A lezione di Cinema con Roberto Leoni

A lezione di Cinema con Roberto Leoni

ROMA – Il nostro viaggio nel mondo di YouTube continua. Oggi, vi proponiamo una bella chiacchierata sul cinema d’attualità (Netflix, Oscar, Joaquin Phoenix e molto altro) con il regista, sceneggiatore e recensore Roberto Leoni arricchita di aneddoti straordinari sulla sua carriera, dall’incontro con Gassman e Albertazzi, all’amicizia con Ennio Flaiano fino ad arrivare al legame con Cesare Zavattini.

E’ un periodo di grande fermento nel mondo del cinema, come sempre tra l’altro nel mese di febbraio. A breve, anzi a brevissimo, si svolgerà la 92′ edizione degli Oscar, che decreteranno, almeno secondo i parametri dell’Academy Awards, i migliori film dell’ultimo anno cinematografico. Come sempre in questo periodo, si discute non solo sull’importanza e sulla validità di questo award, ma anche su chi merita di trionfare e di conquistare la statuetta.

Il Premio Oscar ci da lo spunto per affrontare le tematiche d’attualità del cinema, e diciamocelo, anche l’occasione di spaziare un po’ nel mondo della Settima Arte, un mondo così affascinante, così misterioso, così problematico e frastornato dall’avvento delle nuove tecnologie, ma ancora così potente da attirare praticamente tutti.

Per farlo, ho deciso di contattare il regista e sceneggiatore Roberto Leoni, un personaggio che se non esistesse bisognerebbe inventarlo. La sua vita, come mi ha raccontato nell’intervista è stata tante vite insieme, e conoscendolo, parlandoci un po’, non sorprende la sua recente decisione di approdare nel mondo di YouTube, dove recensisce film di oggi e di ieri  con una passione trasbordante per il cinema ed una delicatezza che purtroppo si trovano raramente sulle nuove piattaforme multimediali.

Leoni è conosciuto tra l’altro, per la sceneggiatura di film come Mio caro assassino di Tonino Valeri (spesso citato da Quentin Tarantino) Vieni avanti cretino di Luciano Salce, Un uomo da rispettare con Kirk Douglas, Gli esecutori con Roger Moore, Santa Sangre di Alejandro Jodorowski tanto per citarne alcuni.

Nella sua carriera Roberto Leoni si è cimentato in tutti i campi possibili, dalla tv al cinema fino ad arrivare ai corti, affrontando tematiche spesso scomode come il femminicidio, la lotta alla droga e la discriminazione razziale.

Tante le tematiche, così come tanti sono i generi trattati. Uno dei suoi ultimi lavori ad esempio, è De Serpentis Munere – il dono del serpente, un thriller metafisico prodotto da Mario D’Andrea, strettamente collegato alla sua “nuova carriera” da youtuber e tra poco scoprirete perché.

INTERVISTA A ROBERTO LEONI

Nel corso dell’intervista Roberto Leoni mi ha confidato una serie di aneddoti incredibili di un cinema che purtroppo non c’è più, senza tralasciare l’attualità. Mi ha raccontato del suo primo contatto con il teatro, del suo primo ed esilarante incontro con Vittorio Gassman e Giorgio Albertazzi, della sua passione giovanile per le mitiche Harley Davidson, fino ad arrivare a tematiche più generaliste, come l’avvento di Netflix e l’ultima chiacchieratissima prova attoriale di Joaquin Phoenix in Joker, su cui Roberto Leoni, ha un’opinione tutta da leggere.

Buongiorno Roberto, partiamo subito con le domande. Ci racconta il suo percorso nel mondo del cinema?

In realtà io non volevo fare cinema, volevo diventare un poeta maledetto! Volevo attraversare gli Stati Uniti in sella ad una Harley Davidson come un figlio del vento, vivendo randagio. Per farti capire, il mio film preferito è “Solo sotto le stelle”, bellissima storia di un cowboy raccontata da David Miller con il grande Kirk Douglas.

