drammatici sradicamenti che accompagnano le guerre, i conflitti etnici, gli sconvolgimenti economici, le crisi ecologiche. Le sue foto, in quel libro, documentavano la distruzione di interi ecosistemi, paesaggi rovinati in modo indelebile, alberi abbattuti, economie agricole abbandonate, megalopoli soffocate dal dolore di milioni di persone senza più passato, dal presente incerto, senza alcun futuro. Credendo ciecamente nel principio di testimonianza come aspetto etico centrale della fotografia di reportage, aveva raggiunto i luoghi nei quali poteva documentare l’esistenza di un’umanità che sarebbe entrata nei libri di storia forse solo come numero, come drammatico effetto collaterale di deliranti questioni ideologiche o semplicemente come tragico destino.

Le sue foto restituivano dignità agli ultimi, ma al tempo stesso facevano traballare le sue certezze interiori generando una sorta di “doppio legame” psicologico: se fotografo con efficacia tanta sofferenza non rischio di diventare complice dell’orrore, trasformandolo in spettacolo? Ma, per contro, se non fotografo o lo faccio male, tutto questo dolore non sarà servito a nulla.

Il profondo senso di depressione rappresentava la risposta somatica al dilemma del fotografo/testimone che risponde alla violenza delle crudeltà della vita con la violenza dell’atto fotografico capace di strappare l’orrore dalle incombenti ombre del nulla, consegnandolo però al mondo ambiguo dei circuiti informativi, delle interpretazioni aberranti, dello sguardo cinico dell’occhio occidentale spesso più attratto dalla spettacolarità dei grandi drammi piuttosto che dai loro risvolti morali o etici.

Nella sua autobiografia, Dalla mia Terra alla Terra (Contrasto, 2014), Salgado racconta che riuscì a ritrovare serenità e forza per tornare a fotografare, grazie a due grandiosi progetti: insieme alla moglie Lelia, creò la rete di alleanze che permisero di ricostruire in parte la foresta atlantica brasiliana, andata distrutta dall’espansione urbanistica; e quindi, forse grazie alle energie positive che gli arrivavano dalla baby foresta in crescita, cominciò a concepire il progetto Genesi, ovvero la riscoperta degli spazi incontaminati del pianeta come suggestiva metafora del luogo delle origini dell’uomo.

Progetto Genesi

L’idea rigenerante di Salgado consisteva in 32 reportage nei territori meno accessibili del pianeta, alla ricerca delle immagini dei luoghi che potessero evocare con verosimiglianza scientifica le origini dell’uomo e delle forma di vita che ne riproducevano i ritmi e le armonie.

Il primo reportage fu realizzato nel 2004, l’ultimo dei viaggi previsti l’intraprese nel 2012.

In otto anni, Salgado percorse il mondo in aerei grandi e piccoli, in navi, in barche, in canoe, a piedi e in mongolfiera. Dopo aver dedicato quasi tutta la sua vita a fotografare donne, uomini, bambini, divenuto uno dei fotografi più celebri del pianeta, mise alla prova tutto quello che aveva appreso, riprendendo vulcani, deserti, ghiacciai, foreste, canyon, jungle, balene, renne, leoni, pellicani etc.

Le parole dell’autore ci fanno capire benissimo cosa rappresentavano quei viaggi per il suo sguardo fotografico, tornato ad essere penetrante, colto, etico: “Sono stati anni magnifici, che mi hanno portato gioie immense. Dopo aver visto tanto orrore, ho potuto contemplare tanta bellezza… Durante la realizzazione dei reportage, Leila mi ha spesso raggiunto nei miei viaggi. Insieme, siamo rimasti tante volte senza fiato di fronte alle maestosità della natura e a tutte le forme di vita che vi regnano, attraverso i milioni di specie che la abitano. Alla fine, la Terra ci ha regalato una magnifica lezione di umanità. Scoprendo il mio pianeta, ho scoperto me stesso e ho capito che tutti noi siamo parte dello stesso insieme – il sistema Terra”.

Tuttavia, mi permetto di aggiungere alle parole dell’autore un non trascurabile supplemento di significanza dei suoi viaggi. A me pare decisivo il fatto che, aldilà del movente interiore e del valore umanistico del progetto, Salgado sia riuscito a restituirci la bellezza di cui parla, nel suo particolare “linguaggio” fotografico, senza cedimenti sul fronte del colore o di tecniche da realismo documentarista. Le sue immagini definitive, ovvero quelle che abbiamo ammirato nelle esposizioni e pubblicate nel libro editato da Tashen, nascono come foto di reportage scattate nei luoghi meno contaminati dalla civiltà della Terra, ma portano anche le stimmate dell’oggetto preso da una vertigine estetica che mi fa pensare al sublime dei grandi pittori romantici e alla celebre enunciazione di Spinosa Deus, sive natura (Dio, ovvero la natura), che ho sempre interpretato come un monito per avere nei confronti del mondo la reverenza necessaria per sentirne la bellezza.

La suggestiva foto delle zampe anteriori di un’iguana, ripresa durante il primo reportage dedicato alla rivisitazione delle Galapagos, così lontana ma anche vicina alla mano di un guerriero del Medio Evo, mi trasmettono il prodigio della diversificazione delle specie, secondo un registro affettivo/passionale che forse non ha lo stesso valore cognitivo delle straordinarie pagine scritte da Darwin (Viaggio di un naturalista intorno al mondo), ma che     per certi versi, mi avvicina alle cose del mondo e mi coinvolge facendomi desiderare la loro esistenza.

Posso generalizzare questa impressione di una bellezza sapiente alle foto del Madagascar, a quelle fatte a Sumatra, in Nuova Guinea, in Papuasia, nella Russia Asiatica, in Africa, in Amazzonia, nei grandi ghiacciai del Nord del pianeta.

Anche le foto che si propongono di ritrovare le origini della specie umana trasudano del tono emotivo di bellezza, del quale Salgado è maestro. I ritratti dei Kuikuros, dei Wauras e dei Kamayura del Mato Grosso trasmettono dignità, armonia con la natura, una grazia inaspettata.

Quale e’ il messaggio che le immagini di Salgado  trasmettono? A me sembra di capire che il fotografo intenda far dipendere la sottile regolazione del registro di bellezza e gli effetti passionali che le foto evidenziano, dall’atteggiamento di reverente conoscenza dell’ambiente in cui vivono le tribù. Una bellezza che deriva dunque da un’unità tra uomo e ambiente che noi occidentali abbiamo perduto.

Tutte le tribù documentate da Salgado possiedono una conoscenza perfetta dell’ambiente in cui vivono. Il trucco a fin di bene, che il fotografo mette in gioco, è centrato su uno scivolamento metonimico, nel nome della bellezza, tra i frammenti di mondo ripresi e i popoli tribali raffigurati.

Grazie alla sua particolare tecnica fotografica, Salgado, riesce a farci percepire le somiglianze di famiglia tra aggregati di forme eterogenee, ghiacciai che hanno la forza emotiva di un ritratto, ritratti che hanno la consistenza e la magia di una foresta, stabilendo tra esse la sacra unità,  raffigurata nel linguaggio, dalla parola quant’altre mai simbolica Genesi.

Perché un mondo in bianco e nero?

Salgado ha lavorato spesso con il colore. Ma per i suoi grandi reportage ha sempre scelto il bianco e nero. Secondo la sua opinione i parametri delle inquadrature a colori erano troppo rigidi per poi sperare di poter configurare l’immagine in post produzione, in modo tale, da restituirle l’impronta emotiva percepita al momento dello scatto.

Le pellicole in bianco e nero invece, hanno la proprietà di permettere al fotografo le sovraesposizioni di qualche diaframma, che in un secondo tempo verranno corrette in laboratorio. Per tentativi ed errori, si può arrivare ad ottenere esattamente quello che si e’ provato al momento dello scatto.

Il vangelo estetico di Salgado si basa dunque sull’idea della continuità, ovvero sulla capacita’ del fotografo di concepire l’atto fotografico come se fosse un processo che inizia prima del clic e prosegue con la distillazione dell’immagine esemplare.

Un’altro argomento contro il colore, per le finalità di Genesi, l’intrinseca bellezza del soggetto-causa dell’atto fotografico.

I colori della natura possono essere così intensi da diventare più importanti delle emozioni (incontrate dal fotografo) contenute in una foto.

La sottile regolazione della gamma dei grigi, invece, ha consentito a Salgado di concentrare la forza visiva sull’intensità delle persone e delle cose, conferendo ad esse la serena dignità che induce reverenza e rispetto.

Scrive il fotografo nella sua autobiografia: “Penso che il potere del bianco e nero sia straordinario e per questo l’ho utilizzato senza nessuna esitazione per rendere omaggio alla natura: fotografarla così era per me il modo migliore di mostrare la sua personalità, far emergere la sua dignità. Bisogna sentire la natura, bisogna amarla e rispettarla per poterla fotografare, come per le persone e gli animali”.

Da queste parole, possiamo inferire facilmente il messaggio che la bellezza sapiente di Salgado vuole meta comunicarci in forma di speranza e non come ideologia.

Se paragonati ai Papua, alle tribù dell’amazzonia, ai Nenci della penisola di Yamal (Siberia) siamo diventati persone molto complicate, spesso tanto complicate da divenire estranei a noi stessi, a chi ci ama, al pianeta. Tuttavia non c’è nulla di definitivo o irrisolvibile. La soluzione non sta nel volgere uno sguardo nostalgico al passato, nel tornare indietro, ma nel ritornare a sentire in noi l’immensa bellezza conservata nel pianeta Terra.

 

Addenda

Ho subito sentito che la narrazione per immagini che Salgato ha intitolato “Genesi” mi avrebbe toccato in profondità. Leggiamo, vediamo, parliamo tanto di questioni inerenti la sostenibilità, abbiamo molte informazioni relative a un pianeta non più in grado di reggere il nostro folle stile di vita, a più riprese menti preparate ci allertano sul rischio di estinzione per l’uomo, ma tutto ciò non sembra preoccuparci più di tanto. Moltitudini di idioti sviliscono ogni giorno scienziati che dedicano la loro vita a registrare, comprendere, spiegare la complessità dei processi che rompono gli equilibri della nicchia ecologica nella quale è possibile la vita umana. La rumorosa tracotanza dell’idiota che si sente sapiente di tutto, fa sì che non possiamo fare a meno di ascoltarli, osservarli nel loro contagioso lavoro di demolizione dei messaggi che le menti più preparate diffondono per allertarci, per farci capire la gravità della situazione, del poco tempo che ci rimane per cambiare rotta. Nel nome di una civilissima libertà di opinione permettiamo ad ondate di pressapochisti, fatalisti, cinici cultori di modi del pensiero che una volta etichettavamo come “irrazionali” , di occupare spazi di informazione/comunicazione inauditi se pensiamo alla posta in gioco. Come se la più grande delle creazioni di quei grandi designer della vita che sono in primis “l’evoluzione” e in secundo  la “Storia delle civiltà, delle culture e delle passioni umane”, la più grande delle loro creazioni dicevo, ovvero la coscienza libera e pensante, ci si ritorcesse contro impedendoci di agire. Ebbene, proprio l’impass del discorso scientifico mi ha fatto capire che forse dovremmo affrontare problemi come il riscaldamento climatico non solo con dati, metriche, teorie, ma anche da una prospettiva diversa. Ed è proprio questo scenario nuovo che ci ha donato Salgado con un progetto nel quale ha investito otto anni della sua vita. Osservare la bellezza del pianeta, di forme di vita a noi lontane, con l’intentio di restituirne attraverso la fotografia, l’impronta sensibile che prima di ogni messa in parola (sempre a rischio di ambiguità e fraintendimenti) riverbera sentimenti che ci cercano dall’interno, e in quanto tali possono trasformarci. La “cura” che Salgado segue prima di scattare e dopo quando sceglie e stampa ciò che diverrà un prodotto della creatività umana di qualità ragguardevole, mi induce a pensare che un cambiamento (di mentalità) implica sempre un glissement percettivo. Per far affiorare l’attenzione e la reverenza che dovremmo avere per il pianeta dobbiamo innanzitutto imparare a vederne la bellezza. Questo livello di apprendimento, sembra suggerire Salgado, dipende da sottili regolazioni interiori che trasformano le nostre percezioni su qualcosa, E, lo sappiamo bene, poche cose ci ingaggiano in profondità come le cose che sentiamo belle, di una bellezza che non è solo ordine o armonia, bensì aperta al sublime. Sto forse sostenendo che Salgado in qualche modo sia collocabile nell’onda lunga del Romanticismo storico? A questo punto occorre fare delle precisazioni. Il fotografo a più riprese ha sostenuto di non pensare mai alla “bellezza” ma solo alla “verità” di una certa situazione. Ma la scelta pratica di fotografare sempre in solitudine per concentrarsi ed empatizzare il suo contatto con il mondo, comporta una “regolazione” che eccede la semplice descrizione della realtà. Salgado non rimane indifferente di fronte a ciò che sente necessario fotografare. Ma tenendo duro sulla volontà di verità nella quale crede, trasforma le sue emozioni  aggrappandosi a una sorta di reverenza per l’assetto formale della scena. Cioè non permette alle sue emozioni di interferire (la sua scelta di solitudine è concentrazione e anche controllo emotivo), ma al tempo stesso sente di non volerne o poterne cancellare le tracce. Questa regolazione asimmetrica tra una sensibilità alla ricerca del coinvolgimento adeguato per l’emersione della verità fattuale del momento, trova un appoggio fondamentale in un certo ordine formale. Non trovo affatto strano che persino di fronte alle situazioni più drammatiche abbia saputo riprenderle mantenendo viva la percezione di una strana bellezza.

 

 

salgado

Lamberto Cantoni
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111 Responses to "Sebastiao Salgado: Genesi"

  1. Guido   22 Giugno 2017 at 16:00

    Conosco bene il progetto Genesi avendolo visto a Forlì. L’articolo me lo ha fatto ricordare. Amando la fotografia pura le foto super elaborate di Salgado mi avevano lasciato qualche dubbio. Ha ragione l’autore: è la mostra più importante fatta dal grande fotografo. Però a me fece più impressione mostra e libro dedicato ai grandi esodi delle popolazioni più sforrtunate.

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  2. Antonio Bramclet
    Antonio   22 Giugno 2017 at 19:06

    Salgado non si discute. Però quello che dice Guido è vero. Le foto di Genesi sembrano quasi glamour. Sembrano fatte con una macchina fotografica diversa dal passato. Strano peró, avrei giurato che Salgado fosse attaccatissimo alla Leica.

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  3. Luciano   23 Giugno 2017 at 08:02

    Salgado è stato un grande reporter, ma non ci trovo nulla di strano se con Genesi oltre alla testimonianza ha cercato anche altre qualità fotografiche che prima non aveva sperimentato. Io non so se ha cambiato macchina o meno però sono sicuro che voleva evitare la resa fortemente contrastata B/N delle sue ricerche precedenti. Con Genesi la sola drammatizzazione non avrebbe trasmesso alla gente il sentimento di poetica grandezza che lui stesso ha dichiarato di provare difronte alla natura.

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  4. Lamberto Cantoni
    Lamberto Cantoni   23 Giugno 2017 at 08:37

    Quando si parla di Salgado la parola glamour non ci sta proprio. Io credo che, soprattutto con Genesi, il fotografo abbia riflettuto sulla bellezza dello scatto. Ma il glamour è più vicino alla bellezza nel senso della parola inglese beauty (una bello in cui si sente il desiderio). La bellezza di Genesi è grandiosa, rispettosa, reverente. Non è nostalgica e nemmeno mielosa. La complessa sfumatura dei grigi ha il compito di allontanarla da noi (dalle nostre emozioni ordinarie) per farci scoprire una più sottile regolazione del sistema mente-affetti, che ha come fine la creazione di un momentum di sincronia interiore con la natura-messaggio.
    Per quanto riguarda il cambio di macchina, Antonio ha avuto una intuizione giusta. Se cercate in internet troverete l’informazione che dovendo fare tanti viaggi, atterrando in aereoporti super controllati per via del terrorismo, Salgado temendo che le ispezioni attraverso rivelatori ai raggi X potessero danneggiare le pellicole, fu costretto a passare al digitale (pesa molto meno, tra l’altro). Probabilmente l’uso del digitale lo ha poi costretto in fase di sviluppo a processi elaborativi complessi. Ma gli ha permesso anche una maggiore precisione nella ricerca delle note affettive che voleva trasmetterci.

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  5. Marco   23 Giugno 2017 at 12:35

    Un consiglio per tutti: andate a guardarvi il film documentario girato da Wenders su Salgado. Si intitola il Sale della terra ed è un capolavoro.

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  6. Stella   25 Giugno 2017 at 09:38

    Apprendo leggendo l’articolo Salgado che avrebbe impiegato 8 anni di viaggi per il suo progetto. Già solo questa dedizione al vero spirito del reportage annuncia i suoi capolavori. Comunque per me le sue foto sono belle per via della loro forma e non perché il fotografo quando le ha fatte era emozionato,

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   27 Giugno 2017 at 09:35

      La pregnanza formale delle immagini di Salgado non ha bisogno di essere marcata: il nostro occhio è in grado di percepirla benissimo senza alcun ingombro concettuale. Ma la loro specificità è di essere, in qualche modo, empatiche. Salgado intenzionalmente tenta di trasmetterci ciò che in quel preciso momento ha sentito (di fronte al soggetto della foto). Cioè sfrutta il lavoro dei neuroni che consentono l’empatia tra l’occhio-mente del fotografo e l’occhio-mente del fruitore dell’immagine. Il contenuto delle sue immagini non è solo una figura di una più vasta narrazione che ha come tema il pianeta terra, la natura, l’origine… Il contenuto che sta a cuore a Salgado è una emozione complessa. Questo sdoppiamento semantico, tra l’altro, nel quale l’affetto o una emozione sovrainveste il contenuto lineare che deriva dal pensiero linguistico/discorsivo, è il tratto caratteristico di una immagine che ha fatto centro. Salgado è abilissimo nel sfruttare la portanza affettiva delle immagini, nobilitandola attraverso cornici concettuali etiche.

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  7. Massimo   29 Giugno 2017 at 16:01

    Chi non conosce Salgado? A me piace perché trasmette emozioni. Trovo inutile concentrarsi su questioni tecnologiche. E vorrei chiedere all’autore: ma cosa c’entra la moda?

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   2 Luglio 2017 at 10:39

      Con la moda intesa come abbigliamento Salgado non ha niente da dire. Se la pensiamo come dispositivo simbolico il discorso cambia. Se fossi un fotografo interessato alla moda la tecnica e contenuti di Salgado mi intrigherebbero.

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  8. Nicolò U   24 Marzo 2023 at 16:58

    Non posso fare altro che rimanere affascinato dalle foto di Salgado in particolar modo con Genesi. Alcune di esse mi ricordano degli scatti di Avedon, non per i soggetti in se ma per lo stile chiaramente bianco e nero

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  9. Mattia C.   3 Aprile 2023 at 21:13

    Ritengo Sebastião Salgado un grande fotografo del secolo scorso, formatosi da autodidatta, (siccome compì studi prettamente economici), ma con una grande rilevanza anche per la fotografia contemporanea, grazie alla sua importante impronta di reportage dei luoghi che visita e persone che incontra, concentrandosi specialmente sul racconto, e più in generale sul rapporto tra i cambiamenti di essi nel tempo e dellla relazione tra persone ed ecosistema. Cosa che trapela anche nella produzione documetaristica a lui dedicata chiamata “Il sale della terra”, realizzata dal grande regista Wim Wenders, anche grazie al prezioso aiuto di Ribeiro Salgado figlio dell’autorevole fotografo.
    Salgado, oltre che gran fotografo, penso sia anche una persona ammirevole con una lodevole considerazione verso la società, in quanto ha svolto una importante opera di bene in Brasile, sua terra natale, ovvero di ripiantare con l’aiuto di sua moglie una grossa parte della foresta amazzonica precedentemente abbattuta per colpa del fenomeno della deforestazione. Facendo ciò, ha persino aiutato lo sviluppo della fauna del luogo.
    Probabilmente questo suo impegno è dovuto al fatto di aver passato una vita all’insegna dello scoprire persone, culture e tradizioni, specialmente in condizioni sfavorevoli, e quindi del voler lasciare la propria impronta nel mondo. Motivi spiegati dettagliatamente per l’appunto nella sua produzione “Genesi”, menzionata nell’articolo.
    Mi colpisce particolarmente la grande cura che impiega nelle sue produzioni, atte ad evocare forti sensazioni nello spettatore. Infatti è uno dei fotografi che più mi lascia varie riflessioni, insieme ad alcuni colleghi di reportage, come Cartier Bresson e McCurry, fotografi dei quali ho avuto fortunamente l’occasione di partecipare ad un paio di mostre, a differenza di Salgado purtroppo.
    Sicuramente non a caso, è riuscito pure ad aggiudicarsi più volte il premio come miglior fotografo dell’anno, oltre che numerosi altri premi.

    Mattia Castelnuovo Cinema 1 Laba

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  10. giulia   5 Aprile 2023 at 20:49

    Ritengo Salgado un grande fotografo del secolo scorso. In breve tempo la fotografia diventò la sua passione, la sua vocazione e il suo progetto di vita . Salgado infatti documenta i cambiamenti ambientali, economici e politici condizionano la vita dell’essere umano. Salgado fa vari viaggi soprattutto mi colpisce quello in Africa dove si innamora perdutamente della terra e delle persone che ci abitano

    Giulia Zappia Cinema 1 Laba

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  11. Arianna Pagnoni   6 Aprile 2023 at 23:01

    Ho avuto la fortuna di capitare a Roma nel momento giusto, e quindi di non perdermi una delle mostre al di Salgado al MAXXI.
    Senza dubbi una delle mostre fotografie più belle mai viste fino ad ora.
    Posso confermate quello detto dalla moglie: il voler ‘’ricreare un ambiente in cui il visitatore si sentisse avvolto dalla foresta ..’’ Beh le curatrici del museo ci sono riuscite perfettamente.
    Appena entrato in questa stanza buia ogni pensiero in testa è svanito, mi sono sentita immersa nelle fotografie sospese per aria. Sembrava di essere assieme ad Avedon appena scattava ogni singola foto.
    Cerano delle piccole televisioni dove erano protettati i leder di ogni comunità indigena che ti trasportavano nella loro vita.
    La mostra era divisa in due da una parte, le immagini paesaggistiche senza dubbio eccezionali, ma la seconda parte è quella che mi ha emozionato maggiormente. Erano rappresentati ritratti di donne, uomini e bambini in tutta la loro naturalezza, semplicità. Le foto erano accompagnate da una musica di sottofondo che ti faceva sentire parte della loro tribù, ti trascinava nel loro mondo completamente diverso dal nostro, ma senza farci sentire estranei.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   7 Aprile 2023 at 08:08

      Avrei voluto vedere l’allestimento che evochi. Non capisco il riferimento ad Avedon.

      Rispondi
  12. Antonio Ricco'   17 Aprile 2023 at 14:57

    L’articolo presenta il progetto “Genesi” del fotografo brasiliano Sebastiao Salgado, in cui ha viaggiato per il mondo alla ricerca di luoghi incontaminati e ha documentato la vita selvaggia attraverso le sue fotografie. Il lavoro di Salgado viene considerato molto potente e può avere un grande impatto sulla sensibilizzazione delle persone ai problemi dell’ambiente e della società.

    Sono rimasto particolarmente colpito dal fatto che Salgado abbia utilizzato la fotografia come una sorta di terapia per superare la depressione causata dalla crudeltà umana e dalla distruzione dell’ambiente che aveva documentato in precedenza. Questo dimostra come l’arte possa avere un effetto terapeutico sulla mente e sul corpo.

    In sintesi, il lavoro di Salgado ci invita a trovare un equilibrio tra lo sviluppo umano e la conservazione della natura, ed è un richiamo alla necessità di una nuova alleanza tra l’uomo e l’ambiente. Le sue fotografie ci offrono uno sguardo sulla bellezza della natura e sulla sua fragilità, e dovrebbero essere apprezzate e sostenute da tutti coloro che si preoccupano per il nostro pianeta.

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  13. letizia ventura (cinema2 laba)   17 Aprile 2023 at 22:44

    Le foto di Salgado mi hanno penetrato l’anima, il corpo e la mente; in particolare io sono rimasta colpita dal lavoro che ha fatto nel 2007 in Etiopia, che a parer mio è incredibile, entusiasmante e coinvolgente.
    Salgado è nato con la natura, è nato nella natura e tutto il suo lavoro parte proprio dalla terra, dall’ambiente che lo circondava.
    Lui diceva di essere nato in un paradiso, dove i terreni erano sani, vivi, incontaminati e i paesaggi erano allo stato primordiale.
    Con le sue foto Salgado ci urla un messaggio molto importante, ovvero quello di non distruggere il nostro ambiente, la nostra terra, la terra da dove siamo nati, ci urla di proteggere e salvaguardare la natura e tutte le cose che essa ci ha regalato e ci regala.
    Proteggere, ammirare e creare, non distruggere
    Io non credo che fotografando l’orrore si diventi complici di esso, ma anzi credo che sia coraggioso fotografare il degrado.
    Il mondo sarebbe tutto e rosa fiori se non vedessimo mai le cose negative che ci circondano; per questo è bene, a parer mio, mettere in luce anche il buio.
    Nonostante Salgado ci mostri “l’orrore”, le sue foto sono affascinanti e coinvolgenti.
    Vuole farci riflettere sul rapporto uomo-natura, un rapporto sano che in alcune tribù esiste ancora, dove l’uomo ha rispetto dell’ambiente nel quale vive e l’ambiente ha rispetto dell’uomo.
    Io credo che Salgado sia riuscito ha trasmettere il messaggio che voleva, credo che le sue foto siano la sua voce, i suoi occhi, il suo cuore e la sua anima.
    Ammiro il suo lavoro perchè è davvero coinvolgente

    Rispondi
  14. Beatrice Canè   25 Aprile 2023 at 22:13

    Sebastiao Salgado, nato in Brasile nel 1944, ha iniziato la sua carriera come economista, ma ha presto deciso di dedicarsi alla fotografia. Dopo aver lavorato per l’agenzia di stampa Magnum, ha fondato la sua agenzia fotografica, la Amazonas Images, e ha iniziato a creare immagini iconiche che hanno documentato alcuni dei problemi più pressanti del nostro tempo.
    Uno dei progetti più ambiziosi di Salgado è senza dubbio Genesi, una raccolta fotografica che documenta la bellezza naturale e la diversità culturale del nostro pianeta. Il progetto è stato concepito come una sorta di omaggio alla natura e alla diversità umana, e Salgado ha trascorso otto anni viaggiando per il mondo per catturare immagini mozzafiato di paesaggi, animali e persone. Questo progetto è stato amato da tutti, fotografi e non. Trovo affascinante che con la sua attenzione alla bellezza naturale e alla diversità culturale, Salgado sia riuscito a creare, attraverso questo progetto, un manifesto per la conservazione per l’ambiente e per la promozione della diversità. Salgado è riuscito secondo me nell’intento, è stato in grado di farci riflettere sul fatto di dover rispettare la natura che ci circonda.
    Il suo stile fotografico è caratterizzato da una grande attenzione per i dettagli e la composizione. Utilizza spesso una luce naturale intensa e contrastante. Inoltre, scatta spesso in bianco e nero, il che conferisce alle immagini un aspetto classico e senza tempo, ma comunque d’impatto. Dice infatti che solo attraverso il bianco e nero è in grado di trasmettere le sensazioni che provava in quel momento. Uno degli aspetti più distintivi del suo stile è anche la capacità di catturare l’essenza delle persone e dei luoghi che fotografa. Grazie all’effetto chiaroscuro, creando questo forte contrasto, conferisce alle immagini un aspetto drammatico e mozzafiato.

    Rispondi
  15. Camilla Frongia   26 Aprile 2023 at 16:46

    Il testo parla di Sebastião Salgado, uno dei fotografi più importanti e influenti del secolo scorso, la cui produzione si caratterizza per un forte imprinting reportagistico e per un particolare attenzione alla relazione tra le persone, l’ambiente naturale e i cambiamenti che questi subiscono nel tempo. Salgado è stato un autodidatta, sebbene i suoi studi si siano concentrati sull’economia piuttosto che sulla fotografia. Nonostante ciò, la sua impronta sulla fotografia contemporanea è stata molto rilevante e ha influenzato molti altri fotografi.

    Sottolinea anche l’importanza di Salgado come figura umana e sociale, evidenziando il suo impegno nella ripiantumazione di una parte della foresta amazzonica, una causa a cui si dedica con passione insieme alla moglie. Questo impegno sociale sembra essere alimentato dall’esperienza di vita di Salgado, che lo ha portato a scoprire persone, culture e tradizioni in condizioni spesso sfavorevoli e che lo ha spinto a voler lasciare una propria impronta nel mondo.

    La cura che Salgado impiega nelle sue produzioni fotografiche è descritta come estremamente evocativa e capace di suscitare forti emozioni e riflessioni nello spettatore. In questo senso, le sue fotografie sembrano non solo documentare la realtà, ma anche interrogarsi sulla natura dell’uomo e sulla sua relazione con l’ambiente naturale.

    Personalmente, sono molto colpito dalla capacità di Salgado di trasmettere con le sue fotografie messaggi molto potenti e universali. Le sue opere sembrano riflettere una profonda comprensione dell’uomo e del suo ruolo all’interno del contesto naturale, e il suo impegno per la salvaguardia dell’ambiente sembra essere guidato da una visione etica molto forte.

