Dentro la Roma del sangue e della carne con Catilina

ROMA - Ennesima ovazione del pubblico in piedi per l’ultima replica di "Catilina", la nuova grande produzione con cui è stato da poco inaugurato il Nuovo Teatro Orione. Carlo Oldani e Claudio R. Politi, rispettivamente regista e autore dello spettacolo tratto da un saggio biografico di Massimo Fini, nonché entrambi nuovi direttori della struttura, incassano un consenso da parte di pubblico e critica che lascia poco spazio alle perplessità. Di seguito la nostra recensione per un lavoro del quale sentiremo sicuramente parlare ancora.

Dentro la Roma del sangue e della carne con Catilina

ROMA – Si è chiusa il 16 Ottobre 2016, con l’ennesima ovazione del pubblico in piedi, l’ultima replica (per ora) di Catilina, la nuova grande produzione con cui è stato inaugurato il Nuovo Teatro Orione lo scorso 20 Settembre (clicca qui). I due giovani direttori artistici da poco al timone, Carlo Oldani e Claudio Romano Politi, rispettivamente anche regista e autore dello spettacolo di apertura, incassano un consenso che lascia poco spazio alle perplessità anche da parte della critica.

La vicenda racconta della tragica parabola politica e umana di Lucio Sergio Catilina (108-62 a.C.), una di quelle figure oggetto di “damnatio memoriae” da parte della storia ufficiale rappresentata dalla visione tutt’altro che imparziale offerta dalle fonti di Cicerone e Sallustio. L’esperienza scenica costituisce invece uno di quei magnifici casi in cui il teatro, pur senza pretese documentarie o di revisionismo storico scientificamente condotto, penetra come una punta acuminata tra le pieghe dormienti di un passato che torna momentaneamente a vivere, intenso e vivido anche nella sua portata illusoria, attraverso voci, odori, suoni e colori. Tutto lontanissimo dal mondo delle quisquiglie antidiluviane approcciato dai liceali di oggi e di ieri con macchinose costruzioni di proposizioni latine e ricerche di lemmi su voluminosi vocabolari.

I due atti riassumono i due macro momenti della vita del nobile militare e uomo politico romano vissuto negli anni turbolenti che avviano al tramonto della Repubblica romana.

Con grande verosimiglianza e scaltrezza registica nei raccordi narrativi, Catilina racconta le tappe essenziali che, dal periodo finale della guerra civile tra Mario e Silla, conducono Lucio Sergio dalla fedeltà a quest’ultimo e alla causa degli ottimati, realisticamente reso sulla scena con tutta la selvaggia spietatezza di un uomo che non esita ad abusare di una vergine vestale e a decapitare suo cognato, agli anni della candidatura al consolato, nel 63 e nel 64 a. C. come candidato dei democratici, prima dell’audace manovra eversiva e della tragica fine.

L’incalzare degli eventi e i brogli elettorali organizzati da Cicerone e dagli stessi Crasso e Cesare (quest’ultimo non viene stranamente mai nominato) per scongiurare la vittoria di Catilina, perché timorosi del suo programma popolare radicale con obiettivi simili a quelli della riforma dei Gracchi, sono narrati sino al tramonto della stella di un ribelle che non si inginocchia e che è disposto a morire per una Roma diversa da quella che tutela l’esclusivo interesse dei privilegi aristocratici. «Se non dovessi fare ritorno, promettimi che non piangerai per la mia sconfitta, ma per la loro vittoria», dice all’addolorata sposa Orestilla.

Dalla diversa prospettiva in cui è raccontata la storia, appare molto meno trascinante perfino l’arcinoto «quo usque tandem abutēre, Catilina, patientia nostra?» che molti di noi ricordano dalla lettura dei testi ciceroniani e che viene reso in maniera avvincente sul palcoscenico da un campo-controcampo di luci fra i due antagonisti.

È proprio l’immagine del grande oratore di Arpino a risultare intaccata nella sua integrità, risultando egli piuttosto alfiere di una corruzione che non avrebbe purtroppo cessato, nella storia, di essere accostata al nome della città eterna.

L’affresco che dell’uomo Catilina viene fuori dal lavoro di Oldani e Politi è molto più chiaroscurato rispetto a quello in cui Cesare Maccari immortala la figura rapace, dalle mani artigliate, tesa durante i concitati momenti dell’accusa di Cicerone. Il merito non è certamente soltanto dal sapiente uso del parco luci dato dallo studio di Tommaso Natale, che valorizza i dettagli raffinati dei costumi e delle volumetrie scenografiche spaziando al contempo dai toni del bianco marmoreo a quelli di un rosso violento trasudato dal “tempo del sangue e della carne” su corpi scolpiti e spade scintillanti.

Catilina è la sintesi perfetta di un grande teatro di parola e di azione che ricorda sempre più il cinema, come vuole una tendenza attuale che si dimostra vincente, se è in grado di far trascorrere due intere ore senza che un pubblico fatto anche di molti giovanissimi avverta il benché minimo calo. La tensione resta sempre al massimo come in un action movie, sebbene lo spettacolo includa altissimi momenti di lirismo e solennità verbale, costruiti dalla straordinaria densità dei testi di Politi tratti dal saggio biografico di Massimo Fini e dalla recitazione superba degli attori del cast, fra cui spiccano quella aspra e nerboruta del Catilina di Marco Rossetti e quella pungente e inquisitoria del Cicerone di Daniel De Rossi.

La sequela di quadri scenici, organicamente giustapposti tramite stacchi a vista in cui i singoli attori diventano anche chirurgici e rapidissimi operai in grado di tramutare in pochi secondi, con pochi tocchi dati nell’ombra sulle splendide scenografie modulari di Gianluca Amodio, una villa patrizia in un’area sacra, un luogo di raduni segreti di congiurati nel senato di Roma…

Il colpo di teatro di una scena che non si limita più al solo palcoscenico, ormai largamente utilizzato, sorprende anche lo spettatore più smaliziato portandolo nel cuore dell’azione con attimi di suspense.

Ottime anche le musiche di Marco Frisina, perfetto contrappunto che aderisce agli stati d’animo dominanti nelle diverse fasi dell’opera e collante principale fra le scene.

Non del tutto motivate appaiono certe critiche di un femminismo irriducibile, secondo cui l’uso generoso di un lessico “forte” e a tratti irrispettoso nei confronti della donna, unitamente all’assenza di personaggi femminili integri e di grande statura, sarebbe specchio di una prospettiva di parte nella visione degli autori.

Affermazioni che non convincono per via del fatto che, nel clima di violenza e di tenebroso sospetto ricostruito intorno alla Roma dei congiurati, non emergono complessivamente figure “eroiche” nel senso classico del termine. Lo stesso Catilina-Rossetti, nonostante i momenti più epici o toccanti della storia, non cessa di conservare il lato più turpe e spietato che caratterizza la leggenda nera costruita lungo i secoli sulla sua personalità.

Concludendo, lo scroscio di applausi e la viva commozione di pubblico, autori e attori dopo un successo senza incertezze risultano pienamente meritati e appare senz’altro arduo muovere appunti a questo lavoro, che riesce a centrare la mission alla base dell’attività del Nuovo Teatro Orione: quella di rendere il teatro un punto di aggregazione sociale dove ritrovarsi, interrogarsi, stupirsi e, perché no…? Divertirsi.

Stefano Maria Pantano

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