Un viaggio emozionale con Luca Mauceri

Un viaggio emozionale con Luca Mauceri

FROSINONE – Incontro a tu per tu con Luca Mauceri dopo il suo spettacolo a Sora (FR) che lo rivedrà protagonista nella stessa località martedì 19 Luglio sera nella suggestiva location della chiesa della Madonna delle Grazie.

È stato un viaggio “alle sorgenti delle emozioni” quello che a Sora (FR) si è potuto provare il 5 e il 6 Luglio 2016 sotto la guida di un capitano degno de L’attimo fuggente: il musicista, attore e compositore Luca Mauceri. Il doppio appuntamento di condivisione culturale, ospitato dalla sede dell’Associazione Il Faro Onlus, da anni attiva nell’assistenza e nel recupero sociale dalla tossicodipendenza, è stato un successo reso possibile soprattutto grazie al lavoro del gruppo dei volontari della struttura, coordinati dall’ Ing. Armando Caringi, broker sociale. Presenti durante la seconda serata anche le autorità civili, rappresentate dall’Assessore alla cultura Sandro Gemmiti. Ad aprire il sipario della serata di Martedì 5 è stato Mauceri-attore, che ha incantato il pubblico con il suo nuovo spettacolo Le poesie di Eduardo, recital dedicato alla produzione in versi di uno dei padri del teatro italiano. Lo spettacolo rappresenta una delle rare eccezioni che confermano la regola secondo cui determinate tradizioni regionali vadano lasciate all’esperienza di chi le conosce dal di dentro: questo è infatti il caso infrequente in cui un artista non partenopeo dimostra insolitamente di saper esprimere, con grande sensibilità e perizia tecnica, il complesso universo di una Napoli capace di mantenere viva la magia di una notte piena di stelle anche davanti alla tragedia, grazie a una sagacia che sa diventare poesia come in pochissime altre culture. Particolarmemte intensa è stata l’interpretazione di Luca Mauceri del cavallo di battaglia eduardiano Dint’ a butteglia; evocativi anche i momenti de O mare, i cui versi erano cullati da un trascinante fruscio ondoso ricreato da un bicchiere di sale grosso riversato nel retro di una “tammorra”, e quelli in cui la vicenda di Vincenzo De Pretore ha offerto una delle summae più complete della sapienza napoletana. Il 6 Luglio è stata invece la volta della musica, con il concerto emozionale Secrets, un viaggio fatto di musica, videoimmagini raccolte da diversi Paesi europei e parole che raccontano di un altro viaggio: il nostro. La suggestiva serata di Secrets rientrava in un tour di promozione dell’omonimo disco (oltre 40 date in tutta Italia) che raccoglie le musiche composte dallo stesso Mauceri e nei live eseguite in coppia con il Maestro Donato Cedrone al violoncello. “There are secrets all around and you could be the keeper” è il monito che campeggiava davanti al pubblico prima che si desse il la di apertura. Il cuore del messaggio dolcemente condiviso dalle delicate melodie di vaga ascendenza einaudiana è un invito all’ascolto di sé e degli altri, a vivere il presente consapevolmente e a riflettere sul significato delle “coincidenze” in relazione alla nostra responsabilità.

Dopo il concerto abbiamo avuto il piacere di incontrare da vicino il Maestro Luca Mauceri, a cui abbiamo potuto rivolgere qualche domanda…

1) Maestro, durante la prima serata di spettacolo qui a Sora ha fatto cenno alla sua infanzia a cui risale, oltre che l’affezione per il mondo di Eduardo, la sua vocazione artistica in generale. Raccontava di quando le capitava, in casa, di ascoltare la voce del celebre attore napoletano incisa sui dischi che suo padre, insegnante, amava spesso tenere in sottofondo mentre era al lavoro nel suo studio. Partendo dall’humus sicuramente fertile in cui lei è cresciuto, potrebbe ripercorrere le tappe salienti che l’ hanno portata, coraggiosamente, a fare dell’arte la sua professione?

Innanzi tutto il mio percorso nasce da una grande passione che mi ha sempre mosso per le cose. Ho cominciato con il fare musica; poi da studente di liceo ho scoperto anche il teatro, appassionandomene. Poi ancora, con l’università, ho scelto di studiare scienze dello spettacolo.

2) Lei rappresenta una di quelle figure ormai quasi estinte in cui alla creatività e al bagaglio tecnico-artistico si somma una solida cultura accademica…

Sì, c’è una robusta cultura accademica, anche perché provengo da una famiglia di insegnanti e ho un’idea dello studio molto elevata. Ho sempre divorato libri e dedicato tempo all’approfondimento. Il percorso letterario e culturale è fortemente presente nel mio immaginario e nella mia scrittura scenica e non.