E cosa è successo per non farle intraprendere questa vita?

In gioventù, mentre mi preparavo a fare il poeta maledetto, pubblicando poesie, scrivendo racconti, un mio caro amico mi chiese di accompagnarlo alla leva degli attori del Centro Universitario Teatrale di Roma. Il suo sogno era quello di diventare attore e doveva sostenere un provino per essere ammesso. Ricordo che prima del provino, lo aiutai a correggere qualche errore di pronuncia, era un ragazzo del sud che sbagliava qualcosa in quanto a dizione, diciamo che divenni il suo tutore di supporto.

Tieni presente che sul palco, a giudicare i giovani attori, c’erano Vittorio Gassman, Giorgio Albertazzi, Roman Vlad, Giorgio Bassani, Raf Vallone e Marisa Fabbri. Insomma, un olimpo assoluto.

Quando venne chiamato sul palco, ebbe un blackout totale, dimenticò il testo e io mi misi qualche metro indietro a suggerirgli le battute. Cercavo di svegliarlo, lo chiamavo e gli sussurravo “Filippo, Filippo, Filippo!” ma niente.

E poi, cosa successe?

Mi fa ridere pensare a distanza di anni, che io questi giganti sul palco li conoscevo poco, ero quasi indifferente alla loro grandezza. Insomma, Gassman mi beccò mentre suggerivo le battute al mio amico, mi fulminò col suo sguardo e il suo cipiglio da grande attore drammatico e mi disse: “LEI! Venga su”. Io gli risposi imbarazzato: “Ma veramente io sono qui per accompagnare Filippo…”

Venga su!” esclamò Gassman. Che potevo fare? Sono stato costretto a salire davanti a 500 persone. E appena salito, Gassman si rivoltò verso la platea e disse: “Lui ha il diaframma naturale”. Ora, io non avevo la più pallida idea di cosa fosse il diaframma naturale, lì per lì pensavo fosse quasi un difetto. Gassman, mi guardò negli occhi ed esclamò: “Lei è ammesso!” Io gli risposi a mezza bocca: “Ma io non voglio fare l’attore, ero qui per accompagnare Filip…” non riuscii neanche a finire la frase che Gassman mi incalzò: “Perché lei non vuol fare l’attore”.

“Perché l’attore secondo me… – presi un po’ di fiato perché mi rendevo conto che quello che stavo per dire l’avrei potuto pagare – l’attore secondo me è… limitato”. Gassman mi guardò come uno scarafaggio e mi chiese a bassa voce: “Limitato?! Perché?”

Io gli risposi con un filo di voce: “Perché l’attore può fare il giovane, il vecchio, l’uomo, la donna, ma non può fare il bambino, il cane, la nuvola, il vento”. Gassman rimase in silenzio e a stemperare la tensione ci pensò Albertazzi che prese da una parte Vittorio e gli disse: “A Vittò, questo non vuole fare l’attore, vuole fare il regista”.

roberto leoni

Qualcuno le venne in soccorso?

Fu Marisa Fabbri, straordinario personaggio. Era l’insegnante di dizione dell’Accademia e mi disse all’orecchio mentre stavo per andarmene: “Guardi che c’è una borsa di studio da 250 mila lire al mese per 2 anni”. 250 mila lire al tempo, sarebbe come oggi dire a un giovane che da qui ai prossimi 2 anni guadagnerà 2500 euro al mese. Quando appresi dalla Fabbri la cifra impazzii completamente. Ho sentito dentro di me un vortice, un vortice di motociclette, donne, champagne, case, appartamenti lussuosi, feste, dischi e vacanze esotiche. La mia risposta non poteva che essere: “Si! Accetto”.

Si potrebbe dire che la sua carriera cinematografica partì dal teatro quindi…

Partecipai al corso di recitazione come uditore per la regia. Fu un’esperienza bellissima che mi portò ad innamorarmi perdutamente di questo mestiere.

