Oenothèque Bio Dialogo franco-italiano sull’enogastronomia biologica

Oenothèque Bio Dialogo franco-italiano sull’enogastronomia biologica

ROMA – Oenothèque Bio  nell’ambito de I Dialoghi del Farnese e in occasione di Goût de France a Palazzo Farnese ha intavolato un interessante Dialogo franco-italiano sull’enogastronomia biologica. Non sono mancati interventi interessanti e punti di vista originali sul futuro del settore enogastronomico. E naturalmente non sono mancate le prelibatezze francesi!

Grande successo a Palazzo Farnese per Oenothèque Bio, evento organizzato per celebrare il mitico Goût de France (se volete sapere più su questo evento cliccate qui ). Noi c’eravamo e tutto quello che possiamo dirvi è che le aspettative sono state ampiamente mantenute. È stata una serata godereccia dal punto di vista enogastronomico, una serata che ci fatto scoprire tutte le golose sfaccettature della cucina francese, e che ha letteralmente coinvolto tutti i nostri 5 sensi.

L’atmosfera della Sede dell’Ambasciata Francese in Italia, Palazzo Farnese, regala sempre grandi emozioni con le sue magnificenze. Oenothèque Bio si è svolto nel bellissimo Salone d’Ercole, famoso per la presenza dell’Ercole Farnese, scultura ellenistica in marmo alta 3,17 m di Glicone di Atene. Insomma, gusto e arte, cosa chiedere di più?

Torniamo alla serata. Ad aprire l’evento è stato l’Ambasciatore di Francia in Italia Christian Masset, il quale ha voluto sottolineare il successo dell’iniziativa, parlando dell’importanza del Goût de France: “Questa manifestazione non deve essere vista solo come un tributo alla cucina francese. È una storia che parla di condivisione. Tutti gli chef partecipanti hanno messo un po’ della loro storia culinaria nazionale nei nostri piatti, mixando i rispettivi stili, e rendendo il tutto ancora più unico”.

E se Masset si è focalizzato sull’aspetto culinario della manifestazione, al regista Jonathan Nossitier è spettato il compito di moderare un discorso molto ampio legato ai vini biologici e al rapporto tra Italia e Francia: “Il settore enoico è in grande fermento e vive una situazione molto positiva. Penso che sia un pianeta a parte, che difficilmente si farà sommergere dalla crisi. Quando si produce vino la cosa più importante è mantenere un legame con la storia locale e con la tradizione. Migliaia di agricoltori, tra cui molti neofiti che hanno abbandonato settori in agonia come il giornalismo, il cinema, la fotografia e le arti si impegnano quotidianamente a produrre vino mantenendo un profondo rispetto per la storia locale”.

Il regista ha affrontato anche la tematica bio: “I viticoltori naturali hanno rifiutato il compromesso cinico e burocratico dei vini “biologici” e sono riusciti a rinnovare una libagione che regala gioia e conforto da ottomila anni, voltando le spalle alle regole del mercato e condividendo un rispetto assoluto per la salute della terra e delle persone che ne berranno il frutto”.

Oenothèque Bio
Gli Chef protagonisti di Oenothèque Bio

Di interventi interessanti sull’argomento ne abbiamo sentiti eccome, il tutto tra una degustazione e un’altra. Un esempio è quello di Giovanna Tiezzi, vignaiola biologica dell’Azienda Agricola Pacina, Chianti: “Provengo dalle colline senesi, un luogo meraviglioso pregno di tradizione enogastronomica sin dai tempi degli Etruschi. La mia passione è l’agricoltura, non mi concentro solo sul vino; nella mia terra facciamo un po’ di tutto dal farro alle lenticchie e ai ceci. Questa passione mi è trasmessa da mio padre, che ha sempre lottato per mantenere vivo questo settore. Si oppose fermamente allo sviluppo delle centrali nucleari in Italia, e mi ha sempre spinto verso una scelta ecologica, che io reputo ancora oggi fondamentale. Dobbiamo mantenere viva l’agricoltura, dobbiamo conoscere ogni sfaccettatura del gusto e dobbiamo riappropriarci in modo sostenibile dei nostri terreni e dei nostri tesori alimentari. In questo ragionamento, il bio non può che essere l’unica via!”