    In sintesi, questo articolo sottolinea l’importanza di Sebastião Salgado come fotografo e figura umana impegnata nella difesa dell’ambiente naturale. Le sue fotografie, documentando la realtà, sembrano voler anche interrogarsi sulla natura umana e sul nostro rapporto con l’ambiente che ci circonda. La capacità di Salgado di trasmettere messaggi universali e potenti attraverso le sue fotografie è qualcosa che ammiro molto, e che credo abbia reso la sua opera una delle più importanti e significative della fotografia contemporanea.

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  16. Lorenzo Dellapasqua   27 Aprile 2023 at 21:36

    Mi rendo conto che l’innamoramento profondo che nutro nei confronti degli scatti di Salgado sia arrivato dopo aver visto il documentario “Il Sale della Terra”. Devo anche essere onesto col dire che non conoscevo minimante l’autore prima che venisse trattato a scuola, e di primo impatto (per tantissimi motivo che non mi spiego appieno) il suo lavoro non mi diceva molto. Da figlio illegittimo di mamma Cinema, devo dire che sicuramente il fatto che ciò che mi abbia fatto innamorare di Salgado sia proprio una forma di cinema (la più “cinematografica forse, il documentario) ha sicuramente giocato a favore di una grande apprensione emotiva nei suoi confronti. Guardando il documentario da spettatore di primo livello, lasciandosi completamente trasportare dalla crudeltà, l’orrore e l’enorme voragine creatasi nel mio stomaco a fine visione mi ha dato l’occasione di poter vivere per poco meno di due ore un centesimo di quello che ha vissuto questo essere umano. Questo di certo ha cambiato completamente la mia visione sui suoi scatti, dove rivedo tutto quello che ho provato in quelle due ore e immediatamente mi connetto con l’urgenza, il bisogno di dire, di fare del fotografo. Oltre a questo, devo ammettere che sono
    molto sensibile all’argomento cambiamento climatico, che mi rendo conto essere solo uno dei tanti argomenti trattati da Salgado, ma che da bianco caucasico occidentale è l’unica cosa che sto davvero toccando con mano e sento come elemento preponderante nella mia vita, non avendo ancora vissuto nessuna guerra o disastro naturale sulla pelle. Detta questa necessaria introduzione, non riesco fare a meno di comparare la parte del lavoro di Salgado che ho la possibilità di sentirmi addosso in questo momento della mia vita con il lavoro che sta facendo Ultima Generazione (perché si, perché per quanto se ne possa dire se non hai vissuto un esperienza Ruanda – like è difficile andare in profondità alla questione senza soffermarsi solo sull’ “estetica” del disastro, che da bianco privilegiato si limita ad un assimilare esperienze “formative per se stessi”, unicamente ego riferite e prive di vero contenuto a parer mio). Cosa c’entra Ultima Generazione? Credo che questo gruppo di coraggiosissimi ragazzi non sia nient’altro che un piccolo “esercito” di persone come Salgado. Nel senso che sono certo che una persona come Sebastiao abbia ritrovato la fiducia persa nel mondo Occidentale grazie anche a organizzazioni come questa sparse per tutto il mondo, che hanno deciso di agire non tanto scrivendo di tutto su tutti o parlando ad una schiera di manichini in un parlamento ormai vuoto, ma agendo nel vero senso della parola, proprio come Salgado. Viaggiando, rischiando la vita, rischiando la sicurezza e la calda coperta che è L’Occidente per poter mostrare che esiste speranza, che esiste un modo, che bisogna ancora credere (altrimenti perché vivere col pilota automatico?). Con due forme di comunicazione completamente diverse, Ultima Generazione e Salgado ci stanno mostrando che persone come me e te possono fare qualcosa per riconnettersi con un umanità persa da tempo immemore, per poter sbocciare insieme in una nuova Genesi del pianeta Terra, ormai stanco quanto noi di noi stessi.

    Oltre a tutto questo, mi piacerebbe soffermarmi per un attimo sulla potenza del Bianco & Nero e riflettere su quanto siano vere le parole dell’articolo e di Salgado stesso, cioè quanto all’interno dell’apparente assenza di colore si celi in realtà l’anima delle cose così come sono, che permette di colpire molto più a fondo della visione a colori del mondo. Cosi come il medio formato (per quanto riguarda la composizione quadrata innaturale per l’occhio umano) , l’innaturalezza di vedere il mondo desaturato permette davvero di concentrarsi un attimo prima sui bordi delle cose, che spesso vengono sfumati da tanti colori diversi, facendoci accorgere che tutto ha un profilo ben definito, una fine anzi. In un secondo momento si entra in contatto completo con ciò che si guarda, costretti dal fatto che non lo si vedrà mai nella vita reale in quello stato di assenza cromatica, e quindi costretti a cogliere il momento e aggrapparsi alla vera emozione che trasuda l’immagine, senza farsi distrarre da altro. Il B&N è una meravigliosa trappola che permette di fare da specchio alle sfaccettature dell’anima delle cose, che troppo spesso viene nascosta sotto il background noise della vita che viviamo tutti i giorni.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   27 Aprile 2023 at 23:14

      Ottimo intervento. Molta testa e tanto cuore.

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  17. Veronica Mantovani   29 Aprile 2023 at 10:45

    Premetto di non aver mai visto le fotografie di Salgado dal vivo, e quindi il mio commento (al momento) sarà limitato al confronto di quanto letto con l’immagine digitale delle sue fotografie. Trovarsi di fronte a tali opere deve essere una sensazione alienatoria, come un viaggio nel cosmo tutto.
    Noi siamo parte della Natura e in essa ci si può vedere il cosmo: nella sezione aurea, nel ruolo dei funghi per l’ecosistema, così come nei petali di un fiore. È senza limiti e lo sguardo di Salgado è riuscito a regalarci un viaggio su questo pianeta e all’interno di noi, essendo una cosa sola.
    Il dolore e la bellezza che ha provato possono dimostrare la connessione.

    Lo scatto di Salgado è puro e penetrante, sublime e utopico. La luce tagliente e il contrasto indelebile, fa suscitare una sensazione totale in noi. Ammirando lo scatto, si percepisce il vento, la calma, l’umidità e più stimoli per i nostri sensi. Guardandole è come se percepissi la fotografia ben oltre alla sua visione. L’occhio umano vi si perde e così la sua mente.
    Ti connette con la realtà, è una “lezione di umanità”.

    La visione dei ritratti è destabilizzante, è impregnata di ambiente-cosmo, conferisce una forma al legame con la natura. Connessione che ormai in Occidente ricordiamo appena.
    Le fotografie sono un messaggio di speranza, sono un segnale molto chiaro per dimostrarci che non bisogna cercare chissà dove e tanto meno che non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno: imparare dalla natura e dalla sua bellezza, lasciarsi trasportare, e tenere a mente che in essa ci siamo anche noi, minuscole creature che crediamo di essere padroni di tutto.

    Con la scala di grigi regola la gamma delle emozioni. La loro unione, fusione, la loro divisione, suscitano un fluire di sensazioni.
    Guardare le fotografie di Salgado è un ritrovarsi ma anche un abbandonarsi, una forza per credere in qualcosa o perlomeno di provarci. Lasciare le redini delle convinzioni postmoderne per cercare una riconnessione con la natura: la nostra origine e la nostra fine.

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  18. Elia Mazzavillani   29 Aprile 2023 at 18:08

    Il progetto Genesi di Sebastião Salgado è senza dubbio uno dei suoi lavori più importanti e influenti. Questo progetto fotografico è stato realizzato tra il 2004 e il 2011, in cui Salgado ha viaggiato in molti luoghi remoti del mondo, visitando luoghi incontaminati e inaccessibili, al fine di documentare la bellezza naturale e la diversità della vita selvaggia, nonché la cultura e la vita delle persone che vi abitano.

    Ciò che rende il progetto Genesi così importante è la sua intensità e la sua bellezza visiva. Le immagini di Salgado sono sorprendenti, sia per la loro qualità tecnica che per la loro capacità di catturare l’essenza stessa del mondo naturale. La sua abilità nel giocare con la luce e l’ombra, le tonalità di grigio e il contrasto, rende le sue fotografie uniche e immediatamente riconoscibili. Inoltre, la sua capacità di cogliere l’umanità delle persone che incontra è altrettanto impressionante. Le sue foto delle tribù indigene, dei pastori nomadi e dei pescatori costieri rivelano la dignità e la complessità delle culture umane che spesso vengono dimenticate.

    Il progetto Genesi non si limita a documentare la bellezza della natura, ma racconta anche la sua fragilità e la necessità di preservarla. Salgado ha mostrato le conseguenze negative dell’attività umana sul nostro pianeta, come la deforestazione, l’inquinamento e il cambiamento climatico. In questo modo, Genesi è anche un invito alla responsabilità e all’azione, alla necessità di proteggere e conservare il nostro ambiente naturale.

    Un’altra caratteristica distintiva di Genesi è la sua portata globale. Salgado ha viaggiato in tutti i continenti del mondo, documentando luoghi remoti e spesso poco conosciuti. Ciò ha permesso di mettere in evidenza la diversità culturale e geografica del nostro pianeta, mostrando come la natura e l’umanità si esprimano in modo diverso a seconda del luogo e del contesto. In questo modo, Genesi ci ricorda la nostra connessione universale con la natura e tra di noi, indipendentemente dalle differenze culturali o geografiche.

    Inoltre, il progetto Genesi ha un grande impatto sociale. Le immagini di Salgado sono state esposte in tutto il mondo, suscitando l’ammirazione e il rispetto del pubblico e della comunità artistica. Il suo lavoro ha ispirato molte persone a prendersi cura del nostro pianeta e ad agire in modo responsabile nei confronti dell’ambiente. Inoltre, Genesi ha contribuito ad aumentare la consapevolezza sulla necessità di proteggere le culture indigene e le comunità rurali, spesso trascurate o dimenticate.

    In conclusione, il progetto Genesi di Sebastião Salgado è una straordinaria rappresentazione della bellezza e della fragilità del nostro pianeta e della diversità culturale dell’umanità.

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  19. Conigli Aurora LABA   30 Aprile 2023 at 10:46

    Trovo gli scatti di Sebastiao Salgado di una potenza fuori da ogni cosa; ha uno sguardo fotografico che riesce a portare lo spettatore in un mondo fatto di pura realtà, ma una realtà che fa rabbrividire.
    Egli è in grado di testimoniare tutto ciò che si cela dietro al concetto etico della violenza, dell’odio, della crudeltà, della sofferenza e del tragico che l’essere umano si trova ad affrontare davanti alle guerre, ai conflitti etnici e alle crisi economiche e ecologiche, di cui lui stesso è la principale causa.
    Ho trovato interessante il documentario “Il sale della terra” poiché ha trattato in modo dettagliato tutta la sua vita e i suoi lavori ed ha approfondito tutte le caratteristiche che si celano dietro agli scatti e a quanto tempo ci dedicasse.
    Salgado ha girato il mondo, ma con occhi diversi, mesi e mesi, ha visto cose immaginabili e le ha portate come testimonianza, una testimonianza spaventosamente bella.
    Nel testo viene esposta la tematica della depressione e del pessimismo che si è celato in lui davanti a fatti realmente brutali; mi chiedo difatti come sia possibile per l’essere umano immortalare tali momenti e riuscire a renderli di grande fascino e di una bellezza unica a chi li guarda.
    La percezione dei suoi lavori di reportage suscitano all’occhio umano un grande interesse non solo dei fatti ma della loro composizione fotografica, primi piani che lasciano davvero a bocca aperta, paesaggi unici, sguardi degli individui che penetrano dentro e che ti lasciano qualcosa, ma quel qualcosa che non riesci a captare ma che ti colpisce al cuore, quel qualcosa che rimane impresso, quel qualcosa che ha talmente tanta bellezza che rimane impresso, nella mente, quella mente che vuole conoscere, sapere e ammirare ancora, ancora e ancora.
    L’uomo è affascinato dal realismo, vuole cogliere più informazioni possibili, e non c’è modo migliore che nei suoi scatti.
    Tutto inizia dagli occhi, occhi che sfogliano le sue fotografie, meravigliati, e che le riescono a portare dentro all’anima, dove lì esse spezzano qualcosa, spezzano quel sapere che abbiamo di quelle civiltà ma che non ne abbiamo mai avuto il modo di captarle se non con le parole.
    Sono reportage che servono, servono a noi oggi, perché solo da quell’archivio di informazioni si può arrivare a un sapere collettivo, un sapere fatto di puri fatti, fatti che colpiscono.
    Penso che una delle caratteristiche da lui utilizzate, d’altronde come tantissimi fotografi, per rendere l’efferatezza meraviglia, sia l’uso del bianco e nero, poiché si intravede questa tecnica fotografica come quel qualcosa in più, come se lo spettatore fosse in grado di captare i colori in automatico, ma senza dargli quella importanza principale, egli testimonia difatti di voler dare omaggio alla natura con questo suo utilizzo della scala di grigi.
    Mario Giacomelli è stato anche lui un fotografo amante del bianco e nero, perché lascia quel qualcosa in più, quella curiosità di esaminare meglio le fotografie, fotografie che portano il realismo, detto magico, che a me a colori perderebbe di importanza e di incanto.
    La principale caratteristica del nero è difatti quello di suscitare curiosità, e penso che senza curiosità il realismo non potrà mai arrivare all’essere umano, l’avvicinamento di tale colore con l’innocenza del bianco rende tutto perfetto all’occhio; lascia quell’impronta indelebile in noi, difficile da cancellare.

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  20. Chiara Benamati Fotografia 1   3 Maggio 2023 at 13:08

    Sebastiao Salgado un giovane ragazzo nato in Brasile , che ha imparato a fotografare da autodidatta ha deciso di seguire la passione per la fotografia che lo porterà ad essere conosciuto e considerato come uno dei grandi fotografi umanisti del XX e XXI , ed è stato più volte candidato per il premio World Press Photo.
    Ho preso visione di un documentario su Salgado “Il Sale della Terra” , in cui il fotografo racconta in prima persona ciò che ha vissuto durante tutti i suoi viaggi in Africa.
    Partiamo col dire che Salgado da giovane è partito per l’Africa insieme a sua moglie Leila per lui un punto fisso nella sua vita ed è stata la sua salvezza una volta tornato dal viaggio, lei lo accompagnerà per i primi viaggi , poi però dovette abbandonare l’idea poichè incinta e quindi Salgado per gli ultimi suoi viaggi fu costretto a partire da solo.
    Durante la visione del documentario , ho potuto notare con quanta crudeltà, violenza , odio , cattiveria c’è nell’essere umano, mi ha lasciato un buco nello stomaco, vedere quelle immagini così crude che raccontano la vita e la morte delle persone,è stato devastante , le sue foto colpiscono nell’anima e Salgado sottolinea durante il racconto che l’umano è un mostro, e ha ragione. Mi ha colpito maggiormente dei suoi report il viaggio in Ruanda, vedere le persone sul ciglio della strada pronti a morire perchè non ne potevano più di scappare accompagnata dalla sofferenza nei loro volti è disarmante.
    Questo viaggio vissuto , ha portato in Salgado depressione e pessimismo tanto da voler abbandonare per sempre il mondo fotografico poiché in molti credevano che le sue foto di reportage per quando distruggenti fossero , risulterebbero troppo belle , visto che lo scopo di Salgado non era dare spettacolo ma prendere visione di quello che accadeva nel Sud Africa, allora considerò questa opzione , ma una volta tornato grazie alla moglie riuscì a trovare la voglia di scattare.
    Salgado durante la sua infanzia viveva in un paese in cui affianco c’era una foresta gigantesca ma che era stato sdisboscata da lì il terreno era diventato arido e secco ,ma la moglie ebbe un’idea geniale che può essere considerato quasi un miracolo , decise di piantare degli alberi ad oggi sono a 4 milioni per ricreare e ricostruire quel paesaggio bellissimo naturale distrutto, da qui nasce il suo progetto Genesi; un progetto GIGANTESCO durato 8 anni raccolto in 32 reportage dove viene raccontata la bellezza naturale della terra , ha fotografato paesaggi , alberi , animali , si è sentito parente di una tartaruga, perchè quelle rughe che aveva sul corpo raccontava una vita, o anche la zampa di un’iguana in cui gli sembrava una mano di un soldato medioevale, ha raccontato anche di un evento straordinario; durante uno dei suoi tanti viaggi adesso non ricordo il luogo preciso comunque diceva essere stanco perché aveva camminato molto allora si era steso con gli occhi chiusi per riposarsi un po’, dopo poco si è sentito toccare la gamba allora aprì gli occhi e si ritrovò 2 leoni marini , e disse ce lì in mezzo si sentiva anche lui un leone marino.
    Prima di concludere parlerei del forte utilizzo del bianco e nero caratteristica principale dei suoi scatti ,per i suoi reportage Salgado ha sempre usato il bianco e nero perchè dice che “Per me il bianco e nero è un’astrazione, è un modo di concentrarmi, di non distogliere la mia attenzione da quello che è il vero oggetto del mio interesse”. In effetti iò bianco e nero crea delle sfumature di grigi molto interessanti rendendo tutto omogeneo , e il nero come contorno per delineare, in modo da far concrentare gli occhi su quel tipo di persone soggetto ecc… .
    Concludo questo commento dicendo che Salgado ha visto nel bianco e nero quello che a colori non sarebbe riuscito a vedere .

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  21. Luca Mastrovincenzo   3 Maggio 2023 at 20:01

    Salgado è un uomo che attraverso la fotografia ha viaggiato, documentato e vissuto luoghi e culture di tutto il mondo. Probabilmente uno dei migliori fotografi del nostro tempo, grazie ad una trasparenza e verità che riesce a trasmettere nei suoi scatti. L’esperienza degli orrori, che l’uomo può causare, provati in Ruanda ed in Monzambico sono stati un punto importantissimo della vita del fotografo. Infatti come riportato nel documentario a lui dedicato, Il sale della terra, Salgado ha scelto come ultimo progetto fotografico, uno che potesse trasmettere speranza e amore nei confronti del nostro pianeta e quindi anche a lui.
    Dalle parole di Salgado ho ritrovato l’idea della natura come totalità, che ritroviamo nel pensiero di Spinoza; il senso secondo cui l’uomo e la natura siano un tutt’uno.
    Genesi è un progetto ambizioso, nel quale il fotografo decide di scoprire ed immortalare aree incontaminate, nelle quali la natura ne fa da protagonista.
    Leggendo il titolo del documentario, il sale della terra, pensavo che avesse indicasse, in modo implicito, l’aridità che porta l’uomo ovunque esso passi; solo attraverso una rilettura della vita e delle opere di Salgado, sono riuscito ad intendere il messaggio evangelico legato all’amore nei confronti della terra.

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  22. Nicolò Andreani   4 Maggio 2023 at 11:01

    Sebastiao Salgado non ha bisogno a parer mio di presentazioni, conoscevo già la sua figura di fotografo, celebre per saper cogliere nei paesaggi, nei ritratti ed in generale nella fotografia delle vibrazioni, quelle che rieccheggiano nella noosta scatola cranica.
    Ammiro il suo lavoro legato ad una ricerca estetica, o per meglio dire visiva, ciò che viene catturato dalla sua macchinetta fotografica ha sempre uno spirito ed una certa carica emotiva, da rimarcare il suo approdo su di un concetto diametralmente opposta a quella da lui trattata fino a prima della collezione fotografica “genesi”
    Dobbiamo tutti riconoscere anche l’immensa caratura di questo fotografo, attualmente un personaggio di forte rilevanza politica e sociale, ad oggi una sua visione è capace di condizionare un intero mercato, una sua parola potrebbe romperne un altro, potrebbe risollevare polveroni ambientali, a patto che lui stesso lo voglia, potrebbe essere una risorsa macroscopica nel combattimento generale contro il surriscaldamento mondiale, sfruttamento dei lavoratori, della vita umana e molto altre argomentazioni ancora.

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  23. Giulia Gallo LABA   4 Maggio 2023 at 19:58

    Prima della lettura di questo articolo e della visione del documentario di Wim Wenders “Il sale della terra” non conoscevo Salgado e posso dire con certezza che è stata una scoperta che definirei necessaria. Il progetto Genesi, così come i reportage precedenti, dovrebbe essere d’esempio per tutti, indipendentemente dalla propria predilezione verso il mondo della fotografia. Salgado offre infatti attraverso i suoi scatti una visione sul mondo nuova, trasmettendo con la delicatezza del bianco e nero la gravità e l’urgenza di certe situazioni sempre più attuali che interessano diverse parti del pianeta e generando così lo stimolo nell’osservatore ad agire, ad intervenire attivamente per cambiare le cose.
    Ritengo particolarmente significativo il concetto di “doppio legame psicologico” introdotto nella prima parte dell’articolo e riferito ai reportage che definirei più difficili, ne sono un esempio “la mano dell’uomo” e “Kuwait: un deserto in fiamme”. Se da una parte Salgado sente quasi la responsabilità di fotografare scene che vedono protagonista la distruzione che l’uomo ha causato, per dare in un certo senso una ragione a tutto quel dolore, dall’altra si chiede se immortalando tanta sofferenza non vada a spettacolarizzare la scena diventando complice di quest’orrore. Forse proprio a causa dell’influenza della società in cui sono nata e cresciuta, che ci mostra da una posizione privilegiata la sofferenza che ogni giorno affligge alcune zone del pianeta, il concetto di “doppio legame psicologico” è stato il primo pensiero che mi è affiorato alla mente dopo aver visto il documentario. Oggi esiste un termine per descrivere l’eccessiva strumentalizzazione da parte dei media della sofferenza, attraverso una narrazione fin troppo empatica che ha come fine ultimo quello di persuadere e di creare engagement nel pubblico: “pornografia del dolore”. Ecco, penso non ci sia termine più lontano dal descrivere gli scatti di Salgado. Quello che fa il fotografo non è spettacolizzare il dolore impacchettandolo e distribuendolo come prodotto da consumare, è al contrario rendersi strumento, attraverso i suoi reportage, di diffusione di consapevolezza. Salgado interviene attivamente nel disperato tentativo di cambiare le cose, e lo fa immortalando scene di vita strazianti, crudeli e violente con una delicatezza inaspettata, mettendoci davanti ad una realtà dei fatti che ci colpisce come un pugno allo stomaco.
    È sicuramente l’utilizzo del bianco e nero una delle ragioni per cui gli scatti risultano così potenti e riconoscibili, la scelta di non impiegare il colore consente di indirizzare l’attenzione all’anima della fotografia evitando distrazioni, che si parli di persone o di natura. Così come i reportage a cui il fotografo dedica la sua intera vita, anche il progetto Genesi viene realizzato utilizzando la tecnica del bianco e nero, scelta che potrebbe apparire singolare considerato il soggetto, ma che risulta essere fondamentale nell’atto di immortalare la bellezza della natura e di restituirla all’osservatore. Ritengo inoltre che questo progetto non solo rappresenti un’ancora di salvezza per il fotografo che per troppo tempo si è reso testimone di sofferenze inimmaginabili, ma anche e soprattutto una seconda possibilità per l’uomo (nel suo rapporto con la natura e i suoi simili) per rimediare al male commesso e per diffondere la speranza di un cambiamento ancora possibile.

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  24. Filippo Maiani   5 Maggio 2023 at 10:32

    L’articolo parla del fotografo brasiliano Sebastiao Salgado e del suo progetto “Genesi”, una raccolta di 32 reportage nei luoghi meno accessibili del pianeta alla ricerca delle immagini dei luoghi che potessero evocare le origini dell’uomo. Il progetto è stato concepito da Salgado come un modo per recuperare la sua forza interiore e ritrovare la serenità dopo aver documentato le conseguenze della violenza dell’uomo e lo sfruttamento della natura. Ho trovato l’articolo molto interessante e apprezzo il lavoro di Salgado. La sua fotografia è molto potente e ha il potere di trasmettere emozioni intense. È ammirevole che abbia cercato di trovare una soluzione alla sua crisi interiore attraverso la creazione di un progetto ambizioso come “Genesi”. In un mondo in cui l’umanità sembra aver dimenticato il suo legame con la natura, questo progetto è un potente richiamo alla necessità di preservare il nostro pianeta per le generazioni future. Ho apprezzato anche la riflessione sul dilemma del fotografo/testimone che risponde alla violenza delle crudeltà della vita con la violenza dell’atto fotografico. È una questione delicata che richiede una grande sensibilità da parte del fotografo per trovare un equilibrio tra la testimonianza e il rispetto della dignità umana. Ritengo che il lavoro di Salgado sia importante non solo per la sua valenza estetica, ma soprattutto per il messaggio che trasmette. La sua fotografia ci invita a riflettere sulla necessità di una nuova alleanza tra uomo e natura e ci ricorda che abbiamo la responsabilità di proteggere il nostro pianeta per le generazioni future.

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  25. Francesca Saccone LABA   6 Maggio 2023 at 15:36

    Da enciclopedia Treccani: “Genesi”, dal latino “nascere” , con riferimento a un’opera d’arte, le vie e i modi attraverso i quali la sua prima concezione si è venuta concretando nella mente dell’artista e creazione del mondo , come narrato nel 1° libro della Bibbia intitolato appunto “Genesi”. La concezione evoluzionistica che S.S. ha nei confronti del mondo si discosta completamente dalla sfera religiosa; si sofferma piuttosto sulla diversificazione della specie di cui noi tutti facciamo parte.
    È proprio di vera e propria opera d’arte che si parla , una raccolta di immagini straordinarie, capaci di suscitare sentimenti puri e in netto contrasto fra loro.
    Gli anni ‘90 furono molto complicati per il fotografo: di ritorno dal Ruanda , segnato dagli orrori e dalla sofferenza che documentò e toccò con mano, Salgado aveva perso totalmente fiducia nei confronti del genere umano. Nello stesso periodo, il padre, allora residente in Brasile nell’originaria tenuta di famiglia, lo contattò con la volontà di cedergli la gestione del terreno e del bestiame; si trovò di fronte alle conseguenze del disboscamento selvaggio tipico di quegli anni: i fiabeschi corsi d’acqua e la florida foresta pluviale che ricordava da bambino avevano ridotto l’intera area in una rude landa desolata.
    Con l’obiettivo di ripopolare l’area a loro vicina, i coniugi Salgado fondarono l’organizzazione “istituto Terra”, riuscendo a risollevare in parte alcune problematiche ambientali.
    Spinto dalla volontà di omaggiare la natura, diffondere immagini di ambienti incontaminati e sensibilizzare il più possibile le nuove generazioni, nel 2004 scelse di avviare il progetto “Genesi”, raccolta di 32 reportage suddivisi in 8 anni che mostrano i paesaggi mozzafiato rimasti allo stato primordiale e popolazioni che ancora oggi conducono una vita del tutto isolata dalla società.

    La fotografia naturalistica appariva del tutto nuova agli occhi di Salgado, abituato a documentare per la maggior parte della sua carriera ritratti intimi e crudi. Salgado stesso definisce il suo operato un “ode visiva naturale”, che porta con se la volontà di riconnettere l’uomo e la natura sullo stesso livello: solo in questo modo si potrà avere qualche effetto positivo.

    La scelta del bianco e nero rimase una costante anche per Genesi: come per i precedenti ritratti da lui realizzati, anche in questo caso permane la volontà di mantenere l’attenzione sul soggetto stesso, senza il rischio di farsi distrarre dalla cromatura.
    Il documentario “Il sale della Terra” mi ha davvero affascinata, il primo pensiero che ho avuto è stato proprio : perché la scelta del bianco e nero? Con la miriade di colori che caratterizzano i soggetti e i villaggi dei reportage… solamente procedendo con la visione mi sono accorta di come la mia attenzione fosse totalmente orientata allo sguardo delle persone, alle loro espressioni; è come se in qualche modo si riuscisse a filtrare il contorno e lo sfondo, per entrare in contatto diretto con l’anima dell’essere umano.

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  26. Caterina fotografia   7 Maggio 2023 at 13:15

    Sebastiāo Salgado, rappresenta uno dei fotografi più influenti degli ultimi decenni grazie alla sua tenacia, sensibilità e capacità di immedesimarsi nell’ambiente che lo ospita per essere fotografato. Diventato celebre per le fotografie di reportage, che rispecchiano a pieno il metodo fotografico di quest’ultimo. Il suo reportage consisteva nell’immergersi nel popolo ,conoscere le persone, vivere quei climi così diversi dalla sua quotidianità. Ha passato sei anni a girare fra popolazioni indigene di tutto il modo, portando con sé un pezzo della loro storia ed assimilando i loro dolori. È andato incontro a disastri, genocidi, malnutrizioni, malattie infettive, morte, morti ovunque ,corpi che per via del numero smisurato venivano accarastati. Come scena è così lontana da quella da cui era partito, un bimbo ad occhi aperti in una bara piena di fiori in Sud America. Come la Burke disse dopo essere entrata nei campi di concentramento”la macchina fotografica agisce da protezione”, uno schermo verso gli orrori inumani a cui si assiste. Questo schermo, per quanto forte, nel caso di Salgado non è stato sufficiente. La speranza nel genere umano dopo tutto l’orrore vissuto lo sovrastava. Ad avergli salvato la vita è un progetto ideato dalla moglie e collaboratrice, “ripiantare la foresta atlantica brasiliana” , partendo dalla proprietà del padre del fotografo. Partiti da un seme fino a diventare una riserva che ospita 2 milioni e mezzo di alberi oltre che una flora e fauna in ristabilizzazione , hanno ridato speranza a Sebastiāo. Una speranza che si traduce nel suo caso nella ricerca di questa bellezza nella terra ,delle zone inesplorate, dalle zone vergini dall’impatto dell’uomo, capaci di trasmettere la pace della creazione. È proprio questo che fece con Genesi, spese otto anni esplorando l’inesplorato e documentandolo ,sempre seguendo la classicità della sua fotografia, la delicatezza onipresente in essa da cui è possibile ricavare il senso di cui parlavano i “romantici” il sublime , il sentimento che l’uomo prova davanti alla sovrastante bellezza della natura che ci lascia inermi. Una bellezza catturata in bianco e nero per catturarne un anima, silenziando le tante informazioni dei colori per concentrare tutto sull’essenziale, stessa tecnica usata con i suoi reportage negli anni precedenti. Spettacolari si e diretti, fini ed umanitari.

