#vorreiprendereiltreno

#vorreiprendereiltreno

È un qualunque pomeriggio d’estate. Ho appena concluso il sacrosanto rito della merenda. E mi ritrovo a scrivere su un foglio giallo come il sole “#vorreiprendereiltreno”.
Io che sul quel treno ci salgo fin troppo spesso. Io che ne farei volentieri a meno. Io che l’ho rincorso, perso, maledetto. Quel treno. Io che senza 3G e musica nelle orecchie già non sopporto più il viaggio. Io che guardo troppo poco dal finestrino la bellezza che mi corre parallela. Io che mi lamento di quanto siano scomodi i sedili, dell’aria condizionata che puntualmente si arrende e mi lascia in panne, del ritardo che si accumula senza motivo e mi scombussola i programmi.
Sì, sono sempre io. Eppure mi ritrovo a condividere e sostenere l’entusiasmo di chi non ha mai sperimentato la mia quotidianità di viaggiatrice incallita. Non perché non voglia, semplicemente perché non può.
Prendere il treno è una di quelle azioni che con banalità diamo per scontate e ad appannaggio di tutti. Fa parte della serie di riflessi spontanei sui quali non riflettiamo. Riguarda la sfera dei diritti inalienabili di cui, crediamo, non ci sia neanche bisogno di discutere più. Implica la possibilità di alzarsi con la voglia di passeggiare per Roma e avere i mezzi fisici per poterlo fare. Roma, come Parigi, come l’Europa, come il mondo. Il viaggio non dovrebbe conoscere barriere né forme di emarginazione. Il viaggio lo consideriamo dovuto perché tale dovrebbe essere.
Ecco, non lo è. Non lo è per niente e Iacopo, giovane ragazzo di 22 anni, ha iniziato a spiegarcelo con la delicatezza e la consapevolezza di chi odia fare del proprio handicap una scusa strumentale al vittimismo.
Iacopo ha iniziato a combattere la sua battaglia alcuni giorni fa su Twitter, quando, in risposta ad un intervento di Maria Chiara Carrozza, ha sfruttato l’appiglio relativo al “magnifico treno” da lei citato per poterle ricordare la difficoltà che ogni giorno i disabili come lui incontrano volendo semplicemente usufruire del trasporto pubblico. L’iniziativa di sensibilizzazione contro le barriere architettoniche è proseguita poi sul blog personale di Iacopo, dove il ragazzo sceglie di porre la questione su un piano più ironico del previsto, trovando forse la chiave migliore per descrivere l’entità del problema senza, di nuovo, piangersi minimamente addosso.
20140701_c2_iacopo-melio-.jpg.pagespeed.ce.6g3-vMC4XtCredo sia stata proprio questa la forza del suo messaggio: sollevare la questione con estrema dignità e cortesia, in modo leggero, per non appesantire una condizione che, di fatto, ha già un suo rilevante peso specifico. Allora si è innescata una catena social fatta di solidarietà e civiltà, di amici di Iacopo e altri totalmente estranei che hanno deciso di postare un selfie intelligente, tenendo tra le mani un foglio con su scritto “#vorreiprendereiltreno”, il grido di battaglia.
Che poi è un desiderio espresso con massima umiltà, più che un vero grido di battaglia: “Vorrei” non rivendica, non pretende, non è arrabbiato. “Vorrei” è l’incipit di chi alza la mano per avere la parola, aspetta il proprio turno e solo allora solleva educatamente la questione. Una questione che, tra l’altro, ci attanaglia da un bel po’: il problema irrisolto delle barriere architettoniche in Italia doveva essere riportato all’attenzione “di chi può e ha i mezzi” per trovargli una soluzione. Iacopo l’ha fatto.
#vorreiprendereiltreno, ditelo anche voi.

Silvia Valesani
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