Il senso di appartenenza e la passione per questo settore sono stati i veri leitmotiv della serata. Calzante in questo senso è stato l’intervento di Pascal Amoreau, Vignaiolo biodinamico dell’azienda Domaine Château Le Puy, Bordeaux, che potremmo definire un pioniere del Bio dato che è della 14 esima generazione: “La mia famiglia è nel ramo del vino da sempre e ha come obiettivo quello di promuovere la biodiversità a tutti i costi. Non abbiamo mai aggiunto nulla al prodotto naturale neanche quando forse sarebbe servito. Dopo la Seconda Guerra Mondiale vennero introdotti i pesticidi e noi per tirchieria non abbiamo aggiunto neanche quelli. Questa nostra mentalità la dobbiamo alle nostre origini: Siamo sempre stati contadini e, anche se ci hanno sempre guardato con sospetto, ora dopo 50 anni ci invidiano l’esperienza biologica.”

Biodiversità, agricoltura ecologica, biodinamica. Sono state queste le parole chiave di Oenothèque Bio. “Cos’è la biodinamica? – ha esordito Pierre Frick (azienda Domaine Pierre Frick, Alsazia) – è la presa di coscienza che l’essere umano sarà sempre collegato e influenzato da tutti i tipi di vita che lo circondano da quella vegetale a quella animale a quella terrestre, spaziale e zodiacale”.

L’agricoltura ecologica è invece “un atto sociale che non ha confini” secondo Lucio Cavazzoni, Presidente di Alce Nero che ha poi proseguito: “Dopo la Grande Guerra tutto è diventato chimico, tutto derivato dal petrolio. La chiamiamo agricoltura fossile, perché inquina nel profondo. Dopo anni di ostracismo e di difficoltà posso dire che l’agricoltura biologica sta crescendo giorno dopo giorno, perché aumenta la consapevolezza di quanto sia importante”. I numeri in questo caso non mentono mai: “Il 15% del nostro terreno sta diventando coltivato biologicamente.

Dietro l’idea di biologico c’è un’idea di salute, ma anche un bisogno da parte della gente di un ritorno al genuino rapporto con la terra”. In conclusione un invito: “Smettiamo di comprare cibo industriale ed interrompiamo i cicli nocivi”.

A chiudere Oenothèque Bio, l’intervento di Olivier Roellinger, Chef e specialista di spezie: “Voglio ringraziare tutti coloro che hanno lottato contro tutto e tutti per ridare vita alle proprie terre. Penso a quei pochi visionari che producevano bio 30-40 anni fa. Ci hanno lasciato una traccia. Perché il mio compito e quello di ogni chef è cucinare e cucinare significa fare di tutto per prolungare e rendere sana la vita di colui che mangia per me. Non dobbiamo pensare ai premi o alle stelle. Bisogna parlare di cucina sana per un futuro migliore, pensare alle stelle è ormai anacronistico.

Noi chef dobbiamo assumerci delle responsabilità. Quando JFK vide che la maggior parte degli americani era sulla via dell’obesità, rese obbligatorie le palestre in tutte le scuole. Ci furono critiche e difficoltà ma poi riuscì nel suo intento. Ecco, noi, dobbiamo fare la stessa cosa, vale a dire spingere i nostri governi e creare una migliore cultura del cibo e un’etica focalizzata sul rispetto della terra. Grazie a Dio, non sono solo io a pensarla così. Collaboro con 150 chef di tutto il mondo proprio per questo e non sarò soddisfatto fino a quando non raggiungeremo questo obiettivo tutti insieme.”

Insomma, una serata piena di gusto ma dove non sono mancate riflessioni e punti di vista interessanti per il futuro.

Oenothèque Bio

L'Editore

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