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  27. Nicole Milani   8 Maggio 2023 at 23:55

    Sebastiao Salgado prima di essere un eccellente fotografo è un uomo dotato di una spiccata sensibilità ed empatia.
    Abituato fin da piccolo a viaggiare prima per motivi di studio poi lavorativi unì le sue passioni: la fotografia e il viaggio, l’esplorazione e la scoperta di nuovi mondi.
    Fu grazie a sua moglie Lelia che comprò una macchina fotografica per lavoro, abbandonò la carriera da economista per ripartire da zero con la fotografia di cui si appassionò fin da subito.
    Non arrivò subito a questa decisione ma notando che durante i suoi viaggi per lavoro ciò che lo emozionava di più erano le fotografie che scattava e non le statistiche economiche, insieme a sua moglie decisero che quella era la strada giusta e con tutto ciò che avevano comprarono attrezzature costosissime.
    Sebastiao passò gran parte della vita a viaggiare, lontano dalla sua famiglia e nonostante ciò sua moglie lo supportò sempre anche nei momenti peggiori quando niente poteva salvarlo.
    Ammiro tanto questa donna e il profondo sentimento che li lega, la definizione di amore.
    Egli si dedica al pianeta intero e a chi lo popola, gli importava molto degli esseri umani.
    Gran parte dei suoi viaggi ebbero come destinazione l’Africa, continente che lo ospitò da economista e per gli anni successivi.
    Migrazioni, carestie, guerre, fame, malattie, disuguaglianze sociali questi furono i temi più cari a Sebastiao in quegli anni.
    Voleva rendere tutti partecipi del dolore che stavano vivendo queste persone e che stava vivendo anche lui.
    “Gli uomini sono animali feroci” sostiene infatti, ma io trovo che gli animali siano di gran lunga superiori agli esseri umani e che non sarebbero minimamente in grado di generare talmente tanto odio verso i propri simili.
    Le foto che realizza sono talmente tanto vere e crude che scaturiscono rabbia, sdegno, rammarico in chi le guarda.
    Grazie alla ricerca dell’ inquadratura perfetta, l’utilizzo del bianco e nero che risaltano le emozioni e la sofferenza di queste persone ci si può quasi trasportare all’interno insieme a loro; ed è proprio quello che faceva anche lui entrando talmente tanto in connessione con i soggetti e addirittura con gli animali da comportarsi come i leoni marini rotolando per sentirsi parte del branco e fotografarli.
    La foto che più mi ha colpito ritrae un uomo chino sul corpo della donna defunta che sta lavando e dietro la tenda del campo vi è un’ombra che grazie alla prospettiva sembra l’anima della donna defunta.
    Quello che è certo è che Sebastiao riesce a creare con naturalezza composizioni che sembrano artificiali e penso sia questo il vero dono di un fotografo.
    Accecato da tutto questo dolore si riprende soltanto grazie a Lelia che decide di ripiantare la foresta nella fazenda del padre Salgado per ricostruire i luoghi di infanzia.
    Nasce quindi Genesi, un progetto per omaggiare i luoghi ancora rimasti come il giorno della genesi, ancora privi dell’odio umano.
    Per il figlio, Sebastiao era come un supereroe, che viaggiava per il mondo e tornava a casa ogni tanto e lo penso anche io.
    Dovrebbero esserci più uomini come lui che tengono alla salvaguardia del nostro pianeta e degli animali che lo popolano, all’attenzione delle persone che soffrono e necessitano di aiuti invece che generare soltanto odio.

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  28. Federico Francia   9 Maggio 2023 at 18:08

    Sebastiao Salgado è un gigante dell’arte fotografica. Tutti gli appassionati di fotografia possono riconoscere tranquillamente le sue opere. Un autore che privilegia le stampe di grande formato, che esaltano gli scatti in bianco e nero e spesso i forti contrasti fra i chiari e gli scuri.
    Non è la prima volta che sento parlare del progetto Genesi. Alla fine del 2016, avevo 13 anni, ho avuto modo di visitare la mostra dedicata a questo lavoro, realizzata ai Musei San Domenico di Forlì. Definirei questo progetto “un’indagine” per scoprire le bellezze meno celebri della natura, nei luoghi più remoti del mondo. Non per altro, ma l’etimologia della parola Genesi (dal greco “ghenesis”) significa proprio origine. Penso che la scelta del titolo da parte di Salgado non sia assolutamente casuale. Nella mia ricerca a riguardo, mi sono imbattuto in alcune affermazioni della moglie, sua collaboratrice, ove si afferma che lo scopo del progetto fotografico è ricercare il mondo delle origini, come ha preso forma, come si è evoluto, prima che la vita moderna aumentasse i nostri ritmi e ci allontanasse dall’essenza della nostra natura. Per questo Salgado ha raccontato con le sue immagini le regioni più remote della Terra. Tra le immagini che tutt’ora ricordo maggiormente della mostra, vi sono quelle degli indigeni. Chiunque osservando queste immagini, si potrebbe domandare “questi come vivono?”. La risposta è vivono in completa autonomia, in luoghi remoti, in comunità solide e storiche, tali che non hanno necessità di andare oltre, di scoprire usi nuovi. Effettivamente osservandoli ci sembra che vivono con usi e consuetudini dell’antichità. È significativo l’uso o meglio dire il non uso degli indumenti. Le fotografie ci descrivono il loro modo di vivere assai diverso dal nostro, senza dubbio in simbiosi con la natura. Quindi sempre rispettosi dell’ambiente.
    Un altro tassello che vorrei trattare è l’utilizzo del bianco e nero. Da sempre riconosco il valore comunicativo del bianco e nero, ma qui per me si è andati oltre. Mi spiego meglio. Non è un bianco e nero convenzionale, è una calibrazione accurata delle varie tonalità di grigio, tali da trasmettere con ogni sfumatura una molteplicità di emozioni. Il colore sarebbe stato un elemento di distrazione, un filtro fra noi e l’essenza dell’immagine, e dalla volontà espressiva di Salgado. Ci sono tanti fotografi, di fama, tra cui annovererei Steve McCurry, che con il colore raccontano storie, ma storie mediate nel loro modo di vederle. Non sto assolutamente dicendo meno bravi, ma la celebre “Ragazza Afgana”, anche se scattata in un contesto di reportage diverso, avrebbe avuto lo stesso successo in bianco e nero? Io personalmente non lo penso. McCurry ha pensato lo scatto a colori ed il colore stesso è il mezzo di narrazione per arrivare allo spettatore.
    Salgado per ottenere un risultato del genere realizza invece immagini già pensate in bianco e nero e per questo nel loro essere, comunque sempre dirette e coinvolgenti.

    Federico Francia – Graphic Design 1

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  29. Andrea Casadei LABA   11 Maggio 2023 at 10:44

    Il progetto genesi di Sebastião Salgado è stato un progetto fotografico a lungo termine che ha documentato le regioni più remote e incontaminate del mondo. Ha viaggiato in tutti i continenti per fotografare paesaggi, animali e persone che vivono in armonia con la natura. Il progetto ha richiesto otto anni di lavoro e il risultato finale è stato un libro di fotografie di grande formato, pubblicato nel 2013. Apprezzo le fotografie di Salgado per la loro bellezza visiva, ma anche per la loro profondità emotiva e la loro capacità di raccontare una storia. Le sue immagini spesso rappresentano persone e comunità emarginate o in difficoltà, dando voce a coloro che spesso non ne hanno una; le emozioni che trasmette sono lo specchio del esistenza in bianco e nero che evidenzia il forte contrasto, creando un effetto drammatico che enfatizza l’impatto delle immagini. Personalmente, ritengo che le foto di Salgado siano un’importante testimonianza della realtà del mondo in cui viviamo, e che la sua attenzione per le persone emarginate e le comunità svantaggiate sia una testimonianza del suo impegno sociale. Tuttavia, penso anche che la bellezza estetica delle sue foto spesso tenda a nascondere la sofferenza umana e la difficoltà delle situazioni rappresentate, rischiando di limitare la comprensione delle stesse. Inoltre, le critiche sollevate riguardo alla manipolazione delle immagini di Salgado, che talvolta alterano la realtà rappresentata, pongono interrogativi sullo scopo dell’arte fotografica e sulla veridicità dell’immagine.

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  30. Serena Gaspari LABA   13 Maggio 2023 at 11:57

    Ho conosciuto Sebastiao Salgado e le sue opere tramite documentario “Il sale della terra”, in cui si esplora la sua storia, la sua vita e come si evolve la sua carriera di fotografo, analizzando soprattutto i suoi viaggi, i reportage e le fotografie delle tribù indigene che abitano varie aree del pianeta. I suoi scatti sono di una bellezza tragica, la più dignitosa rappresentazione dell’odio e della crudeltà umana, dello sfruttamento della natura e le sue risorse, della sofferenza e delle difficoltà incontro alle quali le povere vittime devono andare a causa di questo mostro assassino, un mostro che appartiene alla loro stessa specie. Una delle tante ragioni per cui ammiro Salgado ed il suo lavoro è proprio questo fatto, il fatto che siamo d’accordo su una cosa: l’uomo è un mostro.

    Salgado è stato capace di testimoniare in maniera eccellente tutti gli orrori dei conflitti e delle crisi che affliggono le popolazioni africane e non solo, specialmente durante i suoi viaggi in Ruanda, Mozambico e Sud Africa, con delle fotografie scattate con cura e caratterizzate dalla scala di grigi che sostituisce i colori. Questa tecnica è estremamente funzionale per dare priorità ai soggetti, alla loro storia ed alle emozioni che l’immagine deve suscitare nell’osservatore, una tecnica che innalza il valore dell’immagine e la potenza del suo messaggio. Per Salgado il bianco ed il nero permettono di trasmettere la giusta connotazione emotiva, quella corrispondente a ciò che si è provato nel momento esatto in cui ha scattato la fotografia, mentre i colori possono distrarre dal carico di emozioni che deve raggiungere l’osservatore per spronarlo a riflettere. I colori attirano principalmente l’attenzione degli occhi, mentre le sfumature di grigio devono conquistare l’anima.

    Inoltre, quando osserviamo una sua fotografia non percepiamo semplicemente il soggetto, paesaggio, o animale che viene immortalato nello scatto, percepiamo anche un realismo al tempo stesso meraviglioso e straziante, dal quale è possibile ottenere un sapere inconfutabile che va tramandato, specialmente se si tratta di temi come quelli di cui parla Salgado nelle sue opere e nei suoi reportage. Penso che ogni testimonianza è preziosa per riflettere su queste gravi problematiche che dobbiamo assolutamente conoscere, in modo tale da poter fare del nostro meglio per contrastarle e risolverle.

    All’interno del testo si analizza lo stato di depressione e pessimismo in cui precipita il fotografo dopo aver visto tutto quell’odio, quella violenza e disperazione in prima persona, esperienza dalla duplice valenza positiva e negativa che in ogni caso lo ha danneggiato fisicamente e psicologicamente. Ritengo infatti che Salgado sia stato immensamente coraggioso nella sua impresa di reportage e, oltre ad aver fatto un’egregia testimonianza, è stato anche molto forte, perché si è portato sulle spalle il peso di un dolore talmente grande che non molti sarebbero stati in grado di sopportare. Il progetto Genesi ha senza dubbio contribuito a confortare, se così si può dire, il fotografo che in questo modo può riaccendere la candela della speranza per tutte le forme di vita del pianeta, incluso l’uomo.

    Forse non c’entra nulla, ma in qualche modo l’impresa di Salgado mi fa pensare ai giornalisti che oggi fanno da testimoni ogni giorno del conflitto ancora in corso tra Russia e Ucraina, anche a costo della loro salute fisica, mentale, o della vita.

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  31. Alessandro Diego LABA   14 Maggio 2023 at 20:56

    Sebastião Salgado è un fotografo considerato uno dei più grandi documentaristi viventi. Ha immortalato molte parti del mondo, in particolare l’Africa, l’America Latina e l’Asia. Le sue fotografie sono note per la loro bellezza, profondità emotiva e impegno sociale e sono state utilizzate per documentare conflitti, disastri naturali e questioni ambientali.
    Il suo stile fotografico si caratterizza per l’uso del bianco e nero, per la composizione attenta e per la capacità di catturare l’essenza e l’umanità delle persone e delle situazioni che fotografa. Salgado ha sviluppato la sua tecnica fotografica lavorando con una fotocamera a medio formato e utilizzando principalmente la luce naturale. Spesso, le sue fotografie mettono in risalto le ombre e le luci per creare contrasti forti e per evidenziare particolari importanti dell’immagine. Questo, insieme al fatto che fotografa in bianco e nero, crea immagini che sono spesso forti e drammatiche.
    “Genesis” è uno dei progetti più conosciuti e ambiziosi di Sebastião Salgado. È una raccolta di fotografie che documenta la bellezza e la diversità del nostro pianeta, concentrandosi sulla natura, le culture indigene e le popolazioni che vivono ancora in armonia con essa. Salgado ha iniziato il progetto nel 2004, dopo aver passato diversi anni a documentare situazioni di conflitto e di sofferenza umana. Sentendo la necessità di documentare anche la bellezza e la diversità del mondo naturale, ha deciso di dedicare la sua attenzione a questo progetto.
    Il fotografo brasiliano ha viaggiato in tutto il mondo, visitando luoghi remoti e incontaminati come l’Antartide, le foreste pluviali del Brasile e dell’Indonesia, il deserto del Sahara e le montagne dell’Himalaya. Ha anche raccolto immagini circa le culture indigene e popoli che vivono in armonia con l’ambiente naturale, come i nomadi della Mongolia e le tribù dell’Amazzonia.
    La sua più grande forza è sicuramente, in ogni suo progetto, quella di immortalare la dignità e l’umanità delle persone che fotografa, sia che si tratti di lavoratori nelle miniere o di comunità indigene nelle foreste pluviali. Le sue fotografie riescono a trasmettere un senso di profondità e di intimità con i soggetti illustrati e spesso riescono a raccontare storie importanti attraverso gli occhi delle persone ritratte.

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  32. Giulia Vernocchi   15 Maggio 2023 at 23:15

    Non conoscevo Salgado, non ne avevo mai sentito parlare ma sono rimasta affascinata, colpita e incuriosita. Dall’articolo ho potuto capire che le sue opere in particolare il suo progetto “Genesis”, sono una testimonianza straordinaria dell’impegno e della sensibilità umana dietro l’obiettivo della fotocamera. Salgado è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi fotografi contemporanei, e il suo lavoro va oltre la mera documentazione visiva. “Genesis” rappresenta un’impresa monumentale e una pietra miliare nella carriera di Salgado. Attraverso questo progetto, l’artista si è dedicato a catturare e preservare la bellezza e la diversità della natura e delle culture che ancora resistono agli effetti distruttivi dell’industrializzazione e della globalizzazione. Le fotografie di “Genesis” sono profondamente suggestive e coinvolgenti. Ogni immagine trasmette un senso di meraviglia, rispetto e connessione con il mondo naturale. Salgado ha impiegato molti anni di ricerca, viaggi e interazioni con le comunità indigene per realizzare questo lavoro. Il suo approccio paziente e rispettoso verso le persone e l’ambiente si riflette in ogni fotografia che ho potuto vedere, consentendoci di entrare in contatto con luoghi remoti e culture ancestrali.Ciò che rende il progetto “Genesis” così potente per me è la sua capacità di affrontare temi universali come l’interconnessione della vita, la fragilità degli ecosistemi, l’importanza della conservazione e l’impatto dell’umanità sulla natura. Le immagini di Salgado ci spingono a riflettere sul nostro rapporto con il pianeta e ad interrogarci sulla sostenibilità delle nostre azioni.

    Inoltre, le fotografie di Salgado sono caratterizzate da una straordinaria bellezza estetica. L’uso sapiente della luce, dei contrasti e delle composizioni trasmette un senso di grandiosità e intimità allo stesso tempo. Ogni dettaglio è curato con maestria, catturando l’essenza di paesaggi incontaminati e di culture antiche. Attraverso la sua fotografia, l’artista si impegna a portare avanti un messaggio di conservazione ambientale e di rispetto per le culture tradizionali. Le sue immagini sono una testimonianza potente della necessità di proteggere e preservare la diversità biologica e culturale del nostro pianeta.

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  33. Manuel LABA   18 Maggio 2023 at 13:39

    Come scritto nell’articolo la serie di emozioni, sentimenti e situazioni viste da Salgado durante i suoi viaggi che lo hanno trasportato dal fotografare il dolore e la sofferenza fino al fotografare l’immensità e la bellezza della natura aiutano a capire quanto Salgado sia legato al pianeta ed alla tranquillità in cui un tempo si viveva, come le tribù che fotografava.
    Questa critica sociale molto attuale vuole riportarci a dei valori che con il tempo abbiamo man mano perso, questo legame con la natura che viene considerata come un nostro compagno di vita sul nostro pianeta e per questo bisogna salvaguardarla il più possibile, ammirevoli anche tutte le campagne appunto da lui intraprese.
    Questa visione della natura è molto in contrasto con la società frenetica e consumista attuale, anche se pian piano ci si sta muovendo sempre di più nella direzione della salvaguardia dell’ambiente.

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  34. Giacomo Casadio LABA   24 Maggio 2023 at 10:37

    Sebastião Salgado è un fotografo di grande influenza degli ultimi decenni, grazie alla sua perseveranza, sensibilità e capacità di immergersi nell’ambiente che fotografa. È diventato famoso per i suoi reportage fotografici, che riflettono appieno il suo approccio alla fotografia. Salgado si immerge nel mondo delle persone, conosce le loro storie e vive in climi molto diversi dalla sua quotidianità. Ha trascorso sei anni viaggiando tra popolazioni indigene di tutto il mondo, portando con sé una parte della loro storia e assorbendo le loro sofferenze. Si è trovato di fronte a disastri, genocidi, malnutrizione, malattie infettive e morte, corpi che venivano accumulati a causa del loro numero smisurato. Una scena lontana da quella con cui era partito, un bambino con gli occhi aperti in una bara piena di fiori in Sud America. Come affermò la Burke dopo essere entrata nei campi di concentramento, “la macchina fotografica agisce come una protezione”, uno schermo di fronte agli orrori disumani che si osservano. Ma questo schermo, per quanto forte, nel caso di Salgado non è stato sufficiente. Nonostante tutto l’orrore che ha vissuto, la speranza nell’umanità lo ha sopraffatto. È stato un progetto ideato dalla sua moglie e collaboratrice a salvarlo, “ripiantare la foresta atlantica brasiliana”, partendo dalla proprietà del padre del fotografo. Hanno iniziato con un seme e ora hanno creato una riserva che ospita oltre 2,5 milioni di alberi, insieme a una flora e fauna in ripristino, ridando speranza a Sebastião. Questa speranza si traduce per lui nella ricerca di bellezza nella terra, in luoghi inesplorati, vergini dall’impatto dell’uomo, capaci di trasmettere la pace della creazione. È esattamente ciò che ha fatto con il progetto “Genesi”, dedicando otto anni all’esplorazione dell’inesplorato e documentandolo, seguendo sempre lo stile classico della sua fotografia, caratterizzato da una delicata presenza che permette di percepire il senso di cui parlavano i romantici: il sublime, il sentimento che gli esseri umani provano di fronte alla sopraffacente bellezza della natura che ci lascia inermi. Questa bellezza è catturata in bianco e nero per catturare l’anima, silenziando le molte informazioni dei colori per concentrarsi sull’essenziale, la stessa tecnica utilizzata nei suoi reportage degli anni precedenti. Spettacolari e diretti, fini ed umanitari.

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  35. Riccardo Bianchi   26 Maggio 2023 at 16:28

    La nostra esperienza di fronte a tali opere dovrebbe evocare una sensazione di estraneità, come un’immersione nello spazio. Essendo parte della Natura, possiamo riconoscere il cosmo in essa: nella sezione aurea, nel ruolo dei funghi nell’ecosistema e persino nei petali di un fiore. Non ci sono limiti e l’obiettivo di Salgado è stato quello di condurci in un viaggio attraverso questo pianeta e dentro di noi, rivelando l’unità fondamentale. I sentimenti di dolore e bellezza che ha sperimentato testimoniano la nostra connessione.
    La fotografia di Salgado è pura e penetrante, sublime e utopica. La luce nitida e il contrasto indelebile evocano una reazione totale in noi. Guardando la sua opera, percepiamo il vento, la calma, l’umidità e una moltitudine di stimoli sensoriali. Osservarle significa percepire la fotografia oltre la sua semplice visione. L’occhio umano si perde in essa, così come la mente. Questo tipo di fotografia ci connette con la realtà, è una “lezione di umanità”.
    I ritratti presentano una visione sconvolgente, intrisi di un’atmosfera cosmica che dà un’essenza tangibile al nostro legame con la natura. Questo è un legame che, nell’Occidente attuale, tendiamo a dimenticare. Le fotografie sono un inno di speranza, un richiamo incisivo a non cercare altrove e a non dover dimostrare niente, perché la risposta è già dentro di noi. Dobbiamo imparare dalla bellezza della natura, lasciarci trasportare e ricordare che siamo parte di essa, piccole creature che credono di essere padroni di tutto.
    Attraverso la scala di grigi, Salgado regola la gamma delle emozioni. La loro unione, fusione e divisione scatenano un flusso di sensazioni. Guardare le fotografie di Salgado significa ritrovarsi e allo stesso tempo abbandonarsi, è una forza che ci spinge a credere in qualcosa o almeno a provarci. Dobbiamo lasciare andare le convinzioni postmoderne e cercare una riconnessione con la natura, la nostra origine e la nostra fine.

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  36. Giulia Marrapodi Laba   27 Maggio 2023 at 17:37

    Premetto che ho avuto la possibilità di osservare da vicino gli scatti di Sebastião Salgado nella mostra fotografica ad Ancona, e ne sono rimasta affascinata.
    Sono appassionata alla fotografia, secondo me ogni scatto è un’opportunità per esprimere la propria creatività, per esplorare nuovi punti di vista e per comunicare con gli altri. Si può trovare la magia in un paesaggio mozzafiato, nei volti delle persone, nelle piccole cose quotidiane che spesso passano inosservate. La passione per la fotografia porta a sviluppare una maggiore consapevolezza dell’ambiente circostante e a cogliere gli istanti fugaci che altrimenti potrebbero sfuggire.
    Le immagini di Sebastião Salgado trasmettono un forte messaggio umanitario e ambientale. Salgado è noto per i suoi progetti fotografici che documentano le condizioni di vita delle persone emarginate, le lotte sociali e le conseguenze dell’industrializzazione e dello sfruttamento delle risorse naturali.
    Le sue fotografie spesso ritraggono la povertà estrema, il lavoro pesante e le difficoltà che molte comunità devono affrontare in diverse parti del mondo. Salgado cerca di portare l’attenzione sulla sofferenza umana, denunciando le ingiustizie sociali e i problemi socio-economici che affliggono molte persone.
    Inoltre, le immagini di Salgado rappresentano anche una riflessione sull’ambiente e sul nostro rapporto con la natura. Molti dei suoi progetti si concentrano sulla distruzione degli ecosistemi, la deforestazione, l’inquinamento e gli effetti del cambiamento climatico. Attraverso le sue fotografie, Salgado cerca di sensibilizzare il pubblico sull’importanza di preservare l’ambiente e di promuovere una coesistenza sostenibile tra l’uomo e la natura.
    Le sue immagini sono spesso potenti, commoventi e ricche di dettagli, catturando l’essenza delle persone e dei luoghi che fotografa. Nel complesso, il messaggio che emerge dalle fotografie di Salgado è quello di porre attenzione sulla condizione umana, l’uguaglianza, la giustizia sociale e la salvaguardia dell’ambiente.
    Sono d’accordo sulla scelta del bianco e nero. Senza la distrazione dei colori, l’attenzione viene spostata sulle forme e sui contrasti tonali. Il bianco e nero permette di creare immagini più intime e suggestive, e secondo me riesce a coinvolgere di più lo spettatore, perché porta esso a costruirsi la fotografia cosi come la vede, in questo modo avremo migliaia di versioni di quella stessa fotografia.

    Giulia Marrapodi Laba

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  37. Giulia Marrapodi Laba   27 Maggio 2023 at 17:38

    Premetto che ho avuto la possibilità di osservare da vicino gli scatti di Sebastião Salgado nella mostra fotografica ad Ancona, e ne sono rimasta affascinata.
    Sono appassionata alla fotografia, secondo me ogni scatto è un’opportunità per esprimere la propria creatività, per esplorare nuovi punti di vista e per comunicare con gli altri. Si può trovare la magia in un paesaggio mozzafiato, nei volti delle persone, nelle piccole cose quotidiane che spesso passano inosservate. La passione per la fotografia porta a sviluppare una maggiore consapevolezza dell’ambiente circostante e a cogliere gli istanti fugaci che altrimenti potrebbero sfuggire.
    Le immagini di Sebastião Salgado trasmettono un forte messaggio umanitario e ambientale. Salgado è noto per i suoi progetti fotografici che documentano le condizioni di vita delle persone emarginate, le lotte sociali e le conseguenze dell’industrializzazione e dello sfruttamento delle risorse naturali.
    Le sue fotografie spesso ritraggono la povertà estrema, il lavoro pesante e le difficoltà che molte comunità devono affrontare in diverse parti del mondo. Salgado cerca di portare l’attenzione sulla sofferenza umana, denunciando le ingiustizie sociali e i problemi socio-economici che affliggono molte persone.
    Inoltre, le immagini di Salgado rappresentano anche una riflessione sull’ambiente e sul nostro rapporto con la natura. Molti dei suoi progetti si concentrano sulla distruzione degli ecosistemi, la deforestazione, l’inquinamento e gli effetti del cambiamento climatico. Attraverso le sue fotografie, Salgado cerca di sensibilizzare il pubblico sull’importanza di preservare l’ambiente e di promuovere una coesistenza sostenibile tra l’uomo e la natura.
    Le sue immagini sono spesso potenti, commoventi e ricche di dettagli, catturando l’essenza delle persone e dei luoghi che fotografa. Nel complesso, il messaggio che emerge dalle fotografie di Salgado è quello di porre attenzione sulla condizione umana, l’uguaglianza, la giustizia sociale e la salvaguardia dell’ambiente.
    Sono d’accordo sulla scelta del bianco e nero. Senza la distrazione dei colori, l’attenzione viene spostata sulle forme e sui contrasti tonali. Il bianco e nero permette di creare immagini più intime e suggestive, e secondo me riesce a coinvolgere di più lo spettatore, perché porta esso a costruirsi la fotografia cosi come la vede, in questo modo avremo migliaia di versioni di quella stessa fotografia.

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  38. Laura Malpezzi LABA   31 Maggio 2023 at 12:59

    Salgado come fotografo si propone di riportare la cruda verità del mondo. Quando il fotografo gira per il mondo si ripropone di catturare istanti di tragica quotidianità nei paesi ancora devastati dalle guerre, carestie e alta povertà. Ma le sue foto, a testimonianza di queste facce quasi sconosciute del mondo, portano dignità alle persone che si trovano in questa situazione e rendono tutti noi invece, che viviamo nell’agio, più sensibili e vicini alla causa di chi soffre. Durante la sua vita i suoi soggetti preferiti furono le persone, probabilmente per la loro profondità e la possibilità di esprimere qualsivoglia emozione. Ma più tardi decise di dedicarsi anche al paesaggio scoprendosi attratto da grandezze e calamità naturali che esemplificano la potenza della natura, che possiede un modo diverso di esprimere emozioni rispetto agli esseri umani. Il cambio di prospettiva e di soggetti è stato utile a Salgado per capire che in realtà umanità e natura sono e saranno sempre estremamente collegati. Gli uomini sono il sistema della terra e la terra alimenta gli uomini, non si può vivere l’uno senza l’altro, una piccola scoperta dentro di sé che lo portò al successo con le sue innumerevoli mostre fotografiche in cui era possibile cogliere la forza e allo stesso tempo la sensibilità della natura e degli uomini.

