Sarà oggi sabato 14 maggio che a Bologna si terrà BU (senza paura) una rassegna ideata degli attori Andrea Zantonello, Alessandro Liuzzi che con Gabriele Catapano e Fabrizio Pareschi hanno dato vita all’evento organizzato dall’Associazione Culturale “Compagnia Teatrale Fa’ Broadway” di Ferrara. In concomitanza con la giornata mondiale contro l’omofobia, la bifobia, e la transfobia, la seconda edizione di BU anche quest’anno vuole portare un contributo alla lotta contro l’omofobia e lo farà in primis sul piano del dialogo, ma anche a modo suo tramite un ARTEritivo vs Omofobia ecco quindi allestito un ricco contenitore a metà strada tra cultura e spettacolo che a partire dalle 17,30 fino alle 24 presso la suggestiva cornice di B-e20 in via Jacopo Barozzi 3, prenderà il via con Stefania Orlando a tagliare il nastro.
Un buon numero di artisti, parecchi i volti noti – non solo del mondo dello spettacolo – hanno dato la loro adesione a sostegno della causa, poiché alla radice di tutto sta spesso il bullismo in ogni sua forma, un fenomeno purtroppo trasversale e in ogni modo esecrabile che va isolato e combattuto. Ecco così che molti vip presenzieranno all’evento e si alterneranno all’interno di una programmazione data sulla carta come piuttosto interessante. Assisteremo a una rassegna di danza, a esibizioni canore, teatrali, show cooking, cake design, installazioni, talk show, mostre e molto altro ancora (per il programma completo clicca qui). Altri personaggi dello spettacolo o della politica hanno dato il loro sostegno in quanto testimonial anche senza essere presenti, come nel caso della grande Franca Valeri, Ivana Spagna o la Senatrice Cirinnà.
Durante la conferenza stampa tenuta a ridosso dell’evento ho avuto modo di rivolgere alcune domande agli organizzatori Andrea Zantonello, Alessandro Liuzzi e Fabrizio Pareschi presidente della summenzionata Compagnia Teatrale Fa’ Broadway.
Intanto come è nata l’idea di dare vita a BU?
A.Z. L’anno scorso dopo l’ultima replica a febbraio della commedia Da Cosa nasce Casa ho chiesto loro (Liuzzi e Pareschi ndr): “Ma perché non facciamo qualcosa per la giornata mondiale contro l’omofobia?” E’ partito tutto da lì, così in due mesi abbiamo organizzato la serata del 17 maggio e poi visto che era andata bene, quest’anno l’abbiamo riproposta.
Per arrivare a questo non siete stati spinti da qualche fattore pregresso o qualche esperienza che avete vissuto voi direttamente?
A.Z. Be’ credo che tutti sin da piccoli abbiamo passato vicende di un certo tipo: le battutine dei compagni di classe, dei genitori… poi per i tanti fatti che continuano ancora oggi ad avvenire. Anche recentemente ne sono successi, per cui ti viene da pensare: “potevamo essere noi (le vittime ndr)”. Noi forse siamo un pochino più fortunati, magari rispetto ad altri.
A.L. In generale riuscire a fare queste cose, parlarne e organizzare questi eventi ti mette un po’ da una prospettiva di forza maggiore, rispetto a chi invece non ha questo tipo di fortuna di poter parlare di questa problematica, di questo vissuto ma si trova unicamente a viverlo. Quindi la nostra posizione è privilegiata o anche di più. Tramite questo evento cerchiamo di parlare anche per chi non riesce a parlare di questa cosa, certo è che non siamo i paladini di nessuno: fatichiamo già a pensare a noi stessi quindi non immaginiamo neanche di poter rappresentare gli altri. Però tanti vissuti sono comuni alcuni di più altri di meno, alcuni superati altri superabili, alcuni non ancora superati. Quindi ben vengano eventi, campagne pubblicitarie talk show manifestazioni di questo tipo senza schierarsi o mettersi in antagonismo con nessuno (Bu è un’organizzazione autonoma al di fuori di ogni schieramento politico ndr) che arrivino al sentire delle persone e facciano sempre pensare che chi parla dall’altra parte potrebbe essere un figlio, un fratello… parliamo comunque di persone che hanno un vissuto come padri e madri di famiglia e che vivono un combattimento emotivo talmente forte da venir fuori poi nella loro vera natura, trovarsi a vivere in un momento di transizione o trovarsi ad avere un altro sesso talmente forte e comunque una famiglia alle spalle che li ami, che è tanta roba questa da gestire. Veramente è una tematica che coinvolge tanta gente e tante generazioni. La differenza rispetto forse a trenta o quarant’anni fa è che se ne parla molto di più, ed è bene che se ne parli nonostante ci sia anche un violento contraddittorio alle volte, però è “una guerra giusta”.
F.P. Direi che lotta è la parola chiave, è un parlarne quotidiano e un guardare anche dentro sé stessi; ma facendo poi un evento come questo io credo che anche un ragazzino di tredici o quattordici anni che si guarda allo specchio e dica di sentirsi sbagliato, quindi se fanno un evento come questo lui che ancora non sa come si sente, non riesce a parlarne con i genitori, può essere di aiuto.
Al di là del discorso sull’omofobia, il nostro quarto “moschettiere” (Gabriele Catapano ndr)ha ad esempio aderito volentieri all’organizzazione anche se è eterosessuale, non ha quindi sofferto di problemi legati all’omofobia ma ha subito episodi di bullismo, lui ora è diventato genitore da pochi mesi (…) di una bimba che sarà la mascotte dell’evento.
Immagino che per un adolescente questo possa essere un grande problema.
A.L. Anche in quest’ottica non è assolutamente casuale la scelta della realtà dell’associazione destinataria di questa beneficenza. Il nocciolo della questione va curato alle radici del problema e siamo in un Paese dove le radici sono il nucleo famigliare dopo di che viene la scuola. Se un bambino di sette, otto o nove anni addita un altro o lo mette all’angolo intimorendolo o spaventandolo e facendolo vomitare tutte le mattine che lui deve andare a scuola: il problema non è del bambino che lo fa, ma il problema è di chi gli ha inculcato questo tipo di atteggiamento. Il problema nasce a tavola, quando si vede il telegiornale, quando si vedono certe cose in televisione, il problema è l’atteggiamento della madre, il problema è l’atteggiamento del padre, il problema di una cultura machista, una cultura che persevera in questo Paese e tutte le sfaccettature che persistono è un problema della nostra società (…) il problema è culturale prima ancora che legislativo.
F.P. L’educazione va fatta anche a scuola sia ai bambini che ai professori. Sono questi genitori (di AGEDO ndr) che vanno nelle scuole fanno educazioni ai bambini ma spesso anche agli stessi professori. L’educazione va fatta anche a loro.
INFO
BU (senza paura) è organizzato con il patrocinio del Comune di Bologna, con il riconoscimento UNAR a difesa delle differenze e il sostegno del MIT (movimento identità transessuale) ed è un evento beneficenza a favore di AGEDO (genitori, parenti e amici di uomini e donne omosessuali, bisessuali e transessuali) e con il contributo di BILT srl.
B-e20 in via Jacopo Barozzi 3, BOLOGNA
Orario: dalle 17,30 alle 24,00.
Ingresso € 10 (Talk dalle 17,30- Performance dalle 19,30 alle 24,00)
tel.: 342.140 8691
e-mail: busenzapaura@gmail.com
Sito ufficiale: www.busenzapaura.it
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