Diceva però in precedenza che l’attore è limitato… come si trovò a rapportarsi col teatro?

A teatro sentivo qualche difficoltà, qualche limite. Con tutto il rispetto, volevo più libertà. Nel teatro, il regista dipende molto dagli attori che sul palcoscenico, una volta iniziato lo spettacolo, non possono più essere controllati. Al cinema, invece, non solo puoi collaborare con gli attori, ma puoi anche sfruttarli e derubarli perché puoi tagliare, cucire, modificare tutto il montaggio, e con il doppiaggio puoi artefare tutto. Insomma, al cinema è tutta un’altra cosa: un regista è libero, è il dio delle riprese.

Ci sono stati altri passi decisivi nel suo percorso che vuole raccontarci?

Durante questo periodo a metà tra poeta maledetto e regista teatrale, continuavo a scrivere poesie, l’altra mia grande passione. Un giorno incontrai un grande poeta, Vincenzo Cardarelli, in un bar di Via Veneto. Avevo 22-23 anni e con l’impudenza tipica del giovane, vista la mia ammirazione per lui gli presentai le mie poesie. Lui le lesse e si offrí di pubblicarle.

Oltre alle poesie scrivevo anche qualche racconto e ne mostrai uno a Cardarelli. A lui però i racconti non interessavano e lo fece arrivare al grande Ennio Flaiano, il quale a sua volta, lo passò a quello che mi sembrava un simpatico signore anziano, un tale… Cesare Zavattini!!!

Zavattini, con una delicatezza ed una modestia che ancora oggi mi commuovono, appena lesse il mio racconto mi disse: “Mi sembra un buon soggetto, se ti do qualche suggerimento, possiamo firmarlo insieme?” Fu così che iniziai a “fare cinema”.

Ci parli dei suoi esordi…

Il mio primo copione si intitolava “Grottesco Fantacapitalistico a Sintassi Cinematografica”, chiedo scusa, era il clima dell’epoca, ma questo titolo allora mi sembrava straordinario. Lo mandai ad un mio amico che lo girò ad un produttore il quale ci realizzò un film, dal titolo “Eat it”. Tra l’altro, Eat it rappresentò l’esordio cinematografico di Paolo Villaggio, ebbe un certo successo di critica e fu l’inizio della mia carriera.

Come le è venuta l’idea di aprire un canale YouTube?

In realtà l’idea è stata del mio produttore, Mario D’Andrea. Preparavamo insieme un film internazionale con australiani e tedeschi, che doveva essere presentato al Mercato di Cannes e di Berlino e abbiamo pensato di trovare un modo per aumentare la nostra visibilità internazionale.

Inizialmente, mi limitavo a pubblicare le mie recensioni sottotitolate in inglese su IMDb. Il riscontro è stato importante e D’Andrea ha deciso di pubblicare le mie recensioni anche su YouTube. E’ stato un piccolo successo e di conseguenza non ho potuto che continuare a recensire, anche per non tradire i miei “venticinque ascoltatori”, come direbbe Alessandro Manzoni.

Da sinistra, William Holden, Gloria Swanson e Erich von Stroheim, i protagonisti di “Viale del Tramonto” di Billy Wilder. Roberto Leoni lo ha inserito tra i suoi film preferiti di sempre.

Domanda difficile e anche fastidiosa! Quali sono i suoi 5 film preferiti di ogni epoca di Roberto Leoni?

Non scelgo i film, scelgo i registi: tutto Hitchcock, tutto Billy Wilder, tutto Kubrick. Se proprio dovessi scegliere tra qualche titolo ti direi solo grandi classici: “Viale del Tramonto” di Wilder, “Notorious” di Hitchcock, “Orizzonti di gloria” di Kubrick, “La Dolce Vita” di Fellini e “Ladri di Biciclette” di De Sica.

Capitolo Oscar 2020. Chi vede favorito per i premi principali e chi le piacerebbe veder trionfare nella categoria Miglior Film?