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  39. Tania Sirotti (cinema 2)   1 Giugno 2023 at 08:45

    Che dire di Salgado?
    Sono andata a documentarmi su internet per riuscire a comprendere meglio questo artista perché le sue foto mi hanno incuriosita davvero tantissimo.
    Il suo modo di rappresentare la natura e l’uomo mi ha emozionata, la sua attenzione e cura verso la società, soprattutto quelle più disagiate o meno fortunate mi ha colpito al cuore.
    L’odio, la violenza, l’orrore che il fotografo ha vissuto in prima persona per poter catturare questi scatti l’ha cambiato per sempre, sia moralmente che fisicamente.
    Per questo motivo, dopo alcuni anni di attività iniziò a domandarsi se fosse giusto fotografare questi orrori, mettendo a conoscenza tutti di queste atrocità. Non è che facendo così lo trasformo in spettacolo? Non è che le persone possano prenderlo come un “ora lo faccio anche io”? Ma d’altra parte, se non metto a conoscenza le persone di ciò che succede intorno a loro non riusciranno mai a capire che purtroppo, non si è tutti fortunati allo stesso modo. E come dargli torto? Anche io se fossi nei suoi panni quasi sicuramente mi sarei posta le stesse identiche domande.
    Ma quindi? Come è riuscito ad uscire da questo suo stato di depressione e a “rinascere”?
    La risposta è “Genesis” un progetto che portò avanti per ben 8 anni, durante il quale viaggiò tantissimo e visitò luoghi magnifici dove la natura ne fa padrona. (Amazzonia, Congo, Indonesia, Nuova Guinea, Antartide, Alaska ecc…).
    Tramite questa raccolta di fotografie che sono più o meno 200, riuscì a sottolineare la necessità di salvaguardare il nostro pianeta, la natura, gli animali cambiando il nostro stile di vita, avendo più rispetto e comprendendo che senza di loro, noi non esisteremmo.
    Le fotografie sono tutte in bianco e nero, perché? Perché secondo Salgado i colori della natura, essendo così presenti e vivaci, potrebbero andare a coprire le emozioni che la fotografia e di conseguenza il fotografo volevano fare trasparire.
    Il bianco e nero ha consentito a Salgado di concentrare l’attenzione sulla natura soggetta delle sue fotografie , conferendo ad essa rispetto, importanza e dignità.
    Sebastiao Salgado è stato ed è ancora un fotografo di cuore, umano, empatico e sensibile sia verso la natura che verso il genere umano, per questo, attraverso le sue fotografie ha sempre cercato di trasmettere delle emozioni, ciò che in quel momento lui aveva provato e nella sua ultima raccolta ha cercato di trovare un modo per comunicare agli esseri umani di avere rispetto per la natura e di tutto ciò che li circonda.
    Per questo motivo apprese un viaggio alle origini del mondo per preservare il suo e il nostro futuro.

    “Nelle fotografie a colori c’è già tutto. Una foto in bianco e nero invece è come un’illustrazione parziale della realtà. Chi la guarda, deve ricostruirla attraverso la propria memoria che è sempre a colori, assimilandola a poco a poco. C’è quindi un’interazione molto forte tra l’immagine e chi la guarda. La foto in bianco e nero può essere interiorizzata molto di più di una foto a colori, che è un prodotto praticamente finito.”

    -Sebastião Salgado-

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  40. Emanuela Petrillo LABA   1 Giugno 2023 at 10:43

    Salgado è uno dei fotografi contemporanei più importanti. Grazie ai suoi reportage socio – politici ha attirato l’attenzione della massa verso tematiche importanti, quali i diritti dei lavoratori, la povertà, le condizioni di vita nei paesi sottosviluppati.

    Personalmente ritengo che le fotografie di Salgado abbiano riscosso così tanto successo, e soprattutto siano riuscite nel loro intento di sensibilizzazione per una serie di motivi.
    In primo luogo la formazione del fotografo. Salgado si è formato presso l’università di economia in Brasile, e ritengo che quest’ultima lo abbia sensibilizzato a livello personale riguardo problematiche socio-economiche dei Paesi da lui fotografati, rendendolo capace di inquadrare (sia letteralmente che simbolicamente) nelle fotografie la dignità di queste persone.
    In secondo luogo un ruolo importante nelle fotografie di Salgado è giocato dal bianco e nero, ossia dalla mancanza di colori nelle sue foto. Salgado giustifica l’assenza di cromie sostenendo che in questo modo egli sente di poter rappresentare in uno scatto ciò che lui ha provato al momento dell’esecuzione, e che inoltre in questo modo sia in grado di restituire la dignità ai soggetti rappresentati, mettendo in primo piano la loro essenza prima dei colori, che fungerebbero unicamente da elemento di distrazione. Personalmente mi trovo d’accordo, ma credo che la fotografia di Salgado colpisca anche per un’altra ragione. Privando le scene del loro colore naturale crea un ingaggio percettivo tale da fare in modo che gli osservatori entrino maggiormente in contatto con la scena rappresentata, i colori sarebbero solamente una pellicola sull’emozione che traspare e la coprirebbero in parte. Invece in questo modo Salgado pone al cospetto della nostra percezione delle immagini che non fanno parte degli schemi a priori della nostra mente, in quanto siamo abituati a colori forti e vivaci, creando un ingaggio percettivo di fondamentale importanza che opera sia verso una presa di coscienza della tematica ma anche del ricordo di quest’ultima.

    Salgado si è sentito più volte combattuto dalla diatriba: sensibilizzazione o spettacolarizzazione? Personalmente ritengo che le fotografie di Salgado trasudino di un elemento propositivo: la restituzione della dignità. Egli attraverso le sue fotografie vuole restituire alle persone rappresentate una dignità, meta comunicando un messaggio di speranza. Di conseguenza ritengo che Salgado ,attraverso le sue opere, non compia una spettacolarizzazione del dolore, bensì operi in favore di una presa di coscienza.

    Ad un certo punto Salgado deciderà di abbandonare i soggetti rappresentati abitudinariamente, a causa delle sensazioni che la visione di scene disumane hanno provocato in lui. Riuscirà a ritrovare la serenità restituendo vita ad una foresta di proprietà della famiglia. In questo modo ritroverà la passione per la fotografia, individuando un nuovo soggetto: la natura. Questo mutamento ha suscitato non poche critiche, nonostante ciò il suo lavoro si è rivelato assolutamente florido e rigoglioso. A parer mio è stata proprio la formazione, sia come economista ma anche come fotografo di reportage che ha reso il progetto Genesi così grande.
    In questo progetto egli si propone di riscoprire gli spazi incontaminati della natura, e consequenzialmente di indagare le origini dell’uomo e il rapporto che sussiste oggigiorno con quest’ultima. Anche in questo caso le fotografie vengono scattate in bianco e nero, restituendo alla natura non solo la dignità che gli spetta, ma anche la sua forza e intensità che possiede nei confronti dell’umanità.

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  41. Sofia Pilli   1 Giugno 2023 at 15:59

    Il lavoro di Salgado si può ridurre a tre idee chiave: il bianco e nero, l’umanità, la primordialità.
    Sceglie il bianco e nero per caricare di emotività ogni posa, ogni ombra, ogni contrasto, di modo che l’occhio non cada sul colore più acceso ma sullo sguardo più intenso o sul bagliore dei raggi del sole che si riflettono sulla superficie dell’acqua. C’è quasi qualcosa di politico nel suo gesto: ogni creatura è dello stesso colore, e l’impressione che resta negli occhi di chi ne vede le opere non è tanto l’enorme diversità che caratterizza il nostro pianeta, ma l’omogeneità che ci rende tutti simili, pieni di linfa vitale, fratelli, figli della natura, madre e matrigna allo stesso tempo.
    L’umanità che emerge dagli scatti di Salgado è un’umanità muta, sospesa nel tempo. Veniamo catturati dagli occhi di individui della nostra stessa specie che non possiamo fare a meno di immaginare diversi, lontanissimi da noi, e ci ritroviamo costretti a renderci conto delle nostre somiglianze. Vediamo corpi puri, modellati dal tempo, dalla vita, e non toccati dal pudore a cui siamo stati abituati. Ma nei suoi scatti precedenti vediamo anche un’umanità ferita che pochi hanno il coraggio di notare: è impossibile non creare un collegamento tra il dolore provato da Salgado in quanto semplice spettatore del male e il suo bisogno di ritrarre invece un mondo buono, selvaggio sì, ma giusto ed equilibrato.
    La primordialità che Salgado ricerca in questo progetto è proprio, come abbiamo già detto, un ritorno alle origini. Non distante dall’ideale del fanciullino pascoliano, per il quale siamo chiamati a guardare il mondo con occhi da bambini, Salgado cerca proprio di rinfrescare questo nostro sguardo con fotografie tutt’altro che barocche, immagini immediate, dirette, che ci riportino coi piedi per terra e che ci permettano di ritrovare il nostro centro: meno uomini e più animali.

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  42. Letizia Mazzetti   3 Giugno 2023 at 11:07

    Sebastião Salgado nasce in Brasile nel 1944.
    Egli ha dedicato quasi tutta la sua vita a scattare immagini che raccontano storie umane e ambientali complesse, potenti ed emozionanti. Uno dei progetti più significativi di Salgado è “Genesi”, una grande opera fotografica che mostra la bellezza e la diversità del nostro pianeta.
    “Genesi” è un progetto complesso che nasce nel 2003 e che dura 10 anni.
    Il progetto si basa sulla documentazione delle comunità umane e le regioni selvagge ancora incontaminate.
    Il risultato finale è una collezione di immagini in bianco e nero che ritraggono la vastità e la maestosità della natura, insieme alla complessità delle culture e delle tradizioni umane che le abitano.
    Le sue fotografie trasmettono un senso di bellezza e di rispetto per il nostro pianeta, ma mostrano anche le sfide che le comunità locali affrontano a causa dell’urbanizzazione, dell’industrializzazione e dei cambiamenti climatici. Con “Genesi”, Salgado cerca di far luce sulla necessità di proteggere il nostro mondo naturale e culturale.
    Le fotografie di Salgado sono molto dettagliate e potenti, offrendo una visione intima delle persone, degli animali e dei paesaggi che incontra.
    Le immagini in bianco e nero evocano un senso di “senza tempo” e danno risalto ai dettagli, ai contrasti e alle sfumature. Ogni foto è una storia a sé, ricca di emozioni e significato.
    “Genesi” è stato esposto in tutto il mondo, con molto successo.
    Il progetto ha contribuito a sensibilizzare il pubblico sulla fragilità della Terra e sull’importanza di preservare le sue meraviglie naturali e culturali.
    Sebastião Salgado è anche un attivista per l’ambiente e i diritti umani. Attraverso la sua arte, cerca di porre l’attenzione sulle ingiustizie sociali, sulla povertà e sulle condizioni di lavoro precarie che molte persone affrontano in tutto il mondo. Il suo lavoro incarna il potere della fotografia come strumento per il cambiamento e come forma di espressione artistica che ci invita a riflettere sulla nostra responsabilità verso il pianeta che abitiamo e verso gli altri esseri umani.
    In conclusione, Salgado e il suo progetto “Genesi” rappresentano un tributo alla bellezza e alla diversità del nostro mondo.

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  43. Emma Bonvicini   4 Giugno 2023 at 17:34

    Personalmente avevo già avuto a che fare con le opere di Salgado, la lettura di questo articolo è stata particolarmente interessante in quanto ho sempre ritenuto gli scatti del fotografo di una magnificenza unica.
    Con i suoi reportage ci ha lasciato una testimonianza fondamentale di luoghi, persone e realtà che pensiamo tanto lontane da noi e a cui, forse non diamo l’importanza adeguata;
    Con i suoi scatti riesce a rendere sia la magnificenza dei luoghi visitati, che al contempo la cruda realtà di vita delle civiltà indigene, argomento complesso da trattare, ma il fotografo con la sua maestria riesce a restituire queste fotografie con un tocco delicato.
    Il progetto Genesi è sicuramente uno dei suoi lavori più rilevanti, consiste in 32 reportage fotografici realizzati nell’arco di otto anni, nei quali il fotografo ha visitato i luoghi più lontani e isolati del pianeta, viaggiando e fotografando ci ha lasciato una testimonianza di tutta la bellezza che la natura possiede e ci offre;
    le immagini di questo progetto sono profondamente coinvolgenti, solo osservandole riescono a riportarti nel luogo e con la scelta dell’utilizzo del bianco e nero risultano ancora più suggestive, in quanto l’attenzione dello spettatore rimane sul soggetto fotografato, senza distrazioni interne alla fotografia, quali potrebbero essere i colori se avesse deciso di utilizzarli;
    gli scatti della natura li definirei senza tempo, ti lasciano in uno stato di sospensione osservandole, nel quale si è profondamente catturati dalla loro bellezza, una bellezza che ritengo anche tecnica, Salgado riesce ad utilizzare la luce con estrema sapienza, la quale è elemento fondamentale in quanto crea contrasti.
    Ritengo infine che il fotografo sia riuscito a trasmetterci le emozioni che lui stesso ha provato di fronte alla maestosità della natura, dando allo spettatore l’opportunità di provare le medesime sensazioni, ammirando le sue opere.

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  44. Simona Del Giudice LABA   7 Giugno 2023 at 16:09

    Non conoscevo Salgado prima ma la serie “Genesis” rappresenta un lavoro di straordinaria bellezza e profondità. Attraverso le sue fotografie, Salgado ci porta in viaggio attraverso luoghi remoti e incontaminati, catturando la magnificenza della natura e l’essenza della vita stessa.
    Ciò che colpisce immediatamente in queste fotografie è la loro intensa qualità visiva. Salgado utilizza sapientemente la luce, le ombre e i dettagli per creare immagini che trasmettono un senso di mistero e meraviglia.
    Oltre all’aspetto estetico, le fotografie di Salgado trasmettono un potente messaggio ecologico e umanitario. Attraverso il suo lavoro, l’artista mette in luce l’importanza della conservazione e della protezione dell’ambiente naturale. Le immagini ci ricordano la fragilità e la bellezza del nostro pianeta, invitandoci a riflettere sul nostro ruolo come custodi della Terra.
    Inoltre, mostra un profondo rispetto per le culture indigene e le comunità tradizionali che ha documentato. Le sue fotografie raccontano storie di persone che vivono in armonia con la natura e preservano antiche tradizioni. Questo ci spinge a riflettere sul valore della diversità culturale e sulle ricchezze che esse possono offrire al mondo.
    Tuttavia, nonostante la straordinaria bellezza e il messaggio potente delle fotografie di Salgado, alcuni critici sollevano interrogativi sull’etica dell’approccio documentaristico dell’artista. Alcuni sostengono che le immagini possano essere romantiche eccessivamente idealizzate, presentando una visione idilliaca della natura e delle culture indigene. Ciò solleva la questione della rappresentazione accurata e dell’impatto della narrazione visiva sulla percezione della realtà. Le sue fotografie ci trasportano in luoghi lontani e ci invitano a riflettere sulla bellezza e la fragilità del nostro pianeta. Tuttavia, è importante mantenere una prospettiva critica e considerare il ruolo dell’artista nella rappresentazione accurata e nel dibattito sulla conservazione ambientale e la diversità culturale. Le fotografie di Salgado rimangono un potente richiamo all’importanza di proteggere e preservare il nostro mondo naturale.

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  45. tom   8 Giugno 2023 at 10:16

    Il testo parla di Sebastião Salgado e della sua fotografia “Genesi”. L’autore descrive il suo incontro con gli orrori e la sofferenza delle persone lo ha portato alla depressione e al pessimismo.
    Ma Salgado ha trovato serenità grazie al progetto “Genesi” è stato composto da 32 racconti che si sono svolti in luoghi remoti e incontaminati del pianeta, cercando di trovare immagini che rappresentassero la bellezza della natura e le origini dell’uomo.

    Le sue fotografie in bianco e nero mostrano la diversità delle specie e la bellezza delle tribù indigene, sottolineando l’armonia tra l’uomo e l’ambiente, una connessione che spesso manca nella società occidentale.
    L’autore riflette sul significato delle immagini di Salgado, suggerendo che trasmettano un messaggio di rispetto per l’ambiente e conoscenza delle tribù rappresentate nel progetto. Le foto di Salgado cercano di restituire la bellezza del mondo naturale senza semplificare i colori e utilizzando la gamma di grigi per enfatizzare l’intensità delle persone e delle cose ritratte.

    Infine, il testo invita a riflettere sul nostro ruolo nella società contemporanea e a riscoprire la bellezza e l’armonia della natura per ripristinare la nostra relazione con la Terra. L’autore sottolinea che non è necessario tornare indietro nel tempo, ma piuttosto coltivare un profondo rispetto e amore per la natura, come per le persone e gli animali, per poter fotografare e vivere in armonia con il mondo.

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  46. Giorgia Poletti   8 Giugno 2023 at 10:38

    Sebastiao Salgado, nato in Brasile nel 1944, è un uomo dotato di una forte sensibilità ed empatia, lo dimostra il suo progetto fotografico ambizioso, divenuto una pietra miliare della fotografia contemporanea, ”Genesi”. Una raccolta di reportage in diversi luoghi del mondo per documentare la bellezza ancestrale del nostro pianeta. Ritengo molto interessante la scelta che il fotografo ha compiuto nel cambiare il soggetto dei suoi scatti, dall’uomo alla natura, intesa come la Terra in uno stato privo di contaminazione da parte dell’uomo, per narrare della Genesi della Terra. Una scelta che in molti non hanno condiviso, amici e parenti hanno provato a dissuadere Salgado, che aveva costituito la sua fama con reportage dediti al sociale, a ritrarre l’estrema povertà del Sud del mondo. Ciononostante, egli non si è lasciato influenzare, intraprendendo una svolta drastica nella sua carriera. La visione del film “Il Sale della Terra” è stata, a mio avviso, illuminante, tramite il taglio intimo sulla vita di Salgado ho potuto comprendere la sua prospettiva riguardo al suo mondo fotografico interiore, alle motivazioni dei suoi scatti e anche i soggetti, in alcuni casi violenti e cruenti. Nel documentario, il regista è stato in grado di dare il giusto peso alle immagini, lasciando lo spettatore meravigliarsi dell’esecuzione delle fotografie e, al contempo, essere scosso dall’intensità di esse.
    Nutro molto rispetto e ammirazione nei confronti di Salgado, egli ha voluto incentrare la sua fotografia su un messaggio di sensibilizzazione riguardo a problemi che erano ignorati, a ricordarci della bellezza della natura che ci circonda. Il fotografo, come ho precedentemente affermato, possiede una grande empatia, lo dimostra il fatto che interroga se stresso riguardo alla sua colpevolezza degli orrori a cui assistiva, in quanto fotografando temeva di porter essere complice dello scempio. Credo che l’arte della fotografia possa essere un mezzo che può essere usato anche come un tramite di conoscenza e divulgazione; fino a che non si documenta, parla e descrive una condizione non si può sperare che essa cambi, bisogna, innanzitutto, rendere consapevole la società e solo in seguito si può fare qualcosa a riguardo.
    Una particolarità dello scatto di Salgado che lo rende unico è l’utilizzo dei colori, in particolare trovo interessante come egli usufruisca del bianco e nero, con neri così profondi ed intensi da evocare l’abisso e la profondità e dei bianchi ben equilibrati. La ricchezza delle sue immagini è stata una fonte di critica ma io penso che rappresenti un pregio, infatti ottenere degli scatti che evidenziano l’ideale di perfezione compositivo non può che essere positivo.

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  47. Marianna Pati   8 Giugno 2023 at 12:15

    Se Pablo Picasso non avesse dipinto il Guernica avremmo percepito allo stesso modo la Guerra Civile Spagnola? Ebbene, l’arte è un mezzo talmente potente da essere stato impiegato anche come strumento di denuncia sociale. “La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico”- Pablo Picasso
    Allo stesso modo, come Picasso, il fotografo Sebastiao Salgado ha immortalato con i suoi scatti in bianco e nero tutti gli orrori avvenuti durante il genocidio in Ruanda del 1994, caratterizzato da tensioni etniche e politiche profonde tra gli Hutu, l’etnia maggioritaria, e i Tutsi, l’etnia minoritaria. Tale esperienza, ha giocato un ruolo fondamentale nella vita dell’artista, che viene paragonata quasi ad una discesa verso l’inferno. In questi sette anni in Ruanda infatti, fotografa la morte, la sofferenza, la malattia e la violenza vissuta in prima persona.
    Tale progetto fotografico fa parte di una più ampia collezione da lui realizzata che prende in esame le migrazioni. Il soggetto di ogni sua fotografia sono gli “ultimi” le popolazioni perseguitate (i Tutsi), in fuga dalle guerre, ma anche le popolazioni costrette ad emigrare a causa della trasformazione economica che tutti i paesi del sud stavano subendo. Alla fine di tale percorso, era malato e totalmente avvilito dal comportamento umano. Aveva bisogno di fuggire perché, come una spugna, aveva assorbito tutte le mostruosità che gli erano passate davanti agli occhi.
    Decise di ritirarsi in Brasile, luogo in cui era cresciuto; decise anche di ritirarsi dalla fotografia, convinto di non voler più proseguire quel percorso. In questi anni si occupò della terra nel terreno dei suoi genitori, e si accorse coltivandola che la terra era distrutta, sterile. Allora ebbe l’idea di ripiantare la flora della zona e, vedendo la vegetazione riappropriarsi del territorio, si riaccese di nuovo in lui la scintilla per la fotografia.
    Gli ultimi anni della sua vita li passò in Amazzonia, a contatto con gli indigeni e con la natura incontaminata. Diede così vita al progetto “Genesis”, un progetto che denota anche la rinascita spirituale dell’autore. Salgado, dopo lo smarrimento e le atrocità vissute in Ruanda finalmente riesce a ritrovare anche sé stesso grazie anche all’aiuto degli indigeni, che lui sostiene siano la forma primordiale del nostro essere, prima dell’industrializzazione e della nostra “involuzione”. Egli ci racconta che paradiso esiste sulla terra, ed è l’Amazzonia, il problema è che questo paradiso immenso è un luogo fragilissimo. Sono tanti infatti quelli che, ad oggi, sono i nemici effettivi dell’Amazonia: basti pensare al Presidente Brasiliano Bolsonaro poiché, da quando è salito in carica nel 2019, si registrano aumenti di deforestazione del 75,6 per cento, allarmi per gli incendi forestali cresciuti del 24 per cento e le emissioni di gas serra del Paese sudamericano  aumentate del 9,5 per cento. Lo rivela il rapporto “Dangerous man, dangerous deals”, pubblicato il 24 Gennaio 2022 da Greenpeace, nel quale si evidenziano i crescenti impatti negativi causati dal sistematico smantellamento della protezione dell’ambiente e dei diritti umani da parte del governo Bolsonaro negli ultimi tre anni.
    Tuttavia, i veri colpevoli di questa terribile distruzione, siamo noi consumatori che, da 40 anni a questa parte, abbiamo comprato senza farci domande i prodotti che vengono da laggiù.
    Insomma, ho veramente amato questo autore dalle opere alla sua biografia… Le cose che più ho apprezzato del suo portfolio sono che ogni argomento comunica bene con l’altro, fino a creare un’unico grande macro-tema; vi sono numerosi spunti di riflessione e vi è un’indiscussa maestria nel ritrarre ogni soggetto dei suoi scatti. Inoltre, credo che la storia di Salgado sia una storia avvincente, fatta di passione, delusioni, dubbi e incertezze ma alla fine vi è sempre una rinascita.
    Salgado, dopo aver immortalato al mondo migrazioni, carestie, gironi di lavoro infernale, i danni della globalizzazione, ha deciso di farci vedere quanto sia bella e straordinaria la terra per mandare il messaggio più forte: Questo è ciò che abbiamo e che dobbiamo tenerci stretto. Se penso ad un progetto che vuole salvare l’Amazonia, immagino un progetto che parta dalla denuncia, invece Salgado ha fatto propria la lezione di Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo”.

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  48. Giona   8 Giugno 2023 at 19:12

    Adoro le fotografie di Salgado, le ho sempre amate dalla prima volta che le vidi. Mi fanno entrare nel suo sguardo, e mi mostrano le bellezze più lontane del nostro pianeta. Che mai avrei pensato di vedere.
    Lo ritengo il fotografo più importante, perché mostra a noi esseri umani come siamo, e da dove proveniamo.
    Salgado è tra i pochi ad aver assistito alle situazioni peggiori, ed alle disgrazie più senza senso di questo pianeta, ma è anche colui che ci ha mostrato il meglio del pianeta, e la connessione che ogni essere umano ha con esso.
    Infatti non poteva fare altro , che andare a cercare il bello del mondo , dopo tutti i disastri che ha subito ovvero: madre natura. È un uomo combattente, che sostiene questo pianeta, e si vede che ci tiene veramente agli esseri umani.
    Ho la fortuna di avere a casa il suo libro della Genesi, ho deciso di sfogliarlo tutto prima di iniziare a scrivere questo commento. Ogni volta che lo riguardo mi lascia senza parole. Averi tanto voluto molto essere lì, vedere dal vivo tutti quei magnifici ambienti che il nostro pianeta ospita.
    Mi sono sempre chiesto perché non scattasse le foto a colori, dato che ciò che fotografava era pieno di colori, poi essendo paesaggi a maggior ragione. Ma dopo aver letto questo articolo ho compreso, ed a dirla tutta ha molto più senso in bianco e nero: hanno molta più valenza visiva.

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  49. Tommaso De Guglielmo   9 Giugno 2023 at 14:03

    “Le fotografie di Salgado sono finestre aperte sulla bellezza e la complessità del nostro mondo. Con la sua sensibilità unica, Salgado cattura l’anima di luoghi e persone, trasformando momenti fugaci in immagini senza tempo. Il suo lavoro è un inno alla diversità e alla forza della natura umana.

    Nel film “Il Sale della Terra”, siamo invitati a immergerci nel viaggio emotivo e visivo di Salgado attraverso i suoi scatti epici. Ogni fotografia diventa una storia, una testimonianza di vite lontane e vicine, e ci svela la fragilità e la resilienza dell’umanità.

    Salgado ci ricorda che siamo tutti legati in un’unica trama di esistenze interconnesse. Attraverso la sua lente, le immagini acquistano una profondità e un’intensità straordinarie, e ci spingono a riflettere sul nostro impatto sul pianeta e sulla responsabilità di preservare la bellezza che ci circonda.

    Le fotografie di Salgado sono opere d’arte che risuonano nel profondo della nostra anima. Ci ricordano di guardare oltre le superfici e di abbracciare la complessità della vita. Sono un invito a esplorare, a connetterci e a prendere coscienza del nostro ruolo nel plasmare il futuro.

    Grazie a Salgado e al suo impegno senza sosta, possiamo percepire l’essenza stessa della nostra esistenza, con tutti i suoi alti e bassi, le sue gioie e le sue tristezze. Le sue fotografie sono una testimonianza di speranza e di fede nell’umanità, e ci ricordano che, nonostante le sfide che affrontiamo, la bellezza del mondo è ancora pronta ad abbracciarci.”

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  50. Dario Tosto   11 Giugno 2023 at 16:29

    Mi ricordo quando per la prima volta ho visto i lavori di Salgado, ero ad un museo e alla fine del percorso, nell’area compere e souvenir c’era un suo libro con i suoi migliori scatti. Mi colpi immediatamente il suo lavoro ritrattistico dove oltre la sua bravura tecnica e impeccabile si sente la volontà e la scelta di questi precisi volti da parte di Sebastiao, ricercando sempre qualcosa di distintivo in ogni soggetto che facesse parlare l’immagine.
    Per quanto riguarda le sue immagini ad impegno sociale (anche se forse si potrebbero considerare tutte come tali) è impressionante come sembrino dei veri e propri quadri, con un utilizzo perfetto della luce naturale e uno studio attento all’inquadratura. È molto interessante infatti il suo punto di vista sul bianco e nero, che “costringe” lo spettatore a concentrarsi sul significato dell’immagine e l’immagine stessa, senza la distrazione dei colori.
    Le immagini di guerra sono quindi spiazzanti e immersivi allo stato puro, almeno a me sembra proprio di vivere in prima persona gli orrori dell’essere umano, facendoci impersonificare nei vari soggetti. Non posso neanche immaginare quindi quello che effettivamente ha passato chi l’ha vissuto e mettendomi nei panni di Salgado, ritrovandosi li di fronte e dovendo portare a casa un immagine, è comprensibile l’esitazione e il domandarsi se è effettivamente la cosa giusta da fare. Credo però che sia proprio fondamentale riuscire a documentare stragi del genere per poi lasciare un segno anche alle generazioni future.
    In fine è molto chiaro anche come l’attaccamento e l’amore per la natura siano presenti nei suoi lavori, dove spesso svanisce il confine tra artificio e naturale, cosa che sicuramente noi occidentali non siamo più in grado di valorizzare purtroppo.

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  51. Nicolò Giorgetti LABA   11 Giugno 2023 at 20:23

    Il progetto “Genesi” di Sebastião Salgado, un’opera straordinaria che ho avuto il piacere di scoprire attraverso un documentario in classe e alcune ricerche online, mi ha catapultato in un viaggio emozionante alla scoperta delle origini dell’umanità e della bellezza senza tempo della natura. La narrazione coinvolgente della sua esperienza passata nel documentare la violenza e la sofferenza umana nei reportage precedenti, come nel libro “In cammino”, mi ha fatto comprendere l’urgenza di un cambiamento sociale e mi ha aperto gli occhi su numerose tematiche.
    Il progetto “Genesi” ha rappresentato un punto di svolta significativo per Salgado. Dopo aver testimoniato tanta sofferenza e averla documentata con grande impegno, l’artista ha sentito l’esigenza di abbracciare una prospettiva diversa. Ha avvertito il bisogno di cercare la bellezza e la speranza nei luoghi incontaminati del nostro pianeta, come una sorta di reazione e risposta alle immagini tragiche e sconvolgenti che aveva catturato in passato.
    Le immagini che Salgado ha immortalato durante le sue peregrinazioni attraverso continenti e paesaggi sono semplicemente straordinarie. Attraverso ogni mezzo di trasporto concepibile, ha attraversato fiumi, solcato deserti, scalato montagne e navigato per oceani, documentando una vasta gamma di fauna e flora che incarnano la diversità e la complessità della vita sulla Terra. Le sue fotografie sono un tributo alla potenza visiva e alla forza evocativa dell’arte fotografica.
    Uno degli aspetti che trovo più affascinanti del lavoro di Salgado è l’uso sapiente del bianco e nero. Mentre ha esplorato anche la fotografia a colori, ha scelto deliberatamente di adottare il bianco e nero per i suoi progetti più significativi. Questa scelta artistica conferisce alle sue immagini una profondità emotiva unica, mettendo in risalto dettagli e contrasti, e creando un legame tra l’osservatore e il soggetto fotografato. Il bianco e nero enfatizza le forme e le texture, permettendo alle immagini di comunicare un senso di intimità e di eternità.
    Mi ha colpito particolarmente l’attenzione di Salgado per i popoli tribali e le comunità locali, che rappresentano un connubio affascinante tra l’uomo e la natura. Attraverso le sue fotografie, ha catturato l’armonia e la simbiosi tra queste comunità e il loro ambiente circostante. Queste immagini evocano un senso di autenticità, spingono a riflettere sulla saggezza ancestrale e sulla connessione profonda che questi popoli mantengono con la terra. In un’epoca in cui il mondo occidentale sembra sempre più distante dalla natura, queste fotografie ricordano l’importanza di riconnettersi con le nostre radici e di preservare le meraviglie che ci circondano.
    Grazie al suo sguardo sensibile e all’abilità tecnica impeccabile, Salgado invita a un viaggio emozionante verso le origini, dove la natura regna sovrana e il potere dell’immagine ci spinge a prenderne coscienza e a prendere azioni concrete per proteggerla per le generazioni future.

