Il cinema italiano a Venezia 75: Capri Revolution stordisce tutti per bellezza e profondità

Il cinema italiano a Venezia 75: Capri Revolution stordisce tutti per bellezza e profondità

VENEZIA – L’opera di Martone è straordinaria e convince critica e appassionati. Il remake cinematografico del fumetto di Zerocalcare fa sorridere ma non riesce a riproporre la stessa atmosfera dell’originale. Particolare e misterioso invece è il nuovo lavoro di Andò con un Roberto Carpentieri in forma spaziale.

Come se l’è cavata il cinema italiano a Venezia 75? Per rispondere, abbiamo preso in analisi 3 film molto diversi, con obiettivi e target differenti.

Cominciamo dalla perla del cinema italiano di questa kermesse, vale a dire Capri Revolution, serio candidato a caso cinematografico dell’anno in Italia e forse addirittura a qualcosa di più. Il film di Martone (“Il giovane favoloso”, “Noi credevamo”) è ambientato alla vigilia della Prima Guerra Mondiale ed è incentrato sulla storia (vera) della comune di Diefenbach, un gruppo di giovani nordeuropei che trova in Capri il luogo ideale per vivere in piena libertà, a stretto contatto con la natura, sviluppando la danza come forma di religione, fuori da tutti e da tutto. Insomma quasi dei proto-hippies. La vera protagonista è Lucia, una giovane pastorella locale analfabeta interpretata dalla bravissima e giovanissima Marianna Fontana (Indivisibili) che proverà a seguirne l’esempio, acquisendo i mezzi per diventare totalmente indipendente e estranea dai ruoli che la società dei primi del 900′ le aveva messo addosso.

cinema italiano a venezia 75
Marianna Fontana, Mario Martone e Reinout Scholten van Aschat

Questo film mette in contrasto mondi e visioni diverse – ci ha raccontato Martone in conferenza stampa – da una parte il mondo contadino di Lucia, e dall’altro la comune dei giovani ragazzi alternativi. L’isola è il mondo, la metafora del mondo. Il mondo è un’isola. E l’unica cosa possibile è confrontarsi”.

Il regista ha inoltre parlato della scelta di narrare la storia della comune di Diefenbach: “L’idea è nata dalla visione dei suoi quadri alla Certosa di Capri. Non sapevo chi fosse – ha aggiunto – l’arte per Diefenbach non era una questione estetica ma attraverso l’arte si tentava di immaginare un modo per rapportarsi con le persone, quindi era soprattutto un fatto politico. Il maestro era una figura nuova, un performer come Beuys, un’artista che anche nella performance di danza cercava una relazione con le persone. Il lavoro con Raffaela Giordano che ha creato le coreografie, è stato fondamentale”.

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Capri Revolution ha letteralmente stupito tutti per la sua carica malinconica e per la sua raffinatezza con la quale parla di tematiche profonde, ancora molto attuali oggi. Anche a livello tecnico siamo rimasti positivamente stupiti. Sembra quasi di assistere a una serie di quadri sovrapposti in rapida successione, i colori, la fotografia, le inquadrature sembrano fatte da un pittore. E poi Marianna Fontana. Che talento! Un talento spontaneo e diverso. La ventenne nata a Maddaloni, piccolo comune in provincia di Caserta di 38 mila abitanti, mostra in maniera personalissima il percorso di emancipazione di Lucia, giovane si, ma che potrebbe essere nostra nonna o bisnonna, in un tempo in cui la donna era incastrata in un meccanismo patriarcale e oppressivo, e uscirne era impossibile e impensabile. Capri Revolution parla di donne, di ribellione e di libertà. Complimenti!

Altra storia da raccontare per quanto riguarda il cinema italiano a Venezia 75, è sicuramente quella legata alla commedia “La Profezia dell’Armadillo”, pellicola basata sull’omonima grafic novel di Zerocalcare e presentata nella sezione Orizzonti. Un titolo che magari dirà poco al grande pubblico, ma che per gli appassionati di fumetti e del grande Michele Rech rappresenta quasi una religione.