Secondo me nella categoria Miglior Film, l’Academy premierà o The Irishman o C’era una volta a Hollywood. Per quanto riguarda la regia, secondo me il favorito è Sam Mendes con 1917. Il Miglior Attore sarà Joaquin Phoenix, la Miglior Attrice Scarlett Johansson per Storia di un Matrimonio. Per la Migliore Sceneggiatura non Originale credo verrà premiato Jojo Rabbit di Taika Waititi. Per la Migliore Sceneggiatura Originale credo che non ci siano dubbi perché vincerà Parasite di Bong Joon Ho: è un film meraviglioso con una storia straordinaria ricca di colpi di scena, come una delle migliori commedie all’italiana, trasportata in Corea.

Brad Pitt o Al Pacino vinceranno il Miglior Attore non protagonista, mentre la bravissima Laura Dern dovrebbe conquistare l’equivalente femminile per Storia di un Matrimonio.

I miei gusti personali, indipendenti dai giochi di potere delle major, vorrebbero che fosse Parasite a trionfare nella categoria Miglior Film.

Sa che secondo me Parasite se la giocherà alla grande per il Miglior Film invece? Continuando a parlare di Oscar invece, veniamo al dibattito. C’è chi non reputa più questo tipo di award una kermesse rilevante per stabilire quali siano i migliori titoli dell’anno, altri invece che restano affezionati. Lei da che parte sta?

Sto dalla parte del cinema. Parlatene bene, parlatene male, basta che ne parliate. Il cinema ha bisogno di risonanza, ha bisogno di clamori intorno e se per attirare l’attenzione c’è bisogno dell’Oscar, ben venga l’Oscar. Ricordiamoci che il cinema, aldilà di tutte le chiacchiere intellettualoidi e le speculazioni ideologiche, resta un fenomeno di massa, un fenomeno popolare, e come tale deve essere reclamizzato in ogni forma e modo. Se i premi reclamizzano il cinema, viva i premi, se Venezia o Cannes o Berlino reclamizzano il cinema, bene! Se un ipotetico Festival di Tor Bella Monaca attira il pubblico e reclamizza il cinema, va bene anche quello!

roberto leoni
Joaquin Phoenix nei panni del Joker nel film di Todd Phillips.

Mi ha colpito molto la sua recensione del Joker di Phillips, film che consegnerà probabilmente il Premio Oscar a Joaquin Phoenix. Cosa ne pensa di questo attore?

Questo attore ha sempre attirato le mie attenzioni. Lo seguo da sempre, dal film Delitto a luci rosse di Schumacher A Il Gladiatore di Ridley Scott. Mi ha colpito la sua espressività complessa, il suo modo quasi trasversale di recitare, quel suo essere chiuso, ostile. Ho approfondito le mie conoscenze su di lui. Come sappiamo, ha vissuto un’infanzia travagliata, con i genitori membri della Setta dei Bambini di Dio che si diceva praticasse addirittura la promiscuità sessuale con i minori.

Credo poi che la morte del fratello sia stata per lui un trauma difficile da gestire, ma tutta questa sofferenza ha reso Phoenix un attore differente, strabiliante.

Su Joker so che deluderò molti, ma qualche perplessità dopo aver visto il film mi è venuta. E’ forse il ruolo dove Phoenix mi è piaciuto di meno. La colpa credo sia del regista Phillips, che ha caricato troppo il personaggio di Joker.

In che senso?

In Joker ho percepito una punta di istrionismo. La malattia mentale è rappresentata in maniera eccessiva e io posso dirlo perché conosco profondamente il tema. Da giovane ho lavorato come bibliotecario in un ospedale psichiatrico. Negli ospedali psichiatrici avverti profondamente il dramma, la disperazione di queste persone e di conseguenza non mi piace che la malattia mentale venga rappresentata in maniera forzata, con toni spettacolari e aggiungo grottesco-scandalistici. Resto comunque convinto che Joaquin Phoenix sarà premiato perché per il pubblico generalista, questa interpretazione risulta potentissima e quasi miracolosa.