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  52. Daniela M.   14 Giugno 2023 at 16:54

    Sebastião Salgado è considerato uno dei più grandi fotografi del XX e XXI secolo.
    Negli anni ’70 inizia ad interessarsi alla fotografia e in breve tempo diventerà un vero e proprio progetto di vita, iniziando così a fotografare i cambiamenti ambientali, economici e politici che hanno condizionando la vita dell’uomo.
    Salgado è riuscito a rappresentare le più macabri crudeltà del mondo attraverso i scatti in bianco e nero, riuscendo a trasmettere tutte le emozioni che lui provava attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica.
    Credendo fortemente nel principio di testimonianza della fotografia di reportage iniziò a viaggiare per trovare soluzioni ai problemi, principalmente del terzo mondo, e così decise di partire nel 1973 l’Africa girandola tutta.
    “Questa è la mia fotografia: rispettarli e  mostrare una storia…”, le sue fotografie non raccontavano semplicemente genere povera o disperata, ma persone, voleva raccontare la storia di queste gente senza denigrare il loro stato di vita. Salgado non scattava semplicemente per fare fotografie belle, ma scattare per lui era un vero e propio strumento per comunicare e per esprimere le sue emozioni che provava in quel momento.
    Nelle sue immagini la fame, la miseria, erano all’ordine del giorno, le immagini di queste persone pelle e ossa, fotografate senza nessuna censura, sono estremamente toccanti e coinvolgenti volendo proprio trasmettere il dolore e angosce che aveva provato in qui anni.
    La scelta di utilizzare il bianco e nero la trovo estremamente affascinante, nonostante lui realizza fotografie a colori, ma in questo contesto il bianco e nero enfatizza e rende il tutto ancora più drammatico e commovente, riuscendo cosi a far entrare le sue immagini all’interno del cuore delle persone.
    Guardando le sue immagini mi hanno scaturito proprio queste due emozioni: angoscia e dolore e da questo si può comprendere la sua decisioni di abbandonare la fotografia per un certo periodo.
    Nonostante ciò riprese poi a fotografare, ma non la misericordia che quelle persone vivevano, ma decise di cimentarsi verso tutte quelle mete che l’uomo non ha ancora toccato.
    Nel progetto “Genesi”, durato 8 anni, lui difatti raccoglie 32 reportage dove racconta le bellezza della natura, raffigurando la flora e la fauna della nostra terra, fotografie che lasciano senza fiato chiunque le osservi.

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  53. Nicolò Donati   15 Giugno 2023 at 01:25

    Salgado fu un grandissimo fotografo del secolo scorso. Uno dei motivi principali per cui sicuramente ce lo ricorderemo è probabilmente la cruda realtà piena anche di tristezza che si cela dietro i suoi scatti. Esso ha viaggiato per il mondo, essendo un amante della natura e degli umani che vengono condizionati dalle loro condizioni socio-economiche, cercando di immortalare tutto ciò che questo potesse mostrargli e che non aveva ancora visto.
    La sua opera “Genesi” raccoglie 32 reportage, il suo stile che chiama l’osservatore si può riconoscere anche dalle foto, sempre in bianco e nero ma con una profondità che le fanno sembrare più reali della realtà stessa. Alcune di queste sembrano quasi dei dipinti. In particolare quella dei pinguini con le foche in primo piano mi ha scosso molto vedendola. Salgado voleva raccontare della natura della nostra terra facendoci vedere la sua bellezza ma lasciandoci anche a bocca aperta.

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  54. Martina Sipione LABA   15 Giugno 2023 at 13:33

    “Ritorno alla Terra” rappresenta una tappa significativa nel percorso artistico e personale di Sebastião Salgado. Dopo aver affrontato esperienze traumatiche e la crisi interiore legata al suo ruolo di fotografo testimone, Salgado trova nuova linfa vitale attraverso progetti che mirano a ricostruire e a esplorare luoghi incontaminati. Questo commento evidenzia l’importanza della fotografia come strumento di denuncia e testimonianza, ma anche come veicolo per trovare la speranza e la bellezza nel mondo. Salgado dimostra come l’arte possa essere una forza rigeneratrice e un mezzo per riavvicinarsi alle radici dell’umanità. “Ritorno alla Terra” è un invito a riflettere sulle nostre azioni e a riscoprire la connessione con la natura e il nostro passato, aprendo la strada a un futuro più sostenibile e consapevole.

    Il progetto “Genesi” di Sebastião Salgado è un’opera straordinaria che va oltre il semplice documentare e fotografare. Attraverso i suoi viaggi avventurosi e il suo occhio sensibile, Salgado è riuscito a catturare la bellezza primordiale della natura e a trasmetterla al pubblico in modo potente ed emozionante.Ciò che rende le immagini di Salgado così potenti è la loro capacità di combinare una raffinatezza estetica con un significato più profondo. Ogni fotografia racconta una storia, evoca emozioni e ci invita a riflettere sul nostro ruolo nel mondo e sulla nostra responsabilità verso il pianeta.

    L’approccio di Sebastião Salgado alla fotografia in bianco e nero per il suo progetto “Genesi” è affascinante e significativo. La sua scelta di lavorare senza esitazione con il bianco e nero deriva dalla volontà di catturare l’essenza e la personalità della natura, nonché di conferire dignità alle persone e alle cose attraverso la sottile regolazione della gamma dei grigi.In definitiva, il lavoro di Sebastião Salgado ci ispira a riconnetterci con la bellezza e l’armonia del mondo che ci circonda e ci sprona a diventare attori attivi nella sua conservazione e valorizzazione.

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  55. Martina Sipione LABA   15 Giugno 2023 at 13:37

    “Ritorno alla Terra” rappresenta una tappa significativa nel percorso artistico e personale di Sebastião Salgado. Dopo aver affrontato esperienze traumatiche e la crisi interiore legata al suo ruolo di fotografo testimone, Salgado trova una nuova linfa vitale attraverso progetti che mirano a ricostruire e a esplorare luoghi incontaminati. Questo commento evidenzia l’importanza della fotografia come strumento di denuncia e testimonianza, ma anche come veicolo per trovare la speranza e la bellezza nel mondo. Salgado dimostra come l’arte possa essere una forza rigeneratrice e un mezzo per riavvicinarsi alle radici dell’umanità. “Ritorno alla Terra” è un invito a riflettere sulle nostre azioni e a riscoprire la connessione con la natura e il nostro passato, aprendo la strada a un futuro più sostenibile e consapevole.

    Il progetto “Genesi” di Sebastião Salgado è un’opera straordinaria che va oltre il semplice documentare e fotografare. Attraverso i suoi viaggi avventurosi e il suo occhio sensibile, Salgado è riuscito a catturare la bellezza primordiale della natura e a trasmetterla al pubblico in modo potente ed emozionante.Ciò che rende le immagini di Salgado così potenti è la loro capacità di combinare una raffinatezza estetica con un significato più profondo. Ogni fotografia racconta una storia, evoca emozioni e ci invita a riflettere sul nostro ruolo nel mondo e sulla nostra responsabilità verso il pianeta.

    L’approccio di Sebastião Salgado alla fotografia in bianco e nero per il suo progetto “Genesi” è affascinante e significativo. La sua scelta di lavorare senza esitazione con il bianco e nero deriva dalla volontà di catturare l’essenza e la personalità della natura, nonché di conferire dignità alle persone e alle cose attraverso la sottile regolazione della gamma dei grigi.In definitiva, il lavoro di Sebastião Salgado ci ispira a riconnetterci con la bellezza e l’armonia del mondo che ci circonda e ci sprona a diventare attori attivi nella sua conservazione e valorizzazione.

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  56. Debora Maddalena LABA   15 Giugno 2023 at 15:19

    Sebastião Salgado è un fotografo che ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della fotografia documentaristica. Ricordo ancora quando vidi per la prima volta le sue foto esposte in una mostra, che a parer mio non rendeva giustizia ad un artista di questo calibro. Il suo progetto “Genesi” rappresenta un’opera maestosa e un’autentica testimonianza del suo impegno verso la bellezza della natura e la conservazione delle culture indigene, un’impresa mastodontica a parer mio. Quando ho scoperto il lavoro di Salgado, sono stata immediatamente colpita dalla sua abilità nel catturare l’anima di luoghi remoti e poco conosciuti. Le sue fotografie trasmettono un senso di meraviglia e di connessione con la natura, oltre a evidenziare le sfide che affrontiamo nel preservare il nostro pianeta. “Genesi” è un viaggio affascinante attraverso le regioni più remote e incontaminate del mondo. Salgado ha dedicato anni di impegno e di paziente ricerca per catturare l’essenza di questi luoghi, rivelando la loro bellezza in maniera sorprendente. Le sue immagini mostrano la maestosità dei paesaggi naturali, dai ghiacciai dell’Antartide alle foreste pluviali dell’Amazzonia, dalle savane africane alle isole Galapagos. Ma ciò che rende Genesi ancora più straordinario è l’attenzione che Salgado ha dedicato alle comunità indigene che vivono in armonia con l’ambiente circostante. Le sue fotografie ci fanno immergere nelle loro vite, nelle loro tradizioni e nella loro resilienza. Ci mostrano l’importanza di preservare e valorizzare queste culture che sono profondamente legate alla terra, ma spesso minacciate dalla modernizzazione e dal progresso; spesso queste fotografi si rivelano anche molto cruente, come quelle che raffigurano persone e bambini morenti o morti di stenti e di malattie. Personalmente, le fotografie di Salgado mi hanno profondamente toccato; mi hanno ricordato l’importanza di rallentare e di contemplare la bellezza che ci circonda, ma anche di riflettere sul nostro impatto sulla natura e sulle culture che la abitano. In un’epoca in cui il nostro pianeta affronta molte sfide ambientali, le fotografie di Salgado sono un richiamo alla responsabilità che abbiamo nei confronti della Terra e delle persone che la abitano. Ci invitano a guardare oltre il nostro quotidiano e a impegnarci per un futuro sostenibile. In conclusione, Sebastião Salgado e il suo progetto “Genesi” sono una fonte inesauribile di ispirazione. Le sue fotografie ci spingono a riflettere sulla nostra connessione con la natura e sulla necessità di proteggere le culture indigene che portano con sé una saggezza millenaria. Attraverso la sua arte, Salgado ci ricorda che il nostro pianeta è un luogo prezioso, che va preservato e amato per le generazioni future. Personalmente penso sia incredibile come una persona sola riesca a mandare così tanti messaggi con delle fotografie in bianco e nero.

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  57. Siria laba   16 Giugno 2023 at 17:43

    Sebastião Salgado è un fotografo documentarista straordinario che ha dedicato la sua carriera a raccontare le storie umane e lottare per i diritti umani attraverso le sue potenti immagini. Il suo lavoro è caratterizzato da una profonda empatia per i soggetti che fotografa e da una straordinaria sensibilità nel catturare l’anima delle persone. Le sue fotografie sono vere opere d’arte, in grado di trasmettere un senso di impegno sociale e di denuncia delle ingiustizie. Salgado ha viaggiato per il mondo, documentando temi come la povertà, la migrazione, la guerra e l’ambiente con una prospettiva onesta.
    Le sue immagini sono profondamente commoventi e, ci spingono a riflettere sulla condizione umana.
    Le sue fotografie prediligono il bianco e nero che é un elemento distintivo del suo stile artistico.
    La sua fotografia “Genesi” rappresenta la sua abilità nel catturare la bellezza e la complessità del mondo naturale.
    É un’immagine potente e iconica che sintetizza il lavoro di Salgado nel corso degli anni, la composizione è stupefacente, con una luce sublime che illumina la scena e mette in risalto la grandiosità della natura.
    Ciò che mi colpisce di più in questa foto è la sua capacità di comunicare un senso di connessione profonda con la terra. Riesce a trasmettere un senso di meraviglia e di rispetto per la bellezza della natura, ma anche a farci riflettere sulla fragilità e sulla necessità di preservare questi luoghi.
    Salgado è un fotografo di grande ispirazione, che ci ricorda il potere delle immagini nel cambiare il modo in cui percepiamo il mondo.

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  58. Nicolò Giorgetti LABA   17 Giugno 2023 at 16:51

    Il progetto “Genesi” di Sebastião Salgado, un’opera straordinaria che ho avuto il piacere di scoprire attraverso un documentario in classe e alcune ricerche online, mi ha proiettato in un viaggio emozionante alla scoperta delle origini dell’umanità e della bellezza senza tempo della natura. La narrazione coinvolgente della sua esperienza passata nel documentare la violenza e la sofferenza umana nei reportage precedenti, come nel libro “In cammino”, mi ha fatto comprendere l’urgenza di un cambiamento sociale e mi ha aperto gli occhi su numerose tematiche.
    Il progetto “Genesi” ha rappresentato un punto di svolta significativo per Salgado. Dopo aver testimoniato tanta sofferenza e averla documentata con grande impegno, l’artista ha sentito l’esigenza di abbracciare una prospettiva diversa. Ha avvertito il bisogno di cercare la bellezza e la speranza nei luoghi incontaminati del nostro pianeta, come una sorta di reazione e risposta alle immagini tragiche e sconvolgenti che aveva catturato in passato.
    Le immagini che Salgado ha immortalato durante le sue peregrinazioni attraverso continenti e paesaggi sono semplicemente straordinarie. Attraverso ogni mezzo di trasporto concepibile, ha attraversato fiumi, solcato deserti, scalato montagne e navigato per oceani, documentando una vasta gamma di fauna e flora che incarnano la diversità e la complessità della vita sulla Terra. Le sue fotografie sono un tributo alla potenza visiva e alla forza evocativa dell’arte fotografica.
    Uno degli aspetti che trovo più affascinanti del lavoro di Salgado è l’uso sapiente del bianco e nero. Mentre ha esplorato anche la fotografia a colori, ha scelto deliberatamente di adottare il bianco e nero per i suoi progetti più significativi. Questa scelta artistica conferisce alle sue immagini una profondità emotiva unica, mettendo in risalto dettagli e contrasti, e creando un legame tra l’osservatore e il soggetto fotografato. Il bianco e nero enfatizza le forme e le texture, permettendo alle immagini di comunicare un senso di intimità e di eternità.
    Mi ha colpito particolarmente l’attenzione di Salgado per i popoli tribali e le comunità locali, che rappresentano un connubio affascinante tra l’uomo e la natura. Attraverso le sue fotografie, ha catturato l’armonia e la simbiosi tra queste comunità e il loro ambiente circostante. Queste immagini evocano un senso di autenticità, spingono a riflettere sulla saggezza ancestrale e sulla connessione profonda che questi popoli mantengono con la terra. In un’epoca in cui il mondo occidentale sembra sempre più distante dalla natura, queste fotografie ricordano l’importanza di riconnettersi con le nostre radici e di preservare le meraviglie che ci circondano.
    Grazie al suo sguardo sensibile e all’abilità tecnica impeccabile, Salgado invita a un viaggio emozionante verso le origini, dove la natura regna sovrana e il potere dell’immagine ci spinge a prenderne coscienza e a prendere azioni concrete per proteggerla per le generazioni future.

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  59. Rita Ghidoni   17 Giugno 2023 at 18:14

    Il racconto foto-antropologico del grande fotografo brasiliano, a tre anni di distanza dalla sua presentazione al pubblico di tutto il mondo, rimane una delle testimonianze più efficaci per diffondere l’urgenza di una nuova alleanza tra uomo e natura. Intitolato “Ritorno alla Terra”, questo straordinario lavoro fotografico rappresenta un punto di svolta nella carriera di Salgado, ma per comprenderne appieno le ragioni, è necessario fare un passo indietro e considerare le conseguenze sul corpo e sulla mente dell’autore dei suoi precedenti reportage.

    L’esperienza diretta dell’odio, della violenza, della sofferenza e dell’orrore, soprattutto durante le sue missioni in Mozambico e Ruanda, hanno avuto un profondo impatto su Salgado, debilitandolo sia fisicamente che psicologicamente. La crudeltà umana, spesso insensata e senza limiti, sia verso i propri simili che verso la natura, ha lasciato in lui un’eredità di depressione e pessimismo.

    Nel libro “In cammino” pubblicato nel 2000, Salgado ha documentato la distruzione di interi ecosistemi, paesaggi rovinati in modo irreparabile, alberi abbattuti e economie agricole abbandonate. Le sue fotografie hanno testimoniato i drammi dell’esodo di masse enormi di individui, famiglie e intere comunità, legati alle guerre, ai conflitti etnici, alle crisi economiche e alle emergenze ecologiche. Queste immagini hanno restituito dignità agli ultimi, ma hanno scosso le certezze interiori del fotografo, generando un conflitto: se fotografa tanta sofferenza, rischia di diventare complice dell’orrore trasformandolo in spettacolo?Ma se non cattura l’immagine, tutto questo dolore sarà stato inutile?

    La profonda depressione che ha colpito l’artista rappresenta la sua risposta somatica a questo dilemma del “fotografo testimone”, che cerca di rispondere alla violenza della vita con la violenza dell’atto fotografico, strappando l’orrore dalle ombre del nulla per consegnarlo al mondo ambiguo dei media, delle interpretazioni distorte e del cinico sguardo occidentale, spesso attratto più dalla spettacolarità dei grandi drammi.

    Salgado è un autore che ho sempre ammirato profondamente e che ha avuto un impatto significativo sulla mia passione per la fotografia. Grazie alle sue straordinarie opere, sono stata ispirata e ho trovato un nuovo modo di guardare al mondo attraverso l’obiettivo della macchina fotografica. Nel corso degli anni, ho colto l’opportunità di visitare diverse mostre fotografiche dedicate a Salgado, cogliendo ogni occasione per immergermi completamente nelle sue visioni straordinarie. In particolare, ho assistito alle mostre presentate dal progetto di fotografia Europea, dove gli spazi espositivi erano stati appositamente allestiti per celebrare la sua arte senza pari.

    In definitiva, il progetto fotografico “Genesi” di Salgado rappresenta un messaggio di speranza e di rinascita, una chiamata a una nuova consapevolezza e un invito a ristabilire un equilibrio tra l’umanità e la natura. Le sue immagini sono un richiamo alla nostra responsabilità verso il pianeta Terra e un invito a proteggere e preservare le meraviglie che ancora ci circondano.

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  60. Anita Migani   18 Giugno 2023 at 13:24

    Mi ha stupito molto questo doppio legame psicologico provato da Sebastião Salgado a seguito dei suoi diversi reportage in luoghi di guerra o estrema povertà.
    La preoccupazione di rendere questi orrori spettacolo o di ridurli a qualcosa di invisibile, sfavorendo così la consapevolezza di ciò che succede al di fuori delle conoscenze del pubblico, è un punto focale dei lavori dell’artista. Ma ciò che mi ha estremamente rapita e indotta non distogliere lo sguardo dalle sue fotografie è stata proprio la sua capacità di catturare l’intensità e l’essenza di soggetti e oggetti fotografati, creando immagini che vanno al di là della documentazione visuale. Una delle caratteristiche distintive delle fotografie di Salgado è la loro capacità di narrare storie complesse e universali attraverso immagini individuali. Le sue fotografie riescono a trasmettere un senso di umanità, creando una connessione tra pubblico, persone e situazioni che fotografate. Salgado si immerge spesso nelle comunità che documenta, trascorrendo del tempo e creando un rapporto di fiducia, il che gli consente di catturare momenti autentici e significativi. Sicuramente la realizzazione del progetto Genesi ha portato un po’ di speranza. Il progetto “Genesis” è nato come una risposta alla crescente preoccupazione di Salgado per la perdita di diversità biologica e culturale nel mondo. Dopo aver documentato per anni i conflitti, le sofferenze e le ingiustizie umane, Salgado sentiva il bisogno di esplorare i luoghi ancora incontaminati e le culture tradizionali che sopravvivono nonostante i cambiamenti globali. Con questo progetto il fotografo ci vuole mostrare tribù indigene che vivono in armonia con l’ambiente, possedendo una conoscenza e un rispetto profondi per la natura. Ci invita a considerare come noi, come società occidentali, abbiamo perso questo legame prezioso e la reverenza necessaria per preservare la bellezza che ci circonda. Il suo messaggio è di speranza e di consapevolezza. Salgado ci ricorda che non è troppo tardi per ritrovare la nostra connessione con la Terra e per prendere azioni concrete per proteggere e preservare il nostro pianeta. Le sue immagini ci ispirano a riflettere sul nostro impatto e a considerare il modo in cui possiamo contribuire a un futuro più sostenibile.

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  61. Claudia Mura LABA   20 Giugno 2023 at 12:32

    Nel libro “In cammino” il fotografo brasiliano ha documentato violenze verso suoi simili e la natura, questa crudeltà l’ha scosso a tal punto da lasciargli un profondo pessimismo.
    Il suo ruolo di testimone lo portava però ad un dilemma e a riflettere sul doppio legame tra fotografo e testimone; voleva restituire dignità alla natura e agli uomini che stavano subendo quell’orrore, ma al tempo stesso le sue foto lo facevano sentire complice di quegli avvenimenti. Inoltre era scettico se fosse giusto consegnare quegli atti di violenza allo sguardo cinico dell’occhio occidentale, attratto più dalla spettacolarità dei grandi drammi che dai loro risvolti morali.
    Questo pessimismo sulla vita e, soprattutto, sull’uomo lo portò a ricercare energie positive negli spazi incontaminati del pianeta come suggestiva metafora del “luogo delle origini dell’uomo”, il progetto Genesi.
    Il progetto Genesi, realizzato nel corso di otto anni, contiene 32 reportage delle regioni più remote e incontaminate del pianeta. Con questo progetto Salgado riscopre la bellezza della natura, riscopre se stesso e capisce che facciamo tutti parte dello stesso insieme: il sistema Terra.
    Tutte le fotografie sono in bianco e nero per mettere in evidenza la grandiosità e la fragilità della natura, nonché la relazione tra l’uomo e l’ambiente. Il bianco e il nero inoltre permetteva al fotografo di ottenere esattamente l’impronta emotiva percepita al momento dello scatto.
    Salgado vuole farci provare quello che ha vissuto nei suoi viaggi, vuole farci uscire dalla nostra bolla e tornare a far vivere, a sentire e scoprire in noi l’immensa bellezza conservata nel nostro pianeta.

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  62. Matilde Tagliavini LABA   21 Giugno 2023 at 02:46

    Prima di trattarlo in classe, non avevo mai sentito parlare di Sebastiao Salgado, ma devo dire che dopo il toccante documentario “Il sale della Terra” sono rimasta molto colpita e affascinata dai suoi scatti e dal loro significato.
    Salgado trasmette nei suoi scatti, soprattutto grazie all’utilizzo del bianco e nero, tutti i sentimenti che prova durante lo scatto. Nel periodo passato in Mozambico l’odio, la violenza, la sofferenza e l’orrore vissuti in prima persona lo hanno distrutto fisicamente e psicologicamente. Riprese masse di individui , famiglie ed etnie, nei drammatici sradicamenti che accompagnano le guerre. Salgado credeva nel principio di testimonianza come aspetto etico centrale della fotografia di reportage. Per un periodo si sentì diviso dal suo lavoro, stava aiutando, denunciando gli orrori che vede, oppure era complice, trasformando le sue immagini in spettacolo?
    Dal profondo senso di depressione che lo colpì, si fermò nella sua documentazione e ritrovò poi la serenità e la forza di fotografare, grazie a due progetti, il primo con la moglie Leila dove creò una rete di alleanze per ricostruire la foresta atlantica brasiliana, l’altro fu Genesi.
    Il suo progetto fotografico Genesi, realizzato tra il 2004 e il 2012, fu uno dei più importanti ed influenti progetti. Attraverso un viaggio nei territori meno accessibili del pianeta, ci mostra una natura incontaminata dall’egocentrismo dell’uomo. In tutti i suoi scatti dimostra che è un fotografo di cuore, umano, sensibile ed empatico. Non scatta solo cose belle o brutte, lui scatta emozioni, sentimenti. Le sue fotografie sono molto dettagliate, offre una visione intima delle persone, degli animali e dei paesaggi che lo circondano.
    Credo che la sua scelta di utilizzare il bianco e nero sia stata una scelta creativa pienamente azzeccata negli scatti per le emozioni che voleva suscitare. Attraverso la rimozione del colore, le sue foto fanno emergere messaggi, che con le cromie si perderebbero.

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  63. Alessia Reyes   21 Giugno 2023 at 12:21

    Apprezzo e stimo molto Salgado, come persona, e come fotografo. Ha la capacità di trasmettere emozioni forti e uniche attraverso i suoi scatti. Lo caratterizza una forte empatia, con la quale è riuscito a trasmetterci attraverso ogni sua foto ciò che ha provato realmente nel momento dello scatto. Ammiro i temi sociali, culturali e naturalistici trattati lungo il corso della sua carriera. Ciò che lo contraddistingue e lo rende il più grande fotografo del secolo scorso, oltre la sua innegabile bravura, è la sua spiccata sensibilità che lo porta a creare con i suoi scatti una potente narrazione con un forte impatto emotivo.

    L’articolo parla delle incredibili esperienze di vita compiute da uno dei più noti fotografi umanistici al mondo, Sebastiao Salgado, fotografo brasiliano, nato l’8 febbraio 1944 ad Aimorés. La sua percettività lo porta a viaggiare per il mondo e ad orientarsi sulla documentazione della condizione umana.
    Nella sua vita si è sempre impegnato socialmente per far conoscere le grandi ingiustizie presenti in un mondo diviso in due: tra la libertà di chi ha tutto e la privazione di chi non ha niente.

    Il reportage “Genesi” mi ha lasciato totalmente senza fiato, rispecchia tutta lo sforzo affrontato dal fotografo negli otto lunghi anni, nei quali ha realizzato un capolavoro. Ha utilizzato questo “viaggio artistico” per rinascere da una profonda depressione, causata dalla crudeltà umana, trovo meraviglioso il fatto abbia usato una sua grande passione per poter in un certo modo rinascere e avere la sua “Genesi”.
    “Genesis” è noto per la sua raffigurazione di immagini straordinarie di ambienti naturali incontaminati, presenta le comunità indigene di tutto il mondo, mettendo in risalto le tradizioni, le culture e le lotte di queste comunità. Ha trattato temi naturali e ha espresso il suo amore per la Terra con le sue immagini, che sono in grado di raccontare lo strazio sofferto dal nostro mondo causato dal comportamento.

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  64. Matilda rigoni   21 Giugno 2023 at 15:10

    Rigoni Matilda LABA Graphic design 1

    Sebastiao Salgado: Genesi
    Ritengo Sebastião Salgado un grande fotografo del secolo scorso, grazie alla sua importante impronta di reportage dei luoghi che visita e le persone che incontra, concentrandosi specialmente sul racconto, e più in generale sul rapporto tra i cambiamenti di essi nel tempo e della relazione dell’essere umano con la terra.
    Salgado, oltre che gran fotografo, è una persona ammirevole con una lodevole considerazione verso la società; ha svolto un’importante opera di bene in Brasile, sua terra natale, ovvero di ripiantare con l’aiuto di sua moglie una grossa parte della foresta amazzonica precedentemente abbattuta per colpa del fenomeno della deforestazione. Probabilmente questo suo impegno è dovuto al fatto di aver passato una vita all’insegna dello scoprire persone, culture e tradizioni, specialmente in condizioni sfavorevoli, e quindi del voler lasciare la propria impronta nel mondo. Motivi spiegati dettagliatamente per l’appunto nella sua produzione “Genesi”, menzionata nell’articolo.

    Mi colpisce particolarmente la grande cura che impiega nelle sue produzioni, atte ad evocare forti sensazioni nello spettatore.
    Con le sue foto Salgado ci urla un messaggio molto importante, ovvero quello di non distruggere il nostro ambiente, la nostra terra, la terra da dove siamo nati, ci urla di proteggere e salvaguardare la natura e tutte le cose che essa ci ha regalato e ci regala: proteggere, ammirare e creare, non distruggere.
    Il mondo sarebbe tutto rosa e fiori se non vedessimo mai le cose negative che ci circondano; per questo non credo che fotografando l’orrore si diventi complici di esso, ma anzi credo che sia coraggioso fotografare il degrado.
    Io credo che Salgado sia riuscito a trasmettere il messaggio che voleva, credo che le sue foto siano la sua voce, i suoi occhi, il suo cuore e la sua anima.

    Uno dei fotografi più importanti della storia, un artista che ha fatto innamorare con il suo stile, Sebastiao Salgado ha conquistato i fotografi di tutto il mondo con la sua passione, raccontandola nel libro: Genesi.
    Un libro che è unito da un filo conduttore, l‘amore per la terra e la natura che Salgado ha voluto raccontare, evidenziando i clamorosi problemi che sta avendo la società moderna e la bellezza della natura che stiamo contaminando.
    Questo progetto non è durato pochi giorni, ma ben 8 anni visitando più di 30 posti del pianeta: Patagonia, Galapagos, Amazzonia, Africa, Polo Nord, Polo Sud, Tribù degli Zoè, dei Dinka e dei Nenci, Ghiacciai, Deserti, Foresti pluviali, Vulcani, Iceberg. Sono solo alcuni dei luoghi che ha visitato utilizzando mezzi di trasporto improvvisati e occasionali per poter apprezzare il più possibile l’emozione del viaggio.

