Bergamo, la città gentile

Viaggio a Bergamo, dove i custodi dei musei parlano sottovoce...

Nonostante la comodità dell’aeroporto di Orio al Serio, rimaniamo convinti che la migliore porta di accesso a Bergamo rimanga la linea ferroviaria da Milano. Perché attraversando i territori che non separano ma uniscono il capoluogo orobico alla metropoli, si avverte la netta sensazione che Bergamo sia uno degli assi di sviluppo fondamentali di una nuova dimensione produttiva delle aree settentrionali. Serre modernissime si alternano a piccole e medie imprese, capannoni accanto a piccoli insediamenti abitativi, sia disseminati nella campagna a macchia di leopardo sia addensati in comunità molto efficienti: a Dalmine c’è uno dei GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) più attivi d’Italia, che applica principi di equità e solidarietà agli acquisti globali, scegliendo soprattutto prodotti alimentari provenienti da agricoltura biologica. Questa terra da molto tempo non è più quella de L’albero degli zoccoli  di Ermanno Olmi, ma una delle province più ricche d’Italia fin da quella fase della nostra storia in cui, come riconobbe Giorgio Amendola negli anni Settanta, il Paese era cresciuto in vent’anni più che nei due secoli precedenti.

Questa città gentile che mostra equilibrio in ogni sua dimensione, sviluppatasi nel tempo senza perdere il senso della misura, articolata in due città ma molto ordinata, comunica altresì una forza tranquilla: capace di rafforzare l’attività manifatturiera e la produzione enogastronomica dopo la crisi dell’industria cementiera eppure legata al contado da mille fili visibili e invisibili, si va collocando al centro di una nuova esperienza produttiva legata alla cultura in quella che rimane pur sempre una delle più importanti regioni agricole d’Italia.

“L’evento Expo ha dimostrato che non solo Milano ma anche altre ampie fasce di Lombardia hanno retto bene” dice Cristiana Crippa, Direttore del Mercure Bergamo Centro Palazzo Dolci. “Quindi è ragionevole pensare che potremo sempre più beneficiare di un effetto a cascata che dalle grandi città sposta i flussi turistici verso le città d’arte”. In effetti il futuro del turismo culturale si prospetta sempre più roseo, se visto dai confortevoli divani del Mercure, che ha sede nello storico Palazzo Dolci: albergo centralissimo della città, fra Porta Nuova da cui si gode la skyline della città alta sulla collina oltre i bastioni, e i palazzi istituzionali accanto al bellissimo Teatro Donizetti.

Nell’Hotel tutto è perfettamente organizzato all’insegna del comfort e accanto ai tavoli del breakfast sono sempre disponibili i quotidiani del giorno e i programmi sugli eventi cittadini. La dinamica manager, con esperienze gestionali in altri prestigiosi alberghi del gruppo, conferma l’immagine di una città che non presenta squilibri di integrazione: “Abbiamo vari dipendenti che sono arrivati come migranti e sono perfettamente inseriti nell’organico, anche grazie a una policy aziendale molto attenta alle risorse umane e capace di gestire il diversity management: molti dirigenti delle varie strutture del gruppo sono donne, c’è grande attenzione all’orientamento di una clientela di qualità e siamo fra i pochi alberghi ad avere la certificazione del corretto smaltimento dei rifiuti. Malgrado la scarsità di neve di questo inverno, compensiamo le presenze grazie agli eventi artistici, alle compagnie di attori, musicisti, cantanti e ballerini che animano i tre teatri cittadini e alla congressistica medica. Non c’è dubbio che la vera sfida dei nostri anni consiste nella capacità di attrarre nuovo pubblico attraverso la crescita culturale delle città”.

Nell’aprile scorso ha riaperto dopo vari anni di chiusura per restauri l’Accademia Carrara, museo non grande ma assolutamente prestigioso, fondato nel 1796 con annessa scuola di belle arti, famoso per la presenza di opere di grande valenza artistica. Già all’ingresso del percorso museale lo splendido edificio presenta alcuni momenti della sua storia attraverso un video didattico che vede protagonisti il Conte bergamasco Giacomo Carrara, che costituì la pinacoteca con la sua passione di collezionista, e Federico Zeri, il grande critico che nel 1998 arricchì con la sua donazione di sculture le sale di arte moderna del secondo piano: i due illustri personaggi attraverso una spiritosa animazione divengono soggetti di una sorta di serious game.

Le opere di epoca rinascimentale collocate al primo piano varrebbero da sole un tour in città: dai dipinti di Giovanni Bellini a Mantegna, dalla complessa Nascita di Maria del Carpaccio agli splendidi quadri di Lorenzo Lotto, il grande veneziano emarginato in patria e spinto a recarsi a Bergamo che era il possedimento più occidentale della Serenissima,in cui visse e operò ad altissimi livelli per ben tredici anni. Fernando Noris, un professore di storia dell’arte molto noto sul territorio ha appena pubblicato un libro che racconta un’attività teatrale condotta dagli studenti della scuola media di Trescore intorno agli affreschi di Lotto nella Cappella di Villa Suardi, un originale approccio dei giovanissimi al patrimonio culturale locale.