3) Quindi Luca Mauceri potrebbe essere definito un “artista indipendente”? Che rapporto ha con i modelli in generale e in particolare con le Accademie e tutte quelle strutture istituzionali cui è demandata la formazione degli artisti?

Penso che si sia sempre dipendenti da qualcosa e da qualcuno. Se mi guardo indietro mi accorgo di essere debitore a tante persone che mi hanno formato: alcune in maniera consapevole, attraverso dei corsi; altre inconsapevolmente, avendo rappresentato per me dei modelli ai quali mi sono ispirato. Curiosamente sento tanta gratitudine nei confronti di esperienze che non sono molto evidenti nel mio lavoro attuale, eppure mi hanno molto influenzato. Un esempio ne sono i teatri di ricerca post-sessantottini che si rifacevano a Grotowski, a Barba e a tutta la cultura dell’Odin Teatret . Nonostante me ne sia poi distaccato, quella tradizione resta un passaggio fondamentale per me, perché mi ha dato modo di rompere gli argini, di creare un nuovo modo di vedere il teatro e di rivoluzionare la concezione del corpo dell’attore in scena. Il paradosso è quello riproporre una tradizione classica come quella di Eduardo pur venendo da una lunga esperienza di terzo teatro barbiano, dove il corpo è studiato come principale strumento espressivo: non so quanto ciò sia evidente. Sono perciò a mio modo un indipendente perché ho avuto tanti maestri, ma non provengo da un’accademia specifica. La mia formazione è fatta da tanti percorsi incrociati: oltre al periodo di studio nel terzo teatro, mi sono specializzato al Piccolo Teatro di Milano, ho frequentato corsi con grandi registi, ho lavorato sul corpo come mimo… La cosa importante che sento oggi di poter dire consapevolmente è che c’è stata ad un certo punto una grande virata nel mio iter artistico e cioè il mio incontro con la spiritualità, che ha profondamente influenzato la mia umanità e il mio essere attore dopo un iter di forte crisi e di ritorno all’ascolto. Questo mutamento di prospettiva ha comportato già da molti anni una sorta di imperativo categorico in forza del quale io non posso stare sul palco per fare cose in cui non credo, che non mi procurino emozione e che non ritenga oneste e in condivisione con gli altri.

4) La sua carriera la porta a muoversi su tutto il territorio nazionale, spesso in altri paesi europei e a doversi interfacciare con i meccanismi produttivi ed economici dello spettacolo a vari livelli. Nelle serate di ieri e di oggi realizzate presso il Faro si è potuta realizzare la condizione di condivisione ideale, dove l’unica intercapedine tra lo spazio scenico e l’esterno è stata rappresentata da quello che amo definire il “cappello magico” (data l’ironia che spesso si fa sulla sua prodigiosa profondità a dispetto delle apparenti dimensioni) che L’accompagna spesso nelle Sue produzioni e che raccoglie le offerte volontarie. Come riesce però a coniugare le sue idealità con la realtà, spesso difficile, dell’economia della cultura in Italia? Per interagire con altri contesti come teatri stabili e fondazioni, ad esempio, bisogna essere dotati di una struttura manageriale vera e propria. Quali sono le difficoltà maggiori che riscontra?

La mia scommessa è quella di non essere il “monaco esiliato”, ma di vivere nella società in un costante confronto dialettico tra questa e la mia esperienza, pur con tutte le difficoltà che ne derivano. La mia personalità cerca di distinguere i contesti in cui si trova ad operare e da buon attore io posso essere uno, nessuno e centomila a seconda delle situazioni. In questa sede si è potuto lavorare in relazione con persone nelle quali riconosco un’onestà. Laddove invece devo essere “fiscale” nel pretendere un compenso, lo divento. C’è ovviamente intorno alla mia produzione una struttura manageriale perché provengo da esperienze all’interno di teatri stabili, fondazioni e di produzioni con grandi aziende come la RAI. Ci sono molti collaboratori che seguono il mio percorso. Per la produzione musicale c’è tutta la parte editoriale e discografica fatta di molte figure professionali quali editori e assistenti, senza tralasciare l’espetto legato ai diritti d’autore…  Non ha perciò senso pretendere un biglietto d’ingresso o un cachet ad una ONLUS per una serata come questa, mentre ne ha in contesti differenti, come il caso delle tournée o di gradi eventi come il Festival della Letteratura di Mantova. La presenza di una struttura produttiva e di una politica di discernimento, permette al professionista di investire sulle sue strumentazioni, sulla sua formazione e su tutto quanto occorre per vivere e continuare a fare degnamente questo lavoro.  

5) Cosa pensa Luca Mauceri del mondo della produzione culturale? Secondo lei ha ancora futuro in Italia?