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  65. Giacomo Venntrucci LABA Graphic Design   26 Giugno 2023 at 16:27

    Sebastião Salgado è uno dei fotografi che ammiro di più negli ultimi decenni. La sua influenza è stata così grande grazie alla sua perseveranza, sensibilità e abilità di immergersi completamente nel contesto che fotografa. È diventato famoso per i suoi reportage fotografici straordinari, che riflettono appieno il suo approccio unico alla fotografia. Salgado si immerge nel mondo delle persone che incontra, prendendo il tempo di conoscerne le storie e di vivere in realtà completamente diverse dalla sua. È stato per sei lunghi anni in giro per il mondo, tra le popolazioni indigene, portando con sé una parte delle loro storie e condividendo le loro sofferenze. Ha assistito a disastri, genocidi, malnutrizione, malattie infettive e morte, situazioni che solo l’immaginazione può afferrare. Mi viene in mente una foto che ha scattato in Sud America, quella di un bambino con gli occhi aperti, disteso in una bara circondata da fiori, una scena che mi ha profondamente colpito.

    Salgado non si limita a essere uno spettatore passivo di queste tragedie, ma si impegna attivamente nel tentativo di cambiare le cose. Immortalando scene di vita strazianti, crudeli e violente, riesce a trasmetterci una profonda emozione e a farci riflettere sulla realtà dei fatti. Una delle caratteristiche che rende i suoi scatti così potenti e riconoscibili è l’uso del bianco e nero. La scelta di abbandonare il colore permette di concentrarsi sull’anima stessa della fotografia, eliminando distrazioni e permettendoci di immergerci completamente nell’immagine. Questa scelta si estende anche al suo progetto “Genesi”, che si concentra sulla bellezza della natura. Potrebbe sembrare strano utilizzare il bianco e nero per catturare la natura, ma in realtà è proprio questa scelta che rende possibile catturare la sua essenza e restituirla a noi spettatori.

    Per me, questo progetto rappresenta molto più di un semplice lavoro fotografico. È un vero e proprio riscatto per Salgado, che per troppo tempo ha documentato le sofferenze umane. È anche un’opportunità per l’umanità di riscattarsi, di riconoscere i danni causati e di intraprendere un cammino di cambiamento e speranza. La connessione tra le sue fotografie e la nostra consapevolezza ci spinge a riflettere sul nostro rapporto con la natura e sugli altri esseri umani. Le sue immagini sono un grido silenzioso che ci invita a porre l’attenzione su ciò che veramente conta e a cercare soluzioni per creare un mondo migliore. Sono profondamente ispirato dalla dedizione di Sebastião Salgado e dalla sua capacità di utilizzare la fotografia come strumento per il cambiamento e la consapevolezza.

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  66. giulia zappia (LABA)   26 Giugno 2023 at 19:05

    Salgado è uno dei fotografi che ammiro di più negli ultimi anni . è diventato famoso grazie ai suoi reportage fotografici . Il libro ”GENESI” è unito da un filo conduttore, l‘amore per la terra e la natura che Salgado ha voluto raccontare, evidenziando i clamorosi problemi che sta avendo la società moderna e la bellezza della natura che stiamo contaminando.

    Rispondi
  67. Michele Ghiselli LABA   26 Giugno 2023 at 20:56

    “Lavorando sulla ricostruzione di un paradiso come quello in cui ero nato, abbiamo avuto l’idea di mettere a punto un grande progetto fotografico, diverso però dai precedenti. Lo scopo doveva essere, vedere e cercare un modo nuovo di presentare il pianeta terra: questa volta non avrei puntato l’obiettivo sull’uomo, e sulla sua lotta per la sopravvivenza, ma avrei mostrato le meraviglie che rimangono nel nostro pianeta. Abbiamo deciso di cogliere con la macchina fotografica, quella grande parte del pianeta che si presenta ecologicamente pura, e si potrebbe dire ancora allo stato primordiale. Creare dunque una quantità d’immagini, sufficiente a far capire al maggior numero possibile di persone, che esiste una grande porzione del mondo ancora integra, allo stato della Genesi, e mostrare quanto proteggere questa parte sia fondamentale per tutti noi…”. Sebastião Salgado ci spiega con questo discorso Genesi, un lavoro realizzato dal 2004 al 2012, tramite 32 reportage nei territori meno accessibili del pianeta. Genesi racconta con delle fantastiche immagini in bianco e nero, le foreste tropicali dell’Amazzonia; del Congo; dell’Indonesia e della Nuova Guinea; i ghiacciai dell’Antartide; la taiga dell’Alaska; i deserti dell’America e dell’Africa, fino ad arrivare alle montagne dell’America; del Cile e della Siberia. Il bianco e nero all’apparenza può risultare molto limitante, ma in realtà Salgado, riesce a “sfruttare” le luci; i paesaggi; gli animali e gli umani, in modo da farli sembrare dei quadri viventi, quindi con tanto da dire nonostante la mancanza del colore.

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  68. Aurore S. V. B. LABA   10 Luglio 2023 at 15:24

    Come studente di cinema, il lavoro di Sebastião Salgado mi ispira profondamente. Le sue fotografie sono un potente mezzo per raccontare storie e suscitare emozioni. Osservando il suo impegno nel documentare le condizioni umane e la bellezza della natura, mi rendo conto dell’importanza di affrontare tematiche significative e di dare voce a quelle persone che spesso rimangono invisibili nella società.

    Il lavoro di Salgado mi spinge a esplorare diverse prospettive e approcci nella mia carriera cinematografica. La sua capacità di catturare immagini che comunicano un senso di profondità, empatia e bellezza mi motiva a cercare un equilibrio tra estetica visiva e narrazione coinvolgente nei miei futuri progetti.

    Inoltre, il suo impegno per l’etica della fotografia di reportage mi incoraggia a cercare la verità nelle storie che racconto e ad affrontare temi sociali rilevanti attraverso il mio lavoro cinematografico. Salgado ha dimostrato che il potere dell’immagine può contribuire a sensibilizzare le persone e promuovere un cambiamento sociale positivo.

    Mi auguro di poter seguire le orme di Salgado e utilizzare il cinema come una forma d’arte impegnata e influente. Spero di poter creare opere che suscitino emozioni, stimolino il dibattito e incoraggino le persone a guardare oltre le superfici e ad abbracciare una visione più ampia del mondo.

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  69. Perla Laba   10 Ottobre 2023 at 11:43

    Sebastião Salgado è un fotografo che ha saputo cogliere con maestria l’anima dell’umanità e la sua profonda connessione con la natura attraverso la sua straordinaria serie fotografica Genesi. Questo lavoro straordinario ci invita a riflettere sulla necessità di una nuova alleanza fra l’uomo e il pianeta che abitiamo.
    Personalmente trovo i suoi scatti accattivanti e ammalianti, non posso che elogiare Salgado per il suo impegno e la sua dedizione nell’affrontare un tema così complesso e urgente come il rapporto fra l’uomo e la natura. Con Genesi, Salgado ci riporta alle nostre radici, a quei luoghi incontaminati dove l’umanità ha vissuto in armonia con l’ambiente circostante per millenni.
    Attraverso le sue fotografie, Salgado cattura paesaggi mozzafiato, creati dalla mano della natura e ancora intatti, ma allo stesso tempo minacciati dal progresso e dalla civiltà moderna. Le immagini ci mostrano l’imponente bellezza di montagne, deserti, foreste pluviali e oceani, ma allo stesso tempo ci mettono di fronte alla fragilità di questi luoghi unici che stanno scomparendo sotto l’azione distruttiva dell’uomo.
    Salgado, con la sua sensibilità artistica e la sua capacità di rappresentare la realtà, ci riporta indietro nel tempo, quando l’uomo faceva parte integrante dell’ecosistema e rispettava gli equilibri naturali. Le sue fotografie ci fanno riflettere sul nostro ruolo attuale e sulla necessità di trovare un nuovo equilibrio, un’alleanza fra l’uomo e la natura.
    Ogni immagine di Genesi è intrisa di un profondo rispetto per la vita e per l’ambiente che ci circonda. Salgado ha trascorso anni viaggiando per tutto il mondo, documentando la storia dell’umanità e la sua relazione con la terra. Ha visitato luoghi remoti, incontrato tribù indigene e documentato la vita selvaggia che ancora resiste, mostrandoci la bellezza di un pianeta che sta lottando per sopravvivere.
    Attraverso le sue fotografie, Salgado ci mostra che l’uomo e la natura non sono separati, ma sono parte della stessa essenza. Siamo dipendenti dall’ambiente naturale per la nostra sopravvivenza e dobbiamo imparare a viverci in armonia, rispettando gli equilibri delicati che la natura ci offre.
    Genesi è un richiamo all’importanza di una nuova visione, una nuova consapevolezza dell’umanità e dell’ambiente naturale. Le fotografie di Salgado ci spingono a pensare a come possiamo cambiare le nostre azioni, per proteggere e preservare la nostra Casa comune.
    Nel suo lavoro, Salgado riesce a trasmettere una forte sensazione di urgenza, di pericolo imminente. Mostra come possiamo ancora salvare ciò che resta, come possiamo ancora proteggere e conservare la bellezza selvaggia del nostro pianeta. Il suo lavoro è una chiamata all’azione, un invito a fare la differenza, a porre fine all’indifferenza e ad agire per preservare il nostro mondo per le generazioni future.
    Il suo lavoro è una testimonianza dell’enorme potere che le immagini possono avere nell’ispirare il cambiamento. Le fotografie di Salgado ci parlano direttamente al cuore, ci connettono con la bellezza e la fragilità del nostro pianeta, e ci spingono a prendere una posizione attiva nel proteggerlo.

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  70. Giacomo Lolli Ceroni Laba   29 Novembre 2023 at 15:21

    Provo emozioni contrastanti guardando le fotografie di Salgado, da una parte trovo che siano affascinati ma allo stesso tempo crude, qualcosa che non vorresti guardare ma guardi, per quella curiosità macabra intrinseca all’uomo.
    Ed è da questa sensazione che parte la mia critica, trovo che foto di quel tipo (e soprattutto il loro essere in bianco e nero per incentivare l’impatto sullo spettatore) sia una sorta di “pornografia del male”, foto per far pensare a chi le guarda “per fortuna non sono in quella situazione”.
    Un altra critica che dal basso delle mie conoscenze voglio volgere a un mostro della fotografia riguarda in particolare il progetto Genesi.
    Penso che Salgado sia andato a cercare qualcosa che per sua natura non voleva essere trovato, inoltre trovo che questo progetto (per quanto un’attenzione nell’evitare ciò) sia una contaminazione di qualcosa di puro, che appunto non andava contaminato.
    Devo dire che gli scatti di Salgado mi hanno ricordato in parte gli scatti di Lewis Hine, anche questo fotografo scattava in bianco e nero e nella sua carriera ha immortalato molti migranti europei in America.
    Proprio come i soggetti di Salgado, quelli di Hine erano soggetti che possedevano solo l’essenziale, quel poco che erano riusciti a portarsi dietro nel lungo viaggio.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   29 Novembre 2023 at 17:39

      Giacomo ci presenta argomentazioni interessanti. La prima che mi piace discutere sembra avere analogie con la fiera opposizione dei nativi di territori ancora inesplorati, alle origini della fotografia, quando l’idigeno di turno imputava all’immagine scattata per ritrarlo il potere magico di togliergli l’anima o qualcosa del genere. Io non so se esiste l’anima mundi ma rispettando chi ci crede, mi sento di rassicurarlo: nessuna foto può scalfirla; la stupidità e le idiozie dell’uomo sì! Ora, è proprio quando la stupidità agisce nel non conosciuto, non visto, nell’ombra, proprio in quel preciso momento che l’idiozia umana produce più danni. Le immagini di Salgado non aprono la strada a feroci masse turistiche e nemmeno a sordide speculazioni economiciste che, credimi Giacomo, non hanno bisogno di visitare una mostra d’arte per costruirsi un target. Io credo che le immagini di Genesi ci restituiscano una parte del Pianeta e degli organismi biologici che lo abitano, non contaminata dall’’immerdamento umano, per fomentare una diffusa e più acuta consapevolezza che può concretizzarsi in efficaci e efficienti controlli legislativi, in una diversa regolazione del nostro stile di vita etc.etc.
      Veniamo all’altra questione che Giacomo ha posto ovvero l’accusa a Salgado di essere un pornografo del male. Ebbene, io credo che il male sia sempre pornografico…Ma allora, cosa dobbiamo fare: è utile e giusto dire la verità sul male? Oppure nel nome di non su quale pudore, dobbiamo farne vedere solo una parte (quale? Chi lo decide?) o addirittura rimuoverlo dalle nostre percezioni? Non è un problema semplice. Posso solo aggiungere che anche al male piace l’oscurità, preferisce prosperare nell’ombra. Non affrontandolo non si produce il bene. Ma solo ignoranza, fatalismo, ipocrisia….
      Vorrei concludere suggerendo a Giacomo in un’altra occasione di specificare con esattezza le immagini alle quali si riferiscono i suoi ragionamenti. Con Genesi sei stato chiaro. Ma considerando che il nostro forum è pubblico sarebbe stato più corretto citare le immagini che hai avvicinato al rischio di pornografia.

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  71. Francesco Zambelli LABA   29 Novembre 2023 at 18:24

    Credo che la stra gran parte delle opere di Salgado descrivano la natura umana.
    Salgado si allontana dalla urbanizzazione massiccia che l’uomo ha creato nel corso die decenni e che sia andato ad indagare gli istinti primordiali dell’uomo, che però, purtroppo, fluiscono tramite la consapevolezza del mondo capitalista.
    Vi è quasi come una perversione per Salgado di catturare con la macchina fotografica soggetti all’estremo delle possibilità umane, che continuano a fare quello che fanno per poter sopravvivere.
    Ho trovato un parallelismo tra Salgado ed Ansel Adams.
    Entrambi sono dei grandi ecologisti, che spendono energie per preservare le bellezze della natura.
    Negli scatti naturalistici di entrambi viene espressa quasi la stessa energia e lo stesso calore.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   29 Novembre 2023 at 19:23

      Sono convinto che Salgado sarebbe fiero di vedere associato il suo nome a quello del grande Ansel Adams. Un po’ meno per l’accostamento delle sue opere, quelle del libro “In cammino” e dei conflitti in Angola e Mozambico suppongo (ma perché diavolo non le citate con precisione?) alla perversione.
      Vuoi forse convincermi che l’autore godeva nel riprendere corpi straziati da fame, sete, bombe o altro? Pensi forse che si muovesse, in quei contesti nei quali anche la sua vita era in gioco, con la fredda leggerezza del voyeur?
      Allora, o hai una teoria della perversione che non conosco oppure… Ti salvi per quel “quasi”.

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  72. Davide Zanatta LABA   29 Novembre 2023 at 19:33

    Sebastiao Salgado è forse uno dei fotografi più impressionanti degli ultimi tempi. Le sue opere propongono un forte approccio con le devastazioni e le crudeltà che semplici persone hanno dovuto subire per mano di altre.
    La violenza, la sopravvivenza e il degrado sono i temi principali di un mondo che il fotografo stesso non pensava potesse esistere.
    Però il percorso di Salgado non si limita solo a queste tematiche, infatti ce ne sono molte altre di più vivaci che vanno proprio a ricoprire gli orrori vissuti in paesi come Ruanda o Etiopia.
    Il progetto “Genesi” è un esempio di come il pianeta possa contenere facciate più esaltanti, e così dal 2004 al 2011, Salgado produsse una grandissima quantità di immagini che volevano far nascere una discussione su cosa valesse la pena di conservare e di valorizzare.
    Le innumerevoli foto scattate ad animali e paesaggi si distinguono dalle altre per la loro unicità di una posa spontanea, immortalando un momento dove la natura si presenta indipendente al predominio dell’uomo.
    Devo però ammettere che “Sahel: la fine della strada” è molto probabilmente il progetto fotografico che mi ha colpito più di tutti. Qui Salgado si concentra nel voler immortalare la fame e il problema della ridistribuzione della ricchezza.
    Voleva rendere noto al mondo di come i governi trattenessero i viveri e lasciassero morire di fame le loro popolazioni. Quindi per via dei conflitti interni molte persone furono costrette a scappare, strette nella morsa della siccità, in condizioni disumane. Questa raccolta mi ha fatto comprendere che nel mondo ci sono persone che stanno peggio, e che ogni lamento e ogni agonia di noi gente “benestante”, che viviamo nella lussuria e nel consumo più estremo, si rivela essere futile in confronto al vero bisogno di sopravvivere in un luogo privo di cibo e acqua. Una delle opere più impressionanti della raccolta è molto probabilmente quella di un bambino assieme al suo cane, che con la sua determinata postura dà l’impressione di sapere perfettamente quello che cerca. Il suo sguardo è rivolto a una città in lontananza, come se questo bambino fosse appena uscito da un conflitto, e sia rimasto solo al mondo alla ricerca di altre forme di vita che lo possano accogliere. In quel momento immortalato una cosa interessante è quella di poter immaginare Salgado come una sorta di protettore del bambino, forse colui che gli indica la strada per la salvezza. Vorrei infine confrontare quest’opera fotografica con quella della fotografa statunitense Margaret Bourke-White, che tra le tante raccolte, ne propone una dedicata all’Apartheid in SudAfrica nel 1950. Apartheid (letteralmente “separazione”) è il termine che definisce la politica di segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca del Sudafrica nel secondo dopoguerra, e da questa tematica Bourke-White propone una serie di fotografie che vanno a immortalare la situazione degradata della gente di carnagione diversa da quella bianca. C’è una foto in particolare che mostra in primo piano un gruppo di bambini dietro un muro di filo spinato, e ciò lo vedo quasi come un parallelismo della precedente foto analizzata di Salgado. Quest’ultimo sembra proporci un bambino che pur essendo sfuggito da un conflitto si mostra all’osservatore con una certa sicurezza e libertà, con l’obiettivo di trovare un luogo che lo possa accogliere, mentre il suo ostacolo più grande è quello della siccità e la fame. Invece Bourke-White ci propone dei bambini che al contrario sembrano avere il necessario per sopravvivere, ma in questo caso è proprio la libertà a mancare, e questo filo spinato ne è la prova.

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  73. Chan Vannak Vinella (LABA Cinema 1)   29 Novembre 2023 at 21:17

    “I don’t believe a person has a style. What people have is a way of photographing what is inside them. What is there comes out.”

    Cit. Sebastiao Salgado

    L’incredibile effetto che rende Salgado nelle sue fotografie un punto di riferimento mondiale è il riuscire ad imprimere nella mente del pubblico una realtà che si discosta dalla nostra routine ordinaria, ponendo una dimensione fredda e illogica causata dalle azioni dell’uomo. Potremmo dunque considerarlo un fotoreporter, votato alla ricerca di un contatto con gli oscuri segreti del nostro Mondo e di tutto ciò che le piattaforme Media o televisive vogliono “censurare”; dall’altro però lo si può identificare come colui che è sempre favorevole al dialogo con Madre Terra, una natura incontaminata. Le balene che nuotano serenamente davanti alla macchina fotografica, gli elefanti che corrono nella savana aperta, le foche marine che si sdraiano al sole,…Salgado sente come il desiderio di doverli proteggere e salvaguardare le specie animali e vegetali. Questo è stato l’ingrediente che fece sbocciare il progetto di Riforestazione delle foreste del Brasile nel 1998 con la fondazione dell’Istituto Terra. Nel periodo di lunga assenza di Salgado e di sua moglie Lélia dalla loro terra nativa, la rigogliosa vegetazione che circondava la proprietà dei Salgado cominciò a sparire a causa della secca e della deforestazione, portando alla morte di molti animali. Il ‘focus’ quindi di questa impresa se vogliamo dire coraggiosa è riuscire ad impiantare per il 2027 un milione di alberi sul suolo brasiliano per la ripopolazione della biodiversità e combattere il preoccupante aumento del riscaldamento globale.
    Ricordiamoci come Salgado sia entrato in simbiosi con le crudeltà della guerra, dello sfruttamento umano/boschivo, la morte di molte persone innocenti. Queste sono le sue parole: “Non sapevo più se fotografare questi momenti intimi e tragici possano aiutare queste persone a denunciare la loro condizione o se era un atto di invadenza.” Una fotografia che è rimasta e continuerà a rimanere impressa nella mia mente è la figura di un bambino magro in pelle e ossa senza vestiti che sta osservando un futuro incerto con il suo fedele cane. E’ da questa foto che mi ha fatto incuriosire non tanto come è riuscito a farla tecnicamente quell’immagine quanto la sua determinazione e passione che ci mette nel suo lavoro come fotografo. Il risultato di questa lunga e complicata ricerca si è manifestata nella sua raccolta di fotografie più importante della sua carriera: Genesi. Progetto nato intorno al 2003, si può toccare con mano l’accurata precisione nel dettaglio e dei chiaroscuri di paesaggi immensi e delle persone che vi abitano. Salgado venne criticato per il suo “abbandono” come reporter sociale, ma tutto viene sostituito solo da stupore e meraviglia.
    Alcune volte penso che l’invenzione del sistema zonale da parte di Ansel Adams, pilastro della fotografia paesaggistica e fondatore del Club F24 in America, sia oggetto di studio per le generazioni future come lo stesso Sebastio Salgado capace di dare intensità e densità nelle sue opere.
    Purtroppo la possibilità di incrociare dal vivo le fotografie di Salgado esposte in delle sue mostre sono ancora lontane…Solo attraverso motori di ricerca avanzati o film documentari come “Il sale della Terra” diretto da Wim Wenders nel 2014 hanno potuto presentarmi questo grande autore del secolo scorso e tuttora attivo a Parigi in Francia. Mi ha incuriosito però un altro fotografo importante statunitense, Steve Mccurry, di cui ho potuto assistere una delle sue mostre allestite nella mia città e ho trovato un’incredibile intensità che mi ha ricordato Salgado. Entrambi secondo il mio punto di vista li vedo proiettati verso quel mondo “dimenticato” di persone soggette a guerre interne e tragedie naturali. Non si può non citare la “ragazza afgana”, fotografia realizzata nel 1984 che denuncia i conflitti afgani degli anni ottanta; i critici d’arte la considerano quasi come “La nuova ragazza con gli orecchini di perla del Novecento” traendo spunto dal dipinto di Johannes Vermeer, pittore olandese del secolo d’oro olandese (XVII secolo). La stessa potenza del linguaggio di entrambi i fotografi è davvero efficace quando riesci a vedere e/o a toccare con mano il frutto del loro ingegno.

    In conclusione possiamo definire che Sebastio Salgado possegga un vero e proprio stile di fare la fotografia? La risposta proviene da ognuno di noi come ha appena affermato Salgado nell’incipit di questo commento. Inizialmente poteva accettare il lavoro della sua vita che lo poteva portare al successo come economista ma venne così illuminato dal mondo della fotografia che lo portò invece su un’altra strada. Ecco, secondo me è il suo segreto. La passione dovrebbe essere covata dentro e infine fuoriuscire sotto forma di piacere per sé stessi.

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    • Chan Vannak Vinella (LABA Cinema 1)   4 Dicembre 2023 at 11:08

      Sono terribilmente dispiaciuto per l’errore di un’informazione riportata nel mio commento: il gruppo che aveva fondato Ansel Adams è il gruppo f/64.

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  74. giorgia venturi laba   29 Novembre 2023 at 22:22

    Le immagini di Salgado hanno documentato gli aspetti più scomodi del mondo contemporaneo: il dolore umano derivante dallo sfruttamento, il terrore delle guerre e la distruzione ecologica. Le immagini proposte da Salgado nel suo progetto “genesi”, mettono lo spettatore di fronte ad una realtà “nascosta”, una realtà che non è abituato ad osservare, per la prima volta, si concentra solo su l’immensità della natura e non sull’uomo. Attraverso questo progetto, Salgado è riuscito a scovare i luoghi incontaminati dalla figura dell’uomo moderno e del suo consumismo, immortalando così, ambienti sovrastati dalla natura e popoli che vivono in completa armonia con essa. Con Genesi, a mio parere, l’artista ci trasmette un senso di denuncia contro il cosiddetto “uomo moderno” , il quale non fa altro che distruggere la terra, i suoi ambienti e i suoi abitanti. Attraverso i suoi scatti effettuati con estrema cura, vuole dimostrarci quanto sia bella la natura, quanto sia potente ma allo stesso tempo fragile, proprio per questo va preservata, proprio per questo motivo, insieme a sua moglie Leila ricostruisce in parte la foresta atlantica brasiliana, andata distrutta dall’espansione urbanistica (questo piccolo gesto lo aiutò ad uscire dalla sua depressione a a continuare a fotografare. Salgado ha sempre scelto di fotografare in bianco e nero, andando per certi versi, contro la massa, poiché le stampe a colori erano assai popolari, questo è perché voleva mettere in risalto i soggetti, erano questi i portatori del messaggio che voleva dare al mondo. Il colore avrebbe saturato troppo i soggetti diventando loro stessi i protagonisti indiscussi della scena. Inoltre Salgado ha sempre affermato che secondo il suo pensiero, il bianco e nero rimane più impresso nella mente delle persone, soprattutto nei loro cuori. Le opere di Salgado mi ricordano, per motivi diversi, quelle di Lewis Hine e di Steve McCurry. Lewis Hine dedica una serie di reportages all’arrivo di migranti europei che cercano in America un futuro migliore, lasciandosi alle spalle una vita di miseria. Lewis Hine è testimone di quel flusso continuo di persone, uomini, donne con bambini, intere famiglie che, raccolti i propri averi in rozze valigie di cartone, lasciavano il passato per costruirsi un futuro migliore. Fotografa corpi stanchi, bambini spauriti, volti dimessi, bambini curiosi delle novità. Il suo obiettivo riesce, con garbo, a rompere la distanza tra quelle persone e gli statunitensi, mostra volti umani stanchi del viaggio, ma fortemente motivati. proprio come fece Salgado nei suoi primi progetti. Presentandoci inoltre una paesaggistica urbana, tipica dell’urbanizzazione e degli orrori relativi ad essa come il lavoro minorile. Steve McCurry, invece, famoso per Il suo ritratto della ragazza afgana con gli occhi verdi anche egli è conosciuto per le sue foto di reportage in giro per il mondo, concentrandosi specialmente sull’oriente, considerato dal fotografo molto affascinante. Proprio come Salgado, è maestro nel cogliere attraverso l’espressione la personalità dell’individuo. Così attraverso i volti possiamo immaginarci le storie dietro le persone. McCurry, a differenza di Salgado, predilige l’utilizzo del colore.

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  75. Federico Canducci (LABA)   30 Novembre 2023 at 02:07

    La prima volta che ho visto gli scatti di Salgado ho notato subito due cose: la loro chiarezza e precisione nel consegnare un messaggio e la loro semplicità. Sono scatti che arrivano direttamente al cuore, in quanto ritraggono pochi elementi nella loro essenza incontaminata. Che sia chiaro, quando parlo di semplicità non mi riferisco al metodo con cui è stato effettuato lo scatto o alle difficoltà incontrate dal fotografo nella sua esecuzione, ma alla pulizia e alla purezza del lavoro finito.
    In questo momento sto osservando la foto che ritrae i pinguini pronti a tuffarsi. E’ senza dubbio l’immagine che mi è rimasta più impressa tra gli scatti del fotografo brasiliano. Ritrae una scena impressionante, un assaggio della bellezza che solo chi visita quei luoghi, così lontani dalla nostra comoda esistenza, può percepire in tutta la loro maestosità. Il bianco e nero è perfetto per catturare questo momento, che non ha bisogno di colori sgargianti per ammaliare lo spettatore che osserva la foto e non ne ha bisogno neppure per quello che la ammira con i suoi occhi nell’istante in cui si sta verificando. Il bianco intenso fulmina l’occhio, lo attrae come se fosse un gioiello. Solo osservando lo scatto, posso sentire lo scroscio delle onde contro le dure e fredde sponde, il vento gelido e intenso sul viso. Il pinguino a mezz’aria sembra aver assunto la posa perfetta appositamente perché Salgado lo possa ritrarre in questo modo. Ci si inizia a chiedere quanto tempo ci sia voluto per immortalare questo momento, così perfetto, unico e irripetibile.
    Il bianco e nero e la scelta del ritratto della natura mi fa pensare ai lavori di Ansel Adams, altra colonna portante nella Storia della fotografia. Anche egli, benché facesse parte di un’altra generazione rispetto a Salgado, apprezzava e di conseguenza amava ritrarre la bellezza della natura. Prendiamo come esempio “Frozen Lake and Cliffs” di Adams. Sembrano quasi due scatti dello stesso autore, anche se è chiaro che i mezzi più moderni di Salgado conferiscono una nitidezza superiore al suo operato. Nelle opere di entrambi vediamo uno studio della profondità e una pulizia che conforta il nostro sguardo e ci fa sentire l’armonia che regnava mentre le figure venivano immortalate.
    Mi sta a cuore il tema della salvaguardia dell’ambiente e trovo il lavoro di Salgado molto stimolante. Penso che in futuro i nodi verranno al pettine e l’uomo dovrà fare i conti con i problemi che sta alimentando. Sarebbe bello se molti altri seguissero le orme del fotografo brasiliano e mostrassero il volto del nostro pianeta com’è ora, nel momento del bisogno.

