Basquiat, la voce dei neri e l’espressivita tribale in mostra

Basquiat, la voce dei neri e l’espressivita tribale in mostra

ROMA – Basquiat raccontato in 100 lavori dal 1981 al 1987. La stella del neoespressionismo in mostra al Chiostro del Bramante.

Dopo  l’esposizione di Ottobre 2016 al MUDEC di Milano, Gianni Mercurio questa volta in collaborazione con Mirella Panepinto, ci offre circa 100 dei lavori di Basquiat dal 1981 al 1987. Ancora una volta l’artista stupisce il suo pubblico con la forte rilevanza della sua esistenza lacerata. A quasi 30 anni dalla sua morte, le sue opere risultano ancora vive e piene di contenuti. L’obiettivo delle sue opere era restituire soggettività e autorevolezza alla voce dell’altro.

Metà portoricano metà haitiano vive a New York dove conduce una vita dissipata (morirà per overdose nel 1988 a soli 27 anni). Sono gli anni in cui la struttura razzista del colonialismo americano, denigrando e ridicolizzando le pratiche culturali dell’altro, impone e inculca il desiderio di diventare a tutti i costi bianchi. Nascono i Black Studies  con l’intento di dare consapevolezza a una cultura troppo spesso messa a tacere. Basquiat si muove in questa direzione tanto che nelle sue opere inserisce spesso scritte criptiche contro le discriminazioni razziali. Come egli stesso ripete “la mia memoria esiste di per sé ed è laggiù in Africa”. L’arte di Basquiat è alimentata dall’orgoglio del proprio essere nero, dall’affermazione e dalla difesa dei valori afroamericani.

Basquiat
Basquiat Roma

Nelle sue opere non ritroviamo una canonizzazione estetica e di abbellimento ma un immediato riferimento all’espressività tribale. Basquiat inserisce la sua personale  presa di coscienza politica connettendo l’arte con le altre espressioni della società contemporanea quali la musica, la danza e il teatro.

Percorrendo la mostra di Basquiat al Chiostro del Bramante è interessante soffermarsi nella stanza dedicata alla collaborazione con Andy Warhol. I due hanno lavorato a stretto contatto per un lungo periodo. Ci si chiederà come mai Warhol già famoso in tutto il mondo accetti un simile compromesso. A tal proposito  non va dimenticato che in quegli anni Warhol era in una fase discendente della sua carriera mentre Basquiat era la stella dell’arte newyorkese. Erano due personaggi diversi, con storie e trascorsi diversi ma che accettano comunque di lavorare insieme per crescere entrambi professionalmente.  La loro collaborazione rappresenta un dialogo tra due epoche culturali diverse.

Basquiat_Warhol
Basquiat_Warhol

Le opere nate in questo periodo sono un prodotto di quella che William Burroughs chiama la Terza Mente. Due menti eccezionali che si fondono per crearne una terza. Nei quadri lo stile è nettamente differente ma i due artisti trovano un compromesso. Wharol disegna per primo e Basquiat inserisce le sue idee successivamente. Anche se Basquiat e Warhol interrompono questa collaborazione, i due saranno comunque legati da un profondo rispetto tanto che alla morte di Warhol, Basquiat resterà profondamente addolorato.

Basquiat in soli dieci anni di carriera ha spianato la strada agli artisti neri che sono venuti dopo di lui. Tra i messaggi che ci ha lasciato sicuramente  c’è una critica alle avanguardie storiche come Picasso, Matisse e Gauguin. Secondo l’artista questi ultimi non hanno saputo cogliere la forza espressiva dell’arte nera poiché questa può essere prodotta solo dalle genti che l’hanno generata. Basquiat possedeva quindi una memoria culturale che non andava cercata perché già faceva parte del suo essere. La grande madre del suo immaginario era naturalmente l’Africa e la sua anima nera.

INFO: Chiostro del Bramante

Martina Capuano

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