Questo tipo di produzioni è possibile ma molto difficile; non so cosa faranno le prossime generazioni. Oggi, appena passati i quarant’anni e avendo iniziato a fare questo lavoro quando ne avevo venti, posso dire di aver raggiunto dei risultati con impegno e tanto investimento, ma non so quale sia la ricetta. Vedo spesso miei allievi ed ex allievi in condizione di frustrazione, costretti a prostituirsi alle logiche del mercato nella speranza di un provino per entrare in una produzione.Io ho semplicemente cercato di “incontrare” le cose giuste: questa è la filosofia di “Secrets” sul viaggio e sulle coincidenze più o meno fortuite lungo il cammino. Se un incontro dev’esserci ci sarà… Il migliore riscontro è per me sentir dire da chi ha assistito ai miei concerti o ai miei spettacoli che è stato bene, si è emozionato e si è ri-connesso con qualcosa. Allora capisco che la mia identità artistica sta cercando questo: creare un ponte di risonanze tra le persone.

6) Tornando un momento su Eduardo, accennava ieri che il suo recital riprende la materia di un altro suo spettacolo del 2001, intitolato “Pari e dispari”.  Ultimamente ha anche adattato “Il piccolo principe” in siciliano (“U principuzzu nicu”), per cui sembra che lei abbia un legame particolare con lo spirito di verità nascosto nei tesori vernacolari della nostra tradizione. Questo nuovo spettacolo su De Filippo è già stato presentato in regioni italiane non legate alla napoletanità? Crede di riuscire a veicolare quel carattere “internazionale” che Eduardo conferisce alla cultura napoletana, così da essere recepito ad esempio anche al Nord?

Lo spettacolo di ieri sera ha debuttato da pochissimo e a breve andrà in Toscana. Ho recitato in siciliano stretto in Veneto, in Friuli, in Piemonte e all’estero in Germania e in Portogallo e c’è stata una buona accoglienza da parte del pubblico. Il dialetto è un valore fortissimo e ad esempio “Il piccolo principe” è un testo che funziona benissimo in italiano, ma in siciliano ha una potenza espressiva talmente forte che il movimento, il gesto e gli attori in scena riempiono gli eventuali vuoti lasciati dall’incomprensione della singola parola. Paradossalmente quando recito Troisi ed Eduardo la gente si emoziona e si diverte molto di più al Nord che a Napoli, forse anche per via di una certa “gelosia” nei confronti di una tradizione di cui i napoletani si sentono unici detentori e di cui mal digeriscono qualsiasi tipo di contaminazione. Io credo invece che le barriere non ci siano, a patto che ci siano il messaggio e la capacità tecnica per trasmetterlo.

7) Riguardo il rapporto tra parola e musica, elementi parimenti presenti nella sua espressione artistica, c’è per Luca Mauceri una musa-princeps paragonabile alla “strega capricciosa” di Giovanni Allevi (sperando che l’accostamento non Le risulti inadeguato)?

Sono sempre stato un sostenitore dell’attore completo, non importa che suoni, canti, balli o reciti ad ogni sua esibizione. La presenza del bagaglio dell’artista si avverte comunque. La musica è veramente la mia anima, più del teatro sicuramente. La musica mi riconnette con la mia essenza e mi riconduce a un limbo intimo nel quale non ho più sovrastrutture. In realtà non ho studiato musica nel senso scolastico del termine. Ho iniziato con lo studio del clarinetto quando molti anni fa facevo parte di una banda musicale. Poi mi regalarono una tastiera elettronica e iniziai a suonarla a orecchio. Nella lettura di uno spartito non ho la prontezza di un musicista di conservatorio come il Maestro Cedrone. Compongo musica anche per i quartetti che suonano armonicamente, ma lo faccio seguendo il puro istinto. Non ho mai studiato composizione e i musicisti con cui collaboro ne restano spesso sorpresi. Ho imparato solo i rudimenti tecnici che mi permettano di comunicare la mia musica a chi la debba suonare. Ho scelto infatti di on dedicarmi alla grande tradizione d’accademia che viene già eseguita egregiamente da tanti altri professionisti e questa scelta sembra finora avermi premiato. Chi non ha la musica dentro vive un mondo problematico. Non è tanto il non saperla suonare quanto il non “sentirla” che ci precipita in un baratro sordo. Possedere certi tesori rappresenta una risorsa anche nei momenti bui della vita. Credo che un concerto faccia bene all’anima più di cento sedute di psicoterapia.

8) Ad un certo punto della sua carriera ha deciso di dedicarsi anche all’attività di formatore. Parlavamo all’inizio del suo rapporto con i maestri, i modelli e gli esempi. I suoi seminari non sono indirizzati solo alla tecnica artistica ma sono spesso piccoli cammini di ricerca in senso ampio. Quando è nato in lei l’interesse nel porsi a Sua volta come una guida per chi voglia ad esempio imparare semplicemente a “bene-dire” un testo?