”I musei saranno sempre più straordinari luoghi di dialogo” ha detto Emanuela Daffra nuovo direttore della Carrara  alla conferenza stampa col  Sindaco Giorgio Gori sul nuovo corso dell’Accademia. E dialogo non vuol dire soltanto collegamento e rilettura di opere diverse poste a confronto,ma anche relazione con le scuole,con la città e con i soggetti privati che sosterranno le attività culturali con la loro munificenza.

Impossibile dar conto di tutte le opere presenti nel museo, che lasciamo alla curiosità del viaggiatore,ma non c’è dubbio che il percorso artistico trovi il suo culmine nel famoso San Sebastiano di un Raffaello non ancora ventenne. Restaurato nei laboratori della Scuola di Restauro dell’Accademia di Brera, per colmare le lacune pittoriche della tavola, il famoso dipinto è ritornato al suo splendore e propone la nota icona in una chiave aristocratica in cui non emerge la consueta morbosità della postura corporea, ma la figura si iscrive nell’ordine teologico della pazienza sacrificale propria della santità. La dimensione del silenzio si addice alla pittura religiosa e perfino i custodi si muovono da una sala all’altra parlando sommessamente,come a rispettare il segreto dell’arte e il raccoglimento del visitatore.

La riapertura del museo cittadino è stata vissuta dall’intera città nell’aprile scorso come un evento epocale e un bel docufilm di Davide Ferrario mostra le immagini dei Bergamaschi in attesa che si riaprissero i cancelli,come a voler tornare a far visita a un parente prossimo che è parte di se stessi.

Ma in questi giorni un altro illustre concittadino guarda i Bergamaschi negli occhi attraverso i cartelloni pubblicitari sparsi in città: è il famoso Sarto dipinto dal grande ritrattista cinquecentesco Giovan Battista Moroni, che fu acquistato nel 1862 dalla National Gallery e torna in prestito dal museo londinese fino al 28 febbraio, per dar vita a un gioco di identificazione dell’intera città,in cui ogni personaggio diviene un’indagine psicologica che si perfeziona attraverso un dettaglio.

Nel centro storico della città bassa, che ruota intorno a Piazza Matteotti, difficile non cedere al fascino di una passeggiata fra la miriade di palazzine fra via XX settembre e piazza Pontida, che testimoniano l’influenza della lunga dominazione veneziana e hanno visto crescere la presenza di eleganti fashion corner che propongono abiti, calzature, accessori moda e si alternano a piccoli bar e bistrot; non dimentichiamo che qui sorse la guanteria di Dante Trussardi (nonno di Nicola) nel 1910 e nel 1935 vi nacque Mariuccia Mandelli in arte Krizia. Questo senso di armonia che si esprime in una urbanistica priva di scempi,trova riscontro nella particolarissima città alta: un tuffo nel medioevo dopo pochi minuti di funicolare, edifici di gusto antico perfettamente restaurati si susseguono intorno al magnifico Duomo, dove un cartello avverte opportunamente che la mancata rimozione delle deiezioni canine sarà sanzionata da una multa di 100 euro; e alla riflessione sulla tutela dei centri storici servono anche le misure pratiche di governance cittadina.

Nel cuore della città alta convivono bene pub e antiche trattorie, fra birre artigianali e cucina tipica locale: dentro i bastioni i vegetariani che non gradiscano carni o polenta e osei possono ripiegare sul dolce dallo stesso nome, in cui gli uccellini cucinati in padella sono sostituiti da tocchetti di cioccolato inseriti nel pan di Spagna, oppure assaggiare zuppe e funghi della generosa terra lombarda.

Lasciando una provincia che tuttavia non è mai provinciale, accade di pensare che Bergamo oltre che una città è un’atmosfera, una foresta di segni che il viaggiatore deve decodificare,ma che riesce ancora a conciliare gli eventi di Bergamo Scienza con il medioevo, la pietà di Papa Roncalli con il cuore commerciale di una smart city.

Il fascino di Bergamo s’intensifica se soggiornerete come me a Palazzo Dolci, della catena ACCOR Hotels. Ve lo consiglio.

Bergamo, la città gentile

Gennaro Colangelo
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One Response to "Bergamo, la città gentile"

  1. Stefano Maria Pantano
    Stefano Maria Pantano   8 Gennaio 2016 at 23:57

    Una capacità di analisi che muove da strumenti ermeneutici raffinatissimi e da una cultura per noi ancora di là da venire.

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