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  76. Lamberto Cantoni
    lamberto cantoni   30 Novembre 2023 at 08:53

    Breve riflessione postquem dei commenti di Davide, Chan,Giorgia e Federico. Molte ricerche realizzate sottoponendo cluster di giovani a pratiche di scrittura documentano difficoltà nel sviluppare argomenti complessi. Difficoltà sintattiche, lessicali e di contenuto. Mi piace pensare che i vostri commenti vadano in controtendenza. Li ho trovati stimolanti, corretti nella forma con qualche traccia semiotica che vagamente fa emergere l’idea di un vostro stile autoriale. Questo non significa che le criticità segnalate dai ricercatori siano esagerate o quant’altro. È probabile che la mediana delle statistiche in oggetto registri un problema vero. Ma per me è importante rilevare che l’appello alla sintesi efficace, alla chiarezza, alla disponibilità a metterci la faccia sia per la didattica una sfida che possiamo ancora affrontare senza reticenze o timori. Poi più avanti, chissà, arriverà il tempo che una AI risolverà anche problemi di redazione di testi complessi, i suoi algoritmi distilleranno parole e frasi efficaci in conversazioni, interazioni difficili; e allora noi resteremo comodi straiati come ippopotami sul sofà mentre i nostri avatar in un metaverso agiranno, scriveranno, parleranno per noi. Ma quel giorno non è oggi e nemmeno il prossimo domani. Le nostre vite hanno ancora bisogno dell’efficienza del nostro sistema mente-cervello; hanno ancora bisogno qualcosa di più elaborato del tiktok linguistico da smartphone. Bene, a tal riguardo, il confronto critico con le opere di grandi interpreti culturali del nostro tempo è il miglior allenamento che un giovane possa fare per calibrare la propria intelligenza operativa e gli strumenti che la rendono efficace (chiamiamoli pure “linguaggi”) in risonanza con i problemi che alimenteranno le vostre esperienze, non solo lavorative,

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  77. jessica biagioli LABA   6 Dicembre 2023 at 10:17

    Sebastião Salgado è noto per il suo lavoro documentaristico e sociale, concentrandosi spesso su questioni ambientali e umanitarie. Nelle sue fotografie, cerca di catturare la connessione tra l’uomo e l’ambiente, spesso evidenziando la bellezza naturale e allo stesso tempo rivelando le sfide ambientali. Nella regione amazzonica, luogo in cui rimase per 7 anni, si focalizzò sulla scoperta del territorio, concentrandosi sulla vegetazione, i fiumi, la biodiversità e le minacce ambientali che affronta l’ecosistema.
    Durante il suo soggiorno nella terra degli indigeni riuscì a portare al termine uno dei suoi più famosi workshop, catturando la bellezza in ogni sua forma.
    La fotografia che ha catturato la mia curiosità e la mia attenzione fa parte della raccolta di cui ho appena parlato, Amazonia. L’immagine in cui emerge come protagonista un tronco d’albero che, nella parte superiore, si divide in due rami: uno prosegue, l’altro scompare. Tutto ciò che lo circonda, però, si trasforma in una massa uniforme e intricata, disegnata con pazienza e ossessione. Masse vegetali che prendono le sembianze di nuvole accumulate in modo fitto, creando uno spazio sovraffollato, che non concede tregua alla vista. I grigi si presentano con riflessi argentati, mentre i neri si fanno più cupi.

    L’effetto che viene dato a questa immagine è simile a quello traumatico che produce la pittura, come in un quadro di Van Gogh, il campo di grano e volo di corvi. La somiglianza si può notare dallo spazio utilizzato, che crea un senso di profondità, dalla composizione di forma rettangolare con orientamento orizzontale, inquadratura ampia e linee oblique che si sviluppano con orientamento opposto agli angoli, infine dall’illuminazione, nonostante uno sia un dipinto e l’altra una foto in bianco e nero, la luce si percepisce arrivare dall’alto.
    La parola “protezione” è il punto cardine secondo il mio giudizio che lega queste due opere. Da una parte la necessità di proteggere un territorio, cosi tanto rispettato dalle popolazioni che lo vivono, come un genitore con un figlio. Legame, che chi come molti è cresciuto in città, non riesce a sentire la sua importanza. Dall’altra la necessità di proteggere se stesso dalle difficoltà della vita.

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  78. Gabriele Panichi   6 Dicembre 2023 at 18:38

    Il percorso di Sebastião Salgado, da fotografo di guerra a narratore visivo della bellezza primordiale con il progetto “Genesi”, è un viaggio di trasformazione profonda. Le sue immagini in bianco e nero sono un tentativo di catturare la continuità emotiva del momento dello scatto, esprimendo dignità e reverenza per la natura. “Genesi” esplora luoghi remoti del pianeta, dove Salgado riscopre la bellezza intrinseca della Terra. La connessione tra le tribù ritratte e il loro ambiente naturale sottolinea la perduta armonia tra l’uomo e la natura nell’occidente moderno. Salgado suggerisce che il cambiamento inizia con la percezione della bellezza, aprendo la strada a una maggiore consapevolezza ambientale e rispetto per il nostro pianeta. Il suo lavoro diventa così un’attivismo visivo, stimolando una riflessione profonda sulla nostra responsabilità verso la Terra e la necessità di preservare la bellezza che ancora ci circonda.
    Critica
    Sebastião Salgado, un fotografo ammirato globalmente, non è immune da alcune critiche. La sua estetica, sebbene potente, può apparire eccessivamente idealizzata, specialmente con l’uso del bianco e nero, rischiando di estetizzare la sofferenza. Inoltre, la mancanza di diversità tematica nelle sue opere principali potrebbe limitare la loro adattabilità a diverse prospettive.
    Un’altra critica riguarda l’aspetto etico della documentazione della sofferenza umana. La presenza di Salgado in alcuni contesti potrebbe sollevare domande etiche sulla sua influenza, potendo sembrare intrusiva o sfruttativa.
    Parallelismo
    Sebastião Salgado e Frank Horvat, due maestri della fotografia, condividono una passione comune nel raccontare storie attraverso le loro immagini, ma il modo in cui si avvicinano a questo scopo è unico e distintivo. Salgado, con il suo impegno sociale senza compromessi, ha plasmato un’eredità significativa nella documentazione delle questioni umanitarie. Attraverso progetti come “Genesis” e “Workers”, ha portato avanti la sua missione di catturare l’anima umana nelle situazioni più estreme. La sua predilezione per il bianco e nero, la profondità di campo e la nitidezza dei dettagli conferiscono alle sue immagini una potenza emotiva straordinaria. Dall’altra parte, Frank Horvat ha intrapreso la sua carriera con uno sguardo più sfumato e sottile sulla società. Attraverso la street photography, Horvat cattura la vita quotidiana in modi sorprendenti e innovativi. La sua ricerca di autenticità si riflette nelle composizioni dinamiche, negli sguardi rubati e nelle scene di vita urbana che dipingono un quadro veritiero della condizione umana. Entrambi condividono una profonda connessione con la ricerca della verità e dell’autenticità, ma le loro vie divergenti riflettono approcci unici alla fotografia. Salgado, con la sua maestria nel ritrarre il dramma umano su scala globale, e Horvat, con la sua sensibilità nell’attimo catturato nella vita di tutti i giorni, dimostrano che la fotografia è un medium vario e ricco, capace di abbracciare molteplici prospettive e narrare storie in modi diversi.

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  79. Giada Vitiello LABA   7 Gennaio 2024 at 09:28

    L’itinerario di Sebastiao Salgado emerge come un viaggio intriso di esperienze traumatiche vissute in Mozambico e Ruanda. Nel suo libro, trovo che la documentazione delle crudeltà umane solleva interrogativi complessi sulla responsabilità del fotografo nel narrare la sofferenza senza diventarne complice.
    Secondo me, la metamorfosi di Salgado, delineata nella sua autobiografia, si manifesta attraverso progetti di rigenerazione ambientale e il suggestivo “Genesi”. Le sue immagini sembrano trasmettere il potere terapeutico insito nella bellezza naturale, una sorta di rinascita dopo l’esposizione all’orrore umano.
    Le fotografie di “Genesi” evidenziano infatti il legame intimo tra l’uomo e la natura, rivelando una profonda connessione delle tribù con il loro ambiente e la scelta del bianco e nero, a mio avviso, sembra mirare a catturare la continuità emotiva, enfatizzando la dignità intrinseca delle persone e delle cose ritratte.
    La riflessione di Salgado sull’uso di questa scelta cromatica, evitando i colori intensi della natura, aggiunge profondità alla sua visione artistica. Sorge l’interrogativo cruciale su come affrontare le sfide ambientali, non solo attraverso dati scientifici, ma anche celebrando la bellezza del pianeta.
    In questo contesto, mi chiedo: quale impatto possono avere queste immagini nel nostro modo di percepire e affrontare le sfide ambientali? Forse la risposta risiede nella capacità di queste fotografie di risvegliare una connessione emotiva con la natura, stimolando la consapevolezza e la responsabilità individuale. Così, il lavoro di Salgado non solo racconta storie, ma invita a riflettere sul nostro ruolo in un mondo in continuo cambiamento. In quale misura possiamo noi, spettatori di queste immagini, contribuire a preservare la bellezza del nostro pianeta?

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  80. Blue LABA   5 Febbraio 2024 at 21:49

    Un’immagine vale più di mille parole è una frase che sentiamo spesso e penso che sia vero, infatti oggi siamo sommersi di immagini fino alla nausea. Le foto di Sebastiano Salgado sono sicuramente belle e pur non essendo una fotografa esperta concordo con lui sull’utilizzo del bianco e nero per mostrar la drammaticità, è vero che i colori possono risultare rigidi in alcune circostanze, mentre il nero accentua le forme e le linearità delle figure fotografate. Salgado non farà foto belle nel senso comune del termine, ovvero piacevoli da vedere con e con soggetti carini, ma sicuramente fa foto estremamente accurate, estetiche e sicuramente significative. Apprezzo la sua gentilezza di dare dignità a tutti a prescindere dalla loro condizione sociale o economica, cosa che tuttora nonostante il nostro autovalutarci come una società progressista non è una cosa facciamo spesso, anzi al contrario tendiamo alla categorizzazione più assoluta. Riguardo al mostrare foto ‘’vere’’ penso solamente sia un’ottima cosa, infatti siamo davvero troppo abituati ad immagini simboliche e non realistiche, ogni tanto un immagine shock è utile a risvegliare in noi qualcosa, ricordo in un viaggio a Londra le sensazioni che mi hanno fatto provare delle foto appartenenti ad un’esposizione sull’olocausto, foto pesanti e sconvolgenti che non dimenticherò mai, ma che comunque sono in un certo senso ‘’felice’’ d’aver visto perché così ho potuto conoscere meglio, la realtà terrificante di quei campi.

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  81. Giulia Minghini LABA   10 Febbraio 2024 at 14:46

    Le fotografie di Sebastião Salgado documentano la distruzione degli ecosistemi e dei paesaggi nel mondo, ma al tempo stesso restituiscono dignità. Il famoso fotografo brasiliano si è trovato a dover affrontare il dilemma dell’essere un testimone delle crudeltà della vita e del rischio di diventare complice trascinando l’orrore nel mondo dello spettacolo. Dopo un periodo di depressione che l’ha segnato profondamente, ha trovato serenità e forza per ritornare alla fotografia grazie alla creazione del progetto Genesi.
    Genesi consisteva in 32 reportage fotografici nei luoghi meno accessibili del pianeta, per catturare immagini che evocassero le origini dell’umanità e delle forme di vita. Ha impiegato otto anni di viaggio per realizzare immagini che mettono in risalto la bellezza del mondo naturale e la connessione tra l’uomo e la natura.
    Il fotografo opta per il bianco e nero per evitare che i colori intensi della natura diventino più importanti delle emozioni delle persone e delle cose rappresentate. Sostiene che il bianco e nero è il modo migliore per rendere omaggio alla natura. Personalmente penso alla natura penserei automaticamente a qualcosa di colorato, al verde delle piante, all’azzurro del cielo, del mare, di certo non penserei ai colori usati da Salgado. Proprio per questa sua scelta stilistica non ci si sofferma alla bellezza, alla vivacità dei colori ma al sentimento. Con le sue fotografie si rimane colpiti dall’emotività. Salgado, con il suo progetto, mostra una prospettiva diversa, cercando di far emergere la bellezza del pianeta e delle forme di vita attraverso la fotografia, con l’obiettivo di cambiare la mentalità delle persone. Nonostante situazioni drammatiche, riesce comunque a catturare una strana bellezza.

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  82. Giorgia Adani LABA   10 Febbraio 2024 at 18:00

    Trovo che la fotografia sia uno dei mezzi più potenti per trasmettere delle emozioni.
    Mi ha sempre appassionata questo campo (infatti è una mia grande passione) e mi piace scoprire nuovi fotografi e le storie dietro le fotografie stesse.
    Non conoscevo Sebastião Salgado, ma ho letto volentieri e con passione la sua storia.
    L’obiettivo della fotografia di Salgado è quello di sensibilizzare e portare alla luce temi importanti, nel suo caso la povertà e il lavoro, la migrazione, l’ambiente e i cambiamenti climatici, i conflitti e le crisi umanitarie. Trovo che la fotografia fatta in questo modo, con questo scopo, cioè fatta per portare alla gente temi importanti su cui riflettere, sia difficile da fare e non tutti sono in grado. Salgado è riuscito a farmi emozionare con i suoi scatti, oltre la bellezza della composizione, mi ha trasmesso amarezza verso le tematiche affrontate e ho provato empatia tra ingiustizie, disparità e le lotte. Mi ha reso ancora più consapevole.
    Mi permetto di paragonarlo ad altre due fantastiche fotografe che mi ricordano molto il modo di scattare e che condividono lo scopo: Dorothea Lange e Letizia Battaglia.
    Dorothea Lange è stata una fotografa statunitense che fece un gran numero di reportage tra il 1935 e il 1939, sulle condizioni di braccianti, operai e immigrati durante la grande depressione americana. La sua foto più famosa “Migrant mother”, mostra una donna che è costretta a lasciare casa sua con i suoi figli. Quello scatto racchiude una grande storia e la Lange è stata molto brava a rappresentare e racchiudere il dolore provato dalla madre nell’abbandono di una casa e la preoccupazione di un futuro incerto per lei e per i suoi figli, in una sola fotografia.
    Letizia Battaglia invece, è stata una fotografa italiana che ha fotografato e combattuto la mafia. Le sue fotografie sono famose per aver racchiuso gli omicidi causati dalla mafia siciliana più conosciuti. Ha fotografato per alimentare l’opinione pubblica e scuotere le coscienze, proprio come Salgado ha fatto a sua volta.
    Mi viene in mente anche Robert Capa, fotografo nato nel 1913 che ha documentato con le sue fotografie le più grandi guerre della storia, compresa la guerra civile spagnola e la seconda guerra mondiale.
    Questi quattro fotografi trattano tutti temi differenti, ma il filo che li unisce è l’aver utilizzato la fotografia come mezzo di denuncia per narrare storie umane e vere, per sensibilizzare il pubblico su tematiche importanti.
    Tutti e quattro i fotografi hanno usato il bianco e nero per accentuare l’emotività della scena, per dare più drammaticità, e per renderle, in qualche modo, più potenti.
    Mi piace il lavoro svolto da Salgado, apprezzo molto le sue foto paesaggistiche di “Genesi” ma mi piacciono più le foto in cui racconta i diritti dei lavoratori, la povertà e gli effetti distruttivi dell’economia nei paesi in via di sviluppo.

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  83. Achille   11 Febbraio 2024 at 13:09

    Sebastião Salgado è un noto fotografo contemporaneo, nato nel 1944 in Brasile, che si concentra sulla documentazione delle condizioni umane e ambientali in tutto il mondo.
    Salgado, in particolare il suo progetto “Genesi”, rappresenta un viaggio emozionante attraverso la bellezza e la grandezza della natura, ma anche un’opportunità per riflettere sulla nostra relazione con essa. Il testo offre uno sguardo approfondito sull’evoluzione del lavoro di Salgado, partendo dalla sua esperienza precedente di documentazione delle tragedie umane, per arrivare alla celebrazione dei paesaggi incontaminati e delle culture che li abitano.
    C’è una chiara critica nell’articolo riguardo al rischio che le immagini di Salgado possano essere percepite come una idealizzazione della natura, trascurando le reali sfide ambientali che affrontiamo oggi. Tuttavia, va anche riconosciuto il potere delle sue fotografie nel trasmettere un senso di meraviglia e stupore per la bellezza del pianeta, spingendo il pubblico a riconsiderare il proprio rapporto con l’ambiente circostante.
    Personalmente, sono affascinato dalla capacità di Salgado di catturare l’essenza dei luoghi più remoti e selvaggi del nostro pianeta. La scelta del bianco e nero, sebbene possa limitare la capacità delle foto di comunicare la ricchezza dei colori della natura, conferisce loro un’aura di atemporalità e universalità che le rende ancora più potenti.
    Tuttavia, è importante considerare come possiamo utilizzare la fotografia non solo per ammirare la bellezza del mondo, ma anche per sensibilizzare le persone sulle sfide ambientali che dobbiamo affrontare. Il progetto “Genesi” di Salgado offre un punto di partenza per queste riflessioni, invitandoci a esplorare la nostra relazione con la natura e a considerare il nostro ruolo nell’assicurare la sua sopravvivenza per le generazioni future.

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    • Blue LABA   12 Febbraio 2024 at 10:00

      Concordo sul senso di atemporalità che otteniamo quando scattiamo qualcosa in bianco e nero. Sarà la nostra involontaria associazione alle foto antiche che ci causa una sorta di rispetto in più per quelle foto?

      Rispondi
  84. Alessio Ponzetto   11 Febbraio 2024 at 15:37

    Sebastiano Salgado ha intrapreso un progetto fotografico chiamato Genesi; l’idea è stata quella di ricercare immagini di luoghi meno accessibili del pianeta per evocare le origini dell’uomo e delle forme di vita che raccontavano ritmi e armonie.
    E’ stupefacente come un fotografo sia riuscito a intraprendere una strada completamente diversa da altri fotografi, esplorando luoghi remoti in cui mai nessuno si sarebbe avventurato.
    Una cosa molto affascinante dello stile fotografico di Salgado è che le sue foto sono in bianco e nero, con l’intento di catturare le bellezze che lo circondano. La scelta del bianco e nero è giustificata dalla capacità di Salgado di concentrare l’attenzione sulla dignità e sull’intensità delle persone e delle cose, perchè talvolta i colori della natura sono così intensi che possono diventare più importanti delle emozioni
    Una cosa che mi ha colpito molto di Salgado è il messaggio che vuole lasciare sulla bellezza che deriva dall’unità tra uomo e ambiente, un legame spesso perduto nella società odierna
    In conclusione vuole sottolineare l’importanza di riscoprire la bellezza della terra per affrontare la complessità della vita moderna, la quale ci ha fatto sfuggire di vista l’ importanza di quanto natura e uomo siano così strettamente e visceralmente collegati, donandoci così un messaggio di speranza.

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  85. Roberta De Vito LABA   11 Febbraio 2024 at 18:28

    Trovo l’articolo su Sebastião Salgado e il suo progetto “Genesi” particolarmente ispiratore, sia per la profondità dei temi trattati che per la metodologia adottata dal fotografo. Salgado, con il suo approccio foto-antropologico, non solo documenta la realtà in maniera cruda e diretta ma riesce anche a catturare l’essenza più profonda dei soggetti e dei paesaggi che fotografa, restituendo loro dignità e bellezza.

    Il suo lavoro può essere messo in relazione con il Romanticismo del XIX secolo che, con la sua enfasi sul sublime, la maestosità della natura e l’espressione di emozioni intense, trova un parallelo moderno nell’opera di Salgado. Gli artisti romantici cercavano di catturare la grandiosità e l’imponenza dei paesaggi naturali per suscitare riflessione e ammirazione, una ricerca che possiamo ritrovare in “Genesi” attraverso il bianco e nero e la scelta di soggetti che rappresentano una natura incontaminata e originaria.
    Salgado, tuttavia, aggiunge un ulteriore strato di complessità al suo lavoro, incorporando una forte componente etica e antropologica. Come i grandi maestri del passato, che attraverso le loro opere cercavano di trasmettere messaggi universali, Salgado utilizza la fotografia come mezzo per sensibilizzare sull’importanza di una nuova alleanza tra uomo e natura, mettendo in luce le conseguenze delle azioni umane sull’ambiente. Questo approccio ricorda gli obiettivi di artisti come Albrecht Dürer o Leonardo da Vinci, che studiavano la natura non solo per rappresentarla artisticamente ma anche per comprenderne le leggi e l’armonia, sottolineando la connessione tra uomo e ambiente.
    Inoltre, il suo ritorno all’uso del bianco e nero può essere collegato alla tradizione del realismo documentario di fotografi come Dorothea Lange o Robert Capa, che hanno utilizzato la fotografia come strumento di denuncia sociale. Tuttavia, a differenza di questi, Salgado spinge il linguaggio fotografico oltre la documentazione, inserendo un’interpretazione personale e poetica che eleva il suo lavoro a un livello artistico, dove la bellezza delle immagini serve a rafforzare il messaggio di conservazione e rispetto della natura.
    Il suo approccio, che combina la ricerca estetica con un’impegno etico e sociale, offre una lezione importante anche per noi studenti di graphic design: l’arte e il design possono e devono essere utilizzati come strumenti di sensibilizzazione e cambiamento. La capacità di Salgado di vedere la bellezza in contesti di grande difficoltà e sofferenza e di trasformare questa percezione in arte ci insegna che il design ha il potere di influenzare la percezione e l’atteggiamento delle persone nei confronti delle questioni ambientali e sociali.
    La sua capacità di connettere il passato artistico con questioni contemporanee mostra che l’arte non è solo espressione estetica ma anche un veicolo potente per il cambiamento e la riflessione etica, un insegnamento fondamentale per noi futuri designer.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   12 Febbraio 2024 at 10:04

      Niente da dire sul tuo intervento…ben scritto, elegante, preciso. Mi rimane un piccolo dubbio. Scrivi che Salgado connette il passato artistico con questioni contemporanee.Non è ben chiaro cosa intendi per “passato artistico”. Salgado da giovane aveva studiato economia; all’incirca alla tua età andò a finire gli studi a Parigi per sfuggire alla repressione della giunta militare che governava il Brasile. Era infatti intellettualmente coinvolto in organizzazioni marxiste che criticavano le evidenti storture del capitalismo brasiliano. Mi piace ricordare che poi, presto si dissociò dagli eccessi ideologici del comunismo, rimanendo fedele suoi valori umanitari. I suoi primi anni lavorativi sono da studioso o da analista economico dei problemi dei paesi poveri in via di sviluppo. Probabilmente a un certo punto ha scelto di dare il suo contributo critico utilizzando il linguaggio fotografico come dispositivo per scardinare l’indifferenza dell’opinione pubblica sulle miserie umane. La foto artistica non lo ha mai realmente interessato. Ma passione, talento, un raffinato senso della luce unitamente alla serietà del suo modo di interpretare il lavoro di reporter hanno prodotto come effetto di superficie una qualità che frettolosamente oggi avviciniamo alla percezione di una estetica. In parole povere le sue foto, i suoi ritratti di gente umile, la giustezza dell’aspetto compositivo pur nel disordine di contesti e vite spezzate, rovinate, distrutte li sentiamo attraversati da qualcosa che concede loro reverenza e rispetto. Forse la parola bellezza non restituisce la strana percezione emergente nelle sue immagini, forse il solo pensarlo è un oltraggio alla sofferenza e disperazione di tante sue foto, ma nondimeno è presente come effetto e credo che questo aspetto abbia contribuito al successo del suo programma di ricerca.

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  86. Aurora Laba   11 Febbraio 2024 at 22:56

    Con l’opera “Genesi” Salgado affronta un percorso di rinascita per riconnettersi alla Terra con una visione di speranza e di rinascita. Le sue testimonianze precedenti, che ritraevano le atrocità umane e la distruzione della natura, lo avevano infatti portato ad una caduta nel baratro della depressione.
    Egli riesce ad affrontare la sua crisi personale grazie ai suoi progetti di ricostruzione di una parte della foresta atlantica della sua terra natale, il Brasile. Ed è proprio nel suo progetto “Genesi” che il fotografo racconta la sua rinascita.
    Il suo obiettivo cattura le bellezze dei paesaggi e delle creature che incontra ma, allo stesso tempo restituisce dignità alle tribù che vivono nell’ambiente che fotografa. L’utilizzo del bianco e nero delle fotografie è significativo; Salgado vuole trasmettere al pubblico il rispetto per gli ambienti che ritrae e vuole invitare il suo pubblico a riscoprire la bellezza del nostro pianeta.
    Con le sue foto Salgado ci invita a non dimenticare che facciamo tutti parte di un Ecosistema e che dobbiamo trattare il nostro pianeta con rispetto. Non dobbiamo dimenticarne la sua bellezza e la sua vulnerabilità.

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    • tb   20 Febbraio 2024 at 20:48

      Condivido la tua riflessione riguardo all’articolo. L’immersione nell’opera “Genesi” di Sebastiao Salgado è come un viaggio emozionante attraverso la rinascita di un’anima artistica e la riconnessione con la Terra. La sua precedente testimonianza delle tragedie umane e della devastazione ambientale lo aveva spinto verso il buio della depressione, ma attraverso il progetto di ricostruzione della foresta atlantica in Brasile, Salgado ha trovato la forza di risorgere.
      “Genesi” diventa così il racconto luminoso di questa rinascita.

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  87. Enrico Rossi LABA   12 Febbraio 2024 at 17:04

    Sebastião Salgado, un nome che risuona come un eco nel mondo della fotografia. Un artista che ha scelto di raccontare storie di sofferenza e resilienza attraverso il suo obiettivo.
    Tutto iniziò quando per lavoro dovette affrontare vari viaggi in Africa per alcuni progetti. Dopo aver preso in prestito la macchina fotografica della moglie Leila, scoprì una passione che divenne un vero e proprio lavoro per Salgado.
    Il bianco e nero, la sua firma, elimina le distrazioni del colore. Questa scelta artistica, in alcuni casi, intensifica l’effetto di “sofferenza”, rendendo le sue immagini ancora più potenti.
    Salgado non si limita a documentare la sofferenza, la trasforma in un’arte. Ma non è un voyeur della sofferenza, è un testimone. Le sue fotografie sono un grido di denuncia, un modo per farci aprire gli occhi sulla realtà del mondo. Nonostante la durezza delle sue immagini, Salgado non perde mai di vista la sua missione: informare, denunciare e documentare.
    Usa la fotografia come strumento per esprimere la sua umanità e il suo impegno sociale. Le sue opere, attraverso l’uso del bianco e nero e la rappresentazione della sofferenza, offrono una testimonianza potente della condizione umana in quelle terre.
    Il fotografo non si limita solamente a rappresentare l’essere umano, infatti nelle sue fotografie possiamo trovare paesaggi incontaminati, specie di animali a rischio di estinzione e comunità indigene che vivono in armonia con la natura. Non solo sofferenza, ma anche la natura selvaggia quasi dimenticata. Anche qui troviamo il bianco e nero per far risaltare le forme e non il colore. Il colore possiamo anche inventarcelo, la natura no.

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  88. Lorenzo Pollini LABA   12 Febbraio 2024 at 21:12

    Trovo d’interessante spunto per partire la filosofia di Salgado secondo cui, i colori della natura, siano così intensi da distogliere l’attenzione dal comprendere l’emozione provata al momento dello scatto.
    Lo trovo ottimo come spunto per iniziare, poiché sono molto d’accordo con questa affermazione. Mi permetto di aggiungere anche, che la tecnica del bianco e nero, ha l’innata capacità di fermare il tempo, di bloccare in qualche modo l’attenzione dell’osservatore, che sarà maggiormente stimolato a capire cosa raffigura o rappresenta una determinata opera.
    Curioso è come già nel 2012 Salgado avesse capito che la natura sia da rispettare, da amare. Oggigiorno pare un concetto lapalissiano, scontato, una frase priva di senso, si deve però considerare che parliamo di 12 anni fà. È infatti nel 2012 che Sebastiao chiuse il progetto. Anni in cui tutti noi, con un pò di onestà intellettuale, possiamo ammettere che della questione climatico-ambientale del nostro pianeta, fregava sicuramente meno rispetto ad oggi. Il punto è che l’allarme lanciato del talento sudamericano ha smosso un vero e proprio domino che nel corso degli anni è riuscito muovere gli ingranaggi per attivare chi sta ai “piani alti della società”, insomma, chi ha il potere di cambiare le cose.
    È fondamentale aggiungere che Salgado non si impegnò in solo campo artistico, bensì mise in campo anche le sue possibilità dal punto di vista umano. Infatti come descritto in articolo, aiutò nella ricostruzione della foresta atlantica brasiliana.
    Gesto ce dimostra quanto il tema fosse diventato quasi una missione di vita per Salgado, tanto da che ciò riuscì ad ispirarlo propio per il progetto Genesi.