È nato quasi parallelamente alla mia attività di performer, nel momento in cui mio sono accorto anche di riuscire a comunicare il mio punto di vista e a cementare un gruppo fra le persone. Ciò è importante al di là della tecnica perché se si lavora con dei professionisti la didattica sarà certamente differente rispetto a quella rivolta agli amatoriali. Dal punto di vista della pedagogia non è detto che ogni buon attore possa automaticamente essere un buon insegnante e questo vale in tutti gli ambiti della conoscenza. L’importante è avere l’onestà di non pretendere di trasmettere cose che non si sono sperimentate direttamente e che non si conoscono. Il nostro è sempre un punto di vista e mai la realtà tutta intera. Mi piace veder la scoperta negli occhi degli altri e mettermi in discussione a mia volta. Per questo le mie lezioni sono normalmente appuntamenti di condivisione aperti a tutti i livelli tecnici . Credo che sia necessario in questo tempo stare insieme, porsi delle domande da affrontare “facendo insieme” più che ragionando a tavolino. Per questo i miei corsi non sono mai una ripetizione di loro stessi, ma semplicemente un mio bisogno di scambio con l’altro.

9) Durante lo spettacolo ha già chiarito, non solo a parole, quali siano i temi di fondo del disco “Secrets”. Potrebbe anticiparci qualcosa dei prossimi progetti firmati Luca Mauceri?

Nell’immediato sto lavorando alle musiche per “Lisistrata”, in scena al Festival di Siracusa, per il quale mi muoverò tra tradizione e innovazione, inserendo anche  cenni di musica elettronica. Sta uscendo anche un audiolibro edito da EMA Records e tratto da uno spettacolo che riporterò in scena a Tredozio (FO) il 16 Luglio. La drammaturgia è un monologo intitolato “ Jacopino Vespignani – La sapienza del coraggio”, scritto da Lorenzo Bertolani e diretto da Giancarlo Cauteruccio (Teatro Krypton di Firenze). Io interpreterò il personaggio di Jacopino, una sorta di Perlasca o di Schindler che ha salvato vite donandosi gli altri. Poi c’è il mio disco di pianoforte solo che dovrebbe uscire in autunno, prima negli Stati Uniti o in Canada e poi in Europa. Il disco si chiamerà “Essence” e raccoglierà anche brani inediti di “Secrets”, del quale rappresenterà un contraltare per il fatto che vi sarà il solo nudo pianoforte. Sarà un lavoro molto meditativo. Per il resto proseguiranno gli spettacoli e i concerti, da solista e con l’ensemble; tra due giorni sarà a Milano a fare teatro di strada con il gruppo del Teatro dei Sensibili di Guido Ceronetti, mio maestro.

10) Si è già in parte espresso in merito, ma se le chiedessi quali consigli Luca Mauceri vorrebbe dare ai giovani che vogliono seguire il suo esempio, cosa ci direbbe?

Ti risponderei con le parole di Marco Leandris, attore di avanspettacolo con il quale ho lavorato per due anni come sua spalla negli sketches comici: «Truvatev nu mestier serij». Sono le stesse cose che dico anche ai miei allievi che vogliono fare teatro. Li esorto a rendersi conto di ciò che stanno per affrontare perché spesso non ne sono consapevoli. Per via una certa televisione che propone talvolta artisti di scarso talento, paragonandosi ai quali si è portati a credere di poter arrivare al successo senza eccessive difficoltà, ma non è così. Se si ha il talento, la forza e la voglia si può intraprendere questa strada, ma probabilmente è meglio avere delle alternative che garantiscano maggior serenità.

Ringraziamo Luca Mauceri per il tempo dedicato ai lettori di MyWhere e gli facciamo i nostri migliori auguri per i suoi prossimi impegni.

Ricordiamo inoltre che dopo le date toscane del 14 e 15 Luglio, il tour estivo del concerto Secrets tornerà a fare tappa a Sora con una serata speciale intitolata “Musica e poesia al tramonto”, che si terrà Martedì 19 Luglio alle ore 20.30 presso la suggestiva location della chiesa della Madonna delle GraziePer l’occasione il duo Mauceri-Cedrone sarà affiancato dalla Corale Polifonica S. Silvestro Papa che eseguirà brani di musica classica.

Prevista anche la partecipazione dell’attore Luca Mascolo. Non mancate!

Fotogallery di Luca Mauceri per gentile concessione di Alina Martucci, volontaria del servizio civile.

Luca Mauceri

Un viaggio emozionale con Luca Mauceri

Stefano Maria Pantano

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