Altro che 9 bugiardo, il centravanti del futuro è quello tascabile!

MONDO – Nel calcio le dimensioni contano ma fino a un certo punto. Nell’articolo di oggi vi parliamo degli attaccanti tascabili, di bassa statura e con poca forza fisica magari, ma con un talento prezioso e inestimabile.

Con il numero 9! Al centro dell’attacco! Il gigante! Il corazziere! Il mastodontico! Fermi un attimo. Ma chi l’ha detto? Perché un centravanti deve essere per forza altissimo e forte fisicamente?

Certo, avere un vatusso lì davanti a combattere con i possenti difensori avversari fa sempre comodo, ma negli ultimi anni qualcuno di cui vi parleremo tra poco, ha dimostrato che c’è un altro modo per scardinare i vari pacchetti arretrati del grande calcio.

Si, la storia è stata riscritta. In piccolo, verrebbe da dire. Più precisamente in meno di un metro e 70.

Fino a qualche tempo fa era letteralmente impensabile non avere un giocatore alla Bierhoff o alla Vieri in avanti. Oggi, la realtà è profondamente diversa. Basta vedere cosa sta facendo il minuscolo Dries Mertens con il Napoli in serie A. Baricentro basso, grande tecnica, velocità impressionante e tanti, tanti gol da attaccante vero. Il perché di questo cambiamento va ricercato nell’essenza stessa del calcio.

Il calcio, a differenza di quasi tutti gli sport del pianeta, mantiene ancora una sua caratteristica particolare, che lo rende il più seguito e forse il più unico: le dimensioni contano si, ma fino a un certo punto. Perché in quel metro e 70 di cui parlavamo pocanzi spesso ritroviamo tutto ciò che concerne la prelibatezza del football, dalla genialità alla classe, dalla rapidità di calcio a quella di pensiero, dalla versatilità alla fantasia allo stato puro.

In poche parole, talento, vero fulcro dello sport. Un talento che cresce, migliora e non invecchia come il fisico. Prendiamo Messi ad esempio. Se tirasse una punizione, anche a 80 anni metterebbe la palla all’incrocio.

Il talento è pulizia del movimento, è il concetto zen per cui il miglior tiro con l’arco sorprende per primo il tiratore. Il talento è animale, non razionale. È il colpo giusto, quello che manderà la palla in gol.

Ma allora, chi sono questi grandi centravanti tascabili? E chi è il più forte di sempre? Noi di MyWhere, cerchiamo di rispondere a queste domande selezionando gli 8 giocatori che più di tutti hanno incarnato il ruolo di attaccante multitasking.

Giuseppe Signori

I mancini si sa hanno qualcosa in più. Per saperne di più chiedere a Signori, centravanti piccolo di statura ma forte come un toro e soprattutto con un bazooka al posto del tiro. Vi ricordate le sue rasoiate di sinistro incrociato sul secondo palo? E i suoi calci piazzati? Quei rigori stranissimi battuti senza rincorsa che si schiaffavano in rete alla velocità di un treno in corsa.

È il nono marcatore di sempre nella storia della Serie A avendo segnato 188 gol e vantando tre titoli di capocannoniere, vinti con la maglia della Lazio nel 1992-93, nel 1993-94 e nel 1995-96.

Emilio Butragueño

Negli anni ’80 il Real Madrid non ha certo vissuto un epoca d’oro in quanto a trofei internazionali. Ma se chiedete ai tifosi blancos di quel periodo ve lo ricorderanno sempre con grande affetto e la ragione è da ritrovare in uno dei campioni più amati della storia madridista: El Buitre (avvoltoio in castigliano) Emilio Butragueño, 9 anni al Real scanditi da 171 gol, uno dei bomber più prolifici mai visti nella Liga spagnola. Il suo habitat naturale era l’area di rigore, la sua caccia era orientata sui gol da rapace e le sue prede preferite i portieri avversari. E poi che attaccamento! El Buitre insieme a Raul rappresenta l’identità madridista.

Di lui il grande Di Stefano disse: “E’ un attaccante unico. Nonostante i suoi 169 cm in area di rigore fa da padrone grazie alla sua imprevedibilità. È senza dubbio uno dei migliori della sua generazione”.