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  89. Giorgia Laba   13 Febbraio 2024 at 12:41

    Sebastião Salgado emerge come un grandissimo fotografo il cui lavoro in bianco e nero trasmette potenti narrazioni sulla condizione umana. Attraverso la sua lente, il dolore e la resilienza degli emarginati trovano voce, illuminando le sfide e le ingiustizie che troppo spesso rimangono nell’ombra della società. Le sue immagini agiscono come un richiamo alla coscienza, spingendo gli osservatori a confrontarsi con le realtà dolorose e spesso ignorate che affliggono le vite di molte persone.
    Il progetto Genesi, una monumentale opera composta da 32 reportage realizzati nel corso di 8 anni, rappresenta un’imponente testimonianza della bellezza incontaminata e della forza della natura. Questi scatti, dopo anni dedicati a catturare le tragedie umane, offrono un sospiro di serenità, invitandoci a riscoprire la meraviglia e la purezza del mondo naturale che ci circonda.
    Salgado sembra affondare le radici della sua ricerca nell’essenza della nostra specie, con l’intento di riconnetterci alla nostra origine comune e alla terra che ci ha dato vita. Le sue fotografie, vogliono trasportare lo spettatore in un viaggio verso luoghi remoti e ricchi di storia, offrendo una testimonianza della bellezza che ancora persiste nonostante le sfide del mondo moderno.
    L’uso del bianco e nero nelle opere di Salgado non è casuale, ma piuttosto una scelta deliberata per concentrare l’attenzione sul nucleo emotivo di ogni fotografia.
    Secondo il mio parere, questa sua scelta estetica essenziale, elimina le distrazioni del colore, consentendo agli osservatori di immergersi completamente nella narrazione visiva e di cogliere appieno l’essenza della storia raccontata attraverso l’immagine.
    In conclusione, il lavoro di Sebastião Salgado non è semplicemente una testimonianza della sofferenza umana o della bellezza naturale, ma piuttosto un’invocazione alla compassione e all’azione. Attraverso le sue fotografie, Salgado ci ricorda che, anche di fronte alle sfide più grandi, c’è sempre spazio per la speranza e per il cambiamento.

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  90. Sara Cadegiani LABA   13 Febbraio 2024 at 13:19

    Salgado, celebre fotografo brasiliano, ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della fotografia documentaristica. Il suo progetto “Genesi” rappresenta un’evoluzione significativa rispetto ai suoi lavori precedenti, che erano principalmente incentrati sulle sofferenze e le tribolazioni dell’umanità.
    Genesi è un viaggio attraverso la grandezza della natura, un omaggio alla Terra e alle sue meraviglie. Durante otto anni di esplorazione, Salgado ha compiuto 32 spedizioni fotografiche nei luoghi più remoti del pianeta, dove la natura è ancora incontaminata e gli esseri umani vivono in armonia con essa. Questi angoli selvaggi e incontaminati sono stati catturati dalla sua lente in un bianco e nero potente, che trasmette la bellezza e la fragilità di questi luoghi.
    Gli anni ’90 sono stati un periodo difficile per lui…la terribile esperienza vissuta in Ruanda lo ha profondamente segnato, sia fisicamente che spiritualmente. Dopo aver assistito a tanti orrori, Salgado si è sentito come una persona malata. Tornato in Brasile, ha affrontato la devastazione ambientale nella valle del Rio Doce, dove la foresta pluviale atlantica era stata distrutta dalla deforestazione selvaggia degli anni ’90. Questa visione ha peggiorato la sua depressione.
    La moglie di Salgado, Lélia, ha avuto un’idea rivoluzionaria: ripiantare la foresta pluviale atlantica con le specie originarie. Questo progetto sembrava impossibile, ma i due hanno fondato l’Instituto Terra per gestirlo. Nel giro di alcuni anni, la vegetazione ha cominciato a rifiorire, e Salgado ha provato una gioia immensa nel vedere la vita rinascere.
    Genesi non è solo un omaggio alla bellezza naturale, ma anche un monito. Salgado vuole sensibilizzare le persone sulla necessità di uno stile di vita sostenibile e di una maggiore attenzione all’ambiente. Le sue fotografie ricordano cosa rischiamo di perdere se non agiamo con responsabilità. In un mondo sempre più frammentato, Genesi ci invita a riconciliarci con la natura e a sperare in un futuro migliore per il genere umano.

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  91. Filippo Bruno LABA   13 Febbraio 2024 at 15:10

    Nonostante la popolarità dei suoi lavori non ho mai avuto occasione di conoscere l’opera di Salgado. La trovo straordinaria non solo per la sua maestria tecnica, ma soprattutto per la profondità emotiva e il messaggio etico che trasmette. Attraverso le sue immagini, Salgado ci offre una testimonianza cruda e autentica della condizione umana, esplorando le profondità della sofferenza ma anche celebrando la bellezza intrinseca della natura e della vita.

    In particolare, il suo progetto “Genesi” credo sia un’incredibile ricerca della bellezza nei luoghi più remoti e incontaminati del nostro pianeta, ma non solo. Salgado cattura la magnificenza della natura in modo che vada oltre la mera documentazione, riuscendo a trasmettere un senso di reverenza e rispetto per l’ambiente e le tribù che lo abitano.
    Ciò che mi colpisce di più nell’opera di Salgado è la sua abilità nel catturare non solo la realtà fisica, ma anche le emozioni e i pensieri profondi che accompagnano le sue fotografie. Ogni immagine sembra raccontare una storia, non solo degli individui ritratti, ma anche dell’umanità nel suo complesso. È capace di creare narrazioni visive avvincenti che vanno al di là delle parole.

    Inoltre, la sua iniziativa di contribuire alla ricostruzione della foresta atlantica brasiliana insieme alla moglie e poi di intraprendere il progetto “Genesi” mostra un impegno tangibile per il cambiamento positivo e per la connessione tra l’uomo e l’ambiente.
    In un’era in cui il dibattito sulla sostenibilità e l’ecologia spesso si scontra con l’inerzia e la mancanza di azione concreta, l’opera di Salgado si presenta come un potente strumento di sensibilizzazione. La sua capacità di catturare la bellezza del nostro pianeta ci incoraggia a riconsiderare le nostre priorità e a agire in modo responsabile, non solo per “salvare il pianeta”, ma per preservare il nostro posto all’interno di esso.

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    • Gabriele Brilli LABA   18 Febbraio 2024 at 18:42

      Il tuo commento sulla fotografia di Sebastião Salgado riflette un’apprezzamento sincero per il suo lavoro. Tuttavia, potrebbe essere arricchito ulteriormente considerando alcuni aspetti.
      Innanzitutto, potresti approfondire ulteriormente la tua riflessione sulla maestria tecnica di Salgado. Che tipo di tecniche fotografiche specifiche utilizza per ottenere i risultati desiderati?
      Infine quando parli del progetto “Genesi”, potresti espandere la tua analisi descrivendo alcuni esempi specifici di immagini che ritieni particolarmente potenti all’interno di questo progetto.
      In generale, il tuo commento risulta ben scritto.

      Rispondi
  92. Gabriele Brilli LABA   18 Febbraio 2024 at 18:36

    “Se sei giovane ed hai tempo, vai a studiare. Studia l’antropologia, la sociologia, l’economia, la geopolitica. Studia per essere effettivamente in grado di capire quello che stai fotografando.
    Studia per capire cosa si può fotografare e che cosa si dovrebbe fotografare.”
    Ed è proprio con questa frase, pronunciata dal fotografo e fotoreporter Sebastião Salgado durante una conferenza in risposta ad un ragazzo di 21 anni, che voglio introdurre e descrivere uno dei fotografi con il più grande approccio etico alla fotografia documentaristica.
    Sebastião Salgado è uno dei fotografi contemporanei più influenti e distintivi, la cui opera ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della fotografia documentaristica. Nato nel 1944 in Brasile, Salgado ha sviluppato un profondo impegno sociale attraverso le sue immagini, trasmettendo storie potenti e coinvolgenti attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica.
    Il suo lavoro spazia su diverse tematiche, ma è spesso associato alla documentazione di comunità marginalizzate, dislocate e spesso dimenticate. La sua abilità nel catturare l’essenza umana nei contesti più difficili è straordinaria, e ciò emerge chiaramente in serie iconiche come “Workers” e “Genesis”.
    La sua serie “Genesis”, d’altra parte, è un inno alla bellezza della natura e un richiamo all’importanza di preservare il nostro pianeta. Attraverso scatti mozzafiato di paesaggi incontaminati, fauna selvatica e popolazioni indigene, Salgado ci invita a riflettere sulla connessione tra l’umanità e l’ambiente. Ogni immagine è intrisa di una profonda preoccupazione per la sostenibilità e un appello all’azione per proteggere le ricchezze naturali della Terra. In un’epoca in cui il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sono questioni urgenti, le fotografie di Salgado svolgono un ruolo cruciale nel sensibilizzare il pubblico su queste tematiche cruciali.
    Oltre alla sua abilità tecnica, Salgado è noto per il suo approccio etico alla fotografia documentaristica. Il suo impegno nei confronti delle persone che fotografa è evidente nella sua capacità di stabilire un legame autentico con i suoi soggetti. Questo si riflette nella naturalezza delle espressioni e nella profondità emotiva delle immagini. Salgado non è solo uno spettatore distante; è un partecipante attivo nella vita di coloro che fotografa, creando un dialogo empatico attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica.
    La sua carriera è stata plasmata da una serie di esperienze personali che hanno influenzato il suo punto di vista e la sua missione artistica. Dopo una lunga carriera come economista, Salgado ha abbandonato la sua carriera per seguire la sua passione per la fotografia. Questa transizione è stata cruciale per la sua evoluzione artistica, poiché ha potuto combinare la sua formazione accademica con una profonda consapevolezza sociale e un impegno umanitario.
    La sua collaborazione con l’organizzazione non governativa “Amazonas Images” testimonia il suo impegno a utilizzare la fotografia come strumento di cambiamento sociale. Attraverso progetti come “The Children”, Salgado ha portato l’attenzione sulle questioni dei diritti dell’infanzia e della povertà, cercando di ispirare una maggiore consapevolezza e azione.
    Nonostante il suo successo e la sua fama, Salgado mantiene un approccio modesto e umile alla sua arte. La sua dedizione alla causa umanitaria e ambientale va oltre la mera documentazione visiva; è un tentativo di sensibilizzare il mondo su questioni che richiedono una risposta collettiva. Il suo lavoro agisce come un ponte tra la fotografia d’arte e l’attivismo sociale, dimostrando che l’arte può essere un potente strumento di cambiamento e consapevolezza.
    Durante l’osservazione delle sue fotografie ho potuto notare una similitudine con il fotografo Steve McCurry. McCurry è noto per il suo stile distintivo, che fonde la maestria tecnica con una profonda empatia verso i suoi soggetti e una forte attenzione alle questioni sociali e culturali.
    Come Salgado, McCurry è riconosciuto per il suo impegno umanitario e per la capacità di raccontare storie attraverso le sue fotografie. La sua fama è stata affermata grazie a lavori iconici come “Afghan Girl”, un ritratto di una giovane rifugiata afghana con gli occhi verdi, che ha catturato l’attenzione del pubblico di tutto il mondo. Le sue immagini spesso esplorano la bellezza e la complessità delle culture globali, evidenziando la diversità e la connessione umana.
    McCurry, come Salgado, si è impegnato in progetti a lungo termine che vanno oltre la semplice documentazione visiva. Ha affrontato temi come la guerra, la povertà e le questioni sociali attraverso il suo lavoro, cercando di sensibilizzare il pubblico su questioni umanitarie cruciali. La sua fotografia è caratterizzata da una profonda sensibilità e una connessione autentica con i suoi soggetti, simile all’approccio empatico di Salgado.
    Entrambi i fotografi hanno anche una capacità distintiva di utilizzare la luce in modo straordinario per enfatizzare emozioni e dettagli nelle loro immagini. Questa abilità tecnica aggiunge una dimensione artistica alle loro fotografie, al di là della semplice registrazione di momenti.
    Tuttavia, è importante notare che, mentre ci sono similitudini nelle caratteristiche, ogni artista ha la propria voce e prospettiva unica. McCurry potrebbe avere un’attenzione maggiore sulla fotografia di ritratto e sulla cultura quotidiana, mentre Salgado potrebbe focalizzarsi di più su questioni ambientali e lavorative. Nonostante le differenze, entrambi questi fotografi incarnano l’idea che la fotografia può essere una forma d’arte e attivismo, e che può trasmettere storie profonde e significative che vanno oltre la superficie visiva.
    In conclusione, Sebastião Salgado è molto più di un semplice fotografo; è un narratore visivo che attraverso le sue immagini affronta questioni cruciali come il lavoro, l’ambiente e i diritti umani. La sua opera esemplifica la potenza della fotografia nel plasmare la consapevolezza pubblica e nel ispirare azioni positive. Il suo impegno etico, la sua sensibilità artistica e la sua dedizione alla causa umanitaria lo rendono un’icona nel mondo della fotografia documentaristica e un ispiratore per le generazioni future.

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  93. Celeste LABA   19 Febbraio 2024 at 13:28

    Le opere di Sebastião Salgado incarnano la potenza emotiva e narrativa della fotografia. Attraverso progetti come “In cammino” e “Genesi”, Salgado ha documentato la sofferenza umana e la bellezza naturale con una sensibilità unica. Nei suoi lavori precedenti, ha testimoniato tragedie umane in varie parti del mondo, offrendo uno sguardo penetrante sulla devastazione causata dai conflitti armati, dalle crisi ambientali e dalla povertà. Le sue fotografie non si limitano a documentare la disperazione, ma rivelano anche una ricerca costante di dignità e resilienza tra coloro che lottano per sopravvivere.
    Con il progetto “Genesi”, Salgado ha esplorato le origini della vita e la bellezza naturale del pianeta. Le sue immagini trasportano gli spettatori in luoghi remoti e incontaminati, dove la natura regna sovrana e l’uomo vive in armonia con il suo ambiente. Ogni fotografia di “Genesi” è una celebrazione della diversità e della ricchezza del mondo naturale, offrendo uno sguardo intimo sulla grandezza e la sacralità della Terra.

    Ciò che distingue le opere di Salgado è la sua capacità di trasmettere non solo ciò che vede con la sua macchina fotografica, ma anche ciò che sente nel suo cuore. Le sue immagini sono cariche di emozioni, che vanno dall’ammirazione alla meraviglia, dalla tristezza alla speranza. Attraverso la sua fotografia, Salgado invita gli spettatori a riconsiderare il mondo che li circonda, a riscoprire la bellezza e la grandezza della natura.
    Credo che, le opere di Sebastião Salgado vadano oltre la mera documentazione visiva: sono veri e propri racconti visivi dell’umanità e della natura, ricchi di significato e profondità emotiva.

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  94. Lucia laba   20 Febbraio 2024 at 17:38

    Sebastião Salgado è uno dei fotografi più rinomati e influenti del nostro tempo, che ha dedicato gran parte della sua vita alla fotografia e guadagnato fama internazionale per la sua documentazione che esplora temi sociali, ambientali e umanitari.
    Salgado è noto non solo per la sua abilità tecnica eccezionale, ma anche per la sua profonda empatia verso i suoi soggetti e per il suo impegno nel portare avanti messaggi di consapevolezza e cambiamento attraverso le sue fotografie. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per il suo lavoro e continua a essere una figura di spicco nel mondo della fotografia documentaria.
    L’articolo fa un approfondito riferimento soprattutto al progetto “Genesi”, il quale ha l’obiettivo principale di sensibilizzare l’occidente riguardo alla cura dell’ambiente e all’amore che bisogna trasmettere alla nostra terra.
    Genesi racchiude 8 anni di viaggio alla ricerca dei posti meno contaminati dalla civiltà, dove il fotografo si è potuto riconciliare con la cruda natura riempendosi sia gli occhi di rare bellezze naturali ma anche il cuore di un profondo senso di amarezza dopo le esperienze brutali vissute in Ruanda.
    Purtroppo sono dispiaciuta che tali opere d’arte come le foto dei 32 reportage siano in bianco e nero, poiché amante dei colori brillanti e saturi sarei stata curiosa di vedere quegli scorci spettacolari con gli stessi occhi di Salgado. Nonostante questo comprendo e condivido il pensiero del fotografo, poiché giustamente i colori avrebbero rubato l’attenzione e non avrebbero lasciato le stesse forti emozioni del bianco e nero.

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  95. tb   20 Febbraio 2024 at 20:36

    L’opera di Sebastiao Salgado, in particolare il suo progetto “Genesi”, ha il potere di toccare le corde più intime dell’anima. Le sue fotografie, intrise di bianco e nero, trasmettono non solo la realtà cruda di un mondo in trasformazione, ma anche la bellezza senza tempo della natura.
    Il percorso di Salgado, segnato da esperienze traumatiche e dalla sofferenza umana, si trasforma in un viaggio di rinascita attraverso “Genesi”. Le immagini di vulcani, deserti, foreste e creature viventi portano con sé un senso di meraviglia e reverenza. La scelta del bianco e nero, oltre a offrire una flessibilità tecnica, dona alle foto una profondità emotiva straordinaria.
    Mi colpisce la capacità di Salgado di trasmettere, attraverso la sua lente, la connessione profonda tra l’uomo e la natura. Le tribù ritratte non solo rappresentano la diversità umana, ma sono anche custodi di antiche saggezze ecologiche. Le immagini trasudano di dignità, armonia e una grazia intrinseca.
    La riflessione sull’uso del bianco e nero come scelta deliberata è illuminante. La sua decisione di concentrarsi sulla gamma dei grigi anziché sui colori intensi della natura aggiunge un elemento di intenzionalità artistica e contribuisce a enfatizzare l’essenza delle sue fotografie.
    Il messaggio di Salgado, interpretato attraverso il suo lavoro, sembra sussurrare che la bellezza della Terra può essere il nostro punto di partenza per un cambiamento. In un’epoca in cui l’ambiente è minacciato, osservare la Terra attraverso gli occhi di Salgado diventa una chiamata alla consapevolezza e all’azione.
    In definitiva, l’arte di Sebastiao Salgado non è solo uno sguardo sulla natura, ma un invito a riscoprire la bellezza che spesso dimentichiamo di vedere.

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  96. Martina Tasini LABA   21 Febbraio 2024 at 16:00

    Nel vasto scenario della fotografia mondiale pochi nomi spiccano con la stessa brillantezza di Sebastião Salgado: noto per la sua visione artistica straordinaria e il suo impegno sociale verso condizioni umane e ambientali più emarginate o vulnerabili. Tra i suoi progetti più iconici emerge Genesi: un’epica esplorazione che ci offre, attraverso immagini potenti e coinvolgenti, uno sguardo intimo e universale sul mondo, invitandoci a riflettere sulla nostra relazione con la natura e sull’essenza stessa dell’umanità.

    Sebastião Salgado per il progetto Genesi, nonostante per tutta la sua carriera abbia utilizzato fotocamere principalmente Leica e pellicole 35 mm, sceglie di scattare con una Pentax 645 e una pellicola di maggiore dimensione in modo tale che, per un eventuale mostra futura, delle stampe più grandi avrebbero garantito una maggiore qualità. Purtroppo, o per fortuna, il continuo passaggio ai raggi X dell’aeroporto rovina le pellicole fotografiche, costringendo in un certo senso il fotografo a passare, nel 2008, al digitale. Salgado del digitale apprezza due proprietà fondamentali: la prima è la possibilità di compiere un lavoro più dettagliato e selettivo per quanto riguarda la preparazione dei file alla stampa, la seconda è la possibilità di scattare a sensibilità ISO più alte. Nel complesso trovo quindi che questo passaggio analogico-digitale, sia avvenuto con magnifica naturalezza poiché, nonostante sia cambiato il supporto fotografico, il linguaggio è rimasto lo stesso; così come per il bianco e nero che, come Salgado ci dice, gli permette di concentrarsi maggiormente sui soggetti, mentre i colori saranno successivamente aggiunti dalle menti delle persone.

    Al di la della tecnica, le fotografie di Salgado, presentano una forte componente emotiva che nasce in primis dal suo interesse verso gli esseri umani e il contesto ambientale. Il fotografo infatti cerca una profonda empatia con il soggetto, che sia uomo o natura, scattando poi con l’obiettivo di catturare l’emozione provata in quel momento e trasmetterla alle persone. Trovo che la sua curiosità nello scoprire le storie che si celano dietro un volto, o al di la di una semplice collina, traspaiano perfettamente dai suoi scatti per Genesi: infatti ritroviamo ritratti caratterizzati da sguardi intensi e volti espressivi, oppure, paesaggi naturali determinati da interminabili spazi e atmosfera suggestiva. È magnifico come ogni scatto non sia soltanto un immagine ma un vero e proprio racconto; il progetto infatti comprende oltre 200 foto e nessuna è scontata, anzi, lo spettatore si ritrova immerso all’interno di ognuna di esse.

    Concludendo, Genesi racconta di mondi in cui uomini, animali e ambiente sono in sintonia, e dove la natura incontaminata regna padrona; quindi non è soltanto fotografia documentaristica, ma sensibilizzazione alla salvaguardia del nostro pianeta e alla diversità degli ecosistemi e delle culture che lo abitano.

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  97. Camilla Fabbri LABA   23 Febbraio 2024 at 18:34

    Sebastião Salgado, uno dei fotografi più eminenti e influenti del secolo passato, la cui produzione si distingue per un marcato carattere reportagistico e per una particolare sensibilità verso l’interazione tra individui, ambiente naturale e le loro mutazioni nel corso del tempo.
    Egli, pur essendo un autodidatta, ha focalizzato i suoi studi sull’economia anziché sulla fotografia, ma nonostante questo aspetto, il suo impatto sulla fotografia contemporanea è stato notevole e ha esercitato un’influenza significativa su numerosi altri fotografi.

    Si evidenzia inoltre l’importanza, di Salgado, come figura umana e sociale, mettendo a risalto il suo impegno nella riforestazione di una parte dell’Amazzonia, una causa che abbraccia con fervore insieme alla moglie. Questo impegno sociale sembra derivare dall’esperienza di vita di Salgado, che lo ha portato a conoscere persone, culture e tradizioni in contesti spesso difficili e che lo ha spinto a lasciare un’impronta tangibile nel mondo.

    La cura e l’attenzione che Salgado riversa nelle sue opere fotografiche sono descritte come estremamente suggestive, capaci di suscitare intense emozioni e riflessioni nello spettatore. Le sue fotografie non si limitano a documentare la realtà, ma sembrano interrogarsi sulla natura stessa dell’uomo e sul suo rapporto con l’ambiente naturale.

    Personalmente, sono profondamente impressionata dalla capacità di Salgado nel trasmettere messaggi universali e potenti attraverso le sue fotografie. Le sue opere sembrano incarnare una profonda comprensione dell’essenza umana e del suo legame con il contesto naturale, e il suo impegno per la conservazione dell’ambiente sembra essere alimentato da una visione etica robusta.
    Inoltre, mi piacerebbe soffermarmi per un momento sulla potenza del bianco e nero e riflettere su quanto siano vere le parole dell’articolo e di Salgado stesso, ossia quanto, all’interno dell’apparente assenza di colore, si nasconda l’anima stessa delle cose, in grado di colpire molto più profondamente della visione a colori del mondo. Come il formato medio (nonostante la sua composizione quadrata sia innaturale per l’occhio umano), l’assenza di colore permette di concentrarsi sulle sfumature e sui contorni delle cose, che spesso vengono offuscate da una molteplicità di colori, facendoci realizzare che tutto ha un confine ben definito, una fine. In un secondo momento, ci si ritrova completamente immersi in ciò che si sta osservando, costretti dal fatto che non lo si vedrà mai nella vita reale in quel modo senza colore, e quindi costretti a cogliere l’attimo e ad afferrare l’emozione genuina che traspare dall’immagine, senza lasciarsi distrarre da altro. Il bianco e nero è una meravigliosa trappola che permette di riflettere sulle sfumature più profonde dell’anima delle cose, spesso nascoste dal rumore di fondo della vita quotidiana.

    In conclusione, l’articolo sottolinea l’importanza di Sebastião Salgado sia come fotografo sia come figura impegnata nella tutela dell’ambiente naturale.
    Le sue fotografie, oltre a documentare la realtà, sembrano porre interrogativi fondamentali sull’uomo e sul suo rapporto con il mondo circostante. La capacità dell’artista di comunicare messaggi universali e profondi tramite le sue opere fotografiche è un aspetto che ammiro profondamente e che ritengo abbia reso la sua produzione una delle più rilevanti e significative della fotografia contemporanea.

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  98. Carlotta LABA   25 Febbraio 2024 at 08:54

    Riguardo al suo progetto Genesi , Sebastião Salgado così lo definisce: «Un tentativo di antropologia planetaria. Nato per documentare angoli del globo ancora non aggrediti dall’inquinamento e dall’economia selvaggia. Ma anche per proporre alle nuove generazioni l’immagine di un rapporto equilibrato, possibile, fra uomo e natura».
    In altre parole, il nostro pianeta non può più essere consumato senza conseguenze. Le risorse naturali sono al limite della loro resistenza. Genesi è un grido d’allarme contro l’azione distruttiva dell’uomo sull’ambiente.
    Personalmente, le immagini del progetto Genesi suscitano in me una doppia emozione: da un lato, una malinconia profonda, poiché rivelano la fragilità di luoghi incontaminati e culture ancestrali che rischiano di scomparire; dall’altro, un ammirazione per gli indigeni che, come in una bolla protettiva, continuano a vivere in armonia con la natura, nonostante le sfide.
    Le fotografie di Sebastião Salgado sono testimonianze preziose. Ci mostrano la resilienza umana e la capacità di adattamento, ma ci spingono anche a riflettere sulla necessità di preservare questi ambienti e stili di vita per le generazioni future. Sono un richiamo a una maggiore consapevolezza e azione per il bene del nostro pianeta.
    In un gesto quasi da viaggio nel tempo, Sebastião Salgado sembra aver premuto il pulsante “riavvolgi” per riportarci alle radici della civiltà. Attraverso le sue fotografie, ci svela un mondo “primitivo”, che ha saputo sopravvivere fino ai giorni nostri.
    Il suo lavoro ci apre gli occhi su realtà che, altrimenti, rimarrebbero sconosciute ai nostri sensi. Salgado è un narratore visivo che ci conduce in luoghi remoti e ci fa riflettere sulla nostra stessa esistenza.
    In definitiva, Genesi è un’opera di grande impatto emotivo e visivo. Le fotografie di Salgado ci spingono a riflettere sulla nostra responsabilità verso il pianeta e a considerare come possiamo preservare questi luoghi per le generazioni future.

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  99. Martina Tumedei LABA   29 Febbraio 2024 at 19:21

    Comprendo a pieno l’ereditaria depressione e pessimismo cronico da cui è stato sopraffatto Salgado dopo aver visto tale orrore nei confronti di esseri umani e natura, parlando di alcuni suoi lavori, è uno step impossibile da rimuovere essendo dotato l’uomo di empatia soprattutto verso i suoi simili, solo una persona a mio avviso “senza cuore” può assistere a tali atrocità senza che quest’ultime lo plasmino in qualche modo.
    Per quanto riguarda la generazione del “doppio legame psicologico” a mio avviso il problema non sussiste. Se dovessimo render conto a tutte le persone che fruiranno di un nostro progetto, non concluderemmo mai niente perché ci sarà sempre qualcuno che la pensa in modo diverso, come è giusto che sia. Come in questo caso: chi vuole vedere il marcio dice che un tale progetto va a spettacolarizzare un grande dramma, al contempo magari la stessa persona se non fosse stato fatto, avrebbe detto che tali atrocità vanno documentate per portare la realtà a galla.
    Guardando le foto di “Genesi” è impossibile non rimanere stupiti da tale maestosità, ha rappresentato angoli del mondo che guardandoli la prima cosa che mi viene in mente è “se nessuno avesse documentato tutto ciò, non avrei mai pensato potesse esistere”.
    Questo mi è venuto da pensarlo soprattutto quando mi sono imbattuta nelle foto della tribù. Inconsciamente noi sappiamo che ci sono ancora angoli in giro per il mondo la cui vita è questa, però vederlo “catturato” a me ha fatto un certo effetto, soprattutto alcune immagini in cui venivano ritratte tribù primordiali e di conseguenza lo sfruttamento degli animali.
    Una cosa che mi viene difficile guardando queste foto è immaginare un estraneo che li fotografa, in mezzo a tale primitività un corpo estraneo, anzi più corpi estranei, che sono lì solo per documentare tutto questo, ma che poi torneranno alle loro vite.
    La scelta del bianco e nero, molto importante stilisticamente per Salgado, oltre che si far emergere l’anima delle foto senza distrazioni, mi fa vivere e fruire di queste immagini come se non fossero la realtà (appunto perché la realtà è a colori) ed è per questo che mi porta ancor di più a riflettere su quanto invece sia ancora realtà per molti popoli, su quanto guardando queste immagini emerga il rapporto primordiale fra uomo e natura completamente perso da noi, visto dagli occhi pieni di amore e di passione di uno dei fotografi più grandi di sempre.

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  100. Giulia Monti LABA   10 Marzo 2024 at 15:48

    Trovo il lavoro di Sebastião Salgado incredibilmente coinvolgente e ispirante. Le sue immagini hanno un impatto emotivo profondo e trasmettono un messaggio potente sull’importanza di preservare la bellezza della natura e la dignità umana. Con il suo progetto “Genesi” ha documentato le culture indigene in tutto il mondo, evidenziando l’importanza della conservazione dell’ambiente e delle tradizioni ancestrali. L’uso del bianco nero cattura l’essenza della condizione umana e naturale in modo intenso e autentico, trasmette un senso di bellezza cruda e potente, che incitano alla riflessione, suscitano empatia e promuovono la consapevolezza su questioni globali cruciali. In sintesi, grazie all’assenza di colore, le sue fotografie esprimono la bellezza, la dignità, la sofferenza e la resilienza della vita sulla Terra, offrendo uno sguardo autentico e potente sul mondo che ci circonda.
    Salgado ha dedicato la sua carriera a sensibilizzare il pubblico sulle questioni sociali e ambientali attraverso la fotografia d’arte, utilizzando la sua voce visiva per portare l’attenzione su temi urgenti e spesso trascurati. Attraverso la sua sensibilità artistica e il suo impegno sociale, Salgado ha contribuito a elevare il valore della fotografia come strumento per il cambiamento e la consapevolezza globale.

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