Da Almodovar a Nolan, sono tanti i registi che prendono costantemente posizione contro Netflix & simili. Lei cosa ne pensa al riguardo? Le piattaforme digitali stanno distruggendo davvero il cinema?

Il cinema è come l’araba fenice, risorge dalle ceneri. Quando i fratelli Lumiere lo inventarono, erano convinti che non sarebbe durato. Ogni volta che il cinema ha dovuto affrontare un’evoluzione, si è sempre creduto erroneamente che questa avrebbe determinato la sua fine. All’inizio si pensava che nessuno avrebbe amato il cinema perché c’era il grande teatro borghese con le sue divine. Poi, si è creduto che sarebbe stato un fenomeno legato esclusivamente al genere comico e , invece, ha iniziato a trattare con successo la drammaticità della vita con film come Intolerance e Cabiria. Poi, tra lo stupore di tutti è diventato sonoro, a colori, panoramico, 3D e ha trovato una sua dimensione anche con l’avvento della televisione.

Secondo me la famosa crisi del cinema dovuta alla televisione è una balla colossale. La tv consuma soprattutto cinema e questo ha portato ad un aumento delle produzioni. Ormai il cinema non si consuma solo in sala, ma anche a casa, sul computer, sul telefonino, dovunque… Ho il sospetto che i grandi registi abbiano paura di Netflix & simili.

Può spiegarci meglio questo concetto?

I grandi registi forse hanno paura del cinema popolare e l’avvento delle piattaforme streaming aumenta a dismisura l’audience e anche se secondo me più gente guarda il cinema e meglio è, il problema per un artista è quello di essere in grado di far capire la propria arte a tutti. Questo modifica stile e contenuti e bisogna essere davvero grandi per arrivare a tutti senza compromettere la propria ispirazione e quindi, siccome il cinema è un’arte popolare, ben venga Netflix se raggiunge milioni di persone in più e ben venga chiunque finanzi il cinema!

I 4 protagonisti di Parasite. Secondo Roberto Leoni, il film di Bong Joon-ho, è il migliore dell’intera stagione cinematografica

Molti appassionati restano sempre ancorati per una serie di motivi solo ed esclusivamente al cinema statunitense. se dovesse consigliare una scena particolarmente attiva nel panorama cinematografico attuale quale segnalerebbe?

Sicuramente la Corea dove avverto una vitalità straordinaria che Parasite ha solo confermato. Un occhio lo darei anche al cinema africano e al cinema francese, sostenuto in maniera molto forte dallo stato e quindi in grado di produrre molti generi. Ovviamente non posso non nominare il cinema americano che ha il vantaggio considerevole di essere il cinema di mercato per eccellenza e quindi il cinema più visibile.

Tutti gli altri sono cinema assistiti, dove una ristretta cerchia di “esperti” decide in nome dello stato quali film produrre e quasi sempre a discapito del pubblico. È il cinema delle “mosche cocchiere”, che ci dicono cosa, come e dove vederlo. Poi, si chiedono perché il cinema perde gli spettatori?

E qual è la soluzione per queste realtà secondo Roberto Leoni?

Secondo me il cinema dovrebbe tornare ad essere deciso dalle regole del mercato: chi riesce a raggiungere più spettatori vince. Questo non toglie che, come accadeva quando il cinema italiano era grande, i produttori premiati dagli incassi ne utilizzassero una parte per realizzare i grandi film d’autore che hanno fatto la storia del cinema mondiale.

Tutto il resto sono chiacchiere e protezionismi provinciali tra “furbetti del quartierino”.

Grazie Maestro, è stato un vero piacere ascoltarla, in bocca al lupo per il suo prossimo film!

Cliccate qui per visitare il canale YouTube di Roberto Leoni

Paolo Riggio

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