La trama in breve: Zero insieme al suo amico Secco, cerca di rintracciare un’amica di infanzia per riferirle che un’altra ragazza con cui un tempo passavano intere giornate a divertirsi è morta prematuramente. In parallelo alla ricerca di Zero, il protagonista, alla soglia dei 30 anni, avrà l’occasione di fare i conti con la sua vita, una vita precaria, piena di ambizioni mai concretizzate e di lavoro precario.

Il film ha avuto una storia travagliata per quanto riguarda la fase di produzione: il progetto era stato affidato a Valerio Mastandrea che dopo poco però aveva abbandonato per motivi personali. La regia è stata poi ereditata dall’esordiente Emanuele Scaringi. Inutile dire che i tempi si sono allungati, e inoltre il remake cinematografico dell’opera di Zerocalcare non veniva visto di buon occhio dai fan, che temevano un fallimento annunciato.

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Simone Liberati e Pietro Castellitto, protagonisti de “La Profezia dell’Armadillo”

Riuscire a trasformare un fumetto iconico in un film di valore non è mai facile, figuriamoci in queste condizioni. Ne esce fuori un’opera che rispecchia molto poco l’originale di Zerocalcare e con alcune lacune narrative evidenti. Ma si fa voler bene, perché fa ridere, sorridere e pensare, i dialoghi sono brillanti cosi come i tempi comici e i 2 attori giovani protagonisti, Simone Liberati e Pietro Castellitto, regalano ottime performance che fanno ben sperare per il futuro.

Concludiamo con una bella sorpresa che ha strappato applausi e sorrisi convinti durante la proiezione a Lido. Stiamo parlando di “Una storia senza nome” di Roberto Andò (“Viva la libertà”, “Le confessioni”) film drammatico a tinte misteriose che racconta la misteriosa vicenda del misterioso furto, avvenuto a Palermo nel 1969, di un celebre quadro di Caravaggio, la Natività.

E’ una storia che mi appartiene molto – racconta Roberto Andò in conferenza – mi appartiene perché palermitana ed emblematica per raccontare una storia sul cinema. Ho voluto mischiare realtà e finzione e ho utilizzato il dispositivo investigativo per giungere ad una verità”.

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Alessandro Gassman e Micaela Ramazzotti in una scena del film

Il film può contare su 2 certezze e una sorpresa che tanto sorpresa non è. Le 2 certezze sono Micaela Ramazzotti e Alessandro Gassman. La Ramazzotti interpreta Valeria, segretaria di un facoltoso produttore cinematografico e ghost writer per lo sceneggiatore Alessandro Pes (Gassman). Un giorno da un poliziotto in pensione, a lei sconosciuto, ottiene la trama per un film senza nome. Quella storia però, si rivela pericolosa, e la porta a relazionarsi col mondo mafioso di Palermo.

La figura chiave è quella interpretata da Renato Carpentieri, riscoperto dal grande cinema dopo il successo de “La Tenerezza”, che interpreta il personaggio affascinante e misterioso di un ex detective. “Il mio personaggio è un investigatore in pensione, è rimasto ferito dal furto del Caravagggio, ma i dati di cui è in possesso non bastano a scoprire che fine ha fatto, pertanto ha bisogno della forza di immaginazione e della fantasia di un raccontatore di storie perché solo attraverso queste si riesce ad illuminare le parti oscure della realtà”.

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Renato Carpentieri

Entusiasti i due protagonisti, soprattutto Gassman che parla così di “Una storia senza nome”: “Leggendo il copione ho apprezzato la sua grande complessità, caratteristica che non sempre è di casa nel cinema italiano”. Lo segue la Ramazzotti: “Finalmente ho potuto osservare chi scrive i nostri ruoli, sperando di aver dato loro giustizia e gratitudine! Roberto riesce a osservare e raccontare unendo realtà e fantasia in un equilibrio perfetto. Riesce a farlo perché è uno scrittore e gli scrittori hanno uno sguardo diverso da tutti gli altri”.

Insomma, un thriller a tutti gli effetti, un film italiano che di italiano ha poco, una sfida vera e propria. Ci inganna, ci racconta una storia che poi viene stravolta completamente dai colpi di scena, gestiti benissimo sia a livello narrativo che registico.

E anche per oggi è tutto, da Venezia un saluto.

Selezione Ufficiale Venezia 75

Paolo Riggio

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