Dries Mertens

E’ lui il fiore all’occhiello del progetto tattico “sarriano”. Il folletto belga, come quasi tutti i centravanti multitasking, ha subito una vera e propria mutazione nel corso della sua carriera. Fino a 30 anni infatti, era un’ala a tutti gli effetti. A metterci lo zampino lo “scienziato pazzo” Sarri che un po’ per necessità e un po’ per quello spirito da visionario che lo contraddistingue, lo ridisegna centrattacco. Da lì in poi è un trionfo di gol e giocate, dimostrate da una media gol impressionante, 0,968, in pratica un gol a partita (meglio di Lewandoski per intenderci).

Il giocatore poi sembra averci preso gusto: si definisce attaccante, vuole tirare i rigori a tutti i costi e spesso pur di segnare trascura compagni di squadra liberi e in posizioni più vantaggiose. Insomma una belva affamata di gol.

Sergio Aguero

Lo chiamano “el Kun”, dal nome del protagonista del cartone animato giapponese Kum Kum il cavernicolo. Per noi è semplicemente l’ennesimo fenomeno di una generazione di centravanti argentini eccezionale ma incredibilmente ancora non vincente (in nazionale s’intende). Potente, veloce e compatto (172 centimetri di muscoli), Aguero è un vero maestro del dribbling e del tiro fulminante. Forse ha raccolto poco per il talento in possesso. Da un giocatore come el Kun ci si aspetterebbe un palmares con almeno 1 Champions League. I suoi detrattori lo hanno accusato di nascondersi negli appuntamenti che contano.

Paolo Rossi

Forse sono stato il primo centrattacco rapido e svelto, che aveva nelle intuizioni la sua dote principale, unita a una tecnica sopraffina”. Così Pablito si definiva in un’intervista a fine carriera. E come dargli torto. Un giocatore unico, con la grazia di un ballerino e la spietata freddezza di un torero. Schierato inizialmente come ala destra, il suo ruolo cambiò nel L.R. Vicenza quando l’allenatore Giovan Battista Fabbri decise di proporlo come centravanti. Il resto è storia. Una storia fatta di senso del gol, tecnica, altruismo e soprattutto di anticipo. Si era proprio questa l’arma speciale di Paolo Rossi, Pallone d’Oro 1982 e eroe nazionale per definizione. “Giocare sull’anticipo era una mia grande prerogativa, cercavo sempre di rubare il tempo al mio avversario, sfruttando le mie doti di opportunista: in area di rigore cercavo sempre di sfruttare ogni piccolo errore dei difensori, facendomi trovare nel posto giusto al momento giusto”.

Michael Owen

A fine anni ’90 i tifosi inglesi avevano una certezza assoluta: prima o poi il “Golden Boy” porterà “equilibrio nella forza” e ci farà vincere. Come sappiamo questo non è accaduto, ma Michael Owen, 1,72 di puro talento, nonostante una carriera sfortunatissima costellata da infortuni, di magie ne ha fatte tante. Pallone d’oro 2001, record ancora imbattuto di gol nei tornei giovanili inglesi, tecnica incredibile e velocità nei primi 5 passi a dir poco impressionante. Il momento più bello? Facilissimo. Inghilterra-Argentina, Mondiali 98. Owen smarca praticamente tutta l’albiceleste e insacca all’incrocio dei pali.

Romario

Di punta, di esterno, a giro e di collo. E per rendere la sceneggiatura della sua carriera ancor più spettacolare, i gol in mezza rovesciata, specialità della casa. Romario, detto “Baixinho” (il tranquillo) era questo e molto altro e i suoi 992 gol in carriera (secondo solo a Pelè) lasciano poco spazio ad altro.

Di lui dicevano che fosse lento e che non avesse mai voglia di correre. E un po’ era vero. Ma alla mancanza di abnegazione e voglia di sacrificio, Romario sopperiva con una tecnica perfetta e una fantasia fuori dal comune. Numero 9 alto 1,67 fece proprio della sua statura e del suo baricentro i principali punti di forza di un arsenale davvero completo. Un vero spettacolo, mai banale.

Lionel Messi

La più grande icona del calcio del nostro tempo e forse qualcosa di più. Messi è Messi ed è riduttivo definirlo trequartista, seconda punta o centravanti, ma se si vuole cercare di dare una spiegazione alla sua spaventosa media gol, la ragione è da trovare proprio nel cambiamento di ruolo avvenuto nel 2010. Il geniale Guardiola decise infatti di spostarlo dall’esterno al centro dell’attacco, portando Leo ad un ulteriore consacrazione. Impiegato in una posizione più centrale, Messi raddoppiò la sua media gol, effettua fraseggi ancor più frequenti con i centrocampisti e trova più agevolmente gli inserimenti giusti e vincenti in area di rigore.

Paolo Riggio

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