Brachetti quante sorprese!

Brachetti quante sorprese!

Teatro Europauditorium, 1°marzo. Si contano sulle dita di una mano le rarissime poltrone ancora libere a 10 minuti dall’inizio dello spettacolo, il teatro anche per questo terzo appuntamento con “Brachetti che sorpresa!” ha saputo riempirsi di spettatori come accade ogni volta che personaggi carismatici e dal talento riconosciuto, come quello degli ospiti di questi giorni, ne calcano le scene. Nello show, il trasformista numero uno al mondo, non sarà solo, in quanto coadiuvato dai bravissimi Luca Bono, Luca e Tino oltre che Francesco Scimemi.
Lo spettacolo è stato perfezionato – in questa edizione – da Davide Calabrese che ne ha rivisitata la precedente del regista David Livermore.
La struttura dello spettacolo è “semplicissima” nella premessa poiché, a tutti gli effetti, si tratta di un viaggio di ricerca di qualcosa che si è perso, quindi nulla di più indicato di un deposito bagagli ingombro di oggetti e valigie in un imprecisato aeroporto; ma l’ingranaggio che dà vita a tutto il movimento è di una laboriosa complessità creata con mentalità ingegneristica e resa impeccabile da un artista che non si risparmia per la minuziosa caparbietà con cui tende e raggiunge risultati di insindacabile precisione!
Un viaggio simbolico, metaforico è quello che spetta al nostro protagonista apparentemente impegnato a recuperare la valigia rossa che contiene tutto il suo mondo e/o sé stesso. Viaggio affrontato solo come Brachetti ci ha abituati, grazie alle sue celerissime e fantasiose metamorfosi. Il viaggio è arricchito da una miriade d’invenzioni e l’aspetto corale del tutto sta nel fatto che ogni artista inserisce le sue abilità e ciò in cui eccelle in modo ben congegnato poiché l’effetto d’insieme della narrazione funziona, non ci sono forzature, tutto viene ben armonizzato: ognuno di loro è portatore di abilità che si incanalano alla perfezione nel discorso narrativo, in modo armonioso.
Brachetti Che Sorpresa! (9)Brachetti porta le sue trasformazioni che l’hanno reso celebre ma inimitabile, non solo quelle però! Disegnerà con la sabbia (sand painting), interagirà col video, sarà protagonista di un uso fuori dagli schemi e alquanto recente del laser, ma poi riproporrà – eseguendo mirabilmente le figure – quanto di più antico e ancora intrigante esista: le ombre cinesi. Questo è uno spettacolo che nel suo insieme pare un po’ matrioska e molto contenitore, ma del quale non si butta nulla poiché tutto è bello e ben reso, senza contare che è rapidissimo l’incedere. Non c’è un solo attimo di noia con nessun intervallo a interrompere la magia.
Quattro, come preannunciato, le figure tra di loro opposte che si alterneranno per impossessarsi del “magico” involucro, ognuna di queste altro non rappresenta che un aspetto del Nostro. Il fatto stesso di essere in lizza per la valigia, suppone la volontà di ognuna di queste parti a volersi imporre sulle altre.
Arturo Brachetti nei panni – per una volta – di “sé stesso” inizia uno spasmodico giro intorno al mondo per recuperare il bagaglio smarrito e noi con lui, a seguirne le vicende; da questo punto in poi, ci si perde ma ci si ritroverà. Ci si perde perché si rincorre il nostro in miriadi di luoghi raggiunti alla velocità della luce, si ride tantissimo, ci si stupisce, ci si meraviglia, si viene chiamati a partecipare, a salire sul palco, ci si presta allegramente a quelle che sono le richieste degli artisti.
B-R7sIvIcAAvb46Ognuno dei quattro esibisce un lato di Brachetti: vuoi l’aspetto materiale dell’attrazione del cibo impersonata da Francesco Scimemi, la cui indole goliardica e godereccia viene simboleggiata da un maiale alato; l’incanto poetico della magia, dello stupore viene impersonato dal Luca Boni, il più giovane del gruppo, e per ciò idoneo a rappresentare Brachetti bambino. Boni non risparmierà una bellissima serie di numeri di prestigiazione di ispirazione classica ma rivisitati, svecchiati e mostrati con sbalordiva velocità.
Luca e Tino, i due scanzonati personaggi onnipresenti sul palco che entrano in scena già prima che il sipario si apra con una presentazione fuori dagli schemi che ha sconcertato in diversi fra il pubblico allorché, scambiati per degli inservienti del teatro, hanno esordito facendo alzare le persone volendo portare una sedia in mezzo alle poltrone e cambiando poi direzione, dopo che l’intera fila si era alzata. Hanno suscitato una serie di commenti increduli: “Ma dove vanno?”; “Ma lì non vedono che ci sono già le poltrone?!”, che mi ha fatto pensare a John Cage e alla sua controversa sonata 4’33” dove “la musica” non c’è salvo ciò che viene prodotto dal pubblico e dall’ambiente!
Ci si perde sì, poiché la narrazione porta dentro al suo interno di tutto e bene. Ci si ritrova alla fine poiché il Nostro dovrà, una volta recuperata la valigia, ricompattare le sue parti e optare per il livello superiore, compiendo una scelta evolutiva che gli consenta di crescere abbandonando così quel terzo livello al quale era fermo da 30 anni!
Salutati con energia e calore, gli artisti si sono congedati dal pubblico dopo 2 ore di spettacolo.

Daniela Ferro

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