Harold e Maude: Recensione del film di Hal Ashby che insegna a non temere la morte

Harold e Maude: Recensione del film di Hal Ashby che insegna a non temere la morte

MONDO – Harold e Maude è un’esuberante e atipica commedia sentimentale che negli anni Settanta ha odorato di scandalo ma ha dato una svolta nella lotta ai tabù. La recensione di un grande cult per la regia di Hal Ashby.

Si può dire che il termine cult-movie (ovvero quel tipo di pellicole più o meno indipendenti dal valore inestimabile per una nicchia di cinefili) nasca proprio con Harold e Maude, un’esuberante e atipica commedia sentimentale diretta dal veterano del montaggio Hal Ashby con due eccentrici protagonisti del calibro di Bud Cort e Ruth Gordon, lui ventunenne già fattosi notare in Anche gli uccelli uccidono di Robert Altman, lei anziana ex sceneggiatrice e caratterista vincitrice di Oscar per l’inquietante Rosemary’s Baby di Roman Polanski. Entrambi incarnano una coppia stravagante, che negli anni Settanta ha odorato di scandalo ma ha dato una svolta non indifferente nella lotta post-sessantottina ai tabù su sesso, età ed emancipazione femminile.

Dietro la cortina di ironia e lirismo, Harold e Maude nasconde un più contundente attacco a un modo stereotipato di intendere giovinezza e anzianità, qui brillantemente rovesciato grazie a una caratterizzazione antitetica e intelligentissima dei personaggi. In norma si tende a vedere nella gioventù un sinonimo di energia e spirito di sovversione, opposto alla fragilità fisico-mentale degli anziani, ma tutto ciò non viene ravvisato in questo film: Harold è un adolescente ricco ma spaventato dalla vita e dal suo incedere inesorabile nel decadimento corporeo, affetto dal complesso di Edipo verso la madre possessiva (che puntualmente ignora gli spassosi finti suicidi da lui inscenati per esasperarla); un vero zombie se paragonato all’anarchica vitalità di Maude, una simpatica vecchietta per nulla spaventata dalla morte, totalmente devota alla realizzazione dei desideri più sfrenati.

L’amore tra i due sboccia da una bizzarra e comune passione per i funerali; il regista fa molta attenzione a non diventare mai zuccheroso o inutilmente macabro, e si affida al personaggio di una gigantesca Ruth Gordon per ravvivare il ritmo in scene davvero esilaranti. Il dualismo dei personaggi (e le loro rispettive, diametralmente opposte, ossessioni) gettano nuova luce sui rapporti generazionali, in grado di abbattere determinati oscurantismi sessuali. Le scene in cui Maude seduce Harold ancora oggi possono disturbare gli spettatori meno aperti, instillandogli nauseabonde idee di necrofilia, ma la forza di Harold e Maude mette in luce l’inutilità dei pregiudizi e dei bigottismi senza fare troppi complimenti, e soprattutto con delicatissima poesia.

L’elemento più significativo del film è però l’epilogo. Diversamente da quanto capita nella maggioranza delle commedie sentimentali, la scena finale è agrodolce e molto toccante (non poteva essere altrimenti, con una sceneggiatura di alto livello così sensibile), ma impartisce una lezione mica da ridere sull’importanza dell’autorealizzazione e della morte come evento, certamente estremo e spaventevole, che dà vero significato alla vita di ogni essere umano.

https://www.youtube.com/watch?v=5mz3TkxJhPc

Riccardo Antoniazzi

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